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Aikido

un'arte per vivere

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Indice generale
Aikido 1
un'arte per vivere 1
Premessa 3
1 La dimensione mentale: mondo interno e mondo esterno (Ura-Omote) 8
2. L'attivit meditativa (Zen): cercare noi stessi 15
3. La posizione (Kamae) 24
4. La respirazione (kokyu) 28
5. L'ispirazione (kokyu ryoku) 33
6. Il tempismo (Awase) 38
7. Il movimento (Irimi tenkan) 45
8. La tecnica (Waza) 49
9. Il superamento della tecnica (Waza no Yushutsu) 58
10. La proiezione cielo-terra (Tenchinage) 64
11. Andare verso la morte 68
12. L'igiene psicofisica (Misogi) 74
13. Le due vie 78
15. Il tempo per pensare (Seiza) 86
16. Sapere aspettare 92
17. Il sapore della sconfitta (Ukemi) 98
18. La via della pace 103
19 La memoria e il dialogo: Ishin denshin 115
20 La ricerca dell'aiki 119

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Premessa
Questo testo la continuazione ideale di Lo zen e l'arte dell'aikido. Alcuni temi l trattati

vengono qui ripresi da un diverso punaikidoto di vista.

L'aikido viene definito come una filosofia di vita: un'arte per vivere. Vi sono quindi dei
principi, dei modi di essere, delle tecniche e delle esperienze che possono avere un riflesso
nella vita di ogni giorno. Il maestro disse: il dojo come il camerino dell'attore, ci si prepara,

ma il vero palcoscenico la vita.

una disciplina che tende in maniera naturale a realizzare la condizione di Fudoshin, in


genere reso con Spirito Immobile, o mente vuota, ma forse meglio dire spirito o mente
imperturbabile (vista la tradizione che il concetto di imperturbabilit dell'animo ha nella
cultura occidentale): un atteggiamento ottimale per affrontare le traversie della vita. La stessa
realizzazione dell'unione fra la spada e lo Zen (Ken-Zen-Ichi-Nyo), cio tra la mente-corpo e
la spada, tra noi e ci che facciamo, un valido risultato di questo sistema di allenamento che
deve avere riscontro nella nostra attivit. L'aikido la forma di budo che mette in pratica,
rendendola attuale, la Via dei Principi Spirituali (Shinpo no michi via dei princpi spirituali o
metodo di studio del rapporto uomo-universo), questa anche una via che pu essere
validamente utilizzata da tutte le persone, in ogni situazione dell'esistenza, e non limitata alle

arti marziali (cos: Tada H., Spirito-Tecnica-Corpo, in Tempu, n14, giugno 2004).

In questo lavoro si cerca di esaminare gli elementi che possono avere dei punti di contatto con
situazioni che si verificano nella vita di ognuno.

Ciononostante questo scritto non un ammirabile manuale delle istruzioni dalla stupenda
chiarezza didattica, come quelli composti da Aureliano Buenda, o allegati ai mobili Ikea, n si
troveranno brillanti soluzioni come quelle in cui il bianco muove e vince in due mosse. Non
nemmeno un Oracolo manuale alla maniera di Baltasar Gracin e non si troveranno frasi
come: A volte la sapienza pi grande consiste nel non sapere o nel fingere di non sapere; o

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come Certuni sarebbero saggi, se non fossero persuasi di esserlo. Ogni uomo un continente

diverso e nelle mutevoli circostanze dell'esistere pericoloso progettare opere cos


ambiziose, e pesa forse in chi scrive l'obiezione: medico cura anzitutto te stesso. Buona parte

delle opere di Gracin (ammirato da Schopenauer e negletto da Borges) si occupano di fornire


al lettore le risorse che gli permettano di districarsi nelle trappole della vita: come farsi
valere, l'arte della prudenza anzitutto, e come avvantaggiarsi della conoscenza basata
sull'esperienza, anche dissimulando e comportandosi a secondo che l'occasione richieda.
Eppure la sua arte non lo salv: fin i suoi giorni confinato nei dintorni di Huesca (dove
qualche secolo dopo verr ferito Orwell) a pane e acqua, e gli fu proibito perfino di possedere
inchiostro, carta e penna, cose alle quali teneva.

Insomma non sempre doppiezza e realpolitik pagano, come dovette apprendere a sue spese lo
stesso Machiavelli che mor abbandonato da tutti. Ciononostante quel grande che temprava lo
scettro a' regnatori seppe fare di necessit virt, e nell'ozio forzato dell'esilio occup
produttivamente il proprio tempo, dato che a chi altamente oprar non concesso / fama
tentino almen libere carte, per cui scrivendo all'amico Francesco Vettori: Venuta la sera, mi

ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana,
piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro
nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di
quel cibo che solum mio e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e
domandargli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro umanit mi rispondono; e non
sento per quattro ore di tempo alcuna noia; sdimentico ogni affanno, non temo la povert, non
mi sbigottisce la morte; tutto mi trasferisco in loro.

Rischioso quindi scrivere per autoeducazione: ma il sommo Goethe scrisse, si dice, per
questa buona ragione. E il mistico Cantideva: Nulla io devo qui dire che non sia gi stato
detto, n io ho abilit nel comporre; e perci non mi curo di quello che pu essere l'interesse
altrui. Perch questo manuale io ho composto per profumare il mio proprio cuore (In
cammino verso la luce, con interessante Postfazione di Giuseppe Tucci).

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Sostanzialmente si scrive per educare se stessi, per autoformazione, un tentativo di fare

qualcosa fr ewig, successivamente per condividere con altri le stesse esperienze, e scrivere
diventa una forma di relazione con gli altri: a rifletterci sono gli stessi motivi che si trovano

nella pratica dell'aikido.

La scrittura una forma di concentrazione del pensiero su un tema particolare, ha delle


tecniche sue che bisogna esplorare (ma anche in questo caso la scrittura non si identifica con la
tecnica: si pu avere una tecnica raffinata ma non dire nulla di sensato), si passa da un
pensiero all'altro, e se si lavora con un buon grado di sincerit, inevitabilmente si tende ad
amare, quasi ad identificarsi con quello che si scrive. Chi ha un poco di pratica, anche solo di
letture, della cultura yoga, pu notare come le fasi prima elencate non sono che le parti che
compongono il samyama, o raja yoga, cos come esposto da Patanjali negli Yoga sutra. Ma le
stesse sensazioni possono essere sperimentate in altre forme di espressione artistica, come la
pittura o la composizione musicale, o nello studio, nel lavoro, o nell'innamoramento (che una
forma di conoscenza mistica come sospettava Hemingway in Addio alle armi, ma qui l'elenco
forse non avrebbe fine).

Serve avvicinarsi alle dottrine orientali, anche all'aikido, con uno spirito non prevenuto ma
critico, evitando il rischio di divenire preda di ignoranti, ciarlatani o esaltati, schiavi delle
facili formule salvifiche o della vana ricerca della tecnica risolutiva, vagheggiando il mito
dell'invincibilit o dell'eterna giovinezza.

Ciononostante l'aikido un'arte bella che pu dare delle sensazioni particolari, e pur non
essendo un toccasana, pu rivelare un'utilit inaspettata in molte circostanze della vita, e tutto
sommato i soggetti che la praticano non sono peggiori di quelle che abitualmente incontriamo.
Anzi, serve dire a completamento di questo disclaimer, che l'occasione per conoscere
persone che al di l dei limiti connaturati alla condizione umana, spesso sono piene di idealit,
di ricerca e di aspirazioni, certo non detto che siano sempre coerenti con quanto professano,
ma chi sotto il sole potrebbe mai vantarsi di questo.

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1 La dimensione mentale: mondo interno e mondo esterno (Ura-
Omote)

L'aikido si riferisce alla dimensione dell'essere, non un insieme di tecniche ma uno stato
mentale che tende ad abbracciare il modo di rapportarsi con il mondo.

Si tratta di un'attivit di tipo meditativo che consente di investigare e di sperimentare due tipi

di relazione:

a. individuo e se stesso; possiamo esprimere in altri termini questo concetto dicendo che esiste
una relazione che a tratti si riesce a scorgere tra la nostra parte conscia e quella inconscia. La
parte subconscia, la parte nascosta di noi, influenza in maniera determinante il nostro modo di
essere, non solo le nostre convinzioni razionali (l'io spesso non padrone in casa propria) ma
anche il modo di muoversi del corpo. Si dice che uno degli effetti della pratica dell'aikido sia
quello di affrontare con maggiore calma le vicissitudini della vita. Ora, ed esperienza
comune, per calmare una persona non basta dire: stai calmo; perch questo ottiene spesso
l'effetto opposto. Non semplice far passare un comando dal lato razionale a quello inconscio.
Soprattutto in questo ambito ci si accorge come la violenza e la costrizione ottengono effetti
limitati se non dannosi. La pratica anche mentale (il ki no renma di Tada sensei l'esempio
privilegiato di questo modo di intendere l'aikido) invece uno strumento sottile attraverso il
quale possiamo lavorare per addolcire le asperit di noi stessi.

b. tra noi e il mondo esterno. Nessun uomo un'isola, ma ognuno vive in maniera pi o meno
armonica o conflittuale una serie di relazioni affettive, lavorative, di studio ecc.

evidente che questi due mondi non sono separati ma strettamente comunicanti e che si
influenzano reciprocamente. Una sconfitta sul lato lavorativo, una delusione affettiva

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condizionano negativamente il nostro benessere, all'opposto affrontare ottimisticamente le

prove della vita rappresenta una chance in pi per poterle superare.

Questa esperienza comune di ognuno e gli esempi anche letterari non sono pochi. L'incipit del

secondo capitolo dei Promessi sposi pu essere esemplificativo: Si racconta che il principe
di Cond dorm profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi: ma, in primo luogo,
era molto affaticato; secondariamente aveva gi date tutte le disposizioni necessarie, e
stabilito ci che dovesse fare, la mattina. Don Abbondio in vece non sapeva altro ancora se
non che l'indomani sarebbe giorno di battaglia; quindi una gran parte della notte fu spesa

in consulte angosciose.

Itsuo Tsuda l'allievo di Ueshiba che aveva vissuto a lungo a contatto con la cultura francese,
parla della notte tranquilla del Grand Cond (L'arte del non fare), ma non credo che avesse
letto Manzoni, altrimenti avrebbe colto la sottile ironia del nostro scrittore sugli effetti deleteri
che un carattere debole ha nelle circostanze della vita, e forse speso qualche parola anche sulla

figura di Don Abbondio, a parere di chi scrive il personaggio migliore uscito dalla penna di
Manzoni, sempre attento a se stesso e prono ai potenti, quello che meglio incarna, temo, il
costume di noi italiani.

Vi infine un ultimo punto da considerare: mondo esterno (luce) e mondo interno (ombra) non
sono separati se non didatticamente e come campo di indagine, al contrario praticando ci si
accorge che essi coincidono.

Per Giordano Bruno colui che vede in se stesso tutte le cose al tempo stesso tutte le cose, una
forma questa di panteismo psicologico che ricorre nel pensiero di Ueshiba e in generale nella

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disciplina dell'aikido, perch ciascun uomo, per quanto sia un individuo particolare, tuttavia
una totalit, la totalit ideale (Marx, Manoscritti economico filosofici).

La modalit esterna e quella interna, l'omote (yang) e l'ura (yin) non sono opposte l'una

all'altra, ma come nel tao esse si intersecano e formano un tutt'uno. Nishida Kitar

in Problemi fondamentali della filosofia trattando della conoscenza e dell'agire


utilizza questa dicotomia: quando operiamo la nostra volont si manifesta all'esterno e l'opera

di un artista contemporaneamente esterna ed interna.

Questa uguaglianza suscettibile di diverse interpretazioni, da quella delle arti magiche


volgari, a quella pi elevata dell'esegesi biblica: il regno di Dio in mezzo a voi! (Luca
17,20-21). Lespressione greca ents hymn, in mezzo a voi, pu anche significare dentro
di voi, cio nellinteriorit delle persone e nellintimit dei cuori (cos intende l'espressione
Yogananda in Autobiografia di uno yogi, ma cos in pi parti Agostino). Anche per il vangelo
apocrifo di Tommaso (scritto da eretici mette in guardia Eusebio di Cesarea): "Il Regno di Dio
dentro di te e tutto intorno a te. Non negli edifici di pietra e cemento. Spezza un legno e io
ci sar, alza una pietra e l mi troverai."

La nostra stessa mente Buddha (Sokushin Ze Butsu), dicono i buddisti. 'Buddha' 'Butsu',
'questa mente' 'soku shin'; "Shin" significa "mente" e "soku" significa "qui-ora" o "questo",
il farsi presente dell'uomo a se stesso.

Si pratica con i propri difetti e le qualit che si riescono a sviluppare. A ognuno circostanze
particolari, capitato di pensare: sono migliore degli altri, quello che provo io non lo prova
nessuno; in altre al contrario pensiamo di essere particolarmente negati a vivere, e ci
chiediamo come abbiamo fatto a superare la lotta della selezione naturale. Ma forse gli altri e

il mondo stesso, non sono particolarmente migliori o peggiori di noi, quello che alberga in noi
simile a quello che vive nell'animo degli altri umani.

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Utopistico pensare di avere una chiarificazione totale di noi stessi, del mondo e delle nostre

scelte: rimane qualcosa di imponderabile fuori e di irrazionale dentro di noi.

Oggi ancora, e forse non c' risposta definitiva diceva un poeta, ci chiediamo se dobbiamo

essere come asceti vivendo lungo il corso del fiume degli di, o insieme a spose nobili per
grazia praticare la misura; se vale pi bere alle correnti delle scienze o suggere le diverse
linfe d'ambrosia della poesia, se basta vivere il momento felice senza darsi pensiero del
domani o lentamente costruire il proprio futuro. Ma tessi eterno tessitore del tempo, non
sappiamo cosa bene in questa vita lunga un battito di ciglia.

Ipotesi di giustificazione teorica


L'alternativa qui delineata tra mondo esterno e mondo interno, tipica di molte filosofie orientali, ha avuto larga trattazione nella storia del pensiero
economico: la teoria dei costi di transazione di Coase-Williamson alla base delle esternalizzazioni di funzioni aziendali (outsourcing), e delle
privatizzazioni delle imprese pubbliche, si basa proprio sul confronto tra costi esterni o mercato, e costi interni o gerarchia. Si trova applicata nel
pensiero organizzativo aziendale: analisi SWOT come delineazione della strategia migliore tra minacce e opportunit esterne, in relazione a punti di
forza e debolezze interne all'azienda. Ricorre pi volte, in forme diverse, nella storia della filosofia come dicotomia tra pensiero logico o sillogistico e
intuito (Aristotele), o tra ragione e sentimento (illuminismo e romanticismo), tra esprit de geomtrie ed esprit de finesse di Pascal, il quale
professava una superiorit delle ragioni del cuore anche se incomprensibili alla ragione. Lukcs (Teoria del romanzo) ritiene che la filosofia il
sintomo della scissura tra interno ed esterno (dato che le et felici non hanno filosofia), il segno della discrepanza tra io e mondo, della non
conformit tra anima e azione.
Benedetto Croce in un manuale che dominer l'estetica della prima parte del Novecento, non solo italiano (rientra, per dire, nel novero delle
citazioni di Borges), scrive che la conoscenza ha due forme: o conoscenza intuitiva o conoscenza logica; conoscenza per la fantasia o conoscenza
per l'intelletto; conoscenza dell'individuale o conoscenza dell'universale; delle cose singole ovvero delle loro relazioni; , insomma, o produttrice
d'immagini o produttrice di concetti.
La dicotomia esterno-interno (o omote-ura, che a dire yin-yang) rimanda per altri versi alle differenti funzionalit dei due emisferi cerebrali.

Mintzberg (Management mito e realt) riprender negli studi organizzativi la dicotomia tra emisfero destro (apprendimento visivo simultaneit
processo per impulsi) ed emisfero sinistro (linguaggio verbale sequenzialit processo lineare) del cervello per caratterizzare due tipi di manager:
decisionale e organizzativo. Anche in questo caso presente una alternativa tra omote (logica sequenzialit) e ura (intuito impulso), ma nella vita
pratica sono importanti tutt'e due le cose, altrimenti il Padreterno avrebbe errato a farci cos. Mintzberg assegner non a caso un ruolo paritario a
entrambi gli emisferi nella formazione della management education. Anche il processo decisionale nelle organizzazioni economiche non segue la
razionalit totale del pensiero economico neoclassico (l'ideologia oggi imperante che assolutizza le leggi di mercato), ma il concetto di razionalit
limitata (la bounded rationality di Simon).

L'alternativa omote-ura andando avanti nella pratica si attenua.

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2. L'attivit meditativa (Zen): cercare noi stessi

Possiamo pensare all'aikido come ad una filosofia che cerca di interpretare e comprendere il

reale e fornire ai praticanti degli strumenti per districarsi nelle situazioni della vita, per
affrontarle nella maniera migliore (diverse filosofie coltivano questa ambizione teoretica-
pratica). Lo scopo non quindi meramente conoscitivo ma di ordine pratico. Ma non esiste
attivit teoretica che non abbia un riflesso anche pratico, n azione che non implichi una teoria
manifesta o nascosta. Teoria (dal greco = "spettacolo" e = "vedo") nell'aikido

corrisponde al seiza e all'attivit meditativa e di visualizzazione, l'azione all'esecuzione delle


tecniche. La tranquillit deve essere salvaguardata in tutt'e due questi momenti: vi un'attivit
mentale nello stare seduti in quiete e una attivit mentale nell'azione, vi pertantoazione nella
calma e calma nell'azione.

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Enstasi il termine utilizzato da Mircea Eliade volendo denotare una differenza con la

tradizione mistica occidentale legata al termine estasi, ma peak state, e meglio ancora stato di
grazia, possono essere termini adeguati. Il direttore dell'aikikai italiano chiama questa

condizione mentale anjo daza. La parola, la prima parte almeno (anjo), come avvisano gli
esperti di questa lingua che Fosco Maraini paragonava al monte Fuji, apparentemente semplice
e abbordabile inizialmente per poi inerpicarsi verso vette scoscese, rappresenta una situazione
di stabilit fisica. Il non essere squilibrati in avanti o indietro, non essere catturati da chi ci sta
di fronte, e per metafora l'indizio della stabilit mentale, della mente centrata su se se stessa
che riflette tutto e su tutto, ma non vive fuori di se stessa. Oltre questa mente non troverai mai
un altro Buddha. impossibile cercare l'illuminazione oltre questa mente, la verit in noi
stessi. La mente anche il nostro spazio fisico e psicologico, il dharmaksetra, la nostra area
di servizio, le cose a cui teniamo, il nostro dojo mentale, la nostra aura, il kekkai lo spazio
dove si esercita la nostra meditazione. Nella pratica questo abbastanza evidente: esiste uno
spazio circolare di raggio mutevole che circonda il praticante, appena qualcuno entra ci
accorgiamo della sua presenza. come se fosse la nostra stanza, il nostro studio o il nostro

giardino, un luogo nel quale nessuno, nemmeno chi ci caro, deve entrare senza il nostro
permesso.

