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RIASSUNTI PROGRAMMA LETTERATURA TEDESCA 3

Il 700’; Definizioni letterarie generali.

Il 700’ ha fornito, in rapporto ad affinità e contrapposizione, una sorta di eredità al secolo immediatamente
successivo, giacché i due periodi letterari (classicismo e romanticismo) sono contemporanei, pertanto si
usa la definizione di periodo “classico – romantico”. Durante tale periodo si insedia una concezione diversa
della letteratura, con un approccio sistematico dove la critica letteraria era concepita come scienza. Si
parlerà appunto di “Literaturwissenschaft”.

Il 700’; Contesto Storico.

A livello sociale c’è un cambio paradigmatico da società complessa, gerarchicamente patriarcale e chiusa,
definita sotto la stella dell’Ancien Régime, a una società di più ampio respiro. L’ancien régime era
strutturato in base a corporazioni medievali, tutti vivevano come parte di una collettività scandita nei
minimi dettagli. Si trattava di una società statica, basata sulla proprietà terriera dove il singolo individuo
non possedeva diritti personali intrinseci se non quelli concessi dalla corporazione stessa (es. il diritto di
matrimonio). Questa società di isolamento era tuttavia molto coesa.

Come già espresso, subirà dei cambiamenti, prima a livello di pensiero, successivamente nella realtà. Con la
rivoluzione francese viene sovvertito l’ordine precedente e si insedia la società borghese,rappresentativa e
parlamentare, regolata per legge tramite votazione dei rappresentanti. La rivoluzione francese agì sul piano
psicologico: l’incredulità degli avvenimenti stessi portò una mutazione nella psiche dei cittadini. La
sovversione del regime monarchico veniva intesa dal popolo stesso come una vera e propria “Sfida a Dio”,
in quanto il re si pensava ricevesse il potere da Dio stesso.

A tal punto la felicità, la ricerca della verità, veniva traslata sul piano terreno dove l’uomo si prefiggeva il
compito di migliorarsi fino a diventare perfetto. L’uomo, in questo periodo, ha il proprio destino in pugno.
L’accento viene posto sulle azioni, sulla prassi e la proprietà. Per le donne vi è un discorso a parte:

 Durante la prima fase del 700’ vengono considerate alla stregua degli uomini.
 Già nella seconda vengono messe in atto una serie di limitazioni per regolare e ridimensionare la
vita delle donne.

Una delle forze dei cambiamenti è sita nella filosofia, che influisce sulla cultura dei paesi europei. La
letteratura in questo periodo ha modelli fissi, gerarchici, considerando i classici greci e romani, che si
riverseranno proprio in questo contesto socio – culturale, nel Neoclassicismo. La letteratura riproponeva
modelli fissi, non soggettivi, con dei canoni che venivano riflessi in un genere proprio. Si parla per questo di
“Poetica Normativa”. È sul termine del 700’ che nascerà poi “L’Estetica”, inteso come apporto del principio
del bello nei vari testi. Si valuta dunque così il proprio intento, la propria identità estetica espressa
attraverso il gusto individuale.

Chiaramente l’estetica fu fortemente contrastata e censurata. La censura, a tal proposito, era di due tipi:

 PREVENTIVA: Che era propriamente detta; prima di essere pubblicato, un testo veniva sottoposto a
revisione del censore.
 CURATIVA: il testo veniva ritirato dal commercio e ove e se opportuno, revisionato.
Ma man mano che la produzione letteraria cresceva la censura si indeboliva sempre di più. In Germania la
situazione si complica poiché, non essendoci unità, la diversificazione era troppa e non c’era coesione.

Dagli anni cinquanta in poi la circolazione intellettuale era libera. Ci sono nuove idee, l’attrazione dell’uomo
per il nuovo ad esempio, che non viene visto più come valore a sé, ma diventa un valore. In tal caso
abbiamo una spia, un mediatore che unisce l’ancien con il moderno. È un dibattito in cui si manifestano i
primi segni di cambiamento, discusso da un’èlite di intellettuali, che vede prevalere la creazione di quel che
sarà l’opinione pubblica.

