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LA POETICA DEL PETRARCA
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542 LUIGI RUSSO
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LA POETICA DEL PETRARCA 543
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544 LUIGI RUSSO
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LA POETICA DEL PETRARCA 545
1 Devo la suggestione di questa citazione a una pagina di Umberto Bosco, nel suo Pe
trarca, Torino, Utet, 1946, p. 118; libro assai notevole nella letteratura petrarchesca e che i
critici vari stilisticuzzi e le stilistichesse hanno trattato con sdegnoso supercilio. Il libro del B.
ha un solo difetto, che non serrato in un ordine storico di capitoli, ma come abban
donato quale una selva di appunti d'un conoscitore molto preciso e coscienzioso e acuto di
tutta l'opera petrarchesca, di cui si giova per iniziare gli scolari da una cattedra univer
sitaria ai vari problemi nati in ogni tempo su questo poeta. Ma forse appunto per questo il
libro del Bosco riesce suggestivo, come di un'opera avviata e non finita e da cui altri pos
sono trarre succo e insegnamenti perpetui; per gli si deve una gratitudine particolare.
2 Noi ricordiamo alcuni versi di Guido Gozzano: Oh! questa vita sterile, di sogno!
Meglio la vita ruvida concreta Del buon mercante inteso alla moneta, Meglio andare sfer
zati dal bisogno, ma vivere di vita ! Io mi vergogno, s mi vergogno d'essere un poeta . E ri
cordiamo il commento che egli fa di quel buon padre della signorina Felicita in fama d'usu
raio, quasi bifolco, dove si avverte sempre questa sottile alterigia dell'esteta gelido, del so
fista, verso l'uomo pratico. Soltanto in un poeta del Mezzogiorno, Francesco Gaeta, si trova
come interrotta questa tradizione di gusto e di sottile dispregio verso la turba intesa alla mo
neta. Brutal vinaio, nella cui man l'oro scorre, Che scamiciato dai carri scarichi il vin, Forte
in dogana rotto alle grosse camorre, Canuto, aitante, tra l'avvoltoio e il mastin, Ebbene
10 t'amo .... Un critico populista potrebbe dire che questa l'influenza del socialismo, ma
11 socialismo non c'entra, c'entra il popolarismo che assai vigoroso nel Mezzogiorno d'Ita
lia, e c'entra una bella figliuola che siede al balcone all'estivo tepor. Non per nulla l'arte dei
Verga, dei Di Giacomo, delle Serao, e la poetica e il gusto di De Sanctis per YAssomoir di Zola,
maturato laggi nel nostro Mezzogiorno, dove vive una forma grezza e barbarica di senso
delle classi popolari, ma a cui manca la coscienza riflessa democratica.
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546 LUIGI RUSSO
Quel Roberto d'Angi, morso da Dante e dal poeta lucchese Pietro de' Faitinelli,
come re da sermone e da altri suoi contemporanei, come un re che perdeva tempo
a comporre prediche ed epistole, viene esaltato dal Petrarca appunto perch uomo
libresco . Dante, per bocca di Carlo Martello, riprova il costume troppo lette
rario di re Roberto, che lascia le cure del governo ali 'avara povert dei suoi offi
ziali di Catalogna, e fa tutta un' invettiva contro la societ che torce a la religione
tal che fia nato a cignersi la spada, e fa re di tal eh' da sermone: onde la traccia
nostra fuor di strada; e Petrarca a venti o trenta anni di distanza, esalta invece
proprio quello stesso re Roberto, il quale non fa punti discorsi che non siano di
scorsi di cose altissime: omnium eius de rebus altissimis sermo erat. In questa di
versione del gusto dall'Alighieri al Petrarca, segnata tutta una rivoluzione lette
raria e civile, che noi possiamo aver dimenticato perch l'abbiamo assorbita nel
sangue, ma a cui nell' indagine storica giusto dar rilievo e isolare nei suoi elementi,
se si vuole intendere Parte e la poesia del Petrarca e quella di tutti i suoi succes
sori fino all'Alfieri e allo stesso Carducci.
