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1 Introduzione 5
2 Onde e Armoniche 7
2.1 Cos’è il suono? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.2 Perché il seno è un’onda? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.3 Il moto armonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2.4 Vibrazioni delle corde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.5 Identità trigonometriche e battimenti . . . . . . . . . . . . . . . . 12
2.6 Sovrapposizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
3 Teoria di Fourier 19
3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.2 Coefficienti di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.3 Funzioni pari e dispari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.4 Coefficienti complessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.5 Trasformata di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.6 Lo spettro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.7 Un cenno sulle Armoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
Introduzione
In questi termini va dunque la nostra attenzione: nel mostrare che due “ar-
ti” cosı̀ apparentemente diverse, hanno vissuto e vivono anora oggi vicine, nella
ricerca degli appassionati dell’una nell’altra.
Stefano Maragnoli
Marco Costanzi
6 Introduzione
Capitolo 2
Onde e Armoniche
Le onde sonore hanno quattro attributi principali che possono essere percepiti.
- altezza, che viene pensata come corrispondente della frequenza della vi-
brazione.
- timbro, che corrisponde alla figura dello spettro di frequenza del suono.
Queste nozioni devono però essere modificate per un certo numero di motivi.
Il primo è che la maggior parte delle vibrazioni non consistono di una singola
frequenza, e definirne la frequenza può essere molto difficile. Il secondo motivo
della scelta relativa a questi attributi è fisica: il suono viene classificato nei
termini della percezione del suono e non nei termini del suono in sé. Cosı̀,
per esempio, l’altezza percepita di un suono può rappresentare una frequenza
2.2 Perché il seno è un’onda? 9
Fisico Percettivo
Ampiezza Intensità
Frequenza Altezza
Spettro Timbro
Durata Durata
d2 y
= −ky (2.1)
dt2
le cui soluzioni sono le funzioni:
√ √
y = A cos kt + B sin kt
o equivalentemente: √
y = c sin( kt + φ)
azione, si allontana
10 Onde e Armoniche
del gas e dal fatto che la membrana non è perfettamente elastica. Si osserva
comunque che il movimento del moto armonico smorzato forzato è sinusoidale,
ma contiene una rapida componente attenuatrice.
Per concludere, la maggior parte delle note musicali non consistono di una
singola onda di seno. Per esempio, se una corda viene fatta vibrare, risulterà
un’onda periodica, ma l’onda risultante consisterà in una somma di onde di
seno con le varie ampiezze. Cosı̀ ci saranno picchi di diversa ampiezza della
vibrazione della membrana basilare e un segnale più complesso trasmesso al
cervello. La decomposizione di un’onda periodica come somma delle onde di
seno è denominata analisi di Fourier, di cui parleremo in seguito.
o, equivalentemente,
d2 y ky
+ =0 (2.2)
dt2 m
Se scriviamo ÿ al posto della derivata seconda di y, l’equazione diventa:
ky
ÿ + =0
m
Le soluzioni di questa equazione sono le funzioni:
r r
k k
y = A cos( t) + B sin( t) (2.3)
m m
Il fatto che queste sono le soluzioni di questa equazione differenziale è la spie-
gazione del perché l’onda di seno, e non altre onde periodicamente oscillanti, è al-
la base dell’analisi armonica delle onde periodiche. Questa è l’equazione differen-
ziale che governa il movimento di qualsiasi punto particolare sulla membrana
basilare nella coclea e quindi governante la percezione umana del suono.
F = −ky
d2 y ky
+ =0
dt2 m
dove le soluzioni sono le funzioni
r r
k k
y = A cos( t) + B sin( t)
m m
dove le costanti A e B sono determinate dalle posizioni iniziali e dalla velocità
iniziale della corda.
Se la massa della corda è distribuita uniformemente, allora sono possibili più
modelli per le corde vibranti. Per esempio, il punto mediano della corda può
rimanere stazionario mentre le due metà vibrano con le fasi opposte. Su una
chitarra, questo può essere realizzato premendo il punto mediano della corda,
rilasciandolo poi subito. L’effetto sarà esattamente un suono di un’ottava sopra
rispetto a quello naturale della corda, ossia esattamente pari a due volte la
frequenza a corda libera. L’uso delle armoniche in questo senso è un dispositivo
12 Onde e Armoniche
comune fra i chitarristi. Se ogni metà sta vibrando con un’onda pura di seno
allora il movimento di un punto diverso dal punto mediano sarà descritto dalla
funzione r r
k k
y = A cos(2 t) + B sin(2 t)
m m
Se un punto è fissato esattamente ad un terzo della lunghezza della corda
da un’estremità e la corda viene pizzicata, l’effetto sarà un suono di un’ottava e
una quinta perfetta sopra rispetto a quello naturale della corda, esattamente tre
volte la frequenza. Pertanto, con il ragionamento descritto sopra, otteniamo:
r r
k k
y = A cos(3 t) + B sin(3 t)
m m
In generale, una corda pizzicata vibrerà con una miscela di tutti i modi de-
scritti dai multipli della frequenza naturale, con le varie ampiezze. Le ampiezze
in questione dipendono dal modo in cui la corda è pizzicata o colpita. Per es-
empio, una corda colpita da un martelletto, come accade in un pianoforte, avrà
un insieme diverso di ampiezze d’onda che nel caso la stessa fosse pizzicata.