L’opinione pubblica è la libertà di esprimersi e confrontarsi senza censura, non relegato solo agli
aristocratici. Ed è in questo ambito che nascono quelle idee che distinguono la cultura borghese, come i
diritti individuali, in senso morale ed etico. Il portatore di cultura è in sé, l’individuo moderno, identificato
nella cultura secolarizzata. Bisognava acquistare autoconsapevolezza e confidare nelle proprie potenzialità
per elevarsi. Si poteva dunque definire una scissione tra realtà e aspettativa.

Ciò che si osserva è la capacità di inventiva, di originalità, dello spaziare tra gli argomenti, ma non in
Germania, che era arretrata. Non c’era un centro politico coeso, tutto ciò che veniva era importato dalla
provincia, dalla periferia. Ciò che si constata è una spartizione delle terre tedesche in senso economico e
l’efficacia della cultura tedesca in senso intellettuale, fenomeno questo che esprime da un lato un
elemento coincidente col “vero” e da un alto un “desiderio” (“Das Volk der Dichter und Denker” -> Il
popolo dei poeti pensatori.)

Cornice Letteraria del 700’

Tutta la cultura occidentale trae nutrimento dall’Illuminismo, che prende piede prima in Inghilterra, poi in
Francia e si estenderà in tutta Europa fino a toccare le coste dell’America.

Convenzionalmente accreditiamo l’inizio dell’illuminismo all’affermazione Cartesiana “Cogito ergo Sum”


(1637), che in tedesco porta la voce di “Ich denke, also bini ch”, con il preciso intento di esprimere la forza
della ragione umana. La fine di tale periodo è invece stabilita sempre da un’altra affermazione, di Kannt:
“L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dalla minorità dovuta ugualmente a una sua colpa” (1784), che
riassume in maniera davvero estremamente sintetica ciò che fu concepito durante l’illuminismo. L’uomo ,
nell’Ancien Régime era governato da uno stato di incapacità decisionale, dovuto ad egli stesso, alla sua
incapacità di ribellione. Le donne vengono da subito viste come bisognose di aiuto e non costituiscono una
figura giuridica.

Il concetto di Illuminismo viene applicato in vari campi, ma la definizione di Niklas Luhman è piuttosto
soddisfacente, poiché definisce 3 aspetti diversi della corrente stessa:

 Illuminismo intesto come periodo storico (il 700’ in senso cronologico).


 Illuminismo inteso come periodo letterario, con tutti gli autori che contribuiranno al diffondersi
della corrente sino ad arrivare al classicismo
 Illuminismo inteso come atteggiamento intellettuale, che sarà protratto anche ben oltre il 700’.
Esso contiene una metafora della “luce”, la luce interiore di ogni individuo, i suoi diritti e le sue capacità, sia
mentali che pratiche. Solo durante il corso del 700’ si indagherà anche sulle capacità emotive. Mettere al
centro la ragione dell’uomo significa non dipendere da persone o entità, che sia un Dio o un monarca.
L’uomo non è più mosso da forze misteriose ma unicamente dalla sua ragione, è dunque in grado di
riconoscere il proprio valore, riuscendo a decidere per sé. Conseguenza fu una sommossa morale nei
confronti della chiesa.

Scoperte Scientifiche precedenti all’Illuminismo.

Gli anticipatori del movimento Illuminista fondamentalmente rivoluzionarono e scossero dalle fondamenta
il mondo scientifico, rimettendo in gioco il dubbio in merito alla materia teologica ma costruendo l’uomo in
quanto capace di ragione a titolo dimostrativo. I personaggi più eminenti a tal proposito sono:

