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CORSO DI LAUREA
SCIENZE GEO-TOPO-CARTOGRAFICHE,
ESTIMATIVE, TERRITORIALI ED EDILIZIE
1
STORIA DELLA SCIENZA E DELLE TECNICHE
Modulo I
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Indice
OBIETTIVI ..........................................................................................................................................4
IL PONTE ............................................................................................................................................5
DEFINIZIONE.....................................................................................................................................5
PREMESSA .........................................................................................................................................6
RIEPILOGO.......................................................................................................................................33
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OBIETTIVI
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IL PONTE
DEFINIZIONE
Si dice ponte, l’opera d’arte costruita per riunire due tratti di strada o canale,
interrotti da un avvallamento del suolo o da un corso d’acqua. La
denominazione di ponte si usa per quelle opere d’arte che si svolgono quasi
interamente sopra un fiume o torrente. Se il corso d’acqua ha poca
importanza in rapporto all’ampiezza del manufatto, o se questo manca del
tutto, l’opera d’arte si chiama viadotto. Se poi il viadotto serve ad
attraversare la strada questo si chiama cavalcavia.
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PREMESSA
I PONTI NELL’ANTICHITA’
Ponti di barche
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I Persiani, costruirono prevalentemente ponti di barche o strutture
galleggianti che a causa delle loro caratteristiche non si conservarono per
lungo tempo nella storia. Il condottiero persiano Dario già nel 513 a.C. aveva
ordinato la costruzione di un ponte galleggiante per attraversare lo stretto del
Bosforo e per superare il Danubio.
Nel 480 a.C. abbiamo notizie di un incarico dato da Serse, per la realizzazione
di un ponte simile.
Il legno fu il primo materiale utilizzato per la realizzazione di ponti fissi in
quanto facilmente accessibile e trasportabile. Dalle testimonianze di Erodoto
di Alicarnasso i Babilonesi per attraversare il fiume Eufrate realizzarono un
possente ponte con struttura lignea in travi di cedro eretto su pilastri in
mattoni rivestiti di pietra. Costituito da singole campate di 9 metri di luce
lungo complessivamente 300 metri.
Le pile, elementi di sostegno del ponte, erano rastremate ai lati opposti, per
poter meglio resistere all’azione dell’acqua ed agli impatti con quanto
galleggiasse in superficie.
I ponti di pietra, vennero realizzati nell’antico oriente specialmente nelle
grandi città. Citiamo il ponte di Sennacheribbo. Erodoto e Diodoro
testimoniano di un ponte in pietra che collegava le due rive dell’Eufrate a
Babilonia .
Nella Grecia antica furono realizzati ponti lignei, ponti in pietra e ponti
militari. In tali strutture non venne mai realizzata la volta, tecnica che
probabilmente non conoscevano. Dove mancava il legname, per attraversare
i fiumi, le armate furono costrette ad utilizzare lo stesso sistema degli Assiri,
otri fatti con le pelli delle tende e riempite di paglia, ma mai utilizzando
strutture a volta, tecnica che probabilmente ignoravano del tutto o che forse
non erano inclini ad adottare per i ponti.
I primi esempi noti di costruzioni realizzate con struttura assimilabile a quella
della volta, possono farsi risalire ad una data antecedente il 2500-3000 a.C.
Ritrovati fra i resti dell’antica città assira di Ur avevano pianta rettangolare e
copertura realizzata scostando via via, verso l’interno, i successivi corsi di
pietra rispetto a quelli inferiori. Una caratteristica dell’architettura Assira è lo
sviluppo dell’arco e della volta a tutto sesto di mattoni nelle grandi opere
trionfali. Indizi di volta sono rintracciabili nel sepolcro di Atreo, presso Micene
(si tratta di una costruzione rotonda interrata, coperta da una volta ogivale
alla quale si accede attraverso un lungo “dromos”, un corridoio a cielo aperto
scavato nel terreno) e a Karnak, sulla porta aperta nella parete esterna del
tempio di Amonra.
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Sepolcro di Atreo
Infine, è noto come anche presso gli Ittiti fosse in uso una simile tecnica a
falsa volta, realizzata per sovrapposizione.
I primi costruttori di vere e proprie volte in pietra furono gli Etruschi nel V
sec. a.c.. Poche vestigia ci restano in questo campo delle costruzioni
etrusche.