Per molti versi simile al cerchio che traccia il colonnello Aureliano Buendia nel corso della sua prima guerra civile (ricevendo
per il contraccambio per la sua malvagit): Sulle prime, ubriacato dalla gloria del ritorno, dalle vittorie inverosimili, si era
affacciato all'abisso della grandezza. Si compiaceva di tenere alla sua destra il duca di Marlborough, suo grande maestro nelle
arti della guerra, la cui bardatura di pelli e unghie di tigre suscitava il rispetto degli adulti e l'ammirazione dei bambini. Fu in
quell'epoca che decise che nessun essere umano, nemmeno Ursula, gli si avvicinasse a meno di tre metri. Nel centro del cerchio
di gesso che i suoi aiutanti di campo tracciavano dovunque egli arrivasse, e nel quale soltanto lui poteva entrare, decideva con
ordini brevi e inappellabili il destino del mondo. La prima volta che and a Manaure dopo la fucilazione del generale Moncada si
affrett a compiere le ultime volont della sua vittima, e la vedova ricevette gli occhiali, la medaglia, l'orologio e l'anello, ma non
gli permise di oltrepassare la soglia.

Non entri, colonnello, gli disse. Nella sua guerra comander lei, ma nella mia casa comando io. (G. Marquez, Cent'anni di
solitudine).

Una metafora del genere aveva utilizzato Cervantes nell'ironico incipit del Don Chisciotte, dove difendendo la sua creatura
...n vo' seguir la corrente, n porgerti suppliche quasi colle lagrime agli occhi, come fan gli altri, o lettor carissimo, affinch tu
perdoni e dissimuli le mancanze che scorgerai in questo mio figlio. E ci tanto maggiormente perch non gli appartieni come
parente od amico, ed hai un'anima tua nel corpo tuo, ed il tuo libero arbitrio come ogni altro, e te ne stai in casa tua, della quale
sei padrone come un principe de' suoi tributi, e ti noto che si dice comunemente: sotto il mio mantello io ammazzo il re.

Il kekkai, quest'aura che ci circonda, anzitutto uno spazio mentale nel quale facciamo entrare
solo le persone che ci aggradano, essa funziona come una barriera spirituale protettiva di noi

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stessi. Nella pratica l'area di servizio che utilizziamo nell'esecuzione della tecnica la quale
inizia come uke si affaccia ai suoi confini.

Nelle indicazioni dell'aikikai italiano dettate da Hiroshi Tada il seiza, lo stare seduti

tranquillamente, un elemento essenziale per valutare la crescita del praticante dalla cintura
nera in poi. Per molti versi possiamo ritenere che l'aikido sia fondamentalmente un'educazione
alla tranquillit dell'animo.

L'esercitarsi nell'aikido come attivit meditativo-energetica, deve consentire di vivere pi


profondamente: non solo allungare la propria esistenza perseguendo un benessere fisico

spirituale, ma serve a trovare le energie necessarie per adempiere al compito che siamo
chiamati a svolgere nella nostra vita.

Preliminarmente occorre avere per chiaro quale il nostro compito. Chiarificare noi a noi
stessi. Molto spesso non viviamo la nostra vita ma quella altrui, seguiamo non i nostri scopi
ma quelli che altri, in maniera evidente o nascosta, ci impongono, abbiamo perci un senso di
estraniamento. Con Gide, dovremmo dire: Le seul drame qui vraiment m'intresse et que je
voudrais toujours nouveau relater, c'est le dbat de tout tre avec ce qui l'empche d'tre
authentique, avec ce qui s'oppose son intgrit, son intgration.

Noi non perdiamo i tre quarti di noi stessi per cercare di essere come le altre persone, ma
corriamo il rischio di perderci completamente, piacciamo agli altri ma non possiamo guardarci
allo specchio senza un moto di vergogna. Non riusciamo a dire l'amen a noi stessi. La nostra
vibrazione non pura.

L'iscrizione gnothi sauton (conosci te stesso), posta sul tempio di Apollo a Delfi, invitava gli
uomini a riconoscere i propri limiti. Ma, come noto, Socrate-Platone interpreta questo invito
in una maniera personale: egli isola se stesso come oggetto di indagine e di riflessione,
presupponendo nella coscienza una capacit di ragionamento (conoscenza) che abbraccia
anche se stesso.

Meditare un'esperienza mentale nella quale proviamo diversi vestiti, fino a che non troviamo
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la taglia giusta, il nostro vestito, quello che ci sta bene, quello nel quale ci troviamo a nostro

agio. Fatto apposta per noi: custom.

Meditare anche come mettere una pentola sul fuoco per far cuocere il cibo, quello che
mettiamo dentro dipende da noi, da quello che ci piace.

Ma l'ingrediente principale in cucina l'amore. Certo importante avere una buona materia
prima, esperienza, sapere che cosa si vuole cucinare, ma cos' che fa di un piatto qualsiasi una
pietanza divina?

Le cose vanno fatte con amore, banalmente cos, altrimenti si resta dei mediocri. L'aikido
un'arte che serve ad imparare ad amare, a conoscere, entrare in relazione, a dare il meglio in
quello che facciamo. E cos facendo ci identifichiamo con noi stessi, e quindi siamo noi stessi.

Ma scegliere quali scopi perseguire personale di ognuno: dove vuoi applicare la tua tecnica?

All'arte, alla famiglia, al lavoro, allo studio, alle relazioni personali..., non c' un numero
chiuso. La meditazione, anche religiosa perch no, solo uno dei campi, il privilegiato forse,
dato che religione, filosofia e per certi versi l'arte, trattano i temi pi importanti dell'umana
esistenza.

Il maestro disse: cento persone, cento samadhi diversi!

Nel samadhi la nostalgia dolorosa (l'heimweh di Novalis) si allontana: siamo a casa! Il


samadhi una forma di acquietamento dello spirito, di saziet intellettuale e affettiva.

L'aikido non riguarda che cosa si fa ma come lo si fa: in questo senso lo diremmo una specie di
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total quality management di se stessi (non a caso il tqm nasce in Giappone).

un'arte neutra, noi scegliamo il nostro aikido, come utilizzare le tecniche, a che cosa
finalizzarle.

Fisicamente vi sono dei limiti oltre i quali difficile andare, gi mantenere una certa forma
fisica oltre una certa et impegnativo, ma l'affinamento non ha termine. Il maestro disse: un
pianoforte anche dopo un secolo, se ben tenuto e ben accordato, ha un suono pi nitido e

limpido di uno nuovo.

Quella che viene chiamata "la scienza della concentrazione mentale", l'arte di essere determinati nel
perseguire un obiettivo, si affermata profondamente in Giappone. Questa via o metodo qualcosa che viene
studiato per diventare abili in determinate "tecniche", non necessariamente collegate alla marzialit. Nel
metodo di allenamento dell'aikido l'enfasi posta sullo stato e sull'uso della mente (Shinpo no michi): l'uso
ottimale della mente e la ricerca della concentrazione sono qualcosa di universale, quindi l'aikido pu essere
praticato da tutti. Tutti ricercano gli strumenti per aumentare la propria vitalit, come si possano incrementare

le proprie abilit, come si possa vivere al meglio ed essere soddisfatti come esseri umani

Ci sono una variet di metodi di formazione come kokyu-ho, Misogi, Mandala, Mantra, Zen e altre tecniche
di concentrazione mentale per tale scopo. Ancora oggi esse possono essere utilizzate dalle persone moderne
per sviluppare le loro capacit (in questo senso molto chiara la Conferenza tenuta da Tada Hiroshi Sensei al
15 anniversario della Yachimata Aikido Association il 26 settembre 2004).

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3. La posizione (Kamae)

La guardia ( Kamae) che usualmente si assume nell'aikido


deriva dalla spada (hitoemi = i due piedi si trovano sulla stessa linea), la posizione simile a
quella che assumono gli equilibristi su una corda o le ginnaste sulla trave, essa permette di
muoversi facilmente di fronte a qualunque attacco, anche proveniente dalle spalle. Ma questo
solo uno strumento didattico per poter insegnare, non il punto di arrivo dato che non vi sono
kamae nell'aikido e in una situazione reale la mente si bloccherebbe nella ricerca di una
posizione o di una tecnica particolare.

Occorre arrivare a superare il kamae, il vero kamae il kamae senza il kamae (mushin no
kamae, il nostro spirito non nel kamae), di modo da trovare la risposta buona in quella

particolare circostanza, quale che sia lattacco, in qualunque luogo, in qualunque momento, a
partire da qualunque posizione. Il mondo mutevole e la nostra mente deve essere elastica,
occorre quindi non essere asserviti ad una tecnica ad una posizione o a delle convinzioni che
possono non essere adeguate. Quello che ieri andava bene oggi deve essere considerato
dannoso, la storia della medicina piena di esempi di questo genere.

Questo potrebbe significare avere la risposta pronta in ogni situazione, scegliere sempre la
strada giusta. Ma non cos. L'uomo finch vive soggetto ad errare. Quello che appare giusto
in un momento pu rivelarsi sbagliato alla lunga, e viceversa. Anche qui abbiamo un'idea di
guadagno, di vittoria, un modo di vivere relativo e non assoluto, si direbbe una forma di

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calcolo che limita la spontaneit.

Padroneggiare il kamae serve a non essere catturati mentalmente dallavversario. Pi in


generale questo significa non essere catturati dal mondo esterno, essere noi stessi, avere

distacco, o anche usare la mente come uno specchio, riflettere il mondo esterno e decidere,
decidere significa essere liberi: la spada uno strumento di libert perch taglia gli
attaccamenti, se siamo attaccati alle cose, anche alle persone, alle situazioni, diveniamo
schiavi e allora la nostra mente si pietrifica, diventa come ghiaccio e non vediamo pi nulla.
L'aikido il ritorno alla libert originaria della natura.

Le nozioni di kamae e di ricerca di equilibrio sono inseparabili. Forse i templi costruiti dai
greci sono quello che pi approssima a questo concetto. La ricerca di equilibrio che una
forma della ricerca della bellezza, la si pu intuire in chi ha pensato e progettato quelle
costruzioni. Ma Winkelmann (Pensieri sullimitazione delle opere greche nella pittura e nella
scultura) ha gi detto tutto questo: La generale e principale caratteristica dei capolavori greci
una nobile semplicit e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell'espressione. Come
la profondit del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie,
lespressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre unanima
grande e posata.

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Un buon kamae, posizione di base sperimentata nella pratica sul tatami, consente alle anche di

essere posizionati correttamente (senza tensione), avendo l'attenzione di flettere le ginocchia e


di mettere il peso sull'avanpiede. Lo studio del kamae d la stabilit necessaria per non essere

sbilanciati. Si dice che non importa quanto sia grande il vostro ostacolo o problema, esso pu
essere controllato se si mantiene l'equilibrio in se stessi.

Il kamae pi che una guardia una postura, non solo fisica ma mentale. Affrontare i problemi
con ottimismo, col sorriso tra le labbra, con disponibilit al dialogo, consente nella vita
quotidiana di evitare prima ancora che di risolvere i conflitti. Non si tratta tanto di sfidare o
squilibrare gli altri, ma quanto di attrarli nella nostra posizione. Immaginate di avere a che fare
con un collega di lavoro particolarmente irritante, comprendere i motivi della sua irritazione o
farlo sorridere pu significare attenuare un conflitto. Lo stesso pu capitare nei rapporti
familiari, dove non opportuno vedere chi vince, chi pi forte, chi ha maggiore intelligenza o
chi ha ragione.

Questo non significa avere un atteggiamento passivo o fatalista nei confronti di quello che
accade, al contrario!

Non tutte le controversie che ci troviamo ad affrontare possono essere vinte sulla base delle
forza o di chi ha la voce pi forte, altrimenti dovremmo pensare che un bue per la forza o un

asino per la voce sarebbero sempre vincitori (oltre che migliori di


noi).

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4. La respirazione (kokyu)

Il nostro corpo vive grazie alla ritmica pulsazione del cuore e al movimento di espansione e

contrazione dei polmoni associato della respirazione. kokyu ha per un valore semantico molto
pi vasto in giapponese rispetto alla semplice respirazione: esiste un kokyu della luna che
influenza le maree, un kokyu del sole che influenza le stagioni, esiste in generale un kokyu in
ogni parte dell'universo che influenza noi, in ogni circostanza della vita e si tratta di riuscire a
coglierlo e trarne vantaggio. Potremmo dire che esiste un kokyu dell'economia con fasi

espansive e recessive, un kokyu delle quotazioni dei titoli di borsa che se riusciamo a
percepire nel suo andamento ci pu consentire di guadagnare. Esiste un kokyu nell'amore e
degli altri sentimenti, ecc.

Allenarsi nel kokyu pu aiutare a cogliere il vero senso dei fenomeni, qualcosa di simile a
quello che gli economisti chiamano trend. Nulla al mondo costante, lo stesso universo,
secondo alcuni, ha un movimento di espansione che presumibilmente sar seguito da un
movimento di contrazione, kokyu ad esempio intuire come comportarsi in una determinata
circostanza, che tono utilizzare con un contraddittore. Il kokyu aiuta a sentire se ci troviamo
nella fase calante dell'onda o nella sua fase ascendente e lasciarsi trasportare: praticare bene
come salire sull'onda, come fare surf.
Musashi tratta abbondantemente questo aspetto nella formazione del guerriero: C' un ritmo in

ogni cosa, ma in Heiho il ritmo non pu essere padroneggiato senza avere una valida
esperienza pratica.

Nella Via della danza e in quella dei musicisti il ritmo fondamentale poich governa alla
perfezione la buona esecuzione; anche nelle discipline guerriere esiste un ritmo e un tempismo
nell'azione dei vari elementi che combattono.

In ogni destrezza e abilit esiste un tempismo.

Tale ritmo esiste anche nella mente vuota di un guerriero. Il bushi, per esempio, trova il ritmo
dell'azione nella riuscita come nel fallimento, nel raggiungere un obiettivo come nel mancarlo.
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Tutte le cose implicano un tempo per crescere e uno per ritirarsi. Il momento in cui tutte le cose

progrediscono e quello in cui vanno male deve essere avvertito e compreso. M. Musashi, Il
libro dei cinque anelli, Il ritmo di Heiho, (Heiho no hioshi no koto). Come noto il primo kata

di jo del maestro Tada legato allo studio e all'acquisizione del ritmo, un ritmo che viene
sperimentato anzitutto nella pratica per poi essere portato nel quotidiano. Il ritmo, dal greco
rhythmos "movimento misurato", come il battito di una canzone o il metro di una poesia, non
va confuso con la velocit. Il ritmo ha qualcosa di magico dice Goethe; e quando riusciamo ad
intenderlo ci fa perfino credere che il sublime ci appartenga.

Lo scorrere del tempo consiste in correnti numerose, come in un corso d'acqua che alcune volte
va veloce e altre rallenta, e ci sono anche dei punti dove il flusso resta fermo. La pratica del ki
no nagare pu essere paragonata ad un corso d'acqua: uke come un torrente che scende dalla
montagna carico di energia, la tecnica il lago nel quale si immette, dal quale poi fuoriesce.
un tipo di esecuzione tori sente e partecipa di questo flusso cercando di dirigerlo. La tecnica
non fatta da tori, se si riesce a sentire bene il flusso, la tecnica si forma da sola (in questo
senso l'aikido un'arte del non fare), e c' naturalmente una sola tecnica giusta. Questo modo

di allenarsi completamente diverso da quello che spesso si vede, di un tori onnisciente che
domina e a volte opprime uke, un tori che sta fermo in attesa di usare la sua tecnica per far
volare gli attaccanti.

Ognuno di noi preda del lento divoramento del tempo, il quale tuttavia scorre diversamente
per ognuno, ha un ritmo differente in ognuno, per questo cos difficile intendersi. L'aikido lo
studio di diversi ritmi, un apprendere a sentire il tempo, per fare questo impariamo ad
ascoltare il ritmo di uke. Per sviluppare questa qualit importante praticare (relazionarsi)
con pi persone.

Per utilizzare il kokyu si richiede il corretto posizionamento del corpo: troppo rilassato e il
corpo perde forza, troppo teso e il corpo diventa rigido, facile da squilibrare, e incapace di
sentire efficacemente le forze in gioco. Chi ha provato a salire su una tavola da surf pu
cogliere immediatamente il senso del ragionamento.

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Il kokyu pu assumere diverse forme, come praticato nelle sessioni di ki no renma ha qualche relazione con

la tecnica tibetana di auto guarigione del NgalSo. Ngal indica il lato negativo dei mondi interno ed esterno,
come malattie, stanchezza, tensioni, inquinamento, cose non buone, nell'espirazione utile immaginare che

questi elementi negativi vengano allontanati e vadano via insieme con il respiro. So si riferisce al lato
positivo del mondo, fatto di tutte le energie favorevoli e delle qualit che vanno incrementate,
nell'inspirazione occorre immaginare di riempirsi di tutti questi elementi positivi (il misogi della luce).

Il kokyu ha molta importanza nelle tecniche di meditazione. Tradizionalmente la respirazione viene utilizzata
per calmare il corpo-mente, e la calma un requisito importante per pensare correttamente. Serve anche per
entrare in stati d'animo particolari.
C una sorprendente somiglianza tra la postura e il modo di essere del corpo e della mente
nell'aikido e quella che si ha nella meditazione, dove non si deve essere n troppo tesi n
troppo rilassati. Lo zanshin si riferisce ad uno stato mentale di consapevolezza e di attenzione
rilassato. Il modo di essere del corpo-mente viene ben rappresentato da una rana la quale
sembra a portata di mano perch indifferente a quello che accade, invece appena si sente
ghermita si tuffa nello stagno.

Forse la poesia (haiku) di Matsuo Bash (Ueno, 1644 saka, 1694) intende questo stato di

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vigile allerta della mente pronta a cogliere i fenomeni eppure distaccata da essi:

furuike ya kawazu tobikomu mizu no oto

Il vecchio stagno

la rana salta

tonfo nell'acqua

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5. L'ispirazione (kokyu ryoku)

Quando si osserva un dipinto o si ascolta una composizione musicale, si entra in una specie di comunione

spirituale con lartista che ha prodotto l'opera, alla stessa maniera, improvvisamente, in modo inaspettato,
pu capitare di entrare in sintonia con il mondo che ci circonda. Questa sensazione pu essere ricercata: gli
esercizi di respirazione sono lo strumento privilegiato per acquistare questa sensibilit.

Il kokyu come il pranayama, le tecniche e le finalit sono del tutto


sovrapponibili (spesso il maestro Tada, uomo di vasta e profonda cultura, ha sottolineato questo aspetto), la
pratica costante di questi esercizi finalizzata ad entrare in sintonia con l'universo che ci circonda, a
cogliere le opportunit che la vita ci presenta, a essere tutt'uno con il mondo in cui viviamo. L'aumento della
sensibilit, prima dal punto di vista fisico, poi dal lato psicologico, un effetto della pratica. Il pranayama, e
quindi il kokyu e l'aikido praticato come kokyu, sono un modo per nutrire il sistema nervoso (punto di
contatto tra spirito e materia, lo strumento pi sottile e preciso che la natura ha creato).

