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Colosio Agnese, matricola 1037532.

FIUME GANGE E FIUME SANZU A CONFRONTO.


Gange:
Il Gange, chiamato localmente Ganga (गंगा), è il fiume dell’India che ha preso prigioniero il
cuore degli indiani e ne ha attratto innumerevoli milioni alle sue rive fin dagli arbori della
storia. La storia del Gange, dai tempi antichi ai nuovi, è la stria della civiltà e della cultura
dell’India (Jawaharlal Nehru, 1942-1946). Nasce alle pendici dell’Himalaya, tra i ghiacciai
sacri a Shiva ed attraversa città sacre come Rishikesh e Haridwar.
Si crede che il Gange sia una personificazione della dea Ganga: figlia del dio della montagna
e sorella di Parvati, era talmente bella che gli dei decisero di non farla scendere sulla terra,
ma quando il re Bhagirata chiese a Brahma di far scendere le potenti acque purificatrici di
Ganga sulla terra, esso gli concesse il suo desiderio; il Gange scese così nel mondo (Rig-
Veda, 2200 a.C.).
Secondo gli indù il fiume Gange è sacro, c’è la convinzione che effettuando il bagno nel
fiume si possa ottenere il perdono dei peccati ed un aiuto per raggiungere la salvezza.
Molte persone compiono lunghi viaggi per immergere le ceneri della cremazione dei loro
famigliari defunti nelle acque del Gange, si crede che questa immersione possa far salire
l’anima del defunto al cielo. Gli induisti credono anche che la vita sia incompleta senza la
balneazione nel Gange almeno una volta nella vita; buona parte delle famiglie indù tiene
un flaconcino di acqua del Gange nella propria casa, in tal modo se qualche familiare sta
morendo sarà sempre in grado di bere la sua acqua; si crede inoltre che l’acqua possa
anche curare i malati. Le abluzioni mattutine e serali sono normalmente effettuate presso
alcune strutture dedicate e costituite da scalinate che terminano nel fiume, detto “ghats”.
Ogni sei anni i credenti nel Brahman si ritrovano alla confluenza del Gange con lo Yamuna
ed il Saraswati per celebrare la festa del Ardh Kumbh Mela, il cui culmine è rappresentato
con il bagno purificatore nelle acque del grande fiume sacro.
Sanzu:
Il fiume Sanzu (三途の川) è il confine che divide “questo mondo” dall’”altro mondo” (Akio
Tsukihon, 2007).
Si crede che i defunti debbano attraversare il fiume dopo la morte come via per ciò che c’è
dopo la morte, pagando un pedaggio (principio simile a quello dello Stige greco) di sei
monete appoggiate in un cesto durante il funerale accanto al morto.
Il fiume Sanzu è una tradizione buddhista giapponese. Tradizionalmente i defunti arrivano
al fiume il settimo giorno dopo la loro morte. Esso ha 3 passaggi: un ponte, un guado ed un
punto infestato solamente da serpenti marini. Il passaggio in uno dei tre dipende dal peso
dei peccati che si sono fatti vivendo. Sulla sponda un demone femminile, Datsue-ba, ed un
demone maschile, Keneō -rispettivamente moglie e marito- spogliano il defunto dei suoi
vestiti e li poggiano su il ramo di un albero; il peso degli abiti determina il peso dei loro
peccati. Coloro che si sono comportati bene nella loro vita attraversano il ponte; coloro le
cui azioni buone e cattive sono all’incirca uguali attraversano il guado, mentre coloro che
devono attraversare il punto infestato hanno commesso principalmente cattive azioni.
Colosio Agnese, matricola 1037532.

Quando un bambino muore, la sua anima deve attraversare il fiume Sanzu; ma poiché il
bambino non ha potuto vivere sufficientemente a lungo per avere abbastanza buone
azioni, non può attraversare il fiume. Sulle rive, l’anima del bambino incontra Datsue-ba
che lo spoglia e gli consiglia di costruire un mucchio di ciottoli abbastanza elevato per
poter raggiungere il paradiso; ma prima che il mucchio sia abbastanza alto, Datsue-ba, con
l’aiuto di altri demoni, fa crollare il mucchio. Allora il monaco buddhista Jizō salva questa
anima nascondendola nel suo abito. Invece per le donne il peccato con maggiore peso si
basava sulla loro libertà sessuale: se il rapporto sessuale veniva consumato prima del
matrimonio, il passaggio del ponte non veniva nemmeno mostrato ad esse; mentre se
durante il matrimonio avevano tradito il marito, il guado era il loro destino (Sanae Fukufuji-
Chuko Shinsho, edizione del 1995). Il concetto del fiume Sanzu non è presente nel
buddhismo indiano, mentre si pensa che abbia avuto origine in Cina.
In Giappone questa tradizione diviene popolare a metà del periodo Heian (794-1185).
La differenza principale tra il fiume Gange (indiano) ed il fiume Sanzu (giapponese) è che il
fiume Sanzu non esiste geograficamente, è un fiume presente nella letteratura, nella
mitologia e nella religione giapponese, si identifica però con 3 località reali presenti in
Giappone (Prefettura di Miyagi-Abukuma, Prefettura di Aomori-Osorezan, Prefettura di
Chiba-Chonan), la località più classica dove viene situato è quella del monte Osore (三途),
una desolata e remota parte della prefettura di Aomori nel nord del Giappone, ma è anche
una località considerata tra le più sacre per i buddhisti giapponese, grazie al fatto di essere
una landa vulcanica, simbolo dell’ingresso per l’inferno. Ogni anno, dal 22 al 24 luglio, si
tiene il Bodaiji’s Festival, che attira molte persone nella speranza di comunicare con le
anime dei propri cari tramite una donna bendata, devota al buddhismo, considerata come
una semi-divinità, perché nata come “contenitore” di una divinità; l’accesso al monte viene
preso come una vera sfida dai giapponesi, che affrontano questo percorso come se fosse
una prova per esser degni di rincontrare i propri cari.
Il Gange nella storia ha una continua importanza religiosa, anche nel presente esso
continua ad essere una costante presenza per il popolo indiano, mentre il fiume Sanzu per
i giapponesi, nel corso degli anni ha perso sempre più importanza.
Anche se in Giappone l’idea di “fiume come confine” è un concetto universale, è proprio
questa divisione tra il mondo terreno e reale del Gange ed il terreno metafisico del Sanzu,
che cambia la visione della sacralità dei due fiumi. Mentre il Gange è sempre stato un
punto fermo per gli indiani, il Sanzu non avendo un punto di riferimento fisico per i
pellegrinaggi perde d’importanza con il passare degli anni agli occhi dei giapponesi.
Bibliografia:
• © Soka Gakkai.
• Ries Julien. Alla ricerca di Dio. La via dell'antropologia religiosa. 2009.
• Knecht Peter. Ise sankei mandara and the Image of the Pure Land, in Japanese
Journal of Religious Studies. 2006.
• Schumacher Mark. http://www.onmarkproductions.com/html/buddhism.shtml
Colosio Agnese, matricola 1037532.

• Fackler, M. As Japan's mediums die, ancient tradition fades. 2009.


• Sato Hiroo. How Like a God: Deification in Japanese Religion. 2016. International
House of Japan editors.

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