I ponti che di solito sono considerati come etruschi, cioè quello dell’Abbadia
presso Vulci , quello della Rocca presso Bieda (Viterbo) e quello presso il
Bulicame di Viterbo, sono con tutta probabilità opera di artefici etruschi, ma
vennero eseguiti in età romana, anche se la tecnica della loro costruzione
con strutture di grandi massi a secco appare tipicamente etrusca.
L’opera più significativa fu un grande collettore, realizzato con volte a botte
al tempo dei Tarquini. La canalizzazione identificata con il nome di Cloaca
Maxima, scaricava le proprie acque nell’area che corrisponderà poi, a Roma
a quella del Foro; la volta principale, fatta di conci di tufo e travertino
opportunamente squadrati, è posata a secco senza l’uso di cementante negli
interstizi; ha una luce di 6.5 m ed una altezza di 3.5 m. Il consistente peso
dei conci crea delle forti pressioni sulle superfici laterali d’appoggio, dando
saldezza alla struttura lapidea: l’uso di malte cementizie diviene del tutto
inutile.
Oltre che agli Etruschi, agli Assiri ed ai Babilonesi, tecniche simili erano note
agli Indù ma anche agli Aztechi dell’America centrale. Questo sistema
costruttivo in pietra richiedeva una lavorazione molto accurata.
I Romani, succedendo agli Etruschi, diedero un enorme contributo allo
sviluppo della tecnica delle costruzioni a volta. Si pensa che originariamente i
ponti romani, ben noti anche oggi, venissero realizzati con tecnica lignea e
che solo in seguito, anche per essi, si fossero iniziate ad adottare soluzioni
con volta lapidea.
Le testimonianze sia grafiche che letterarie oggi in nostro possesso fanno a
tal proposito menzione di un famoso ponte ligneo, fatto costruire da Cesare
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sul Reno negli anni tra il 55 ed il 53 a.C. Gettata nei pressi del villaggio di
Urmitz, non lontano da Coblenza, la struttura si era resa necessaria durante
la marcia di prenotazione delle legioni romane all’interno dell’Europa centrale.
Ne dà una descrizione lo stesso Cesare, nel suo “De Bello Gallico”.
Un altro ponte, sempre con impalcato in legno, si trovava presso Orsova, alla
Porta di Ferro sul Danubio. Quest’opera, costruita su piloni contraffortati, fu
realizzata all’inizio del II secolo d.C. A quanto pare, il ponte doveva avere
circa 20 campate con luce massima anche di 35 m; nel complesso esso
raggiungeva la lunghezza di circa un chilometro. I piloni realizzati in
muratura, erano lunghi
18 m ed alti 45.
Un’immagine si trova
raffigurata sulla
Colonna Traiana a
Roma, fra le
rappresentazioni che
immortalano le guerre e
la vita di Traiano.
Il ponte “Sublicio”
inizialmente, fu realizzato in legno, successivamente le pile furono rifatte in
pietra. Citiamo altri due ponti che congiungevano l’Isola Tiberina con le due
sponde:
Ponte Cestio
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e Ponte Fabricio,
Ponte Emilio
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In queste strutture il parapetto era costituito da tre elementi chiaramente
distinguibili:
• semplicità
• geometricità: con preferenza data al semicerchio, al quadrato e
all’angolo retto
• simmetria
• utilizzo di arcate semicircolari molto alte
• ripetizione regolare di forme e motivi semplici (cosa che, in un certo
qual modo, standardizzava le operazioni costruttive)
• suddivisione della struttura in campate tutte uguali
• chiarezza e leggibilità dello schema costruttivo del ponte
• uso di possenti piloni con frangiflutti rastremati
• frequenti aperture di drenaggio con volte a botte
• uso di parapetti pieni in pietra
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La costruzione dei ponti fu assicurata dalla formazione di gruppi di architetti,
artigiani ed operai molto abili, i quali si tramandavano la loro arte di
generazione in generazione.
I romani svilupparono la tecnica etrusca della posa a secco dei conci di volta,
adottando centine lignee disposte parallelamente e generalizzando la
tipologia della lavorazione della pietra. Lo spessore delle volte veniva deciso
in base alla loro luce, con rapporti oscillanti tra 1/14 ed 1/7; le pile erano
piuttosto larghe , andando da ½ ad 1/3 circa rispetto alla luce di campata,
soltanto occasionalmente tale dimensione poteva ridursi ad 1/5.
