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Metodi chimici per lo studio dell'interazione DNA-Proteine

Il vantaggio risiede nella possibilità di ottenere informazioni riguardo l'interazione DNA-Proteine


senza ricorrere all'utilizzo di tecniche come NMR e cristallografia ai raggi X, richiedenti entrambe
personale specializzato e strumentazioni costose.
Purtroppo queste metodiche alternative non hanno la potenza analitica delle due tecniche
precedentemente citate. Il più delle volte queste tecniche sono complementari all'uso dell'NMR o
della CRX,infatti sono tipicamente adoperate o a monte per uno studio preliminare o a valle per
convalidare il risultato prodotto dalle tecniche NMR e CRX.
Questi esperimenti prendono il nome di "DNA footprinting".Gli approcci possono essere di due tipi:
Protezione e Interferenza.
La protezione consiste nel trattare e incubare contemporaneamente due aliquote di dsDNA,
precedentemente marcato, con una sonda chimica e con la proteina di nostro interesse. L'aliquota di
dsDNA trattata immediatamente e solo con la sonda chimica verrà caricato in un gel analitico ad
alta risoluzione e rappresenterà il controllo.
Analogamente il dsDNA incubato con la proteina di nostro interesse sarà anche anch'esso poi
trattato con una sonda chimica.
Per comprendere al meglio il razionale della procedura è necessario definire "sonda chimica". Una
sonda chimica/reattivo chimico(N.B può essere anche un enzima) è qualsiasi molecola
organica/inorganica macro/micro molecolare in grado di determinare il cleveage del dsDNA.
L'analisi del gel ci permette di ottenere informazioni,utilizzando la prima lane come controllo, sulla
regione che è in contatto con la proteina di nostro interesse, che quindi risulterà inaccessibile alla
sonda chimica.
N.B vedremo in seguito che uno dei limiti del metodo di protezione consiste nella minore sensibilità
informativa rispetto alla metodica di interferenza.Non necessariamente le aree che dal gel risultano
protette sono effettivamente un'area di contatto chimico, potrebbero infatti risultare inaccessibili a
causa di un ingombro sterico.
Questo problema non è presente nel "footprinting d'interferenza"
Il "DNA footprinting d'interferenza" consiste semplicemente nell'invertire le fasi di incubazione e di
trattamento con la sonda chimica. L'obiettivo è valutare dove il trattamento con la sonda impedisce
il binding con la proteina. Costituiremo come al solito il controllo caricando il dsDNA marcato e
successivamente clivato con la sonda chimica nella prima lane. Contemporaneamente un'aliquota
del dsDNA marcato e trattato sarà incubato con la proteina di nostro interesse.
Questa volta, dato che la modifica indotta dalla sonda può essere cruciale nell'impedire il binding,
avremo due diversi casi: DNA non legato e DNA non legato. Separando queste due tipologie
attraverso una cromatografia di esclusione su gel e caricando il dsDNA sul gel,dopo averlo olivato,
potremo identificare alcune regioni di legame DNA proteina. Se osservate le ultime due lane del gel
noterete innazitutto che sono speculari, e che rispettivamente le regioni ad intensità più debole e
quelle più forti sono le aree in cui avviene interferenza.

Adesso appronfondiremo il discorso sulle sonde chimiche.


La DNasiI è una glicoproteina in grado di tagliare il dsDNA a livello di un solo filamento che
chiameremo target. Sebbene l'avessimo definito come proteina legante il dsDNA di classe I, cioè
proteina che lega a prescindere dalla sequenza, la DNasi ha una minore attività catalica a livello dei
solchi minori ricchi in A-T a causa di una distorsione che induce una strutturazione ibrida A/B e
verso il quale la DNasi è cataliticamente meno attiva (vi consiglio di vedervi questo concetto nella
lezione dove si parla proprio della DNasiI).
Questo rende tale sonda potenzialmente non del tutto aspecifica e quindi potenzialmente potrebbe
indurre a considerazioni errate circa l'analisi di un gel di footprinting.
A causa delle sue dimensioni inoltre può ampliare la regione che i dati ci indicheranno protetta (mi
riferisco a un footprinting di protezione), ma che sono dovute all'ingombro sterico della nostra
proteina e della sonda.
La esonucleasi III permette di risolvere il problema dell'utilizzo come sonda la DNasi (problema
riguardante i solchi minori ricchi in A-T), però ha il limite di dare informazioni solo riguardo le
estremità ale 3' (N.b la esonucleasi III va in direzione 3'--> 5')
Si preferiscono come sonde quelle di più piccole dimensioni data la possibile maggiore aspecificità
(indipendenza dalla sequenza) e maggiore aggressività nel determinare lo strand breakage.
Sonde di piccole dimensioni sono il complesso Metidiopropil EDTA FeII e quello fenantolina CuI.
Entrambi sfruttano la planarità di cicli aromatici fusi per intercalarsi e reagire chimicamente con il
DNA. In tutti i due casi sono previste la formazioni di radicali liberi che mi determinano il cleveage
del dsDNA dopo aver reagito con lo zucchero.
MPEII si ossida in presenza di H2O2 e forma il radicale idrossidico il quale induce lo strand
breakage.

