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UNIVERSITA’ TELEMATICA GUGLIELMO MARCONI

CORSO DI LAUREA
SCIENZE GEO-TOPO-CARTOGRAFICHE,
ESTIMATIVE, TERRITORIALI ED EDILIZIE

1
STORIA DELLA SCIENZA E DELLE TECNICHE

Modulo I

I PONTI STORICI IN EUROPA E IN BOEMIA

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Indice

OBIETTIVI ..........................................................................................................................................4

IL PONTE ............................................................................................................................................5

DEFINIZIONE.....................................................................................................................................5

PREMESSA .........................................................................................................................................6

I PONTI NELL’ANTICHITA’ ............................................................................................................6

I PONTI NEL MEDIOEVO E IN ETA’ MODERNA.......................................................................17

I PONTI ANTICHI IN BOEMIA ......................................................................................................26

I COMPONENTI DELLA STRUTTURA DEL PONTE ..................................................................28

RIEPILOGO.......................................................................................................................................33

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OBIETTIVI

La fruizione di questa unità didattica consentirà il raggiungimento dei


seguenti obiettivi:

• conoscere la storia dei ponti nell’antichità ed i materiali e i sistemi


costruttivi utilizzati nell’arco di tempo che parte dagli etruschi sino al
Medioevo;

• conoscere la storia dei ponti in Boemia e la classificazione dei ponti


sulla base dei materiali utilizzati e degli elementi che compongono tali
strutture.

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IL PONTE

DEFINIZIONE

Si dice ponte, l’opera d’arte costruita per riunire due tratti di strada o canale,
interrotti da un avvallamento del suolo o da un corso d’acqua. La
denominazione di ponte si usa per quelle opere d’arte che si svolgono quasi
interamente sopra un fiume o torrente. Se il corso d’acqua ha poca
importanza in rapporto all’ampiezza del manufatto, o se questo manca del
tutto, l’opera d’arte si chiama viadotto. Se poi il viadotto serve ad
attraversare la strada questo si chiama cavalcavia.

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PREMESSA

L’acquisizione della capacità tecnica di costruire ponti ha rappresentato una


importante tappa nella storia dello sviluppo dell’umanità, dimostrando il
progresso della Scienza e della Tecnica.
Il ponte rappresenta la definizione di un segno fortemente espressivo e
caratterizzante del territorio e del paesaggio urbano.
Tuttora essi costituiscono, in senso lato, il simbolo dell’avvicinamento fra i
popoli ed un fondamentale mezzo per la riduzione delle distanze tra le
persone.

I PONTI NELL’ANTICHITA’

I primi ponti realizzati che noi consideriamo sono strutture volte ad


oltrepassare corsi d’acqua spesso navigabili. Tralasciamo quei ponti costituiti
da alberi caduti o tagliati, fatti passare attraverso un torrente, che l’uomo
primitivo utilizzò sicuramente nell’antichità.
Gli egizi pur essendo un popolo di grande capacità non conoscevano la
tecnica costruttiva dei ponti.

Ponti di barche

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I Persiani, costruirono prevalentemente ponti di barche o strutture
galleggianti che a causa delle loro caratteristiche non si conservarono per
lungo tempo nella storia. Il condottiero persiano Dario già nel 513 a.C. aveva
ordinato la costruzione di un ponte galleggiante per attraversare lo stretto del
Bosforo e per superare il Danubio.
Nel 480 a.C. abbiamo notizie di un incarico dato da Serse, per la realizzazione
di un ponte simile.
Il legno fu il primo materiale utilizzato per la realizzazione di ponti fissi in
quanto facilmente accessibile e trasportabile. Dalle testimonianze di Erodoto
di Alicarnasso i Babilonesi per attraversare il fiume Eufrate realizzarono un
possente ponte con struttura lignea in travi di cedro eretto su pilastri in
mattoni rivestiti di pietra. Costituito da singole campate di 9 metri di luce
lungo complessivamente 300 metri.
Le pile, elementi di sostegno del ponte, erano rastremate ai lati opposti, per
poter meglio resistere all’azione dell’acqua ed agli impatti con quanto
galleggiasse in superficie.
I ponti di pietra, vennero realizzati nell’antico oriente specialmente nelle
grandi città. Citiamo il ponte di Sennacheribbo. Erodoto e Diodoro
testimoniano di un ponte in pietra che collegava le due rive dell’Eufrate a
Babilonia .
Nella Grecia antica furono realizzati ponti lignei, ponti in pietra e ponti
militari. In tali strutture non venne mai realizzata la volta, tecnica che
probabilmente non conoscevano. Dove mancava il legname, per attraversare
i fiumi, le armate furono costrette ad utilizzare lo stesso sistema degli Assiri,
otri fatti con le pelli delle tende e riempite di paglia, ma mai utilizzando
strutture a volta, tecnica che probabilmente ignoravano del tutto o che forse
non erano inclini ad adottare per i ponti.
I primi esempi noti di costruzioni realizzate con struttura assimilabile a quella
della volta, possono farsi risalire ad una data antecedente il 2500-3000 a.C.
Ritrovati fra i resti dell’antica città assira di Ur avevano pianta rettangolare e
copertura realizzata scostando via via, verso l’interno, i successivi corsi di
pietra rispetto a quelli inferiori. Una caratteristica dell’architettura Assira è lo
sviluppo dell’arco e della volta a tutto sesto di mattoni nelle grandi opere
trionfali. Indizi di volta sono rintracciabili nel sepolcro di Atreo, presso Micene
(si tratta di una costruzione rotonda interrata, coperta da una volta ogivale
alla quale si accede attraverso un lungo “dromos”, un corridoio a cielo aperto
scavato nel terreno) e a Karnak, sulla porta aperta nella parete esterna del
tempio di Amonra.