I ponti erano larghi dagli 8 agli 11 m, e molti presentavano sulla carreggiata
l’innalzarsi di archi trionfali o perlomeno di colonne laterali accoppiate. Questi
elementi verticali avevano varia funzione: sia quella di accogliere chi
transitava sul ponte, introducendolo ad esso, sia d’orientamento, rimarcando
la posizione dell’opera sul territorio, sia anche celebrativa, assumendo valore
onorifico-monumentale.
Il ponte di Rimini risale ai tempi di Tiberio, (14-37 d.C.) è forse il primo
esempio di struttura disposta con orientamento obliquo rispetto al tracciato
del fiume. È stato costruito nel periodo di massimo splendore dell’Impero
Romano. Realizzato in pietra bianca dell’Istria, si sviluppa su cinque arcate; le
due laterali aventi luce di 8 m, le tre centrali di 10.6 m. La sezione trasversale
del ponte risulta simmetrica, caratteristica questa che lo pone del tutto in
linea con tutte le altre tipologie romane.
Ponte di Rimini
Le fondazioni del ponte sono costituite da una griglia appoggiata su due file
di pali piantati, verticalmente ed obliquamente, nel fondale. I piloni e le
arcate furono rivestiti di conci squadrati, accuratamente lavorati ed uniti da
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ogni lato con delle grappe. Originariamente il ponte aveva solo tre arcate di
18,3 m di luce e piloni larghi 7,3 m; nel 1894, in seguito ad interventi di
sistemazione del corso del Tevere, su ambo i lati venne aggiunta una nuova
campata che risulta riconoscibile soltanto per il diverso colore della pietra e
per gli spigoli vivi. Oggi il ponte possiede cinque campate. Allora,
congiuntamente all’ampliamento di sezione il ponte subì anche un sostanziale
rifacimento della sovrastruttura. Già al tempo di papa Clemente VII, correva
l’anno 1668, il Bernini aveva sostituito il parapetto pieno con uno nuovo ed
installato sopra ad ogni pilone statue angeliche.
Citiamo ora alcuni tra i ponti romani più maestosi e che quindi testimoniano
l’elevato livello ingegneristico raggiunto .
Ponte di Alcantara
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Nei due ultimi secoli della Repubblica e durante l’età Imperiale la
costruzione dei ponti si è svolta attraverso continui perfezionamenti di ordine
tecnico, ma fino dal principio sono riconoscibili tutti i caratteri fondamentali
di queste tipiche costruzioni del genio romano.
Per la costruzione dei ponti a più arcate, i Romani abbandonano l’antico
sistema orientale di deviare il corso dei fiumi e ricorrono fin dall’inizio al più
ardito sistema delle fondazioni sott’acqua adottando il sistema delle paratie a
doppia parete di pali costituente bacino chiuso che si riempiva con una
gettata di calcestruzzo, sistema riconosciuto nei lavori di demolizione
dell’antico ponte Cestio, gettata di blocchi artificiali, impiego di palificate di
quercia disposte sul fondo e ricoperte da una gettata di calcestruzzo, sulle
quali riposavano le strutture murarie a scaglioni, come si è osservato per il
ponte di Traiano sul Danubio e per il ponte sul Silaro a Castel San Pietro.
Tuttavia malgrado l’abilità tecnica dei costruttori, la mancanza di una
sufficiente profondità delle fondazioni o la scarsa resistenza dei pali sono
state la causa della rovina di molti degli antichi ponti romani.
Una volta realizzate le fondazioni sorgevano su di esse le pile intermedie che
con le spalle laterali costituivano l’elemento essenziale del ponte e che spesso
erano realizzate a grandi blocchi con un notevole spessore atto a sopportare
il peso delle volte e a resistere al peso della corrente.
Sopra le pile si svolgevano gli archi, che erano la parte più caratteristica dei
ponti Romani con una arcata unica per i piccoli corsi d’acqua, mentre il
numero aumentava con l’importanza del fiume.
