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CAPITOLO 1+ Fondamenti matematici 1.1 TENSORI E MECCANICA DEI CONTINUI La meccanica dei continui trata di quantita fisiche indipendenti dal particolare sistema di coordinate usato per descriverle quale che esso sia. Nello stesso tempo perd generalmente que- ste quantita fisiche sono indicate nel modo pit conveniente riferendosi ad un particolare siste- ma di coordinate. In termini matematici queste quantita sono rappresentate da fensori. Come entitd matematica, un tensore ha una esistenza indipendente da qualsiasi sistema di coordinate. Esso pud tuttavia essere indicato, in un particolare sistema di coordinate, da un da- to insieme di quantita, dette componenti del tensore. Una volta date le componenti di un tenso- re inn sistema di coordinate, esse risultano definite in ogni altro sistema, La legge di trasfor- ‘mazione delle componenti di un tensore viene quindi usata in questo contesto come strumento di definizione del tensore stesso. Nel seguito di questo volume saranno date definizioni precise dei vari tipi di tensori man mano che essi saranno introdotti. Le leggi fisiche della meccanica dei continui sono espresse come equazioni tensoriali. Dato che le trasformazioni tensoriali sono lineari e omogenee, una qualsiasi equazione tensoriale che sia valida in un qualsiasi sistema di coordinate, risulta valida in ogni altro sistema di coordinate. Questa invarianza delle equazioni tensoriali rispetto ad una trasformazione di coordinate é una delle ragioni principali della utilita dell’impiego del metodo dei tensori nella meccanica dei continui. 1.2. TENSORI GENERALI. TENSORI CARTESIANI. ORDINE DEI TENSORI I tensori definiti operando con trasformazioni generali di coordinate tra sistemi di coordi- nate curvilinee arbitrarie, sono detti tensori generali. Quando invece ci si limita a considerare trasformazioni tra sistemi omogenei di coordinate, i tensori cosi definiti sono detti rensori car- tesiani. Dato che buona parte della teotia della meccanica dei continui pud essere svolta in ter- mini di tensori cartesiani, in questo libro il termine “tensore”, se non @ esplicitamente detto il contrario, sta per “tensore cartesiano”. I tensori possono essere classificati per ordine o grado, a seconda della forma particolare della legge di trasformazione cui obbediscono. Questa classificazione si riflette anche nel nume- ro di componenti che stanno a rappresentare un dato tensore in uno spazio a” dimensioni. Co- si, ad esempio, in uno spazio euclideo a tre dimensioni come il normale spazio fisico, il numero di componenti di un tensore 2 3%, dove N é l’ordine del tensore. Quindi un tensore di ordine ze- ro & definito in qualsiasi sistema di coordinate dello spazio tridimensionale da wna sola compo- nente. I tensori di ordine zero sono detti scalari. Le quantita fisiche che possono essere definite dalla sola grandezza sono rappresentate da scalari. I tensori del primo ordine hanno nello spazio fisico tre componenti e sono detti verfori. Le quantita earatterizzate dalla grandezza e da una di- tezione orientata sono rappresentate da vettori. I tensori del secondo ordine sono anche detti tensori doppi 0 diadiche. Molte grandezze importanti della meccanica dei continui sono rappre- sentate da tensori del secondo ordine. Nella matematica della meccanica dei continui sono stati definiti e compaiono frequentemente anche tensori di ordine superiore come i tensori del rerzo ordine 9 tensori tripli e i tensori del quarto ordine o tensori quadrupli, 1 1.3. VETTORI E SCALARI Certe quantita fisiche, come la forza e la velocita, che sono catatterizzate dalla grandezza (0 modulo) e da una direzione orientata, nello spazio tridimensionale, possono essere rappresen- tate tramite segmenti di retta orientati ¢ quando si sommano seguono la regola det parallelogram- ma. Tali segmenti di retta orientati sono la rappresentazione geometrica di tensori del primo or- dine e sono detti vettori. Graficamente, un vettore & semplicemente una freccia con la punta diret- tanella direzione data ¢ di lunghezza proporzionale alla grandezza del vettore. Vettori eguali ‘hanno la stessa direzione e la stessa grandezza. Un vettore unitario 0 versore é un vettore di lun- ghezza unitaria. Il vettore zero o nullo ® un vettore di lunghezza zero e direzione imprecisata. Il negativo o opposto di un vettore é un vettore di eguale grandezza e direzione eguale ma orienta- ‘ta nel senso contrario. Le quantita fisiche, come la massa e l’energia, che sono caratterizzate solo dalla grandezza, sono rappresentate da tensori di ordine zero, detti sealari. Nella notazione simbolica o di Gibbs, i vettori sono indicati con lettere in grassetto come a, b, ecc. Gli scalari sono indicati con lettere in corsivo come a,b, A, ece. I vettori unitari sono ulteriormente distinti da un accento circonflesso posto sopra la lettera in grassetto. In fig. 1-1 sono riportati i vettori arbitrari a ¢ b, assieme al vettore unitario € e alla coppia di vettori egua- SU Figs La grandezza di un qualsiasi vettore a @ indicata semplicemente con la lettera @, oppure, per marcare meglio il significato, con il simbolo del vettore stesso messo tra due tratti verticali come, ad esempio|al. 1.4 SOMMA DI VETTORI. PRODOTTO DI UN VETTORE PER UNO SCALARE Laddizione di vettori obbedisce alla regola det paraltelogramma, che definisce la somma vettoriale di due vettori come la diagonale di un parallelogramma che ha come lati adiacenti i due vettori dati. Questa legge di addizione dei vettori & equivalente alla regola del triangolo che definisce la somma di due vettori come il vettore che va dal punto di applicazione del primo alla punta del secondo quando i due vettori addendi sono disposti uno di seguito all’altro a te- sta-coda. In fig. 1-2(a) 8 indicata la costruzione grafica della somma di due vettori con la regola del parallelogramma. Algebricamente invece la addizione é espressa dalla equazione vettoriale atb=bta=c (1.1) La softrazione di vettori & data dalla somma del vettore opposto come indicato ad esempio in fig. 1-2(b) dove si fa uso della regola del triangolo. Quindi a-b=-bta=d (1.2) Le operazioni di addizione ¢ sottrazione vettoriale godono della proprieti