I luoghi delle opere del Petrarca, dove continuamente vantato questo ar
stocratico disinteresse dalle vili cure quotidiane, sono cos numerosi, che im
razzante la scelta.2 Ricorder PInvertiva in mcdicum, dove e' un deprezzamen
direi perfino animoso di tutte le arti utili e vili, e si rivendica la dignit dell'
tile poesia. L'ideale del Rinascimento gi segnato in queste pagine : aforism
e consigli di cui il Petrarca si fa precettore a se stesso; donde il suo appartar
sdegnoso dal volgo, donde il disprezzo che egli ha per l'uomo cittadino, che t
scina la sua esistenza tra le occupazioni, le fastidiose cure quotidiano, e i travia
1 Nel momento in cui scriviamo, la difesa dei puri clerici che stanno sopra la mis
passata a quelli che sogliono dirsi, chi sa perch, liberali, sicch ormai a noi vecchi,
dicati crociani, i tempi appaiono proprio maturi per scrivere un capitoletto di etica militan
da intitolarsi: Bai crocianesimo all' arcadia.
2 Si vedano le varie citazioni dei luoghi delle opere petrarchesche, in cui ricorre la po
lemica contro la citt eil volgo mercenario, in Bosco, op. cit., p. 119, e soprattutto si rilegga
il sonetto De Vempia Babilonia, ond' fuggita.
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LA POETICA DEL PETRARCA 547
piaceri. Il vero ideale di vita quello della solitudine dei campi. L'uomo solitario
della campagna, risvegliandosi all'alba,
se ne va alacre alla vicina selva, pieno di pace e di silenzio e dove prima si ferma, tro
vato un sedile di fiori, ovvero un colle aperto, incomincia a godere dello splendore del sole,
e lieto canta con voce gaia le quotidiane lodi al Signore, tanto pi dolcemente se ai devoti
sospiri per avventura tengon bordone il mormorio lene di una cascatella e i dolci lamenti
degli augelli.
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548 LUIGI RUSSO
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LA POETICA DEL PETKAKCA 51-9
mare, altra di monti famosi ; ad un tempo veneranda per armi e leggi sacre ; dimora delle Muse,
ricca d'oro e di uomini illustri (Pyeridumque domus, auroque opulenta virisque), ai tuoi splendidi
favori si inchinarono insieme arte e natura e ti fecero maestra al mondo (cuiun ad eximios
ars et natura favores Incubuere simul, mundoque dedere magistrata).
Quest' idea religiosa di Roma antica valga a liberare il Petrarca dall' invalso
e troppo diffuso andazzo che ce lo ha spesso presentato come un profeta della na
zione italiana; se in altri tempi abbiamo fatto giustizia della presunta profezia
della nazione nelle pagine d'un Machiavelli, poich il concetto di nazione nasce
e si sviluppa con e dopo Vittorio Alfieri, tempo anche di alleggerire il Petrarca
da questo scolastico luogo comune che continua a informare le trattazioni di filo
sofi del diritto, gli ultimi sempre a prender coscienza delle rinnovate interpreta
zioni storiche. Del resto se cos non si facesse, si sarebbe assai imbarazzati a giu
stificare lo scrittore, che, passando da una regione all'altra, da una citt all'altra
d'Italia, tributa lodi ora ad un comune guelfo, ora ad un principe ghibellino, e
a signori avversi e contrastanti fra di loro. Dovremmo concludere che il Petrarca
sia poeta versipelle e cortigiano; ma per lui guelfi o ghibellini hanno perduto quel
l'asprezza di distinzione che c'era ancora nel politico Dante, e sono soltanto po
sitivo simbolo del nuovo istituto della signoria, a cui solo un grave difetto da
imputare, da parte del solitario poeta, il deficiente senso della universalit del
nuovo paradiso cristiano trasferito nella grandezza antica di Roma e il sover
chiante gusto delle eterne risse.