Spesso le arcate erano un numero dispari e gli archi a tutto sesto; ma si
incontrano non di rado casi di ponti con arco ribassato, per necessità di
ordine costruttivo nel caso di sponde molto elevate per non far partire troppo
in basso la nascita della volta.
L’apertura degli archi era molto variabile. Il diametro oscillava fra i cinque e i
venti metri. Non mancano esempi con aperture superiori.
La tecnica utilizzata dai romani per la costruzione dei ponti sul loro territorio,
influenzò grandemente anche quella impiegata nelle opere che si andavano
edificando nelle province dell’Impero. In molti casi esse assunsero
caratteristiche e stilemi imputabili a particolarità locali. A questo proposito
riteniamo degni di menzione i ponti che furono realizzati in Spagna i quali,
conservatisi in molti casi fino ai nostri giorni, esprimono accanto all’elevato
livello architettonico marcate connotazioni locali. Tra questi ultimi, citiamo il
caso del ponte di Alcantara, edificato per attraversare il fiume Tajo dove esso
scorre in una stretta e profonda gola. Gaio Giulio Lacero lo fece costruire, tra
l’88 ed il 100 d.C., con sei campate a volta aventi rispettivamente raggio di
13,8 – 22,6 – 27.9 – 28.2 – 22.5 e 13.5 m. La particolare struttura dei
sostegni verticali contribuisce a ridurre l’impressione della loro effettiva
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altezza, pari a ben 72 m sull’acqua. Si tratta probabilmente, del ponte più alto
di epoca romana.
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I PONTI NEL MEDIOEVO E IN ETA’ MODERNA
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Della stessa epoca è anche il lapideo ponte di Regensburg; costruito negli
anni tra il 1135 ed il 1146, largo 7 m, si sviluppa per 312 m su piccole
campate.
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Pont Saint Bènetez
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In Italia, l’architetto Ammannati fu autore di numerosi ponti; uno fra questi è
quello di Santa Trinità a Firenze forse il più bello tra quelli di epoca
rinascimentale.
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Il disegno, databile al primissimo
periodo milanese, è da riferirsi
agli studi di quei “ponti
leggerissimi e forti atti a portare
facilissimamente, e con quelli
seguire e alcune volte fuggire li
nemici, e altri securi e inoffensibili
da foco di battaglie, facili e comodi da levare e ponere”
Ponte girevole
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Ponte di Rialto
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Nel progetto palladiano per il ponte di Rialto, sono contenuti preziosi
insegnamenti che verranno poi applicati a molte successive realizzazioni. Il
XVIII secolo era destinato a portare molte innovazioni tecnologiche nella
progettazione dei ponti.
Gli studi di Newton, Navier e Castiglioni, indussero evidenti mutamenti
nell’impostazione tecnica: abbandonando le certezze empiriche accumulate.
Questo secolo così costituì tappa fondamentale della storia della costruzione
tecnica con la costruzione di molti nuovi ponti, innovativi non solo dal punto
di vista tecnico, ma anche architettonico.
Tra tutti furono gli architetti francesi ed italiani ad emergere per originalità.
In Francia la creazione della scuola per ingegneri, voluta da Luigi XIV, costituì
tappa di rivoluzionario significato nello sviluppo della qualità tecnica e della
scientificità di progetti ed opere d’ingegneria. Perronet fu uno dei primi
architetti a concepire il ponte come parte integrante del moderno assetto
urbano, collocandolo in esso in modo funzionalmente organico. Nei ponti di
Perronet si integrano perfettamente: perfezione tecnica, leggiadria e nobiltà
di forme. E’ il caso del Pont de la Concorde , costruito tra il 1787 e il 1790. La
struttura si articola su appiattite volte ad arco ribassato, appoggiate su strette
pile. Per il parapetto fu adottate una soluzione balaustrata, riprendendo un
modello frequentemente in uso nei palazzi a lui contemporanei.
Con l’inizio del XVIII secolo, l’Europa si trovò avvinta in nuove suggestioni
orientaleggianti che animavano la vita di salotti ed ambienti artistici in quasi
tutto il continente. In Francia e in Germania si diffuse l’uso di un particolare
tipo di ponticello ornamentale da giardino.
