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Tro libri pericolosi

'UWUcchi ll colpr

II libro rubato

Un quodro otlocenles(o: Iffil nu figurina esile dentro una grande macchia color porpora Il viso allungato secondo la moda
Paolo e troncescodi lngres I M g*ià, come gli occhi e il naso, è timidamente volto dall'altra parte rispetto all'amante, cui Ia
L9fl ritrosia della donna scopre così il collo. Su questo l'uomo, quasi inginocchiato al fianco di lei.
allunga un bacio con le labbra strette, anche queste timorose. Dietro, appena distinguibile sulla pare-
te coperta da una cupachiazza arabescata, lorse una tenda, emerge un'altra figura. In mano tiene
una spada. Così nel 1819 Ingres dipinge Paolo e Francesca sorpresi da Gianciotto mentre si baciano
(vedi la riproduzione del quadro in Vedere Dante, p. 542).la grande macchia di sangue dentro cui è
insuainata una smilza Francesca fa intuire ciò che a siento lo spettatore scorge sullo sfondo del qua-
dro. Gianciotto tra poco ucciderà i due. Labito di Francesca è già macchiato, per abbondanza, del san-
gue che sarà versato. In basso, perÒ, un altro oggetto atttral'attenzione. Il braccio destro di Francesca
è steso lungo il fianco e leggermente piegato al gomito, quasi un moto appena represso di dubbio e
di timore la tenesse in sospeso sul da farsi. Un dubbio increspa l'equilibrio decoroso del corpo, 1o sor- Giondt
prende sul punto di abbandonarsi all'amante. Il movimento abbozzato e trattenuto la rende ancora e
piu seducente. La mano ha le dita piegate, tranne l'indice che, appena sottratto all'uso della lettura.
sembra indicare in basso. Qui, unito alla donna da una immaginaria linea retta che termina negli
occhi di lei, il libro. Sospeso amezz'aria,le pagine aperte indicano la lettura appena interrotta. ll libro
cade: sembra scivolare fuori dal quadro, oggetto inessenziale, a questo punto, per lo svolgersi della
tragedia. Cade. Ma, per un attimo, rimane come bloccato dentro il quadro.
Boccscrio deleclive oltero Sulla scena del duplice delitto, l'adulterio e l'assassinio, apparirà ben presto un detective pietoso.
-'-10 ictino deldelltto Esamina la vicenda con occhi attenti, con scrupolo ricostruisce f intreccio, indica i nomi dei pro- !lr
tagonisti, fornisce un movente ai colpevoli. È però un detective interessato. Tutt'altro che estranec
alla vicenda, cerca, non visto, di alterare la scena del crimine. Vuole ricostruirla per sostenere una
sua tesi intorno al peccato, di questo si tratta di sicuro, della coppia. Quel detective è Boccaccio.
La scena del crimine è alterata in un particolare minuto: il libro, appena caduto di mano e per un
po' lasciato accanto ai corpi ancora caldi degli amanti uccisi, e raccolto e trafugato. Lintenzione
del detective è chiara: se il libro scompare, si dovrà cercare un'altra arma del delitto. Anzi, ci sarà
una sola arma, e questa sarà la spada di Gianciotto. Lalterazione è impercettibile: Gianciotto è
certo un assassino e il suo movente è chiaro: gelosia istigata dall'onore coniugale macchiatc.
Questo è pero solo uno dei due delitti. Rimane l'altro: l'amore lussurioso dei due cognati. Arrivar,
dopo Boccaccio, lidandoci del suo referto come faranno per secoli tutti i commentatori, non cer-
chiamo nessun'altra arma. Gianciotto spiega tutto: «sozzo» nella persona, forse sciancato, no.
poteva rivaleggiare col bel Paolo. Francesca, sposata con I'inganno, doveva per lorza cadere tra
le braccia del cognato. E alla fine, a sciogliere tutto l'intreccio, ecco Gianciotto e il suo «stocco- Inesiilih
Una banale storia di tradlmento coniugale, insomma. Ma questa non è la storia narrata da Danre
nel per

Una biblioteca
Froncesco, Paolo e Francesca sono gli unici a procedere in coppia. Gli altri lussuriosi travolti dalla nbufera infe:-
oppossionolo leflrice nal, ($Y 31) sono stati amanti celebri ma, a drfferenza dei cognati, qui sono solitari. Lunica copp::
è quella di Francesca e Paolo. Questi appare attaccato ottusamente alla donna. Non parla Paolc
Francesca sembra quasi portarselo dietro come una parte della pena. Non è però l'unico peso che s, r ryecd
trascina. Come i volumi che nelle biblioteche medievali erano incatenati con degli anelli di ferro a
leggio, sempre disponibili al lettore e fissi, Francesca si tira dietro una biblioteca selezionata di arg:-
mento amoroso. Non è solo una lettrice, ha mandato a memoria una piccola ma scelta biblioteca c::-