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Sepolcro di Atreo

Infine, è noto come anche presso gli Ittiti fosse in uso una simile tecnica a
falsa volta, realizzata per sovrapposizione.
I primi costruttori di vere e proprie volte in pietra furono gli Etruschi nel V
sec. a.c.. Poche vestigia ci restano in questo campo delle costruzioni
etrusche.
I ponti che di solito sono considerati come etruschi, cioè quello dell’Abbadia
presso Vulci , quello della Rocca presso Bieda (Viterbo) e quello presso il
Bulicame di Viterbo, sono con tutta probabilità opera di artefici etruschi, ma
vennero eseguiti in età romana, anche se la tecnica della loro costruzione
con strutture di grandi massi a secco appare tipicamente etrusca.
L’opera più significativa fu un grande collettore, realizzato con volte a botte
al tempo dei Tarquini. La canalizzazione identificata con il nome di Cloaca
Maxima, scaricava le proprie acque nell’area che corrisponderà poi, a Roma
a quella del Foro; la volta principale, fatta di conci di tufo e travertino
opportunamente squadrati, è posata a secco senza l’uso di cementante negli
interstizi; ha una luce di 6.5 m ed una altezza di 3.5 m. Il consistente peso
dei conci crea delle forti pressioni sulle superfici laterali d’appoggio, dando
saldezza alla struttura lapidea: l’uso di malte cementizie diviene del tutto
inutile.
Oltre che agli Etruschi, agli Assiri ed ai Babilonesi, tecniche simili erano note
agli Indù ma anche agli Aztechi dell’America centrale. Questo sistema
costruttivo in pietra richiedeva una lavorazione molto accurata.
I Romani, succedendo agli Etruschi, diedero un enorme contributo allo
sviluppo della tecnica delle costruzioni a volta. Si pensa che originariamente i
ponti romani, ben noti anche oggi, venissero realizzati con tecnica lignea e
che solo in seguito, anche per essi, si fossero iniziate ad adottare soluzioni
con volta lapidea.
Le testimonianze sia grafiche che letterarie oggi in nostro possesso fanno a
tal proposito menzione di un famoso ponte ligneo, fatto costruire da Cesare
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sul Reno negli anni tra il 55 ed il 53 a.C. Gettata nei pressi del villaggio di
Urmitz, non lontano da Coblenza, la struttura si era resa necessaria durante
la marcia di prenotazione delle legioni romane all’interno dell’Europa centrale.
Ne dà una descrizione lo stesso Cesare, nel suo “De Bello Gallico”.
Un altro ponte, sempre con impalcato in legno, si trovava presso Orsova, alla
Porta di Ferro sul Danubio. Quest’opera, costruita su piloni contraffortati, fu
realizzata all’inizio del II secolo d.C. A quanto pare, il ponte doveva avere
circa 20 campate con luce massima anche di 35 m; nel complesso esso
raggiungeva la lunghezza di circa un chilometro. I piloni realizzati in
muratura, erano lunghi
18 m ed alti 45.
Un’immagine si trova
raffigurata sulla
Colonna Traiana a
Roma, fra le
rappresentazioni che
immortalano le guerre e
la vita di Traiano.

Il ponte “Sublicio”
inizialmente, fu realizzato in legno, successivamente le pile furono rifatte in
pietra. Citiamo altri due ponti che congiungevano l’Isola Tiberina con le due
sponde:

Ponte Cestio

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e Ponte Fabricio,

Il secondo di questi è l’unico veramente ben conservato nella sua struttura


originaria ed offre chiara testimonianza di quanto fosse elevato il livello
architettonico nei ponti urbani della Roma antica. Gli Ingegneri presero a
marcare, mediante la fila di una posa di pietre sull’estradosso del ponte, il
livello della carreggiata o del marciapiede. A partire da quel primo
marcapiano poi si arriverà a finiture più complesse, con l’inserimento di
cornici e modanature sotto la linea del parapetto spesso caratterizzate da
decorazioni dentellate.
Fu edificato tra il 69 ed il 56 a.C. e nel corso della sua esistenza, subì
numerosi danneggiamenti ed altrettante ricostruzioni. Ricompare un motivo
di origine babilonese nel quale la base della pila acquista la forma di barile
galleggiante, quasi ad esprimere una sorta di continuità fra i ponti fissi ed i
loro più antichi antecedenti realizzati su barche.
Tali molteplici significati, sono conservati dalle vestigia dell’antico ponte
Emilio o ponte rotto; costruito nel 186 a.C., presentava 5 campate con luce
di 24,1 m ed è stato più volte restaurato e ricostruito per la turbolenza del
Tevere in questo tratto. Nel 1598 venne pesantemente danneggiato a causa
di una inondazione. Delle tre arcate rimaste
due furono abbattute per erigere a valle
rasente alla superstite, il Ponte Palatino. Nel
XX secolo fu restaurata l’unica arcata ad
oggi conservatasi.

Ponte Emilio

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In queste strutture il parapetto era costituito da tre elementi chiaramente
distinguibili:

• un corrimano di pietra sagomata


• una paretina piena in mattoni
• una cornice a livello della strada

Gli antichi romani consideravano il ponte qualcosa di sacro tant’è che ne


affidarono la responsabilità ad un particolare consiglio, i cui membri erano
chiamati pontifices. Il capo del consiglio prendeva il nome di pontifex
maximus, titolo che a tutt’oggi viene utilizzato per indicare il Papa.
I ponti di pietra della Roma antica presentano in sé tratti distintivi di
immediata evidenza che vengono qui di seguito sintetizzati:

• semplicità
• geometricità: con preferenza data al semicerchio, al quadrato e
all’angolo retto
• simmetria
• utilizzo di arcate semicircolari molto alte
• ripetizione regolare di forme e motivi semplici (cosa che, in un certo
qual modo, standardizzava le operazioni costruttive)
• suddivisione della struttura in campate tutte uguali
• chiarezza e leggibilità dello schema costruttivo del ponte
• uso di possenti piloni con frangiflutti rastremati
• frequenti aperture di drenaggio con volte a botte
• uso di parapetti pieni in pietra

In epoca imperiale, al ponte si trovano aggiunti ulteriori elementi


architettonico-decorativi come, ad esempio, ricchi archivolti lavorati
plasticamente. Proprio da simili decorazioni, secoli dopo, prenderanno spunto
i costruttori del Ponte Carlo a Praga. Nella Roma antica i ponti ricoprivano un
ruolo molto importante nel dare unità alla città attraversata dal fiume Tevere.
Solo nella capitale furono costruiti circa dieci ponti, sei dei quali si sono
conservati fino ai nostri giorni. Tutti i ponti romani, senza ripetersi
nell’aspetto, vennero costruiti seguendo direttrici o geometriche, con ciò
creando un voluto effetto di contrasto con le morbide linee proprie
dell’ambiente naturale; essi si distinguono nella loro inusuale ricchezza
compositiva e per l’eterogeneità dell’articolazione strutturale.
Elemento che unisce l’immagine dei ponti romani antichi è il comune uso di
medesimi materiali, che si differenziano per i dettagli della lavorazione.