Tutte le sue lettere insistono qua e l su questo perpetuo colloquio che egli
conduce col mondo antico; se Dante trasporta nell'inferno, nel purgatorio e nel
paradiso della concezione tomistica tutte le sue passioni e le sue esperienze e cono
scenze di uomini, il Petrarca come affascinato e reso attonito da questo senso
dell'antico, da questo paradiso dei trapassati pagani o dei primi cristiani. Egli
non ha contemporanei gli uomini del suo tempo, egli ha contemporanei i Virgilio,
iCicerone, i Seneca, gli Agostino. Scrive nella leti. 3a, del lib. XV delle Familiari,
parlando sempre della sua Valle Chiusa:
Qui, in questa angusta valletta raduno intorno a me, da ogni luogo e da ogni tempo,
tutti i miei amici presenti e passati (n soltanto quelli che conobbi familiarmente, ma anche
gli altri morti parecchi secoli prima di me e conosciuti solo in grazia degli studi letterari), dei
quali ammiro gli atti e 1' indole e i costumi e la vita oppure l'eloquenza e 1' intelligenza. (In
terza equidem hic michi Romani, Me Athenas, hic patriam ipsam mente constituo: hic
omiies quos iabeo amicos vel quos habui, nec tantum familiari convictu probatos et qui mecum
vixerunt, sed qui multis ante me saeculis obierunt, solo michi cognitos beneficio literarum, quorum
sire res gestas atque animum sire mores vitamque sive linguam et ingenium miror). Assai piti
desideroso di conversare con questi trapassati che non con gli uomini, i quali si illudono di
vivere soltanto perch, respirando nell'aria fredda, si accorgono che ii loro alito lascia di s
un non so che rancido vestigio: (ex omnibus locis atque omni evo in liane exiguam vallem saepe
contralto cupidiusque cum Ulis versor quam cum Iiis qui sibi vivere videntur, quotiens rancidum
nescio quid spirantes, gelido in aere sui halitus videre vestigium). Cos vado errando libero e
tranquillo e con tali compagni son solo ogni volta che posso essere con me stesso. (Sic Uber
oc securus vagor, et talibus comitibu-s solus sum; .... quotiens possum mecum sum).
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550 LUIGI RUSSO
singolare poi che il Petrarca trovi le leggi di questa nuova religione sempre
nell'antico. Se egli ama la solitudine, egli ci ricorda nel Secretum (II, 14) che ha
imparato da Orazio che tutti i poeti amano le selve e fuggono le citt, ma come
tutti i fondatori di una nuova religione non si accorge che l'epicureismo oraziano
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LA POETICA DEL PETRARCA 551
Non troverai scritto mai che in simili giochi Scipione e Cesare si baloccassero (Se
XI, 13).
Cos scrive al marchese Ugo d' Este, che rischiava la vita nei giochi caval
lereschi. Ecco un altro tratto che distingue il Petrarca da Dante. Dante sente an
cora il pregio della borsa e della spada. Dante pu lamentare che nel paese che
Adige e Po riga non si trovi pi valore e cortesia come una volta; per Petrarca
invece c' piena indifferenza, se non addirittura ostilit, verso gli eroismi caval
lereschi. Nel Trionfo della Fama egli non consacra a Carlo Magno e ai paladini,
ai dodici robusti, che un solo verso, in cui appena li nomina: Lancilotto, Tristano
e gli altri erranti; Dante si intenerisce e si commuove quando sente fare la ras
segna di Paris e di Tristano :
Poscia che io ebbi il mio dottor udito
Nomar le donne antiche e i cavalieri
Piet mi giunse, e fui quasi smarrito.
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552 LUIGI RUSSO
Laneilotto, Tristano e gli altri erranti sono ricordati come quelli che le carte
empion di sogni; la cavalleria una fabula mentis, gli amori cavallereschi sono
insani amores, i duelli cavallereschi sono miranda vulgo praedia (Metrical, 5, 72-77).
Il mito della cavalleria torner fervido nei poeti del Quattro e del Cinquecento,
ma non pi come mito di vita, ma come mito di contemplazione poetica. In un
primo tempo necessario disfarsi dell'imperante costume cavalleresco; uno
degli effetti dell'amore dell'antico, perch la retroversione dello sguardo fanta
stico al mondo antico deve portare necessariamente al distacco dalla civilt im
mediatamente contemporanea. Ci sono perfino alcuni motivi leggermente comici,
jn questa ossessione degli exempla dell'antichit. stata fatta minuziosamente
la rassegna di tutti i luoghi in cui il Petrarca si dichiara un supposito, un contem
poraneo adulterino, per adoperare una frase violenta, dei personaggi dell'antichit.