Il processo di apprendimento delle tecniche dell'aikido pu esemplificarsi attraverso diverse modalit. Un


esempio potrebbe essere:

a. copiare l'insegnante, il primo passo e serve per acquisire la capacit cinetica, muovere il corpo secondo
una determinata sequenza (siamo nel campo dell'educazione fisica);

b. fare proprio il movimento, padroneggiarlo, questo un risultato continuo della pratica, dell'esecuzione
secondo diverse modalit al fine di cogliere i principi che sottostanno ad una tecnica;

c. eseguire il movimento secondo un determinato ritmo, fare in modo che il nostro ritmo venga compreso dagli

altri (muoversi in maniera chiara, ad esempio in maniera coerente sul posto di lavoro), comprendere inoltre il
ritmo degli altri praticanti (avere sensibilit, capacit di ascolto), siamo in un campo che ha a che fare con
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l'educazione musicale.

Si dice che l'aikido un percorso che non ha fine, ma qualcosa che si pu studiare tutta la vita scoprendo
sempre nuovi aspetti da esplorare e sviluppare.

Imparare la sequenza solo il primo passo, poi l'esecuzione deve essere adeguata e connessa ad un
allungamento della respirazione e del movimento stesso, per essere armonico il movimento non deve

contenere movimenti superflui o parassiti: occorre eliminare i muda, cio sprechi di movimento e di energie,
il gesto deve essere essenziale, economico. La semplicit e l'essenzialit sono una paziente conquista.

Di questa parte (e di tante altre di questo testo) sono debitore delle lezioni tenute dal direttore dell'aikikai

italiano, il quale esplicitamente teorizza questa progressione.

Una volta acquisita questa competenza, occorre lasciarsi trasportare dal movimento stesso, entrare in una
leggera forma di trance.

La trance uno degli strumenti attraverso i quali si entra in contatto con il subconscio e secondo Freud (con
altri psicologi) l'ispirazione proviene direttamente da questa parte nascosta della mente. Dal punto di vista
letterario musa (per i classici), e inconscio (per i moderni), nota Borges, sono la stessa cosa.

La fase successiva, pi elevata, quella di cercare la propria ispirazione.

L'ispirazione il tratto comune delle diverse arti: esse si sollevano dal mestiere quando la ricerca assume
originalit, non solamente copiare, ma sentire qualcosa di nuovo, quello che proprio nostro, la nostra
ispirazione quello che ci piace fare.

L'ispirazione non solo della composizione artistica ma della vita stessa, la quale pur senza assurgere ai fasti
dell'arte (come volevano alcuni decadenti, ma l si trattava di spettacolo), la maggiore delle opere che
possiamo compiere.

L'ispirazione serve a sentire come muoversi sul piano lavorativo, sul piano affettivo, cogliere la necessit di
cambiare abitudini.

Fondamentalmente l'aspetto energetico dell'aikido serve a cogliere questi momenti e a trovare le forze
necessarie per concretizzare le nostre visioni.

Il lavoro dell'aikido quindi anche una ricerca della creativit sul piano personale, lavorativo, familiare,

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artistico, ecc.

Letteralmente ispirazione significa "respirare su", elevarsi, ed ha le sue origini nel modo di pensare
dell'antica Grecia.

Tecnica e ispirazione vanno per insieme: diceva Goethe in ogni opera il


cinque per cento ispirazione, il resto tecnica (anche negli scacchi cos). Senza ispirazione la tecnica
cieca, stupida, ma nemmeno si deve pensare di vivere soltanto di ispirazioni: come se uno decidesse di
voler vivere con la testa per terra e le gambe in aria.

L'ispirazione simile a quella che negli studi aziendali viene chiamata vision, la parte organizzativa
dell'impresa, la strategia e la gestione, sono a questa strettamente legate.

L'ispirazione anche muoversi in relazione a qualcosa che si sente, senza rimuginare troppo altrimenti il
nostro spirito decade.

Il proverbio giapponese (Shoshi kan Tetsu) dice di seguire la prima


intenzione. Se si pensa troppo lo spirito si blocca, chi guarda troppo il tempo non semina mai, insomma nella
vita occorre rischiare, cercando di fare del proprio meglio e sperando di non dover chiedere scusa a se stessi
per quello che si fatto. Ma se questo dovesse capitare, non abbattersi: come si diceva finch vive l'uomo
soggetto ad errare.

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6. Il tempismo (Awase)

A. L'awase

Awase la ricerca della sintonia con l'altro, una volta tranquillizzato il nostro corpo siamo
ricettivi, possiamo sentire meglio anche il mondo esterno. Awase la ricerca dell'armonia

nello spazio e nel tempo. Letteralmente Awase sta per adattamento, sincronizzazione,
alcuni maestri lo chiamano timing e parlano del sense of timing, la scelta del tempo giusto, e
dicono che l'aikido trovarsi al momento giusto nel posto giusto.

I l tempismo una forma dell'intuito, il vivere non solo in noi


stessi ma sentire e quasi identificarsi con il mondo esterno. Il maestro parla in contesti diversi
di empatia, di sentire quello che sente l'altra persona, di vedere il mondo come lo vede quella
persona, anzi di pi: sentire il mondo attraverso la vita di quella persona. Scorgere lo stesso
spirito esistente in noi e nel partner, questo improvvisamente, come un colpo di fulmine, come
una subitanea e inaspettata illuminazione (e questo d felicit). Quanto detto pu essere
un'approssimazione alla sintetica espressione i shin den shin.

Sono aspetti essenziali nella pratica dell'aikido che vengono sperimentati a diversi livelli
durante lesecuzione delle tecniche: dal punto di vista della temporizzazione e
delle forze coinvolte. Un movimento per essere efficace deve avvenire nello stesso tempo
dellavversario. Lawase non viene raggiunto se ci si muove troppo presto, o troppo tardi.
Inoltre la forza e il kokyu applicati in una tecnica devono essere adattati a quelli del
partner/avversario. Pi fortemente si attaccati, pi tranquillamente si dovrebbe rispondere
all'attacco.

L'aumento di sensibilit utile anche in relazione alla cura del proprio corpo, cogliendo le
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avvisaglie di malattie e affrontandole subito.

B. L'acdia della rana lessa

l tempismo tutto, saper valutare ci che accade e reagire prontamente,


anche adeguarsi una forma di decisione (il wu wei, la non azione, simboleggiata dall'acqua),
ma non sempre la scelta giusta. L'apologo della rana lessa l'esempio classico dei rischi
connessi all'adattamento. L'esperimento consiste nel prendere una rana e metterla in una
pentola di acqua bollente; la forza dello stimolo induce la rana a saltare fuori. Viceversa
sistemando la rana in una pentola di acqua tiepida, e aumentando gradualmente la
temperatura... porta ad una situazione nella quale la rana non ha pi la forza di saltare fuori
dalla pentola finendo lessa. L'allenamento dell'aikido sostanzialmente un affinamento della
sensibilit (il lavoro su presa serve sostanzialmente a questo), il kokyu (o pranayama) serve a
'nutrire' il sistema nervoso, a diventare sensibili a quello che accade nel mondo esterno, a
cogliere i cambiamenti, anche i piccoli cambiamenti.

Diversi esperimenti di laboratorio dimostrano la validit di questo principio utilizzato dal


filosofo americano Noam Chomsky come metafora dei popoli che accettano passivamente il
degrado, le vessazioni, la scomparsa dei valori e delletica, insomma la deriva della societ.

Lo stesso principio viene applicato anche al comportamento di persone remissive,


rinunciatarie, noncuranti, che si deresponsabilizzano di fronte alle scelte. L'esercizio
dell'aikido fondamentalmente un esercizio a scegliere, la spada lo strumento di allenamento
che esemplifica questa qualit dell'animo, ma l'aikido a mani nude strettamente legato all'uso
della spada: la pratica un allenamento a decidere, a scegliere immediatamente il proprio

comportamento.

Rispondere subito agli stimoli esterni, non rimandare quello che bisogna fare, non essere
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accidiosi si direbbe nella cultura cattolica. La scelta immediata, automatica, quasi senza
ponderare (Katsu hayabi "la vittoria alla velocit della luce").

Per gli antichi Greci l'acdia era la mancanza di dolore e di cura, un'indifferenza inerte; ma

anche tristezza, malinconia: stati d'animo perniciosi che vanno combattuti perch funeste
malattie dell'animo (come le chiama Petrarca nel Secretum). Nella filosofia skhy il
prevalere del tamas ("oscurit", torpore, ignoranza, indolenza). Nella teologia morale del
medioevo il termine esprimeva lo stato di torpore e di depressione malinconica che coglie
specialmente chi conduce vita contemplativa. Nella psicologia moderna, avverte il
vocabolario Treccani, pu indicare da una semplice anomalia della volont a un grave stato di
abulia.

Alcuni storici dicono che l'acdia un difetto che i meridionali hanno ereditato dalla dominazione spagnola. Il passaggio di uno dei due libri pi
appassionanti dedicati alla guerra civile spagnola (l'altro Per chi suona la campana), indicativo di questo stato d'animo. Scrive Orwell con la
sottile ironia dell'inglese educato a Eton: Ogni straniero che abbia prestato servizio tra i miliziani, ha passato le prime settimane a imparare ad amare
gli spagnoli e ad esasperarsi per certe loro caratteristiche. Al fronte la mia esasperazione a volte tocc i vertici del furore. Gli spagnoli eccellono in
molte cose, ma non nel fare la guerra. Non c' straniero che non resti impaurito dalla loro inefficienza, soprattutto dalla loro inverosimile mancanza di
precisione. L'unica parola spagnola che nessuno straniero pu evitare d'imparare maana (domani, alla lettera la mattina). Ogni qual volta
sia umanamente possibile, le faccende di oggi sono rimandate a maana. La cosa talmente nota che gli stessi spagnoli ci scherzano sopra. In
Spagna nulla, dal desinare a una battaglia, avviene mai all'ora fissata. Di massima le cose avvengono notevolmente in ritardo, ma talvolta,
eccezionalmente, cos che non possiate neppure contare sul loro ritardo, avvengono in anticipo. Un treno che deve partire alle otto partir,
naturalmente, in qualsiasi momento fra le nove e le dieci, ma forse una volta alla settimana, grazie a qualche segreto umore del macchinista, parte
alle sette e mezzo. Cose del genere possono anche mettere a dura prova la pazienza di un essere umano. G. Orwell, Omaggio alla Catalogna.

Uno dei significati di ki (omofono di ki come energia dell'aikido ma non omografo, si tratta quindi di un
termine differente), quello di precisione, di tempismo.

C. La sintonia (kokyu ga au)

L'awase una conseguenza del kokyu, se non si percepisce il kokyu non si pu arrivare all'awase. L'awase
muoversi in sintonia con quanto ci circonda, una cosa che capita usualmente senza che ce ne accorgiamo (ad
es. piove e prendiamo l'ombrello, una persona si trova sul nostro cammino e noi automaticamente andiamo a
destra per non scontrarci, ecc.). Ma awase in generale deve essere intesa come sintonia con il partner, una
forma di dialogo nella quale si segue, si coscienti del movimento del partner, un movimento del quale noi
stessi facciamo parte. questo un elemento essenziale nelle relazioni umane. Il lavoro di gruppo all'interno di
una qualsiasi organizzazione, la stessa vita associata, si basano su questo principio.

L'aikido un'arte che consente di relazionarsi con il mondo in maniera produttiva per noi e per gli altri.

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Cercare di lavorare in sintonia con il partner alla base della formazione tecnica dell'aikido, per la verit

questo ci che fa storcere il naso al profano: vorrebbe vedere la lotta, chi vince, e quello che vede invece
gli sembra un falso, come due boxeur che si sono accordati sul verdetto.

Ma allenandosi in sintonia, si cresce pi velocemente, i movimenti diventano fluidi e si acquista il senso


dell'equilibrio. Inoltre praticare l'arte marziale come uno sport porta ad una mentalit relativa, una condizione
mentale dove si valutano le possibilit di vittoria o di sconfitta, la mentalit che si sviluppa nella pratica
dell'aiki di tipo assoluto, non vi opposizione con l'altro, egli uno strumento di allenamento e di crescita.

Quando un lavoro o un'altra operazione funziona particolarmente bene, i giapponesi usano l'espressione kokyu

ga au (corrispondenza di respiro), questa metafora viene usata per descrivere due o pi persone che
lavorano in tale armonia perfetta che si potrebbe quasi dire che (secondo il significato letterale) anche il loro
respiro all'unisono. Messner parlava della perfetta sintonia con il suo compagno di cordata nella prima
ascensione dell'Everest senza bombole di ossigeno, dicendo che si intendevano a cinquanta metri di distanza
senza parlare. Ma qualcosa che si riscontra in tutti gli sport di squadra e nella vita quotidiana, l'arte stessa
dell'amicizia non estranea a questo sentimento. Il lavoro tra uke e tori si basa su questa corrispondenza,
Hosokawa sensei diceva: quando rientriamo a casa nostra moglie sa gi che cosa desideriamo.

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7. Il movimento (Irimi tenkan)

La vita cambiamento, niente rimane lo stesso, cambiano i tempi e anche noi

impercettibilmente cambiamo. Abituarsi al cambiamento un aspetto essenziale della lotta per


la sopravvivenza.

La postura, lo shisei, non


qualcosa di statico, non inazione, ma un esercizio all'attenzione tranquilla, una

concentrazione senza tensione. Una condizione ottima da realizzare nell'ambito lavorativo e


nella vita di ogni giorno. Fare quello che occorre senza eccessive preoccupazioni, svolgere il
proprio compito senza stress si direbbe oggi.

L'aikido, questa una delle sue ambizioni, ricerca un equilibrio dinamico (che come avvertono
i fisici di pi difficile realizzazione rispetto a quello statico). Questo un modo differente di
dire che zen in movimento. L'uomo pu essere visto come un sistema complesso adattivo che
interagisce con sistemi altrettanto complessi nei quali l'imprevedibilit e il paradosso sono
sempre presenti. Un sistema (autopoietico si dice oggi) che tende a mantenere e a perpetuare se
stesso e che pone in essere dei meccanismi che riducono gli stati di pericolo e che cercano di
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ripristinare gli equilibri compromessi (la malattia e lo stress sono i sintomi dello squilibrio).
La pratica uno strumento di questa continua ricerca dell'equilibrio.

L'esercizio di base che viene proposto ai principianti l'irimi tenkan. Si potrebbe pensare a

questo movimento come ad un paradigma che ricorre nelle diverse tecniche.

La postura viene allenata in maniera essenziale in questo semplice movimento, le ginocchia


sono flesse, le anche basse, ci si muove sulle punte dei piedi, l'ano chiuso, il busto eretto, le
spalle rilassate e lo sguardo concentrato.

La movenza pu essere scomposta in tre componenti:

1. irimi, cio l'entrata, vuol dire affrontare una situazione, entrarci dentro con tutto il corpo.
Non avere timore, in fondo siamo degli esploratori, navigatori della conoscenza, figli del mito
di Ulisse.

2. tenkan il movimento di rotazione tipico dell'aikido, mentre irimi una forma di


contrapposizione tenkan guardare la situazione dall'altro lato, dal lato di chi ci attacca, di chi
in contrapposizione con noi. Tenkan anche creare il vuoto davanti all'opponente, rendersi
invisibile al suo attacco: il mio nome Nessuno ripeteva Ulisse, mago dei travestimenti, e i
troiani al mattino non vedendo pi i greci pensarono che se ne fossero andati, al loro posto
trovarono solo un simulacro, un enorme cavallo di legno.

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3. kaiten il terzo movimento nascosto nell'irimi tenkan, il suo nome non viene pronunciato

nell'esercizio, solo il praticante esperto lo coglie. Kaiten l'improvvisa trasformazione, il


cambiamento repentino di prospettiva, legato fisicamente al solo movimento delle anche. Il

riconoscimento (agnizione) di Ulisse nella gara dell'arco davanti ai proci, la sua improvvisa
trasformazione da mendicante straccione a re vendicatore pu essere un paragone letterario
valido del kaiten.

Irimi tenkan significa entrare in una situazione tranquillamente ma con decisione, con l'idea di
poterla dirigere, di trasformarla, modificando il corso degli avvenimenti.

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8. La tecnica (Waza)

La tecnica non tutto, senza una ricerca interiore decade a mero esercizio fisico, disse il

maestro.

A volte, se le tecniche sono fatte senza criterio, si pu avere un esercizio addirittura sbagliato
o dannoso per la salute. E in situazioni 'reali' la tecnica conta relativamente poco. Musashi
combatt il suo duello pi famoso con un remo al posto della spada, a significare
l'estemporaneit di ogni confronto reale, forse questo un tratto leggendario (non c'era la CNN
a riprendere l'avvenimento) ma per certi versi ancora pi significativo, dato che la leggenda, il
mito, ricordava Platone nel Fedro, sottintendono una spiegazione razionale, e in questo caso
didattica.

Quello che serve in una situazione di pericolo entrare in un'altra dimensione: essere pronti. Il

maestro Fujimoto disse:


alcuni pensano che l'arte marziale sia qui sul tatami, se in mezzo alla strada viene un mafioso e
ti punta la pistola al petto e rimani tranquillo, allora quello che hai studiato vale qualcosa.

Aritoshi Murashige successore di Tadashi Abe nell'insegnamento dell'aikido in Europa,


raccontava come in una delle sue tante esperienze belliche la sua compagnia venne attaccata e i
soldati costretti al combattimento corpo a corpo. In quella circostanza praticanti esperti di
Judo e Kendo morirono uno dopo laltro, lui riusc a sopravvivere, dir in seguito, solo grazie

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allaikido. La speranza di non doverci trovare a sperimentare l'aikido in questo senso. Ma se

ci si allena bene l'aikido funziona anche in queste circostanze, e in altre parimenti incresciose
(malattie, difficolt lavorative, affettive, e via di seguito, perch mai i guai vengono da soli),

nasce naturalmente senza pensarci, come una barca che al crescere della marea o all'arrivo di
un'onda senza sforzo si solleva (lo tsunami a parte chiaramente).

L'aikido cambiato notevolmente da quando venne diffuso in Europa negli anni cinquanta. Il
fondatore pu non aver trascurato il fatto che per proporre la sua arte sarebbe stato necessario,
almeno inizialmente, dimostrarne l'efficacia. Tadashi Abe, il primo inviato in Europa per la
diffusione dell'aikido, era ex ufficiale di marina dell'esercito imperiale, volontario kamikaze,
dal temperamento rissoso, fortemente deluso dalla sconfitta della seconda guerra (e forse per
questo, a quanto si racconta, amante dell'alcool), e interamente dedito alla causa dell'Aikido,
era probabilmente percepito come l'uomo giusto per questa missione. Si raccontano cose
incredibili di Abe dotato di una tecnica estremamente efficace; ma disse il maestro: Abe

insegnava alla Legione straniera francese, non eseguite iriminage in questa maniera,
pericoloso per la nuca.
Ogni insegnante tende a mettere in risalto dei punti particolari, ma questi non sono degli
elementi assoluti, ognuno d un'importanza maggiore o minore all'esercizio di alcune tecniche
o a certi modi di praticare. Questo indicativo della poliedricit e complessit dell'arte.

La tecnica cos come il corpo e la materia sono uno strumento di elevazione dello spirito, non
sono fini a se stessi. Chi si dedica solo alla tecnica come se si perdesse nellattaccamento
fisico dato che ci che uno fa e ci che egli pensa, quello egli diviene.

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La ricerca tecnica fine a se stessa non produttiva, isterilisce, diventa vuota, simile per troppi

versi a quella che mandava fuori di testa il povero Don Chisciotte.