L’equazione generale di movimento di un punto sulla corda sarà:
r r
X∞
k k
y= (An cos(n t) + Bn sin(n t)) (2.4)
n=1
m m
Ciò ci lascia con un problema: come può una corda vibrare con un numero
di frequenze diverse allo stesso tempo? Ciò forma l’argomento della teoria della
serie di Fourier e dell’equazione delle onde. Prima di trattare le serie di Fourier,
dobbiamo capire le “onde di seno” e come interagiscono tra loro.
hannes Werner (1468-1528), che le utilizzò per semplificare calcoli astronomici; si sa tuttavia
che esse erano già note ben tre secoli prima ai matematici arabi
14 Onde e Armoniche
Per esempio, supponiamo che un accordatore abbia accordato una delle tre corde
che corrispondono alla nota la sopra il do centrale a 440 Hertz. La seconda
corda è ancora fuori tono, in modo che risuona a 436 Hertz. La terza deve
essere smorzata in modo da non interferire con la sintonizzazione della seconda.
Ignorando la fase e l’ampiezza per un momento, le prime due corde suoneranno
insieme come sin(880πt) + sin(872πt)
Usando l’equazione (2.16), possiamo riscrivere questa somma come:
2 sin(876πt) cos(4πt)
4 Queste ultime formule sono invece dette di “prostaferesi”, parola di origine incerta, ma
molto probabilmente derivata dal greco, ove, tra altri significati, può anche significare “somma
e sottrazione”
2.6 Sovrapposizioni 15
Ciò significa che percepiamo la combinazione degli effetti come onda di seno
con frequenza 438 Hertz, la media delle frequenze delle due corde, ma con
l’ampiezza modulata da un’onda di coseno di frequenza 2 Hz, o metà della
differenza fra le frequenze delle due corde. Questa modulazione viene concepi-
ta come battimento. L’ampiezza dell’onda di modulazione di coseno ha due
picchi per ciclo, cosı̀ il numero di battimenti al secondo sarà quattro, non due.
Dunque il numero di battimenti al secondo è esattamente la differenza fra le due
frequenze. L’accordatore sintonizza la seconda corda alla prima “lavorando” sui
battimenti, vale a dire registrando la corda cosı̀ che i battimenti ritardino fino
a fermarsi.
Se desideriamo includere i termini di fase e ampiezza, scriviamo
c sin(880πt + φ) + c sin(872πt + φ0 )
dove gli angoli φ e φ’ rappresentano le fasi delle due corde. Da ciò si ottiene
1 1
2c sin(876πt + (φ + φ0 )) cos(4πt + (φ − φ0 ))
2 2
cosı̀ questa equazione può essere usata per capire qual è il rapporto fra la fase
dei battimenti e le fasi dell’onda sinusoidale originale. Se le ampiezze sono molto
diverse, allora i battimenti non saranno cosı̀ pronunciati perché la parte della
nota più forte è preponderante.
2.6 Sovrapposizioni
Sovrapporre due suoni corrisponde a sommare le funzioni corrispondenti del-
l’onda. Ciò fa parte del concetto di linearità. In generale, un sistema è lineare
se due condizioni sono soddisfatte. La prima, la sovrapposizione, ossia la somma
di due segnali in ingresso indipendenti simultanei deve produrre la somma delle
due uscite. La seconda condizione, l’omogeneità, ossia un’amplificazione del liv-
ello di input di un fattore costante dovrebbe moltiplicare il livello dell’uscita per
lo stesso fattore costante. In simboli
se u, v sono soluzioni u + v è soluzione
se w è soluzione kw è soluzione, k ∈ R
y = c sin(ωt + φ)
2
Da cos2 (θ) + sin (θ) = 1, quadrando e sommando queste equazioni si di-
mostra che il punto (x; y) si trova sul cerchio
x2 + y 2 = c2
Teoria di Fourier
3.1 Introduzione
Come può vibrare una corda con un numero di frequenze diverse allo stesso tem-
po? Questo problema ha occupato le menti di molti matematici e musicisti del
diciassettesimo e diciottesimo secolo. Fra le persone il cui lavoro ha contribuito
alla soluzione di questo problema vi sono Marin Mersenne, Daniel Bernoulli,
la famiglia di Bach, Jean-le-Rond d’Alembert, Leonhard Euler e Jean Baptiste
Joseph Fourier. In questo capitolo discutiamo la teoria di Fourier dell’analisi ar-
monica, ossia la decomposizione di un’onda periodica nella somma (solitamente
infinita) di seni e coseni. Le frequenze in questione sono i multipli interi della
frequenza fondamentale dell’onda periodica, e ciascuno ha un’ampiezza che può
essere determinata come integrale.