9B

É
E-
I,TIIURA D'AUT()RI CANTO V

colante. «Amore è un certo tipo di affezione che nasce dalla visione e da un pensiero smoderato,
ossessivo, (De amore, I 1): così Andrea Cappellano nel suo trattato amoroso. Andrea, insieme a
Guinizzelli e allo stesso Dante della Vita nuova, è citato da Francesca nelle terzine celeberrime della
triplice anafora. La donna ha sottomesso la ragione al ntalentou, ma cio non le impedisce di continua-
lI colpevole è Amore re a usare l'intelletto. Anzi, lo fa ossessivamente: «Amore...Amore...Amore, (lJV 100-6). Lossessione
è anche maliziosa: nelle parole della donna è Amore il soggetto della passione, non sono i due cogna-
ti. Dipingere Amore come lorza inarrestabile che, date certe circostanze (la nbella persona», il ncsl g.r-
tile»), non puÒ che scatenarsi, significa alleggerire la responsabilità degli uomini. Gli amanti per
Francesca sono stati vittime di Amore, al limite complici, non certo attori volontari di un'azione ille-
cita. In questa difesa posl mortem c'è forse un estremo tentativo di riabilitare la propria memoria di
adulteri; ma c'è soprattutto il persistere dell'inganno che già in vita li porto, lei e Paolo, al udoloroso
passo» (f V 114). Ormai dannati nel secondo cerchio, neppure adesso si rendono conto sino in fondo
della loro colpa. Lintelletto sregolato, sciupato dietro la bellezza dei corpi sensibili, sebbene manten-
ga l'apparenza del ragionamento chiaro e sillogistico è in realtà ottuso. Di piu, e meglio: f intelletto,
piu che essere spento del tutto, è pervertito dal desiderio carnale. Francesca, nel suo modo «perver-
so», è una donna che ha uintelletto d'amore, (Dante, Donne ch'avete intelletto d'amore, 1).

Storia del terzo, e di uno specchio


Gioncioiio per Donte Se quello narato da Dante fosse un volgare adulterio, Gianciotto avrebbe uno spazio maggiore nel-
e per Bo«otrio l'episodio. Invece neppure il nome, solo una perifrasi lo indica ("Caìna attende chi a vita ci spense,, f
V 107). Boccaccio, ansioso di cambiare la logica del delitto per modilicare l'imputazione, dà al marito
uno spazio ben maggiore nel suo commento. In Dante, al contrario, non c'è nessuna storia del terzo.
Il marito è scomparso. Ha ucciso i due amanti. Ma questa sua azione è a sua volta peccaminosa: tan-
t'è che egli stesso finirà in una zona infernale ancora piu bassa di quella dei due amanti. Gianciotto
non ha un vero ruolo nel caso degli amanti narrato da Dante. Paolo e Francesca sembrano una cop-
pia assoluta, primo uomo e prima donna a essere legati dal sentimento dell'amore-passione.
ll ruolo del libro Eppure, un terzo esiste. Non Gianciotto, troppo banale erozzo col suo stocco in mano e l'onore insoz-
zato da lavare, ma il libro che i cognati tengono in mano. [a storia di Lancillotto e Ginevra si intromet-
te tra i due e permette loro di riconoscersi in quanto amanti. Funziona come uno specchio. Sulla su-
perficie liscia e aflascinante del romanzo, essi leggono la celebre scena del bacio tra Lancillotto e la mo-
glie di Artu. In realtà non si ratta di una prolezia che anticipa il bacio dei cognati, ma di un rispecchia-
mento e di un invito. Paolo e Francesca si riconoscono in Lancillotto e Ginevra, e il libro li lusinga a
completare la somiglianza con l'azione. 11 libro, tuttavia, non scompare nel punto in cui i due interrom-
pono la lettura. Proprio in quel momento esso fagocita la realtà, e Paolo e Francesca diventano i due
personaggi del romanzo che leggono. Vogliono essere come Ginevra e Lancillotto: olasciano cadere il li-
bro, ormai già sanno / che sono i personaggi del libro,, dice Borges (lnferno V 129). Lintelligenza raffi-
natissima del lettore Borges, abituato ad aggirarsi nel mondo come in una infinita biblioteca, non si la-
scia sluggire l'eccezionalità della scena. I1 rispecchiamento conduce Paolo e Francesca a una doppia
trasformazione. Non solo diventano Ginevra e Lancillotto, si traslormano in specchio l'uno per l'altro.
lirreshtibile hnlozione All'inizio della storia dell'umanità, un altro specchio era sià apparso per precipitare nella colpa un
di sperchioni uomo e una donna. Il serpente soffia netle orecchie di Eva parole seducenti. Promette la somi-
nel pe«olo originole glianza con Dio per chi mangerà il frutto dell'albero proibito. La similitudine promessa dal ser-
pente, «Sarete come dei" (Genesi,3. 5), guizza di fronte agli occhi di Eva come l'immagine su uno
specchio incantatorio. La volontà di essere come Dio, di larsi simile al lattore attraverso la super-
bia e la tracotanza, rovescia la giusta somiglianza della creatura. Chi era stato già creato a imma-
gine e somighanza di Dio, come Adamo e quindi Eva, diventa un peccatore quando oltrepassa i
limiti della legittima affinità per farsi piu che simile: identico. Nelle parole del serpente si nascon-
Jho: specrhio e serpenle de la seduzione di uno specchio superbo. Il libro dl Paolo e Francesca è uno specchio, e pure un
serpente: seduce i due cognati con la promessa dell'identità con i nobili eroi dei romanzi caval-
lereschi. Non solo, I'identità promessa è anche di un altro tipo, lorse ancora piu pericoloso. Lo
cAilT0 v IIIIURA D'AUIOII