Importa bens di sapere che negli intervalli di tempo nei


quali era ozioso (ch'erano il pi dell'anno), applicavasi alla lettura dei libri di cavalleria con predilezione s dichiarata e s grande
compiacenza che obbli quasi intieramente l'esercizio della caccia ed anche il governo delle domestiche cose: anzi la curiosit sua, giunta
alla mana d'erudirsi compiutamente in tale istituzione, lo indusse a spropriarsi di non pochi dei suoi poderi a fine di comperare e di
leggere libri di cavalleria. Di questa maniera ne rec egli a casa sua quanti gli vennero alle mani; ma nessuno di questi gli parve tanto
degno d'essere apprezzato quanto quelli composti dal famoso Feliciano de Silva, la nitidezza della sua prosa e le sue artifiziose orazioni
gli sembravano altrettante perle, massimamente poi quando imbattevasi in certe svenevolezze amorose, o cartelli di sfida, in molti dei quali
trovava scritto: La ragione della nissuna ragione che alla mia ragione vien fatta, rende s debole la mia ragione che con ragione mi dolgo
della vostra bellezza. E similmente allorch leggeva: Gli alti cieli che la divinit vostra vanno divinamente fortificando coi loro influssi, vi
fanno meritevole del merito che meritatamente attribuito viene alla vostra grandezza.
Con questi e somiglianti ragionamenti il povero cavaliere usciva del senno. Pi non dormiva per condursi a penetrarne il significato che lo
stesso Aristotele non avrebbe mai potuto decifrare, se a tale unico oggetto fosse ritornato tra i vivi.

L'ironia di Cervantes sulla prosa ampollosa potrebbe essere un buon viatico per il praticante,
mettendolo in guardia da una vana ricerca della tecnica fine a se stessa che diventa artificiosa
e vuota.

Ciononostante la tecnica non un elemento secondario, lo strumento non meno importante del
fine che ci prefiggiamo. Come potremmo volere il fine se non accettiamo gli strumenti
necessari per ottenerlo (Machiavelli). Se si sta cercando di diventare abili in aikido allora si
deve costruire la mente e corpo per diventare abili in questa disciplina o non si potr mai
avere successo. lo stesso per tutte le arti, argomenta Tada sensei. Se si vuole diventare un
musicista allora si deve lavorare duramente per costruire mente e corpo di un musicista,
oppure nascere con quel talento. Se non si riesce a farlo allora non c' modo che diventeranno
abili. Perch? Perch questo il primo requisito per diventare abili. Questo non qualcosa di

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cui ci si rende conto dopo che si diventati esperti, questo qualcosa che si deve capire per

diventare abili.

La tecnica lo strumento di affinamento dello spirito, la didattica giapponese non ha poi

fondamenti diversi da quelli della nostra tradizione, occorre ripetere senza stancarsi,
praticare, sperimentare, senza lo stress di voler ottenere tutto e subito. Avere la cura del
dettaglio (Dieu est dans le detail, rispondeva Flaubert al probabile figlio naturale Maupassant
che gli chiedeva se Dio fosse morto), attenzione ai particolari, ma non perdere di mira lo
scopo, la direzione che deve avere il nostro essere.

Il maestro dice che se immaginiamo di paragonare l'

aikido (ma l'analogia vale per ogni


attivit dell'uomo) ad un albero: i fiori ed i frutti rappresentano le tecniche. Per ottenere buoni
frutti occorre curare tutto l'albero in particolare le radici, cos si otterranno sicuramente dei
bei fiori e dei buoni frutti. Ci significa che per padroneggiare le tecniche, importante
innanzitutto forgiare "spirito" e "corpo" cos che si possano creare le basi per diventare bravi
nell'utilizzarle (cos: Tada H., Spirito-Tecnica-Corpo, in Tempu, n14, giugno 2004). In altri
contesti ha detto: la parte invisibile del mondo domina la parte visibile (anche negli uomini
cos). L'esercizio della meditazione accorgersi della parte invisibile. Il ki no renma tende a

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dirigere la parte invisibile di noi stessi.

A seconda di quello che si vuole fare, dice il maestro, cambieranno i principi che sono alla
base dell'apprendimento, importante studiare a fondo i principi fondamentali e applicarli

ripetutamente affinch questi si possano radicare nelle profondit dello spirito e del corpo.
Occorre prestare attenzione soprattutto alla condizione di spirito con cui ci si allena: creare
una buona atmosfera. Bisogna poi combattere le proprie debolezze e le paure che vi
sottostanno: se abbiamo paura non possiamo essere tranquilli! Nell'insegnamento dello
"Shunpukan" di Yamaoka Tesshu (1836-1888), ricorda il maestro, si dice che quando si
"ferma" lo spirito si viene a creare un'apertura (debolezza). Il nostro spirito si ferma quando
siamo catturati dalle nostre paure, dai desideri, perdiamo cos la nostra libert (Ariosto
costruisce il castello del mago Atlante in questa maniera).

L'aikido diventa uno strumento di comunicazione profondo (anche con noi stessi) quando la
tecnica ben fatta, ripeteva Hosokawa sensei.

Il kokyu, il ki no renma, la meditazione, correttamente utilizzati nella pratica, sono gli


strumenti ideali per avere la mentalit e la pazienza necessaria per curare la tecnica: non basta
solo volere altrimenti un qualunque alienato di mente sarebbe un grande uomo.

Il mondo nel XXI secolo veloce, frenetico per certi versi, e cambiamenti si succedono senza
sosta. Il nostro modo di praticare deve essere rispondente a quello che viviamo, altrimenti lo
studio asettico delle tecniche diventa semplicemente un'opera di archeologia culturale.

Questo evidente nell'uso della spada, le scuole classiche utilizzavano la spada come uno
strumento bellico, ma oggi che senso avrebbe studiare la spada in questa maniera. Il maestro
disse: non allenarsi come se fossimo nel XVII secolo.

La spada non pu avere oggi il significato che aveva a quel tempo. L'aikido deve essere una
tecnica viva, adeguata alle persone che vivono nel XXI secolo: le arti devono adattarsi per

rimanere in vita a meno che non vogliano finire in un museo. Il divenire una forma
dell'essere, bisogna essere aperti al cambiamento. Ma non correre appresso all'ultima novit.

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il mondo fenomenico a mutare continuamente, vi invece qualcosa che non muta, quello che

si pu chiamare il testimone, la coscienza, il vero io o vero s.

L'Aikido d grande risalto alla "Via dei Principi Spirituali", o Shinpo no Michi e viene

ritenuta una forma di budo che pu essere praticata nell'epoca attuale. Inoltre, questa via non
riguarda solo il budo, ma anche un metodo che pu essere utilizzato in tutte le situazioni
dell'esistenza. Lo spirito vero del budo, la via che "scorre in fondo al cuore", non in rapporto
con le epoche storiche, ma un sistema che si basa sulla ricerca nei metodi per utilizzare ed
incrementare la forza vitale, che persegue la realizzazione delle facolt di cui l'universo ha
fornito il genere umano. L'obiettivo quello di migliorare le proprie capacit, di vivere meglio
e di essere veramente soddisfatti di se stessi e della propria vita. (in tal senso: Aikido Shihan
Hiroshi Tada - La Lecture Yachimata, http://www.aikidosangenkai.org/blog/aikido-hiroshi-
tada-yachimata, traduzione in inglese di Christopher Li).

Alcune tecniche sono fastidiose o addirittura dolorose (si pensi a nikkyo, ma tutto dipende da
come esegue tori), ma vivere anche un esercizio della pazienza (come sopportare partner
saccenti o presuntuosi) e il dolore in alcune circostanze inevitabile e va affrontato e in una
certa misura occorre convivere con esso.

Praticare come affilare due lame tra di loro, all'improvviso nasce una scintilla e fa divampare
la fiamma della spiritualit che consuma lignoranza, ma se non si pratica costantemente la
fiamma si spegne.

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9. Il superamento della tecnica (Waza no Yushutsu)

Dimenticare le tecniche pi importante che apprenderle. Oportet studuisse una


condizione migliore di studere. altrimenti saremmo come quelle vecchierelle che sempre
imparano ma mai arrivano ad apprendere Questa dimensione mentale va almeno a tratti
sperimentata. Certo sono molto di pi le cose che non sappiamo e dialetticamente utile avere
anche la mente del principiante, shoshin, evitando i rischi connessi alla superbia (il peccato di
Satana). Siamo sospesi tra essere e divenire! Ma l'essere pi importante del divenire (in Lui
non c' cambiamento; o l'essere e non muta, diceva qualcuno).
Waza no Yushutsu il metodo (Tada yuku) in cui le tecniche si generano spontaneamente
come lacqua che esce da una sorgente. Realizzare questo stato mentale e conservarlo, avere
cio la capacit di richiamarlo, non cosa facile. Si tratta di un metodo di allenamento elevato
nel quale si sono gi superati tutti i problemi inerenti allesecuzione, geometria del movimento,
postura eccetera, e lattenzione viene rivolta alla parte mentale della pratica, all'ispirazione. Il
continuo cambiamento delle circostanze esterne viene immediatamente ridotto ad unit: tutte le
tecniche sono una cosa sola (Ueshiba), o almeno, pi moderatamente tutte le tecniche sono
parenti tra di loro (Hosokawa), questo rispecchia il principio Tutte le cose da una singola
fonte ( ), o come sosteneva Tommaso d'Aquino nel Commento alle sentenze di
Pietro Lombardo: Et ita omnia sunt unum re, cio tutte le cose sono una cosa sola nella realt
(Tommaso qui intende che in Dio tutte le cose sono semplici, cio uguali tra loro, ma nella
meditazione, ricordano i mistici, il divino si fa presente).

Lo stato di tranquillit del praticante non scosso dalla mutevolezza del mondo esterno
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(gli attacchi portati dagli uke) che non lo colgono impreparato. Una volta il maestro us questa
similitudine: gli attaccanti come se fossero tante pratiche che arrivano nel mio ufficio, ma io
che sono un grande impiegato so subito come collocarle.
Lesecuzione delle tecniche a livello automatico o inconscio, lascia libera la mente del
praticante: come uno specchio che riflette il mondo circostante e non viene catturata dagli
eventi, al contrario di una mente, o di uno spirito catturato dagli avvenimenti che diventa come
ghiaccio ed quindi incapace di riflettere e rispondere adeguatamente ai propri compiti.
La ripetizione di una sequenza invariata e costante di uno o pi movimenti da un lato
serve ad acquisire la tecnica, dall'altro pu rivelarsi una specie di trappola se arriva a
condizionare i comportamenti del praticante, l'esatto opposto dell'insegnamento di Ueshiba; il
maestro disse: in tanti anni, alcune tecniche le ho viste una volta sola eseguite dal fondatore. Le
stereotipie sono tipiche della specie umana ma non degli animali liberi che le manifestano solo
in cattivit, ci rende edotti il Dizionario di Medicina della Treccani. I comportamenti e le idee
stereotipe possono essere particolarmente dannosi e addirittura irritanti in alcune circostanze,
perch rivelano inadeguatezza alla situazione e stolidit della persona. La magnifica penna di
Sir Walter Scott descrive una comica situazione del genere nella gara di tiro con l'arco che alla
presenza dell'usurpatore Giovanni senza Terra vede contrapposti Lockseley (alias Robin tendi
l'arco pi conosciuto come Robin Hood), inviso a Giovanni, e il guardiacaccia Uberto, con
quest'ultimo in difficolt e solito ripetere la stessa frase: Per la luce del cielo! Disse il
principe a Uberto, se permetti che questo birbante vagabondo ti superi, sei degno della forca.
Uberto aveva una sola frase per tutte le occasioni. Se anche Vostra Altezza mi impiccasse,
disse, un uomo non pu far pi del suo meglio. Tuttavia mio nonno tir buoni colpi alla
battaglia di Hastings...
Il diavolo si porti tuo nonno e tutta la sua generazione! Lo interruppe Giovanni.... (W.
Scott, Ivanhoe).
Il mondo mutevole e la nostra mente deve essere flessibile come un arco, e obiettava un
arciere al maestro che lo spingeva a tirare in maniera uniforme: che mai l'uccello si leva in
volo alla stessa maniera e ogni sorriso di donna differente, perch allora tendere l'arco
sempre allo stesso modo (questa per un'estremizzazione dei poeti).
Il Takemusu Aiki l'Aiki che sgorga spontaneamente dal Bu, dallo spirito combattivo, non
uno stile ma un livello di consapevolezza raggiunto dal praticante che non scosso dalle
circostanze esterne.
Questo importante per valutare oggettivamente la situazione in cui ci si trova,
immaginate di essere aggrediti e di avere a disposizione un'arma, anche solo un coltello, anche
in questo caso deve esservi una proporzione tra la difesa e l'offesa arrecata, questo non solo
giuridicamente ma moralmente.
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Usare la mente come uno specchio, e utilizzare la pratica come strumento per pulire lo
specchio, per purificare lio dalle incrostazioni (laikido una forma di misogi, di
purificazione), ha un'utilit che non certamente legata al mero combattimento. Acquisire una
mentalit del genere utile per affrontare le traversie della vita sul piano lavorativo ed
esistenziale.

Fuori di me tanti nemici, nel mio cuore nessun nemico, il mio cuore non odia, non si
contrappone, non preso dal panico, non catturato dagli avvenimenti, dai guai: il mio spirito
rimane libero assumendo una forma di impassibilit che consente di giudicare con razionalit e
di agire con speditezza affrontando le necessit che si presentano.

Rimanere liberi, senza divenire preda della paura, il modo migliore per affrontare le
malattie. Tempu, maestro di Tada sensei, fu per un periodo ospite di Sarah Bernhardt, diva
della Comdie-Franaise, che lo spinse a leggere la biografia di Immanuel Kant; una lettura
che eserciter una certa influenza su di lui. Kant aveva la schiena piegata e un problema
respiratorio, a 17 anni un medico gli disse che il suo corpo era in cattive condizioni ma non la
sua mente e lo invit a studiare il campo che gli interessava. Tempu che aveva grossi problemi
di salute che si riflettevano sulla sua stabilit mentale, fu influenzato da questa considerazione.

Il problema della relazione mente corpo appassionava quindi per motivi personali Tempu, lo Shin shin toitsu
ho da lui creato, basato sull'unificazione corpo mente, deriva dalla sua esperienza di guarigione in Nepal. In
pratica nonostante la malattia la mente pu raggiungere una perfetta serenit, lo stato di assorbimento che il
buddismo e altre filosofie, tra le quali l'aikido, insegnano. Questo stato di concentrazione della mente su un
particolare oggetto per comprenderlo correttamente il samadhi, la condizione di impassibilit della mente
libera da ogni preoccupazione mondana. Questa la voce senza suono, la voce del Cielo, diceva Nakamura
Saburo (il nome Tempu deriva da una tecnica di spada nella quale era particolarmente bravo detta
Amatsukaze = il vento del cielo).
Quando si riesce ad ascoltare questa voce eterea, la coscienza svanisce e diventa vuota, allora
l'energia umana esplica naturalmente e con forza il suo potere di guarigione. Se si in ansia per la
malattia anche un piccolo malanno diventer incurabile perch ci dominer. Tuttavia, diceva Tempu,
per curare la malattia occorre ascoltare la voce del cielo (= entrare nel samadhi, o satori o anjo
daza), allora il nostro naturale potere di guarigione funzioner bene e la malattia sar curata.
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Sono molti i 'classici' che fanno riferimento a questa condizione dello spirito. Scrive Musashi

sull'attitudine dello spirito (Heiho kokoromochi no koto) che in questa condizione la mente non
subisce variazioni a causa delle diverse circostanze (il mondo fenomenico soggetto alla maya); si

sempre la stessa persona, sia che si stia combattendo, sia che si affronti la routine quotidiana. Bisogna
stare molto attenti a percepire sempre la realt da un punto di vista elevato, affrontando ogni
situazione senza tensione, restando calmi e concentrati. importante che il corpo non venga
influenzato dalla mente, e viceversa.
Il modo di vivere nella condizione in cui la mente e il corpo sono uniti la manifestazione della vera
natura della vita umana (questo stato chiamato Shin-Shin-Ichinyo). Questa la condizione migliore
di vivere: per la mente occorre seguire le leggi della vita spirituale e per il corpo le leggi della vita
fisica. Per realizzare questa condizione occorre in primo luogo mantenere una mente positiva e
concentrata, quindi stare allegri e non disperdersi in pensieri inutili. Una persona la cui mente
positiva, vive con gioia e gratitudine ed felice. Il corpo a sua volta deve seguire le regole della
natura ed allenarsi per essere attivi. Questi due elementi devono necessariamente convivere nella
pratica dell'aikido.
La pratica come un viaggio in noi stessi che ha come finalit la guarigione, essa opera in due modi:
reintegrando le energie vitali (una dinamo che ricarica le batterie) e scacciando le energie nocive
(malattie, ansie, tensioni).

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10. La proiezione cielo-terra (Tenchinage)

Tenchi nage una tecnica di proiezione, la prima che viene studiata a introduzione della vasta serie (meglio

infinita serie) dei kokyu nage (proiezione che serve a rafforzare la respirazione).
Oltre alla proiezione, cio il distacco tra i due praticanti, che la parte finale dell'esecuzione, vi sono due
elementi importanti sui quali utile richiamare l'attenzione.

a. La fase iniziale di 'chiamata' di


uke (dell'attaccante per intenderci), nella quale si attrae il partner nel proprio spazio, lo si lascia entrare,
come se gli aprissimo la porta (cos spiegava il maestro Hosokawa). Una porta per dove l'attaccante non
trova alcuno, dato che tori ruota su stesso facendo il vuoto davanti a uke, sentendo e acquisendo il peso e il
'centro' di uke.
b. la fase intermedia prima della proiezione nella quale tori allarga le braccia a unire cielo e terra, quasi ad
accogliere uke. Questo momento essenziale, quello che d il nome alla tecnica. Il movimento di tori da

assimilare a chi tende un arco quasi a mirare da uno spuntone di roccia una preda che passi disotto.
Il tiro con l'arco qui preso a modello non il tiro alla targa o tiro olimpico, ma la tecnica giapponese di tiro
(Kyudo), e anche il tiro istintivo o tiro da caccia occidentale, nei quali le braccia lavorano in opposizione e
l'arciere ha quasi la sensazione di entrare nell'arco (tecnica dello spingi-tira). Mentre in ikkyo e in shiho nage
(due tecniche paradigmatiche) le braccia lavorano all'unisono, qui esse si trovano a muoversi in opposizione,
come in alcune forme del tai chi chuan (il maestro disse: respirazione di tipo cinese).
La posizione centrale nella quale le braccia si tendono ad unire, quasi ad abbracciare cielo e terra, ricorda la
composizione floreale giapponese ikebana. In quest'arte rami e fiori sono disposti secondo un sistema
ternario, spesso a forma di triangolo. Si noti che la posizione base dell'aikido (sankaku) viene a sua volta
assimilata ad un triangolo e rappresenta una concentrazione di forze (ikkyo la tecnica che esemplifica questa
forma geometrica).

