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UNIVERSITA'

 DEGLI  STUDI  DI  PARMA  


 
DIPARTIMENTO  DI  GIURISPRUDENZA  
CORSO  DI  LAUREA  IN  SCIENZE  POITICHE  E  DELLE  RELAZIONI  INTERNAZIONALI  
 
 
 
 
IL  DEBITO  GRECO:  Grexit,  il  governo  di  Tsipras  e  il  ruolo  di  
Syriza.  La  governance  dell'Unione  Europea.    
 
THE  GREEK  DEBT:    Grexit,  the  government  of  Tsipras  and  the  
role  of  Syriza.  The  European  Union’s  governance.  
 
 
 
 
 
 
Relatore:                                                                                                                                                                                    Laureanda:  
Chiar.mo  Prof.  Marco  Baldassari                                                                                      Carol  Stefania  Anastasia  
 
 
 
 
 
 
Anno  Accademico  2014/2015  

1
Indice
Introduzione

Capitolo1. Il ruolo della Grecia nel processo di integrazione europea: origini e


sviluppi.
1.1 Dalla dittatura dei colonnelli alla costituzione democratico-repubblicana (1967-1974)
1.2 Il PASOK e l’adesione della Grecia alla CEE
1.3 Dagli anni Novanta alla crisi del 2009

Capitolo 2. La storia di Syriza:


2.1 La nascita della coalizione.
2.2 L’ideologia politica di Syriza: in cosa è differente dal partito
comunista.
2.3 Il programma del partito.
2.4 Yanis Varoufakis e il Minotauro globale

Capitolo 3. Gli ultimi avvenimenti dalle elezioni del 2015


3.1 Le prime elezioni di gennaio 2015.
3.2 I fatti antecedenti (2009-2015): i primi due salvataggi.
3.3 La spaccatura interna.
3.5 L’ultimo piano di salvataggio.
3.6 La seconda vittoria elettorale di Syriza.

Capitolo 4. La Governance economica.


4.1 Le conseguenze del “Grexit”.
4.2 Il rapporto Grecia-Germania
4.3 Sistemi di aiuto e controllo dell’Unione Europea

Conclusione
Synthesis
Bibliografia

2
INTRODUZIONE

Tutti ne abbiamo sentito parlare, in televisione, in radio, nel web. Questa tragedia greca ha raggiunto il
sopravvento ma le sue origini sono poco conosciute. La crisi del debito greco ha spaventato e sta
spaventando molti: la richiesta d’aiuto che Tsipras e il suo partito Syriza diffondono è quella di
collaborazione, di sostegno reciproco. Il termine “crisi” deriva dalla parola greca “κρίσις” e più
precisamente dal verbo “κρίνω”: “serparare”, “dividere”. Anni di studio di lingua greca mi hanno
insegnato come un’innumervole quantità di parole del nostro vocabolario corrente abbiano un significato
che sia da ricondurre alle radici etimologiche della lingua greca. Questo ne è un esempio valido. Dunque,
separare e dividere cosa centrano con il significato che attribuiamo oggi noi a “crisi”? Il dizionario greco
fornisce un ampio elenco di significati appartenenti a vari ambiti della vita quotidiana. Potremmo dunque
trovare i concetti di “scelta”, “giudizio”, “discernimento”, “interpretazione” ; oppure in ambito giuridico,
che pero’ inizia ad aver un connotato negativo: “giudizio”, “processo”, pure “accusa” e “condanna” .
Come ultima accezione, troviamo in campo medico il significato di “fase critica”. Insomma, dal decorrere
di una malattia alla giurisdizione, questa parola la possiamo trovare ovunque. E non è per forza un male.
Certo, per noi ha un valore puramente negativo in quanto rappresenta un momento difficile, duro e
spiacevole. Ma ciò che la sua semantica ci racconta è che la crisi è un momento di scelta, di decisione
forte. Per capire fino in fondo è necessario ripulirla dalla sua caratteristica pessimista che si concentra
sul dolore o su un esito negativo. La crisi ci mette di fronte a pericolo e opportunità, e siamo noi ad essere
chiamati, volenti o nolenti, a compiere un’azione.
Yanis Varoufakis, di cui nel paragrafo 2.4 analizzerò una tra le sue opere più importanti in questo
contesto, Il Minotauro Global (1Varoufakis 2011)2 tra le sue pagine ha ammesso come i grandi balzi in
avanti della nostra specie siano stati eventi occasionati da grandi crisi: dalla rivoluzione dell’agricoltura
in seguito a carestie alimentari alle grandi rivoluzioni industriali. Egli sostiene come la crisi sia il
“laboratorio del futuro”. Vero è che la crisi davanti cui la Grecia si trova non puù essere semplificata in
questo modo: è un processo molto più complesso che richiede analisi specifiche della realtà
macroeconomica. Il mio intento nello scrivere queste tesi è, senza alcuna pretesa di completezza,
analizzare i fatti e i temi di geo-politica ricollegabili alla storia del debito sovrano greco, grazie

Varoufakis, Yanis. Il Minotauro Globale . Edited by Asterios. Trieste: Zed Books, 2011.

3
all’apporto di alcuni autori e pensatori contemporanei, e perchè no del passato. Inizierò con un’analisi
scandita nella storia che vede sempre lo Stato ellenico protagonista, dagli anni sessanta con la dittatura
dei colonnelli, all’integrazione della Grecia nella Comunità economica europea, alla crisi contemporanea
del 2009. Così facendo, potremo capire quali siano stati gli eventi e le ideologie che hanno segnato il
pensiero e le ideologie dei partiti attuali in Grecia. Questo punto sarà sviluppato nel secondo capitolo,
che procederà in un’analisi più particolare, incentrata sulla vita politica e sulla nascita del nuovo partito
unico nel suo genere Syriza: esso non trova una collocazione precisa nello spettro politico-ideologico
destra o sinistra. Al timone di questo nuovo partito Alexis Tsipras, di cui sopra è riportata una sua
citazione: emblema della lotta all’austerità, è un personaggio carismatico, che è riuscito grazie alle sue
doti di persuasione e al suo programma “riformista” ad attrarre gran parte degli elettori di altri partiti
come ad esempio KKE o PASOK. In contrapposizione Yanis Varoufakis. A lui ho dedicato uno spazio
per un’analisi della sua grande opera il “Minotauro Globale” per cercare di capire meglio le vere radici
del caos che oggi si sta diffondendo a livello economico e non. Un titolo interessane il suo, che come
vedremo nel suo paragrafo riprende una chiara metafora del crollo del sistema finanziario e i deficit
gemelli accostata ad un celebre figura mitologica greca.
Situato al centro dell’esposizione ho portato avanti la narrazione dei fatti più recenti: dalla
dichiarazione di Papandreu del 2009, ai piani di salvataggio, alla scissione interna al partito per via del
“sì” alle misure imposte dal Brussels Group, finendo poi con la nuova fiducia del popolo greco riposta
nel leader Tsipras. E’ un passo delicato, in cui è racchiuso il cuore del grosso problema del debito
sovrano. Sono spiegati i tre piani di salvataggio, cosa dispongono e d’altra parte cosa pretendono in
cambio. La scissione all’interno del partito vedremo come ha dato vita a nuove forme politiche, nate
dal disprezzo per come Tsipras e l’ala di Syriza più vicina a lui abbiano accettato le dure imposizioni
del Brussels group nonostante la popolazione greca durante il referendum del 5luglio abbia urlato a
gran voce: “Oxi”, “No”. Su questo punto, vi sono stati molti fraintendimenti, anche per quanto riguarda
la comunicazione con i media poichè molte persone estranee ai fatti si sono trovate nella convinzione
che il referendum avesse come finalità l’uscita della Grecia dall’Euro: Tsipras e i suoi, hanno da
sempre scongiurato un esito tale, perche sono ben consapevoli di ciò a cui si potrebbe arrivare.
L’ultima parte della tesi si concentrerà sulla governance economica e quindi sul sistema creato dalle
istituzioni europee volto a stabilire, definire e ottenere gli obbiettivi economici oltre a tentare di
risolvere i grandi problemi tramite strumenti di aiuto. All’interno analizzeremo quali sono i rapporti
che si sono venuti a creare tra Grecia e Germania, con l’ausilio di figure di alto livello nella sociologia
e nel giornalismo odierno come Habermas, Galbraith e Münchau.

4
Questa tesi in definitiva, prende in esame i vari punti di vista, analizza i pro e i contro e alcune possibili
soluzioni. Oggi più che mai il tempo scrseggia e bisognerebbe trovare un accordo imponga misure alla
Grecia per garantirle nel futuro una crescita cospicua e regolare, a lungo termine. Con i memorandum
ad essa imosti non si fa altro che “tapparle le ali” non ricavandone nulla di buono per il suo fururo.

5
I
IL RUOLO DELLA GRECIA NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA: ORIGINI
E SVILUPPI.

1.1 Dalla dittatura dei colonnelli alla costituzione democratico-repubblicana (1967-


1974)3

Nel immediato secondo dopoguerra ebbero luogo numerose tensioni sociali createsi già da prima tra
gruppi di destra e di sinistra con l’esito di una guerra civile durata per quattro anni, durante i quali
salirono al potere numerosi governi deboli dovuti alla profonda instabilità e alla mancanza di
autorevolezza.
Gli anni che dal 1967 arrivano al 1974, sono stati segnati e ricordati come il periodo della “Dittatura
dei colonnelli”, durante i quali si susseguirono una serie di governi militari guidati da colonnelli e
personalità degli ambienti militari che avevano ereditato dalle due Guerre mondiali una politica malata
di “caccia al comunismo”.
Iniziamo dal 1963, anno delle ultime elezioni libere che portarono alla vittoria dell’UDC (Unione
democratica di Centro) con Gerogios Papandreu al vertice: era appena avvenuta l’uccisione di un
parlamentare di sinistra da parte di forze della destra che fecero dimettere l’allora attuale primo
ministro Kostantinos Karamanlis. Questo ultimo governo di Papandreu, per così dire “ufficiale” e
democratico, ebbe vita breve poichè il re Costantino lo costrinse alle dimissioni dopo una serie di
scontri personali dovuti all’organizzazione dell’esercito.
Da questo momento in poi accadrà ciò che diede adito alle tensioni tra le fazioni opposte e che sarà alla
base delle cause del colpo di stato: una serie di governi deboli e incapaci di ottenere la fiducia in
parlamento con una conseguente instabilità politica.
All’interno dell’esercito emerse Georgios Spantidakis, condottiero che guidò undici militanti alla
ricerca di un piano per far salire al potere Panagiotis Pipinalis. Tale piano venne chiamato Prometheus
e ottenne l’approvazione del re. Di grande rilievo fu anche il colonnello Georgios Papadopoulos che fu
alla guida di un gruppo di ufficiali che parallelamente al gruppo di Spantidakis intervenne senza
preavviso ma d’altro canto senza opposizioni, e riuscì ad arrestare il primo ministro Kannellopoulos.

6
La mattina successiva Papadopoulos e Spantidakis si recarono presso la residenza del re Costantino che
decise senza esitare di collaborare. Per questo atteggiamento, il re sarà in futuro punito dai suoi
cittadini poiché accusato di tradimento.
Si formò così in ventiquattro ore un nuovo governo, il primo della dittatura dei colonnelli, presieduto
dal civile Kollias. Punto chiave della questione fu il repentino cambiamento che diede un’impronta
militare e dittatoriale fin dal primo momento, adottando in prima istanza un atto costituente col quale si
aspirava alla cancellazione delle elezioni e della costituzione stessa guidando il paese unicamente
attraverso decreti. In secondo luogo, venne approvata la legge marziale, la tipica legge che usualmente
viene adottata in seguito a colpi di stato e che affida l’amministrazione statale ai tribunali militari
limitando parte dei diritti civili dei cittadini come sanzioni più severe rispetto alla legge ordinaria e in
alcuni casi è anche introdotta la pena di morte.
Le ideologie della Giunta militare alla guida del paese si può dire avessero punti in comune con in
fascismo: erano caratterizzate da un forte anticomunismo e nazionalismo, presenza di un capo
carismatico in cui si incarna il leader e l’ uso della censura in ogni ambito sociale ( ad esempio vennero
proibite le letture di Sofocle, Tolstoj, Euripide, l’ascolto di musica moderna e la libertà di stampa venne
a mancare). Regnava una forte intromissione nella vita privata al fine di omologare i pensieri e i
comportamenti, si tentò un ritorno a un passato mitizzato con conseguente manipolazione della cultura,
cerimonie e adunate. Frequente uso sistematico del terrore con repressioni, arresti, tortura e riapertura
dei campi di prigionia nelle isole. Così facendo, anche il più naturale dei diritti civili venne soppresso:
furono sciolti i partiti politici e gli istituti tributari, come sopra riportato, sostituiti da tribunali militari
speciali.
I rapporti tra la giunta militare andarono piano piano deteriorandosi e il 13 dicembre quest’ultimo
decise di intervenire sostenuto Stati Uniti, per formare con l’aiuto delle truppe a lui più fedeli un
governo alternativo a quello militare. Il piano fallì clamorosamente e il re decise di ritirarsi in esilio con
la famiglia mantenendo la reggenza seppur formale in Grecia. Questo colpo di stato venne definito da
Papadopoulos, nuovo primo ministro nominato dal generale Zoitakis, come “Il primo putsch militare
della CIA in Europa”.
Papadopoulos, attraverso la propaganda, esaltò il mondo rurale, accostandosi alla figura del contadino
povero, conservatore, religioso; si propose come amico dell'uomo qualunque. Fu promotore di un
rigido conservatorismo, chiuso e ostile nei confronti della cultura occidentale.
Per ottenere maggior consenso popolare dunque intraprese una politica economica di sviluppo delle
aree rurali, spesso trascurate.

7
Nel sessantasette si iniziò a organizzare l’opposizione anche all’interno della stessa destra. Il contesto
d’allora era sempre più aggravato dalla crisi economica, appesantendo i malumori all’interno del Paese.
Il governo procedette per incarcerazioni senza processo e tortura.
Il 13 agosto 1968 un gruppo clandestino dell’opposizione tentò di assassinare Papadopoulos.
L’attentatore Alekos Panagulis venne condannato a morte ma la sua esecuzione non avvenne mai per
timore delle reazioni nazionali e internazionali.
Nel sessantanove, il Consiglio d’Europa escluse la Grecia per violazione dei diritti umani e il 19
settembre 1970 lo studente dissidente Kostas Georgakis si suicidò a Genova per protesta contro la
dittatura ellenica.
Un’importante impulso che stabilì l’inizio della fine della dittatura fu compiuto dagli studenti del
Politecnico di Atene che mossero una forte reazione nei confronti della Giunta. Questa rispose
ordinando la repressione con l’aiuto di un carro armato: ventiquattro civili persero la vita.
E dunque viste le immani proteste che da anni si alzavano, il nuovo generale Dimitrios Ioannides
rimosse Papadopoulos dall’incarico.
Ioannides tentò allora un colpo di stato a Cipro per rovesciare l’arcivescovo Makarios ma si finì
sull’orlo di una guerra contro la Turchia.
Finalmente, le prime e vere elezioni libere si poterono ottenere dopo il tentativo di formazione di un
governo di unità nazionale, dopo la nomina di Gizikis in qualità di nuovo presidente. Questo propose
l’incarico a Karamanlis che vinse nel 1974 con il suo nuovo partito “Nuova democrazia”. Nello stesso
anno Karamanlis legalizzò il Partito comunista greco che entrò a far parte ufficialmente dell'EDA
(Ενιαία Δηµοκρατική Αριστερά), Unione Democratica della Sinistra, che aveva già sostenuto durante
la proibizione e la clandestinità. Questo è l’anno in cui finalmente venne redatta la Costituzione greca
che tutt’ora è in vigore e che pose fine al periodo della dittatura militare. Oggi il capo di stato è il
presidente della Repubblica e svolge prevalentemente funzioni di rappresentanza e cerimoniali. Il
potere legislativo è invece esercitato da un parlamento monocamerale, composto da 300 membri. I
deputati sono eletti per un mandato quadriennale con un sistema di tipo proporzionale, che prevede uno
sbarramento del 3% e un premio di maggioranza di 40 seggi da assegnare al partito che ottiene più voti.
Dalla ripresa della normalità democratica nel 1974, la politica interna greca ruota principalmente
attorno a due partiti e alla loro alternanza alla guida del paese: uno socialdemocratico, il Movimento
socialista panellenico o Pasok, l’altro liberal-conservatore, la Nuova democrazia.