cos(−nθ) = cos(nθ)
sin(−nθ) = − sin(nθ)
1 X∞
f (θ) = a0 + (an cos(nθ) + bn sin(nθ)) (3.1)
2 n=1
f (θ + 2π) = f (θ)
La domanda che si pone naturale ora è: in che misura possiamo estendere la
serie trigonometrica la cui somma è uguale ad una data funzione periodica? Per
iniziare a rispondere a questo problema, prima ci chiediamo: data una funzione
definita da una serie trigonometrica, come possiamo calcolare i coefficienti an ,
bn ? La risposta si trova nelle formule (per m ≥ 0 e n ≥ 0)
Z 2π
cos(mθ) sin(nθ) dθ = 0 (3.2)
0
Z 2π 2π se m = n = 0
cos(mθ) cos(nθ) dθ = π se m = n > 0 (3.3)
0
0 altrimenti
3.2 Coefficienti di Fourier 21
Z 2π
π se m = n > 0
sin(mθ) sin(nθ) dθ = (3.4)
0 0 altrimenti
Queste equazioni possono essere dimostrate usando le equazioni (2.11) - (2.15):
basta riscrivere il prodotto delle funzioni trigonometriche all’interno dell’inte-
grale come somma di funzioni trigonometriche ed eseguire poi l’integrazione. Il
fattore supplementare di 2π dentro (3.3) per m = n = 0 spiegherà il fattore di
1
2 nella parte anteriore di a0 dentro (3.1). Ciò suggerisce l’ordine per cercare i
coefficienti am : moltiplichiamo f (θ) per cos(mθ) ed integriamo. Vediamo che
cosa accade quando applichiamo questo processo all’equazione (3.1). Passiamo
dall’integrale ad una somma infinita, dove solo un termine dà un contributo
diverso da zero. Cosı̀ per m > 0 abbiamo:
Z 2π Z 2π 1 X∞
cos(mθ)f (θ) dθ = cos(mθ) a0 + (an cos(nθ) + bn sin(nθ)) dθ =
0 0 2 n=1
Z 2π ∞
X Z 2π Z 2π
1
= a0 cos(mθ) dθ+ an cos(mθ) cos(nθ) dθ+bn cos(mθ) sin(nθ) dθ
2 0 n=1 0 0
= πam
Da questo otteniamo, per m > 0,
Z 2π
1
am = cos(mθ)f (θ) dθ (3.5)
π 0
significa che la formula (3.5) per i coefficienti am vale per tutti gli m ≥ 0.
Sarebbe bello pensare che quando usiamo le equazioni (3.5), (3.6) e (3.7)
per definire am e bm , l’equazione (3.1) converga sempre a f (θ). Ciò è vero per
alcune funzioni f , ma purtroppo, non per tutte.
22 Teoria di Fourier
Z π
1
bm = sin(mθ)f (θ) dθ
π −π
1 X∞
F (t) = a0 + (an cos(2nπνt) + bn sin(2nπνt)),
2 n=0
cosı̀
Z a
f (θ) dθ = 0.
−a
Cosı̀ per esempio, se f (θ) è pari con periodo 2π, allora sin(mθ)f (θ) è dispari
e cosı̀ i coefficienti di Fourier bm sono nulli poiché
Z 2π Z π
1 1
bm = sin(mθ)f (θ) dθ = sin(mθ)f (θ) dθ = 0.
π 0 π −π
Analogamente, se f (θ) è dispari, con periodo 2π, allora cos(mθ)f (θ) è dispari
e cosı̀ i coefficienti di Fourier am sono nulli in quanto
Z 2π Z π
1 1
am = cos(mθ)f (θ) dθ = cos(mθ)f (θ) dθ = 0.
π 0 π −π
f (θ) + f (θ + π) f (θ) − f (θ + π)
f (θ) = +
2 2
Moltiplicando funzioni simmetriche ed antisimmetriche di mezzo periodo si
ottengono ancora funzioni di questi due tipi, nello stesso modo descritto per le
funzioni pari e dispari.
Se f (θ) è una funzione mezzo-periodica antisimmetrica, allora
Z 2π Z π
f (θ) dθ = − f (θ) dθ
π 0
cosı̀
Z 2π
f (θ) dθ = 0.
0
eiθ + e−iθ
eiθ = cos θ + i sin θ cos θ =
2
eiθ − e−iθ
e−iθ = cos θ − i sin θ sin θ =
2i
si ottiene che l’equazione (3.1) può essere riscritta come
X
∞
f (θ) = αn einθ (3.11)
n=−∞
R∞
funzione f (t) si dice L1 , o assolutamente integrabile in (−∞, ∞) se −∞ |f (t)| dt
converge.
In particolare, questo forza che f (t) tenda a zero per |t| → ∞ (tranne su un
insieme di misura nulla, che può essere ignorato).