commutativa e associativa, come indicato in fig. 1-2(c), a cui corrispondono le equazioni (at+b)+g = at+(bt+g) =h (1.3) a a GA [Frwy (a) (by fe) La moltiplicazione di-un vettore per uno scalare produce in generale un nuove vettore ayen- te la stessa direzione del vettore di partenza, ma una lunghezza diversa. A cid fanno eccezione la moltiplicazione per zero che di come risultato il vettore nullo ¢ la moltiplicazione per uno che lascia immutato il vettore di partenza. La moltiplicazione del vettore b per lo scalare m da luogo ad uno dei tre casi possibili indicati in fig. 1-3, a seconda del valore numerico dim. mb » b mb. b ‘mb. mo. O + (vx an)by = F (1.26) DXv = arb; Xv) + as(b: Xv) + +++ + an(by Xv) = & (127) Il prodotto scalare delle diadi ab e cd é 1a diade definita da ab-ed = (b-c)ad (1.28) Dalla (7.28) si ha che il prodotto scalare di due qualsiasi diadiche D ed E é la diadica D-E = (ajb) +axbs+ --- + anby) + (erd) + xd; +--+ + ends) = (brresaid: + (bivex)ards + +++ + (bw ex)axdy = G (1.29) Si dice che le diadiche D ed E sono veciproche una delPaltra se ED =D-E=1 (1.30) Per le diadiche reciproche si usano frequentemente le notazioni = D-! ¢ D= I doppi prodotti scalare e vettoriale delle diadi ab e ed sono definiti nel modo seguente: ab ted = (are)(bed) =, unoscalare (1.81) ab * ed = (aXe)(bed) = h, un vettore (1.82) ab Ycd = (ave)(bxd) = g, un vettore (1.83) ab Sed = (aXe)(bxd) = uw, unadiade (1.34) In base a queste definizioni si possono facilmente sviluppare i doppi prodotti scalare e vettoriale delle diadiche. Alcuni autori usano anche il doppio prodotto scalare definito come ab++ed = (b+e)(ard) = A, unoscalare (1.35) Si dice che una diadica D & autoconiugata o simmetrica se D =D. (1.36) e antiautoconiugata o antisimmetrica se D=-D, (sn Ogni diadica pud essere espressa univocamente come somma di una diadica simmetrica ¢ di una antisimmetrica. Per una generica diadica D tale decomposizione é D = MD+D)+3(D-D.) = G+H (1.38) in cui 6 = HD.+(D.)) = (simmetrica) (1.39) = H, = 4D, —(D,)-) = 4(0-—D) = —-H (antisimmetrica) (1.40) L'unicita della decomposizione si dimostra ipotizzando un’altra decomposizione, D = G* + H*. Allora G*+H* = G+H (142) ¢ la coniugata di questa equazione é G?=H* =G—H (1.42) Sommando ¢ sottraendo le (/.41) e (7.42) si ottiene rispettivamente G* =G e H*=H. 1.7 SISTEMI DI COORDINATE. VETTORI BASE. TERNE DI VETTORI UNITARI Si pud definire un vettore rispetto ad un particolare sistema di coordinate, dando le com- ponenti del vettore in quel sistema. Il sistema puo essere scelto arbitrariamente, ma in certi ca- sila scelta di un dato sistema pud presentare particolari vantaggi. II sistema di riferimento de- ali assi coordinati fornisce una unita di misura della grandezza del vettore ¢ un insieme di dire- zioni tramite le quali si pud indicare l’orientamento del vettore. Il ben noto sistema di coordinate cartesiane or- togonali 8 spesso rappresentato dagli assi Oxyz perpen- dicolari tra loro indicati in fig. 1-5. In questo sistema ogni vettore v pud essere espresso come una combina- zione lineare di tre vettori arbitrari del sistema, non nullie non complanari, detti vettori base. Dati i vet- tori base a, b, ce i coefficienti scalari A, n,v scelti opportunamente, il vettore v é dato da v= hat pb +e (1.43) I vettori base sono per ipotesi linearmente indipen- denti, cid vale a dire che la equazione Aa tub+ive = 0 (.44) & soddisfatta solo per A = =0, Dato un siste- ma di coordinate, si dice che un insieme di vettori ba- ‘aoe se costituisce una base del sistema in questione. Hee Per un sistema cartesiano ortogonale, comunemente si scelgono come vettori base l'insie- me di vettori unitari (versori) 7,7, aventi le direzioni dei tre assi coordinati come indicato in fig. 1-5. Questi vettori base assieme costituiscono una ferna destrogira di vettori wnitari, per cui ixf=8 fxi=-2 kxi=f (145) e Pt=iPG aha T-P=f-h=T=0 (1.46) un tale insieme di vettori base é spesso indicato come base ortonormale. In termini della terna unitaria 7,7, &, il vettore v indicato in fig. 1-6 pud essere espresso nella forma v= vding tok (1.47) nella quale le componenti cartesiane vcosa 7 % = ved = veosp & = veosy sono le proiezioni di v sugli assi coordinati, II vettore unitario avente la direzione di v, in base alla (/.7), dato da & = we = (cosa)i + (cos p)F + (cosy)k (1-48) Dato che v é un vettore arbitrario, ne segue che ogni, vettore unitario ha come componenti cartesiane i suoi cosent direttori. In coordinate cartesiane il prodotto scalare dei due vettori ae bé dato da arb = (a:t-+ay}+ack)> (b.i + b,4 + DR) abs + dyby + a:b. (1.49) Fig. 1-6 Per gli stessi due vettori, il prodotto vettoriale &dato da axb = (ayb.—a.b,)i + (aebs—azb.)F + (aby — (1.50) Questo risultato spesso é rappresentato in termini di determinanti fF -& axb = |a ay a: (1.51) ba: By bal icui elementi sono trattati come numeri normali. Anche il prodotto misto pud essere espresso, tramite le componenti, in forma di determinante |a: dy ae [abe] = be by bs (1.52) Cr ty Gs In termini di componenti cartesiane, la diade ab & data da ab = (ai+a,j +ak)(b. +b,j + bk) = abAt + aba} + abik +a,b.5% + aba7 +ab.3k $ debs + axby fe] + asdskke (1.53) A causa dei sui nove termini, la (7.53) & nota come forma nonionica della diade ab. Ogni dia- dica pud essere espressa in forma nonionica. La forma nonionica dell’idemfattore in termini della terna unitaria i,j,k é data da es ass F+kR (1.54) Oltre al sistema di coordinate cartesiane ortogonali qui illustrato, sono molto usati anche sistemi di coordinate curvilinee come il cilindrico (R, 0,2) ¢ lo sferico (r,9,$) indicati in fig. 1-7. A questi sistemi sono associate le terne unitate (€,@,6.) & (€,,€0,€.) di vettori base in- dicati nella figura. Tuttavia in questi casi i vettori base non hanno tutti direzioni fisse ¢ quindi in generale sono funzioni della posizione. (6). Sterico Fig. 1-7 1.8 FUNZIONI VETTORIALI LINEARL LE DIADICHE COME OPERATORI VETTORIALI LINEARI Si dice che un yettore a ¢ una funzione di un secondo vettore b se esso é determinato una volta che lo sia b. La relazione funzionale é espressa dalla equazione a = f(b) (1.55) Si dice che la funzione f @ lineare se quali che siano i vettorib e ce lo scalare 4 sono sod- disfatte