8
1.2 Il PASOK e l’adesione della Grecia alla CEE

In concomitanza con la “caduta” dei colonnelli e il ripristino delle istituzioni democratiche e della
costituzione, venne fondato il PASOK, il Movimento Socialista Panellenico, nel 1974 dal leader
socialista e crismatico Andreas Papaendrou figlio del liberale Georgios Papandreu protagonista
durante l’era dei colonnelli, dinastia da cui sarà guidato per 24 anni. Da sempre animato dai principi di
indipendenza, democrazia, sovranità popolare ed emancipazione sociale, è stato uno dei principali
attori che hanno spinto lo Stato ellenico all’adesione alla Comunità europea. L’affermazione vera e
prorpia del movimento socialista arriverà nel 1981, in cui il partito ottenne 161 seggi in parlamento e il
45% dei voti che premise a Papandreu di approvare diverse riforme radicali, aumentando lo stato
burocratico e I programmi sociali. Che ruolo occupa il PASOK oggi? Syriza è andata a sostituirsi al
Pasok nel corso degli ultimi anni ma se questo è successo è in un certo senso merito del Pasok, a causa
forse dell’allentamento dell modo d’agire socialista di fronte alle situazione imposte dalla Troika.
Molti greci vedono oggi Tsipras come un nuovo Andreas Papandreou e l’avvicinamento non è casuale:
entrambi i personaggi, una volta emersi come leader di sinistra, hanno vinto la loro prima elezione
grazia ad un programma innovativo e radicale. In seguito Papandreou si dimostrò socialdemocratico
fino alla fine abbandonando le promesse fatte prima di lui di un’uscita della Grecia dalla Nato e dalla
Cee, sostenendo il benessere dei lavoratori e il progresso civile. Papandreou pero’ non ebbebisogno di
allearsi con un partito di destra come è successo alle ultime elezioni di settembre 2015, né il suo Paese
i trovò in una crisi come quella odierna, né le istituzioni europee furono a lui ostili. Ritornando alla
storia del PASOK, in concomitanza con la sua ascesa al potere, la Grecia divenne Stato membro dell’
Unione Europea anche se il suo cammino verso l’adesione iniziò già nel 1961 con il Trattato di Atene4.
La Grecia fu infatti la prima a stipulare un contratto con la comunità europea, ma a causa delle
divergenze con gli altri paesi fu sempre tenuta al margine della comunità e subì dei processi di
allentamento anche durante la dittatura dei colonnelli, durante la quale fu esclusa dall’ ONU. Mosse i
primi passi decisivi nel 1976 dopo aver presentato domanda formale di adesione il 12 giugno 1975.
Nonostante le critiche negative nel confronti di essa che la consideravano lontana dai criteri necessari,
il trattato di adesione fu firmato il 28 maggio 1979 e la Grecia potè divenire membro ufficiale appunto

4
Trattato di Atene: stipulato nel 1961, era mirato al rafforzamento della coesione ecooperazione tra gli
stati assicurando uno sviluppo e un innalzamento delle condizioni di vita della popolazione. (IL primate
sfuggente. L’Europa e l’intervenzo per lo sviluppo. Franco Angeli)
9
nel 1981. La ragione principale che nonostante il dislivello tra i vari stati indusse gli questi ad
accogliere la Grecia, sta in una motivazione politica ma anche economica: si potè vedere in tale zona
una possibilità di sfruttamento delle ricchezze minerarie e della sua disponibilità di forza lavoro a
basso costo come del resto gli altri paesi della zona mediterranea Spagna e Portogallo. A convincere
in definitiva ad aprire i negoziati fu anche la posizione strategica dal punto di vista geografico che
rappresenta però due face della stessa medaglia: la sua posizione “defilata” ha contribuito a lasciare il
Paese sempre al margine della comunità. Dal momento in cui lo Stato greco ha effettuato il suo
ingresso nella comunità, esso ha sempre fortemente voluto far parte della comunità europea, anche
successivamente in quella monetaria: si ritenne che gli effetti positivi derivanti dall’adesione sarebbero
stati di gran lunga maggiori di quelli che si sarebbero avuti non aderendo. Heater Denise Gibson5 in un
working paper6 da lui redatto per conto della Banca di Grecia esaminò i principali vantaggi che
portarono ad un “allungamento degli orizzonti” che stimolò gli investimenti privati e favorirono quindi
una crescita economica più stabile e duratura. Infatti, subito dopo l’adesione della Grecia alla
Comunità europea, si abbassarono le aspettative di inflazione e dunque I tassi d’interesse. Con
l’eliminazione delle fluttuazioni di cambio si ridussero i premi per il rischio e I tassi d’interesse
nominali: dal 2001 al 2008 la Grecia ha beneficiato di un periodo espansivo di crescita economica che
ha visto il Pil reale aumentare in media del 3,9% l’anno. Qual’è stata allora la nota negativa che ha
dimostrato come l’adesione della Grecia non è stata del tutto funzionale? Le condizioni
macroeconomiche in cui la Grecia si trovò furono positive, ma la stabilità economica non trovò mai
pace: continui squilibri e mancata capacità del governo di approfittare del period favorevoe per
revisionare e diminuire la spesa pubblica non migliorarono la condizione greca, che già al momento
dell’adesione non era del tutto ottimale. Fra gli indicatori stabiliti a Maastricht, venne reso obbligatorio
il rispetto della convergenza macroeconomica e quindi bassi e stabili tassi di inflazione. La situazione
in realtà divenne subito difficile perchè oltre ad aver raggiunto un elevato rapport debito/PIL, la Grecia
registro il più alto tasso d’infazione pari al 19,8 per cento. Ad aggravare il colpo fu il fatto che la
Banca Centrale Europea, nonostante vi possano essere all’interno dell’Unione dei paesi in cui la
determinate fase sia caratterizzata da rallentamento, è gestito in modo del tutto indifferenziato. Per
quanto riguarda i termini di adattamento alle politiche comunitarie, le furono concessi cinque anni per

5
Heather.D. Gibson è il direttore e superviore della Banca di Grecia dal 2011.
6
Heather D. Gibson,Stephen G. Hall, George S. Tavlas, The effectiveness of the ECB’s asset
purchase programs of 2009 to 2012,. Bank of Greece21 El. Venizelos Avenue, 10250 Athens,
Greece
10
quanto riguarda l’papplicazione delle leggi sulla libera circolazione delle merci e sette anni per la
Politica Agricola Comune. (PAC)
Visto tutto il procedimento della Grecia, in generale come funziona il processo di adesione per divenire
uno stato membro? Prima di tutto, può diventarne membro qualsivoglia paese che rispetti i valori
riportati dall’art 2 TUE7. La candidatura dev’essere presentata al Consiglio, il quale delibererà
all’unanimità. Questo poi, deve trasmettere un’informativa al Parlamento europeo e ai parlamenti
nazionali. E’ richiesto dalla Commissione un report che deve essere stilato dal Consiglio circa il Paese
candidato ed eventuali riforme che esso dovrebbe approvare per il rispetto dei criteri di adesione.
E’ necessaria l’ approvazione del Parlamento europeo, a maggioranza dei membri che lo compongono e
prima della formale apertura dei negoziati di adesione, hanno avvio relazioni politiche ed economiche
sempre più strette con lo Stato coinvolto, attraverso una strategia di preadesione consistente nella
conclusione di accordi su specifiche questioni. Come ultimo passo vi è la firma e ratifiche del Trattato di
adesione da parte di tutti gli Stati membri UE e dello Stato di nuova adesione. Ma quali sono i criteri di
cui si è parlato prima per far si che uno stato abbia tutte le carte in regole per aderire all’Unione europea?
Il Trattato di Lisbona ha formalizzato la necessità di tener conto di questi specifici criteri “standard”
predisposti dal Consiglio europeo. Nel 1993 fissati i criteri-guida, si evinse che gli stati aspiranti alla
condizione di stato membro avrebbero dovuto superare evenutali manchevolezze in ambito politico
economico, giuridico. Il primo criterio politico richiede istituzioni democratiche stabili e il rispetto dei
diritti fondamentali, delle minoranze. Il criterio economico riguara invece la stabilità e l’affidabilità
economica dello stato, soprattutto la sua capacità di reggere il regime concorrenziale del mercato unico.
Dal punto di vista giuridico, lo stato deve rispettare gli obblighi imposti facenti parte dell’acquis
comunitario.
Sono molti i benefici che ne derivano, e non ci si stupisce di fronte a questo lunghissimo processo di
allargamento che è durato più di cinquant’anni. Oltre ai vantaggi economici e politici che si possono
riscontrare come abbiamo visto, già solo l’estensione della zona di pace, stabilità e prosperità in Europa
comporta una maggiore sicurezza per tutti i cittadini UE. Per ottenere questi benefici devono essere

7
Trattato sull’Unione Europea art 2: <<L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana,
della libertà, del- la democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani,
com- presi i diritti delle persone appartenenti a mi- noranze. Questi valori sono comuni agli Stati
membri in una società caratterizzata dal plu- ralismo, dalla non discriminazione, dalla tol- leranza, dalla
giustizia, dalla solidarietà e dal- la parità tra donne e uomini.>>

11
rispettate le condizioni per un efficace allargamento, i futuri Stati membri devono raggiungere gli
obiettivi e rispettare tutti i criteri per aderire e allo stesso tempo l’UE si deve preparare adeguatamente
ad accoglierli. Le asimmetrie e gli squilibri, così come l’instabilità finanziaria possono causare forti
problemi e, se trascurati possono avere un esito simile a ciò che oggi sta succedendo in Grecia, anche
perché se le differenze strutturali economiche e finanziarie continuano a persistere all’interno degli stati,
non si riuscirà ai a realizzare ciò che è stato appena citato.

12
1.3 Dagli anni Novanta alla crisi del 2009

Per via della sua localizzazione, la Grecia ha sempre rappresentato un punto delicato e strategico, una
zona calda, da sempre minacciato da conflitti con potenze a lei vicine e periodi di crisi, come ad esempio
con la Turchia, e contese riguardo Cipro. Durante la guerra fredda, è stata da un lato vittima
dell'irrefrenabile espansionismo sovietico ed ha rappresentato d'altra parte l'argine della politica di
contenimento al comunismo. Ha sempre prestato una posizione di cooperazione nelle lotte internazionali
alla criminalità e al terrorismo, al confine tra il mondo cristiano e quello musulmano. Oggi oltre la crisi
da cui è martoriata, si trova a dover affrontare il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Ma vediamo
il percorso che ha compiuto e il perchè siamo arrivati a questo punto. Torniamo su un punto già di
discusso in occasione della sua adesione alla CEE: già dagli anni ottanta la Grecia presentava un debito
pubblico che di certo non venne alleggerito dal fatto che divenne uno strumento per ottenere consensi,
assicurando un impiego pubbligo in cambio di un voto. Negli anni novanta, la Grecia continuò ad essere
impegnata dal punto di vista politico in dispute problematiche per via dei suo vicini: la Macedonia si
mosse per ottenere la prorpria autonomia nonostante la Grecia la sentisse parte del suo patrimonio
culturale e tradizionale. Ne seguì che la Grecia impose un blocco economico alla Macedonia, durante il
governo per essersi approrpiata di un nome che apparteneva alla Grecia: si dovrà aspettare fino al 1995
per veder riconosciuto dall’ONU la Repubblica ex Iugoslava di Macedonia. Nel 1999 le difficoltà
economiche slittarono ancoral’ingresso del paese nell’area euro. Le politiche che vennero adottate per
fronteggiare una riduzione del debito vennero ricercate in politiche espansive mirate all’aumento dei
consumi. L’errore principale che ha fatto la Grecia nel decidere le proprie sorti è stato quello di aver
approfittato della credibilità che un ingresso nell’Unione Monentaria gli avrebbe arrecato, aumentando
la spesa pubblica con politiche fiscali appunto espansive e manetentendo un deficit di bilancio di circa il
6 per cento anzichè iniziare subito con una politica più rigorosa per risanare quel “modesto” deficit. Di
conseguinza, una volta entrata a far parte della zona euro, nel 2002, non risultò in linea con i parametri
del patto Patto di satbilità e crescita8 e da quell momento ebbe inizio la crisi del debito sovrano di cui
oggi stiamo discutendo. Nel 2004 la città di Atene, decise di ospitare i giochi olimpici di Atene, che però

8
Il Patto di stabilità e crescita(PSC) stipulato nel 1997, impone dei parametri per cui no stato membro
della zona euro ha l’obbligo di mantentere il rapporto tra deficit e PIL del 3 per cento.
13
portarono un pesantissimo sgravo alla bilancia: sette miliardi di euro che aumentarono il disavanzo di
circa il 5 per cento del Pil nel 2004. Ma arriviamo al punto cruciale: nell’ottobre 2009 le elezioni vennero
vinte dal PASOK guidato da George Papandreou, che ereditò il governo con un ammontare di 367
miliardi di euro di debiti, arrivati da tutti i costi sostenuti senza un regime fiscale di controlli su entrate e
uscite. Esattament il 18 ottobre, Papandreu annuncia che il deficit di bilancio tocca il 12% del PIL, il
doppio rispetto all’anno della sua entrata nell’Euro, circa 5 anni prima. Allorchè Fitch Ratings abbassa
il rating della Grecia da A- a BBB+ fino a far diventare i bond di Atene spazzatura (junk bond): siamo di
fronte ad un calo di fiducia degli investitori e ad una serie di downgrading da parte delle maggiori che
hanno fatto schizzare alle stelle gli interessi sul debito pubblico, mentre i tagli subito operati dai governi
hanno di fatto contratto la domanda interna. La criticità della situazione finanziaria del paese, a causa di
un deficit pubblico al 12,7 per cento del PIL ovvero 4 volte superiore ai limiti con una disoccupazione
che al 10 per cento, indussero il governo di George Papandreou a promuovere misure di austerità, che
hanno provocato una serie di scioperi varando anche norme finalizzate a combattere l'evasione fiscale.
Dopo aver indetto per poi disdire un referendum sulle politiche d'austerità imposte dall'UE, dalla BCE e
dal FMI, Papandreou si dimise da primo ministro il 10 novembre 2011, nondimeno resta il leader del
Pasok fino al 18 marzo 2012 che gli succederà Evangelos Venizelos.