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Nell'ikebana i l ramo pi lungo considerato qualche cosa che si avvicina

al cielo (Shin), il ramo pi corto rappresenta la terra e il ramo intermedio l'uomo. Cos come queste tre forze
si devono armonizzare per formare l'universo, anche i fiori e i rami si devono equilibrare nello spazio senza
alcuno sforzo apparente. Il nome di questi tre elementi "Shin", "Soe", e "Tai" (scuola Ikenobo). Essi
rappresentano nell'aikido (e per quello che pu valere, nella vita) l'elemento rigido, l'elemento flessibile e
l'armonizzazione tra questi due elementi.
Ma lo stelo che punta verso il cielo rappresenta anche la libert necessaria per poter esprimere pienamente
la nostra persona, quindi anche la fantasia e la creativit. In altre parole, la qualit celeste la libert, la
creativit e l'immaginazione.
La "Terra" il regno della disciplina e delle regole, e senza regole le cose cadono a pezzi. Ancora una volta
troviamo un'opposizione tra uno yin e yang che non possono mai esistere da soli, e il tentativo di conciliare
questi opposti: la ricerca dell'armonia nei contrasti. Questa continua ricerca dell'equilibrio tra situazioni
contrastanti (concordia discors) una caratteristica peculiare dell'aikido. Se le cose fossero gi omogenee
non vi sarebbe bisogno dell'armonizzazione.
Il cielo e la terra non sono solo braccia (o rami) che tendono verso l'alto o verso il basso, ma il cielo
rappresenta la diade libert-creativit, la terra la disciplina, l'ordine, l'insieme delle regole. L'umano
l'equilibrio tra cielo e terra, la proiezione rappresenta l'affermazione di questa umanit irrinunciabile.
Ancora in questo senso cogliamo una metafora essenziale del modo di essere del praticante: essere sospesi
tra cielo e terra, tra libert e regole, nella difesa di se stessi e del proprio ambito, di quello che possiamo
chiamare del proprio spazio vitale. Uno spazio nel quale gli altri entrano, nel quale pi correttamente
lasciamo entrare gli altri, persone con le quali entriamo in relazione e che poi lasciamo.
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Della similitudine tra aikido e ikebana parlava il maestro Ikeda Masatomi il quale esplicitamente collegava al

tai, shin e soe, il modo di essere del praticante: non troppo rigido come un militare o una marionetta, non
troppo morbido come una scimmia. L'aikido ci che amalgama e rende equilibrati questi due elementi,

anche il nostro modo di essere nel mondo deve contemperare questi due elementi, una disponibilit e una
dolcezza, un'affabilit del tratto, deve accompagnarsi al rispetto fermo di alcuni principi (o valori) che non
vanno traditi pena la perdita di noi stessi. Se questo capita, ce ne accorgiamo subito.

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11. Andare verso la morte

Si dice che vivere sia solo prepararsi a questo grande salto. Ma sono i viventi che riflettono sulla morte, fino

a che c' questa riflessione vuol dire che siamo ancora vivi. Gassman diceva che portava bene parlare della
morte, anche della morte, solo della morte va bene se gestiamo un'impresa di pompe funebri.
Tutte le religioni sono legate a questo fondamentale interrogativo: c' qualcosa oltre o tutto si spegne come un
tizzone che si consuma.
Due cose temo diceva un uomo di Dio: il momento della morte e quello del giudizio. La paura della morte

tiene l'uomo schiavo e la morte, entrata nel mondo a seguito del peccato, secondo la dottrina cristiana,
l'ultimo nemico ad essere vinto.
Naturalmente si ha repulsione verso qualsiasi cosa arrechi dolore, argomentano gli Yoga Sutra, e nel fluire
della vita la paura della morte (e l'attaccamento alla vita) domina tutti, perfino il saggio. Insomma si
potrebbe continuare dato che a sora nostra morte corporale... nullu homo vivente p skappare. Quindi
questa una riflessione con la quale sono costretti a convivere uomini e culture diverse in ogni tempo e in ogni
nazione.
Insomma, mi disse un tale, a me la morte scoccia! E a chi non d fastidio, gli feci io.
A me urta perch sono un moderato. In politica, gli feci io sorpreso. No, disse lui. Anzi al contrario, io sono
per la rivoluzione continua. Per sono un moderato, continu, nelle cose della vita. Non mi piacciono
soluzioni cos drastiche, come il mai pi, il Nevermore, di Poe. Ecco si dovrebbe morire a tratti e poi

rinascere. Che so sei mesi si e sei no, come uno ne ha voglia, come quel mito dei Romani, la bionda Cerere.
Oppure come i Dioscuri.

L a certezza dell'evento cos palese che alcuni, fastidiosamente sono soliti

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commentare la veridicit di un fatto con la funerea espressione: sicuro come la morte.

Notoriamente la morte mette paura, anche a chi non se lo aspetta (di avere paura): Tempu Nakamura (maestro
di Tada Hiroshi e suo punto di riferimento oltre chiaramente a Ueshiba Morihei) ebbe per un lungo periodo

problemi di salute. Per curarsi divenne medico alla Columbia University, in grado quindi di fare una diagnosi
anche su se stesso (presumibilmente soffriva del mal sottile che tanta importanza ebbe nella letteratura tardo
romantica). Aveva a suo vantaggio esperienze militari di rilievo, in alcune aveva rischiato di rimanerci (era
un agente segreto ed era stato uno dei 7 militari su 113 infiltrati oltre le linee, a tornare vivo dalla guerra
russo giapponese). Proveniva dal daimyo dove nasce il motto Ho scoperto che la via del samurai la
morte: necessario prepararsi alla morte dal mattino alla sera, giorno dopo giorno. Pensava pertanto di
essere preparato, invece accolse la diagnosi con trepidazione. Si spost dall'America in Europa per trovare
medici buoni, ma n la diagnosi, n la prognosi cambiarono.
La cosa che lo importunava di pi, per lui che veniva da una famiglia di samurai, fu la sua irresolutezza, la
debolezza dell'animo, in breve la paura, il non saper accettare l'ineluttabile. Stava tornando in Giappone
quando incontr al Cairo lo yogi Kaliapa, ne fu attratto e lo segu sul Kangchenjunga (la terza vetta del mondo
nel Nepal), qui ritrov la salute psicologica che divenne strumento efficace per ottenere quella fisica: mor

ultra novantenne, fu inoltre un uomo di successo, scrisse molti libri sul management e sul pensiero positivo,
ebbe allievi famosi. Soprattutto approfond lo yoga sotto una guida esperta, per poi reinterpretarlo alla luce
della sua cultura di medico (lo Shin shin toitsu si dice che vanti circa un milione di praticanti).
Pi facile affrontare la morte sul campo di battaglia, in piena salute, all'attacco con i capelli al vento come

un eroe romantico. Geoffroi de Charny (primo possessore della Sacra Sindone)


incarn agli occhi dei contemporanei i valori pi alti della Cavalleria. Vissuto nel pieno della Guerra dei
Cent'anni, trov "con gioia e con coraggio" una morte eroica, stringendo tra le mani l'Orifiamma dei re di
Francia. Cadde nella pi cruenta e famosa delle battaglie di quella guerra: quella di Poitiers del 1356,
inutilmente aveva offerto agli inglesi di evitarla e di combattere solo cento contro cento. Ma gli esempi di
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morte eroica sul campo di battaglia pieni di adrenalina, da Ettore 'mastro di guerra' e 'morte d'eroi' sotto le

mura di Troia, ai trecento che contesero il passaggio delle Termopili, sono tante: basta scorrere le
motivazioni di qualche medaglia alla memoria per accorgersene.

Oda Nobunaga attacc Imagawa Yoshimoto, che poteva contare su 25.000 uomini. Nobunaga allora aveva
solo 26 anni, e non diversamente dai Greci che intonando il peana muovevano all'assalto (l'espressione
ricorre pi volte nell'Anabasi di Senofonte), recit e danz un brano dell'opera di teatro N Atsumori:
La vita umana dura solo cinquant'anni.
Paragonata all'eternit, non che un sogno effimero.
Una volta nato, chi pu evitare di sparire per sempre?
un bell'invito alla morte, dice Itsuo Tsuda. La morte e il dolore sono come i cani che inseguono quelli che
cercano di indietreggiare di fronte a loro. Una volta sfidata, la morte smette di far paura. Di fretta, Nobunaga
manda gi una tazza di riso, salta in piedi e senza aspettare che la sua armata sia pronta si precipita verso il
cavallo, seguito da soli cinque cavalieri. Viene raggiunto, a met cammino, solo da duemila uomini. Appena
terminato il temporale che si era abbattuto sulla regione dove si accampava l'armata di Yoshimoto, che era
pi di dodici volte superiore numericamente, egli la decima e Yoshimoto, il suo avversario, viene decapitato

(Itsuo Tsuda, La Via degli Dei).


Il maestro disse: rientra nella mentalit giapponese dare la vita per la patria, o per la collettivit, come
capitato a quelli che sono intervenuti a Fukushima. Ma questo non vero coraggio, un modo relativo di
avere coraggio, una diagnosi di tumore accettata con impassibilit rappresenta un modo assoluto di vivere.
Anjo daza, una mente serena la maniera per poter vincere la malattia, o altrimenti per poter morire
tranquilli. Qualche volta ha accennato (anche con toccanti accenti personali) all'importanza di stare vicino a
chi sofferente e di accompagnare nell'ultimo travaglio.
Esempi di persone che hanno scelto la morte di fronte all'apostatare se stessi sono numerosi. Il Socrate
descritto dei dialoghi platonici, o Giordano Bruno che dopo dodici anni di carcere, seppe affrontare con
virilit il giudizio praelatam mortem animosam imbelli vitae: Ho lottato, molto; ho creduto nella mia
vittoria [...]. Non aver temuto di morire, [...] aver preferito una morte coraggiosa ad una vita imbelle (De
Monade, numero et figura). Questo pur avendo molto da obiettare sulle sue tesi, ma la filosofia non dogma,
alla stessa maniera di tante cose che accadono nel mondo dell'aikido.
O si pensi alla morte magnifica di Petronio: l'invito agli amici, l'ultimo raffinato pranzo, la conversazione
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piacevole, per nulla scosso. L'attenzione al suo funerale, il fare spostare, con una punta di snobismo, la pira

di qualche metro per paura che il fumo potesse nuocere a degli affreschi. L'attardarsi a conversare con gli
amici mentre nella vasca da bagno gi si era fatto aprire le vene. Il farsele richiudere per poter finire un

ragionamento che lo aveva preso. Un raffinato senza dubbio anche nel distacco sdegnoso che ha di fronte alla
morte con una rappresentazione degna del Fedone. O di quel prigioniero cinese, durante la rivolta dei boxer,
che stava sul carretto condotto all'impiccagione con un libro in mano e che il soldato tedesco fece scendere
per liberarlo. Memore dell'antico detto che ogni giorno deve essere vissuto per intero. Ma anche su questo
argomento gli esempi potrebbero essere tanti quanti l'umanit che ci ha preceduto, amore e morte sono comuni
a tutti gli uomini in ogni tempo e ad ogni latitudine.
Forse come ebbe a dire Tonini, la cosa migliore considerare la vita un magnifico dono e avvicinarci al
giorno della restituzione come ad un ringraziamento per quanto abbiamo ricevuto, anche se non siamo stati
capaci di farne l'uso migliore e a volte siamo stati preda dell'egoismo, della paura, dell'accidia.
La morte poi una metafora della fine, e qui vale il vecchio adagio degli attori, non limitarsi ad essere una
brutta copia di se stessi. Non aspettare dessere un sole che tramonta (ma forse non c' niente di pi bello e
struggente che il tramonto).

Vi poi un altro aspetto: la pratica viene considerata come la via della non paura, il dojo il luogo fisico e
mentale nel quale affrontiamo le nostre angosce, vincendole, imparando a osservare le emozioni, senza temere
ci che ci aspetta, non desiderando a tutti i costi la vita n temendo la sconfitta. un errore essere con la
mente in azioni passate, o impegnati nell'attesa del futuro, necessario vedere la realt nel momento presente

Il dojo un'arena naturale dove si gioca alle frontiere della vita e della morte, sperimentando quella libert di
cui abbiamo bisogno e che oscuramente ricerchiamo.

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12. L'igiene psicofisica (Misogi)

Il maestro disse: l'aikido diventa molto forte quando diventa una forma di igiene. Questo significa curare ogni

giorno la propria salute fisica e mentale al fine di preservare la propria vitalit: in questo senso la pratica
diventa un'attivit di autodifesa.
Spesso si vive in mezzo all'alcool, al gioco e al fumo, cose intrinsecamente amorali ma che possono diventare
dannose perch ci dominano: abitudini che spesso divengono schiavit. La ludopatia un guaio per molte
famiglie. Arrivati all'et matura ci si accorge che le abitudini diventano la nostra natura. Sradicare una
cattiva abitudine molto faticoso. Non prenderne. Una volta presa cercare di uscirne, non aspettare troppo.
La pratica serve a trovare le energie necessarie per farlo.
L'igiene una forma di pulizia, anzitutto fisica, non solo esteriore ma che riguarda gli organi interni. Esistono
le arti della medicina e della ginnastica, le quali costituiscono la vera cura del corpo (ci ricorda Platone nel
Gorgia). Secondo alcune interpretazioni le diverse tecniche agirebbero come una terapia per gli organi, una
manipolazione mediata dalle mani non diversamente da quanto avviene nello shiatsu (l'agopuntura eseguita
con le mani) o nel seitai (la medicina tradizionale giapponese attraverso lo yuki, la espirazione concentrata),

il kiatsu di Tohei su questa linea di pensiero: cos tori avrebbe quindi la funzione di terapeuta mentre uke di
paziente. Per intenderci ikkyo interverrebbe sul sistema circolatorio e sul cuore, nikkyo sul fegato e
sull'apparato digerente, come kote gaeshi sullo stomaco, sankyo sui polmoni, e via esemplificando, ma se
esiste un'attivit benefica di questo genere non importante conoscere tutte queste rispondenze: cos come per
una medicina non essenziale leggere il foglietto illustrativo per ottenere effetti positivi sulla salute.
Praticare in questa maniera non facile n immediato, serve rilassare, occorre massaggiare anche con forza
(con energia pi corretto), dando energia positiva al partner armonizzando il suo corpo-mente e diluendo
l'energia negativa accumulata, allentando le tensioni presenti nel corpo. Questo l'effetto di una
comunicazione silenziosa e spontanea che si instaura tra i praticanti.
La pratica serve ad alleviare dolori e disturbi anche mentali, a farci volare, a cancellare le miserie del
quotidiano; funziona come un alambicco che consente di mantenere solo lo spirito, quello che importante.
Guardando indietro quante sono le cose importanti, quelle da conservare, quante le preoccupazioni inutili, le
delusioni e le cose che andrebbero abolite. In questo senso l'aikido l'arte della scelta delle cose importanti,
il praticante, non diversamente da quello che volevano i surrealisti, cerca l'oro del tempo.
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Lo stato di benessere dell'uomo non dipende solo dal corpo, un banale mal di denti modifica sostanzialmente

la nostra visione del mondo. L'Organizzazione mondiale della sanit (OMS) definisce la salute come lo "stato
di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia", e questa riscrittura del

mens sana in corpore sano, potrebbe andare bene a qualsiasi praticante.


Il misogi una forma di pulizia psicologica, un metodo per acquistare nuove energie.
Nel Kojiki (Cronaca degli antichi eventi o letteralmente "Vecchie cose scritte"), si ha la prima descrizione
del misogi: questo rituale venne eseguito per la prima volta da Izanagi, non diversamente da Orfeo, scese
negli inferi per liberare la propria compagna Izanami (che ha tratti simili alla Persefone dei Greci). Al suo
ritorno ebbe bisogno di purificarsi dalle scorie dell'oltretomba che gli si erano attaccate addosso,
immergendosi a nuotare nell'acqua del mare.
Ora l'aikido viene detto dal suo fondatore una forma di

misogi. Un processo di continua


purificazione dalle cattive tendenze che albergano nell'animo umano (oltre che dalla malasorte che il karma
negativo): come noto nell'iconografia di questa religione filosofica che si va diffondendo nelle nostre
contrade, Buddha e il diavolo sono due facce dello stesso essere. Il diavolo una delle forme dell'uomo
dimostrer Stevenson, e come manifestano tante delle cose che accadono; e forse non possiamo fare a meno di
convivere con presenze a volte fastidiose (non diversamente fecero i Padri del deserto), perch sono in noi
stessi.

Di queste incrostazioni forse presuntuoso dire che possono essere rimosse, ma certo se non spazziamo ogni
giorno la cucina, la polvere si accumula. L'immagine che viene proposta nell'iconografia aikidoistica quella

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dello specchio che pu appannarsi, o quella preziosa dell'intagliatore di brillanti (il lavoro del panteista

Spinoza), e la pratica altro non che il liberarsi dalle scorie per riflettere in maniera piena la luce (ognuno di
noi una pietra preziosa!). Su quest'ultima immagine molti hanno lavorato dicendo: ognuno una pietra

particolare, riflette con colori suoi la luce, la colorazione dipende dal tipo di pietra nella sua tonalit, ma il
tipo di luce dipende da come stata levigata la pietra, con quale forma, e forse il lavoro di aggiustamento non
finisce mai dato che siamo pietre viventi.
Qui l'attento lettore noter qualche similitudine con le immagini contenute nell'incipit solenne del Vangelo di
Giovanni.

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13. Le due vie

A) La via lunga: dal corpo alla mente

La maggior parte delle tecniche dell'aikido, la stessa pratica fisica, secondo l'impostazione qui accolta ha
come finalit lo stato mentale di tranquillit, la serenit dell'animo. Questo , o dovrebbe essere, lo scopo
dell'aikido, e viene definita anche Via lunga. Secondo le indicazioni del maestro Tada, istruttore capo
Hombu Dojo, e di cui l'amanuense aspira ad essere Averro, ci sono due metodi di allenamento in Aikido:
Waza non Renma allenamento o affinamento della tecnica, e Ki no Renma allenamento o affinamento del ki.
La pratica di tipo fluido, continuo, indipendentemente dalla velocit di esecuzione che va determinata dai due
praticanti, rappresenta il modo migliore per raggiungere questo stato di benessere; questo inoltre la maniera
pi salutare dal punto di vista fisico e mentale: il corpo si muove con leggerezza, in una danza, senza peso,
come se stesse in acqua. Chi ha praticato anche solo per svago il nuoto, dovrebbe accorgersi della forte
similitudine tra il modo di nuotare, la dimensione fisica del corpo si intende, e il modo di essere del corpo
nella pratica dell'aikido (spalle rilassate, addome leggermente contratto). La pratica del ki no nagare no
renma dell'aikikai italiano un modo eccellente di intendere questo modo di esercitarsi. Se si riesce ad

entrare in questo stato mentale di estrema tranquillit le tecniche nascono spontaneamente, i nostri movimenti
sono come pezzi di un puzzle che rapidamente si compone, si ha l'impressione di riuscire a dominare gli
avvenimenti, le azioni si compiono senza sforzo, quasi come se fossimo portati dalla corrente di un fiume.
Riportando questo stato mentale nella vita quotidiana: si ha voglia di fare, le difficolt sembrano tutte
superabili senza sforzi sproporzionati, riusciamo a trovare la risposta giusta ad ogni problema che la vita ci
pone, abbiamo chiarezza di decisione, non siamo preda di ansie, paure, debolezze, fiacchezza d'animo. In
altre parole la vita sembra sorriderci, anche la tomba lontana ha il profumo di fiori che crescono nel tempo e
non lo strazio dell'agonia.