specchio romanzesco permette agli amanti di riconoscersi in quanto tali e conduce l'uomo e la
donna a scambiare l'altro, I'amato, per il proprio Dio. Nella solitudine della scena di tettura GNo:
leggiavamo un giorno per diletto lt ) lsoli eravamo,,lJV 127-9) si nasconde il vlzio dell'amore
narcisistico. Paolo e Francesca diventano, tramite la lettura, idolo, l'uno e l'altro, agli occhi del-
l'amante. Nulla esiste al di fuori della coppia per chi si è perso nell'immagine incantata dell'amo-
re lussurioso. oSarete come dein, l'uno per l'altro - avrebbe potuto aggiungere il viaggiatore pie-
toso che osserva con inquietudine la condizione dei due dannati.
ll significolo Il procedere in coppia diventa emblema del patologico rispecchiarsi in se stessi. Lanima che ha
del procedere in coppio dimenticato la vera somiglianza, quella con Dio, diventa lo specchio che per l'eternità riflette l'im-
magine, cioè il ricordo, del proprio errore. Si entra così, quasi senza che il lettore se ne accorga, ne.
territorio del giovane solitario, nella regione dell'amore narcisistico, di quell'«error [ ..] / ch'accese
amor tra l'omo e'l fonte, (Pd lll 18). Il peccato di Narciso attecchisce ovunque al vero amore pe:
Dio si sostituisca l'amore perverso che scambi la creatura per il creatore. La smisurata cecità del uma*
perverso» svela così la sua radice segreta. fare della creatura terrena un idolo che sostituisce il verc
Dio. Dietro Narciso si nasconde I'enigma del fascino incantatorio dell'identico. Narciso rivela una
verità che l'andare in coppia dei due cognati apparentemente confaddice. ciascuno dei due, come
uno specchio, rimanda all'altro la propria immagine e la verità del suo peccato, ossia avere fatto d:
una creatura un idolo. Quale maggior dolore che ricordarsi del tempo lelice nella miseria, dice
Francesca. Come puo realizzarsi questa misura della pena se non attraverso la visione del volto d:
Paolo, che le rimanda per l'eternità l'immagine del suo amore perverso? E, come in uno specchio.
anche Paolo si riconosce nel viso di Francesca, vi legge impressa la memoria incancellabile del lorc
[o coppio come condonno peccato. Quale strazio maggiore, quale pena piu atroce è possibile immaginare per questi due da'n'
nati? Landare in coppia, quindi, non è affatto una concessione di Dante agli ideali dell'amor corte-
se. La coppia è strumento della pena e sua parte essenziale. Landare insieme rivela il motivo pro-
fondo di quella perversione: fare di una creatura terrena l'oggetto di un amore supremo ed esclusi-
vo. Ancora Borges: «Hanno scoperto l'unico tesoro; / hanno incontrato l'altro. / Non tradisconc
Malatesta i perché il tradimento richiede un terzo / ed esistono solo loro due al mondo,.
ll libro è uno spe«hio Eppure, per Dante un terzo esiste, ed è ii vero protagonista del peccato: il libro. ll romanzo caval-
leresco è oggetto di emulazione, di desiderio, di passione. La lettura produce un efletto simile a
quello che, secondo gli stilnovisti, produce la vista della persona amata: i lettori impallidiscono.
sospirano, sembrano sul punto di venire meno, vinti dalla violenza con cui il desiderio si riversa
fuori dalle pagine. È un libro, quello di Lancillotto, letto come uno specchio che rimanda ai due
lettori l'immagine del loro io denudato. Uno specchio che rivela, ma che puo anche inghiottire
colui che vi lissa lo sguardo troppo a lungo e non riesce piu ad uscirne. Come in un labirinto.