II
14
La Storia di Syriza

2.1 La nascita della coalizione.

Finora non abbiamo parlato del partito che ora al governo, sta guidando le sorti della Grecia: Syriza.
Dai larghi consensi popolari, la motivazione può essere ricercata analizzando il binomio mutualismo-
austerità. Il popolo Greco infatti, soffocato dall’austerità imposta dal Brussel group, ha visto in Syriza
l’unica via per veder valorizzati i propri diritti e bisogni, riponendo in essa grande fiducia. Fin dall’inizio,
Syriza ha sostenuto l’auto-organizzazione dal basso dei cittadini, con ambulatori per tutti, scuole
popolari, mense del mutuo soccorso e cooperative socio-lavorative. Il segreto del successo che ha portato
a raccogliere il 36 per cento dei consensi (partendo dal 4,7 per cento iniziale), sta dunque nell’aver seguito
la corrente del “Mutualismo”, mettendo in pratica utenze socio-lavorative per contrapporsi alla crisi
umanitaria aggravate dall’austerità imposta allo stato ellenico. Il partito ha operato scendendo e recandosi
in prima persona nei luoghi dove si percepisce il bisogno e povertà.
Una mensa comunale attrezzata di tutto ciò che possa offrire assistenza a tutti i cittadini si trova proprio
nei pressi dell’agorà di Atene: dalle scarpe e vestiti al cibo in scatola.
Alcuni volontari hanno affermato che se prima della crisi venivano preparati un centinaio di pasti durante
il pranzo, ora la media giornaliera è di 350 pasti. E’ un dato allarmante che fa capire come in pochi anni
la situazione sia degenerata e tocchi più strati della società.
La politica del primo partito greco è quella di dare un aiuto pratico: ha creato un mutualismo che cerca
di coprire le manchevolezze dello Stato, laddove il welfare non arriva. Quest’ultimo è stato smantellato,
con tagli a scuola e università. Ma com’è nata questa forza popolare? Tornaimo negli anni ottanta, dopo
la fine della dittatura dei colonnelli con la sfrenata lotta al comunismo: ù il partito comunista KKE venne
decretato come legale e al suo interno vi si creò una biforcazione: un’ala rappresentata dagli
eurocomunismi e la parte del KKE stalinista. Le due fazioni del KKE, sebbene distanti, si allearono per
formare la coalizione del SYNASPISMOS, che raggruppava i gruppi con ideologie di sinistra.
Durante gli anni novanta, il SYN ha un cambio di rotta, e inizia ad appoggiare il partito di destra NEA
DIMOKRATIA per evitare la formazione di un proprio governo al PASOK socialista.
In seguito alla dissoluzione dell’URSS, il KKE filosovietico subì una profonda crisi, che decretò una
nuova separazione che vide gli eurocomunismi identificarsi sempre e comunque nel SYN e la parte
contrapposta filosovietica ritornare al loro partito d’origine, il KKE, diventando due gruppi nettamente

15
distinti. L’ascesa del SYN fu molto lenta e i primi risultati li ottene nel 1996, anno in cui acquista più
forza con una percentuale del 5,1 per cento di seggi in parlamento.
Il momento cruciale, nel 2000, vede una crisi di partito all’interno del SYN e così un gruppo di questo
propone un’alleanza strategica con i socialisti del PASOK che però ebbe un riscontro negativo tale da
creare un’ulteriore scissione: un gruppo sostanzioso passa dal SYN al PASOK.
E’ nel 2004 che appare per la prima volta il SYN come lo conosciamo noi oggi: essendosi ristrtto in
numero, si decise di creare un’alleanza con i piccoli partiti di estrema sinistra: DEA, KOE, AKOA,
KEDA. E’ una coalizione che nell’insieme prende e raccoglie a se varie formazioni, dalla trozkista alla
maoista, assieme alle sinistre ecologiche.
Questa coalizione di partiti e politici indipendente prese il nome di SYRIZA (ΣΥΡΙΖΑ) che nel 2012
arrivò ad adattarsi su grande scala alle nuove esigenze e ridimensionandosi dal punto di vista interno si
costituì come un partito unico. Una nuova vita, ma partendo sempre con il piede sbagliato: la coalizione
SYRIZA inizialmente non ebbe granché successo, ma in occasione del IV Congresso del Sinaspismos a
larga maggioranza il partito decise il suo rilancio ristabilendo le sue basi programmatiche
Nelle elezioni del 2012 Syriza ottenne la prima grande avanzata, raccogliendo il 16,8% e aggiudicandosi
il secondo posto nel panorama dei partiti greci.
Nello stesso anno si ritornò alle elezioni vista l’impossibilità di ottenere la maggioranza e in queste
seconde elezioni Syriza balzò in avanti con il 26,8% di voti.
Per le recentissime elezioni del 2015 l’ obbiettivo di Syriza è stato quello di rendersi pronta a prendere
in mano il governo del paese europeo che più ha pagato il prezzo della crisi neoliberista, mettendo in atto
politiche di radicale discontinuità con lo schema neo-monetarista imperante nel vecchio continente, senza
dover per questo rinunciare alla permanenza nell’Europa politica e monetaria.

16
2.2 L’ideologia politica di Syriza: in cosa è differente dal partito comunista.

Syriza può essere a prima vista scambiato per un partito comunista, o comunque di estrema sinistra, la
verità è che tra i due partiti vi è una grande differenze. Partiamo dal partito comunista greco, il KKE dai
cui certo però Syriza ha tratto le sue origini anche: una lunga storia politica quella greca, ha portato, al
momento della creazione del secondo governo di Syriza, Tsipras ad optare per un’alleanza con la destra
conservatrice piuttosto che con il suo più simile KKE. La verità è che tra i due partiti non scorre buon
sangue e nonostante siano entrambi contrari ai memorandum della Troika, la differenza ideologica c’è
ed è forte. Nonostante la sinistra, anche quella radicale fino ad ora si riconosca in Syriza, il KKE è ancora
saldo e forte e rappresenta un punto significativo a livello locale, nei sindacati, nei movienti giovanili e
in quelli agricoli. Durante gli anni novanta, punto cruciale in cui la sinistra si trovò di fronte ad un bivio,
il KKE ritornò alla dottrina comunista marxista-leninista ed affrontò le elezioni con risultati del tutto
dignitosi, rimanendo sempre sopra il cinque per cento dei consensi, arrivando a toccare nel 2007 l’otto
per cento. La scivolata del KKE avvene negli ultimi tempi proprio a causa delle vittorie di Syriza, che
attrasse metà dell’elettorato comunista. Nonostante Tsipras in passato abbia più e più volte tentato una
collaborazione in nome del sentimento anti Troika, il KKE ha da sempre rifiutato un avvicinamento e
anche in maniera diretta. Nel documento “Syriza: la forza di riserva sinistra del capitalismo” emesso dal
Comitato Centrale del KKE di Elisseos Vagenas, vi è un’analisi del partito di Tsipras e viene spiegato
con chiarezza il perchè il KKE si discosta da questo gruppo politico e cosa è davvero giusto fare secondo
il partito comunista greco. Ecco riportate di seguito le righe centrali del documento che esprimono con
pienezza questo concetto:
“In queste condizioni, il KKE ha dichiarato con fermezza che quella con cui abbiamo a che fare è una crisi del
sistema stesso, che rende necessaria la rottura, l'uscita dalle unioni imperialiste, UE e NATO, la socializzazione
dei mezzi di produzione e la costruzione di un'altra economia, un'altra società votata al soddisfacimento dei
bisogni del popolo e non al profitto. Al contrario, la Coalizione della Sinistra Radicale (SYRIZA) cede su ogni
posizione ideolgico-politica pur di riuscire a diventare il principale partito di opposizione. Vale la pena
menzionare alcuni elementi riguardo le posizioni di questo partito, specialmente nel periodo corrente, da quando
è stato promosso dal Partito della Sinistra Europea (PSE) a "forza per il rovesciamento" e da quando le forze del
PSE sono rappresentate dal suo presidente, Alexis Tsipras, come candidato alla carica di presidente della
Commissione europea”.
Syriza inoltre, fondando la sua critica esclusivamente al “capitalismo neo-liberista” sta, sempre secondo il partito
comunista greco, portando avanti un inganno nei confronti dei lavoratori che si illudono possa esistere un
capitalismo “buono”. Inoltre, per quanto riguarda l’argomento del debito pubblico, esso sostiene che il debito è

17
nato a causa della volonta di soddisfrae le esigenze “della redditività del capitale” e della spesa per i programmi
di armamento della NATO. I lavoratori per cui non ne hanno colpa e “non devono farne le spese”. Seguono altre
critiche al sistema della PAC, e ai processi di contrazione di produzione e all’opportunismo di Syriza, che a occhio
dei comunisti si nasconde dietro una ad un opportunismo sfrenato, che si nasconda dietro il dominio dei monopoli.
Per via di queste ragioni, il KKE decise di uscire dal GUE in dissenso all’egemonia poitica di Syriza e si considera
fieramente isolato dagli altri partiti. Il KKE è statol'unico partito in Grecia ad opporti al Trattato di Maastricht e
all’adesione della Grecia all’UE ed è radicalmente contrario alle politiche portate avanti da PASOK e NDdi
smantellamento della base produttiva, austerità e disoccupazione. Syriza, come già ribadito, nata se così si può
dire dal KKE, è considerabile come un’unicità: non si identifica in nessuna posizione precisa, non puo’ definirsi
portavoce del comunismo e nemmeno della socialdemocrazia, giudicata come una corrente “geneticamente
modifcata” per aver fatto suoi anche i credo neoliberisti, tuttavia si sta facendo spazio verso un nuovo cammino.
Si potrebbe parlare di un esperimento che sta prendendo piede anche in altri paesi come in Spagna con Podemos
e in alcuni stati dell’America Latina . Syriza e’ figlia come abbiamo visto nel paragrafo precedente (2.1)di un
processo iniziato negli anni Novanta, dal Synaspismòs, rispondendo alle esigenze del tempo di dei partiti post-
comunisti di rivedere la propria ideologia abbandonando la strada del marxismo e avvicinandosi a quella del
socialismo; questa è la linea di fondo che guida Syriza nel suo operato. Il potere, è visto lontano dall’essere in
mano al popolo: la Sinistra non ne deve abusarne, ne’ de deve essere esercitato solo da chi governa. In aggiunta,
la critica all’austerity è sempre più condivisa e questo potrebbe recare qualche lieve vantaggio al partito ellenico
nelle sue trattative con l’Unione. All’iniziale terrorismo politico dei governi europei nei confronti della probabile
vittoria di Tsipras si è infatti sostituita, nelle due settimane precedenti il voto greco, una presa di posizione più
conciliante: dare aiuto alla Grecia

18
2.3 Il programma del partito.

Il leader di SYRIZA, Alexis Tsipras ha dichiarato fin da subito di non voler uscire dall’Euro, ma liberare
la grecia dall’inferno in cui sta vivendo a causa di, come si è già detto, misure di austerità. E’ anche per
questo che ha promesso all’elettorato di cancellare gli accordi presi con la Troika e anche in virtù di tale
promessa che ha ottenuto una larga maggioranza alle elezioni.
La domanda però sorge spontanea: Come ha intenzione di riequilibrare la situazione e riparate un debito
pari al 176% del Pil? in più in un paese dove più di 1 persona su 4 è disoccupata?? E’ ottimista Tsipras,
e ha steso un programma aiutato dagli altri componenti di SYRIZA in cui prevede di ricostruire
l’economia greco attraverso i 4 pilastri del Piano di Ricostruzione Nazionale:

1° : Affrontare la crisi umanitaria (€1.882 miliardi)


2° : Riavviare l’economia e promuovere la giustizia fiscale(€6,5 miliardi)
3° : Riconquistare l’occupazione(€ 3 miliardi)
4° : Trasformare il sistema politico per rafforzare la democrazia(€0)

Per attuare tale programma si dovrà incorrere in un costo totale di €11.382 miliardi al fine di invertire la
catastrofe sopraggiungente del Settore Privato per Investimenti sui fondi pensione e i singoli
obbligazionisti e ripristinare in modo graduale le pensioni. Una stima prevedere che i ricavi totali saranno
di €12.000 miliardi
Dunque, tirando le somme del programma, possiamo dedurre che l’obbiettivo di Tsipras o per lo meno
uno dei mezzi x porre fine alla crisi non è quello di uscire dall’Euro, almeno non da parte sua. Egli si
mostra radicalmente diverso infatti rispetto ad altri partiti e movimenti anti-europei come ad esempio ad
Alba Dorata. Egli afferma che il suo nuovo governo, avrà un
«mandato di negoziazione» per aprire una trattativa con le istituzioni europee della Troika. Il piano di
ricostruzione nazionale che vede riforme nei quattro pilastri, andrà a sostituire il memorandum
sottoscritto con la Troika. In breve visti già i 4 punti si andrà a : migliorare la sanità pubblica e assumere
più medici e infermieri (negli ultimi anni solo ad Atene hanno chiuso otto ospedali; la spesa pubblica per
la sanità in Grecia è stata ridotta del 25 per cento tra il 2008 e il 2012);
di concedere l’elettricità e il trasporto pubblico gratuitamente per una parte della popolazione; di fornire
sussidi per il cibo e le case.

19
Tsipras ha poi parlato di un’introduzione di una patrimoniale sulle grandi proprietà e di un salario
minimo di 751 euro, di creare nuovi posti di lavoro e di rafforzare la democrazia, tagliando anche i costi
della politica.
Tra le risposte indicate dal premier, una punta verso la lotta all’evasione. Una piaga che, secondo le stime
dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, costa al fisco greco la bellezza di 20
miliardi di euro in mancati introiti ogni anno. Ma convincere gli evasori a pagare le tasse richiede tempo.
Tanto più in Grecia, dove l’evasione fiscale è talmente diffusa da essere considerata, per così dire, uno
sport nazionale.

20
2.4 Yanis Varoufakis e il Minotauro globale

Tra i protagnisti del caso Grexit spicca Yanis Varoufakis, un personaggio che fin dal primo momento ha
sucitato simpatie ed antipatie. Figura centrale del dibattito pubblico, ha da sempre attaccato i dogmi
dell’austerità e del neoliberalismo. Anticapitalista convinto, dopo un passato divisio tra Inghilterra,
Australia e la sua amata Grecia, ha colto al volo la proposta di Alexis Tsipras di candidarsi nella lista di
Syriza: “Quando un partito politico che sta per salire al governo ti offre l’opportunità di implementare
quelle politiche che vai proponendo da anni, sarebbe da codardi tirarsi indietro”9, dice. “Chi mi conosce
sa che sono anni che mi sforzo, come tanti altri, di elaborare proposte realistiche e ragionevoli per
risolvere la crisi dell’euro. Ma ormai ho capito che queste proposte non hanno alcuna speranza di essere
ascoltate se non vengono portate al tavolo dell’Eurogruppo”. E’ nato poco prima dell ‘inizio della
dittatura fascista dei colonnelli, nel 1961. La sua aspirazione, il sacrifici e gli studi sono stati fatti tutti in
nome della libertà e solo chi ha vissuto pare della sua vita sotto ad un regime dittatoriali sa veramente
cosa sia la privazione di essa. Allo scoppio della crisi nel 2008, tramite il suo blog 10 , i riflettori si
spostarono su di lui, diventando una delle maggiori voci critiche del continente. Una delle sezioni del
suo blog è intitolata “Greek Implosion” e al riguardo egli scrive: You may have noticed that I have
refrained from using the title ‘Greek Crisis’. This is not because Greece is not in crisis. Rather, it is
because I have maintained for many years now that Greece is caught up in a crisis of Europe’s overall
design. Greece imploded because it was entangled in a European design that could not survive the
aftershocks of the Crash of 2008. 11 In corrispondenza con tale citazione in linea col suo pensiero, si può
nominare il suo saggio “Il Minotauro Globale”12 con il quale ci spiega le vere ragioni dello scoppio della
crisi mondiale nel 2008 e, assieme al suo co.autore Joseph Halevi, quanto le carenze dell’America nei
primi duemila ebbero un ruolo assurdo, decisivo. Presentando le iportsi dell’inversione del flusso delle
eccedenze commerciali e finanziarie tra gli Stati Uniti e il resto del mondo, veniva sostenuta la tesi
secondo la quale il problema delle unioni monetarie sia il fatto che i “flussi commerciali e di capitale
possano rimanere sistematicamente squilibrati per decenni se non per secoli.”13 Che sia all’interno di un
paese, o di una confederazione il risultato non cambia: ci sarà sempre una regione/stato che registrerà

9
Thomas Fazi, Varoufakis, un marxista alle Finanze di Atene, Il Manifesto, 27 gennaio 2015.
10
Yanis Varoufakis, thoughts for the post-2008 world.
11
Ibidem.
12
Varoufakis, Yanis. Il Minotauro Globale . Edited by Asterios. Trieste: Zed Books, 2011.
13
Varoufakis, Yanis. Il Minotauro Globale . Edited by Asterios. Trieste: Zed Books, 2011, pag. 76
21
sempre un eccedenza commerciale nei confronti di un’altra regione/stato e viceversa. Se invece
prendiamo due controparti con una propria valuta, questo dislivello verrà mitigato dal tasso di cambio,
che man a mano si aggiusterà per colmare gli squilibri. Varoufakis in queste righe espone come sia il
problema dell’unità monetaria e quello ad essa collegato delle eccedenze a creare questi squilibri. In
Europa quest’unione non ha funzionato perfettamente, ciononostante non ha mai dichiarato di volere il
Grexit come spesso gli è stato rinfacciato, al contrario: ha da sempre reso manifesto come sarebbero
tragiche le conseguenze in caso di Grexit: “L’uscita della grecia dalla moneta unica sarebbe l’inizio
della fine per il progetto euro[...]Se ci si trova in un’unione monetaria, uscirne è catastrofico.[...] una
volta che si mette in testa agli investitori che l’euro non è indivisibile è solo una questione di tempo
prima che tutto inizi a disfarsi. La Grecia ha fatto enormi passi avanti raggiungendo un accordo. Spetta
ora alle istituzioni fare la loro parte. Noi li abbiamo incontrati a tre quarti del percorso oradevono
venirci in contro loro nell’ultimo quarto del cammino.”14
Tornando allla sua opera, Il Minotauro, Varoufakis sceglie di rappresentare la genesi della crisi globale
partendo da una metafora: il Minotauro, personaggio della mitologia greca. Il Minotauro fu una creatura
metà umana e metà taurina nata dalla punizione divina inflitta a Minosse, re di Creta. Questo infatti,
dopo aver chiesto a Poseidone un possente toro per scarficarlo in onore di Dio decise poi di risparmiare
l’animale, colpito dalla sua bellezza. Allorchè i dei dell’Olimpo indussero Parsifae a sentirsi attratta dal
toro, dalla cui successiva unione nacque il Minotauro, metà uomo e metà toro. Minosse su tutte le furie
diede l’ordine a Dedalo di costruire un labirino sotterraneo all’interno del quale il Minotauro venne reso
prigioniero. Ogni anno sette fanciulle e sette bambini, mandati da Atene, venivano dati in pasto al
Minotauro in segno di regolare tributo in onore dell’egemonia cretese su tutta la regione egea. A mettere
fine a questa sottomissione sarà poi Perseo, l’unico ad essere stato in grado di uccidere il Minotauro.
Dunque stando ai fatti, Varoufakis ha interpretato i deficit gemelli15 come il Minotauro della situazione,
assieme ai redditi di beni e capitali divorati dal Minotauro in quanto il tributo sotto forma di bambini e
l’uccisione del Minotauro per mano di Perseo come il crollo del sistema economico.
Dopo il crollo del piano globale degli Stati Uniti, non essendo questi più in grado di mantenere dei flussi
commerciali equilibrati, iniziarono a pianificare un metodo per accumulare deficit illimitati da
consolidare la propria egemonia. L’America incominciò ad importare come se non vi fosse un domani,
tanto che gli investitori stranieri mandavano miliondi ogni giorno a Wall Street, finanziando così i deficit