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Acquisire questo modo di praticare richiede molto tempo, occorre una lunga ripetizione della stessa tecnica
perch essa diventi automatica e il pensiero si stacchi in una certa misura da quello che stiamo facendo

mentre il corpo inizia a muoversi con leggerezza. Ci accorgiamo allora che nell'esecuzione di un determinato
movimento vi sono altre possibilit, altre modalit di esecuzione, variazioni, prestiamo attenzione al partner
col quale pratichiamo e magari ci chiediamo altre cose. Riconoscere anche a distanza di tempo questa
sensazione molto utile. Serve la fortuna di trovare un insegnante esperto, molti nel migliore dei casi
riescono a spiegare fisicamente l'esecuzione di una tecnica, ma spesso confondono lo strumento con il fine.
Nella maggior parte dei casi si riesce ad apprendere un insieme di tecniche pi o meno bene, ma questo non
apprendere l'aikido, al massimo si diventa imitatori pedissequi di uno stile. Praticando con pi maestri di un
certo livello ci accorgiamo che quasi solo i nomi delle tecniche sono gli stessi, ma che le modalit di
esecuzione sono del tutto diverse. Praticare non pu essere simile al lavoro che compivano gli copisti, n
l'aikido il processo di trascrizione delle informazioni genetiche contenute nel DNA.
Se ci alleniamo bene, cio se si riesce a realizzare nella pratica questo stato mentale di tranquillit (mente
vuota o mushin no shin nella cultura giapponese, guardare il mondo cos com, o anjo daza secondo quanto

dice il direttore didattico dell'aikikai italiano), nel seiza finale possiamo apprezzare la qualit dell'esercizio
svolto: il corpo rilassato, la mente vigile, abbiamo energia per pensare, in bocca sentiamo un sapore dolce
come di una caramella che si scioglie, l'animo soddisfatto: potremmo riprendere ad allenarci o andare a
casa senza perdere la tranquillit acquisita.
Questa via richiede pi tempo, ma pi sicura.

B) La via breve: dalla mente al corpo

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Oltre alla strada che va dal fisico al mentale, abbiamo una
via pi breve da percorrere: ricercare attraverso la respirazione, il kokyu o pranayama, una situazione
psicofisica di tranquillit, una volta ottenuta mettiamo nella pratica questa condizione mentale, cercando di
non perdere questa atmosfera (aura) che si creata. Ad esempio non parlare, non spiegare, evitando di
utilizzare la parte frontale del cervello, cercando di usare il linguaggio del corpo, ecc. Se ci si allena bene si
riescono a percepire anche gli odori. L'odore strettamente legato all'atmosfera: la percezione pi intima

che si ha di una persona o di un ambiente.


Questi esercizi di preparazione, che sono anche esercizi di visualizzazione o di mental training, possono
essere utilizzati in qualsiasi contesto. Essi sono una forma di 'focalizzazione' della mente: devo svolgere un
compito e immagino, mentre faccio esercizi di respirazione, di farlo nella maniera migliore, col sorriso sulle
labbra, visualizzo la mia persona mentre ad esempio parla in una classe dove devo fare lezione, come nella
mnemotecnica percorro i punti salienti da trattare, percepisco sensazioni e segnali utili da parte dell'uditorio
che posso utilizzare mentre parlo, ecc. Cos facendo controllo il mio stato ansioso, impedisco alle tensioni di
condizionare negativamente la mia prestazione, sapendo che l'emozione una componente di ogni attivit

umana, soprattutto di quelle che ci espongono al giudizio altrui: Cicerone (De Oratore) ricordava addirittura
l'utilit dell'emozione nella performance dell'oratore, dicendo che chi non sentiva una forma di timore nel
presentarsi in pubblico era solo uno sfrontato e meritava di essere bastonato.
Le due strade non sono in opposizione tra di loro, possono compenetrarsi. Il controllo della respirazione
come strumento per calmare la mente tipico anche della tradizione occidentale: gli Esicasti e i Padri del
deserto trattano abbondantemente questo aspetto nella preghiera (mantra yoga in altre culture) che una
forma privilegiata di ingresso nella meditazione.

Una condizione mentale simile a quella qui descritta, viene negli studi di psicologia definita come 'esperienza
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ottimale', o anche 'flusso', o come 'trance agonistica' nel linguaggio sportivo. Lo psicologo dal nome

impronunciabile (Cskszentmihlyi per i pi coraggiosi) a cui si deve la classificazione di questo stato


mentale, esplicitamente riconosce il suo debito verso le dottrine del Buddismo zen (satori) e altre discipline

come l'aikido (anjo daza), o lo yoga (samyama = unione tra concentrazione, meditazione e identificazione).
Questa via pi breve (non dieci anni per usare bene la spada, ma uno o due, semper ipse dixit), ma pi irta
di pericoli; per esemplificare: si crede di essere arrivati subito, oppure si prendono fischi per fiaschi, o altro
ancora, come l'indecisione una volta trovato di non avere l'idea che sia proprio quello che cercavamo, se
funzioni o meno, ecc.
Le due vie non sono in opposizione tra loro, la meta unica, esse convergono. Utile alternare i due tipi di
allenamento: un poco a piedi un poco in treno!

C) La condizione mentale della pratica: elementi chiave


Obiettivi chiari. Preliminarmente occorre decidere dove si vuole andare: se da Roma voglio andare a Firenze, difficilmente un treno che
parte per Napoli mi porter alla meta. un aspetto sul quale il maestro si soffermato molto: avere chiaro il proprio obiettivo, il ki no
renma (l'arte dell'affinamento) rappresenta una bussola, uno strumento di direzione quando la meta non perfettamente visibile. In alcuni
casi il risultato non immediatamente palpabile, occorre sforzo e costanza di intenti: siamo in alto mare non un piccolo cabotaggio.
Insomma i grandi obiettivi non sono per i marinai d'acqua dolce.
Concentrazione sul compito: attenzione alla dimensione presente, non essere schiavi del passato, delle proprie sconfitte, avere il
coraggio di ricominciare, in forme diverse, con nuove energie: il mito di Sisifo esemplificato da Camus pu essere un esempio di coazione
a ripetere i propri errori. Risveglio, questo termine tanto utilizzato nelle dottrine esoteriche, significa in alcuni casi semplicemente che
abbiamo dormito, quindi riposato, allora abbiamo energie buone per riprendere il cammino.
Lo stato delineato quello della 'non mente' (mushin no shin) delle dottrine orientali. Questo nell'aikido si dice utilizzare la mente come
uno specchio, l'animo risulta indipendente da ci che si fa, anche se si estremamente concentrati.
Distorsione del senso del tempo: si altera la percezione del tempo e non ci si accorge del suo scorrere. Questo chiaramente capita
quando l'attivit svolta piacevole, fine a se stessa, come nel gioco, nell'amore, nella contemplazione artistica ecc.
Retroazione immediata: l'effetto dell'azione viene immediatamente percepita come positiva dal soggetto. Alla fine dell'allenamento se
si soddisfatti della pratica, se il corpo pi rilassato e non vi sono tensioni, se anche quello che mentalmente ci opprime (i cd. pensieri)
in una certa misura si attenua, e si sente in bocca un sapore dolce, come di una caramella che si scioglie; allora la pratica stata
positiva.
Senso di controllo: si ha la percezione di avere tutto sotto controllo e di poter dominare la situazione. Questo tipico della pratica
dell'aikido, la forza del partner viene controllata e diretta, non viene scalfita o coartata. Operare in questa maniera nella vita di relazione
porta automaticamente gli altri, le persone che ci stanno intorni ad avere fiducia in noi.
Integrazione tra azione e coscienza: la concentrazione massima e ci si assorbe. La persona talmente assorta nell'azione da fare
apparire l'azione naturale
Perdita dell'autoconsapevolezza: il soggetto talmente assorto nell'attivit da perdere la nozione del suo ego. Paradossalmente questa
non una perdita della propria libert, al contrario: l'aikido sperimentare la propria libert originaria. Basta riflettere un poco su noi
stessi (senza per questo divenire degli anarchici arrabbiati) per accorgerci come quello che facciamo, e spesso quelle che sono le nostre
convinzioni, non sono veramente nostre, non ci appartengono, sono il frutto dell'educazione, della famiglia, della societ, ecc. non sono
cose lungamente meditate o 'nostre'. Spesso siamo come Stepn Arkdjevi il quale malgrado che n la scienza, n l'arte, n la politica
a rigor di termini lo interessassero, egli si atteneva rigidamente alle opinioni che in tutte queste materie seguiva la maggioranza e [...] le
mutava solo quando la maggioranza le mutava, o, per meglio dire, non le mutava, ma esse stesse mutavano insensibilmente in lui.
(Tolstoj, Anna Karenina). Quello che pensiamo sia il nostro 'io' cio il nostro vero essere, spesso il frutto delle circostanze, delle
esperienze, degli adattamenti, delle interazioni tra noi e il mondo (il complesso psicofisico dicono alcuni e non il S, o vero io).

Nelle attivit sportive, nel nuoto ad esempio, questa condizione di dice '

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stare nella zona' . Pel descrive la sensazione della
trance agonistica come una strana calma mista ad una specie di euforia: "Sentivo che potevo correre per tutto il giorno senza stancarmi e che potevo
dribblare qualunque giocatore della squadra avversaria e quasi passare fisicamente attraverso loro".
Trovarsi in questo stato mentale significa essere al centro dell'azione, trovarsi al posto giusto.

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15. Il tempo per pensare (Seiza)

La sapienza dello scriba si deve ai suoi momenti di quiete, dice la Scrittura, e occorre saper alternare alla

vita attiva quella contemplativa (che la parte migliore), al negotium l'otium dedicato a noi stessi, alla nostra
cura. Nella pratica dell'aikido questa alternanza presente in tutte le tecniche: all'azione che il controllo e

la direzione del partner ( kimeru = decidere, scegliere, metaforicamente ricomporre il


proprio animo riguardo a qualcosa; da cui kime = concentrazione della forza), segue un momento di pausa, di
tranquillit, lo zanshin (lo stesso accade nel tiro con l'arco e nello iaido = arte di sfoderare la spada), e
dovrebbe essere presente in ogni seduta di pratica nel seiza (o zazen = zen da seduti). Il seiza finale ha
qualche analogia con il riporre la spada nel fodero dello iaido (Noto = rinfoderare la spada), un risucchio,
un rientrare in se stessi, un assorbire il mondo, metabolizzando quello che abbiamo fatto. Come un falco od

unaquila, che dopo aver volato ad altissima quota, tornano al proprio luogo di riposo affaticati, cos fa
lanima, la quale dopo avere sperimentato il fenomenico torna in Se stessa, dove pu riposarsi al di l di ogni
desiderio, al di l di ogni sogno (cos da qualche parte nel mare magnum della letteratura upanishadica). O
come Ulisse che inquieto ha vagato per il mondo in cerca di avventure e infine anela Itaca, il suo focolare e
Penelope.

Il seiza il sedere tranquilli una parte essenziale della pratica dell'aikido, questa tranquillit una volta
acquistata, deve essenzialmente essere trasfusa nella vita di tutti i giorni. Sedere in quiete usando la postura
seiza un modo per superare le paure della vita e la sottostante paura della morte, diceva Kisshomaru
Ueshiba. La vita res dura e prima o poi ci possiamo trovare ad affrontare delle difficolt: Brecht che pure
aveva conosciuto a durezza dell'esilio e il dispiacere della patria distrutta, diceva: In mezzo ai terremoti che
dovranno venire, speriamo / Di non lasciare che il Virginia mi si spenga per troppa amarezza.

Stare allegri in ogni caso: in tristitia hilaris, aveva come motto il Giordano Bruno. Una delle qualit

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importanti da sviluppare nella pratica dell'aikido quella di lavorare sull'umore, l'energia accumulata nella
pratica serve a sviluppare la capacit di cambiare la direzione dei propri pensieri, a creare dentro si s una
buona atmosfera. Occorre non farsi catturare dalle proprie delusioni, dalle angosce, sostituendo ai pensieri

negativi pensieri allegri. Nel seiza si assume una posizione molto seria, quasi severa, ma dietro questa lo
spirito cerca la serenit.

Le mani possono assumere diverse posizioni, spesso per le dita ed i pollici vengono posizionati a formare
un ovale sotto lombelico, punto chiamato tanden o seika tanden (tanden basso corrispondente al secondo
chakra) e che corrisponde al centro dellequilibrio. Eliade (Il mito dell'eterno ritorno) mette in evidenza
l'importanza che ha nella storia delle religioni l'ombelico (Axis Mundi), metafora della centralit dell'uomo
di fronte all'universo.

Dice Kisshomaru che la mano sinistra sulla destra rappresenta la calma (sei o in in giapponese) che
copre gli aspetti attivi (do o yo). Essere tranquilli come il vino che riposa sulla feccia.

I pollici unificano i due aspetti. Il tanden visto come il centro dellessere intorno a cui lhara organizzato,
qui riposano le energie vitali pi profonde della natura collegate ,con il senso della vita e della morte. Qui
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sentiamo le emozioni pi profonde; emblematico il vangelo di Luca:
Quando fu vicino alla porta della citt, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della citt era con
lei. [7.13] Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: Non piangere!. [7.14] E accostatosi tocc la bara, mentre i portatori si fermarono.
Poi disse: Giovinetto, dico a te, alzati!.

In greco ebbe compassione esplanchnsthe, si commuove visceralmente, dato che la radice del verbo
esplanchnsthe (verbo aoristo passivo ci avvisano i grecisti, per cui la versione corretta sarebbe: venne
afferrato da una commozione viscerale) esplanchna = viscere; l'evangelista parla quindi di qualcosa che
non ha a che fare solo con l'aspetto emotivo o sentimentale, ma che scende nella profondit dell'animo della

persona (cfr. anche Mt. 14,14).

Siamo noi la causa di noi stessi e il centro, la nostra parte pi intima, il punto da cui la nostra vita vissuta.
Curare noi stessi equivale a curare la nostra vita e il mondo che gira intorno a noi.

Varianti di questa forma di sedere in seiza sono spesso usate, ma questo il metodo pi bilanciato e
rilassante di sedersi.

Le tecniche di meditazione, lo zen per usare una parola oggi forse di moda ma strettamente
inerente all'aikido che una forma di meditazione dinamica, come riflessione su se stessi e sul
mondo, non sono la prerogativa di un gruppo o di un'etnia particolare. La tradizione religiosa
in Occidente certo con enfasi del tutto diverse, ha sviluppato tecniche meditative. Dal punto di
vista 'laico' la meditazione-zen pu per tanti versi avvicinarsi alla sensibilit e riflessione
degli umanisti e dei pensatori occidentali. Montaigne (un pioniere del pensiero moderno) ad

esempio, fu critico acuto delle dottrine troppo rigide e delle certezze cieche, analizz la
quotidianit con una rara capacit d'analisi; e le sue riflessioni sulla condizione umana,
rendono sempre attuale la sua opera: Chaque homme porte la forme entire de l'humaine
condition, mentre per cogliere il nesso con l'argomento di questo scritto, Ueshiba dir di se
stesso (ma forse l'affermazione vale per ognuno): Quest'uomo l'universo.

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Il progetto di Montaigne, non diversamente da tanti
maestri dell'introspezione orientale che ambiscono a rivelare il volto originario dell'essere,
era quello di togliere le maschere e gli artifici dell'uomo per rivelare il vero s, dato che la
pi grande cosa al mondo saper essere per s (Saggi). Alcuni dei suoi pensieri non
sfigurerebbero in una raccolta di detti dei maestri zen: Anche sul trono pi alto del mondo, si
sta seduti sul proprio culo.
Time to thinking un paradigma anche per i dirigenti d'impresa. Prima di fare occorre pensare,
e l'arco non pu essere sempre teso altrimenti si sfibra e perde potenza.
Ma per l'uomo il tempo di riposo pu essere un tempo creativo. Molto utile
concedersi attivit che richiedono l'utilizzo della mente, dato che essa funziona come
un muscolo e l'esercizio la chiave per l'auto-crescita, la salute continua e il
benessere.
Per essere felici dobbiamo non solo realizzare le condizioni esterne, ma dobbiamo
organizzare anche le esigenze interne alla nostra mente. la nostra mente che cerca di
acquisire i requisiti esterni uno per uno. Allo stesso modo, diceva Tempu, la mente
stabilisce, pianifica e persegue gli obiettivi. Ed sempre la mente che sente felicit. In
questo senso possiamo dire che la nostra mente che crea la felicit. Pertanto, se
vogliamo essere felici, dobbiamo prima cercare di risolvere i problemi che la nostra
mente pu avere.

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16. Sapere aspettare

Non essere catturati da quello che si fa, avere il tempo per pensare, per riflettere su noi stessi e

sul lavoro che facciamo potremmo dire impegnarsi s ma non troppo: se no non naturale. Non
fare cose che vanno al di l delle nostre possibilit. Ma lavorare intorno alle nostre
possibilit: esplorare.
buon segno quando le cose vanno per la mente: guardati che la mente non vadi essa per le
cose, perch potrebbe rimaner attaccata con qualch'una di quelle, ed il cervello, la sera,

indarno l'aspetterebbe a cena (G. Bruno,


Candelaio). Alcuni notano una sorprendente vicinanza tra le dottrine professate da Bruno e le
filosofie orientali.
L'aikido deve nascere spontaneamente con naturalezza, le costruzioni artificiose sono prive di
sapore. Hosokawa sensei diceva: oggi troviamo la frutta e le verdure in ogni stagione, ma
spesso non hanno sapore. Cos per le tecniche e le persone occorre aspettare la loro stagione,
aspettare che maturino, certo coltivare, innaffiare, stare attenti, ma poi fondamentalmente la
natura che deve fare il suo corso. Ognuno ha i suoi tempi di maturazione. Possono essere mesi
o anni questo non ha importanza, quando si arriva ci si accorge. Lo stesso discorso vale per gli
esami di grado: che senso ha la corsa frenetica all'avanzamento?
Se la mente tranquilla non siamo impazienti, sappiamo attendere la maturazione degli
eventi e cogliere il momento giusto. La corsa frenetica pu non portare a nulla. Mentre vivi
bevi, diceva il poeta. Tadaima significa vivere ora, proprio adesso! Essere presenti a se stessi
quando si pratica, quando si vive. Tadaima il saluto di quando si ritorna a casa da un

viaggio (tada = proprio e ima = adesso). Proprio adesso sono tornato: eccomi! La felicit di
ritrovarsi. Che caro paese il Giappone! Praticando fin dalla giovent, a volte mi sembra di

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essere stato un giapponese in una vita anteriore.

Il figliol prodigo 'rientr in se stesso' e all'improvviso si accorse della condizione


misera in cui si trovava, e disse 'torner da mio padre', a quella che la propria vita dalla

quale inutilmente si fugge (per quanto andrai lontano mai troverai i confini della tua anima, n
riuscirai a sfuggire a te stesso). Tadaima importante perch ogni incontro irripetibile,
Ichi-go ichi-e (Ichi: uno; Go: tempo, et, opportunit; E: incontro, letteralmente una volta, un
incontro) "solo per questa volta", o "una possibilit nella vita", il termine che descrive
questo concetto culturale legato al famoso maestro della cerimonia del the, Sen no Rikyu
(sulla cui vita il film Morte di un maestro di the, con Toshiro Mifune). Un colpo una vita, si
dice nel tiro con l'arco.

Ma tanti poeti hanno cantato l'attimo fuggente nel quale la vita appare nel suo splendore.