le condizioni f(b+e) = f(b) + fe) (1.56) f(b) = f(b) (1.57) Se si esprime b tramite le sue componenti cartesiane, la equazione (7.55) diventa = f(b. + b,j +b.) (1.58) che, se f @ lineare, pud essere scritta nella forma a = b(t) + bA(9) + b.f() (1.59) Se nella (1.59) sipone f(7) =u, £(7) =v, £(f) =w, essa diventa a = u(i+b)+v(i-b) + w(k-b) = (ul +v} +wk)-b (1.60) che & un prodotto scalare diadica-vettore © pud essere scritto a =D-b (1.61) dove D = ui+vi +wk. Cid vale a dimostrare che ogni funzione vettoriale lineare f pud es- sere espressa come prodotto diadica-vettore. Nella (/.6/) la diadica D funge da operatore vet- toriale lineare che opera sul vettore argomento b per produrre il vettore immagine a. 1.9 NOTAZIONE INDICIALE. CONVENZIONI RELATIVE AL CAMPO DI VARIAZIONE DEGLI INDICI E ALLE SOMMATORIE Le componenti di un tensore e il tensore stesso possono essere indicati, in forma chiara e concisa, quale che sia 'ordine del tensore, usando la notazione indiciale. In questa notazione alla lettera generica o lettera nocciolo che rappresenta Ia quantit’ tensoriale in questione, sono aggiunte, in alto o in basso, delle lettere indici. Tipiche applicazioni degli indici sono i simboli tensoriali a, WY, Tiy Fi'y Sin, RO Nella forma mista, in cui compaiono indici sia in alto che in basso della lettera nocciolo, lo spa- zio lasciato vuoto sta ad indicare che j ¢ il seconde indice. In base alle regole della notazione indiciale, una lettera indice pud comparire in un dato termine sia una volea che due. Quando un indice compare una volta sola, si intende che detto indice assuma i valori 1, 2,. . ., V,dove N 2 un numero intero dato, che determina il campo di variazione dell’indice. Gli indici non ripetuti sono detti anche indici liber’. L’ordine tensoriale di un dato termine ¢ eguale al numero di indici liberi che compaiono in esso. Quindi in equazio- ni tensoriali scritte in modo corretto in ogni termine compaiono come indici liberi le stesse let- tere. Quando un indice compare due volte in un termine, si intende che quell’indice assume tut- tiivalori compresi nel suo campo di variazione e che i termini risultanti sono sommati, In que- sta convenzione, detta convenzione di sommatoria, gli indici ripetuti sono detti spesso indici fittizi, dato che se si sostituiscono con una qualsiasi altra lettera che non compaia come indice libero, il significato del termine in cui essi figurano non cambia. In generale in un termine scrit- to correttamente, nessun indice compare pid di due volte. Se per esprimere una certa quantita @ assolutamente necessario usare un dato indice pid di due volte, si deve sospendere la validita della convenzione di sommatoria. II numero ¢ la collocazione degli indici liberi rivelano direttamente l’esatto carattere ten- soriale della quantita espressa tramite la notazione indiciale. Tensori de! primo ordine sono in- dicati con lettere nocciolo munite di un solo indice libero. Quindi Parbitrario vettore a 8 rappre- sentato da un simbolo avente in alto o in basso una sola Iettera, cioé nell’una o nell'altra delle due forme, a, a I termini seguenti, che hanno un solo indice libero, indicano anch”essi quantita tensoriali del primo ordine dybj, Fink, Reap, “inte I tensori dei secondo ordine sono rappresentati con simboli aventi de indici liberi. Quindi la diadica generica D pud essere rappresentata in una di queste tre forme possibili Didi 9 Dy, Dy Nella forma mista, lo spazio lasciato vuoto indica che j @ il secondo indice. Quantita tensoriali del secondo ordine possono comparire anche in varie altre forme, come, ad esempio, Auiny Bruises Sinteie Seguendo logicamente lo stesso schema, tensori del ferzo ordine sono rappresentati da simboli ayenti fre indici liberi. Analogamente, un simbolo come a ,che non porta alcun indice, rappre- senta uno scalare o tensore di ordine zero. Nello spazio fisico ordinario una base ¢ composta di tre vettori non complanari e ogni vet- tore in tale spazio & completamente definito dalle sue tre componenti. Peteid il campo di va- tiazione dell’indice di a, che rappresenta un vettore nello spazio fisico tridimensionale, é 1, 2, 3. Corrispondentemente si intende che il simbolo a; rappresenti le tre componenti a1, az, a3. A volte si intende anche che a; rappresenti la componente i-esima del vettore 0 addirittura che rap- presenti lo stesso vettore. Con campo di variazione tre per ambedue gli indici, il simbolo Ay rap- presenta nove componenti (del tensore di secondo ordine (diadica) A). Il tensore Ay & spesso presentato anche in forma esplicita dando le sue nove componenti disposte in una tabella qua- drata racchiusa tra parentesi tonde, del tipo ‘An An Av Ay = [An An As (1.62) Aa, As Ass Analogamente, le componenti di un tensore del primo ordine (vettore) nello spazio tridimensio- nale possono essere presentate in forma esplicita disposte su una riga 0 una colonna come as a; = (a1,03,03) 0 a= («| (1.63) Gs, In generale, con un campo NV di variazione degli indici, un tensore di ordine n-esimo avr N” componenti, I due esempi seguenti stanno a dimostrare utilita della notazione indiciale per presentare in forma compatta sistemi di equazioni. Con campo di variazione 3 per ambedue gli indici / ¢ /, la equazione indiciale a ai = eye (1.64) sta a rappresentare le seguenti tre equazioni (in forma estesa) ML = one + ete t cuts ens + nts + Costs (1.65) est + cate + Cxrza Con campo di variazione 2 per i e j, Ia equazione indiciale Ay = By CnDyo (1.66) sta a rappresentare le quattro equazioni Ay = BuCuDi + BuCD,; + BuCiDs) + ByOnDe An BuCuDi + BuCwDy + BieCnDa + BuCx2Da An = BuCuDiy + BuCiwDi2 + BCD + BaODo2 Az = BaGnDy + BuCnDy: + BuCxDo + BoCooD: (1.67) Con campo di variazione 3 per / ej, la (/.66) starebbe a rappresentare nove equazioni, ognuna con nove addendi nel secondo membro. 