1. Copernico; responsabile della rivoluzione del sistema planetario da geocentrico a eliocentrico


(1473), prima dimostrazione attestata di una contestazione della verità della dottrina Cattolica.
2. Keplero; accredita le ipotesi di Copernico e stabilì le leggi matematiche che governano i pianeti.
3. Galilei; traduce in termini scientifico – dimostrativi la dimostrazione della caduta del pendolarismo.
4. Newton (1643 – 1727); a cominciare da lui la matematica diventa la scienza guida dell’illuminismo,
contro la teologia. Newton ancora riconferma le leggi precedenti e nel 1666 istituisce le leggi sulla
gravità e sviluppa tre nozioni fondamentali:
a. Spazio assoluto.
b. Tempo assoluto.
c. Movimento assoluto.
Queste tre nozioni prescindono dalla dottrina teologica, poiché si rimette in discussione ancora una
volta in discussione il ruolo divino e il suo intervento, che secondo queste nozioni è inesistente.
Conseguenza fu lo scagliarsi della Chiesa contro tali affermazioni tramite censura. Tutta la
costruzione teologica si basa su Dio, rivelato come progettista del destino di ogni singolo individuo
e portatore di un fine per l’individuo stesso, totalmente differente quindi dalle concezioni di
Newton.

L’avvenimento che scosse il mondo in senso antideista fu quello del terremoto in Portogallo del 1755,
poiché il mondo si interrogava su un’ipotetica e plausibile ragione per cui Dio abbia potuto permettere una
tale catastrofe.

Il passaggio alla cultura dell’illuminismo non è facile: c’è una presa di posizione da parte di alcuni autori,
Leibniz primo tra tutti, che risponde nel “Saggio sulla teodicea” con un’affermazione: “il mondo attuale è
il miglior mondo tra i mondi possibili”. Tale espressione tenta di conciliare la nozione spirituale a quella
teologica. Secondo la sua affermazione, Dio avrebbe potuto creare tanti mondi, ma essendo legato a noi
umani ha scelto di creare questo. In questo preciso caso (quasi isolato) permea ancora un senso di
necessità di essere guidati.

L’emancipazione dall’ecclesia è dovuta fondamentalmente dal popolo inglese, dato il suo avanzato stadio
del sistema borghese. Essi, contro l’ancien régime, dapprima chiesero una trattativa sul come spendere le
tasse, successivamente il loro interesse da fiscale si trasformò in politico, desiderando partecipare anche
attivamente alla vita governativa. Oltre ad autori inglesi stessi, vi sono alcuni nomi da annoverare tra le fila
di coloro che magistralmente hanno sovvertito un ordine ritenuto obsoleto:
 John Locke (1632 – 1704), teorico empirista, lavora in un settore apparentemente astruso, ovvero
la percezione sensoriale. Definisce come l’uomo percepisce la realtà. Notevole è l’attenzione che lui
pone sui cinque sensi. È importante perché si da credito alla vita empirica, in una perfetta fusione
tra corpo e mente, dove la ragione fa da fulcro. Così facendo, si pone nuovamente sotto
osservazione la prova dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima. Locke è uno dei primi a
sostenere che non serve una Chiesa complessa. Secondo lui sarebbe meglio affidare il regno della
fede nelle mani del singolo credente.
 John Toland, (1670 – 1722), concepisce il cristianesimo come religione naturale: indica che ogni
uomo ha, per natura, un’inclinazione verso la fede. Tale teoria sarà ripresa anche da Lessing.
Toland rifiuta tutto ciò che non è comprensibile alla ragione, tanto che i misteri per lui sono
semplicemente un inganno. In quanto protestante crede nell’interpretazione personale delle sacre
scritture, che lo porterà a contestare l’affermazione di una verità rivelata da Dio. Con i suoi
atteggiamenti espliciti si discosterò dalla fede cristiana.
 Pierre Bayle (1647 – 1706), ugonotto francese, studia dai Gesuiti e si rifugia a Ginevra, in quanto
città Calvinista. Si proclama difensore della libertà di coscienza e fonda la “storiografia critica”,
ovvero l’analisi di documenti, che anticipa l’invenzione della filologia. Compila il “Dictionnaire
historique et critique”, un dizionario in quattro volumi, consultato in tutta Europa per analizzare i
fatti contingenti. Viene pubblicato a fine 600’ e l’ultima edizione si ha nel 1702. Respinge il concetto
della rivelazione di Dio e lo contrappone a una squisita e libera ricerca della verità scientifica. Bayle
sostiene che non ci sia verità negli Scritti Sacri e non respinge gli atei. Tale principio lo rende
sospetto anche agli occhi dei protestanti.
 Baruch Spinoza, (1632 – 1677), ebreo sefardita, portoghese di nascita, sarà tra coloro che
considerano Dio come un principio originario, indivisibile, che crea e conserva la natura, quindi
soggetto stesso identificabile con la natura. Pertanto, secondo tale criterio, più si comprende la
natura, più si comprende Dio. Svilupperà 2 concetti cari all’Illuminismo:
o Natura Naturans, ovvero, natura in quanto principio, linfa vitale.
o Natura Naturata, tutto ciò che la natura è in senso concreto, in quanto conseguenza della
linfa vitale.