Ad Agostino, che gli ricorda i suoi capelli bianchi, egli risponde che Domiziano
e Numa Pompilio e Virgilio incanutirono ancora giovani, tanto che Agostino non
pu trattenersi dal dirgli: Se t'avessi rinfacciato la calvizie, scommetto che avresti
tirato in ballo Giulio Cesare . Il Petrarca fa dell' ironia compiaciuta su se stesso
a tale insinuazione del suo maestro, e questo segno della sua fede sicura; quando
noi siamo profondati in una fede nuova, c' importa poco dei sorrisini del volgo
e delle rampogne dei venerati maestri. Egli risponde, tomo tomo, ad Agostino che
certamente se egli fosse stato calvo avrebbe citato Giulio Cesare:
Non altri senza dubbio; quale ne avrei potuto recare pi illustre? Se non sbaglio un
grande conforto essere fiancheggiati da cos chiari compagni, e perci ti confesso che non mi
dispiace di usare di tali esempi come di una cotidiana suppellettile.... Se pertanto mi avessi
rimproverato l'essere pauroso al fragore della folgore.... avrei risposto che Cesare Augusto
soffriva dello stesso male. Se m'avessi detto, e se io fossi, cieco, mi difenderei con l'esempio
di Appio Cieco e di Omero; se guercio con quello di Annibale; se sordo, con l'altro di Marco
Crasso; se insofferente del caldo, di Alessandro il Macedone (Secreto, III, 13-14).
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LA POETICA DEL PETRARCA 553
Come che molto sia da dubitare che un uomo oscuro e meschino a grande distan
luoghi e di tempi possa pervenire, darsi potrebbe il caso che a voi di me giungesse q
sentore, e che vi prendesse alcuna vaghezza di conoscere qual uomo io mi fossi, qua!
si avessero le opere mie, specialmente quelle di cui le memorie e il povero nome avesse in
a voi tramandato la fama. (Fuerit tibi jorsan de me alquid auditum quamquam et hoc dub
sit, an exiyuutn et obscurum longe nomen seu locorum seu temporum perventurum sit
illud jorsitan optabis, nosse quid hominis juerim aut quis operum exitus meorum, eorum m
quorum ad te fama pervenerit, tei quorum tenue nomen audieris).
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554 LUIGI RUSSO
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LA POETICA DEL PETRARCA 555
Cellini, dove completamente dissipata ogni ombra del cielo e dove predomina
il gusto mondano ed estetico dell'opera propria, che fa sentire il tono smargiasso
d'una troppo recente vittoria. Si va fino al '700 e si trover la Vita di Giambat
tista Vico scrtta eia s medesimo (1725-1728), in cui ancora una volta il tono
cambia: non sono confidenze d'un autore, e tanto meno vantazioni alla Cellini,
ma si tratta d'una storia della mente, obbiettivata in un giudizio da storico. Col
Vico s'inizia un nuovo tipo di autobiografia, in cui si tenta l'analisi critica del
proprio pensiero e delle proprie inclinazioni, poich si inaugura pi decisamente
una concezione antropocentrica della storia. Dopo di lui, per sensibilit nativa,
anche l'Alfieri si immette sulla nuova traccia : la Vita un'epopea critico-narrativa
dell' io alfieriano. Viene di seguito il Foscolo con quel saggio inglese su se stesso
e gli altri scritti di Didimo Chierico, in altra occasione da noi commentati (cfr.
Belfagor, 1 (1946], p. 453). Per Leopardi, tutto lo Zibaldone e tutte le sue operette
(come il Dialogo di Eleandro e d Ti ma udr) sono una recensione perpetua di tutta
l'opera propria. Oggi, tra gli uomini di scienza, caduta la ridicola e ipocrita di
stinzione tra critica obbiettiva e critica subbiettiva, in onore il Selbstanzeige ,
e la Giovinezza del De Sanctis e il Contributo alla critica di me stesso del Croce
sono opere che nascono su questa nuova tradizione.
Ma nel Petrarca c' la storia dell' individuo, nella sua umanit terrestre, senza
quel complesso senso dei rapporti storici, che sono una conquista pi tardiva;
donde quel tanto di vano e di caduco che non si pu non rilevare nelle pagine pe
trarchesche. Anche la Vita dell'Alfieri una storia dell' Individuo, ma dell' In
dividuo con 1' I maiuscolo, del superuomo, in cui sentire, vicende ed opere dello
scrittore sono offerte per una specie di jmitatio Alferii, una ideale immagine di s
in cui l'autore si esalta e scrive la ventesima, dopo le sue diciannove tragedie.