Calcolare la trasformata di Fourier per una funzione è di solito difficile. Per
2
esempio calcoliamo la trasformata di Fourier di e−πt .
2 2
Teorema 1 La trasformata di Fourier di e−πt è e−πν .
2
Dimostrazione: Poniamo f (t) = e−πt . Allora
Z ∞
2
fˆ(ν) = e−πt e−2πiνt dt.
−∞
Z ∞
2
+2iνt)
= e−π(t dt.
−∞
Z ∞
2
+ν 2 )
= e−π((t+iν) dt.
−∞
Z ∞ Z ∞
2
+y 2 +2ν 2 )
= e−π(x dx dy
−∞ −∞
Ora convertiamo questo integrale doppio in (x; y) in coordinate polari (r; θ).
Ricordiamo che l’area in coordinate polari è rdrdθ, abbiamo
Z 2πZ ∞
2
+2ν 2 )
fˆ(ν)2 = e−π(r r dr dθ.
0 0
Z ∞
2
+2ν 2 )
fˆ(ν)2 = 2πre−π(r dr
0
h 2 2
i∞
= − e−π(r +2ν )
0
2
= e−2πν .
= 0 + 2πiν fˆ(ν).
Teorema 4 Sia f (t) una funzione L1 e continua a tratti. Nei punti dove f (t)
è continua essa vale
Z R
|ν| ˆ
f (t) = lim 1− f (ν)e2πiνt dν.
R→∞ −R R
1 +
Nei punti di discontinuità la formula diventa 2 (f (t ) + f (t− )).
3.6 Lo spettro 29
3.6 Lo spettro
Cosa ci dice la trasformata di Fourier riguardo alla distribuzione di frequenza
della funzione originale? Abbiamo visto precedentemente che possiamo passare
da funzioni ad esponenti complessi in termini di seno e coseno, e viceversa.
Cosı̀ i valori della funzione fˆ in ν e −ν non ci indicano soltanto il valore della
componente di frequenza ν, ma anche della fase. Se la funzione f (t) originale è
reale allora fˆ(−ν) è complesso coniugato di fˆ(ν). La densità di energia ad un
valore particolare di ν è definita dal quadrato dell’ampiezza |fˆ(−ν)|,
Il temperamento degli
strumenti: viaggio tra i
rapporti numerici
4.1 Introduzione
Ai tempi dell’antica Grecia, già si sapeva che i suoni musicali “ben consonanti” erano re-
lazionati a semplici rapporti numerici. Tuttavia, usando tale fatto per costruire una scala
musicale o per accordare uno strumento, i problemi crebbero. Tali problemi erano notevoli
specialmente quando si tentava di trasporre una tonalità in un’altra, in modo tale cioè che
il brano potesse essere suonato ad un’altezza differente. Una soluzione adottata nella musica
Europea negli ultimi secoli è stata quella di guardare in modo diverso i rapporti matematici
tra gli intervalli, fino a giungere alla divisione della “scala ben temperata”.
delle note che formano la scala. La scelta di questi rapporti è governata prin-
cipalmente dal grado di consonanza tra le note. Il criterio di consonanza è sia
psicologico che fisico: due note sono consonanti se risultano “piacevoli” quando
suonate insieme. In termini fisici ciò sembra accadere quando il rapporto tra
le frequenze delle due note è un rapporto di interi bassi: più semplice è tale
rapporto, più le due note risultano consonanti.
A parte per il caso più insignificante, quello dell’unisono, per il quale il rap-
porto di frequenza è 1:1, il caso più semplice è definito dal rapporto 2:1. Quando
due note hanno tale rapporto di frequenza l’intervallo tra esse è un’ottava: cosı̀,
per il la del diapason, il la successivo avrà una frequenza di 880 Hz. Le origini
di questo intervallo possono risiedere nella preistoria, nel momento in cui i primi
tentativi di canti di gruppo hanno avuto bisogno di modificare (di un’ottava,
appunto) la melodia per fare in modo che uomini, donne e bambini potessero
cantarla all’“unisono”.
Questa semplice relazione 2:1, corrispondente a due note distanziate da
un’ottava, è alla base della costruzione di ogni scala musicale. In termini matem-
atici, il problema della costruzione di una scala è quello di determinare una serie
di rapporti di frequenza da inserire tra le note di tale scala; ovviamente, tentando
di mantenere il principio psicologico/estetico della consonanza.
In questo veloce viaggio attraverso la formazione delle tre scale più impor-
tanti (Pitagorica, Zarliniana, equabile) avremo modo di vedere come il criterio
musicale della semplicità tra i rapporti, per ottenere un effetto consonante, sia
in accordo con altri princı̀pi matematici.
za t.