14
Il Corriere della Sera, La Grecia non pagherà lall’Fmi le rate di giugno, 24 maggio 2015
15
Deficit gemelli: vengono qui utilizzati per indicare i disavanzi simultanei del bilancio e il saldo delle
partite correnti.
22
gemelli. Dunque, come nel mito cretese avvenivano i pagamenti dei tributi in modo atroce, qui i
pagamenti erano del tutto volontari, il capitale affluiva spondaneamente negli Stati Uniti. Come mai
questo? A spiegarlo, vi sono quattro fattori, i charisma del Minotauro: lo status di valuta di riserva, i
crescenti costi energetici, manodopera più economia e produttiva e la potenza geopolitica. Il Minotauro
dunque funzionava come un magnete nel settore bancario, ch estimolava gli afflussi di capitale necessari
a salvarsi e quando questo venne ferito, nel 2008, il mondo è finito in un pantano. Ritornando alla Grecia,
la carriera da Ministro delle Finanze si è conclusa il 6 luglio, per protesta nei confronti della linea
d’azione tenuta da Tsipras nelle tratttative del terzo salvataggio. E’ inoltr stato criticato per non aver
trovato un accordo lui anche se sostiene che gli accordi offerti alla Grecia non siano stati proposti in
buona fede e in fondo neanche la Troika li avrebbe voluti raggiungere. Le ultime proposte accettate dal
parlamento greco il 10 luglio sono definite da Varoufakis “totalmente impraticabili e pericolose, il tipo
di proposte che si fanno quando non si vuole raggiungere un accordo”.
Varoufakis denuncia inoltre la sua esclusione dal gruppo dei negoziatori. Il motivo non si è capito, ma
egli afferma che durante le riunioni era impossibile parlare di economia, gli altri ministri delle finanze
si rifiutavano proprio si discutere di questioni economiche.
I creditori della Grecia avevano una precisa strategia per tenere occupato il governo greco e farlo sempre
sperare in nuovi compromessi.La sua conclusione: ci hanno incastrati.
Merkel e Schåuble hanno il controllo assoluto sull’eurogruppo, il quale opera al di fuori della legge:
formalmente l’eurogruppo di fatti non esiste, non è stato istituito da alcun trattato. C’è quindi un gruppo
inesistente che ha un potere assoluto sulla vita degli europei.
Varoufakis appena prima delle dimissioni, come ultimo tentativo ha cercato di proporre tre mosse:
1.Emettere cambiali in euro
2. Applicare un taglio ai Bond greci emessi dalla Bce nel 2012
3. Riprendere il controllo della Banca di Grecia.
Il suo piano, che comunque non implicava l’uscita della Grecia dall’Euro, è stato bocciato da quattro
ministri contro due favorevoli durante un consiglio di ministri riunitosi, ritstretto a sei persone.

23
III

Gli ultimi avvenimenti dalle elezioni del 2015

3.1 Le prime elezioni di gennaio 2015.

Il motivo dei larghi consensi ottenuti da Syriza che le hanno permesso la grande vincita alle elezioni di
gennaio 2015, può essere ricercato analizzando il binomio mutualismo-austerità, alla base della sua linea
d’azione. Il popolo Greco soffocato dall’austerità imposta dal Brussel group, ha visto in Syriza l’unica
via per veder valorizzati i propri diritti e bisogni, riponendo in essa grande fiducia. Fin dall’inizio, Syriza
ha sostenuto l’auto-organizzazione dal basso dei cittadini, con ambulatori per tutti, scuole popolari,
mense del mutuo soccorso e cooperative socio-lavorative. Il segreto del successo che ha portato a
raccogliere il 36 per cento dei consensi (partendo dal 4,7 per cento iniziale), sta dunque nell’aver seguito
la corrente del “Mutualismo”, mettendo in pratica utenze socio-lavorative per contrapporsi alla crisi
umanitaria aggravate dall’austerità imposta allo stato ellenico. Il partito ha operato scendendo e recandosi
in prima persona nei luoghi dove si percepisce il bisogno e povertà.
Una mensa comunale attrezzata di tutto ciò che possa offrire assistenza a tutti i cittadini si trova proprio
nei pressi dell’agorà di Atene: dalle scarpe e vestiti al cibo in scatola.
Alcuni volontari hanno affermato che se prima della crisi venivano preparati un centinaio di pasti durante
il pranzo, ora la media giornaliera è di 350 pasti. E’ un dato allarmante che fa capire come in pochi anni
la situazione sia degenerata e tocchi più strati della società.
La politica del primo partito greco è quella di dare un aiuto pratico: ha creato un mutualismo che cerca
di coprire le manchevolezze dello Stato, laddove il welfare non arriva. Quest’ultimo è stato smantellato,
con tagli a scuola e università.
Tutto ciò non è stato per nulla fruttuoso, visto che il debito pubblico non è per niente diminuito, anzi, è
aumentato: il prodotto interno lordo ha perso il 26 per cento rispetto al periodo precedente alla crisi,
mentre il tasso di disoccupazione ora è arrivato al 26,5 per cento, toccando l’apice del 60 per cento in
ambito giovanile.(n.1).

24
16

Vediamo ora la situazione economica della Grecia prima del terzo salvataggio: il PIL della Grecia nei
confronti del totale della Zona euro rappresenta l’1,9 per cento. La disoccupazione come abbiamo visto
del 26,5 per cento, ha subito un incremento rispetto al 2010 del 13,9 per cento, in soli 5 anni. Il debito
pubblico in rapporto al PIL è invece un indice che descrive la solidità del sistema economico di un paese
in quanto il debito pubblico, consiste nel debito che uno stato ha nei confronti di altri soggetti economici,
mentre il PIL esprime in modo complessivo il valore e la ricchezza di una nazione in termini di beni
finali e servizi, senza tenere in considerazione i beni intermedi. Con il rapporto tra i due indici, debito
pubblico e PIL, si intende dunque il calcolo della capacità che ha uno stato di risanare il proprio debito
esterno o interno che sia con le proprie ricchezze. Nel caso della Grecia, essa ha un debito pubblico che
in rapporto al PIL tocca il 177,1 per cento, quando già nel 2009 il presidente Papandreou annunciava un
rapporto tra debito pubblico e Pil del 129,7 per cento.
In questo è il peggiore in Europa: la Grecia è il Paese più indebitato, con il debito pubblico che ha avuto
negli ultimi mesi un’oscillazione dal 172 al 177 per cento del PIL, seguita da Italia (133 per cento) e
Portogallo (124 per cento).
Passiamo ora ad analizzare il deficit pubblico, il disavanzo tra le entrate e le uscite di uno stato. In
particolare si ricorre all’indice deficit pubblico/PIL per valutare la capacità di uno stato di produrre
ricchezza e quindi risanare il deficit corrente. Nel caso dell’Eurozona, il Patto di Stabilità come più avanti
analizzeremo, stabilisce che i paesi che sottoscrivono l’accordo hanno il dovere di contenere il deficit
pubblico entro il 3 per cento del PIL.

16
Fonte: Eurostat
25
Per quanto riguarda la variazione del PIL, esso ha subito dopo la crisi del 2008 un rallentamento: in
Grecia ha avuto una discesa del 40 per cento passando da 226 per cento al 186,5 per cento.
Clamorosamente pero’ negli ultimi mesi si è registrata una piccola ripresa dello 0,8 per cento: questa
sorpresa positiva può pero’ dipendere dal crollo del livello dei prezzi ed è destinato ad una nuova discesa
visti i radicali cambiamenti imposti dai nuovi accordi.17
Ora come ora, nonostante l’ondata di approvazione che l’anno scorso le elezioni europee e di gennaio
2015 Syriza ha ottenuto, vi è scetticismo sulla buona riuscita del governo nell’ affrontare la crisi del
debito visti gli immani ostacoli. Dal punto di vista sociale ad esempio, è presente tutt’ora il problema
della violenza, specchio del tracollo della nazione ellenica. Numerose le fratture interne alla società che
negli ultimi periodi hanno spostato la popoazione verso il centro e l’estrema destra. Syriza ha infatti un
abile avversario, Alba Dorata un partito neo-nazista di recente formazione. Questa intolleranza spesso
sfocia in episodi xenofobi e di razzismo soprattutto ad Atene. Tra gli effetti dei tagli alla spesa pubblica
richiesti dal regime di austerità, vi sono quelli che hanno creato tensione già fortissima nel paese,
soffiando sul fuoco di un euroscetticismo già diffuso. Il 28 settembre 2013 il premier di allora Samaras
decise di far arrestare il leader di Alba Dorata Nikos Mihaloliakos, con altri 18 esponenti del partito con
accusa di organizzazione criminale visto che la Costituzione non prevede la messa in bando di
organizzazioni filonaziste.

17
Dati economici: Il Sole 24 ORE del 22/06/2015, pagina 5
26
Figura n.1(fonte: Il Sole 24 Ore)

27
3.2 I fatti antecedenti (2009-2015): i primi due salvataggi.

Passiamo ora all’analisi degli utlimi fatti, dal momento in cui Papandreu nel 2009 annuncia il deficit di
bilancio. Che strade hanno scelto gli ultimi governi e le istituzioni? Ripartiamo dal 2010: la Grecia si
trova in una situazione priva di liquidità, liquidità che le servirebbe per ripagare gli interessi di un debito
cresciuto a dismisura. Dal momento in cui non è in grado di pagare tali interessi, tutte le banche che negli
ultimi anni le hanno concesso prestiti ora sono allo scoperto. Si è arrivati in una situazione difficile
poichè, come ricorda l’autore del libro The Battle for Europe18, Thomas Fazi “..se devi alla banca mille
euro è un problema tuo, ma se ne devi un milione è un problema della banca”, e per tale circostanza,
oggi è diventato un problema degli stati dell’Eurozona. Al giorno d’oggi il 72 per cento dell’ammontare
del debito è in mano a istituzioni pubbliche: di questo, il 60 per cento è detenuto dall’Unione Europea
attraverso il Fondo di stabilità europeo (ESFS) e il Meccanismo europeo di stabilità (ESM) mentre il 12
per cento è invece proprietà del Fondo monetario internazionale (FMI). La Banca centrale europea
detiene l’8 per cento, mentre il 15 per cento sono titoli di debito di cui l’11 per cento sono bond e il 4 per
cento sono prestiti a breve termine19. I governi degli stati membri sono esposti invece per una cifra che
arriva ai 195 miliardi di euro e di questi la Germania è titolare di circa 60 miliardi; la segue la Francia
con 46 miliardi e poi l’Italia, con 42 miliardi. Queste transazioni di aiuto sono state rese possibili dale
politiche di quantitative easing 20 della Bce imposte da Mario Draghi, che hanno scongiurato un
imminente default. Nel novembre 2011 al rientro dal vertice di Cannes del G20, Papandreou fu costretto
a scoprire le carte, rivelando la reale situazione economica del Paese. Si decise di procedure con un
governo tecnico di emergenza, affidato alle mani di Lucas Papademos21, ex vicepresidente della Banca
centrale europea (Bce). Al nuovo governo tecnico venne affidato il compito di negoziare i prestiti con i
maggiori organismi internazionali per salvare il paese. Ed è qui che ci troviamo: concedere alla Grecia

18
Thomas Fazi, The Battle fot Europe, Pluto Pr Editore,febbraio 2014)
19
Dati di febbraio 2015.
20
Quantitative easing corrisponde ad una misura straordinaria che ha lo scopo di favorire il rilancio
dell’economia dell'Eurozona, facendo scendere il costo del debito degli stati e i tassi di interesse,
rilanciando il mercato del credito e fermando la deflazione, cioè il calo dei prezzi al consumo che si
registra oggi in diversi paesi del Vecchio Continente
21
Lucas Papademos è un economista ed ex vice presidente della Banca Centrale Europea. Laureato in
fisica nel 1970 al Massachusetts Institute of Technology, ha conseguito un dottorato in economia nel
1978 e tra il 1975 il 1984, ha insegnato economia presso la Columbia University e lavorato alla Federal
Reserve Bank of Boston. (Argomenti del sole, Il sole 24 ore)

28
piani di salvataggio finanziario ed usare questi soldi per ripagare il debito delle banche per poi sostituirlo
con il debito nei confronti delle istituzioni preposte al salvataggio, la Troika oggi chiamata Brussels
Group, organismo informale di cui fanno parte Commissione europea, Fondo monetario internazionale
e Banca central europea. Ed è controla Troika che fin dal primo momento l’attuale leader greco di Syriza,
Tsipras, combatte. Ecco chi oggi ha in mano il debito greco e il nocciolo della questione: ma il fatto di
sostituire il debito delle banche con quello della Troika significa far ripagare il debito greco agli Stati
membri dell’Unione come sostiene l’economista Loretta Napoleoni de Il Fatto Quotidiano22: “Quando è
esplosa la crisi della Grecia l’esposizione delle banche italiane verso quel paese ammontava a circa 1,9
miliardi. Oggi l’esposizione dello Stato italiano verso Atene è di 40 miliardi. Anche per la Spagna, con
cifre un po’ diverse, è andata nello stesso modo”. Sta di fatto, che nel 2010 il Fmi dichiarò l’inizio della
maestosa impresa condotta per il salvataggio della Grecia e dunque venne approvato il primo piano di
salvataggio tramite un accordo stipulato dal governo Greco, Commissione, Bce e Fmi. E’ il 2 maggio
2010 questo “bail out” prevede un pacchetto di assistenza alla Grecia di 110 miliardi di euro: 80 miliardi
sotto forma di prestiti bilaterali e quindi da stati membri e da organismi internazionali, 30 miliardi invece
sono stati dati dal Fondo Monterario Internazionale. Assieme a questa enorme boccata d’aria, venne
messo in gioco altro a favore della Grecia e degli altri stati in difficoltà: venne istituito il MESF, ovvero
il Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria, con già una disponibilità di 60 miliardi di euro
attiva per sostenere i paese in difficoltà.23 Con questo piano d’aiuto venne creato anche il FES, Fondo
Europeo di Stabilità (o MES, Meccanismo Europeo di Stabilità) con un valore di 440 miliardi di euro e
il compito sia di emettere prestiti ai Paese dell’area euro in difficoltà, sia di acquistare a questi stati titoli.
Il FES richiede precise condizioni ai paesi in cambio di tai aiuti. Ad ogni modo tale prestito venne
garantito dai paesi membri in funzione della quota partecipativa alla Bce. Ad ogni modo, questa sarà
l’inizio di una stetta che da questo momento strozzerà la già debole economia greca. Infatti Atene in
risposta a questo primo salvataggio, dovette autoimporsi un rigoroso aggiustamento macroeconomico

22
Loretta Napoleoni, tratto dall’articolo Grecia, storia di una crisi (e delle responsabilità), Il Fatto
Quotidiano, 5 luglio 2015
23
Il sostegno prende la forma di un prestito o di una linea di credito per poter beneficiare
dell'assistenza, lo Stato membro richiedente deve presentare un programma di aggiustamento
economico e finanziario. Il fondo è compatibile con il meccanismo di sostegno finanziario a medio
termine delle bilance dei pagamenti ed volume massimo è fissato a 60 miliardi di euro. (fonte:
Europa.eu/legislation). Tale strumento inoltre permette l’allargamento agli stati membri di quelle
misure e quei prestiti di cui potevano godore gli stati non ancora membri dell’UE, misure come il
MFTA o Bop .