Mentre nel Petrarca c' sempre la coscienza tribolata della favola della sua vita,
onde sovente di me medesimo meco mi vergogno, ed la vita considerata
come un perpetuo vaneggiare, come un peni rsi e conoscer chiaramente che quanto
piace al mondo breve sogno . Si sente ancora l'individuo penitente, che non osa
ancora riconoscere con sicurezza che stato o sta per essere assunto nel cielo
della Storia, come l'Individuo alfieriano.
Dalla Lettera ai posteri ci attira un periodetto in sul principio:
Mortale omiciattolo io fui, siccome voi siete; di stirpe grande no, ma non vile. (Vestro
de grege unus fui autem mortalis homuncio, nec magnae admodum, nec vilis originis). Della
famiglia mia dir come Cesare Augusto diceva della sua, ch'ella fu antica. (Familia, ut de se
ait Augustus Caesar, antiqua).
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556 LUIGI RUSSO
In Dante, il cinta d'uliva, il verde manto, il color di fiamma viva che atti
rano e offuscano lo sguardo del poeta, perch in quella confusione e vaghezza di
colori si perda il fulgore della donna celeste. In Petrarca, nella rievocazione di Laura
in Chiare, fresche e dolci acque, c' il ricordo delle belle membra, del bel fianco ( Gentil
ramo ove piacque, Con sospir mi rimembra, A lei fare al bel fianco colonna),
degli occhi asciugati col bel velo; c' il ricordo della gonna leggiadra, e dell'angelico
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LA POETICA DEL PETRARCA 557
Quelli che han nome di sontuosi conviti e dir si dovrebbero crapule avverse e n
a temperanza e a costumatezza, io ebbi sempre in odio, e parvemi penoso e a un tem
e il farne altrui, e l'accettarne invito. (Convivere autem cum, amicis adeo iucundum
supereventu nil gratius habuerim, nec unquam volens, sine socio cibum sumpserim
Ego autem tenui victu et cibis vulgaribus vitam egi laetius quam cum exquisitissim
omnes Apicii successores. (Avverso alle lautezze de' banchetti mantenni di tenue vitto e di
volgari cibi la vita pi lietamente, che tra le leccornie e le ghiottonerie non sogliono fare i suc
cessori di Apicio).
Dalla ostentazione costantemente mi tenni lontano, non solo perch cattiva in se stessa
e contraria all'umilt, ma perch affannosa e nemica riesce al viver riposato e tranquillo.
(Nihil mihi magis quam pompa displicet, non solum quia mala et humilitati contraria sed quia
difficilis et quieti adversa est).
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558 LUIGI BUSSO
D'altri amori non mi accesi che di uno solo nella mia giovinezza: e quello onesto e ar
dentissimo a un tempo, del quale pi lungo ancora che non fu sarebbe stato il travaglio, se
l'ardore che gi cominciava a venir meno, acerba ma opportuna la morte non avesse estinto.
(Amore acerrimo, sed unico et honesto, in adolescentia elaboravi et diuiius elaborassem, nisi iam
tepescentem ignern mors acerba, sed utilis, extinxisset).
Si osservi quella mors acerba sed utilis, che potrebbe far arretrare di spavento
un chiosatore romantico. Il Petrarca non un romantico; pu subire ed esprimere i
travagli della passione, ma vedere anche nella morte della donna amata un'oppor
tuna e tempestiva catastrofe: questo conferma la temperanza del letterato nuovo,
che non inasprisce pi le passioni, ina le rasserena in un ideale morituro : cosa bella
e mortai passa e non dura ! S che s'io vissi in guerra et in tempesta Mora in pace
et in porto : un sospiro, un ideale, un voto espresso in uno degli ultimi sonetti.