1.10 LA CONVENZIONE DI SOMMATORIA USATA CON LA NOTAZIONE SIMBOLICA La convenzione di sommatoria é usata spesso as- sieme alla rappresentazione di vettorie tensori trami= te vettori base indicizzati scritti in notazione simboli- ca. Cosi se gli assi cartesiani ortogonali e i versori ba- se in fig. 1-5 sono indicati con i nuovi simboli dati in fig. 1-8, il generico vettore v pud essere scritto v = 18+ 18s + sds (1.68) dove v1, 22, v3 sono le componenti cartesiane ortogo- nali div. Applicando la convenzione di sommatoria alla (/.68), 'equazione pud essere scritta nella forma abbreviata v= ve (1.69) dove / é Tindice della sommatoria. In questo caso si tratta di una notazione essenzialmente simbolica, con in pitt perd la convenzione di sommatoria. In tale sti- le “combinato” di notazione il carattere del tensore non é pid dato dalla regola degli indici liberi, come nella vera notazione indiciale. Fig. 1-8 Anche i tensori del secondo ordine possono essere rappresentati come sommatoria di vet- tori base indicizzati. Per cui la diade ab data in forma nonionica dalla (1.53) pud essere scritta come Seam ab = (ad)(b,) In questa espressione é essenziale conservare fisso I’ ordine di suecessione dei vettori base. Ana- Jogamente, la forma nonionica della generica diadica D pud essere espressa con la notazione compatta abe, (1.70) D = Dies (1.71) 1.11 TRASFORMAZIONI DI COORDINATE. TENSORI GENERALI Si indichi con x‘ un arbitrario sistema di coordinate 2', 2, «* in uno spazio euclideo a tre dimensionie con 4* un qualsiasi altro sistema di coordinate 4', 92, #° nello stesso spazio. In que- sto contesto i numeri scritti in alto sono contrassegni¢ non esponenti. Per esprimere invece po- tenze dix si pud far uso di parentesi e scrivere, ad esempio, (x)? 0 (x)°. Le lettere poste in alto sono, come gia detto, indici. Le equazioni di trasformazione delle coordinate 6! = 60%, 23,29) (1.72) assegnano ad un punto qualsiasi di coordinate (2',2%, 2%) nel sistema x' un nuovo insieme di coor dinate (0°, 0%, 0°) nel sistema 6'.Le funzioni 4° che esprimono la relazione esistente tra i due in- siemi di variabili (coordinate) sono supposte essere funzioni ad un sol valore, continue e dotate di derivate. Il determinante jaa apt oat ox 1 ae aa? p= (8 # (1.78) aot ant oat ax? in forma compatta , raat || ee * lax] Ce) 8 detto lo Jacobiano della trasformazione. Se lo Jacobiano non si annulla, alla (1.72) corrisponde un unico gruppo di equazioni inverse aventi la forma at = 2i(6, 6, 6) (1.75) I sistemi di coordinate indicati nelle (/. 72) e (1.75) con. x! e 9° sono completamente generali ¢ possono essere sistemi curvilinei 0 cartesiani qualsiasi. Dalla (J. 72) sia che il vettore differenziale d0' ¢ dato da ag df = aa dxi (1.76) Questa equazione é un prototipo dell’equazione che definisce la classe dei tensori detti vettori controvarianti. In generale, si dice che un insieme di quantita b‘ associate ad un punto P sono le componenti di un fensore controvariante del primo ordine se, quando si passa da un sistema di coordinate ad un altro, esse si trasformano secondo l’equazione bts a (1.77) dove le derivate parziali sono calcolate nel punto P. Nella (1.77) b/ sono le componenti del ten- sore nel sistema di coordinate x’, mentre b” sono le componenti nel sistema * Nella teoria dei tensori generali, i tensori controvarianti sono contraddistinti con indici posti in alto, E’ per questo che qui si indicano le coordinate con il simbolo x" anziche x;, ma occorre notare che sono solo i differenziali dx‘ad avere carattere tensoriale e non le coordinate in se stesse. Con owvia estensione del concetto di tensore dato nella (I. 77), la definizione di fensore controvartante del secbndo ordine comporta che le componenti del tensore si trasformino se- condo la legge di trasformazione a6! ads cele ax! ax In maniera analoga si definiscono i tensori controvarianti del terzo e quarto ordine e di ordini superiori. Nei paragrafi precedenti si @ usato il termine condrovariante per distinguere la classe di ten- sori ivi trattata, dalla classe detta dei tensori covarianti. Nella teoria dei tensori generali, i tenso- ri covarianti sono contraddistinti da indici posti in basso. Il prototipo del vertore covariante & 1a derivata parziale di una funzione scalare delle coordinate. Quindise $= 9(z!, 2%, 29) é una fun- zione del genere, si ha Bu = (1.78) a6 _ ab Bx? ag an apt tere) In generale, si dice che un insieme di quantita 4; sono le componenti di un fensore covariante del primo ordine se, passando da un sistema di coordinate ad un altro, si trasformano secondo Pequazione 2 ant (1.80) Nella (1.80), bj sono le componenti covarianti nel sistema 6', 6; le componenti covarianti nel sistema x). I tensoré covarianti del secondo ordine si trasformano secondo la legge di trasforma- zione Bi (1.81) Con ovvie estensioni vengono definiti i tensori covarianti di ordine superiore ¢ i fensori misti del tipo per, OT oat a Tis = jgm gor pont im (1.82) 1.12 IL TENSORE METRICO. TENSORI CARTESIANI Si indichi con x‘ un sistema di coordinate cartesiane ortogonali in uno spazio euclideo a tre dimensioni ¢ con @* un qualsiasi sistema di coordinate ortogonali o curvilinee (ad es. cilin- driche 0 sferiche) nello stesso spazio. Si dice che il vettore x di componenti cartesiane x! é il vettore posizione del generico punto P(a!, 2%, 2%) riferito agli assi cartesiani ortogonali. II qua- drato della distanza ds tra due punti infinitamente vicini P(x) e Q(x + dx) & dato da (ds)? = dat dat (1.83) In base alla equazione di trasformazione che lega tra loro le coordinate nei due sistemi ai = ari(ot, 62, 3) (1.84) il differenziale dx! @ dato da ur OE Gon (1.85) 3a" e quindi la (1.83) diventa (as = oe 82 gordor = gy dl doe (1.86) a0” a8 dove il tensore del secondo ordine gpq = (ax'/a9")(au'/a6") & detto tensore metrica o tensore fon- damentate dello spazio. Se 9° rappresenta un sistema di Tesonlinite cartesiane ortogonali, ad esempio il sistema x", allora axt ant Do = gem gg =) Sen (1.87). dove 5p, ¢ il delta di Kronecker (si veda il paragrafo 1.13) definito da 8=0 se pq e 89 = 1 sep =. Ogni sistema di coordinate nel quale il quadrato della distanza infinitesimale assume la forma (1.83) é detto sistema di coordinate omogenee. Le trasformazioni tra le coordinate rela- tive a sistemi di coordinate omogenee sono dette #rasformazioni ortogonali e quando ci si li- mita a considerare trasformazioni di questo tipo, i tensori cosi definiti sono detti tensori carte- siani. In particolare, in questo caso rientrano le equazioni di trasformazione tra sistemi di coor- dinate cartesiane ortogonali aventi in comune l’origine. Per i tensori cartesiani le componenti controvarianti ¢ covarianti non si distinguono ¢ per questo nelle espressioni relative a tensori cartesiani normalmente si usano solo indici in basso. Come si vedra pid’ avanti, nelle equazioni di trasformazione che definiscono tensori cartesiani, le derivate parziali che compaiono nelle definizioni dei tensori generali, come le (/.80) e (1.81), sono sostituite da costanti. 