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La costruzione dei ponti fu assicurata dalla formazione di gruppi di architetti,
artigiani ed operai molto abili, i quali si tramandavano la loro arte di
generazione in generazione.
I romani svilupparono la tecnica etrusca della posa a secco dei conci di volta,
adottando centine lignee disposte parallelamente e generalizzando la
tipologia della lavorazione della pietra. Lo spessore delle volte veniva deciso
in base alla loro luce, con rapporti oscillanti tra 1/14 ed 1/7; le pile erano
piuttosto larghe , andando da ½ ad 1/3 circa rispetto alla luce di campata,
soltanto occasionalmente tale dimensione poteva ridursi ad 1/5.
I ponti erano larghi dagli 8 agli 11 m, e molti presentavano sulla carreggiata
l’innalzarsi di archi trionfali o perlomeno di colonne laterali accoppiate. Questi
elementi verticali avevano varia funzione: sia quella di accogliere chi
transitava sul ponte, introducendolo ad esso, sia d’orientamento, rimarcando
la posizione dell’opera sul territorio, sia anche celebrativa, assumendo valore
onorifico-monumentale.
Il ponte di Rimini risale ai tempi di Tiberio, (14-37 d.C.) è forse il primo
esempio di struttura disposta con orientamento obliquo rispetto al tracciato
del fiume. È stato costruito nel periodo di massimo splendore dell’Impero
Romano. Realizzato in pietra bianca dell’Istria, si sviluppa su cinque arcate; le
due laterali aventi luce di 8 m, le tre centrali di 10.6 m. La sezione trasversale
del ponte risulta simmetrica, caratteristica questa che lo pone del tutto in
linea con tutte le altre tipologie romane.

Ponte di Rimini

Le poderose pile alleggerite da false finestre denotano con le loro decorazioni


l’attenzione posta, come nei monumenti dell’età augustea ad uno sviluppo
urbanistico sempre teso alla grandiosità.
Probabilmente il più bel ponte della Roma antica è quello che oggi prende il
nome di Ponte Sant’Angelo, fatto costruire attorno all’anno 138,
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dall’imperatore Elio Adriano di fronte al grandioso mausoleo a cui si lega
compositivamente. Marcus Messius Rusticus, che ne fu l’artefice, adottò una
soluzione a pilastri articolati verticalmente, allungando così il ponte con mezzi
artificiali. Procedendo verso l’alto, la graduale rastremazione delle pile fa sì
che tali sostegni perdano parte della loro tradizionale massiccia imponenza,
ma che con ciò se ne riduca invero la solennità.

“Non ho timore di affermare che il ponte di Adriano a Roma sia


l’opera più solida mai realizzata dall’uomo. Eppure le inondazioni gli
hanno arrecato tali danni che dubito esso possa resistere a lungo. Le
annuali alluvioni ne danneggiano i pilastri, accumulandovi pietre e
ramaglie trascinate dai campi, ostruendone così in gran parte i vani
degli archi”.
Da: Lo stato di ponte Sant’Angelo, descritto dalla penna del famoso Architetto Leon Battista Alberti.

Le fondazioni del ponte sono costituite da una griglia appoggiata su due file
di pali piantati, verticalmente ed obliquamente, nel fondale. I piloni e le
arcate furono rivestiti di conci squadrati, accuratamente lavorati ed uniti da

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ogni lato con delle grappe. Originariamente il ponte aveva solo tre arcate di
18,3 m di luce e piloni larghi 7,3 m; nel 1894, in seguito ad interventi di
sistemazione del corso del Tevere, su ambo i lati venne aggiunta una nuova
campata che risulta riconoscibile soltanto per il diverso colore della pietra e
per gli spigoli vivi. Oggi il ponte possiede cinque campate. Allora,
congiuntamente all’ampliamento di sezione il ponte subì anche un sostanziale
rifacimento della sovrastruttura. Già al tempo di papa Clemente VII, correva
l’anno 1668, il Bernini aveva sostituito il parapetto pieno con uno nuovo ed
installato sopra ad ogni pilone statue angeliche.
Citiamo ora alcuni tra i ponti romani più maestosi e che quindi testimoniano
l’elevato livello ingegneristico raggiunto .

Ponte di Alcantara

I ponti di Medina e di Alcantara in Spagna sono pieni di suggestione e così


pure il duplice ordine di archi dei ponti-acquedotto di Tarragona e di Segovia;
ancora più maestoso è il Pont du Gard con il triplice ordine di archi.
Quest’ultimo fu visitato da Jean Jacques Rousseau e provocò in lui sensazioni
tali da indurlo a scrivere nelle sue Confessioni (1784-88) :

“Camminai sugli archi del ponte con


un sentimento di rispetto che quasi
mi impediva di poggiarvi i piedi.
L’eco dei miei passi sotto quelle
immense arcate mi fece sembrare di
udire in quella immensità come un
piccolo insetto. Sentii malgrado la
mia piccolezza come se la mia
anima si innalzasse.”