29
che, forse, se l’avesse intrapreso fin dalla sua entrata nella zona euro a quest’ora non sarebbe costretta a
sopportare le umiliazioni e le porte in faccia da parte delle istituzioni europee. Questo aggiustamento in
definitive comportava una profonda riforma del sistea e delle poitiche fiscali, con l’obbiettivo di riuscire
ad ottenere un surplus del 1,5 per cento del pil nel 2014 per poi raggiungere il 3 per cento del pil nel
2015. Questo attraverso una nuova tassa sulla proprietà e la riforma della tassa sul reddito. Le banche
vennero ricapitalizzate per una seconda volta e fu rafforzato il Sistema della supervision sulle attività
bancarie. In seguito a questo primo piano di salvataggio, si ebbe per un primo momento una reazione
positiva, in seguito anche ad un piano di liberalizzazioni, ma col passare del tempo, ci si rese conto della
sproporzionalità tra la grandezza dell’impresa di un consolidamento fiscal e i ristretti tempi di cui si
disponeva. Cosicchè, dopo questo primo fallimento, il Consiglio europeo nel luglio del 2011, introdusse
modifiche all’interno del FES e approvò le richieste di un secondo aiuto alla Grecia. Infatti visto il
tracollo finanziario in cui Atene andava in contro, per evitare il collasso finanziario e il contagion agli
altri Stati membri, si decise di avviare un secondo pacchetto di aiuti che rapprsentò una delle più grandi
rstrutturazioni del debito Greco. Oltre a potenziar i meccanismi di aiuto, quali il FES, con maggiore
flessibilità e maggiori dimensioni, con tale accordo gli investitori privati rinunciarono al 53,5 per cento
dei loro crediti, per poi procedure alla sostituzione del 31,5 per cento delle obbligazioni sostituite con 20
nuovi titoli di stato a lunga scadenza24. Il rendimento di questi titoli di stato è stato fissato ad un cifra
molto favorevole, del 2 per cento fino al febbraio 2015, per poi passare al 3 per cento fino al 2020 ed
arrivare al 4,3 per cento con scadenza nel 2042. La quota del debito è di 130 miliardi con l’obbiettivo di
portare il debito Greco dal 120% del Pil(com’era stato previsto qualche anno prima) al 140 per cento del
Pil entro il 2020, con una riduzione di 11 punti percentuali entro il 2014 per riportare il rapport deficit/Pil
sotto la soglia permessa dal PSC. In questo secondo salvataggio, a differenza del primo, venne data molta
importanza alla crescita, con la messa a disposizione di un fondo a sostegno degli investimenti a lungo
termine. Dunque in conclusione i punti su cui questo intervento ha incentrato il peso, sono
sostanzialmente lo spostamento delle scadenze su medio e lungo termine per cercarte di riavviare
l’economia ellenica. L’ostacolo principale riscontrato fu, come per il primo salvataggio quello del tempo.
Stavolta pero’ il tempo non ha avuto la meglio per quanto riguarda la ratifica dei parlamenti nazionali in
quanto venne a crearsi una discrepanza tra coloro più scettici di un effettivo riscontro positivo e i partiti
europeisti. Ad ogni modo, questo secondo pacchetto, improntato dunque su un consolidamento a lungo
termine, ha vincolato la Grecia alla realizzazione di un piano altrettanto arduo per il consolidamento

24
Il cosidetto rollover che consiste in un riscadenzamento di obbligazioni su base volontaria e che
implica automaticamente il mancato pagamento dei debiti.
30
fiscale per il future. Le misure adottate dal Paese sono state il congelamento dei salari pubblici per tre
anni, il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, tagli alla spesa per favorire l’aumento delle entrate,
con l’incremento dell’Iva del2 per cento, innalzamento dell’età pensionabile da 53 a 67 anni e infine ma
non meno importante l’eliminazione della tredicesima per i lavoratori pubblici. Stando a queste
condizioni nei confronti della Grecia, non ci si stupisce se si sia entrati in questo clima di malcontento
sia da parte della popolazione che da parte di esperti e ed economisti, che condannano questa austerità
come l’avvicinarsi sempre di più ad un “default controllato” poichè sembra chiaro che l’unica risposta
che potrà mai dare la Grecia a questa situazione sia solo quella dell’insolvenza. A testimonianza di ciò,
il Wall Street Journal, poco dopo questa vicenda, pubblicò un articolo25 in cui venivano resi pubblici
documenti confidenziali risalenti al 2010, in occasione dell’approvazione dal parte del Fondo Monetario
Internazionale nonostanze la consapevolezza dell’insostenibilità del debito Greco. Tale insostenibilità,
secondo l’economista Greco Roumeliotis fu da sempre chiara e deriva dal fatto che la non Grecia era
impossibilitata all’aumento di esportazioni svalutando la propria moneta ma anche dal fatto che le
riforme d’austerità imposte dall’europa avevano come stretta conseguenza a breve termine quella della
riduzione della domanda interna che aveva come effetto quello di abbassare le possibilità di risanamento
del paese. Alle elezioni parlamentari del maggio 2012 il partito liberal-conservatore Nuova democrazia
ottenne la maggioranza relativa ma non sufficiente per formare un governo, dunque si avanzò con nuove
votazioni e nel giugno dello stesso anno venne affidato il governo del paese a una coalizione formata da
Nuova democrazia, Pasok e Dimar (un piccolo partito della Sinistra democratica) Arrivati a questo punto
pero’ non si riuscì a trovare un equilibrio, sia per via della crisi che cresceva man mano a dismisura, sia
per lo stallo politico e una situzione di ingovernabilità e dunque si procedette a nuove elezioni, che video
la netta vittoria di Syriza, guidato appunto dall’attuale primo ministro greco Alexis Tsipras. Questo
nuovo governo ha fin da subito, come si è visto nei paragrafi precedenti,voluto porre fine a questa
situazione controproduttiva di austerità, revedento il piano aiuti imposti si dal 2010. Infatti così come
Samara, il leader di nuova democrazia in passato ha sempre accettato in buona fede le misure imposte
per ottenere le tranches, Tsipras ora ha improntato l’agenda politica sulla base della ridefinizione dei
precedenti accordi. Egli infatti ha come obbiettivo quello di rinegoziare due miliardi di euro (ultima
tranche dell’ultimo salvataggio) implementando delle nuove riforme per rendere più sostenibile, e
soprattutto credibile, la ripresa. Questi due piani di salvataggio hanno infatti messo a dura prova la
stabilità finanziaria e sociale dei cittadini greci imponendo queste misure volte a comprimere il benessere

25
Thomas Catan e Ian Talley,Past Rifts Over Greece Cloud Talks on Rescue,Wall Street Journal, 07
ottobre 2013
31
e la domanda interna e facendo crescere in una buona parte della popolazione l’euroscetticismo assieme
ad un crescente nazionalismo.

32
3.3 L’ultimo piano di salvataggio

Arriviamo ora al momento cruciale che ha fatto separare il paese ellenico in due fronti: oxi vs nai. Queste
le due possibilità di fronte alle quali si sono trovati i greci il 5 luglio 2015: un referendum indotto dal
governo di Tsipras per dare voce al popolo e per ottenere una sorta di legittimazione al fine di accettare
o meno i duri compromessi, talvolta umilianti, che vengono avanzati dalle istituzioni in cambio di denaro.
Ma facciamo un passo indietro: dopo i primi due pacchetti da miliardi di euro, la Grecia si è ritrovata in
un punto di non ritorno, in un susseguirsi di scadenze: una crisi di liquidità sta smembrando l’organo
esecutivo, che non sa più da dove prendere i fondi: nonostante la linea di liquidità di emergenza (ELA)
messa a disposizione dalla Bce esclusivamente per sostenenere le banche elleniche, sia aumentata di 500
milioni di euro rispetto alla settimana precedente, Atene non ce la fa. Di fronte alle scadenze che si
susseguono non ha materialmente denaro per pagarne neanche una minima parte. Ma perchè la Grecia si
è ritrovata vari anni dopo dal primo prestito da punto e a capo? Essenzialmente, come molti economisti
sostengono, come ad esempio Paulo Nogueira Batista26, gli aiuti dati alla Grecia fino ad ora, ebbero come
prima finalità non il risanamento del Paese, ma il contenimento dei rischi finanziari dei grandi creditori
evitanto il contagio agli stati che hanno immesso i propri capitali nei prestiti bilaterali. Il terzo piano di
aiuti, capita dunque durante il andato del nuovo governo, che fin dall’inizio ripudia le linee di austerità
e dunque avanza con la strategia dell’aumentare la pressione sulle istituzioni a lei esposte dato che il loro
destino, riprendendo le parole del francese Jacques Sapir “che gli piaccia o meno è legato a quello del
paese ellenico”. Tsipras ha puntato sull’alto potere contrattuale che da questo motivo gli deriva anche se
è stato criticato di bassa credibilità a causa del suo tono conciliante verso le istituzioni: una specia di
ipocrisia di linguaggio usato anche come dissimulatore di un ricatto che le relazioni tra Grecia e
istituzioni europee si stanno caratterizzando con implicite minacce di mandare la Grecia sull’orlo del
baratro. Ma vediamo ora come si articola questo tanto odiato quanto necessario salvataggio. Innanzitutto
il 4 giugno Tsipras ha presentato a Bruxelles un piano composto da 47 pagine in cui avanza il suo progetto
finalizzato, appunto, ad una ristrutturazione del debito di 244 miliardi di euro che, come abbiamo visto,
sono ora in mano ai creditori pubblici internazionali (27 miliardi dalla BCE, 20 miliardi dal FMI, 53
miliardi di prestiti bilaterali e 144 miliardi del FES – Fondo Europeo di Sviluppo) per ridurre

26
Paulo Nogueira Batista fu il rappresentane di undici paesi dell’America Latina nel direttorio del
fondo.
33
l’indebitamento dall’attuale 180% del PIL al 93% del PIL entro il 202027. Per ottenere ciò Tsipras ha
pensato a varie soluzioni: ristrutturare l’IVA, ha pensato a determinati metodi per combattere l’evasione
fiscale, ha presentato una riforma del sistema di welfare, contributi di solidarietà che vanno dallo 0,7
all’8 per cento unicamente per i redditi superiori a 12.000 euro, una tassa per le grandi società oltre che
sulla pubblicità televisiva e sui beni di lusso che vanno dal 10 al 13 per cento, mettere in vendita le
licenze televisive, e privatizzare in campi di telefonia mobile, lotteria e altri settori secondari per oltre 3
miliardi nel biennio 2015-2016. Modificare la riforma delle pensioni, con un guadagno anche se irrisorio
dell’1 per cento assieme al mercato del lavoro e riformare i settori della giustizia e dell’energia. Infine,
lo stato greco si impegna a realizzare un avanzo primario crescente: 0,6% del PIL nel 2015, 1,5% nel
2016, 2,5 nel 2017 e 3,5% negli anni successivi. Come vediamo l’impegno che c’è stato da parte del
governo di Tsipras, è stato quello di non sfavorire le fasce più deboli della popolazione al fine di
estrapolare il più possibile dalla fascia più abbiente e dai beni di lusso. Nonostante ciò, la proposta non
è piaciuta alle Troika ed è stata prontamente rifiutata, dichiarata come insufficiente, la quale sembra farlo
apposta continua a pretendere un taglio agli stipendi e alle pensioni, puntanto anche nel settore dei
pubblici impieghiaccompagnato da un aumento dele tasse ma soprattutto un avanzo primario del 4% a
partire dal 2015. Ovviamente tale piano, oltre che essere impossibile avrebbe l’unico effetto di far
deflagrare definitivamente il debito greco e spingere il Paese al fallimento conclamato.
E dunque, la mattina del 13 luglio, più che un accordo sembra una resa incondizionata da parte del primo
ministro Alexis Tsipras: in cambio della promessa di un terzo piano di aiuto del valore di 86 miliardi di
euro, il leader greco ha dovuto accettare, spossato e umiliato, una lista di riforme talmente dure da stupire
perfino i funzionari europei nonostane il referendum indetto il 5 luglio. Questo comportamento da parte
del Primo ministro non è stato certo esente da conseguenze, basti pensare a cos’è accaduto pochi giorni
dopo: la scissione del suo partito.

27
Il secondo piano di salvataggio, sotto il governo Samaras aveva invece una prospettiva di arrivo pari
al 140 per cento del Pil entro il 2020.
34
3.4 La spaccatura interna.

La spaccatura del partito di Tsipras, ha inizio in seguito dunque alla decisione del leader greco di accettare
le condizioni imposte dalla Troika per un prestito dal fondo salva stati di 82-86 miliardi di euro. Per
garantirsi questa “boccata d’ossigeno”, il Parlamento ellenico ha dovuto approvare: l’aumento dell’Iva,
i primi interventi sulla sostenibilità del sistema pensionistico, l’indipendenza giuridica dell’ufficio di
statistica nazionale Elstat, la piena attuazione delle disposizioni del trattato sulla stabilità finanziaria.
Dunque, nonostante il Parlamento ellenico abbia approvato l’accordo, si è respirata aria di alta tensione:
34 i deputati del partito a votare contro le riforme, mentre altri 6 si sono astenuti. 40 deputati contro il
governo su un totale di 149 seggi conquistati da Syriza alle elezioni. Numero rilevante dato che alla fine
i contrari sono stati 64, mentre le riforme passano con 229 sì.
Questo episodio, la firma del terzo memorandum, ha creato una netta scissione all’interno del partito. Si
chiama «Piattaforma di sinistra», e Vassilis Primikiris è fra i leader del Comitato centrale. Egli, già
durante la richiesta di Tsipras del voto sul terzo memorandum, raccolse 108 firme (su 201) contro
l’accordo fra il premier greco e la Commissione europea. Secondo tale corrente, all’interno del partito vi
è un problema di fondo di democrazia dal momento in cui il comitato centrale è stato lasciato fuori da
ogni decisione. Si può dire che sia il risultato tangibile di una riorganizzazione all’interno delle forze
della sinistra radicale durata vari anni e che negli ultimi cinque si è caricata di esperienza dal punto di
vista di Syriza e della catastrofe risultante.
La «Piattaforma di sinistra» è aperta a tutte le forze sociali che non per forza si riconoscano nella sinistra,
ma patriottiche e che vogliano lottare conto le politiche dei memorandum e dell’austerità.
Attualmente è composta da 25 deputati e si classifica come terza forza parlamentare. Il suo nome ufficiale
è Laiki Enotia, Unità Popolare. Il suo programma si basa su accorgimenti contro il terzo Memorandum
che dovrebbe garantire alla Grecia tra gli 82 e gli 86 miliardi di Euro in cambio di condizioni di austerità.
Laiki Enoitia è convinta del suo obbiettivo fino al punto di assecondare un’uscita della Grecia
dall’Eurozona. Vuole dar voce, per ora soppressa, al popolo greco che di recente ha espresso il suo voto
contrario alle intese coi creditori. Nello specifico il gruppo intende svolgere la sua azione attorno a 4
punti fondamentali: 1. rottura con l’austerità imposta dalle istituzioni, come già si è accennato 2. porre
fine ad ogni privatizzazione e nazionalizzazione sopratutto per quanto riguarda il settore banche 3. la
cancellazione del debito greco 4. una serie di misure per favorire le classi popolari ricostruendo
progressivamente l struttura economica del paese.

35
Unione popolare, dunque sarebbe pronta al fatidico “Grexit”. Se ne è parlato tanto di questo evento, ma
non si sono dette quali sarebbero le conseguenze, pressoché catastrofica, per i paesi dell’Eurozona oltre
che per la Grecia stessa.

36
3.5 La seconda vittoria elettorale di Syriza.