1.13 EQUAZIONI DI TRASFORMAZIONE PER TENSORI CARTESIANI. IL DELTA DI KRONECKER. CONDIZIONI DI ORTOGONALITA’ Si supponga che gli assi Oxurars ¢ Ox, presentine due sistemi di coordinate cartesiani orto- gonali aventi la stessa origine O, come indicato in fig. 1-9, Si pud pensare che il sistema munito di apici sia ottenuto dall’altro semplicemente tramite una ro- tazione attorno all’origine o per riflessione di assi in uno dei piani coordinati o per una combinazione delle due operazioni. Se si indica con il simbolo ay il coseno dell’angolo compreso tra 'i-esimo asse con apice e il j-esimo asse senza apice, se cio? si ha a; = cos (xi, x), Porientamento di ogni asse di un sistema rispetto all’altro sistema & espresso in mo- do esauriente dalla seguente tabella In base a questa definizione dias, il vettore unitario @; lungo I’asse x1 @ dato, secondo la (1.48) ela convenzione di sommatoria, da B= andi + dvb + aes = a8, (1.88) Una ovvia generalizzazione di questa equazione da larbitrario vettore unitario base 6; come & = aye; (1.89) Usando le compenenti, il generico vettore v di fig. 1-9 pud essere espresso, nel sistema sen- za apice, dalla equazione v = 08; (1.90) e, nel sistema con apice, dalla equazione v= ue (1.91) Se nella (/.9/) si sostituisce a @; la espressione equivalente (/.89) si ottiene vy = vias (1.92) Confrontando la (/.92) con la (.90) si vede che le componenti del vettore nei due sistemi di riferimento, con apice e senza apice, sono collegate dalle equazioni ay = avi (1.98) La espressione (J. 93) é la legge di trasformazione dei tensori cartesiani del primo ordine e come tale é un caso particolare della forma generale delle trasformazioni dei tensori del primo ordine, dato dalle (J.80) e (1.77). Se nei passaggi fatti fin qui si scambiano le posizioni dei vettori base dei due sistemi tra di loro, si arriva a stabilire che inversa della (J.93) & ve = ayy; (1.94) E’ importante osservare che nella (/.93) l'indice libero di ay compare al secondo posto, mentre nella (1.94) invece indice libero compare al prime posto. Con una scelta opportuna degli indici fittizi, si possono combinare le (1.93) e (1.94) in mo- do da ottenere la equazione Wy = Aitare (1.95) Dato che il vettore v é un vettore qualsiasi, la (.95) si riduce necessariamente alla identita y = =1;. Ne segue che il coefficiente ajax, il cui valore dipende dagli indici j e k, deve essere eguale al oa 0a seconda che i valori numerici dij e k siano rispettivamente eguali o diversi. Per rap- presentare quantita come ayx si pud usare il delta di Kronecker definito come : L per é "Vo per ivi (1.96) Mediante il delta di Kronecker le condizioni relative al coefficiente che compare nella (1.95) possono essere espresse con Ia relazione Aue = Bx (1.97) In forma esplicita, la (1.97) sta a rappresentare nove equazioni note come le condizioni di or- togonalita o di ortonormalita dei coseni direttori ay. Infine si possono combinare anche le (1.93) e (1.94) per ottenere lequazione vj = aiasjvt da cui si ottiene un’ altra espressione delle condizioni di ortogonalita e precisamente yt = Bu (1.98) Se i coefficienti di una trasformazione lineare soddisfano alla (/.97) 0 alla (1.98), come quelli delle (7,93) ¢ (1.94), si dice che la trasformazione 8 ortogonate. Le rotazioni degli assi coordina- tie le riflessioni degli assi in un piano coordinato portano tutte e due a trasformazioni ortogonali. Il delta di Kronecker & detto anche operatore sostituzione, dato che, ad esempio, yb) = Bubs + Bab: + diabs = bi 1.99 e, allo stesso modo, ee U2) 8yFik = 8x + Bax + 8a = Fae (1.100) Da questa proprieta appare chiaro che il delta di Kronecker é il corrispondente indiciale dello idemfattore simbolico I dato dalla (1.54). Secondo la legge di trasformazione (/.94), le componenti della diade wv, nel sistema di coordinate con apice sono date da ULV} = (Aiptty)(ajgvq) = AipCyqttydy (1.101) Con owvia generalizzazione della (J.101), un tensore cartesiano del secondo ordine Ty segue la legge di trasformazione ; Tey = Geta Ton (1.102) Con l’aiuto delle condizioni di ortogonalita, si pud con semplici passaggi algebrici invertire la (1.102) ottenendo la equazione per trasformare le componenti con apice nelle componenti senza apice: Ty = anita Toy (1.108) Le equazioni di trasformazione per tensori del primo ¢ del secondo ordine si generalizzano a tensori di ordine N-esimo con l’equazione Tis gly. Tipe, (1.104) 1.14 SOMMA DI TENSORI CARTESIANI. MOLTIPLICAZIONE PER UNO SCALARE I tensori cartesiani dello stesso ordine possono essere sommati (0 sottratti) componente per componente secondo Ia formula Aur... Bur... = Tue (1.105) Lasomma ¢ un tensore dello stesso ordine degli addendi. Si noti che in ogni addendo compaio- no gli stessi indici nello stesso ordine di successione. Se si moltiplica ogni componente di un tensore per un dato scalare si ottiene un nuovo ten- sore dello stesso ordine. Dato il moltiplicatore scalare 2, esempi tipici di tale moltiplicazione scritti sia in forma indiciale che in forma simbolica sono b= hor 0 b= fe (1.106) By=dAy 0 B= 2A (1.107) 1.15 PRODOTTO TENSORIALE Il prodotto esterno di due tensori di ordine qualsiasi @ il tensore le cui componenti si ot- tengono moltiplicando ogni componente di uno dei tensori per ogni componente dell’altro. Questo processo produce un tensore di ordine uguale alla somma degli ordini dei tensori fattori. Esempi tipici di prodotti esterni sono (a) aibj = Ty (C) DyTem = Piitm (0) OP = (4) ind = Oem Come si vede dagli esempi dati, i prodotti estemi si ottengono semplicemente scrivendo i tensori fattori giustapposti. (Si noti che secondo questa stessa procedura da due vettori si forma una diade). La contrazione di un tensore rispetto a due indici liberi é l’operazione consistente nell’as- segnare ad ambedue gli indici la stessa lettera, trasformandoli cosi in