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Nei due ultimi secoli della Repubblica e durante l’età Imperiale la
costruzione dei ponti si è svolta attraverso continui perfezionamenti di ordine
tecnico, ma fino dal principio sono riconoscibili tutti i caratteri fondamentali
di queste tipiche costruzioni del genio romano.
Per la costruzione dei ponti a più arcate, i Romani abbandonano l’antico
sistema orientale di deviare il corso dei fiumi e ricorrono fin dall’inizio al più
ardito sistema delle fondazioni sott’acqua adottando il sistema delle paratie a
doppia parete di pali costituente bacino chiuso che si riempiva con una
gettata di calcestruzzo, sistema riconosciuto nei lavori di demolizione
dell’antico ponte Cestio, gettata di blocchi artificiali, impiego di palificate di
quercia disposte sul fondo e ricoperte da una gettata di calcestruzzo, sulle
quali riposavano le strutture murarie a scaglioni, come si è osservato per il
ponte di Traiano sul Danubio e per il ponte sul Silaro a Castel San Pietro.
Tuttavia malgrado l’abilità tecnica dei costruttori, la mancanza di una
sufficiente profondità delle fondazioni o la scarsa resistenza dei pali sono
state la causa della rovina di molti degli antichi ponti romani.
Una volta realizzate le fondazioni sorgevano su di esse le pile intermedie che
con le spalle laterali costituivano l’elemento essenziale del ponte e che spesso
erano realizzate a grandi blocchi con un notevole spessore atto a sopportare
il peso delle volte e a resistere al peso della corrente.
Sopra le pile si svolgevano gli archi, che erano la parte più caratteristica dei
ponti Romani con una arcata unica per i piccoli corsi d’acqua, mentre il
numero aumentava con l’importanza del fiume.
Spesso le arcate erano un numero dispari e gli archi a tutto sesto; ma si
incontrano non di rado casi di ponti con arco ribassato, per necessità di
ordine costruttivo nel caso di sponde molto elevate per non far partire troppo
in basso la nascita della volta.
L’apertura degli archi era molto variabile. Il diametro oscillava fra i cinque e i
venti metri. Non mancano esempi con aperture superiori.
La tecnica utilizzata dai romani per la costruzione dei ponti sul loro territorio,
influenzò grandemente anche quella impiegata nelle opere che si andavano
edificando nelle province dell’Impero. In molti casi esse assunsero
caratteristiche e stilemi imputabili a particolarità locali. A questo proposito
riteniamo degni di menzione i ponti che furono realizzati in Spagna i quali,
conservatisi in molti casi fino ai nostri giorni, esprimono accanto all’elevato
livello architettonico marcate connotazioni locali. Tra questi ultimi, citiamo il
caso del ponte di Alcantara, edificato per attraversare il fiume Tajo dove esso
scorre in una stretta e profonda gola. Gaio Giulio Lacero lo fece costruire, tra
l’88 ed il 100 d.C., con sei campate a volta aventi rispettivamente raggio di
13,8 – 22,6 – 27.9 – 28.2 – 22.5 e 13.5 m. La particolare struttura dei
sostegni verticali contribuisce a ridurre l’impressione della loro effettiva

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altezza, pari a ben 72 m sull’acqua. Si tratta probabilmente, del ponte più alto
di epoca romana.

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I PONTI NEL MEDIOEVO E IN ETA’ MODERNA

Il millennio compreso tra la caduta dell’Impero romano di Occidente (la


deposizione di Romolo Augustolo da parte di Odoacre avvenne nel 476) e la
scoperta dell’America è convenzionalmente noto come Medioevo. La prima
parte di tale arco di tempo merita il nome di “periodo oscuro” e in esso si
diede inizio all’usanza, protrattasi molto a lungo, di utilizzare i monumenti
dell’antichità come cave a cielo aperto e di demolire i ponti a difesa delle
proprie terre.
In epoca medievale accadeva spesso che nel corso dei lavori per la
costruzione delle opere, dunque anche dei ponti, si verificassero in ordine a
svariati motivi delle brusche battute d’arresto.
Il Ponte Vecchio di Firenze, opera di Taddeo Gaddi (1300-1366), fu l’unico
rimasto indenne nelle vicende belliche. Su tre luci di 28,7 metri e freccia di
soli 4.2 metri, costituisce un noto esempio infatti fu costruito a più riprese: i
lavori erano iniziati già nel 1335, ma soltanto nel 1564 il Vasari vi costruì
sopra il corridoio che avrebbe collegato gli Uffizi a Palazzo Pitti.

Di poco posteriore è il ponte fortificato visconteo del Castelli di Trezzo avente


una luce di ben 72 metri e di cui purtroppo esistono limitati resti perché
distrutto in eventi bellici poco dopo la sua costruzione.
Il più vecchio ponte d’oltralpe, giunto integro fino a noi, fu edificato nell’anno
1133 a Wurzburg sul Meno; è costituito da sette volte e sopra ogni pilastro
furono aggiunte in periodo barocco, statue raffiguranti santi e vescovi.

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Della stessa epoca è anche il lapideo ponte di Regensburg; costruito negli
anni tra il 1135 ed il 1146, largo 7 m, si sviluppa per 312 m su piccole
campate.

Con la realizzazione del ponte di


Avignone gli Ingegneri introdussero
la tipologia ad arco ribassato
composto da possenti arcate che si
appoggiano su pilastri che, con il
loro profilo affusolato a mo’
d’imbarcazione, tagliano la corrente
del fiume. Il parapetto ai lati del
ponte ritorna qui a rimarcare
sull’estradosso il livello di
carreggiata.

Nel 1100 il frate benedettino Bènèzet fondò in Francia una nuova


confraternita religiosa, l’Ordine monastico dei Fratelli del Ponte, detti in
francese Frères du pont ed in latino Frates Pontifices. Compito di questo
ordine ero quello di curare la manutenzione delle strade e degli
attraversamenti fluviali, quindi di badare ai traghetti, ai vecchi ponti, ma
anche alla costruzione di nuove opere. Nei duecento anni della loro attività
essi furono artefici , in particolare nel sud della Francia, dell’edificazione di un
gran numero di strutture.
Tra il 1177 ed il 1188 realizzarono il noto Pont Saint Bènetez che attraversa il
Reno presso Avignone. Relativamente stretta la struttura di 4m , si articolava
in ventuno archi a sesto ribassato, aventi luce compresa tra i 23.5 ed i 33.5
m. Quest’opera era destinata nel tempo a subire vari danneggiamenti:
nell’inondazione del 1670 le acque ne portarono via una buona parte, e
successivamente, una delle arcate che erano sopravvissute a tale calamità fu
fatta distruggere da Papa Bonifacio IX a scopo difensivo. Oggi se ne
conservano solo quattro campate e dunque il ponte s’interrompe,
apparentemente senza significato in mezzo al fiume.