La stessa corda può vibrare anche a doppia frequenza, dando la nota di fre-
quenza 2t. L’intervallo tra le due frequenze equivale al rapporto tra esse, ossia
2t : t, o 2 : 1, un’ottava.
do fa sol Do
4 3
t 3t 2t 2t
nota do re mi fa sol la si Do
9 81 4 3 27 243
frequenza t 8t 64 t 3t 2t 16 t 128 t 2t
Notiamo che il rapporto tra due note consecutive è sempre 98 , eccetto che
tra mi e f a e tra si e do, tra i quali risulta un rapporto di 256
243 . Il rapporto
9 256
8 dà infatti origine a un tono, mentre 243 produce un semitono. Un modo
alternativo è vedere la scala come formata da una successione di quinte giuste,
partendo dal fa. In tal modo, formiamo le sette note come successive quinte sul
fa, poi riunendo il tutto in un’unica ottava (ossia moltiplicando o dimezzando i
rapporti ottenuti). Il risultato è equivalente a quello appena enunciato...
4.3 Il problema del trasporto nella scala Pitagorica 35
Notiamo una cosa: per come abbiamo agito sui rapporti di frequenza dovrebbe
risultare che il rapporto relativo a un semitono, elevato alla seconda, sia equiv-
alente a quello di un tono intero. Si verifica in realtà che ( 256 2 9
243 ) è meno di 8 (e
dunque non è un semi-tono in senso accurato!) Ciò porterà a notevoli proble-
mi soprattutto nel trasporto di brani musicali da una tonalità ad un’altra. Ma
questo lo vedremo nel prossimo paragrafo.
Per concludere, notiamo che in questi calcoli di rapporti sono intervenuti
solo i numeri 2 e 3 (e le loro potenze). Cosı̀, ogni nota della scala Pitagorica
può essere scritta nella forma 2p · 3q dove p e q sono numeri interi. Possiamo
dunque, da ora in poi, omettere il fattore t. La scala diventa:
nota do re mi fa sol la si Do
frequenza 1 32 /23 34 /26 22 /3 3/2 33 /24 35 /27 2
nota do re mi fa sol la si Do
frequenza 1 32 /23 5/22 22 /3 3/2 5/3 (3 · 5)/23 2
Entro una singola scala, la giusta intonazione forma una soluzione soddis-
facente ai problemi della scala pitagorica, ma anche qua i compromessi vengon
meno quando uno prova a suonare in un’altra tonalità. Il trasporto è ancora
più complesso che per la scala pitagorica. Quando ad esempio trasportiamo in
su di una quinta, troviamo che la nuova scala include due nuove note: il si è
portato al fa], come prima, ma il re diventa una nuova nota, un la di 33 /24 ,
differente dal precedente la da 35 di un comma sintonico. La ragione sta nel
fatto che l’intervallo sol-la nella scala originale era un tono minore, ma diventa
maggiore dopo il trasporto.
38 Il temperamento degli strumenti: viaggio tra i rapporti numerici
nota re mi fa sol la si Do Re
9 6 4 3 5 16
frequenza 1 8 5 3 2 3 9 2
Altre scale furono create, contenenti spesso anche consonanze pure: ma an-
che queste, se si rivelavano soddisfacenti per le tonalità prossime al do, diveni-
vano fonte di insoddisfazione nelle tonalità più lontane. Per tale motivo non
intendiamo parlarne in questa sede.1
ossia la cosiddetta “scala di cinque note” corrispondente proprio alle frazioni più semplici:
5 4 3 8
1, , , ,
4 3 2 5
40 Il temperamento degli strumenti: viaggio tra i rapporti numerici
Per orecchi abituati alla giusta intonazione, la terza maggiore di quasi 1,26 è
notevolmente alzata, e cosı̀ l’estrema consonanza dell’accordo maggiore (6:5:4)
è persa nel temperamento equabile.
Per il trasporto, possiamo analizzare il comportamento della scala di tem-
peramento equabile analogamente a quanto fatto nei casi precedenti; la scala
“ben temperata” ha le seguenti note:
do re mi fa sol la si Do
1 22/12 24/12 25/12 27/12 29/12 211/12 2
5.1 Introduzione
Nella descrizione degli ingredienti strutturali della musica la tradizione distin-
gue il ritmo, la melodia e l’armonia. Il loro significato e la loro funzione sono
abbastanza chiari e familiari alla maggior parte degli ascoltatori, anche a quelli
che non hanno mai avuto modo di studiare la teoria. Per esempio, spesso nella
musica leggera la melodia è prodotta dal cantante, l’armonia dalla chitarra,
il ritmo dalla batteria: tre ruoli molto diversi, tra cui il primo ha una certa
prevalenza1 . Naturalmente le tre cose devono “interferire” in modo coerente:
l’ascoltatore si accorge facilmente quando qualcosa non va.
Lo schema dato (ritmo, melodia, armonia) regge abbastanza bene con la
musica classica, ma non con la cosiddetta polifonia. In questo genere musicale,
sviluppatosi soprattutto nel Rinascimento, non c’è una voce principale ma un
intreccio di molte voci, ciascuna delle quali svolge un ruolo di identica importan-
za. Le varie voci si sovrappongono in modo da rispettare le leggi dell’armonia,
ma vengono rispettati ulteriori vincoli di parentela, secondo una raffinata arte
canonica che porta anche il nome di contrappunto: un po’ come in un balletto,
1 Riassumiamo con la nomenclatura delle “equivalenze” e del “passaggio al quoziente” (con i
vi sono voci che proseguono in parallelo, altre che si seguono ad una certa dis-
tanza, altre che si avvicinano o si allontanano simmetricamente dal centro del
palcoscenico. È di questi rapporti che ci occuperemo.