Una nota ancora, che darebbe un'insana ed equivoca celebrit ad uno scrit
tore moderno, la confessione che il Petrarca ci fa della sua continenza sessuale
intorno ai quarant'anni. Si pu riscontrare in questo un'altra conferma del suo
ascetismo religioso, ma sempre trasmutato in un ascetismo letterario, l'ascetismo
non per salvare l'anima ma per salvare la poesia: l'idealismo amoroso del Petrarca,
il cronico erotismo per Laura, potrebbe un critico freudiano attribuirlo ai desideri
da lui repressi intorno all'et di quarant'anni. Egli si confessa involto nei piaceri
carnali, ma, come un asceta medievale, ha il rammarico di non potersene dire
del tutto inondo.
De' voluttuosi piaceri ben vorrei dirmi al tutto inesperto; ma poich questo senza men
tire al vero io non posso, mi terr contento ad affermare, che quantunque il calore dell'et
e del temperamento me ne dessero fortissimi stimoli, pur dal fondo dell'anima ne conobbi
e n'esecrai la bassezza. (Libidinum me prorsus expertem dicere posse optarem quidem : sed, si di
cam, m,enfiar : hoc secure dixerim, me, quamquam fervore aetatis et complexionis ad id raptum,
vilitatem illam tameyi semper animo execratum).
Significative poi le parti in cui si viene svolgendo l'ideale nuovo dei rapporti
tra il letterato e il principe. Se l'Alfieri stato l'eversore del costume del letterato
cesareo, protetto dai principi, dobbiamo riconoscere che proprio Petrarca invece
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L POETICA DEL PETRARCA 559
Retto e aggiustato meglio che non acuto ebbi l'ingegno, acconcio ad ogni buona
sciplina, ma alla morale filosofa e all'arte poetica massimamente disposto.
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560 LUIGI RUSSO
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LA POETICA DEL PETRARCA 561
Nel familiare consorzio degli amici mai non posi il mio studio a parere eloquente: n
so persuadermi che tanto Cesare Augusto ve ne ponesse. Ma dove il luogo, il subietto o gli
uditori me ne parvero meritevoli, feci ogni mio potere per riuscirvi: se poi venisse fatto di
conseguirlo, non io lo so, e sta il giudicarne a quelli che mi ascoltarono.
Ma questo ideale dell'eloquenza per lui era una specie di itinerario a un'alta
vita morale; l'homo botus dicendi peri tv s ritorna in lui come ideale etico e oratorio
insieme :
E cos potessi affidarmi di aver vissuto bene, come poco mi importerebbe di aver bene
parlato: vana la gloria che dalla sola eleganza delle parole si procaccia. ( Ventosa gloria est
de solo verborum splendore iamam quaerere).
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562 LITIGI RUSSO
mari etin domo propria potuisset). Se dopo lui col fosser rimasti i suoi successo
la gloria di quel felice ritorno: se ripartivano quelli, tanto maggiore si pareva il
quanto pi grande la colpa loro si sarebbe chiarita. Ma lasciamo questo gi lu
stivo lamento. Sed haec longior at que incidens est querela.
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LA POETICA DEL PETRARCA 563
Tutto questo e niente pi. Il senso dei particolari gli sfugge comp
nella rievocazione di queste peregrinazioni della sua giovinezza ; non c'
per osservazioni di luoghi e di persone: c' in lui 1' Europa romanza,
ropa romanza ancora allo stato germinale, e le postille delle nazioni n
confondono vagamente nella sua fantasia. La verit vera che il Petr
stoffa di cenobita. In questo la persistenza del suo medievalismo. Dant
notazioni particolarissime di tutti i luoghi d'Italia da lui visitati, e anch
europei da lui appresi attraverso la lezione dei libri. Dante er a poeta ca
ria, sia pure una storia costruita ab aeterno da Dio, in forza stessa della, su
fede cattolica ; mentre il Petrarca si lasciava rapire volentieri nel sogn
templazione. Confessa egli il fastidio che ha delle grandi citt: fastid
odium naturaliter animo meo insitum. Per egli cerca d'un qualche a
cetto ove potesse, quasi in un sicuro porto, ricoverarsi \ diverticulum
portum quaerens. Cos egli viene a scoprire
la piccolissima ma solitaria ed amena valle che Chiusa si chiama, ove regina di tut
scaturisce la Sorga (reperii Vallem perexiguam sed solitariam atque amoenam, quae
citur, quindecim passuum minibus ab Avinione distantem, ubi jontium rex omnium
Allettato dalla bellezza del luogo vi trasportai i miei libri e vi fissai la dimora. E l
il dire quali e quante cose in tanti anni ivi io facessi. Per dirlo in poche parole, tu
scoli miei, se non per intero composti, furono cominciati, o per lo meno orditi in
e furon tanti che a quest'et mi danno ancora da fare.