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Pont Saint Bènetez

Nel Medioevo il ponte cessò di essere unicamente un’opera che consentiva il


prolungamento della strada oltre un fiume, ma le torri sulle sue rive opposte,
oltre a difenderlo, ne delimitavano la struttura rimarcandone la presenza sul
territorio circostante, anche a lunga distanza. All’interno della città il ponte
aveva ora acquistato nuovi significati, divenendo spesso occasione per lo
svilupparsi di articolate strutture. Quest’ultime ne mutarono l’originaria
assoluta orizzontalità orientandosi secondo direttrici verticali, forse
riecheggiando le rinnovate aspirazioni esistenziali dell’uomo, corrispondente
al più autentico mistico spirito medievale.
Il vecchio ponte lapideo di Dresda era considerato uno dei più belli esempi
medievali d’oltralpe. La sua costruzione iniziata dall’architetto italiano Foetius,
ebbe termine nel 1260; la struttura si articolava in sedici volte con luce
variabile tra i 12,4 ed i 21 m, sorrette da piloni della larghezza di 9 m. Ai
tempi di Augusto il Forte, nel 1728, il ponte venne ristrutturato da
Poppelmann che lo accorciò, decorò e vi aggiunse marciapiedi a mensola.
Diverso tempo dopo, nel 1910, poiché creava ostacolo alla fluitazione dei
tronchi ed al traffico fluviale esso venne demolito e quindi sostituito con una
nuova struttura in calcestruzzo che tutt’oggi possiamo osservare.
In Spagna i costruttori di ponti già dal V secolo iniziarono a sviluppare
l’innovativa tipologia degli archi con profilo a ferro di cavallo. Qui,
contrariamente a quanto in uso nei ponti romani, cominciarono ad
intravedersi soluzioni che, per meglio aderire alle condizioni contestuali,
accettavano una certa asimmetria.
Un esempio ne è a Barcellona il ponte Martinel il cui profilo riecheggia quello
dei rilievi circostanti. Non più simmetrica, la struttura si articola con due
campate a sesto acuto ed una terza a tutto sesto; in corrispondenza del
culmine della volta principale vi si trova collocata una sorta di guardiola in
pietra per ospitare le sentinelle. La presenza di questa massa giustifica
pienamente la scelta di qui dell’arco acuto e ciò, non solo da un punto di vista
tecnico, ma anche per una questione ottica. A costruire il ponte Martinel
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furono i Goti che, tuttavia, continuarono in parte a trarre ispirazione dalle
precedenti opere romane.
Comunque, esclusi casi eccezionali, con il crollo dell’impero l’arte della
costruzione dei ponti giacque a lungo dimenticata. Nuovo impulso in questo
senso si ebbe solo molto tempo dopo, attorno al XII secolo, periodo ricordato
nella storia per la nascita ed il grande sviluppo di importanti città.
Parallelamente a ciò, non poteva non accompagnarsi l’esigenza di costruire
ponti e vie di comunicazione. Si cominciò così con il ripristinare alcune delle
antiche città romane e ad erigere nuovi ponti sui ruderi di quelli antichi. Essi
assunsero ora connotazioni difensive, prendendo spesso la forma di vere e
proprie strutture fortificate, e ciò a discapito della loro originaria funzione che
era stata quella di unire e non di dividere le opposte rive. I ponti acquistarono
così profilo a gomito ed alcune volte erano anche protetti da una torre.
Comparvero nuovi elementi, i ponti persero in gran parte la loro originaria
simmetria: la luce poteva variare di campata in campata e bassi archi
semicircolari spezzati andarono a sostituire quelli ampi a tutto sesto. Il profilo
curvilineo della sovrastante carreggiata si fece anch’esso spezzato ed
irregolare e spesso presentava ripide salite; più alti erano i piloni i quali ora
frequentemente raggiungevano il piano stesso della strada.
Una breve divagazione in paesi lontani, dove il problema della viabilità era
particolarmente sentito, ci porta a ricordare come Marco Polo nel suo Milione
definisse la Cina come il paese dei ponti, parlando tra l’altro di un ponte del
1192, il Lukon, costituito da otto archi per una lunghezza complessiva di oltre
265 metri. In realtà in Cina esistono ponti ben più antichi, tra cui quello ad
arco ribassato detto “Choochow bridge” di 37,3 metri di luce e due ponti-
viadotto rispettivamente di oltre 1000 e 2000 metri, le cui travate erano
costituite da blocchi monolitici affioranti, lunghi fino a 11 metri.
Con il Rinascimento, le belle e singolari strutture dei ponti medievali
cedettero il passo ad opere ispirate a ragioni architettoniche e tecniche di
ordine diverso. Non intesero introdurre alcuna rivoluzionaria innovazione ma
riallacciarsi a quei principi strutturali ed estetici che avevano animato la
classicità antica. Le campate ritornarono ad articolarsi secondo ritmi
simmetrici, ingrandendo la loro luce avvicinandosi al centro del ponte, i
pilastri più sottili si arricchirono di elementi decorativi di ispirazione classica,
comparvero fregi, dentellature, marcapiani.

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In Italia, l’architetto Ammannati fu autore di numerosi ponti; uno fra questi è
quello di Santa Trinità a Firenze forse il più bello tra quelli di epoca
rinascimentale.

Ponte di Santa Trinità a Firenze

Costruito fra il 1567 ed il 1570 si regge su appiattite arcate appoggiate a


larghi piloni: le tre campate, disposte con perfetta simmetria, misurano ai due
lati esattamente 26.75 ed al centro 29.3 m; elemento significativo di questo
ponte, il parapetto, corre senza soluzione di continuità per tutta la lunghezza
dell’opera, modello che verrà poi ripreso in molte altre analoghe realizzazioni.
Fu distrutto nel 1944 e ricostruito nelle sue forme con materiali di recupero e
della cava di origine (esso porta ai suoi imbocchi le statue delle quattro
stagioni: quella della primavera fu al principio priva della testa che, ritrovata
più tardi durante operazioni di drenaggio, consentì il completo ripristino
dell’opera).
Un breve passo indietro nel
tempo ci porta a parlare di
LEONARDO, non artista, non
cultore delle scienze più diverse,
non ingegnere dedito quasi
esclusivamente alla meccanica e
all’idraulica, ,ma pontiere.
Il primo disegno risale al 1502
riguarda il progetto di un ponte
costituito da un’unica arcata per il
superamento del Bosforo. Tale
schizzo risale al periodo in cui il Sultano Bayazid II dell’Impero Ottomano era
a Roma alla ricerca di tecnici professionisti che realizzassero il progetto per
sostituire il vecchio ponte di barche sul Corno D’Oro con una nuova struttura.