Queste considerazioni si addicono particolarmente ai lettori che hanno una
preparazione tecnico-scientifica, tra i quali abbondano appassionati musicofili,
perché alcune pratiche contrappuntistiche diventano del tutto trasparenti se
soltanto si ha il “coraggio” di utilizzare per la loro descrizione il linguaggio e i
concetti della matematica.
L’intuizione visiva che si esercita in geometria, in particolare, si può met-
tere al servizio della comprensione musicale con eccellenti risultati, soprattutto
quando si tratta di venire in aiuto ad un orecchio non particolarmente dotato.
Questo capitolo si potrebbe infatti intitolare: Rappresentazione visiva delle
melodie: il ruolo delle isometrie. In realtà il nostro scopo rimane essenzialmente
quello di dare al lettore un’idea di alcuni aspetti strutturali dei canoni di Bach,
attraverso un linguaggio accessibile a chiunque sia familiare con i concetti di fun-
zione, grafico, trasformazioni geometriche, ma non abbia molta dimestichezza
con il pentagramma.
• conservano la distanza (si dice anche: sono isometrie): due punti che
abbiano una certa distanza l’uno dall’altro vengono trasformati in punti
che hanno ancora quella distanza.
5.2 Le isometrie nel piano 45
• conservano le due direzioni degli assi nel senso che una retta orizzontale
viene trasformata in una retta orizzontale, e una verticale in una verticale.
Si noti che le uniche direzioni invarianti sono queste.
τv ◦ τo : x → x + a, y → y + b
τo : R → R ρo : A → ∀ ρv : E → ∃ γ : N → N
2 Notiamo per completezza che la composizione di due riflessioni, una verticale e una oriz-
zontale, dà per risultato proprio la simmetria puntuale rispetto al punto di intersezione degli
assi di simmetria delle riflessioni stesse.
ρv ◦ ρo = γc,d
46 La Geometria nel mondo musicale
-AABBCCDD AA BB CC DD AA BB CC DD AA BB CC DD AA BB. . .
- AABB CC DD AA BB CC DD AA BB CC DD AA BB CC DD AA. . .
- AA BB CC DD AA BB CC DD AA BB CC DD AA BB CC DD. . .
- AA BB CC DD AA BB CC DD AA BB CC DD AA BB CC . . .
Terminata la melodia, ciascuna voce riparte da capo creando una polifonia ci-
clica senza fine in cui è impossibile distinguere il ruolo delle singole voci. Una
tale composizione si chiama canone perpetuo a quattro voci.
Il fatto che Fra’ Martino utilizzi soltanto traslazioni orizzontali lo classifica come
canone all’unisono, perché tutte le voci partono con lo stesso suono. Per quanto
ingenua possa sembrare questa composizione, dobbiamo riconoscerle il merito
di mettere alla portata di tutti il piacere di fare musica d’insieme, realizzando
un esempio di quella coerenza tra ritmo, melodia ed armonia che ogni orec-
chio musicale sa apprezzare. Il gioco del contrappunto è però spesso molto più
complesso: passiamo dunque ad esempi più classici e più interessanti.
3 tuttii vocaboli stranieri jouer, to play, zu spielen significano giocare e anche suonare
4 canone alla quinta indica un canone in cui la seconda voce imita il tema della prima
a distanza, appunto, di una quinta, ossia 7 semitoni sopra la precedente (come se avessimo
applicato una traslazione τv di 7 unità verso l’alto)
48 La Geometria nel mondo musicale
le frasi distinte sono quattro, diciamo f (x), g(x), f (−x), g(−x) ma le due voci
le eseguono secondo lo schema seguente:
////////EEEEEEEE
∃∃∃∃∃∃∃∃ . . . . . . . .
5.8 Conclusioni
Sarebbe insensato sostenere che il valore musicale delle composizioni contrap-
puntistiche, soprattutto nei capolavori di Bach, consista nei dettagli strutturali
che abbiamo descritto. Tuttavia ci sembra innegabile che, trascurando questi
aspetti della musica, l’ascoltatore si privi - almeno in parte - di un impor-
tante contributo al piacere musicale, come avverrebbe ad esempio se ammirasse
un’architettura classica senza accorgersi del ruolo straordinario che vi giocano
le simmetrie.