Con Spinoza si separa l’idea di un Dio Personale, non più individuabile. Goethe stesso sarà
fortemente influenzato da Spinoza. Abbandonerà poi l’idea del Dio Personale diventando
precursore sia dell’ateismo sia del panteismo.
Dibattito Letterario: “Querelle des Anciens et des Moderns”.

Nel 1687 esce in Francia “le siecle de Luis le Grand” di Pierrault, composizione dialogica in versi: sono
cinque dialoghi in quattro libri che esaltano il regno del Re Sole. L’autore viene accusato dai tradizionalisti
di aver trattato tematiche tipiche dei moderni. Secondo loro la composizione mancava di umiltà nei
confronti degli antichi, peccando quindi di superbia. Si sviluppa un dibattito con gravi accuse tra moderno
e antichità letteraria. I moderni sostenevano che un contemporaneo non potesse scrivere come un antico,
data la mutevolezza dei tempi. Di conseguenza le forme letterarie dovevano essere diverse e diversificabili.
Di pari passo va anche l’attenzione posta all’individualità artistica. I tradizionalisti invece fanno capo a
Baileau – Despreaux, in quanto portavoce del culto della “Imitatio” Aristotelica. Gli ancien vogliono
riaffermare la validità della mimesi, perché per loro le opere antiche erano il modello ultimo da essere
tenuto in considerazione per tutti gli artisti o letterati in generale, implicando una certa staticità.
Chiaramente il dibattito si diffonderà in altre materie. L’idea della storicità implicita è mal veduta, dato che i
moderni valorizzavano il presente implicitamente e riconoscevano la storicità come attribuzione di valore
sia al presente stesso che alla storia. Accettarlo avrà un’altra implicazione: sarà il primo passo verso il
minare la tradizione e il suo valore stesso. Storia si accosta in tal senso al concetto di tempo, inteso come
valore autonomo volto al distaccamento dalla sottomissione al passato. Più in generale muta anche il
rapporto con la verità, perché l’antichità aveva rivelato la bellezza e,distorcendo l’antichità, si sarebbe
distorta la bellezza stessa. Si tende a considerare relativo anche il principio di autorità. Il dibattito poi andrà
a disperdersi con una specie di compromesso. In tale compromesso si scinderanno due ambiti che daranno
vita a due condizioni: i saperi umanistici e i saperi delle scienze meccaniche. Si accetterà un’evoluzione di
entrambi mentre le belle arti non subiranno alcuna evoluzione, basandosi ancora sul modello antico.

Il razionalismo del 700’

Il razionalismo prende vita con un autore in particolare: Leibniz. Nel corso del secolo si afferma in tutta
Europa e vi aderiscono molti letterati, anche se non in senso maggioritario né in senso di adesione di massa
rispetto alla maggior parte della società. Nel corso del secolo incide sulla realtà del pensiero, dando anche
credito al concetto di innovazione. Utilizza un procedimento di analisi innovativa, stabilisce criteri descrittivi
e da respiro all’orientamento empirico, declassando così la teologia. Quest’ultima in particolare, si serviva
dell’induzione per arrivare a comporre le proprie leggi, mentre il razionalismo sfrutta un metodo deduttivo.