Nell’epoca del romanticismo i ponti erano compresi ed artificialmente
realizzati quali parti integranti di giardini e paesaggi. In queste architetture il
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ponte costituiva senza dubbio presenza prediletta, perdendo tuttavia
l’originaria valenza tecnica a favore di nuovi valori interpretativi. Con
l’avvento del Barocco, nell’abbellimento dei ponti comparve un nuovo
elemento la cui presenza si avviava ad acquisire ruolo di vero e proprio
protagonista: la statua. Anche se già ai ponti del tardo Medioevo venivano
talora associati croci e vari altri elementi plastici a motivo religioso. Solo con
l’opera di Palladio, che si collegava all’antica radice classica, si vedrà
nuovamente introdotto l’uso della statua quale elemento decorativo. Così via
via nuovi e vecchi ponti andarono adornandosi di serie di statue singole e di
gruppi scultorei che, arricchivano ponti gotici e barocchi di nuova plastica
grazia.
Con il XIX secolo, quale naturale conseguenza delle teorizzazioni di natura
tecnica ed architettonica, si ebbe la progressiva specializzazione dei compiti
nella realizzazione delle opere di ingegneria. Il progetto dei ponti, veniva
elaborato da ingegneri e tecnici, in esso si trovavano coinvolte anche
competenze più architettoniche.
All’inizio le nuove potenzialità dei materiali non erano state comprese appieno
e ciò si rifletteva in modo evidente sulla composizione architettonica dei
manufatti.
Maggiore effetto innovativo, si ebbe con l’avvento nella costruzione dei
ponti, di un massiccio uso del metallo. All’inizio furono molteplici le soluzioni
ad essere sperimentate, la ghisa, il ferro dolce ed infine l’acciaio nei suoi
diversi tipi.
Nel 1798 in Inghilterra, era stato inaugurato il primo ponte in ghisa d’Europa.
La struttura presentava una campata centrale di 8 m di luce, che oltre ad
essere metallica era anche sdoppiabile mediante un meccanismo di
sollevamento comandato da una sorta di timoni a ruota.
In origine i ponti metallici a struttura sospesa venivano sorretti con l’ausilio di
catene portanti costituite da maglie forgiate a sezione piatta. Quella dei ponti
sospesi era una tipologia di ponte fortemente innovativa, che solo
l’applicazione dei nuovi materiali e delle tecnologie aveva consentito di porre
in essere lo stato dell’arte raggiunto in ambito tecnico.
Con il XX secolo la realizzazione di ponti ha potuto usufruire degli innovativi
prodotti della metallurgia, così come della tecnologia del calcestruzzo
precompresso.
Il destino di ogni nuovo materiale è quello di non trovare inizialmente un
largo impiego. Quando il cemento armato precompresso fu apprezzato, dopo
varie sperimentazioni, la tipologia dei ponti evolvette in forme originali.
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I PONTI ANTICHI IN BOEMIA
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danneggiata in modo grave, ma dalle testimonianze una parte di essa
sopravviveva nel XIX secolo.
Della seconda metà del 1200, è la costruzione di Dolni Hrad composta da un
palazzo e da una torre cilindrica che furono uniti attraverso un ponte. I due
complessi fortificati, separati da un fossato, vennero uniti attraverso la
realizzazione di un ponte di materiale ligneo il quale si appoggiava da una
torre a gradini nominata Màselnice.
La città di Pisek, poco dopo la sua realizzazione fu circondata da un sistema
di fortificazioni realizzate per la prima volta nel 1306 e la seconda volta nel
secolo successivo. Nel XIII secolo alla fortificazione fu giunto un ponte il
quale aveva il compito di unire il castello e piazza del mercato alla famosa via
d’Oro. Probabilmente questo è il più vecchio ponte lapideo costruito in
Boemia.
Nel 1452 i Litomèrice costruirono il primo ponte in legno realizzato sull’Elba.
Nel lasso di tempo che va dal 1564-69 sulla Plounice, a Decina, fu costruito in
sostituzione di quello che vi era in precedenza distrutto da una inondazione,
un ponte lapideo. Tale struttura fu arricchita grazie alla realizzazione di
gruppi scultorei nei primi anni del 1700.
Del XVII secolo, probabilmente è anche il ponte di pietra di Ovci. Con la sue
alte volte la struttura apre la strada per Decin oltrepassando il torrente
Jilovsky.