La seconda vittoria elettorale, porta con se una sorpresa: l’alleanza SYRIZA-ANEL. Andiamo per gradi.
Il 20 agosto 2015 Alexis Tsipras decise di dare le proprie dimissioni in seguito alla divisione interna del
suo partito a causa del “sì” al terzo piano di salvataggio. Una decisione presa per concedere ai cittadini
una nuova conferma della loro fiducia nel lasciare il governo nelle mani di Tsipras il. Così è stato e
durante le elezioni parlamentari28 del 20 settembre 2015, con una bassissima afflenza del 55 per cento,
tre giorni dopo ebbe inizio il mandato del secondo governo di Tsipras. Per due punti pero’ Syriza non
ha ottenuto la maggioranza parlamentare con 145 seggi su 151 necessari ma pur sempre il 35,54per cento
dei voti. Al secondo posto Nea Dimokratia con 75 seggi (il 28,11 per cento) e Alba dorata terza con 19
seggi (il 7,09 per cento). Il partito dei Greci indipendenti, Anel si è assicurata 10 seggi (3,68 per cento)
ed è stata subito pronta per una nuova coalizione: Syriza decide di fare il grande e inaspettato passo di
allearsi con la destra conservatrice greca, Anel che siede a destra di Nea Demokratia. Ma come mai
questo impegno? La situazione davanti cui Syriza si è trovata è quella di una scelta fra un partito di
centro liberale come To Potami ed uno di destra non-liberale ossia Anel. Come abbiamo visto, nessuno
dei due è un partito di sinistra, ma entrambi hanno punti in comune con Syriza: Potami sui diritti civili
e sulla laicità, ANEL sull’economia e la crisi umanitaria. La scelta di Tsipras è ricaduta su Anel per un
motivo sostanzialmente pragmatico: l’identità fondamentale di Syriza come partito anti-establishment
che va di pari passo con quella di Anel e il rifiuto del neoliberalismo nei confronti di Potami.

IV
28
Secondo la Costituzione greca le elezioni parlamentari seguono il metodo proporzionale per quanto
riguarda 250 seggi su 300; per i restanti 50 seggi si procede con l’assegnazione automatica al partito
che ottiene più voti.
37
La Governance economica dell’UE.

4.1 Le conseguenze del “Grexit”.

Ora, siamo arrivati in un punto dell'analisi in cui abbiamo abbastanza punti per avere una chiara idea di
ciò che sta succedendo in Grecia e di ciò in cui essa e noi stessi stiamo andando in contro. Ma di soluzioni
ne abbiamo poche. Una tra le caratteristiche dell’Euro, è quella di essere una valuta comune a una
circoscrizione di stati e per tato da tutti essi gestita in egual misura: non contano infatti in questo contesto
le “gerarchie egemoniche” e la posizione del più forte, l’Euro è tanto gestito dalla Germania quanto dalla
Slovenia. Una problematica che attinge questo argomento e quindi l’egual gestione dell’euro dai paesi,
è il rapporto creatosi tra Germania e Grecia che pero’ vedremo nel prossimo paragrafo. Detto ciò bisogna
prendere in considerazione anche l’elemento di irrevocabilità, il quale è fin dal primo momento dalla sua
creazione esistito: i trattati non prevedono nessuna normativa in campo di possibili espulsioni o
dimissioni volontarie. In linea di massima un atto che predisponesse a ciò avrebbe dovuto essere
negoziato da tutti gli stati aderenti e non potrebbe mai essere un atto unilaterale e dunque preso da una
decisione univoca. Ciò nonostante, una delle possibilià che più e più volte si è presentata a un centimetro
dalle sorti della Grecia è quella di un'uscita del paese dall'eurozona, il tanto declamato Grexit. Nello
specifico, cosa potrebbe causare un'uscita della Grecia dall'euro? Avrebbe esso ripercussioni anche sugli
altri paesi? Tale delicata situazione erà già stata campanello d’allarme nel 2010 sopratutto tra gli
investitori, che si interrogarono sul coefficiente di solvibilità e capitalizzazione finanziario dell'Unione
Eupea i risultati di rating delle aziende. Forte preoccupazione soprattutto sopo il protocollo della Deutshe
Bank che nel 2010 ha fatto accendere le sentinelle d'allarme prevedendo il rischio di un alto contagio di
default per prima cosa ai cosidetti sati PIIGS (o GIPSI)29. Tale evento, avrebbe conseguenze anche a
livello mondiale. Oltre infatti che sugli stati della zona euro, ricadrebbe anche sugli Stati Uniti: gli
americani sono consapevoli dei possibili rischi economici e geopolitici e la Grecia è da sempre in una
posizione strategica parecchio delicata, essendo quasi al confine con l’area sovietica: non è mancato
infatti un potenziale accordo tra Putin e Tsipras. Gli Stati Uniti hanno più volte marcato la loro posizione
contro l’eccessiva austerità e il Fmi stesso con sede appunto a Washington prima del referendum del 5

29
PIIGS o GIPSI: sono gli acronimi dei cinque stati della zona euro considerati la fascia debole e
spesso ritenuto dispregiativo. E’ largamente usato nel linguaggio giornalistico e ne fanno parte
Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna.
38
luglio si già era sbilanciato a favore del debito accennando ad una necessita di ristrutturazione. Il fatto è
che risulta impossibile per il Fmi procedere ad una ristrutturazione perchè ci perderebbe e “non può
ammettere che le sue rifome non funzionano perchè perderebbe di credibilità”, credibilità che perderebbe
anche l'euro se solo uno stato membro andasse in default. Altro impatto fortissimo in vista di un collasso
greco si ha tra la popolazione: infatti nel momento in cui si dichiarerebbe bancarotta, il Paese non
disporrebbe più dei soldi necessari nemmeno per stipendiare i dipendenti pubblici o pagare le pensioni
in scadenza: le conseguenze di ciò sono facilmente immaginabili. Da tenere in considerazione è anche la
fuga di capitale all’estero. Ciò si accompagna anche alla svalutazione della moneta nazionale e nel caso
di un ritorno alla vecchia moneta, della Dracma. Parecchi investitori e risparmiatori davanti a questo
scenario non esiterebbero a spostare le loro ricchezze altrove. Solitamente, per limitare tale danno, lo
Stato in questione agisce imponendo forti restrizioni ai movimenti bancari anche a livelli personali: i
cittadini greci si sono dovuti adattare alla limitazione di prelievi del valore di 60 Euro al giorno. Simil
accaduto lo si è visto anche in Argentina, quando il paese dichiarò bancarotta( correva l’anno 2001). I
cittadini argentini non poterono a lungo prelevare più di 1000 pesos al mese. Arriviamo al nostro paese:
l’Italia non ha che da trarne svantaggi da questa possibilità di uscita. Secondo Goldman Sachs, in un
report intitolato “Prudenza di fronte ai rischi che rimangono”30, lo spread potrebbe risalire tra i 350 e i
400 punti base come nel novembre 2011che va di pari passo con lo stretto legame della necessità di dover
pagare molti più interessi per finanziare il debito pubblico italiano con una stima di una spesa per almeno
4-6 miliardi l’anno. Non finisce qui: l’Italia vanta alti crediti nei confronti della Grecia. Se questa si
ritirasse dall’Eurozona e tornasse alla moneta nazionale Dracma, o Nuova Dracma, visto che vi è
l’impossibilità di tornare alla valuta originaria, l’emissione da parte del paese ellenico di una
obbligazione in euro, vede il paese ellenico stesso come la sede ultima dove il titolo può essere
rimborsabile. Questo riguarda la stragrande maggioranza delle obbligazioni emesse dalla Grecia e nel
caso di una re-introduzione dei titoli stessi in una nuova valuta, diventerebbe compito del governo greco
determinare con una specifica legge il tasso di conversione tra l‘Euro e la nuova moneta(in questo caso
la Nuova Dracma) da utilizzarsi. Il valore di conversione emesso non interesserebbe soltanto i titoli
finanziari, ma riguarderebbe anche tutte le conversioni di beni e di servizi. Nonostante questo metodo
che si dovrebbe seguire nella peggiore delle ipotesi(ossia di un Grexit), possa sembrare lineare, dal punto
di vista pratico creerebbe delle tensioni circa i prezzi dei beni reali che diverrebbero scompiglio ed
incertezza tra la popolazione. Secondo uno studio approfondito di Barclays, l’Italia ha come posta in

30
Goldman Sachs, Prudence in the Face of Lingering Risks, giugno 2015
39
gioco nei confronti della Grecia circa 60 miliardi di Euro. Di cui 10 miliardi sono prestiti bilaterali
risalenti al 2010, 27 miliardi invece sono stati erogati attraverso il Fondo Salva Stati, organismo in cui
l’Italia ha una quota del 17-18 per cento. 4,8 miliardi di Euro invece sono stati impegnati tramite la Bce.
Non bisogna dimenticare però il fatto che l’Italia ha acquistato una buona dose di titoli di stato greci.
Come se non bastasse, non va dimenticato che il nostro paese (tramite la propria banca centrale) è anche
azionista della Bce che, negli anni scorsi, ha acquistato un buona dose di titoli di stato greci. Conti alla
mano, la quota di debito ellenico a cui è esposta l'Italia tramite la Bce è di 4,8 miliardi circa.( Panorama)31.
Tra le voci autoritarie del giornalismo, spicca quella di Wolfgang Münchau, il quale ritiene quasi
inevitabile un futuro Grexit . Egli, colui il quale a metà degli anni duemila scrisse il libro intitolato “La
fine dell’economia sociale di mercato”32 , porta avanti da alcuni anni una critica sfrenata al modello
renano, al capitalismo tedesco basato appunto sull’economia sociale di mercato, tanto decantata dagli
ordoliberalisti.
Sembrerebbe che, secondo Munchau, vi siano diverse possibilità: all’inizio si è pensato all’impossibilità
di raggiungere un accordo, con immediata conseguenza il Grexit. Con le date condizioni dell’accordo, la
situazione non può che peggiorare: “Questo accordo sarà accettato e poi fallirà.” Non è prevista alcuna
ristrutturazione del debito e anzi crea più oppressione di quella che già il Paese sta subendo. Fino a che
punto si può arrivare con questo retroscena e consapevoli del fatto che il referendum indotto il 5 luglio
abbia dato voce ai cittadini della polis che hanno gridato contro tutto ciò? La legittimazione democratica
è scomparsa. Ed è anche per questo che Wolfgang Münchau vede come altra alternativa quella della
rivolta popolare: Syrirza è ciò che più risponde alle esigenze dei greci, quella più vicino a loro, se si può
dire l’ultima diga democratica e anti austerità, o per lo meno lo era. Quale il prossimo passo oltre a ciò?
La presa del potere in mano a popolo. Aristotele ci ha ben insegnato come funzione tutto questo, la
visione ciclica della storia.33 E se ciclica lo è per davvero, non si dovrebbe tanto adagiarsi sulle foglie
d’alloro. Questo rappresenterebbe una degradazione della demokratìa consistente in demagogia.
Ritorniamo sul versante tedesco: Munchau, oltre a puntare dritto il dito al cancelliere tedesco Merkel e
al suo partito di centro-destra con la sua austera politica di”annientamento”, ce l’ha anche con la

31
Andrea Telara, Grecia fuori dall'euro, le conseguenze per l'Italia, Panorama, 27 giugno 2015
32
Munchau W., La fine dell’economia sociale di mercato, Londra 2006
33
Teoria dell’ anaciclosi, sostenuta prima da Erodoto, poi da Aristotele, Polibio e anche Machiavelli.
Tale teoria porta avanti l’idea che ogni governo politico è destinato a deteriorasi, per poi avere un
susseguirsi ciclico di forme di governo: arrivati allo stadio finale, si ritornerebbe alla forma iniziale,
riprendendone lo sviluppo.
40
socialdemocrazia tedesca: la accusa di “bancarotta intellettuale”34. Questa è una definizione ermetica che
in se racchiude la ormai mancata capacità dei rappresentanti di questa fazione, che rappresenta inoltre la
grande maggioranza della popolazione, di riuscire a proporre alternative a questa azione politica
nell’ambito della gestione dell’Eurocrisi: non solo debito greco. La crisi riguarda tutti gli Stati membri
dell’Euro. Ormai infatti la politica monetaria europea è sulla via del degrado, fondata su tassi di cambio
fissi e una moneta unica che ha fin da subito favorito la Germania. Per quanto riguarda gli altri paesi
come ad esempio la Francia, essa fin da un primo momento ha funzionato, ma negli ultimi anni ha
riscontrato una crescita del deficit pubblico. La Finlandia, si pone al primo posto per quanto riguarda le
riforme strutturali, ma da quando la compagnia Nokia ha perso il suo primato in ambito telefonia, anche
essa si ritrova con un’economia ad un passo da un naufragio; l’Italia fin dal primo momento ha avuto un
blocco della produttività: fin dal 1999. Spagna e Portogallo non riescono a sostenere tale moneta: il loro
debito pubblico e più ristretto di quello ad esempio italiano, ma è sulla buona strada per raggiungerlo.
L’euro dunque ha funzionato per la Germania, e anche per l’Austria e l’Olanda, seppur con quale
defezione. Che dire: non è solo un problema che riguarda la Grecia, la quale ora dopo la firma di tale
accordo vedrà peggiorare ancora di più la sua posizione, con l’arrivo di “travolgenti danni collaterali”
che vedrà l’economia sempre più intrappolata in un circolo vizioso, che terminerà appunto con un Grexit
dal momento in cui i tagli hanno un “effetto pro-ciclico” che rendono più grave la recessione. Il punto
però su cui Wolfgang si interroga riguarda il futuro degli altri Stati membri: quest’Eurozona di stampo
tedesco annienterà qualsiasi stato più debole che proverà a ribellarsi? Sarà sostenibile? Ha un futuro
garantito?
Trapela un punto di vista estremamente negativo e pessimistico di Munchau.
Galbraith invece, giudica il comportamento della Germania eterogeneo, sostanzialmente diviso in due
filoni di pensiero: una posizione che vorrebbe far rimanere la Grecia all’interno dell’Eurozona guidata
dalla cancelliera Merkel, e una posizione opposta rappresentata da Schäuble che vorrebbe abbandonarla
a se stessa, avendola già più volte minacciata di Grexit. Questa parte, costituisce indubbiamente la spinta
che muove verso accordi che secondo Galbraith non sono portatori di riforme, bensì di “contro-riforme”:
sono tagli a salari, aumenti dell’ iva, pensioni e privatizzazioni portano a ridurre il ruolo dello stato
nell’economia con l’effetto di omogeneizzare lo stesso modello di politica economica in tutti i paesi
europei, senza considerare le diversità tra gli Stati. L’attribuzione di controriforma deriva dal fatto che
le riforme hanno come scopo quello di favorire la crescita e il dinamismo dell’economia, l’effetto

34
Munchau W. Greece remains the likely outcome of this sorry process, The Financial Times 19 luglio
2015
41
contrario di ciò che hanno stabilito gli accordi. Questo è il punto su cui insiste Tsipras: se i creditori
permettessero allo stato greco maggior libertà e una ristrutturazione del debito, il governo greco potrebbe
avanzare seguendo questa linea di riforma. Questi invece stanno eseguendo una linea d’azione opposta,
prelevando quanta più ricchezza possibile dalla economia ellenica.
In un articolo recentemente scritto e pubblicato da Galbraith sul giornale “The american Prospect”35, egli
riflette sul significato del termine riforma, su spunto dell’ex ministro delle finanze Yanis Varoufakis.
Quest’ultimo aveva infatti osservato che il termine riforma ha origine nell’era dell’Unione Sovietica,
sotto il leader Kruscev. All’epoca il termine stava a indicare l’introduzione di elementi di decentramento
volti anche alla pianificazione del sistema sovietico. Era una parola usata raramente. Oggi Galbraith nota
come sia diventata a parola chiave degli ultimi avvenimenti, centrale soprattutto negli avvenimenti che
si susseguono nella diatriba Grecia-creditori. Questi come sopra esposto, non hanno come obiettivo
riforme da parte del governo greco bensì cambiamenti che portano a ridurre lo stato e distruggono le
istituzioni locali. Rappresentano ciò che di più lontano dista dal significato originale di riforma, che per
Galbraith manca del tutto: i tagli alle pensione e gli aumenti delle tasse non lo sono, non aggiungono
alcun valore all’attività economica o alla competitività. La riforma è un processo che richiede tempo,
pazienza ,pianificazione e soprattutto denaro, ciò di cui al momento non si dispone. Ciò di cui si necessita
è ad esempio una riforma previdenziale, efficiente nei settori dei diritti, del lavoro e dell’assistenza
sociale. Oppure riforme in ambito dell’amministrazione pubblica, del sistema giudiziario, del
funzionamento del fisco o altre questioni che per motivi di causa maggiore(limitazioni imposte) il
governo non è abile a produrre.
Ad ogni modo, Galbraith è dell’idea che tra le varie cause di questo tunnel dai pochi spiragli di luce,
quella principale sia da rintracciare cinque anni fa, nel 2010, nel momento in cui invece di ristrutturare
il debito si optò per coinvolgere il FondoMonetario al fine di coprire i creditori privati, in particolare
modo le banche francesi e quelle tedesche. Infatti di recente, sono trapelati anche dei documenti che
mostrano come molti paesi membri e non avevano avvertito la necessità, o per lo meno ristrutturazione,
del debito pena il fallimento dell’economia greca. L’Argentina ad esempio, avendo subito sulla propria
pelle un’esperienza simile alla fine degli anni novanta e i primi duemila, e ponendosi essa stessa come
esempio, sostenne con decisione durante una riunione del consiglio del FMI del maggio 2010 che una
“ristrutturazione del debito avrebbe dovuto essere sul tavolo“. Il Brasile ha dichiarato che i prestiti del
Fondo Monetario “Possono essere considerati non come un salvataggio della Grecia, che dovrà subire