Hic et nunc dicevano i latini, cogli il momento dir Orazio (carpe diem). Giambattista
Vico notava la similitudine tra la lingua giapponese e il latino: Ma in mezzo alla zona
temperata, dove nascon uomini daggiustate nature, incominciando dal pi lontano Oriente,
limperador del Giappone vi celebra unumanit somigliante alla romana ne tempi delle
guerre cartaginesi, di cui imita la ferocia nellarmi, e, come osservano dotti viaggiatori, ha
nella lingua unaria simile alla latina, La scienza nuova, [1725].

L'istante presente non ritorna mai pi. Viviamo nell'impermanenza. Dice Deshimaru (Lo
Zen e le arti marziali): Durante zazen, ogni nostra inspirazione ed espirazione unica e non
ritorna mai pi. Ieri era ieri ed oggi oggi. Dico sempre che bisogna concentrarsi "qui ed
ora", creare "qui ed ora". Cos ci si rigenera, ci si rinnova.

L'aikido fondamentalmente una ginnastica mentale, ma tutte le attivit ginniche


impegnano in maniera rilevante l'attenzione dell'atleta: viviamo nel nostro corpo e quando ci
muoviamo ci accorgiamo di questo. Qual allora la particolarit dell'aikido? quella di
togliere i muda mentali, i pensieri ripetitivi e inutili, non essere bloccati mentalmente, vivere
in maniera rilassata il proprio tempo e il proprio lavoro. Non si pu vivere sempre tesi,
diceva Hosokawa sensei.

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Quando anni fa imparai a guidare la macchina, il mio istruttore mi imponeva / di fumare un

sigaro; e se / nel groviglio del traffico o in curve strette / si spegneva, lui mi spingeva via
dalla guida. Durante / la corsa raccontava anche barzellette e se io, / troppo intento alla

guida, non ridevo, mi strappava / il volante di mano. Mi sento insicuro, diceva. / Io,
passeggero, mi spavento se vedo / che il guidatore dell'auto troppo intento / alla guida. //
Da allora quando lavoro / mi guardo bene dallo sprofondarmi troppo in quello che faccio. /
Mi impongo pi d'una volta di guardarmi in giro, / talora interrompo il lavoro per
conversare con qualcuno. / Mi sono disabituato ad andare cosi forte / da non poter fumare.
Penso / al passeggero. (Il passeggero, B. Brecht).

Certo quando il momento di raccogliere le mani (e la mente) non devono restare inoperose.

Nella pratica dell'aikido, se si attenti, ci si pu accorgere del momento opportuno, e questo


pu essere un paradigma da utilizzare in altre situazioni che avvengono usualmente nella vita.
La pratica sul tatami come esperimentare situazioni che possono realmente accadere.
Imparare a cogliere il giusto tempo degli eventi. L'allenamento preordinato, io so che tu sai,
deve lentamente evolvere in una situazione diversa, altrimenti rimane sterile (Endo). La vita
mutevole e noi dobbiamo essere mutevoli, la flessibilit del giunco psicologicamente
l'esempio di questa adattabilit, di un'attenzione senza tensione.

Aspettare ma non troppo


Sapere aspettare... ma non troppo. E questo introduce al tema della triste sorte della morte. Non aspettare troppo

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perch in agguato il momento funesto: allora scrivere, uscire, fare quello che piace, amare gli amici e amare la rosa.
Tanti poeti hanno cantato l'attimo fuggente nel quale la vita appare nel suo splendore, e quindi: Cogli la rosa quando
il momento, ch il tempo lo sai che vola... e lo stesso fiore che oggi sboccia domani appassir. Ma questo non altro che
Ronsard, amici miei, il Ronsard che voleva riportare la lingua ai fasti degli antichi. Un Ronsard maltradotto che dice:
Dolcezza, andiamo a vedere se la rosa
che stamane aveva dischiuso
la sua veste di porpora al sole
ha perduto stasera
le pieghe della sua veste purpurea
e il colorito simile al vostro

Ahim, vedete come in si breve spazio,


dolcezza, ella ha,al suolo,
lasciato cadere le sue bellezze!
Un luogo letterario tipico del poeta che desidera la rosa della donna amata e le dice: sii mia oggi che domani sfiorirai, e saremo costretti come
l'ateniese Pericle a dire, sei troppo vecchia ora, e forse pure io.

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17. Il sapore della sconfitta (Ukemi)

Chi vive e riesce sempre vincitore? Non esistono persone cos fortunate. Prima o poi ognuno

deve fare i conti con il sapore amaro della sconfitta. Tutto nel mondo continuo rivolgimento e
nei momenti bui occorre saper preparare il proprio bagaglio nell'attesa di tempi buoni. Le

temps revient (la primavera ritorna): ricordava il broncone di


Lorenzo il Magnifico dopo lassassinio del fratello Giuliano de Medici nella Congiura dei
Pazzi del 1478.
Perch grandi maestri si sono dedicati all'aikido, quando provenienti da famiglie importanti e
laureati in universit prestigiose, potevano comodamente accedere ad uffici di rilievo
nell'amministrazione dello Stato o divenire dirigenti di qualche zaibatsu? La motivazione forse
da ricercare nel tentativo di ricostruzione morale del popolo giapponese, umiliato dalla
guerra e intontito dalla sconfitta. Croce lamenter lo stesso dell'Italia, ma si rimboccher le

maniche nonostante l'incipiente vecchiaia.


Nel primo kata di jo dell'aikikai, ma non diversamente in tante forme di spada classiche (il
moderno infine cresce sul passato), i contendenti fanno un passo indietro, anche chi attacca: la
motivazione nel cercare di raccogliere le proprie forze. Il maestro disse: negli antichi libri di
spada andare indietro significa ricercare la fonte del ki. In questo caso il ki rappresenta quello
che nella cultura zen l'oceano alaya, il proprio s, qualcosa di apparentato all'inconscio
collettivo, utilizzando un termine junghiano. Andare indietro come cercare le nostre fonti,
non combattere-vivere solo con la nostra esperienza individuale maturata, ma anche con quella

di chi ci ha preceduto, il nostro passato individuale e collettivo, di popolo e addirittura quello


di esseri umani. Il legame tra impugnatura della spada e l'ombelico paradigmatico: la spada

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come un bambino nel ventre della madre e questi non vive se non attaccato al cordone

ombelicale.
Tutti i nati da donna hanno l'ombelico, questo rappresenta il nostro passato, quando

pratichiamo concentrandoci sul nostro ombelico lo facciamo con tutto il nostro essere.
Praticare come riempirsi di ki (Ueshiba), di energia, pi semplicemente possiamo
paragonare il corpo-mente ad una palla, se sgonfia non rimbalza, praticare come usare un
gonfiatore per non restare a terra (Fujimoto).
Anche l'analogia tra gonfiatore e ruote di una bici pu essere esplicativo: se le gomme non
sono a pressione camminiamo lo stesso, ma con fatica, possiamo percorrere le stesse distanze
con uno sforzo inferiore se le gomme sono ben regolate, la catena oliata ecc. In questo senso
praticare come mettere a punto la bici.

Sette volte sono caduto e otto rialzato, (Nanakorobi yaoki) questo proverbio giapponese

spesso citato, forse significa ch e la vita ti butta gi, ci che ti viene chiesto di

rimetterti in piedi, una volta di pi. In effetti sottintesa la stessa metafora del

giunco flessibile (tante volte utilizzata nel judo e nell'aikido) che lascia cadere la

neve per ritornare nella sua posizione originale.

Le Daruma dolls (piccolo monaco sempre-in-piedi) della tradizione giapponese sono

collegate a questo aspetto psicologico.

Goethe dir che non forte colui che non cade mai, ma colui che cadendo si rialza.

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Pasternak non amava la gente che si
riteneva perfetta, i supereroi, quelli che mai hanno inciampato. La loro, diceva, una virt

spenta, di poco valore. A loro non viene svelata la bellezza della vita che nel risorgere. Lord
Jim (personaggio, si dice, infinitamente pi affascinante dell'eroe senza macchia e senza
paura) in un momento di debolezza abbandona la nave che sta affondando e i pellegrini che vi
sono sopra saltando sulla scialuppa di salvataggio, venendo meno ai suoi ideali e ai compiti
che si era prefissati. Tutti noi prima o poi saltiamo sulla scialuppa e passiamo il resto della

vita a rammaricarci di quello che abbiamo fatto nel tentativo di recuperare la verginit perduta.
Saru mo ki kara ochiru, dicono i giapponesi cio anche le scimmie cadono dagli alberi
(nessuno perfetto, diremmo noi), sul ring o fuori, non c niente di male a cadere, sbagliato
per rimanere a terra: la felicit pi grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi
dopo una caduta (forse il sacramento della confessione ha a che fare con questo sentimento).
Anche nel judo si spiegano le ukemi come un metodo di salvaguardia del corpo nel corso di
una caduta a terra: uke = ricevere, mi = corpo. Quindi per estensione sar: ricevere il corpo,
attutire l'impatto del corpo, proteggere il corpo dall'impatto con il suolo. Nell'aikido le ukemi
sono un poco diverse da quelle studiate nel judo, pi leggere. Nelle mae ukemi (cadute frontali
rotolate) non si rimane a terra ma ci si rialza e ci si rivolge verso tori, questo perch l'uso
marziale (la marzialit classicamente quella di contendenti armati) delle ukemi frontali

quello di trovare lo spazio-tempo per sfoderare la spada, quando ci si trova in una situazione
di svantaggio nel quale l'altro contendente ha gi sguainato la sua (ipse dixit).
Nella pratica vi inoltre una dimensione aerea nella quale le cadute si succedono
incessantemente, quasi come se avessimo le ali, con il procedere dell'et forse questo aspetto
si attenua un poco, ma il senso di leggerezza rimane.
Il compito dell'aikidoka non quello di vincere, ma di continuare a muoversi e cadere
serenamente. Nella caduta si acquistano forze per la risalita.

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18. La via della pace

A) Guerra e pace

Pur basandosi sulle tecniche di combattimento dei samurai nel Giappone feudale, laikido si
sviluppato in unarte di non-combattimento: come la meditazione, un modo virile di vivere
per le persone che ricercano la pace della mente e l'armonia nel mondo.

La pace non uno stato di quiescenza,

nell'attesa di una nuova guerra


come voleva Nietzsche il quale lodava solo la pace breve, ma al contrario una forma di
operosit, la migliore. Essa non pu essere solo la preparazione di una nuova guerra: equivoco
il motto latino si vis pacem para bellum; altrimenti ha ragione il poeta a lamentare:

La guerra cresce dalla loro pace

come il figlio dalla madre

Ha in faccia

i suoi lineamenti orridi (B. Brecht, Chi sta in alto dice: pace e guerra).

Ma la storia piena di nefandezze, anche quella attuale, non detto che sia lumen vitae, e
sembra che gli uomini si accaniscano a ripetere gli stessi errori sia individualmente che
purtroppo collettivamente. In un piccolo capolavoro scritto: Tutta questa storia, disse il
duca d'Auge al duca d'Auge, [] una miseria. Non si trover mai una via d'uscita? [] Non
c' gaudio in me che lei non dissecchi (Raymond Queneau, I fiori blu). Stufi delle umane sorti

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e progressive, viene voglia di chiudere tutto, non solo la tv, e di ritirarsi da qualche parte a

coltivare la terra, o pascolare mandrie su qualche monte, la scelta di Ueshiba durante la


seconda guerra mondiale, e il maestro Hosokawa: l'aikido una grande arte marziale, sono

felice di averle dedicato la vita, ma se non potessi pi praticare preferirei fare il contadino.

Nonostante tutte le polemiche (sacrosante) la giustificazione maggiore dell'Europa unita quella di avere evitato guerre tra i
paesi aderenti da oltre settantanni. Si pu obiettare che l'Europa diventato un paese vecchio, e questo anche a causa della
mancanza di guerre: la sola igiene del mondo come voleva quell'esaltato di Marinetti (ebbe per il coraggio di contestare le leggi
razziali), che aveva una concezione erotico-estetica della guerra e a sessantasei anni suonati segu l'Armir nella disastrosa
campagna di Russia, perdendovi una gamba per poi morire dei postumi, e non pago, dal letto di morte scriveva per i militi della X
Mas: Non vi grido arrivederci in Paradiso che lass vi toccherebbe ubbidire all'infinito amore purissimo di Dio mentre
voi ora smaniate dal desiderio di comandare un esercito di
ragionamenti e perci avanti autocarri.

Volendo forse imitare Omero che paragona il figlio di Priamo che scende tutto armato dalla rocca per lanciarsi alla battaglia, al
destriero ben pasciuto avvezzo a lavarsi nella bell'onda del fiume, che rotti i legami e alzando la testa superba con la criniera che
gli accarezza il dorso, esultando nella sua bellezza, corre per l'aperto campo verso le cavalle e ai pascoli noti, facendo risuonare
cogli zoccoli la terra (Iliade, VI).

Altri dicono che l'Europa una guerra la combatte verso sud dovendosi difendere da masse di
migranti (invecchiamento e immigrazione sono forse collegati). Eppure tutto questo poco,
niente, di fronte alle generazioni che diedero la loro vita per le giuste ragioni dei loro
governanti, sui campi della Somme o nelle steppe desolate del Don.

L'amore per la guerra pu prendere chiunque, Tolstoj (l'ispiratore di Gandhi) nella sua
esperienza a Sebastopoli nella guerra russo-turca, scrive al fratello: Ai tempi dell'antica
Grecia non vi fu pari eroismo... e non posso che ringraziare Dio di vivere in un tempo cos
glorioso. Ma dopo pochi anni si voter alla rigida morale cristiana di 'non resistere al male',
e nel corso della guerra col Giappone (alla quale partecip Ueshiba Morihei venendo
decorato, siamo nel 1904), tent di coinvolgere in una mediazione di pace i buddisti zen,
rimanendo stupito dal loro atteggiamento nazionalista e interventista, nonostante pretendessero
di propagare un insegnamento basato sul rispetto della vita. Soyen Shaku, maestro di Daisetz
Suzuki il divulgatore delle dottrine zen in occidente, fu assistente spirituale per l'armata
giapponese durante la guerra russo-giapponese tra il 1904 e il 1905, e alle richieste di Tolstoj
per unirsi a lui nel denunciare la guerra, rispose con un rifiuto, concludendo che "...qualche
volta, l'omicidio e la guerra diventano necessari per difendere i valori e l'armonia di un
popolo, una razza o una persona innocente". Dopo la guerra Shaku attribu la vittoria del

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Giappone alla cultura dei Samurai che ne aveva forgiato l'anima, e quindi indirettamente alla
sua stessa religione; l'idea che lo spirito vince sulla materia, il motto che illuse i giapponesi
quando scatenarono la guerra contro gli USA, pi o meno quello che scriveva D'Annunzio

(ammirato da Mishima) preparandosi alla marcia dei legionari per Ronchi, bench riferito al
suo corpo febbricitante: lo spirito domer la carne miserabile...

Non basta disprezzare la guerra, la febbre del denaro e i nazionalismi. Bisogna sostituire a
questi idoli un un altro credo, diceva Hesse, altri valori. In questo senso l'aikido pu essere
un'epica della pace.

La beat generation e successivamente il movimento degli hippies (miti della giovent di chi

scrive), influenzati anche dal pensiero orientale, tenta rono


questa trasformazione. L'influenza dell'Oriente evidente in Keruoac (I vagabondi del
dharma, ma anche in altre parti della sua opera), e in altri esponenti del movimento. Ma un
poco tutta la generazione del dopoguerra americano, quella della guerra di Corea e poi di
quella del Vietnam (58.272 morti e 303.644 feriti da parte USA, dati wikipedia), erano per
ovvi motivi contrari alle imprese belliche e appassionati di musica, marjuana e filosofia
orientale, e lo slogan Fate l'amore non fate la guerra, quello che meglio sintetizza il
tentativo di cambiamento di valori. In Italia, dove la letteratura schiava della moda (ma
questo dappertutto) e dell'accademia, una cultura che non ha mai attecchito, forse vale la

pena di citare la Pivano, l'amica di Hemingway le cui traduzioni dal verso lungo sono un dono
che condivide con l'altra allieva di Pavese, la Calzecchi Onesti dalle belle traduzioni

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omeriche. In Italia e in Europa la protesta giovanile si leg a motivi ideologici e questo fu

forse un limite, non comprendendo che forse i motivi di fondo erano antropologici: la richiesta
delle nuove generazioni di un posto che era occupato saldamente dagli anziani e dal quale si

sentivano esclusi.

Si pu dire che i 'figli dei fiori' fossero degli illusi, che combattessero contro i mulini a vento,
ma le generazioni successive non hanno saputo fare di meglio che adeguarsi alle idee
dominanti, aliene ad ogni critica e succube del pensiero unico. Non dare spazio ai giovani, alle
loro proteste anche radicali, non avere saputo accettare un grado di conflitto che senza essere
distruttivo, portasse per le generazioni a riflettere e a schierarsi, a credere in se stesse, una
delle cose che ha portato, secondo chi scrive, all'indebolimento della nazione italiana. Un
certo grado di conflittualit inevitabile nelle democrazie, il prezzo della libert, i paesi nei
quali non c' conflittualit valgono poco, quelli dove questa sfocia in violenza e guerra civile,
niente. Per valere qualcosa le democrazie devono essere sospese tra questi due estremi. Anche
qui la conflittualit dovrebbe essere incanalata verso scopi produttivi: l'aikido tenta questa
alchimia. Come la pietra filosofale degli alchimisti vorrebbe tramutare il piombo dell'odio

nell'oro dell'amore. Ma questa alchimia non sempre riesce, nemmeno sul tatami.

B) L'arte della guerra

Molto spesso si fa riferimento all'aikido utilizzando il termine arte marziale, cio un'arte della
guerra, un'applicazione a mani nude o con le armi dei testi classici di Sun Tzu (L'arte della
guerra) o di Miyamoto Musashi (Il libro dei cinque anelli); e il legame dato dall'energia
necessaria per affrontare una competizione nella quale si gioca la vita, dove l'alternativa non
vincere o perdere come in uno sport, ma vivere o morire come nell'ordalia. Quanta lucidit e
forza d'animo occorre per affrontare un combattimento del genere! Ma la stessa energia
andrebbe messa nelle cose della vita.

Alcuni vedono nella pratica di quest'arte una metafora di quanto avviene in altri ambiti, il
campo di battaglia in pratica quello che negli studi aziendali viene detto arena competitiva.
In effetti si pu ritenere che questa interpretazione abbia una sua validit. L'aikido prima della
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seconda guerra effettivamente era praticato come un'arte marziale, ma i praticanti erano
ufficiali: praticare era come imparare a dirigere altre persone (ipse dixit).

Altri ancora, in maniera pi raffinata, lo intendono come un'arte per la sopravvivenza,

un'attivit che pu essere utilizzata in frangenti complicati della vita, situazioni nelle quali le
probabilit di uscirne indenni sono basse, l'aikido serve ad aumentare queste probabilit. In
questo senso l'aikido un'arte vitalistica. Degli allievi dell'anteguerra non tutti fecero ritorno
in patria, ma quelli che tornarono raccontavano delle loro esperienze e dell'utilit della pratica
dell'aikido in situazioni estreme e di come grazie alla mentalit acquisita fossero riusciti
indenni da situazioni di grave pericolo: correre su un campo di battaglia non la stessa cosa
che correre nel chiuso di un dojo, questo pu avvenire solo se si forgia la mentalit.