La lussuria, smodato abbandonarsi alla passione, sembra eifetto di una lettura sregolara. Non è la
cattiva letteratura a perdere il letrore. Al contrario, cattivo lettore, come Paolo e Francesca, è ch:
non riesce a redimere la cattiva letteratura. Se inlatti il peccato dipendesse dalle scelte letterarie
dei cognati, si replicherebbe I'alibi della donna. come nessuno puo resistere allalorza naturale dt
amore, allo stesso modo è impossibile per il lettore sottrarsi al cattivo esempio suggerito dal testo
Nessuno dei due avverte l'errore del sillogismo, sbagliano insieme nell'interpretare male il tesrc
che leggono. Anche in questo caso i due amanti dimostrano di essere diventati una sola anima.
Francesca coniuga iverbi e accorda ipronomi dell'azione adulterina sempre al plurale. Una cop-
pia indivisibile, anche grammaticalmente: uleggiavamo,, «eravamo», uci sospinse», «566le1s6sl», «6,
vinse», oleggemmo,, «non vi leggemmo, (vv. 127-138).
La prima persona plurale non segnala soltanto la complicità, indica pure l'inizio della tragedia, la
«prima radice, del male (v. 124): chiudersi in un amore assoluto, plurale e allo stesso tempo soli-
tario, che esclude tutto il resto della società umana. Ed esclude soprattutto il sommo bene, Dio.
Il plurale ossessivo di Francesca, così come il muto singhiozzo di Paoto che lo completa, sono indi-

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TIIURA D'AUTORI TANTO V

zi chiari di idolatria amorosa. I vizi della superbia e dell'idolatria narcisistica sono entrambi pre-
senti nel peccato di lussuria. Langoscia nasce dal sapere che insieme alla speranza di salvezza è
negata la speranza dell'oblio. Limmagine dell'amante, idolatrata in vita, adesso è diventata una
parte della pena perché e impossibile dimenticarla.
Ihnle rifiuto lo spe«hio All'angoscia dei due amanti corrisponde la pietà di Dante. Duplice: prima sincera partecipazione
affettiva, interesse misto ad attrazrone, poi profonda immedesimazione intellettuale e turbamen-
to fisico. Dante non viene meno per commozione, ma per reale compassione: patisce insieme a
Francesca perché in lei apprende un destino che egli stesso avrebbe potuto percorrere. Il venire
meno è certo I'effetto del turbamento profondo, ma è anche il gesto con cui il pellegrino si sot-
trae alla visione fascinosa dello specchìo oflerto dai due cognati. Specchio in cui si riconosce a
lunghi tratti, ma al quale infine si sottrae (,caddi come corpo morto cade,, v. 142). La morte sim-
bolica sottrae il pellegrino al riflesso incantatore dello specchio. Il venir meno è la mossa estre-
ma con cui Dante sì congeda per sempre dallo specchio ingannevole dell'amore letterario-corte-
se. La pietà e la morte, quindi, non sono segni di patetica immedesimazione, ma al contrario con-
cludono il coinvolgimento di Dante nella storia dei due cognati con un riliuto: l'allontanamento
dello specchio ammaliante rappresentato dall'amore di Paolo e Francesca.

- Il libro camuffato
Troppo evidente Quasi alla metà dell'Ottocento, nel 1844, Edgar Allan Poe racconta la storia di un ladro originale. Un
per essere vislo importante uomo politico si prende astutamente gioco della polizia. Nasconde una lettera preziosa,
rubata ad un membro della famiglia reale, dove nessuno andrebbe mai a cercarla. Tranne Auguste
Dupin, un eccentrico parigino che pratica f investigazione per distrarsi. [a lettera, non vista da nes-
suno perché troppo evidente, è semplicemente riposta in un logoro portacarte appeso sul camino
' dello studio del ministro. Sotto gli occhi di chiunque. La lettera è così visibile che acceca gli investi-
gatori. Chi immagina che sia nascosta in un luogo misterioso, è cieco di ironte all'evidenza. La refur-
tiva, prima sottratta e poi esibita, diventa invisibile proprio perché troppo visibite.
Boccoccio depistolore Torniamo per 1'ultima volta sulla scena del delitto. 11 detective sta per sottrarre il libro e trasfor-
' marsi in un ladro. Boccaccio nel suo commento al quinto canto dell'lnJerno (Esposizioni soprala
Commedia di Dante) non è solo un investigatore, ma anche un depistatore. Si comporta come un
ladro, un trafugatore di reliquie. Con un piano in testa. Dopo aver latto sparire il volume caduto
dalle mani di Francesca, lo espone in belta vista nel suo Decameron. Sotto gli occhi di tutti i letto-
ri, nel Proemio: «Comincia il libro chiamato Decameron cognominato prencipe Galeotto,. Galeotto
è il cognome del Decameron. Ma era stata proprio Francesca a dare al romanzo (nGaleotto lu il
libro, e chi lo scrisse,, Uv 137) il nome del personassio che nella storia di tancillotto e Ginevra
laceva da mezzano tra i due. Galeotto, appunio. Boccaccio ripulisce la scena del delitto, la altera,
trafuga I'arma. Ìl risultato di questo geniale inquinatore di prove sarà una modilica dell'imputa-
zione. da amore-passione, istigato dalla letteratura erotico-cortese, ad adulterio lussurioso. La
modifica è una diminuzione di colpa, non certo di pena: Paolo e Francesca non sono riscattati dal
[olefieloturolsico commentatore, rimangono dannati in quanto «peccotorcarnali, Qf V 38). Eppure, aguardare piu
e mondono si solvo attentamente, il lettore avverte un vuoto, qualcosa manca. Qualcuno si è salvato net passaggio dal
nel Decaneron quinto canto al commento di Boccaccio. È it libro. Salvato pietosamente dalladro-detective, ricom-
pare beffardo nel nome del Decameron: il principe Galeotto. Come il ladro di Poe, Boccaccio sot-
trae e cancella le tracce, ruba ed esibisce il furto camuffandolo nel biglietto da visita del suo capo-
lavoro: il titolo. Col cognome «Galeotto» è salvo il valore positivamente mezzano della letteratura
laica e mondana, soprattutto amorosa, che confluisce, insieme ad altri fiumi e generi, nella com-
media umana de| Decameron.
ll prezzo fu però alto: alterare le prove, forzare il testo di Dante. Paolo e Francesca, in Boccaccio,
sono due amanti qualsiasi, sebbene appartengano alla stirpe ambiguamente nobile degli amanti
letterari e siano stati protagonisti di una tragica vicenda passionale. Sono diventati due volgari
adulteri.
il. PUÌ{T0 oil