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Il disegno, databile al primissimo
periodo milanese, è da riferirsi
agli studi di quei “ponti
leggerissimi e forti atti a portare
facilissimamente, e con quelli
seguire e alcune volte fuggire li
nemici, e altri securi e inoffensibili
da foco di battaglie, facili e comodi da levare e ponere”

Ponte girevole

A Venezia i ponti sono costruzioni dalle forme nobili e di particolare effetto


artistico; fra tutti spicca quello di Rialto, costruito fra il 1587 e il 1591 da
Giovanni da Ponte. Vi corrono tre scalinate parallele unite alla sommità da un
corridoio trasversale che percorre l’intera larghezza del ponte. A dividere le
scalinate, due file basse ed ininterrotte di negozi. Nel tardo periodo
rinascimentale, dunque tra il XVI ed XVII secolo, erano molto in voga simili
composizioni, vale a dire ponti su cui si ergevano case a due o tre livelli e che
al pian terreno ospitavano attività commerciali, o laboratori di artigiani.

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Ponte di Rialto

Le prime elaborazioni teoriche sulla tecnica costruttiva dei ponti possono


attribuirsi agli architetti e studiosi italiani rinascimentali, fra questi Palladio,
Martinelli e soprattutto Alberti.
Palladio con i suoi progetti di ponti lignei, anticipò quelle che sarebbero state
le moderne strutture a trave reticolare. Egli altresì introdusse nuove
commistioni di materiali, come nel ponte di Bassano la struttura lignea si
trova accompagnata ad elementi lapidei di finitura, quali i capitelli dorici con
cui terminano le colonnine e il parapetto.

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Nel progetto palladiano per il ponte di Rialto, sono contenuti preziosi
insegnamenti che verranno poi applicati a molte successive realizzazioni. Il
XVIII secolo era destinato a portare molte innovazioni tecnologiche nella
progettazione dei ponti.
Gli studi di Newton, Navier e Castiglioni, indussero evidenti mutamenti
nell’impostazione tecnica: abbandonando le certezze empiriche accumulate.
Questo secolo così costituì tappa fondamentale della storia della costruzione
tecnica con la costruzione di molti nuovi ponti, innovativi non solo dal punto
di vista tecnico, ma anche architettonico.
Tra tutti furono gli architetti francesi ed italiani ad emergere per originalità.
In Francia la creazione della scuola per ingegneri, voluta da Luigi XIV, costituì
tappa di rivoluzionario significato nello sviluppo della qualità tecnica e della
scientificità di progetti ed opere d’ingegneria. Perronet fu uno dei primi
architetti a concepire il ponte come parte integrante del moderno assetto
urbano, collocandolo in esso in modo funzionalmente organico. Nei ponti di
Perronet si integrano perfettamente: perfezione tecnica, leggiadria e nobiltà
di forme. E’ il caso del Pont de la Concorde , costruito tra il 1787 e il 1790. La
struttura si articola su appiattite volte ad arco ribassato, appoggiate su strette
pile. Per il parapetto fu adottate una soluzione balaustrata, riprendendo un
modello frequentemente in uso nei palazzi a lui contemporanei.
Con l’inizio del XVIII secolo, l’Europa si trovò avvinta in nuove suggestioni
orientaleggianti che animavano la vita di salotti ed ambienti artistici in quasi
tutto il continente. In Francia e in Germania si diffuse l’uso di un particolare
tipo di ponticello ornamentale da giardino.
Nell’epoca del romanticismo i ponti erano compresi ed artificialmente
realizzati quali parti integranti di giardini e paesaggi. In queste architetture il

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ponte costituiva senza dubbio presenza prediletta, perdendo tuttavia
l’originaria valenza tecnica a favore di nuovi valori interpretativi. Con
l’avvento del Barocco, nell’abbellimento dei ponti comparve un nuovo
elemento la cui presenza si avviava ad acquisire ruolo di vero e proprio
protagonista: la statua. Anche se già ai ponti del tardo Medioevo venivano
talora associati croci e vari altri elementi plastici a motivo religioso. Solo con
l’opera di Palladio, che si collegava all’antica radice classica, si vedrà
nuovamente introdotto l’uso della statua quale elemento decorativo. Così via
via nuovi e vecchi ponti andarono adornandosi di serie di statue singole e di
gruppi scultorei che, arricchivano ponti gotici e barocchi di nuova plastica
grazia.
Con il XIX secolo, quale naturale conseguenza delle teorizzazioni di natura
tecnica ed architettonica, si ebbe la progressiva specializzazione dei compiti
nella realizzazione delle opere di ingegneria. Il progetto dei ponti, veniva
elaborato da ingegneri e tecnici, in esso si trovavano coinvolte anche
competenze più architettoniche.
All’inizio le nuove potenzialità dei materiali non erano state comprese appieno
e ciò si rifletteva in modo evidente sulla composizione architettonica dei
manufatti.
Maggiore effetto innovativo, si ebbe con l’avvento nella costruzione dei
ponti, di un massiccio uso del metallo. All’inizio furono molteplici le soluzioni
ad essere sperimentate, la ghisa, il ferro dolce ed infine l’acciaio nei suoi
diversi tipi.
Nel 1798 in Inghilterra, era stato inaugurato il primo ponte in ghisa d’Europa.
La struttura presentava una campata centrale di 8 m di luce, che oltre ad
essere metallica era anche sdoppiabile mediante un meccanismo di
sollevamento comandato da una sorta di timoni a ruota.
In origine i ponti metallici a struttura sospesa venivano sorretti con l’ausilio di
catene portanti costituite da maglie forgiate a sezione piatta. Quella dei ponti
sospesi era una tipologia di ponte fortemente innovativa, che solo
l’applicazione dei nuovi materiali e delle tecnologie aveva consentito di porre
in essere lo stato dell’arte raggiunto in ambito tecnico.
Con il XX secolo la realizzazione di ponti ha potuto usufruire degli innovativi
prodotti della metallurgia, così come della tecnologia del calcestruzzo
precompresso.
Il destino di ogni nuovo materiale è quello di non trovare inizialmente un
largo impiego. Quando il cemento armato precompresso fu apprezzato, dopo
varie sperimentazioni, la tipologia dei ponti evolvette in forme originali.