indici fittizi. Con la con- trazione si ottiene un tensore di ordine inferiore di due rispetto a quello del tensore originario. I seguenti sono esempi tipici di contrazioni. (a) Contrazioni di Tj ¢ uy Ti = Tu + Too + Tas ue Ud + Wade + atts (b) Contrazioni di Eijax Eig; = & Biya = & Eun = dy (ec) Contrazioni di Ey Frm Ey Fim Gym EyFee Py By Pr Ax EijFim = Qim Ei Fim = Kem Ey = Re Il prado tto interno (o composizione) di due tensori ¢ il risultate di una contrazione che riguarda un indice di un tensore e un indice dell’altro, compiuta sul prodotto esterno dei due tensori. Qui di seguito sono dati, per riferimento, in forma indiciale e in forma simbolica, alcu- ni prodotti interni particolarmente importanti nella meccanica dei continui, Prodotto esterno Prodotto interno Notazione indiciale Notazione simbolica 1. ay abi ab 2. aEp ake = fe et ay = hy Ea =h 3. BisFom EyFin = Gim ER=G EyEum EyEim = Bin B= In alcuni casi si usano anche contrazioni multiple di tensori del quarto ordine e anche di or- dine superiore. Due esempi del genere sono 1. EyFim — contrattoa Ey Fy, o EF 2, EyEkmEyq contrattoa EijZimEm, 0 (EB) 1.16 PRODOTTO VETTORIALE. SIMBOLO DI PERMUTAZIONE. VETTORI DUALI Per esprimere con la notazione indiciale il prodotto vettoriale a Xb si deve introdurre il tensore del terzo ordine ¢,, noto come stmbolo di permautazione o tensore di alternanza (0 ten- sore di Ricci). Esso 8 definito come 1 se i valori dié, j, k sono una permutazione pari di 1,2, 3 (cioe se compaiono in una successione del tipo 1 23 1 2). -1 se ivalori dié, j, sono una permutazione dispari di 1, 2, 3 (cio se compaiono in una successione del tipo 3 2 1 3 2). 0 sei valori dig j, k nen sono una permutazione di 1, 2, 3 (cioé se due o pili di essi hanno lo stesso valore ). In base a questa definizione il prodotto vettoriale a xb =e nella notazione indiciale é scritto eynabe = (1,108) Usando questa relazione, il pradotto “scatola” o prodotto misto a X b-e = A pud essere scritto nella forma A= ntibyce (1.109) Dato che lo stesso prodotto “‘scatola” con I'uso dei determinanti é dato dalla (/.52), non sorpren- de affatto che il simbolo di permutazione venga spesso usato per esprimere il valore di un determi- nante 3X 3. Vale la pena di notare che «,. segue la legge di trasformazione dei tensori cartesiani del terzo ordine se la trasformazione e una trasformazione propria (det a;; = 1) come quella che de- tiva da una rotazione degli assi. Se invece la trasformazione é impropria (det a; = —1), come ad esempio nella riflessione su uno dei piani coordinati quando una terna destrogira viene trasfor- mata in una tena sinistrogira, nella legge di trasformazione di <,, si deve introdurre un segno meno. Tensori del genere sono detti pseudotensori. I vettore duale di un tensore cartesiano del secondo ordine é per definizione = GaP pn (1.110) che € l’equivalente indiciale di T,, il “vettore della diadica T”, definito dalla (1.15). 1.17 MATRICI. RAPPRESENTAZIONE MATRICIALE DI TENSORI CARTESIANI Una matrice é un insieme di elementi ordinati in una tabella rettangolare racchiusa tra pa- Tentesi quadre e soggetta ad alcune leggi. Una matrice MN _ é una matrice con gli elementi disposti su M righe (orizzontali) e N colonne (verticali). Nel simbolo Ay, usato per indicare un generico elemento di una matrice, il primo indice da la tiga e il secondo la colonna in cui si trova l’elemento. Per indicare la matrice si usa il simbolo usato per indicare il suo elemento ge- nerico, racchiuso pero tra _parentesi quadre, oppure la lettera nocciofo della matrice in carattere corsivo inglese. Ad esempio la matrice MXN 4, © [Ay] ¢ l’insieme ordinato dato da Au Aw... Aw PI Aah oe, | AE roe ae (i111) Am Anz... Amy Una matrice quadrata & una matrice in cui M = N. Una matrice 1x N,indicata con [au], detta matrice riga. Una matrice M x 1, indicata con [a,,], & detta matrice colonna, Una matrice icui elementi siano tutti zero ¢ detta matrice zero 0 nulla. Una matrice quadrata in cui tutti ali elementi, salvo quelli posti sulla diagonale principale (da Aj, a Ayy ), sono nulli é detta ma- trice diagonale. Se gli elementi non nulli di una matrice diagonale sono tutti eguali a uno, Ia matrice & detta matrice wnitd 0 matrice identica. La matrice N x M e47, formata scambiando ordinatamente nella matrice MN of le righe con le colonne, é detta matrice trasposta del- Ja matrice of. Le matrici che hanno Io stesso numero di righe e di colonne possono essere sommate (0 sottratte) elemento per elemento. Moltiplicando la matrice [Ajj] per lo scalare A si ottiene la matrice [\Ay]. Il prodotto tra due matrici c4B é definito solo nel caso che le due matrici siano conformabill, cioé se il numero delle colonne della matrice prefattore cf & eguale al numero. delle righe dalla matrice postfatrore & .II prodotto di una matrice M x P per una matrice P x N €una matrice M x N.Generalmente il prodotto di due matrici viene indicato semplicemente scrivendo uno di seguito all’altro i simboli delle matri AB=C 0 [Aul[Bu] = (Ca (1.112) Ul prodotto di due matrici in genere non gode della proprieta commutativa: AB + Bet. Una matrice quadrata ed il cui determinante |Aj| sia nullo é detta matrice singolare. Il cofattore (0 complemento algebrico) dell'elemento 4 della matrice quadrata Ay indicato con ilsimbolo Ay; & per definizione B= (-iieMy (1.113) dove My & il minore complementare di Ay, cio’ il determinante della matrice quadrata che rima- ne se si eliminano la riga e la colonna cui appartiene l'elemento Ay. La matrice aggiunta della ma- trice of & la matrice ottenuta sostituendo ad ogni elemento della matrice o4 il suo cofattore e scambiando quindi ordinatamente le righe con le colonne. Se una matrice quadrata of = [Ay] non é singolare, ad essa corrisponde una e una sola matrice reciproca c4~* eguale per definizio- ne alla matrice aggiunta di c4 divisa per il determinante di o4-Quindi ore (43 (1.114) fe] Dalla definizione (J. 114) di matrice reciproca si deduce che A-ief = AA = I (1.115) dove .f é la matrice identica, avente come elementi degli uno sulla diagonale principale e degli zero altrove e cosi denominata perché gode della seguente proprieta JA = AG =A (1.118) FE evidente che J @ la rappresentazione matriciale di 