Ovviamente sappiamo tutti che la poesia, la musica, la pittura non hanno
bisogno, per esprimersi, di regolarità e simmetrie strutturali. Ma con questo
breve viaggio nel mondo delle simmetrie abbiamo voluto confutare il punto di
vista di coloro che affermano che la presenza di tali regolarità possa far perdere
spontaneità alla creazione artistica. Nel grande artista abbondano sia la tecnica
che l’ispirazione, e la sua grandezza sta anche nel fatto che, senza tradire la vena
creativa che lo caratterizza, possa permettersi anche di sottoporsi a tali vincoli
strutturali, traendone anzi in alcuni casi un ulteriore stimolo di creatività.
50 La Geometria nel mondo musicale
Capitolo 6
– concernenti la QUANTITÀ
∗ ARITMETICA (quantità in quanto tale)
∗ MUSICA (relazioni tra quantità)
– concernenti la MISURA
∗ GEOMETRIA (misura a riposo)
∗ GEOMETRIA SFERICA (misura del movimento di oggetti)
È a Pitagora infine che molti storici fanno risalire la dottrina dell’ “Armo-
nia Universale”, che sarà alla base delle scienze matematiche successive,
dottrina che sostiene come ogni realtà inserita nell’Universo possieda in sé
un’implicita organizzazione armonica e armoniosa.
• Archytas di Tarentum (ca. 4◦ sec. a.C.)
Fu il primo (almeno per quanto ne possiamo dedurre da fonti storiche
pervenuteci) che cercò di scoprire una relazione tra
– Movimenti dei corpi celesti
– Geometria
– Aritmetica
– Musica
Inoltre a lui si deve il proseguimento dello studio delle scale, sebbene senza
modifiche degne di nota rispetto alla precedente scala pitagorica.
• Platone (4◦ sec. a.C.)
Cercò di sostenere che la musica avesse in sé un carattere razionale, e
pertanto potesse esser messa in relazione con le scienze contemporanee, e
fu il primo a “lanciare” l’idea di ricercare una unità di misura minima per
il riconoscimento della durata delle note e un’altra per l’altezza di esse.
• Aristosseno (discepolo di Aristotele)
Rifiutò la tradizione Pitagorico-Platonica precedente secondo cui i suoni e
gli intervalli corrispondevano a particolari intervalli razionali e si prefissò
di studiare tutti i suoni e tutti gli intervalli musicali, anche quando non cor-
rispondevano ad alcuna proporzione razionale, comunicando l’idea cioè che
anche nella musica vi potesse essere una sorta di continuità, esattamente
come nel campo matematico l’insieme Q può essere espanso attraverso
l’introduzione dell’insieme R.
Delle molte sue opere di cui possediamo i titoli, solo due però sono state
parzialmente conservate: gli “Elementi di armonia” e gli “Elementi rit-
mici”, dove Aristosseno espone e sistema gli elementi della teoria musicale
greca, rilevando inoltre un interessante pensiero estetico: un’idea di quel
che sia o come debba essere intesa l’opera d’arte musicale. Purtroppo
è andata perduta un’opera intitolata “Sull’ascoltare musica” nella quale
pare Aristosseno riconoscesse la funzione fondamentale della memoria nel-
la intelligenza della musica: “Di queste due cose, invero, la musica è co-
esistenza: sensazione e memoria. Bisogna infatti sentire ciò che accade e
ricordare ciò che è accaduto”.
• Sant’Agostino(354-430)
Con il suo “Trattato sulla Musica”, che in realtà prenderà in considerazione
principalmente uno dei tanti aspetti musicali, il ritmo, sant’Agostino es-
prime la sua concezione di musica intesa come “numero sonoro”, fornendo
quindi un’importante correlazione tra i due mondi matematico e musicale.
53
1. Studio del suono per una riformulazione della conoscenza (studio del-
l’acustica, dell’intensità del suono, delle vibrazioni delle corde, tensione e
frequenze di corde...)
2. Fisica del suono: studio della velocità del suono (e da cosa può dipen-
dere tale velocità), fenomeno dell’eco; Mersenne arrivò ad una misurazione
quantitativa della velocità del suono stesso.
3. Conoscenza sensibile e conoscenza razionale: studio della percezione
(come agisce l’intelletto per avere conoscenza degli oggetti); la conoscenza
sensibile senza ragione non è conoscenza, ma solo registrazione di impres-
sioni.
4. Teoria musicale e teorizzazione del temperamento dodecatonico equaliz-
zato: divisione del Monocordo in dodici semitoni uguali usando la formula
della “media geometrica”. Inoltre studiò la divisione del manico degli stru-
menti musicali (chitarre, mandolini...).
Mersenne era un grande conoscitore della musica del suo tempo e in quest’-
opera riporta tutti i sistemi dell’accomodamento dell’ottava pubblicati o
noti prima del 1630.
• Johannes Kepler (1571-1630)
L’interesse musicale di Keplero è dato dallo studio dei pianeti, dalla forza
dei dati sperimentali e dalla capacità di elaborazione.
1. Il sistema del mondo scelto da Keplero è quello copernicano.
2. Le velocità dei pianeti sono messe in analogia con le note musicali:
Keplero verifica che solo in questi casi ci sono corrispondenze precise.