35
James Galbraith, What is Reform? The Strange Case of Greece and Europe, The American Prospect,
12 giugno 2015
42
un aggiustamento straziante, ma come un piano di salvataggio dei creditori privati della Grecia,
principalmente istituzioni finanziarie europee“36.)
Per quanto riguarda l’operato dell’esecutivo greco, Galbraith ha un’immagine del tutto positiva, convinto
che esso abbia operato nella più totale dignità e buona fede, lottando fino all’ultimo nelle intese con i
creditori, conscio magari di essersi illuso circa una maggiore accondiscendenza e flessibilità dei creditori.
Ora che le carte sono scoperte, Tsipras, divenuto nuovamente leader del secondo governo di Syriza potrà
negoziare con più consapevolezza ormai dei tutto informato dei notevoli ostacoli e difficoltà create in
primis da coloro che sono partiti convinti del fatto che tale governo avrebbe “alzato la voce” per poi
“allinearsi” come il governo francese di Hollande.37
Galbraith, ha dei toni duri, e la diplomazia pare non essere tra le qualità che lo rendono una persona tanto
illustre: oltre ad aver fatto una profonda critica nei confronti dei creditori, come si è appena riportato,
non ha risparmiato gli stati dell’Eurozona che pur subendo anch’essi l’onda tedesca non hanno dimostrato
un minimo di solidarietà nei confronti della Grecia. Qui ci spostiamo sul piano politico. Egli ricorda che
Yanis Varoufakis, all’inizio del suo mandato da ministro delle finanze aveva intrapreso un tour europeo
per incontrare i ministri dei governi di centro-sinistra: da questi egli non ottenne grandi speranza di aiuto
o solidarietà. Spagna Portogallo e Irlanda soprattutto hanno fatto capire fin da subito il timore nei
confronti di Syriza, poiché avrebbe dato notevole spinta alla sinistra in occasione di future elezioni. Per
quanto riguarda l’Italia, è sempre stata sospettosa dice Galbraith, il governo di centrosinistra italiano è
per così dire fratello del partito greco Pasok, che è stato “spazzato” via da Syriza dalle ultime elezioni,
ottenendo il peggior risultato di voti dal giorno della sua fondazione. Dopo il parere degli esperti, il
problema principale è dato quindi dall‟esposizione del sistema bancario, soprattutto di Francia e
Germania. Come si è già detto prima, in caso di default i titoli di Stato greci andrebbero in contro ad una
svalutazione, diventerebbero privi di valore e sarebbe impossibile per la Bce continuarli ad accettarli
come validi. Questo produrrebbe una situzione di crisi che potrebbe creare appunto conseguenze terribili
dal punto di vista finanziario al resto del sistema bancario europeo, già indebolito da una recente crisi di
liquidità.Tra gli effetti indiretti, risulta essere degno di nota quello sugli altri paesi indebitati classificati
come PIGS, come già accennato: l’insolvenza della Grecia aprirebbe una strada fino ad ora inesplorata e
da quel momento tutti saprebbero che uno Stato membro della zona euro può fallire, innescando così una
specie di laissez-faire da parte delle autorità, così come accadde dopo il fallimento di Lehman Brothers
e i mercati si resero conto che esse furono disposte a lasciar cadere una grande banca smentendo la

36
Tim Jones, Wall street journal, 2013
37
ibidem
43
dottrina too big to fail, dottrina nata porprio in quegli anni che stava a indicare un gruppo di banche che
erano considerate troppo grandi e importanti per essere lasciate fallire. Così accadrebbe oggi in questo
contesto. E’ importante non lasciar la Grecia da sola: filantropia, solidarietà, o collaborazione è ado ogni
modo una necessità se si vuole evitare un tracollo collettivo di tutta l’Unione Europea, una nuova crisi
che si aggiunge alla precedente, di cui ne abbiamo già a sufficienza.

4.2 Il rapporto Grecia-Germania

Il rapporto tra Grecia e Germania già da vari anni non si può che definire caratterizzato da notevole
tensione. Nel 2013 la Grecia decise di preparare un dossier in cui venivano stilati ed elencati i debiti di
guerra nei propri confronti non ancora versati dalla Germania, strategia che di certo non fece che
aggravare la già marcata controversia fra i due Stati. Questa vicenda mostra come all’interno dell’Unione
Europea spesso siano marcati più i rapporti di confronto che di collaborazione. Collaborazione che anche
negli ultimi tempi e nelle ultime vicende la Grecia non ha di certo ottenuto dalla Germania, anzi. Si
sostiene che gli accordi stipulati dalle istituzioni, con grande spinta del Paese tedesco, e dalla Grecia
riportino un vago ricordo di ciò che fu il Trattato di Versailles del 1918. Tale Trattato sancì la fine della
Grande Guerra e con l’accordo di tutti gli stati vincitori impose gravissime condizioni e sanzioni
pecuniarie alla Germania, con l’intento di punirla in quanto tra le maggiori responsabili dello scoppio
della Guerra. In tale contesto emerse uno tra gli economisti più celebri del secolo: John Maynard Keynes,
considerato il padre della macroeconomia. Egli si discostò dalle pesanti riparazioni che gli stati vollero
addossare alla Germania. Secondo Keynes essa mai e poi mai sarebbe riuscita a ripagare tutti i debiti,
anzi la disperazione causata dal collasso dell’economia a seguito delle pesantissime condizioni avrebbero
avuto come esito la nascita di avventure non democratiche. “Le conseguenze economiche della pace” fu
il titolo dell’illuminante libro scritto da Keynes con il quale egli auspicava la cancellazione del debito
tedesco, con l’aiuto degli Stati Uniti, i quali vantavano crediti per oltre 10 miliardi di dollari nei confronti
delle potenze alleate. Il Finale di questa vicenda è noto a tutti: l’avvento di Hitler non fu del tutto casuale,
le condizioni erano tutte favorevoli alla sua ascesa. E’ per questo che non bisogna che si ripeta tutto ciò:
la storia è ciclica, gli uomini devono imparare dai loro errori. Adesso è la Grecia a chiedere aiuto,
l’Unione Europea è un’unione sovranazionale che mira alla coesione economica, sociale, territoriale e
solidale tra gli stati membri. A maggio nella città di Dresda (tristemente nota per essere stata rasa al suolo
dai bombardamenti nel 1945) si è svolto un incontro tra i Ministri delle Finanze e dei Governatori delle
banche dei sette Paesi più industrializzati del mondo. Tra i temi principali ovviamente quello del debito
Greco: è in questa circostanza che il Ministro delle finanze tedesco Schaeuble ha sollecitato Atene ad
44
accettare il programma imposto dalla UE per la concessione degli aiuti. Un programma che appunto ha
un sinistro ricordo del trattato di 70 anni fa. Tra tutti i membri dell’Eurozona, la Germania è lo stato che
ha adottato la posizione di gran lunga più rigida rispetto agli altri stati e per questo motivo è anche stata
criticata parecchio anche al di fuori della UEche è stata criticata parecchio anche al di fuori della UE. In
particolare emerge Schäuble, ministro delle finanze dal 2009: fa parte dell’ Unione Cristiano
Democratica, ovvero il partito di Angela Merkel, ed ha proposto già più di una volta un’uscita della
Grecia dall’Euro come soluzione per risolvere la grave crisi.38
A tal proposito scrive il filosofo e sociologo tedesco Jurgen Habermas, il quale di recente ha accusato la
cancelliera Angela Merkel di aver adottato questa dura linea di punizione nei confronti della Grecia e
aver cancellato tutti gli sforzi che lo Stato ha dovuto compiere per ricostruirsi la reputazione in seguito
ai dopoguerra, anteponendo fin dall’inizio gli interessi degli investitori e creditori al risanamento
dell’economia greca. Ciò mostra un deficit istituzionale che ha prodotto un’insurrezione di uno stato
contro l’avvilente miseria imposta dall’austerità: il governo greco, quello di Tsipras ha cercato di ottenere
un cambio di politica, e nonostante la legittimazione ottenuta, l’Eurozona risponde con rifiuti e freddezza.
In un’intervista rilasciata dal sociologo tedesco al quotidiano britannico The Guardian, egli sostiene che
l’ultimo accordo per il prestito alla Grecia di luglio sia molto dannoso, in quanto per prima cosa “non ci
si può aspettare che queste riforme siano attuate da un governo che, per sua ammissione, non crede nei
termini dell’accordo”. Accanto, manifesta la presa di posizione della Germania come punto egemonico
su tutta l’Europa, minacciando l’uscita della Grecia dall’Eurozona su spinta di Schäuble che si è rivelato
il “supremo rigorista europeo”.
Minacciando la Grexit, la Germania "si è posta senza vergogna come la responsabile della disciplina
europea e per la prima volta ha apertamente rivendicato l'egemonia in Europa", ha aggiunto l'86enne
filosofo tedesco, fra i maggiori sostenitori dell'integrazione europea.
“La Germania -ricorda- deve lo slancio della sua ascesa economica, di cui si alimenta tuttora, alla
saggezza delle nazioni creditrici, che nell’accordo di Londra del 1954 le condonarono la metà circa dei
suoi debiti”.39

38
Crisi greca: perchè siamo tutti ateniesi, Panorama, 28 maggio 2015
39
Jurgen Habermas, Basta con le banche, il destino dell’Unione lo scelgano i popoli, La Repubblica,
23 giugno 2015
45
Tuttavia non è una questione morale dice, ma il problema è la mancata rappresentanza dei cittadini
europei. “I giornalisti non possono continuare a inseguire come un gregge quegli arieti della classe
politici che li già li avevano ridotti a fare da giardinieri”.40
L’esito che si ottiene dall’imporre riforme strutturali di stampo neoliberalista sarebbe infatti quello di
comprimere i diritti dei cittadini e quello anche di “uccidere qualunque impeto alla crescita”.
Il fatto di essere costretti ad accettare un fondo di privatizzazioni per avere il prestito da 82/86 miliardi
di Euro, consisterebbe invece, secondo il parere di Habermas, in una chiara punizione contro un governo
di sinistra.
Teorizza inoltre le radici di questa crisi attuale, dovuta sia a cause economiche che ad un fallimento
politico.
Un buon punto di partenza è stato quello della crisi delle banche e le condizioni di un'unione monetaria
composta da parti eterogenee. Senza una comune politica economica e finanziaria -procede- le economie
nazionali di Stati membri pseudo-sovrani continueranno ad andare alla deriva in termini di produttività
“”41. Ci vuol dire che vi è la necessità di dar vita a una nuova integrazione economica, rendendo gli Stati
membri alla pari su uno stesso livello.
Ma sono le istituzioni stesse dell’Unione a non permettere una politica comune e un’integrazione politica
ed economica.
“Solo i leader di governo riuniti nel Consiglio europeo sono in condizioni di agire, ma sono esattamente
loro a non poterlo fare nell'interesse di una comunità europea coesa, perché pensano al loro elettorato
nazionale. Siamo bloccati in una trappola politica”42.
Siamo in una trappola politica caratterizzata da un problema democratico: gran parte delle decisioni sono
prese da quegli organi che non hanno “alcuna base democratica” quali il Consiglio, la Commissione e la
Bce. Ciò è accaduto a causale neoliberalismo con politiche di deregolamentazione de mercati.

40
ibidem.
41
Habermas J., L'egemonia di Berlino contro l'anima dell'Europa, La Repubblica, 18 luglio 2015
42
ibidem.
46
4.3 Sistemi di aiuto e controllo dell’Unione Europea

Normalmente la Bce ha il compito di attuare delle politiche per la finalizzazione degli obbiettivi dei
mercati finanziari, adoperando strumenti consoni a risolvere eventuali tensioni. Alcune delle misure che
l’Eurosistema può adottare possono riguardare l’erogazioni di liquidità e l’ambito dei titoli finanziari,
stabilendo tassi fissi o variabili e intervenendo sia nel settore del pubblico che del privato. Nel dettaglio
dell’avanzamento della domanda d’aiuto, vi è una procedura articolata in tappe che ha il suo inizio dalla
richiesta da parte dello stato membro, il quale indica anche lo strumento prescelto consistente in linee di
credito precauzionali, fondi per la ricapitolarizzazione delle banche, acquisti di titoli di Stato sul mercato
primario o secondario.
Da qui, la Commissione Ue e la Bce valutano l’effettivo rischio per l’intera stabilità finanziaria della
zona e la sostenibilità del debito assieme alle sue esigenze. Il Consiglio dei governatori del Meccanismo
Europeo di Stabilità (Esm)43 dà il via libera autorizzando l’aiuto finanziario e affidando il compito alla
Commissione la quale dovrà negoziare con il Paese in questione un protocollo d’intesa con lo scopo di
precisare le condizioni e le clausole dell’accordo. Una volta negoziato tale accordo, la firma spetterà alla
Commissione stessa, la quale tuttavia dovrà aspettare l’approvazione finale da parte del Consiglio
d’Amministrazione del Fondo Salva Stati. Ritorniamo sull’aspetto generale della governance economica
europea, i cui comportamenti e le cui azioni sono imperniate sul trattato di Maastricht del 1992 che per
garantire una stabilità ed unità monetaria fra gli Stati membri richiede: il rispetto delle regole di bilancio,
un rapporto tra deficit pubblico e PIL inferiore al tre per cento e un rapporto tra debito pubblico e PIL
inferiore o attorno il 60%.
Vediamo ora più nello specifico quali sono le misure che l’Unione Europea ha stabilito per garantire
determinati requisiti.
Nel 1997 venne stipulato fra gli stati membri il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) il quale rappresenta il
fondamento giuridico per la regolamentazione delle politiche di bilancio( artt. 121-126 TFUE). Tale patto
è articolato in due parti: il braccio preventivo( preventive arm) e il braccio correttivo ( correttive arm).
Il primo, il braccio preventivo, ruota attorno all’ottenimento dell’ Mto( obbiettivo di medio termine) e ha
la funzionalità di imporre sanzioni nei casi in cui lo stato membro non adotti gli interventi che gli sono