Nel 1795 Fichte viene licenziato dall’università di Lena, sospettato di ateismo nei confronti della corte
protestante di Weimar. Ad Augsburg si stabilì che il sovrano poteva imporre la fede da professare a suo
piacimento, conseguentemente tutti i cittadini erano chiamati a rispettare la fede del sovrano, in questo
senso si aveva una Chiesa Statale.

“L’enciclopédie” di D’Aleinbert e Diderot si propone il preciso compito di trasmettere il sapere di quel


periodo. Trattasi di un sapere, appunto, enciclopedico,quindi globale e relativo a quel secolo. L’opera fu
pubblicata chiaramente in Olanda, dove la censura era notevolmente marginale. In senso concreto tutto il
razionalismo ma più precisamente l’enciclopedia si soffermava su dei punti in particolare:
1. Visione della natura e dell’universo: L’universo non è più emarginato a ruolo di habitat provvisorio,
bensì è oggetto di studio ed analisi. La visione dell’Universo lo rende in tal senso organizzato
secondo leggi razionali e intelligibili all’uomo. La natura è quindi un compito, una missione alla
quale è chiamato l’uomo per comprenderla. I dibattiti al riguardo sono ampi e non subito danno
una visione unitaria:
a. Il ciclo biologico è il primo tra questi dibattiti.
b. Si riprende il concetto Spinoziano di “natura naturans” e “natura naturata”-

Tutti i cardini naturali saranno ovviamente analizzati partendo da osservazioni e non più sul piano
teologico. Chiaramente la Chiesa tenderà a frenare qualsiasi tentativo di indagine.

2. La ragione umana: In questo secolo l’uomo è letteralmente dotato di ragione, di conseguenza la


prospettiva di definizione dell’uomo stesso varia. Nel medioevo si era soliti associare l’uomo alla
miseria e all’imperfezione, che doveva tendere quindi al riscatto morale che chiaramente poteva
avvenire solo in senso metafisico. Visione questa che trascura il mondo empirico. Col razionalismo
ci si convince che la ragione è un Dono divino che distingue l’uomo dagli altri animali in primis, e
che fornisce gli strumenti per comprendere il mondo in cui vive e sé stesso. Il compito umano è
quello di decifrare le leggi della natura e delle motivazioni che spingono l’uomo ad agire, difatti a
fine 700 nasce la psicologia. A tal proposito si rimembra l’affermazione di Kannt (vedi a pagina 1 dei
riassunti).
3. La perfettibilità dell’uomo: L’uomo in senso morale ed etico viene visto non solo come capace di
nuove scoperte, ma capace soprattutto di progresso, avanzamento. Ci si chiede allora quale
obiettivo sia prefissato e lo si identifica nella perfettibilità, sia a livello personale che in collettivo in
quanto umanità. Punto delicato a tal proposito è: una vera e propria sorta di critica alla creazione
divina. La stessa perfettibilità suggerisce che l’uomo può diventare protagonista della sua vita. Si
compie un altro passo avanti contro la staticità, poiché la felicità in tale contesto è insita nel
movimento, nell’evoluzione e di conseguenza nel dinamismo. Avviene soprattutto per i Protestanti
Calvinisti, che cominciano a considerare il successo economico come espressione della
benevolenza divina, attraverso l’impegno quotidiano.

4. La religione naturale: la riforma protestante portò a mettere in dubbio la verità rivelata, quando
Lutero affermò di sostenere un’altra verità attraverso le sue 95 tesi. La scissione è inevitabile: due
verità chiedono all’uomo di scegliere. Con il progresso delle scienze naturali vengono messe in
dubbio tutte le altre posizioni contrastanti.

5. L’inizio della filologia, in senso laico: La filologia smentisce parecchie convinzioni sulle Sacre
Scritture. Non è più considerata la Bibbia come un dettato di Dio, emerge dunque un sostrato
empirico. Pertanto si procederà verso nuovi orientamenti religiosi: Deismo e Panteismo. Questo sia
per non cadere nella trappola dell’ateismo sia per non evadere dalla religione, poiché secondo i
razionalisti tutti gli uomini hanno un senso innato di religiosità-
Ricadute sulla vita pratica del razionalismo.