ls letturo d

Do che porte sto Donte?

llunicilù dell'ephodio Nonostante rlY dell'lnJerno sia un canto con plu di un punto controverso - il termine «ruina, al ',
di Froncesco 54 e soprattutto le espressloni n'l modo ancor m'offende, (v. 102) e "quel giorno piu non vi leggen--
mo avante» (v l3B), su cui potremmo allrontare un ampro riepilogo delle posizioni critiche pr-.
celebri e contesrate - preferiamo spostare la nostra attenzione su un dibattito ben maggiore :
vasto che tnveste il cruciale inconiro del poeta con Francesca da Rimini. A rutti i lettori, infatti. =
sempre suonato partrcolare il modo umanrssimo con cui Dante ritrae Francesca, e il fatto che s
tratti del primo incontro con una singola anima, la prima in tutto il poema, non basta a spiegar=
l'atmosfera sraordinaria dell'episodio che si chiude addirittura con 1o svenimento di Dante. No:-
basta a spiegarla nemmeno Ìl latto che Francesca sia il prìmo dannato a prendere la parola pe: Lo pie

Donle ilspetto o Froncesro narrare la propria vicenda o che nel suo racconto vi sia 1'unico vero baclo di tutta l'opera dantesc;. secondr
Nessun elemento è sufiiciente, da solo, a chiarire il complesso modo attraverso cui Dante ci pre-
senta Francesca e il suo peccato: il poeta condanna la sua interlocutflce? La assolve? La pon:
all'lnlerno ma vorrebbe salvarla? Ogni lettore ha interpretato e interpreta questa indubbia viclnar-
za, questa indubbia compassione (nel senso etimologico del termine di «palire insiemeo) adallar-'
dola al proprio sentire, spesso scordando il punto fondamentale, e cioè che la sensibilità (in part.'
colare quella amorosa) è in continuo mutamento, di epoca in epoca. ner romantici o per alcuni .
noi Francesca, eroina innamorata, suscita una tale pena con rl suo peccato (un peccato d'amor:
un amore tanto grande che non si spegne neppure all'lnferno) che vorremmo salvarla seduta sta:.
te, proiettando nel poema una sensibilità che è del tutto estranea a Dante e al suo tempo. Purodi
[o posizione di Donle Per il poeta non vl sono in realta dubbi: Francesca e una peccatrice e chi pecca è condannatc
rispeto ol peccolo senza indulgenze. E fino alla tarda età moderna - dunque fino a quando la rivoluzione cominci.-
ta con i1 pensiero scientifico, fluita in quello illuministico e poi deflagrata in erà romantica, no:-
ha sbalestrato quest'inattaccabile certezza della condanna del peccatore - i lettori di Dante, p,-.:
colpiti dalla scena dei due cognatl, non mettevano in dubbio il senso della condanna stessa, ch.
è stato invece contestato (fino a una totale reinterpretazione) proprio a partire dall'Ottoceni- [o posizio
quando la condanna di Francesca ha inlziato a sembrare quasi inesplicabile. Tanto che alcu:
commentatori hanno pensato di assolvere la dannata e di far questo con il beneplacito di Dant.