3. Nessun pianeta crea un’orbita circolare intorno al sole, né tanto meno
la velocità è costante. Keplero decide di non considerare valori medi o
approssimati, ma dedica un serio studio per elaborare le sue teorie. Il
modello di Keplero è “unico” perché l’armonia che si ascolta non è più
data dalla sovrapposizione di onde fisse, ma evolve continuamente nel
tempo. Osserviamo che la terza legge di Keplero (studiata a scuola come
(R3 /T 2) = cost), ma elaborata e usata da Keplero come R3/2 , sfrutta il
rapporto 23 : questa frazione rappresentava l’intervallo musicale di quinta,
che stava alla base sella costruzione della scala pitagorica (cfr. la sezione
dedicata al temperamento).
• René Descartes (1596-1650)
Nel 1618 stese il “Compendium musicae”, opera in cui Cartesio tratta
in modo “nuovo” l’approccio musico-matematico: la novità della tecnica
sta nell’attenzione riservata all’ascolto (analisi del tempo, ritmo, conso-
nanze...), nella scelta dei “numeri sonori” 2, 3 e 5 (consonanze dell’otta-
va, della quinta e della terza maggiore) che creano una visione dinamica
delle grandezze musicali (e tra esse la triade maggiore verrà in particolar
modo vista come centro propulsore dinamico della struttura musicale) e
nell’analisi psicologica che pone la regola di fondamento della buona com-
posizione. Cartesio inoltre creò una scala con 18 note, che non ebbe mai
però alcuna applicazione effettiva. Il “Compendium musicae” è un vero
trattato di musica: nei 13 capitoli vengono trattati diversi argomenti e
55
suo intero sistema filosofico. Leibniz ebbe una corrispondenza con Kircher
(“Musurgia Universalis”) al quale inviò la sua opera giovanile “De arte
combinatoria” per ottenerne un giudizio. Il punto in comune tra i due
studiosi è costituito dalla nozione di simbolicità del linguaggio musicale:
ordine dell’universo, concezione di bello musicale come percezione della
struttura numerica costituente l’armonia; la musica ha le caratteristiche
che la rendono adatta a divenire strumento di costruzione della lingua
universale: un sistema logico relazionale e non gerarchico, la cui base è
costituita da pochi elementi da cui dedurne infiniti altri sulla base di un
metodo combinatorio.
• Leonhard Euler (1707-1783)
Numerosi suoi saggi e trattati sulla musica e l’acustica li troviamo nelle
“lettere ad una principessa tedesca” (1768-1772): inizialmente ammetten-
do la sua “ignoranza” in campo musicale, afferma che il piacere musicale
va ricercato nel concetto di ordine, che risulta comprensibile sulla base di
due elementi: armonia (suoni gravi o acuti) e misura (ogni suono ha una
certa durata). L’origine del piacere musicale è integrato dall’osservazione
che armonia e misura si fondano su proporzioni matematiche, ma il pi-
acere non è dovuto alla semplicità dei rapporti matematici. Per Eulero
la musica è matematica, come assistere alla soluzione di un problema: le
facoltà dello spirito possono essere in tal modo occupate senza incontrare
difficoltà. Un tema importante per Eulero è poi il problema del singo-
lo suono: “Conjectura physica circa propagationem soni ac luminis”, del
1750: in questo contesto ricerca la scienza dell’acustica e la spiegazione
matematica della musica. Il suono coincide per Eulero con una serie di
vibrazioni che colpiscono il nostro orecchio, grazie alle quali distinguiamo
suoni e rumori (frequenze “regolari e non regolari”). Eulero riuscı̀ ad indi-
care in maniera approssimata i limiti di frequenza percettibili dall’orecchio
umano: 30-7520 (dopo si scoprirono 20-4000).
• Joseph-Louis Lagrange (1736-1813)
Lagrange ebbe un importantissimo ruolo nello studio della corrispondenza
matematico-musicale. Nella Francia del fine ’700 gli intellettuali consid-
eravano la musica un campo troppo “sottile” per poter essere spiegata da
concetti matematici. Ma il grande scienziato iniziò uno studio a partire
dalle regole matematiche usate in musica, e spese molto tempo sullo studio
degli strumenti a fiato. Dallo studio delle vibrazioni nell’aria, passò allo
studio delle vibrazioni delle corde, arrivando ad importantissimi risultati
fisico matematici: scoprı̀ in questi studi la “relazione ortogonale” del seno
e del coseno ed arrivò alla soluzione generale per le corde vibranti e per la
propagazione del suono. Le conseguenze di tali scoperte:
1. Nel caso delle vibrazioni delle corde le oscillazioni sono periodiche.
2. La velocità del suono è indipendente dal primo movimento.
Scoprı̀ inoltre che l’equazione differenziale della corda vibrante era la stes-
sa per le particelle nell’aria (dallo studio infinitesimale del movimento
delle particelle): un’equazione differenziale del secondo ordine. Lo studio
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[8] Journal of New Music Research, vol. 30/1 (2001): “Music and Mathematics”