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I PONTI ANTICHI IN BOEMIA

Mappa del Regno di Boemia

In Boemia, è facile trovare diverse rovine di ponti realizzati in epoche ormai


lontane. Testimoniati anche da materiale scritto. Del vecchio ponte che nella
città di Nymburk attraversava l’Elba ci restano solo documenti scritti. Il ponte
di calcestruzzo, che oggi lo sostituisce fu realizzato nel 1912 ed è opera di
Roethe.
Allo stesso periodo risale anche il castello Hornì di Velhartice, al quale si
poteva accedere per mezzo di un importante ponte realizzato in pietra ancora
esistente, sostenuto da quattro pile di sezione cilindrica e su un quinto di
forma prismatica, sui quali si ergono quattro grandi archi a sesto acuto. I
lavori iniziarono nel 1290 e proseguirono fino al XV secolo.
A Krupka, i resti dell’antico castello sono databili circa all’anno 1330. Si
distinguono due principali fortificazioni, una a monte e l’altra a valle,
separate da un fossato difensivo. L’accesso avveniva per mezzo di una doppia
porta ed un ponte levatoio sul fossato, che circondava il castello.
Nell’arco di tempo che intercorre fra il 1333 e il 1338, sotto Guglielmo
D’Avignone, venne realizzato sull’Elba venne realizzato un ponte in pietra di
stile gotico; nel 1632 durante la guerra dei trent’anni la struttura fu

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danneggiata in modo grave, ma dalle testimonianze una parte di essa
sopravviveva nel XIX secolo.
Della seconda metà del 1200, è la costruzione di Dolni Hrad composta da un
palazzo e da una torre cilindrica che furono uniti attraverso un ponte. I due
complessi fortificati, separati da un fossato, vennero uniti attraverso la
realizzazione di un ponte di materiale ligneo il quale si appoggiava da una
torre a gradini nominata Màselnice.
La città di Pisek, poco dopo la sua realizzazione fu circondata da un sistema
di fortificazioni realizzate per la prima volta nel 1306 e la seconda volta nel
secolo successivo. Nel XIII secolo alla fortificazione fu giunto un ponte il
quale aveva il compito di unire il castello e piazza del mercato alla famosa via
d’Oro. Probabilmente questo è il più vecchio ponte lapideo costruito in
Boemia.
Nel 1452 i Litomèrice costruirono il primo ponte in legno realizzato sull’Elba.
Nel lasso di tempo che va dal 1564-69 sulla Plounice, a Decina, fu costruito in
sostituzione di quello che vi era in precedenza distrutto da una inondazione,
un ponte lapideo. Tale struttura fu arricchita grazie alla realizzazione di
gruppi scultorei nei primi anni del 1700.
Del XVII secolo, probabilmente è anche il ponte di pietra di Ovci. Con la sue
alte volte la struttura apre la strada per Decin oltrepassando il torrente
Jilovsky.
Nel 1678, il costruttore Antonin Porta, appartenente alla famiglia, realizzò nel
castello di Vysoky Chlumec, aprendovi un portale di stile barocco e
sostituendo l’attuale ponte con una struttura in parte sospesa in parte
sollevabile. Un altro ponte in pietra, conduce alla parte orientale della
fortificazione.
Nel periodo Barocco, in Boemia vi furono una quantità di ponti notevoli
rimaneggiati.
Anche il XIX secolo ha lasciato in eredità alla Boemia una grande quantità di
ponti realizzati con materiali lapidei, ma in questo secolo apparvero anche
strutture realizzate in metallo. Nel 1848 fu costruito, nella periferia di
Litomèrice un ponte metallico, si articolava in nove volte ad arco a sesto
ribassato.
A Postoloprty, il viadotto e il ponte sospeso con catene lungo la strada,
furono costruiti fra il 1845 e il 1853. Negli stessi anni fu realizzato il tracciato
ferroviario che nel 1863 fu completato con la stazione e con la tratta ferrata e
il suo nuovo ponte.
Nel XX secolo il numero dei ponti realizzati diventa notevole. Nelle vicinanze
della stazione termale di Bechynè negli anni 1925-28 venne edificato un
ponte in calcestruzzo , struttura simile fu realizzata presso Tàbor.

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I COMPONENTI DELLA STRUTTURA DEL PONTE

Una classificazione dei vari ponti può essere fatta in base al materiale usato
per la loro realizzazione:

• ponti in legno;
• in muratura;
• in conglomerato semplice;
• ponti metallici;
• ponti in cemento armato e in cemento armato precompresso.

Altra classificazione si basa sulla funzione statica della struttura portante:

• ponti a travata, dove la struttura portante è formata da travi ad asse


rettilineo appoggiate sulle due spalle e spesso su pile intermedie
(piedritti);

• ad arco, dove la struttura portante è costituita da un arco o da un


insieme di archi, su cui l'impalcato poggia mediante pilastri o a cui è
sospeso mediante tiranti. I ponti ad arco consentono notevoli luci
(distanza tra piedritti successivi);

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• ponti sospesi, che consentono di superare luci maggiori che con
qualunque altro tipo di ponte. L'elemento portante di questo tipo di
ponti è una coppia di funi di acciaio sostenute da alti piloni e ancorate
alle spalle, cui viene sospeso l'impalcato mediante tiranti verticali.

• ponti-canale, generalmente a trave, che consentono a un canale di


attraversare una valle o un ostacolo artificiale.

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Ponti mobili sono usati per superare corsi d'acqua in modo da permettere il
passaggio di navi e natanti. Tra questi: i ponti sollevabili, costituiti da una
travata mobile fra due alte torri; i ponti girevoli, rotanti attorno a un asse
verticale; i ponti apribili, costituiti da due parti che possono rotare attorno a
perni fissati sulle spalle o sollevarsi; i ponti levatoi, che possono sollevarsi
rotando attorno a un asse orizzontale posto su una delle spalle.