4,, il delta di Kronecker, e dil, la diadica unitaria. Ogni matrice ef per la quale vale la relazione c47 = ef-? sidice che & una matrice or- togonaie. Ne segue che se of 8 una matrice ortogonale, ATA = AAT = (1.117) In base al fatto che ogni diadica pud essere espressa nella forma nonionica (1.53), e al fatto che le componenti di un tensore del secondo ordine possono essere disposte secondo la tabella quadrata (/.62), risulta estremamente utile rappresentare i tensori del secondo ordine (diadiche) tramite matrici quadrate 3 % 3. Un tensore del primo ordine (vettore) pud essere rappresentato sia tramite una matrice tiga 1 X 3 che tramite una matrice colonna 3 X 1. Benché ogni tensore cartesiano di ordine due o minore di due (diadiche, vettori, scalari) possa essere rappresentato da una matrice, non tutte le matrici rappresentano un tensore. Se nel prodotto c48 = ambedue le matrici sono matrici 3 X 3 che rappresentano ten- sori del secondo ordine, il prodotto equivale al prodotto interno che nella notazione indiciale dato da Aj Bu = Cu (1.118) dove il campo di variazione degli indici é tre. Se si rende infatti esplicita la (J. 118), si vede che essa equivale al prodotto “riga per colonna” tra matrici, nel quale ognuno degli elementi della riga i-esima della matrice prefattore viene moltiplicato per I’elemento corrispondente della co- Jonna k-esima della matrice postfattore e i prodotti cosi ottenuti sono sommati a dare I’elemen- to della riga #-esima e colonna k-esima della matrice prodotto. Nella meccanica dei continui si incontrano ripetutamente vari prodotti del genere; essi vengono riportati di seguito in varie no- tazioni per riferimento e confronto. (a) Prodotto sealare tra vettori =a [ay)[bn] = 1) ba ab = ba = A [a.a2.a3]] be | = [arbi +azb2+ aabs) (ae bs (b) Prodotto scalare vettore-diadica aE=b aé=f aky = b) (axJ[Eu) = [bs] Eu Bx Ey [abs + aBa + aBu, (1.120) [a1,a2,@3}| Ba Be By} = B+ o2En +a, En Eu Ess Eis + xB: + aE] (c) Prodotto scalare diadica-vettore Ba=e éa@=e Ea; = [BiJfan) = [eu] En Ex Ex |ja a.By + ake + asE is Gey) En Ex Ex ljaz) = | aBn +B + aE En Em By:|| os Bs. + a2Bse + asBss 1.18 SIMMETRIA TRA DIADICHE, TRA MATRICI, TRA TENSORI In base alla (7.36) e alla (J. 37), si dice che una diadica D é simmetrica (0 antisimmetrica) se essa é eguale alla sua coniugata D, (o all’opposto della sua coniugata). Analogamente si dice che il tensore del secondo ordine Dy ¢ simmetrico se Dy = Dy (1.122) e che é antisimmetrico, 0 emisimmetrico, se Dy = -Ds (1.123) Quindi la decomposizione di Dy corrispondente alla (1.38) & D, A(Dg + Di) + A(Di — Dj) (1.124) ©, in forma equivalente, ma pit breve e di frequente impiego, Dy = Day + Din (1.195) dove le parentesi tonde attorno agli indici indicano la parte simmetrica di Dy, mentre le parente- si quadre attomo agli indici stanno ad indicare la parte antisimmetrica. Dato che scambiare tra di loro gli indici di un tensore del secondo ordine equivale a scam- biare tra loro righe e colonne nella sua rappresentazione matriciale, una matrice quadrata of ¢ “ simmetrica se ¢ eguale alla sua trasposta 47. Ne segue che una matrice simmetrica 3 X 3 ha solo sei elementi indipendenti come nell’esempio seguente Au Aw Ais oa = fT = | Aw Aw Any (1.126) Ai: As An Una matrice & antisimmetrica se & eguale all’ opposto della sua trasposta. Ne segue che ogni ma- trice antisimmetrica 3 X 3 B ha tutti eguali a zero gli elementi della diagonale principale, e quindi ha solo tre elementi indipendenti come nell’esempio seguente 0 By Bu B= -BF = |-Bn 0 Bu (1.127) -Bi: —Bs 0 Le proprieta relative alla simmetria si possono estendere anche ai tensori di ordine superiore al secondo, In generale si dice che un generico tensore ¢ simmetrico rispetto ad una coppia di ind cise il valore della sua generica componente non varia scambiando tra di loro i due indici. Si dice che un tensore @ antisimmetrico rispetto ad una coppia di indici, se scambiando tra di loro questi indici cambia il segno ma non il valore assoluto della generica componente. Esempi di propriet simmetriche di tensori di ordine superiore: (@) Rim = Rum (simmetrico rispetto ak e/) (0) ie = 8 (antisimmetrico rispetto a k ed i) (C) Gina = (simmetrico rispetto alle coppie di indici i, je k, m) (@) Bex = Bars = Buss = Bin (simmetrico rispetto a tutti gli indici) 1.19 VALORI PRINCIPALI E DIREZIONI PRINCIPALI DI TENSORI SIMMETRICI DEL SECONDO ORDINE Nell'analisi che segue si considerano solo tensori simmetrici aventi componenti reali. Que- sta restrizione rende un po’ pili semplice la trattazione matematica e, dato che i tensori che compaiono nella meccanica dei continui sono in generale simmetrici, comporta pochi sacri applicativi. Dato un qualsiasi tensore simmetrico 7 definito in un dato punto dello spazio, ne risulta che in quel punto ad ogni direzione (caratterizzata dal vettore unitario 7,) & associato un vettore dato dal prodotto interno ci = Tun (1.128) Il tensore Ty pud essere considerato come un operatore lineare vettoriale che produce il vettore ¥% coniugato alla direzione 2. Se la direzione é tale che per essa il vettore »; risulta parallelo a7, il prodotto interno pud essere espresso come multiplo, secondo uno scalare, di 7. In tal caso, Tyny = mu (1.129) esi dice che la direzione n, & una direzione principale 0 asse principale del tensore Ty. Servendo- sidella identita m;= 8m, alla (7.129) si pud dare la forma (Ty-A8u)n) = 0 (1.130) che rappresenta un sistema di tre equazioni nelle quattro incognite, ,e X, associate ad ogni di- rezione principale. Il sistema da risolvere é, in forma estesa, (Tis—A)ns + Trotts + Trams = 0 Tam + (Tx2—d)nz + Torna = 0 (1.131) Tarts + Troms + (Tss—A)ns = 0 Si noti anzitutto che per qualsiasi valore di 4 esiste la scluzione banale n; = 0. Ovviamente pera quello che interessa & determinare soluzioni non banali. Inoltre dalla omogeneit del sistema (1.131) segue che non si perde minimamente di generalita se ci si limita a considerare soluzioni che soddisfino alla condizione na = 1, che da qui in avanti si considera introdotta. Perché la (J. 130), 0 la equivalente (/.13/), ammettano soluzioni non banali, il determinan- te dei coefficienti deve essere eguale a zero, deve cioé essere |Tu—28| = 0 (1.132) Se si sviluppa questo determinante si ottiene un polinomie di terzo grado in A, ¢ precisamente a§— Ta? + Ta — 1, = 0 (1.133) che ¢ detta equazione caratteristica di Ty ¢ i cui coefficienti scalari, Ty = Tr = try ( traccia di 7) (1.184) th A(PuTy — TyPu) (1.185) IN, = |Py| = det 7 (1.136) sono chiamati rispettivamente primo, secondo e terzo invariante di Ty. Le tre radici della equa- zione di terzo grado (1.133), indicate con Ac), Ac, Acw» sono dette valort principali di Ty. Un tensore simmetrico con componenti reali ha valori principali reali e, se questi valori sono distin- ti, le tre direzioni principali sono mutuamente ortogonali. Quando ci si riferisce agli assi princi- pali, sia la tabella delle componenti del tensore che la sua espressione matriciale assumono forma diagonale. Quindi day 0 aa fan 9 0 Ts 0 Aw Oo ° T= i Aw 0 (1.187) 0. 