Nel 1678, il costruttore Antonin Porta, appartenente alla famiglia, realizzò nel
castello di Vysoky Chlumec, aprendovi un portale di stile barocco e
sostituendo l’attuale ponte con una struttura in parte sospesa in parte
sollevabile. Un altro ponte in pietra, conduce alla parte orientale della
fortificazione.
Nel periodo Barocco, in Boemia vi furono una quantità di ponti notevoli
rimaneggiati.
Anche il XIX secolo ha lasciato in eredità alla Boemia una grande quantità di
ponti realizzati con materiali lapidei, ma in questo secolo apparvero anche
strutture realizzate in metallo. Nel 1848 fu costruito, nella periferia di
Litomèrice un ponte metallico, si articolava in nove volte ad arco a sesto
ribassato.
A Postoloprty, il viadotto e il ponte sospeso con catene lungo la strada,
furono costruiti fra il 1845 e il 1853. Negli stessi anni fu realizzato il tracciato
ferroviario che nel 1863 fu completato con la stazione e con la tratta ferrata e
il suo nuovo ponte.
Nel XX secolo il numero dei ponti realizzati diventa notevole. Nelle vicinanze
della stazione termale di Bechynè negli anni 1925-28 venne edificato un
ponte in calcestruzzo , struttura simile fu realizzata presso Tàbor.
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I COMPONENTI DELLA STRUTTURA DEL PONTE
Una classificazione dei vari ponti può essere fatta in base al materiale usato
per la loro realizzazione:
• ponti in legno;
• in muratura;
• in conglomerato semplice;
• ponti metallici;
• ponti in cemento armato e in cemento armato precompresso.
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• ponti sospesi, che consentono di superare luci maggiori che con
qualunque altro tipo di ponte. L'elemento portante di questo tipo di
ponti è una coppia di funi di acciaio sostenute da alti piloni e ancorate
alle spalle, cui viene sospeso l'impalcato mediante tiranti verticali.
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Ponti mobili sono usati per superare corsi d'acqua in modo da permettere il
passaggio di navi e natanti. Tra questi: i ponti sollevabili, costituiti da una
travata mobile fra due alte torri; i ponti girevoli, rotanti attorno a un asse
verticale; i ponti apribili, costituiti da due parti che possono rotare attorno a
perni fissati sulle spalle o sollevarsi; i ponti levatoi, che possono sollevarsi
rotando attorno a un asse orizzontale posto su una delle spalle.
• la sottostruttura
• la soprastruttura
• fondazioni
• pile
• spalle
• ali delle spalle
• avambecchi
• di superficie
• su struttura palificata
• profonde
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Le fondazioni di superficie possono essere di tipo a plinto, a trave continua o
a platea ed avere struttura semplice o armata. Realizzate mediante getto di
calcestruzzo, costituiscono la soluzione più economica e quindi quella
preferibilmente adottata, ovviamente in presenza di condizioni geo-
morfologiche compatibili.
Le fondazioni su struttura palificata sono costituite da un complesso di pali in
calcestruzzo armato di diverse tipologie e variamente messi in opera. Vi sono
dunque pali:
La superficie delle pile e delle spalle può essere variamente rifinita: lasciata
con calcestruzzo a vista, rivestita con elementi prefabbricati o con muratura
lapidea. La finitura in pietra costituisce senz’altro la soluzione dalle migliori
caratteristiche tecniche, essendo in grado di garantire efficace resistenza
all’azione dell’acqua e agli agenti atmosferici in genere. Può essere realizzata
in svariati modi:
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• a pietra naturale, vale a dire con murature ciclopiche od in pietrame
naturale di minori dimensioni;
• a pietrame squadrata, più o meno lavorata;
• a corsi alternati, di pietra più o meno lavorata.
• le carreggiate
• le banchine laterali
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• i camminamenti pedonali
• i parapetti
• i guardrail
• i corpi illuminanti
• altri accessori complementari.
RIEPILOGO
In questa Unità didattica abbiamo introdotto il concetto di ponte.
Abbiamo trattato la sua evoluzione nell’arco di tempo che va dalle origini sino
al periodo oscuro del Medioevo, concentrando inizialmente la nostra
attenzione sui materiali e sulle tecniche utilizzate dalle varie civiltà-antiche.
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