Inoltre, seppure presente in tanti maestri una componente filosofico religiosa, l'aikido non deve
essere confuso con una religione. Pur avendo per gli occidentali di cultura cattolica tratti
similari al cristianesimo (e una componente di natura cristiana e sicuramente pacifista, era
presente nell'Omoto Kyo), non professa il porgi l'altra guancia. Questa certo una
encomiabile scelta personale, ma forse non la si pu imporre a tutti.

C) La non violenza (Ahimsa)

Secondo Aurobindo la non violenza gandhiana (la resistenza passiva deve e pu funzionare
mentre la forza non pu che essere sconfitta, Lettera di Gandhi a Tolstoj), ebbe successo in
India perch la controparte erano gli inglesi, ma avrebbe sortito scarsi risultati contro i nazisti.
Il riferimento di Sri Aurobindo ad un episodio della seconda guerra occorso in Polonia, nel
quale degli alunni delle elementari non omaggiarono il folle dittatore con dei fiori e per questo
fecero una brutta fine loro, le famiglie e gli insegnanti compresi (tante cose si possono
rimproverare ai nazisti ma non che non prendessero sul serio quello che facevano).

Scrive in una delle sue lettere Aurobindo: C una verit nell'Ahimsa (non violenza), c
anche una verit nella Distruzione... generalmente la non-violenza meglio della violenza,
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eppure qualche volta la violenza pu essere la cosa giusta.... Secondo Agostino (e questa sar

pi o meno la dottrina della Chiesa): Per i malvagi, fare la guerra una fortuna; per i buoni,
tuttavia, la guerra una necessit (De Civitade Dei). Personalmente sentirei di condividere la

posizione di Agostino, che sostanzialmente mi pare coincidere con quella di Aurobindo, ma in


questo (e in tante altre cose che non tratto) non vi sono consigli da dare: ognuno deve
approfondire le proprie convinzioni e scegliere da solo.

L 'aikido pur basandosi sulle tecniche e sulla mentalit di


combattimento dei samurai nel Giappone feudale, si sviluppato in unarte del non-
combattimento, e non diversamente dalla meditazione un modo di vivere per le persone che
perseguono la pace della mente e la pace nel mondo.

Quindi pi che un'arte marziale (bujutsu), termine esplicitamente rifiutato dal fondatore il
quale amava definire l'aikido come l'arte della pace, la possiamo chiamare un'arte vitale,
un'arte che lotta per la qualit della vita di ognuno, anzitutto di noi stessi e del mondo che ci

circonda.

D) Do e Jutsu

Jutsu significa tecnica, e i jutsu sono attivit finalizzate all'acquisizione delle tecniche,
mentre Do sta per via, metodo, principio strumento per; do apparentato con il
termine cinese tao. Studiare un jutsu rappresenta lapprendimento di una tecnica usata per
raggiungere un obiettivo, la cui finalit legata all'utilizzo della tecnica. Studiare un Do

rappresenta un percorso per trovare luomo che in noi. Un cammino che chiunque pu
intraprendere e che stato creato per essere seguito da tutti (Tamura). L'aikido un metodo di
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meditazione in movimento che non ha nulla a che fare con l'idea del confronto fra chi forte
chi debole, non serve a scoprire chi vince (Tada). L'aikijutsu per intenderci era uno dei
vecchi nomi dell'aikido.

Il maestro disse: s vero nell'anteguerra l'aikido veniva studiato come arte marziale, ma non
da marinai bens da ufficiali, persone che avevano la responsabilit della vita di altre persone.
Praticare l'aikido come imparare a dirigere una nave.

Alcuni ufficiali della marina militare giapponese erano nel novero degli allievi di Ueshiba, la
sua dimostrazione di lancia corta (yari) davanti al primo ministro Gonbei Yamamoto (zio e

padre adottivo di Isoroku Yamamoto il capo della marina militare giapponese durante la
seconda guerra mondiale) avvenne per merito di un suo allievo (ammiraglio Takeshita). Questi
contatti peraltro gli consentirono di non essere arrestato per la sua partecipazione alle
iniziative pacifiste promosse dalla comunit Omoto Kyo (come avvenne ad Onisaburo
Deguchi). Occorre ricordare che tra le finalit dellmoto Ky spiccavano il tentativo di
armonizzare le diverse tendenze religiose e la giustizia sociale, con un'attenzione
allagricoltura naturale e la pratica delle belle arti come strumento di elevazione spirituale (le
ceramiche di Deguchi, almeno quelle conservate, molte vennero distrutte dai militari, si
trovano nei principali musei giapponesi). Come noto Ueshiba non vide di buon'occhio
l'avventura militarista che port alla seconda guerra mondiale, il volontario esilio a Iwama
da collegarsi proprio a questo rifiuto morale.

Ciononostante non imped la partecipazione dei suoi allievi all'avventura bellica, n lo poteva,
in quanto molti erano ufficiali e di grado elevato, compreso il primo ministro durante la guerra
Tj Hideki, poi impiccato dagli americani nel 1948 (commovente la sua ultima lettera
indirizzata alla moglie: ma si sa, gli uomini quando stanno per morire cantano).

Ci sono molti modi di pensare a quello che l'Aikido.

Riporta il maestro Tada (La conferenza di Yachimata, 2004, http://www.aikidosangenkai.org/blog/aikido-


hiroshi-tada-yachimata): O-Sensei diceva "L'Aikido non la stessa cosa del Bujutsu - la competizione tra le

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persone, la lotta, questa et finita".

Nel corso della guerra i militari desideravano fare uso della mentalit che deriva dalla pratica dell'aikido.

Vedete, la maggior parte delle persone non hanno sconfitto nemmeno una sola persona sul campo di battaglia.
Tuttavia, ci sono stati alcuni casi eccezionali di imprese militari. Guardando le statistiche, quelli erano tutti
gli studenti di Morihei Ueshiba. Questo era dovuto all'uso della spada (mentalit) dell'Aiki. Naturalmente,

non alle tecniche Aiki.

Durante la guerra, ovviamente, i militari volevano fare dellAikido un uso militare.

Secondo quanto O-Sensei mi ha detto direttamente, in Showa anno 18 (1943) c'era una proposta per eliminare

tutti gli altri budo e diffondere solo l'aikido, dal momento che non c'era niente di pi utile nella lotta corpo a
corpo come l'aikido.

Comunque Ueshiba divenne furioso a sentire quella proposta.

Inconcepibile! Se fosse messa in pratica, tutti i giapponesi diventerebbero dei diavoli!


Originariamente (tagliare) uccidere una persona era un crimine grave. Noi stessi abbiamo dato inizio alla
guerra, dovremmo esserne addolorati. inconcepibile che lAikido possa diventare il miglior strumento per
uccidere! Lascio lAikido! disse, e si ritir a Iwama. Dopo questo, non ricominci a insegnare sino
allanno Showa 24 (1949). (Cfr. La conferenza di Yachimata). Pi volte Tada tornato su questo
fondamentale aspetto della storia dell'aikido nel corso delle sue lezioni.
Anche oggi occorre ribellarsi ad un mondo sottomesso ai trafficanti di armi che guadagnano con il sangue
degli uomini e delle donne.

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19 La memoria e il dialogo: Ishin denshin

Ishin denshin (da un'anima ad un'altra anima) il metodo tipico


dell'insegnamento zen, un modo che ha influenzato considerevolmente la tradizione giapponese e quella dei
diversi budo. Senza maestro lo zen non esiste, quello che conta solo l'insegnamento individuale, ad
personam, dalla guida, uno che sulla base di una successione ininterrotta (in sanscrito parampara), pu
vantare una discendenza spirituale diretta da una fonte primaria (la genealogia episcopale presumibilmente
risponde alla stessa logica). Maestro e discepolo sono legati come il magnete e il ferro. La trasmissione non
basata su forme preordinate, sulla parola scritta, essa punta direttamente al cuore di chi apprende per fargli
conoscere la sua natura originaria.

Forse la remora del maestro a mettere su carta il suo pensiero deriva da questo substrato culturale. Non
diversamente Platone nega piena validit a qualunque discorso scritto: solo la comunicazione diretta tra
maestro e allievo capace di innalzare l'anima dello studente verso la vera conoscenza, per cui solo la
parola viva l'unico mezzo in grado di penetrare nell'animo di chi ascolta. Verba volant (per gli antichi
superiori allo scripta manent), sono le parole alate di Omero in grado come frecce di infiggersi nell'animo
dell'ascoltatore: l'abilit oratoria di Pericle, le cui parole rimanevano come un pungiglione, un esempio
classico del genere. Ishin denshin la presenza, la capacit di penetrare intimamente nel dialogo interiore
dell'altro, emblematico il Vangelo di Luca: Seguimi. Ed egli lasciato tutto si alz e lo segu. Come potrebbe

altrimenti una sola parola fare abbandonare il proprio lavoro, le proprie abitudini e il mondo fino allora
vissuto?

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Theuth, il corrispondente egizio del dio Ermes, si presenta al faraone Thamus
magnificandogli l'utilit prodigiosa della sua ultima invenzione, la scrittura, capace di fissare in eterno le
conoscenze umane: Thamus, tuttavia, rifiuta il dono, sostenendo che la forma scritta in realt una falsa
sapienza, nemica della vera conoscenza, perch il discorso vero solo quello comunicato oralmente, capace
di incidersi nell'anima di chi ascolta, mentre la parola scritta rimane fissata in una perenne e muta immobilit.
Inoltre lo scritto fa in modo che l'uomo si affidi ad uno strumento esterno e non alla memoria, fonte di
conoscenza dir Aristotele: alcuni animali sono capaci di mantenere nella mente le esperienze, in altri
dall'esperienza non nasce nulla. En passant, per il maestro di color che sanno, l'arte quello che risulta da
tante esperienze simili che confrontate danno luogo ad una regola che vale non in assoluto (come la scienza),
ma nella maggior parte dei casi.
Questa scoperta infatti, per la mancanza di esercizio della memoria, produrr nell'anima di coloro che la impareranno la dimenticanza, perch
fidandosi della scrittura ricorderanno dal di fuori mediante caratteri estranei, non dal di dentro e da se stessi; perci tu hai scoperto il farmaco non
della memoria, ma del richiamare alla memoria. Solo l'apparenza e non la verit della sapienza tu procuri ai tuoi discepoli: ascoltando per tuo tramite
molte cose senza insegnamento, crederanno di conoscere molte cose, mentre per lo pi le ignorano, e la loro compagnia sar molesta, poich sono
divenuti portatori di opinione anzich sapienti. Platone, Fedro.

Il maestro disse: sono passati cinquant'anni da che ho lasciato Ueshiba, ma potrei ripetere ogni sua parola,
potrei parlare per un anno e ancora avrei da dire.

Gli esercizi del ki no renma, quelli di meditazione e di visualizzazione (mental training), hanno una forte
attinenza con gli esercizi di mnemotecnica (che tanto appassion Giordano Bruno) della tradizione
occidentale, e sono utili a rafforzare questa fondamentale qualit della mente umana. Come noto la Tecnica
dei loci e quella delle Imagines Agentes sono legate alla visualizzazione: Ben vide Simonide o chiunque ne
sia stato l'inventore che le impressioni trasmesse dai nostri sensi rimangono scolpite nelle nostre menti e che
di tutti i sensi il pi acuto quello della vista (Cicerone, De Oratore).
L'aikido un dialogo non verbale, una forma di comunicazione tacita di emozioni e di esperienze. Questa
intesa non verbale che si crea nella pratica una comunicazione silenziosa, apparentata alla tacitness degli

studi di organizzazione aziendale, si tratta pertanto di un fenomeno universale, anche se viene ritenuta tipico
della cultura giapponese. La pratica deve essere percepita come una relazione che si instaura con il cuore o

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dal ventre (simbolicamente dall'interno), con tutto il corpo, distinta dalla comunicazione manifesta attraverso

la faccia e la bocca (dall'esterno), considerata suscettibile di insincerit. Nell'esecuzione delle tecniche ci


accorgiamo subito che persona quella che sta praticando insieme a noi, ad esempio se vuole affermare se

stesso, se al di l delle professioni verbali, ha disponibilit nei nostri confronti, se insicuro, se ha subito
traumi e cos via.
Serve acquisire la capacit di ascolto degli altri e di noi stessi, solo cos riusciamo ad apprendere e a
migliorarci.
L'aikido non un modo per vincere o schiacciare gli altri, un dialogo che serve a correggere la discordia
nella nostra mente. I nemici da battere sono i diavoli nel nostro cuore. Un'arte che vuole armonizzare i viventi
sapendo che la vera vittoria (masakatsu) essere padroni di se stessi (agatsu). Per fare questo occorre avere
la sensibilit di cogliere l'attacco fin dal suo insorgere (katsuhayabi = una velocit che trascende lo spazio e
il tempo), senza produrre offese. L'ambizione di fondo quella di migliorare il mondo. Prima ancora che un
evento si verifichi vi sono dei campanelli che suonano nella nostra mente e ipotesi di soluzione si affacciano
spontaneamente.

La vera vittoria la vittoria su se stessi!

Mettiti in armonia con il cuore delle cose

E trova il diritto alla salvezza

Entro il tuo corpo e la tua anima! (M. Ueshiba, Doka).

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20 La ricerca dell'aiki

Il ki viene considerato una forma di energia spirituale, un'ispirazione sottile che pervade le

membra e la mente. Qualcosa che in circostanze molto particolari, si riesce a sentire. Forse
quello che inconsciamente molti praticanti desiderano sperimentare. Una buona ricerca.
Riuscire a sentire, a tratti, sia separazione che integrazione intima, identificazione a tutti gli
effetti, tra corpo e mente. Immediatamente comprendere una situazione e controllarla. Una
forma di esaltazione come navigare col vento in poppa.

Un'esperienza che per riuscire a cogliere richiede


anni di pratica. Pu, per la verit, capitare anche dopo qualche mese, ma non se ne ha una
perfetta consapevolezza.
Cercare questa dimensione, saperla riconoscere una volta trovata, richiede maturit.
Questa condizione mentale pu avere aspetti mutevoli. Occorre quasi parlarne per enigmi.
La parola Aiki pu assumere significati diversi (in sanscrito aiki sarebbe yoga prana). Molto interessante
considerare alla fine di questo scritto, il senso di Shinjin Aiki, che significa Forgiare una persona
illuminata attraverso l'aiki di Dio e dell'uomo. Questo sembra una forma di misticismo a portata di mano,
basta per imbroccare la strada giusta, vivere nella direzione giusta. Il superamento dell'umano e del
contingente, l'unione del divino e dell'umano, appartiene all'uomo di ogni epoca, ha appassionato la
riflessione filosofica (la dialettica tra infinito e finito di Hegel, il rapporto tra mondo delle idee e mondo

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delle cose di Platone e via elencando), quella religiosa (le due nature di Cristo), fino ai vani versi dei poeti.

Nel Mahkvya (grande Kavya), un genere di poesia epica indiana della letteratura classica sanscrita, ricorre
la ultracitata espressione Tat tvam asi, "Io sono Quello" (D'Annunzio la fa pronunciare a Sperelli nel

Piacere). Tat rappresenta ci che rimane immutato prima e dopo la creazione, e non ha nome n forma (lo
spirito nella sua essenza). Tvam si riferisce al complesso psicosomatico che ha nome e forma; dotato di
corpo, mente, intelletto ed appartiene al mondo fenomenico. La tripartizione del Bhagavad Gita (il testo
sacro degli Hindu) si basa sulla ricerca di questa identit: il karma yoga ha la natura del 'Tu', il bhakti yoga
ha la natura di 'Quello' e gli ultimi sei libri, detti asi-pada, trattano la ricerca dell'identit tra anima
individuale e Assoluto. La lettura dell'aforisma acquista maggior significato in collegamento con altri due
dello stesso universo culturale: Prajnam Brahma, "L'Assoluto la pi alta Sapienza"; e Aham Brahmasmi,
"Io sono il Brahman".
Si dice che il canto del Soham si leva quando siamo in sintonia con l'infinito e ascoltiamo la voce senza
suono dell'anima. Yat te rupam kalyatama tat te paymi yo 'sav [asau purusah] So'ham ASMI: La luce
che la tua forma pi bella, lo vedo. Io sono quello che Egli (Isha Upanishad). Suggestiva la traduzione
dell'ultima parte della frase che richiama il Io sono colui che (Ehyeh-Asher-Ehyeh, Esodo 3:14, ma anche

Giovanni 8, 58). Soham, o "Sono io", un'espressione comune alle varie Upanishad e ricorre nella letteratura
shivaita, e ha a che fare con le vibrazioni legate all'inspirazione e all'espirazione: soham, il riconoscere se
stessi, l'essere presenti, sentire la propria vibrazione, deve essere una costante nella pratica dell'aikido,
esercizi specifici che possono allenare questo sentimento sono quelli di respirazione, l'aum no kokyu e
l'overthone.
A volte per poter sperimentare questa condizione occorre abbandonare mente e corpo, perseguire la via del
distacco da tutto. Questa una particolarit che il misticismo occidentale condivide con le filosofie orientali.
Distacco significa perdere i legami, spostarsi in un'altra dimensione, lasciare le proprie aspirazioni, i
desideri, cosa che pu essere dolorosa, ma ci implica anche lasciare le proprie angosce, le paure, le
preoccupazioni: una forma di rigenerazione. Questo significa meditare sul vuoto, sul non essere, abbandonare
l'io senza paura, come lietamente addormentarsi e sognare. O forse entrare in un sonno senza sogni (il
transquarto).
Un giorno, mentre il maestro Yueshan Weiyan stava seduto (in zazen), un monaco gli domand: A cosa state
pensando (in quella postura) cos immobile?
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Il maestro rispose: Sto pensando di non stare pensando (fu shiry).

Il monaco domand: Come fate a pensare di non stare pensando?

Il maestro rispose: Non pensando (hi shiry). Eihei Dgen (1200-1253), Shbgenz - capitolo 12, "Zazen
shin").
Questo filone interpretativo dell'aikido consente di affacciarsi verso altri orizzonti, come la trattazione del

maestro del koan del suono di una mano sola, la vibrazione senza suono, il koan del maestro. Il vuoto il
suono di una mano sola, la risposta per certi versi una non risposta, perch si colloca seguendo un sentiero
laterale, in un campo del tutto differente. Il non essere pieno di essere.

Shugyo-sha (o Musha shugy) il cammino di elevazione del bushi, del


guerriero, questo anche il metodo di formazione dell'aikidoka, il suo bildungroman, per perseguire la via
gloriosa che consiste nel tenere sempre la mente brillante e chiara come il vasto cielo, il grande oceano, o la
montagna pi alta vuota di tutti i pensieri: pi o meno cos traduce un grande divulgatore di questa disciplina
(ma questa non vuole essere un'opera di filologia, scienza limitata e spesso pedante, per cui risparmio al
lettore la citazione). Sospettando che il cammino simile a quello della ricerca del Simurgh, dove come in un
cerchio magico il punto di arrivo coincide con il punto di partenza.

Per raggiungere questa meta, si dice che la migliore strategia si basa su risposte illimitate, come forgiare

diecimila spade da utilizzare per aprire la strada a decine di migliaia di principi vitali. Non c' augurio
migliore per chi si avventura sulla via.

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