lkh: Dantr
r tendenzr
Iinlerprelozione Il dramma appassionato di Francesca e la pietà da lei suscitata nel poeta hanno entusiasmato la cr..
romonlico di Foscolo tica romantica d'Ìnizio Ottocento, inaugurando una lettura deli'episodio che, parrita da Foscolc
(1825), ha poi dettato legge per quasi un secolo. tutti gli elementi della vicenda (amore, morte, ribe .
lione, compassione) sono, a ben guardare, perletti per suscitare la totale adesione dei romantic L
Lo compossione Scriveva Foscoio: "la colpa di Francesca è purilicata dall'ardore della passione e la verecondia abbe -
Donte
di Donle secondo Foscolo lisce la confesslone della libidine,; egli, quindi, pur condannandola, ne fa una figuraidealizzata cl-.
riscatta attraverso una descrizione della vicenda e dei modi della protagonista tutia tesa a esaltarr.
la dignità elagrazia, mentre il giudizio morale sul peccato è come sospeso, travolto dalla compa..
timifi dell'inlerpretozione sione (nunica musa, dell'episodio). Così Francesca, nel corso deil'Ottocento, è diventata il simbc ,
romonlico dell'eroina d'amore, quasi trascurando il fatto che Dante l'avesse posta all'inferno, o interpretan.-..

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,It() DETIA CRITICA CAN'IO V

questa sceita alla luce della completa compartecipazione del poeta al dramma della peccatrice come
una sottintesa ribellione dell'uomo Dante ner confronti dell'ordine e del volere dtvino
rHturo di De Ssndis La piu nota lettura ottocenlesca di Francesca è perÒ quella che ne ha dato De Sanctis (1869), il piu
grande critÌco letrerario del XIX secolo. il quale parte da1la posizione di Foscolo per sconfessarla. ii
suo inlento tuttavia non e quello di negare le qualità di Francesca quanto dì sotrolinearne 1'eccezio-
nale umanirà iino ad affermare che Francesca "è 1'unica donna vrva della Commedrd,. So6;"r*undor,
sul1'lnlerno .degl'incontanenti e dei violenti, De Sanctis scrive: nè i1 regno delle grandi figure poetiche
... forze colossali, la energia delia passione e la serenità del lato. Qui è Francesca eternamente unita
al suo Paolo... Su questo londo tragico s'innalza la libera persona umana e vi si spiega in tutta la ric-
chezza deÌle sue facoltà. Qui usciamo dalle asirattezze mistrche e scolastiche, e prendiamo possesso
della realtà. La donna non è piu Beaffice, lluttuante ancora tra l'idea e la realtà; qui acquista caratte-
re, storia, passioni, una ricca e vivace personalità, è Francesca da Riminr, la prima donna del mondo
moderno. . . è il mondo della grande poesia, del1a epopea, de)1a tragedia,. Dunque per il critico
"Francesca non e i1 divino, ma l'umano e iÌ terrestre. essere fragile. appassionato, capace di colpa e
colpevoie, percro e in tale situazrone che tutte le sue facoltà sono messe rn movimento, con profon-
dl contrasti che generano irresistibili emozionÌ. E questo è 1a vita. La poesia del personaggio consiste
nel1a sua inutile resjstenza alla lorza delia passione 1a squisrta delicatezza de' sentimenti. poniamo
anche colpevole. questa donna sentiamo che la parte di noi,. Dante, invece, "e I'uomo vivo nel regno
de' morti, che porta colà un cuore d'uomo e rende prolondamente umana Ia poesÌa del soprauma-
[o pietù di Donte no,. Da questo contrasto tra umano e sopraumano (e, piu precisamente, dal prevalere dell'umano)
setondo De Sonctis nascerebbe 1a "pietà, del poeta verso idannati. De Sancris e, rnlartj, ii primo a pariare di contrasto lra
Dante teologo e Dante poeta, a tpotizzare una lrattura ira cio che Danre teologo sa essere moralmen-
te leciro e cio che Dante poeta non riesce a negare (cioe il fascino ammaÌranre dr quest'anima che
ama anche all'lnlerno). E questa una dicoromja che ha. per lungo tempo, impegnato la critica rrovan-
do larghi consensj fino agli anni Venti del Novecento, ed è stata poj ripresa, con attenuazroni e modu-
lazroni, da un grande critico dantesco del XX secolo, Natalino Sapegno.