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534 LUIGI RUSSO
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LA POETICA DEL PETRARCA 565
E tra quei monti errando a sollazzo in un venerd della settimana santa, surse
mente e forte vi si apprese il pensiero di dettare un poema intorno a quel primo
cano il cui nome, meravigliando rammento, fin dalla fanciullezza m'ebbe pres
amore (cuius nomen mirum unde a prima mihi aetate carum juit) : e trasportato d
impeto misi tantosto con grande ardore mano a quell'opera, che poi distratto
lasciai interrotta (variis mox distractus curis intermisi) ; e che dal subbietto Afri
non so per quale sua o mia ventura prima che alcuno la conoscesse dest di s tant
desiderio.
Laura apparve per la prima volta agli occhi miei nel primo tempo della mia adolesc
nell'anno del Signore 1327, il giorno sesto d'aprile, in sul mattino, nella chiesa di Santa
in Avignone; e nella medesima citt, nell'anno poi del Signore 1348, da questa luce
luce fu tolta.
37.
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566 LUIGI RUSSO
Il castissimo e bellissimo corpo di lei nello stesso d della morte, in sul vespro, fu riposto
in acconcio luogo dei frati minori : e l'anima sua, io mi d a credere, che, come Seneca disse
dell'Africano, nel cielo onde ella era sia ritornata.
Cos il poeta lucchese, per non ricordare le troppo note battute di Dante.
Il Petrarca invece diede un grande rilievo alla figura di Roberto, e ne parla
molto nelle Lettere Familiari, oltre che nei Rerum memorandar um. Egli si schiera
fra gli encomiasti del re angioino, e probabilmente la sua simpatia per il buon re
Roberto deve procedere non solo dalla fama della sua dottrina letteraria, ma anche
dall'opera concreta che egli svolse, per la pace dei suoi popoli e per la tranquillit
e la sicurezza del regno.1 Il Petrarca fu sempre sospiroso di pace e si rammaric
che perfino le campane messe su in alto per ringraziare Iddio fossero adoperate
per chiamare gli uomini alle armi. Deh, quanto diversi atti! N senza squille si
comincia assalto Che per Dio ringraziar fur -poste in alto . Quando il 29 gennaio
1 Cfr. Croce, Storia del Regno di Napoli, p. 51; il Croce riconosce che "i] tempo del
savio re Roberto " fu a lungo richiamato con desiderio. Si diceva per l'Italia elle tanta tran
quillit e sicurezza era allora stabilita nel Regno che " per tutta Puglia, tutta terra di La
voro, tutta Calabria e Abruzzo, la iente delle ville arme non portavano n conosceano
arme", e solo "portavano in mano una mazza de legno pe difennerse da li cani"!-.
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LA rOEriCA DEL PETRARCA 567
del 1343 Roberto venne a morte, il Petrarca scrisse una lettera a Marco Barbato
da Sulmona in cui ricorre un periodo di questo genere:
Se pertanto fu detto nel d ohe si moria Platone essere dal cielo scomparso il sole, che
dovr dirsi che morto costui, il quale d'ingegno a Platone e per sapienza e per gloria ad al
cun altro re non secondo, apr col morir suo a tanti e a tanto grandi pericoli la via ? (Itaque,
si quo die Plato rebus humanis excessit, sol celo cecidisse visus est, quid ilio moriente videatur,
qui et Plato alter ingenio fuit et regum nulli aut sapientia secundus aut gloria, cuius praeterea
mars tam multis hinc inde periculis viam fecit?) (V, 1).
Orbene non c' da meravigliarsi che vedendosi giungere lettere del senato
romano e del cancelliere dell'universit parigina, con le quali il Petrarca era in
vitato a ricevere la corona poetica a Roma o a Parigi, non c' da meravigliarsi
innanzi tutto che egli preferisse Roma (Roman urbis auctoritatem omnibus praeferen
dam statui) e che volesse subire l'esame dal re Roberto.