I razionalisti aspirano ad esaminare tutti i contesti sociali e di conseguenza tendono a voler cambiare
prospettiva. Nulla viene considerato eterno, pertanto l’uomo può soltanto riflettere il prodotto dei suoi
gesti. La vita pratica e la sua qualità diventa punto cardine delle svolte razionalistiche sotto tre profili e
settori:

1. Agricoltura, di sussistenza nell’ancien régime, passa a fisiocratica ovvero riflessa nella teoria
economica. Si comincia dunque ad investire in questo settore. Si produceva non solo per soddisfare
le proprie esigenze strettamente fisiologiche, bensì per commerciare, favorendo anche la libera
circolazione di merci e persone. Nella seconda metà del secolo nasce un’attività pubblicistica
intenta a proporre ai contadini nuovi materiali e prodotti di qualità superiore.
2. L’istruzione, aristocratica nell’ancien régime, a comunemente coltivabile, soprattutto per i giovani.
Nel 1860 Russeau scrive “L’Emilio”, un trattato sull’educazione maschile. Il discorso sull’educazione
era indirizzato a diversificare le idee sui possibili impieghi volte a un precedente adattamento
scolastico. Nel 700’ nasce anche un piano d’avvio all’istruzione pubblica, basata sulle condizioni dei
disagiati, come gli orfani. Alcuni letterati invece scrivono trattati per i nobili, al fine di spingerli a
governare meglio, il cosiddetto “Fürstenspiegel”, lo specchio dei nobili in cui era riflessa la società.
3. Una nuova concezione dell’uomo, non solo razionale ma anche in senso morale ed etico, inteso
come capace di decidere del proprio comportamento in maniera indipendente. Si passa da una
coercizione delle corporazioni all’affidamento della coscienza morale. L’Eterodirezione viene
sostituita dall’Autodirezione. In tal modo si attenuavano le rigide barriere tra una classe sociale e
l’altra. Non a caso in questo momento nasce l’antropologia come scienza dell’uomo nella sua
compiutezza. Il sociologo Max Weber sostiene: “liberarsi dall’autorità esterna significa farsi
autorità di se stessi, darci l’ordine a fare ciò che è utile e ciò che è necessario”, unendo l’individuo
alla collettività.

Antropologia nel 700’

In questi anni sorgono nuovi studi, volti a una nuova forma di antropologia. Si comincia analizzando le tre
forme principali di governo:

 Tirannia, intesa come del singolo, titolare di un potere assoluto.


 Democrazia.
 Monarchia Assoluta, che costituisce di fatto, la forma più diffusa di governo.

In Germania la borghesia inizia a chiedere di partecipare alla vita politica. In tal senso avrà un ruolo
centrale Benjamin Franklin (1706 – 1790), partecipando alla dichiarazione di indipendenza americana.
Lavorava come stampatore ed editore di un giornale, sarà poi anche artigiano e inventore. Padroneggerà la
conservazione dell’elettricità atmosferica e su questa base inventerà il parafulmine. Fu membro della Royal
Society e dell’Academie Francaise. Scriverà un’autobiografia sulla sua esperienza personale fino al 1757,
che prende spunto dalla sua stessa formazione culturale. Col “Testo Franklin” pubblicato su “The
Spectator”, primo giornale inglese, si vede come egli tenda a ricreare un modello al fine di migliorare sé
stessi.

Nascerà in questi stessi anni il Jonto, un’associazione che riunisce varie persone delle più disparate
provenienze sociali, fondata nel 1727, con l’intento di formarsi partendo dalle forze sociali. Mai come in
questo periodo vengono posti vari quesiti:
 “In cosa consiste la gioia?”
 “Se il Governo sospende i diritti del cittadino, può egli applicare il diritto di resistenza?”
 “Perché si forma la condensa?”

Resistenze al cambiamento.

Le nuove conoscenze generano paure personali e collettive. È la diffusione di concezioni irrazionalistiche (si
parla appunto di “irrazionalismo superstizioso”).