Il complesso fenantolina rame I invece necessità di una iniziare ossidazione in CuIII da parte del
perossido di idrogeno attivandosi e determinando una serie di reazione che porteranno anch'esse al
taglio del DNA. N.B la professoressa non vuole che le impariamo,ma si accontenta se siamo in
grado di discutere la slide a lezione in particolar modo concentrandoci sulle prime reazioni) N.B vi
faccio anche notare come la reazione preveda in ultima istanza gli stessi intermedi visti nella
reattività del DNA del metodo di maxam e gilbert.
L'EDTA FeII ha il medesimo meccanismo del MPEII, ma non necessità dell'intercalazione;
intercalazione che potrebbe essere impedita da particolari elementi di disavvolgimento nel DNA.
Concluderei dicendo che il migliore è sicuramente il complesso EDTA FEII (considerazione mia).
Gli ultimi 3 reattivi sono i meno utilizzati.Il DEPC ha una debole attività di cleveage per il DNA di
tipo B, mentre questa attività si manifesta intensamente quando ci troviamo a trattare DNA
polimorfico di tipo Z. Il permanganato di potassio e il tetrossiodo di Osmio (entrambi ossidanti)
richiedono delle condizioni di reazione molto estreme che possono denatura il DNA, cosa
assolutamente da evitare sia qualora eseguissimo il footprinting per protezione. La professoressa
dice che quest'ultimi due non possone essere adoperati per quello d'interferenza.

Finora abbiamo visto due tipologie di sonde, quelle enzimatiche e quelle che prevedono la
formazione di radicali ossidrilici in grado di bersagliare lo zucchero.
Tratteremo adesso di due sonde specifiche per l'interazione con i fosfati: la etilnitrosourea e lo ione
uranilico. Entrambi con i meccanismi proposti nella slide determinano la scissione del legame
fosfodiestereo.
Per le basi azotate possiamo usare agenti metilanti del tipo DMS, quest'ultimo è in grado di metilare
N7 e N3 di Adenina e Guanina determinando come vedete in figura la modifica del pattern di
legame a livello del solco maggiore e del solco minore. Queste tipologie di sonde possono essere
adoperate sia per l'interferenza che per la protezione. Per portare l'esempio della protezione, il fatto
che N7 non venga metilato e successivamente scisso grazie all'azione della piperidina non dipende
necessariamente da un contatto diretto, ma dal possibile ingombro sterico.
(La prof ha ripetuto 3 volte questo concetto...fateci molta attenzione ;-) ).
Le reazioni successive che adoperano rispettivamente acido formico e idrazina (ricordate Maxam e
gilbert) per generare un sito apurinico e un sito apirimidinico ureidico possono essere adoperati per
evidenziare la presenza di contatti a livello del solco minore o maggiore per quelle tipologie di basi.
N.B se notate rispetto a maxam e gilbert non eseguiamo la seconda tappa cioè il trattamento con la
base piperidina che mi determina lo strand breakeage.
Tutte i reattivi/ sonde finora analizzate hanno il limite di non essere informativi per quanto rigurda
la Timina.

Se vi ricordate la coppia A-T nel pattern di legame del solco maggiore presenta un CH3
fondamentale per interazioni idrofobiche con a.a del tipo ala,val ecc... Per risolvere queste
problematiche è possibile introdurre un'ultima tecnica molto simile alla NAIM che fa utilizzo di
analoghi tiotrifosfatiribonucleotidi.
La differenza con la Naim e che non eseguire il saggio funzionale, ma sfrutteremo l'incidenza
dell'analogo di incidere sul legame della proteina determinando quindi Interferenza.
La procedura consiste quindi nel partire come al solito con un primer marcato radioattivamente (vi
ricordo come la DNA pol. necessiti un'estremità 3'OH libera). Successivamente si sfrutta un
filamento come stampo per sintetizzare il dsDNA inserendo grazie a polimerasi modificate
nucleotidi tiotrifosfato (se non ricordate il motivo per il quale si usano nucleotidi tiotrifosfato vedete
la lezione della NAIM). A quel punto, come nel caso del footprinting d'interferenza, da una parte
scindiamo il DNA per farlo correre e adoperarlo come controllo (Lane 1).
Analogamente prendiamo un'aliquota del dsDNA prima di scinderlo e lo incubiamo con la nostra
proteina d'interesse.Selezionando il dsDNA tra legato e non, scindendolo e infine separandolo
sfruttando la corsa elettroforetica avremo delle informazioni ben più dettagliate rispetto al
footprinting per interferenza.

La prof nell'ultima slide proposta al corso ci fa degli esempio tra gli analoghi nucleotidici riportati
nell'immagine successiva. Vale lo stesso discorso fatto per la tecnica NAIM e le interazioni deboli.

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