0 ohew/ 0 0 rw] Se Acp = Acm il tensore ha una forma diagonale che indipendente dalla scelta degli assi Ac» € Ac una volta che sia stato definito I’asse principale associato a Aca) . Se tutti i valori princi- pali sono eguali, tutte le direzioni sono direzioni principali. Se i valori principali soni disposti ordinatamente, si usa scriverli nella forma Acq), Aan, Aa € Metteme in mostra Pordine ‘usando la serittura Ae > Lan > Acin- Se si indicano gli assi principali come O2ta%r}, la trasformazione dagli assi Oxyarers agli assi principali @ data dagli elementi della tabella an =m ay, = ag, = n@) iat = nf a an 3 tat = =) dove x? sono i coseni direttori della j-esima direzione principale. 1.20 POTENZE DEI TENSORI DEL SECONDO ORDINE. EQUAZIONE DI HAMILTON- -CAYLEY Usando direttamente la moltiplicazione matriciale, il quadrato del tensore 7;, é dato dal prodotto interno TT); il cubo da Tix Tim Tmj;@ Cosi via. Quindi se 7; @ scritto nella forma diagonale (J. 137), la potenza n-esima del tensore é data da MM» 0 0 fa® 0 0 Cae 0 My 0 ° m= 0 Xe» 0 (2.138) 0 90) . Aes [0 0 ors, Confrontando la (J. 138) con la (1.137) si vede che Ty ¢ tutte le sue potenze intere hanno gli stessi assi principali Dato che tutti i valori principali soddisfano alla (7.133) e stante la forma di matrice diago- nale data dalla (1.138) per 7, anche il tensore soddisfa alla equazione (1.433). Quindi 7? -L7?+InT Wh = 0 (1.139) dove .J 1a matrice identica. Questa equazione é detta equazione di Hamilton-Cayley. La moltiplicazione matriciale di ognuno dei termini della (7.139) per T porta alla equazione 7! = 173 1h7? + WT (1.140) Combinando con sostituzione diretta la (1. 140) e (1.139) siha T! = (-UhyT? + (1, — Bh) T + WI (1.141) Proseguendo nello stesso modo si ottengono le potenze positive di T come combinazioni lineari d TT ¢ 4. 1.21 CAMPI TENSORIALI. DERIVATE DI TENSORI Un campo tensoriale assegna un tensore T(x, t) ad ogni coppia (x, t)dove il vettore posizione x varia in una data regione dello spazio e ¢ varia in un dato intervallo di tempo. Si dice che il cam- po tensoriale € continuo (0 derivabile) se le componenti di T(x, #) sono funzioni continue (o de- Tivabili) di x e di¢. Se le componenti sono funzioni solo di x, si dice che il campo é stazionario. Riferendosi ad un sistema di coordinate cartesiane ortogonali, nel quale il vettore posizio- ne di un punto qualsiasi @ dato da x= 28 (1.142) i campi tensoriali di vari ordini assumono le seguenti notazioni indiciali e simboliche: (@) campo scalare: $= olt) o $6 = ou0 (1.148) (b) campo vettoriale: m = v(x,t) 0 v= vx,t) (1.44) (©) campo tensoriale del secondo ordine: Ty = Tu(x,t) 0 T= Tx,t) (1.145) La derivazione delle componenti di un tensore rispetto alle coordinate x, & espressa dall’o- peratore derivata a/éx:, 0 pitt brevemente, in forma indiciale, da 4, che sta ad indicare un ope- ratore tensoriale del primo ordine. Il simbolo corrispondente nella notazione simbolica é il no- to operatore di derivazione vettoriale V, che si legge del. Esso in forma estesa & at aa Spesso la derivata parziale rispetto alla coordinata 2 virgola ¢ dell’indice in basso, come in questi esempi a Fu @ B=6, @ Se = Bxjdx, Vise v= = Ga (1.146) viene indicata con la convenzione della ar; Pee 7, Oa; Pet Orgies Da questi esempi si vede che 'operatore 3, produce un tensore di ordine superiore di uno all’or- dine del tensore cui & applicato se nella derivata é resta un indice libero (esempi (@) e (c) ), e un tensore di ordine inferiore di uno se nella derivata i diventa un indice fittizio (esempio (b) ). Nella meccanica dei continui compaiono spesso alcuni importanti operatori differenziali. Essi sono riportati qui per riferimento. sadg=ve= 388 0 ag= 4, (1.147) divy = yey 0 8m = Hy (1.148) rot v= Vxv © 48% = yee (1.149) T= Ye Vs 0 8d = by (1.150) 1.22 INTEGRALI DI LINEA. TEOREMA DI STOKES Sia dato il vettore funzione di posizione F = F(x), definito in tutti i punti della linea conti- mua a tratti (o quasi continua) C (fig. 1-10) situata in una data regione dello spazio. Se si indica con dx il vertore differenziale tangente alla linea in un generico punto P, per integrale df linea di F lungo C si intende T'integrale S Pa = fi F-dx (1.151) caloolato lungo la linea da A a B. Nella notazione indiciale la (1.157) diventa S, Fae. ee Fidas (1.152) 04 ts cy at Fig. 1-10 Fig.1-11 Il teorema di Stokes stabilisce che l'integrale di linea di F calcolato lungo una linea sempli- ce chiusa C, come é indicato in fig. 1-11, pud essere espresso nei termini di un integrale calcolato su.una qualsiasi superficie a due faece S che abbia C come contorno. In forma esplicita, §, Feax = JS i-oxmas (1.158) dove fi é il vettore unitario normale alla facia positiva di S e dS I’ elemento infinitesimale di superficie indicato in figura. Nella notazione indiciale, la (/./53) & scritta § Fan = S$ nen Fuses (1.54) 1.23: IL TEOREMA DELLA DIVERGENZA DI GAUSS Il teorema della divergenza di Gauss stabilisce una relazione tra un integrale di volume e un integrale di superficie. Nella formulazione tradizionale il teorema afferma che dato il campo vettoriale v = v(x), J, av vav = S aves (1.155) dove fi @ il vettore unitario normale alla superficie S, contorno del volume V7 nel quale il campo vettoriale é definito, volto verso I’esterno di 5. Nella notazione indiciale, la (1,755) diventa e

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