Il ponte si compone di due gruppi principali:

• la sottostruttura
• la soprastruttura

Gli elementi che risultano coinvolti nel gruppo sottostruttura sono:

• fondazioni
• pile
• spalle
• ali delle spalle
• avambecchi

Per le fondazioni di pile e spalle si possono distinguere tre tipologie:

• di superficie
• su struttura palificata
• profonde

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Le fondazioni di superficie possono essere di tipo a plinto, a trave continua o
a platea ed avere struttura semplice o armata. Realizzate mediante getto di
calcestruzzo, costituiscono la soluzione più economica e quindi quella
preferibilmente adottata, ovviamente in presenza di condizioni geo-
morfologiche compatibili.
Le fondazioni su struttura palificata sono costituite da un complesso di pali in
calcestruzzo armato di diverse tipologie e variamente messi in opera. Vi sono
dunque pali:

• conficcati nel terreno per battitura di 30x30 o 35x35 cm e lunghezze di


circa 20 m;
• conficcati nel terreno per battitura aventi struttura precompressa con
profilo circolare di 33-37 cm di diametro;
• trivellati.

Le fondazioni di tipo profondo, quelle più onerose, costituiscono la soluzione


adottata nel caso in cui il terreno compatto si trovi in acqua od a rilevante
profondità. Sono realizzate mediante la costituzione di pozzi e l’impiego di
cassoni. Le fondazioni del Ponte delle legioni di Praga sono state realizzate
mediante cassoni come del resto, anche quelle del ponte autostradale sulla
Sazava presso Hvezdonice.
Le fondazioni, se collocate all’interno del corso d’acqua, dovranno rispettare
particolari precauzioni: per meglio resistere all’azione della corrente avranno
la sezione immersa di forma affusolata verso la direzione del flusso,
generalmente con angoli di 75-90 gradi; invece, qualora dovessero disporsi
obliquamente rispetto alla corrente, saranno confermate con sezione circolare
e ciò per evitare l’azione di vortici e con essi di fenomeni erosivi della base
della struttura.

Le pile, elementi di sostegno, possono essere:

• massicce: spesso gettate in calcestruzzo e rivestite con strutture


prefabbricate, oppure con muratura lapidea;
• cave;
• articolate, per lo più prefabbricate in calcestruzzo armato.

La superficie delle pile e delle spalle può essere variamente rifinita: lasciata
con calcestruzzo a vista, rivestita con elementi prefabbricati o con muratura
lapidea. La finitura in pietra costituisce senz’altro la soluzione dalle migliori
caratteristiche tecniche, essendo in grado di garantire efficace resistenza
all’azione dell’acqua e agli agenti atmosferici in genere. Può essere realizzata
in svariati modi:
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• a pietra naturale, vale a dire con murature ciclopiche od in pietrame
naturale di minori dimensioni;
• a pietrame squadrata, più o meno lavorata;
• a corsi alternati, di pietra più o meno lavorata.

I sostegni posti all’estremità della struttura prendono il nome di spalle. Spalle


ed ali, ad esse corrispondenti, si trovano per lo più costruite in semplice
calcestruzzo. Nei ponti a campata multipla, essi sostengono parte del carico
delle campate esterne, mentre la loro struttura svolge la funzione di
controripa, reggendo le spinte del piano stradale o ferroviario adiacente. Alle
spalle aderiscono le ali, costituendone parte integrante: queste ultime
contribuiscono a definire l’assetto delle scarpate. In presenza di campate
marginali dotate di struttura portante sorgente verso l’esterno, la costruzione
delle spalle può essere talora evitata.
Quindi le ali svolgono funzione accessoria e complementare ai sostegni di
spalla nel contribuire alla stabilità del terreno circostante; esse nello specifico,
consolidando il piano di scarpa relativo ai piani viari adiacenti, definiscono lo
spazio per l’appoggio introducendo alla campata esterna del ponte.
Gli avambecchi sono degli elementi a struttura indipendente collocati sul lato
a monte della pila. La loro funzione è quella di proteggere i sostegni del
ponte dall’azione della corrente. Spesso si trovano realizzati con struttura
lignea di semplici tronchi, altre volte massicci blocchi di calcestruzzo hanno in
assi lignee solo il rivestimento. Ricordiamo il ponte di Pisek e il ponte Carlo a
Praga.
La presenza degli avambecchi non si rende spesso necessaria, soprattutto
qualora non vi fosse un reale pericolo d’impatto tra pile e blocchi di ghiaccio.

La sovrastruttura di un ponte si compone di:

1. una struttura principale che è costituita da:

• base portante del piano viabile


• piano viabile
• travata principale contro-ventamenti
• accessori funzionali

2. un impalcato che è costituito da componenti portanti resistenti.


Possono associarsi a tali categorie:

• le carreggiate
• le banchine laterali
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• i camminamenti pedonali
• i parapetti
• i guardrail
• i corpi illuminanti
• altri accessori complementari.

RIEPILOGO
In questa Unità didattica abbiamo introdotto il concetto di ponte.

Abbiamo trattato la sua evoluzione nell’arco di tempo che va dalle origini sino
al periodo oscuro del Medioevo, concentrando inizialmente la nostra
attenzione sui materiali e sulle tecniche utilizzate dalle varie civiltà-antiche.

I ponti hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella Roma antica, dando


unità alla città, attraversata dal fiume Tevere e sviluppando la tecnica etrusca
della posa a secco dei conci di volta.

Nel Medioevo il timore di invasioni nemiche produsse una battuta di arresto


nella realizzazione delle vie di comunicazione, anche se durante questo
periodo il ponte cessò di essere unicamente un’opera che consentiva il
prolungamento della strada. La realizzazione di torri laterali serviva non solo
come sistema di difesa dalle invasioni ma anche per sottolineare la presenza
sul territorio limitrofo.

Con il Rinascimento le strutture non aggiunsero nulla di nuovo se non con la


ripresa di motivi di ispirazione classica.

Abbiamo infine citato e descritto i ponti più significativi in Boemia nonché i


diversi componenti di tali costruzioni.

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