43
Il Meccanismo Europeo di Stabilità (Esm) o Fondo salva stati, ha il compito di provvedere
all’assistenza finanziaria dei membri di tale meccanismo che passano attraverso un periodo di crisi e
hanno la necessità della salvaguardia della propria stabilità finanziaria..
47
stati indicati in seguito a una deviazione dell’Mto. La procedura conta vari passaggi che iniziano
dall’avvertimento della Commissione e si concludono con l’irrogazione delle sanzioni sottoforma di un
deposito dello 0,5 per cento del PIL. Il braccio correttivo permette invece di agire ex post, ma presenta
alcune eccezioni in casi di sforamento temporaneo ed eccezionalità dell’evento.
Il Patto di stabilità e crescita è stato posto a revisioni successive per rafforzarne i contenuti e specificare
i modi in cui le norma debbano essere adottate, definendone al meglio gli obbiettivi e le procedure delle
regole di bilancio. La prima revisione è stata effettuata nel 2005 con l’introduzione del Mto(obbiettivo a
medio termine), la seconda nel 2011 con la firma del “Six Pack” e l’ultima nel 2012 con l’introduzione
del “Two Pack”.
I principi guida della governance economica sono inerenti alla Sound Fiscal Policy (finanze pubbliche
sane, art. 119 TFUE) , che si riferisce all’andamento delle finanze pubbliche nel breve e nel lungo
periodo, dove nel breve si aspira al raggiungimento della stabilità della politica di bilancio, mentre nel
lungo alla sostenibilità della politica di bilancio.
I casi in cui tali politiche divergessero dagli obiettivi della Fiscal Policy, il contesto diventerebbe dal
punto di vista macroeconomico instabile, con un influenza negativa sulla crescita economica e con il
rischio di inflazione anche negli altri paesi membri.
Perchè è così importante la stabilità e una politica di bilancio responsabile? Quali sono gli effetti? Per
prima cosa, in un’unione i segni dei tassi di cambio e dei tassi d’interesse sui titoli dei debiti pubblici
sono molto meno evidenti e potrebbero essere indotti a realizzare disavanzi più alti e gravi. In secondo
luogo, gli interessi che un governo persegue nel proprio stato, nel breve periodo, possono essere differenti
da quelli finalizzati dall’interesse comunque dell’Unione monetaria visto che le dinamiche potrebbero
non essere compatibili.
Dopo la crisi del 2008 e la recessione dell’anno successivo, sono stati apportati dei cicli di modifiche
della governance. La crisi in Europa, ben si sa, è stata accompagnata dalle tensione che si sono aggravate
sui debitori sovrani. Grande contributo all’amplificazione e alla propagazione di tale crisi è stato dato dal
sistema bancario della Grecia: i deprezzamenti sui titoli pubblici, hanno avuto gravi conseguenze sulla
ricchezza patrimoniale e sull’accesso ai finanziamenti sia delle banche nazionali sia di quelle estere. A
risposta di ciò, sono stati proposti controlli più severi alle politiche di bilancio e coordinamento, rese
vincolanti per gli stati membri.
Nel 2010 il Consiglio Europeo avanzò una proposta per via delle esigenze di salvaguardia della zona
economica, avanzando la creazione del ESM(European Stability Mechanism) attivo dal 2012. Questo, in

48
cambio alle garanzie di protezione proposte agli stati in difficoltà, richiede un rafforzamento della
sorveglianza fiscale all’interno degli stati in questione.
Poco dopo, sempre nel 2012, la Commissione ha adottato la proposta di far fronte alla crisi del sistema
bancario attraverso l’istituzione del Bank ricovery and resolution directive. Tale istituto ha il compito di
armonizzare e quindi omogeneizzare la legislazione europea in materia finanziaria con il fine ultimo di
ammortizzare gli impatti che senza tale istituzione sarebbero più aggressivi in seguito a futuri fallimenti
che quindi potrebbero mettere a rischio l’intera stabilità finanziaria.
Affine a tale proposta, è stata richiesta un’Unione Europea bancaria attraverso la costituzione del
SSM(Single supervisory mechanism), il quale dovrebbe avere come linea di azione un sistema di
vigilanza unica a garanzia dei depositi.
Tornando al Patto di Stabilità e Crescita, esso ha come parametri di riferimento delle regole di bilancio
comuni agli stati membri e fornisce i principali strumenti per la sorveglianza. Il PSC, è stato poi integrato
dal Fiscal Compact chiamato anche “Trattati sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione
monetaria economica”, approvato dagli stati il 2 marzo 2012 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2013. Il
Fiscal compact, ruota essenzialmente attorno a due punti: un rapporto deficit/PIL al di sotto della soglia
minima del 3% (la Grecia arriva al 3,5%). Nel caso in cui il punto percentuale superi la soglia, vi sono
delle procedure correttive per regolare tale eccesso. Nel caso greco, il problema è che le procedure
correttive scelte dall’Unione Europea sono finalizzate all’aumento dell’avanzo primario. Ciò è difficile
che accada poiché, dal punto di vista sociale ed economico, come abbiamo già visto, le misure di austerità
provocano il deterioramento del sistema. Dunque, un avanzo possibile lo si potrebbe ottenere solo
attraverso tagli alla spesa pubblica e all’aumento di tasse (dell’iva per quanto riguarda gli ultimi accordi),
e andando avanti per questa via, ci si troverebbe davanti ad un accumulo di ampi avanzi primari e ciò
provoca ulteriori meccanismi recessivi: sottrarre le risorse all’economia reale per sdebitarsi nei confronti
dei creditori nazionali o esteri che siano non gioverebbe mai al risanamento del sistema greco.
Essendo poi in un contesto di deflazione, il debito continuerà a risalire inevitabilmente a causa dell’effetto
deflativo del moltiplicatore fiscale: molti stati, tra cui l’Italia e la Spagna non riescono a far fronte agli
interessi, e saranno dunque costretti a re-indebitarsi solo per ripagare tali interessi del debito pregresso.
Il secondo punto su cui ruota il Fiscal Compact e un altro limite riguardante il rapporto tra debito pubblico
e PIL.
I regolamenti di tale trattato impongono come obbiettivo tassativo il raggiungimento del Mto( Medium
Term Objective), introdotto con la prima rivisitazione del Patto di stabilità del 2005 che consiste in un
calcolo del margine di sicurezza per soddisfare la soglia del rapporto tra deficit pubblico e Pil del 3 per

49
cento. Esso dovrebbe in realtà facilitare le disposizioni e i vincoli imposti da Maastricht e se rispettato,
assicura la sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine. Il Mto differisce da paese a paese poiché
tiene conto delle diversità interne non armonizzabili tra cui il rapporto fra debito pubblico e PIL. Lo stato
che non raggiunga questo obbiettivo, deve sottoporsi ad aggiustamenti economici che devono avvenire
in forma ciclica anche in fasi di crescita negativa. Nel 2011, con l’introduzione del Six Pack è stato reso
ancor più vincolante per i paesi che non raggiungano ne’ l’obbiettivo di medio termine, ne’ il 60 per
cento del debito pubblico in relazione al PIL, i quali devono assicurare una velocità convergente verso il
proprio Mto.
Il livello di questo indice, deve essere tra -1 per cento del PIL e il pareggio di questo. Il Six Pack ha
voluto introdurre un nuovo concetto di politica di bilancio prudente per agevolare il percorso di ciascuno
stato verso l’obbiettivo di medio termine e per questo ha introdotto anche la regola della spesa pubblica,
che ne fissa il limite massimo raggiungibile.44
Un altro modo per assicurare un’adeguata sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio è il
Semestre Europeo, avviato nel 2011 su spinta della Commissione. Il Semestre Europeo vuole far
assicurare il rispetto delle tempistiche dei programmi di bilancio da parte degli Stati membri, secondo un
calendario prefissato. Il senso risiede nel fatto che nella prima metà dell’anno le autorità europee potranno
godere di un’adeguata sorveglianza nel periodo in cui le politiche e le linee d’azione sono ancora in fase
di programmazione.
Il Semestre Europeo è così scandito:
-novembre: vi è l”adozione dell’analisi annuale della crescita” che si occupa delle priorità dell’anno
seguente in ambiti macroeconomici.
-marzo: il Consiglio Europeo stabilisce quali saranno gli orientamenti dell'UE per le politiche nazionali
sulla base dell’analisi annuale.
-fine aprile: ciascuno Stato membro presenta il proprio Programma di Stabilità e il Piano Nazionale di
Riforma;
-maggio/giugno: sulla base dei programma di stabilità e piano nazionale di riforma, la Commissione
Europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri,
che verranno poi adottate dal Consiglio europeo.45

44
La governance economica europea, elementi di documentazione. Servizio del bilancio del Senato
45
Adam R, Tizzano A, Manuale di diritto dell’Unione Europea, 2014
50
Parliamo ora dei limiti della governance comunitaria che sono emersi proprio ora, nel corso della
gestione della crisi greca. In particolare è venuta a mancare una procedura specifica, ad hoc, per ciascun
singolo stato. La debolezza dal punto di vista più politico che economico, è ricaduta sulla gestione di
questa crisi, che sta contagiando altri paesi con squilibri interni già consolidati. Come prima reazione alla
crisi, ci fu l’estensione dei prestiti bilaterali tra gli stati, senza che mancasse pero’ la riluttanza di molti
tra essi di prestare aiuto al Paese. La Germania, visse questo momento in concomitanza con le elezioni,
che finirono per condizionare le linee d’azione per questa situazione. Si preferì dare un sostegno che
fosse per il breve termine senza pensare all’aiuto che avrebbe potuto offrire per un nuovo scenario
economico europeo di cui essa ne sarebbe stata fautrice. Fin da subito vennero adottate delle “misure
tampone”46 che non si sono dimostrate essere all‟altezza del compito da svolgere, al punto che poco
tempo dopo venne istituito il nuovo permanente European Stability Mechanisme (ESM). Tuttavia anche
questo nuovo fondo permanente, pur essendo significativo, si rivela non del tutto adatto alle necessità.
Viene, infatti, aumentata la capacita di prestito del fondo ESM di 60 miliardi rispetto ai 440 dello EFSF
i quali sono stati ottenuti attraverso l‟emissione di titoli di debito garantiti dagli paesi membri e, nel caso
dello ESM, anche da un capitale versato dagli stati stessi. Il problema di fondo è che l’istituzione di tale
organismo, non è finalizzata ad un primo intervento nella fase “pre-crisi”, ma solo quando la situazione
è ormai precipitata, rendendo ancor più difficile ogni possibile aggiustamento nel tempo.

46
In questo caso ci si riferisce alla creazione temporanea dell’ EFSF, ossia di un fondo finanziato dai
vari titoli degli stati della zona euro.
51
Conclusione

Nel corso delle trattative e di tutto ciò che attorno a loro ruota, sembrava di assistere al
cosiddetto “game of chicken”. Questo gioco riprende la scena finale di un famoso film,
“Gioventù bruciata”, in cui James Dean e un rivale si sfidano in una gara di coraggio:
vincitore sarà chi, su una strada che finisce in strapiombo, staccherà per ultimo
l’accelleratore. Contestualizzerò riprendendo i fatti esposti nella tesi: giunti alle scadenze
di maggio, dallo Stato Greco uscirono varie dichiarazione discordanti: da un lato vi era
chi sosteneva che la Grecia sarebbe riuscita a versare i soldi in tempo, dall’altro chi
considerava impresa impossibile una soluzione di questo tipo. In tutto ciò Yanis
Varoufakis, ancora in veste di Ministro delle Finanze, avvertiva che un eventuale uscita
della Grecia dall’euro avrebbe portato all’inizio della fine dell’euro stesso. Avendo
analizzato le eventuali conseguenze del Grexit, ci siamo fatti un idea di come ciò
porterebbe avere delle ripercussioni ampiamente negative su tutto il sistema finanziario
europeo. In ultimo ordine, Tsipras ha affermato come sia “opportuno che i creditori della
Grecia ritirino le assurde proposte presentate al vertice di Bruxelles”. Detto ciò, è arrivato
il momento di chiedersi se questa situazione sia effettivamente paragonabile al sopra citato
“game of chicken” . Nonostante la questione riguardante Grecia ed Europa possa essere
vista in un’ottica simile a quella del gioco, ci si scorda di un dettaglio fondamentale: James
Dean e il rivale, nel film, godono di condizioni e mezzi identici: qui non è così. Qui ci si
trova di fronte a una partenza del tutto svantaggiosa per la Grecia, vista la crisi di liquidità
imposta dalle autorità monetarie, più volte definita di stampo terroristico. La Grecia si è
trovata di fronte ad un muro che non è riuscita ad abbattere per trarne collaborazione. Ci
sta provando e continuerà a provarci, ma la durezza con cui ha avuto a che fare lascia
basiti. L’Unione Europea, nata come organizzazione volta a promuovere tra le varie cose
pace, benessere dei suoi cittadini e cooperazione tra stati, non ha fatto passi in aiuto della
Grecia, procedendo addirittura in una direzione opposta ai suoi interessi. Quest’ultima, da
debitrice qual’è, su trova pertanto in una posizione di netta inferiorità e ricattabilità.

52
Bibliografia

ATWOOD M. (2009), Il debito e il lato oscuro della ricchezza, Ponte delle Grazie, 2009

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-Grecia, Juncker: «Mi sento tradito» Obama: «Riaprire il dialogo»
http://www.corriere.it/economia/15_giugno_29/atene-chiude-borsa-banche-varoufakis-ue-scongiuri-
disastro-5576e952-1e34-11e5-958d-f9395af606a3.shtml

La Grecia non pagherà lall’Fmi le rate di giugno:


http://www.corriere.it/economia/15_maggio_24/grecia-non-paghera-all-fmi-rate-giugno-02b36856-
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IL FATTO QUOTIDIANO : Crisi Grecia, Tsipras spariglia le carte: “Stretti tra le contraddizioni di
Ue e Fmi”:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/05/crisi-grecia-tsipras-spariglia-le-carte-stretti-tra-le-
contraddizioni-di-ue-e-fmi/1654345/
- Grecia nell’euro, ma Europa da rifare. La ricetta dei parlamentari italiani:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/20/dopo-la-crisi-e-il-salvataggio-della-grecia-dieci-ricette-
per-rifare-leuropa/1889114/
- Grecia, storia di una crisi (e delle responsabilità):
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/05/grecia-storia-di-una-crisi-e-delle-responsabilita/1844604/

INTERNAZIONALE: La notte più lunga(Le Monde):


http://www.lemonde.fr/economie/article/2015/07/13/la-nuit-ou-l-allemagne-a-fait-plier-
tsipras_4681250_3234.html

PANORAMA: Crisi Grecia: perchè siamo tutti ateniesi:


http://www.panorama.it/news/oltrefrontiera/crisi-grecia-perche-siamo-tutti-ateniesi/
-Grecia fuori dall’Euro, le conseguenze per l’Italia:
http://www.panorama.it/economia/euro/grecia-fuori-euro-conseguenze-italia/
- Crisi Grecia: il prestito ponte sarà di 40-50 miliardi
http://www.panorama.it/economia/euro/referendum-grecia-risultati/
-Cos’è il Qe?Il quantitative easing della Bce
http://www.panorama.it/economia/euro/qe-quantitative-easing-bce/
-Grecia, grande incertezza per il referendum
http://www.panorama.it/economia/euro/grecia-accordo-di-nuovo-in-bilico/

IL SOLE 24 ORE : Quanto costa la Grecia al contribuente italiano:


http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-01-28/quanto-costa-doppio-status--
081640.shtml?uuid=ABDptGlC
-Grecia, cronaca di una crisi ad esito variabile:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-01-25/grecia-cronaca-una-crisi-elezioni-truccate-primo-
salvataggio-162553.shtml?uuid=ABe8FsjC

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-Salvataggio Grecia, ecco i contenuti dell'accordo:http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-02-
21/haircut-nuovi-titoli-stato-103622.shtml?uuid=AaEY28uE

MANIFESTO Varoufakis, un marxista alle Finanze di Atene:


http://ilmanifesto.info/varoufakis-un-marxista-alle-finanze-di-atene/

PANDORA RIVISTA: Il governo più interessante d’Europa: la situazione greca:


http://www.pandorarivista.it/articoli/il-governo-piu-interessante-deuropa-la-situazione-greca-prima-
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PARTITO COMUNISTA DI GRECIA: SYRIZA: la "forza di riserva di sinistra" del capitalismo:
http://inter.kke.gr/it/articles/SYRIZA-la-forza-di-riserva-di-sinistra-del-capitalismo/
REPUBBLICA.IT: La vera storia della crisi greca:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-vera-storia-della-crisi-greca/
-Basta con le banche, il destino dell’Unione lo scelgano i popoli
http://temi.repubblica.it/micromega-online/habermas-“basta-con-le-banche-il-destino-dell’unione-lo-
scelgano-i-popoli”/?printpage=undefined
-L'egemonia di Berlino contro l'anima dell'Europa:
http://www.repubblica.it/economia/2015/07/18/news/ju_rgen_habermas_l_egemonia_di_berlino_contr
o_l_anima_dell_europa_-119347727/
RIFONDAZIONE.IT: Cosa farà il governo di Syriza: il programma di Alexis Tsipras:
http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=16007
-La storia di Syriza:
http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/syriza/
SINISTRAINEUROPA: Syriza e l’opzione Grexit
http://www.sinistraineuropa.it/europa/grexit/
SINISTRAINRETE: Grentry. Il dominio della finanza in Europa e la sua crisi:
http://www.sinistrainrete.info/europa/5342-connessioni-precarie-grentry-il-dominio-della-finanza-in-
europa-e-la-sua-crisi.html
- Grecia: la danza sull’abisso
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THE FINANCIAL TIMES : Grexit remains the likely outcome of this sorry process 2015
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