Poich di mille e svariate cose ebbe meco ragionato, io gli feci vedere il mio poema del
VAfrica, e tanto gli piacque che come singolare favore mi preg che volassi a lui intitolarlo ;
n poteva io, n certamente voleva, alla onorevole dimanda non consentire.
Anche questa della dedica del poema a re Roberto una consuetudine che
si introduce in tale occasione e che durata, possiamo dire, fino al sec. XIX.
Ancora nel 1831, quando gli amici provvidero all'edizione fiorentina dei Canti
di Giacomo Leopardi, essi avevano pensato una dedica a non so quale illustre
mecenate del tempo che aveva partecipato alla spesa dell'edizione.
Sono significative le parole con cui il Petrarca riferisce le impressioni sul suo
esame di laurea. Anche Dante sogn di prendere cappello nel suo bel San Giovanni,
per per un'apparente opposizione degli avvenimenti, ma per una pi profonda
fedelt alla logica storica inerente al suo pensiero, egli fu conventato soltanto
nell'alto dei cieli, dopo un esame di tre grandi apostoli. Una laurea sempre ne
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568 LUIGI BUSSO
Prefisse egli un giorno nel quale continuo mi esamin dal mezzod fino alla sera : e perch
alla materia che tra le mani cresceva il tempo venne meno, seguit a fare il medesimo nei
due giorni appresso e messo cos per tre giorni il mio povero ingegno alle prove, nell'ultimo
degno di ricevere la laurea mi giudic.
Tre esaminatori per Dante, tre giornate per Petrarca; non improbabile che
per il pi profano Petrarca continuasse ad avere suggestione la mistica del numero
tre. Poi Roberto insist perch la laurea gli fosse data a Napoli, ma pi che il ve
nerando desiderio di quel gran re valse sull'animo del poeta l'amore di Roma:
Vicit amor Romae, venerandi tanta regis instantia.
Questa faccenda della laurea romana il Petrarca 1' ha raccontata in sette o
otto lettere, il che ci dovrebbe far parlare della sua eccessiva vanit, ma gi ab
biamo dichiarato che vogliamo escludere ogni giudizio di carattere psicologico
su queste sue inclinazioni, perch il giudizio psicologico non fa storia. La laurea
poetica era una specie di riconoscimento storico che, in una societ organizzata
a cui presiedevano due autorit supreme, il Papa e l'Imperatore, aveva un suo
significato sociale e per la vanit dei candidati si attenua e passa in seconda
linea. Dante che non pot prendere il cappello nel suo bel San Giovanni, lo prende
lass nel Paradiso e nel primo canto della sua terza cantica si rammarica che alia
delfica deit ed al suo legno pochi pensano ormai nel mondo. Colpa e vergogna
delle umane voglie. Dante desider fortemente la laurea di poeta, come appare
dalla seconda ecloga a Giovanni del Virgilio, dove, rispondendo al retore bolognese
che lo voleva incoronato d'alloro nella famosa universit, scrisse: Cum mundi
circumflua corpora cantu Astricoleque meo, velut infera regni, patebunt, Devincire
caput hedera lauroque iuvabit . (Quando i bagnati corpi del mondo, la montagna
del Purgatorio, cio, che in alto si dislaga, e i celicoli e gli inferi regni saranno
aperti al mio canto, allora giover cingere d'edera e di lauro il capo).
Non bisogna dimenticarsi che questa consuetudine della laurea poetica
durata fino al '700, quando furono incoronati sul Campidoglio due celebri improv
visatori, Bernardino Perfetti e Corinna Olimpica. Con una donna possiamo dire
che finita la storia di questo costume (ed onorevole per il Metastasio aver rifiu
tato lo stesso onore, perch troppo ormai avvilito con poeti improvvisatori e con
donne improvvisatrici). Questo capita spesso nella storia; quando un ciclo con
chiuso, viene fuori sempre un qualche Bernardino Perfetti o, peggio, una qualche
Corinna Olimpica a dare l'ultimo strazio.1
Luigi Russo
1 Nei prossimi fascicoli, alternati per la conveniente variet con altri saggi gi
messi dall'Autore, saranno pubblicati altri studi petrarcheschi, La filosofia del P., P
del P. (entrairbi i capitoli come sviluppo interno della sua poetica), La poesia del
stille varie ali ''Africa, a! Canzoniere e ai Trionfi.
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