Porodi e Sopegno Fra quei commentatori che non scordano mai la profonda aderenza di Danre al detrato divino (e
quindi la radicaÌe condanna di Francesca come di tutij j dannatl) troviamo, nel 1921, Ernesto
Parodi per i1 quale Francesca -e una creatura parziale e violenta" di cui Dante .non dimentica la
e la sua pietà non è rivolta al caso particoiare ma alla triste condizione dell'uomo,.
colpa
Nettissima è la posizione di Momi§liano, secondo cui nl'eccessiva enlasi di Francesca, è stntomo
della "condanna impiicita da parte dr Dante,.
[o posizione di ftoce Pru sfumala e interlocutoria la posizione di Benedetio Croce. che, nel 1921, scrive. "Dante, come
teologo. come credente, come uomo eiico, condanna quei peccatori; ma sentimentalmente non
condanna e non assolve, si senre interessato. turbato. gli occhi si gonliano di Ìagrime, e infine
vien meno dalla commozione
blrich: Donte rondonno Una precrsa puntualizzaztone e queÌla fatta da Hugo Friedrich nel 1 942 che, negando ogni inter-
r tendenzo ol peccolo prerazione ottocentesca, ha riportato l'attenzione su un aspetio precipuo, cioe quello secondo cui
Dante legge in Francesca il rischio da lui stesso corso. Scrive Friedrich: «la pietà di Dante non va
conlusa con il sentrmento irrazionale e lilantropico dei moderni... e inseparabile dalla meditazio-
ne dolorosa del poeta suli'ambiguità del sentrmento amoroso e dalla coscienza dell'errore altrui
Logercronlz: ma anche del proprio errore giovanile'. Un'ukeilore riflessione di questo aspetto e in Olol
Donle s'idenlifico Lagercrantz (1966) che ha evidenziato come Francesca e Paolo rnon sono unicamente le imma-
gini rilÌesse dei due amanti del ciclo di Artu, Lancillotto e Ginevra Essi si conligurano anche come
contrapposti alla coppia di amanti per eccelienza della Commedia. Beatrice e Dante... Se qui egli
appare cosi lurbato di lronte a Francesca è perché riconosce se stesso e la propria vita. Anch'egli
avrebbe potuto abbandonarsj alla sua passrone e lascrare che essa deierminasse il suo luturo
Anch'eglì avrebbe potuto ora essere all'rnierno, unjto nella morte eterna con una creatura in
A
t9
Ir PUNT0 Dfl],À O

grado di offrire solianto una felicità immatura. Egli scelse invece di amare una donna or- r
morta, che dal cielo lo suidasse nella stesura del grande lavoro,.
E spingendosi oltre su questa linea, nello stesso anno di Friedrich, Bruno Nardi ha osservato c:.
l'episodio di Paolo e Francesca rappresenta il giudizio piu severo che Dante abbia mai dato su, ,
stilnovo: uCol sentimento della pietà contrasta la nuova coscienza morale e cristiana di Danr.
quale pur compassionando i due amanti, li danna,.
Sopegno: Donle è turbolo Sulla condanna di Francesca come condanna dello stilnovo ha riflettuto anche Natalino Sapegno. E.
mo convinlo dello ha osservato che Francesca si sforza di spiegare e giustiiicare la sua colpa «sottraendo l'impulso prir _

rolpevolezzo di troncesco del peccato ad una precisa responsabilità individuale, per trasferirlo sul piano di una forza trascende:-
te e irresistibile: Amore,. I-episodio dei due cognati e per il critico nil primo grande esempio della pc=-
sia maggiore, di Dante, di quella poesia cioè che nasce da una situazione complessa, mentre l'atte.-
giamento del poeta rispetto alla coppia «rìoh è da intendere nel senso di compassione, simpatia (c--
me nelle interpretazioni che di questo canto famoso diedero già... il Foscolo e il De Sanctis, seguiti c:
molti fra i commentatori moderni); bensi nel senso di turbamento, che nasce dalla considerazione de.-
le terribili conseguenze del peccato. E s'intende che, trattandosi qui di una colpa che ha la sua prin,.
origine in un sentimento naluralissimo, ed esaltato per giunta da una lunga tradizione poetica (che r:-
sale ad Ovidio e si distende per inliniti rami nella letteratura medievale, lino allo "stil nuovo"), e trc-
vandosi tra questi peccatori molti personaggi celebrati dalla poesia e aureolati dalla leggenda, il turba-
mento implica anche una sfumatura di soflerenza e di segreta tormentosa inquietudine, che non corr.-
porta comunque mai da parte di Dante un atteggiamento di adesione e di compartecipazione e no.
attenua in nessun modo la recisa condanna moraler. Danle non assolve affatto Francesca, anzi nil Sen-
so totale dell'episodio non puÒ esaurirsi nella illustrazione dello stato d'animo di questo o quello degl,
attori che vi parlecipano, non nella passione di Francesca e neppure soltanto nella perplessità del per-
sonaggio Dante, ma s'illumina appunto, drammaticamente, in quell'incontro di un'anima vinta da.
peccato con un'anima che anela a vincere le condizioni del peccato, e nel giudizio etico, sottinteso eG
implicito, ma sempre presente, del Dante poeta che crea i suoi personaggi e sta al di sopra di essi-.
(oretli: pielù Secondo Lanfranco Caretti (1951) -è evidente che il poeta, nello stesso tempo in cui non ha cedu-
per froncesco, donnolo to al ragionamento insidioso di Francesca, non ha, d'altra parte, ignorato l'umano travaglio che e
giuslomenle celato sotto la sua disperata volontà di giustificazione... Amore e pietà si urtano e si avvicendano
dialetticamente senza tregua: drammatica dicotomia (felicità peccaminosa e tragico castigo) da
cui traggono la loro intima giustificazione il lugubre paesaggio, le lacrime terrìbili e brucianti delle
anime colpevoli, travolte da un vento ruinoso e implacabile, la turbata angoscia del poeta che ha
letto per la prima volta bene addentro nel cuore umano, ne ha decilrato l'intimo segreto, ha infi-
ne con spavento commisurato il dolce e prepotente delirio della passione con la ferma e irrevo-
cabile sentenza della giustizia divinau.
(onlini: o confronlo [a lettura dell'episodio dei due cognati data da Gianlranco Contini nel 1970 tende a superare le dif-

