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Quando un bambino muore, la sua anima deve attraversare il fiume Sanzu; ma poiché il
bambino non ha potuto vivere sufficientemente a lungo per avere abbastanza buone
azioni, non può attraversare il fiume. Sulle rive, l’anima del bambino incontra Datsue-ba
che lo spoglia e gli consiglia di costruire un mucchio di ciottoli abbastanza elevato per
poter raggiungere il paradiso; ma prima che il mucchio sia abbastanza alto, Datsue-ba, con
l’aiuto di altri demoni, fa crollare il mucchio. Allora il monaco buddhista Jizō salva questa
anima nascondendola nel suo abito. Invece per le donne il peccato con maggiore peso si
basava sulla loro libertà sessuale: se il rapporto sessuale veniva consumato prima del
matrimonio, il passaggio del ponte non veniva nemmeno mostrato ad esse; mentre se
durante il matrimonio avevano tradito il marito, il guado era il loro destino (Sanae Fukufuji-
Chuko Shinsho, edizione del 1995). Il concetto del fiume Sanzu non è presente nel
buddhismo indiano, mentre si pensa che abbia avuto origine in Cina.
In Giappone questa tradizione diviene popolare a metà del periodo Heian (794-1185).
La differenza principale tra il fiume Gange (indiano) ed il fiume Sanzu (giapponese) è che il
fiume Sanzu non esiste geograficamente, è un fiume presente nella letteratura, nella
mitologia e nella religione giapponese, si identifica però con 3 località reali presenti in
Giappone (Prefettura di Miyagi-Abukuma, Prefettura di Aomori-Osorezan, Prefettura di
Chiba-Chonan), la località più classica dove viene situato è quella del monte Osore (三途),
una desolata e remota parte della prefettura di Aomori nel nord del Giappone, ma è anche
una località considerata tra le più sacre per i buddhisti giapponese, grazie al fatto di essere
una landa vulcanica, simbolo dell’ingresso per l’inferno. Ogni anno, dal 22 al 24 luglio, si
tiene il Bodaiji’s Festival, che attira molte persone nella speranza di comunicare con le
anime dei propri cari tramite una donna bendata, devota al buddhismo, considerata come
una semi-divinità, perché nata come “contenitore” di una divinità; l’accesso al monte viene
preso come una vera sfida dai giapponesi, che affrontano questo percorso come se fosse
una prova per esser degni di rincontrare i propri cari.
Il Gange nella storia ha una continua importanza religiosa, anche nel presente esso
continua ad essere una costante presenza per il popolo indiano, mentre il fiume Sanzu per
i giapponesi, nel corso degli anni ha perso sempre più importanza.
Anche se in Giappone l’idea di “fiume come confine” è un concetto universale, è proprio
questa divisione tra il mondo terreno e reale del Gange ed il terreno metafisico del Sanzu,
che cambia la visione della sacralità dei due fiumi. Mentre il Gange è sempre stato un
punto fermo per gli indiani, il Sanzu non avendo un punto di riferimento fisico per i
pellegrinaggi perde d’importanza con il passare degli anni agli occhi dei giapponesi.
Bibliografia:
• © Soka Gakkai.
• Ries Julien. Alla ricerca di Dio. La via dell'antropologia religiosa. 2009.
• Knecht Peter. Ise sankei mandara and the Image of the Pure Land, in Japanese
Journal of Religious Studies. 2006.
• Schumacher Mark. http://www.onmarkproductions.com/html/buddhism.shtml
Colosio Agnese, matricola 1037532.