@Icrt ficoltà di conciliare la condanna dei due peccatori con la pietà del poeta: semplicemente il viaggio
vinre lo proprio lendenzo attraverso l'lnferno serve a Dante proprio per vincere i suoi peccati: «Francesca è il primo dannato
ol pe«oto che conversa con Dante; la lussuria il primo vizio che egli sracca da sé, guarda e giudica... Francesca
è insomma una tappa inferiore e respinta dell'itinerario dantesco,. Non vi è contrapposizione incon-
ciliabile, quindi, fra il Dante dellaVitanuova e il Dante che danna i due amanti: soltanto, un'evoluzio-
411 i ne, una riflessione del pellegrino su cio che «sarebbe stato se». Ma la sua vita è andata altrimenti.
Doitii Fronresro Proprio partendo dalle riflessioni di CÒntini, Ugo Dotti (1996) ha sottolineato come la pietà espressa
,opp,Èiio ildists«o da Dante sia «il segno di quel coinvolgimento del poeta nella situazione da lui stesso narrata che, che
segnandone insieme il superamento, la sì che la nostra riflessione s'indirizzi verso nuovi orizzontio
omoi lonhno fino ad affermare come quella nei confronti di Francesca non sia una condanna ma il *distacco del
poeta da una materia che era già stata sua ma che ora, nelle nuove circostanze, gli pare inadesuata,.
Semonli: uno condonno Il giudizio di Vittorio Sermonti (1988) è netto e nega qualsiasi indulgenza di Dante verso ipecca-
colegodro e inflesibile tori: uche poi Dante, uomo e poeta, propenda a perdonare peccatori nell'atto stesso di destinarli
alla dannazione eterna, non persuade» a meno che nnon isoliamo questo V canto e la bella perso-
na di Francesca dal libro che li contiene,.

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- :
E=

II. PUNTO DII-I.A CRITICA CANTO V

Giovotci leonordi: La critica si sta allontanando in modo delinitivo dalle suggestioni romantiche e soprattutto dall'ipote-
Donle pionge perché si desanctisiana: a parere di Anna Maria Chiavacci l,eonardi (1991), poi, «s clsl tutto infondata l'idea
ilncesto è lonhno do Dio di un conrasto fra Dante teologo e Dante poeh». Le lacrime di Dante di lronte aì cognati sono spie-
gabili così. nin realtà il cristiano. quanto più conosce a londo lagrandezza dell'anima umana e il suo
destino divino, più dolorosamente piange perché sa che cosa si è perduto. È questa la profonda pietà
infernale che non ha niente a che fare con la simpatia o la scusa o con il considerare quasi troppo
severo il giudizio divino. È la pietà per Ì'uomo che perde e svilisce la sua grandezza ... che motivo ci
sarebbe altrimenti di piangere e svenire di pieta se si trattasse di un essere volgare e spregevole?».

llipolesi 'ironico' Il canto V è talmente denso di rimandi e riflessioni che la critica non si esaurisce certo con la
diJotomuzi determinazione se la condanna di Francesca sia piu o meno netta. Molti sono gli studiosi che
hanno messo in luce ulteriori aspetti di questo ricchissimo episodio. Per esempio, Angelo
lacomuVTi ha provato a individuare un elemento che né la losca lettura romantica né la piu luci-
da, ma a tratti rigida, critica post-romantica hanno preso sullicientemente in considerazione. e
se su tutto il canto, sul dolore e sulla condanna di Francesca e dello stilnovo, dei valori cortesi e
delle letture d'amore, aleggiasse il sorriso delf ironia? A parere di Jacomuzzi, infatti, ola fortuna
romantica del canto si fonda su un fraintendimento che impedisce di attingere, per il tramite del-
l'ironia, il londo oscuro e la rivelazione definitiva del canto,. Ne consegue che, in realtà, il canto
rappresentò;ebbe la condanna di *egp1 mitico teniativo della vita di imitare jl lìbro e di affidarsi
alla sua autoritàr.

Biblia g rcfis essen zi (!l e


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