La teologia forniva spiegazioni più o meno corrette, poiché non esistevano certezze nemmeno in campo
scientifico, con un conseguente dilagarsi di figure come truffatori, mistificatori e avventurieri. Cominciano
ad esserci esperimenti di ogni genere, Galvani scopre l’elettricità animale trasmessa su base chimica, viene
inventato il parafulmine, si da spazio all’occultismo e alla metafisica.

Le concezioni sull’elettricità utilizzate da Messher (1734 – 1815), sono premesse alla scoperta di un fluido
chiamato “fuoco vitale” con cui svilupperà strumenti di cura.

Verso fine secolo nascono le associazioni segrete, come le logge dei massoni. Con l’illuminismo si aprono
nuovi orizzonti, ma vengono posti molti limiti dall’ancien regime, tanto che alcuni principi non possono
assolutamente essere divulgati.

Cultura Tedesca nel 700’

La cornice istituzionale è quella del Sacro Romano Impero della nazione tedesca, di origine medioevale. C’è
una frammentazione territoriale, più di 300 unità statali tra paesi grandi e medi, alcune Città – Stato, come
Amburgo e città e territori dipendenti dall’Impero. Sono queste, differenze che creavano incomunicabilità
tra gli Stati, in quanto non esistevano nemmeno grandi città, ma piccoli e medi centri.

Per ciò che concerne la composizione sociale la Germania è tagliata fuori dai commerci mondiali. La
borghesia non è ricca, ma artigianale e commerciale, di piccole dimensioni. È legata al sistema politico, ai
sovrani. Le città di rilievo in questo periodo sono: Dresda, Francoforte, Halle, Gottinga e Lipsia.

La società in linea di massima resta chiusa, patriarcale, con un controllo sociale opprimente dettato dalla
rigidità gerarchica. Si assiste quindi a una staticità sociale e a una lentezza nello sviluppo.

Nel corso del secolo sembra avvenire qualche svolta particolare: migliorano le condizioni stradali, si
cominciano a conoscere altri paesi a livello sociale. Le mete principali sono Le Alpi, Londra, Parigi, l’Olanda
e l’Italia, delineando le seguenti caratteristiche:

 Londra -> Nascente industria.


 Parigi -> Costumi.
 Olanda -> Usi liberali della borghesia protestante.
 Italia -> Monumenti e luoghi di interesse antichi, quindi patrimonio artistico consistente.
 Alpi -> Natura.
Gli aspetti predominanti della cultura tedesca nel 700’ si sviluppano in un sostrato culturale, basato sul
concetto di “mentalità”:

1. Il protestantesimo e l’approccio al lavoro, tipico del nord Europa. Il lavoro viene considerato
primario e richiede etica. “L’etica del lavoro”, o in tedesco “Beruffung”, con al centro della vita il
proprio lavoro che non è più solo fonte di sostentamento ma diventa una questione morale, sarà
poi un fattore determinante per il nascente capitalismo. Il lavoro è pregio, l’ozio una colpa.
2. Gli ambienti sociali. La famiglia cambia nel corso del secolo borghese. Prima c’era solo il modello
della famiglia aristocratica, tanto che si parlava di casata per sottolineare solo il destino e non il
legame. In una casata (“Ganzeshaus”) c’erano oltre ai coniugi e i figli anche altri molti parenti e tutti
gli inservienti, in modo tale che tutti potessero avere un punto di riferimento. Nel 700’ il modello
passerà a quello di “famiglia nucleare”: essa consta di coniugi, figli e servitù, in numero
chiaramente inferiore. Gli artigiani invece, vivevano nello stesso luogo dello svolgimento della
propria attività. In ogni caso il principio patriarcale rimane vivido. Nelle zone rurali e periferiche si
conviveva, non era previsto il matrimonio, per questioni chiaramente economiche. Col tempo la
sfera pubblica e sfera privata saranno scisse sempre di più: nella sfera pubblica la donna era
sempre esclusa. Le donne avevano sempre bisogno di un tutore, non erano mai giuridicamente
rilevanti. La donna è delegata unicamente alla casa, all’orto, agli animali da cortile, alla
conservazione dei cibi, il bucato al fiume. La donna doveva inoltre avere delle virtù: organizzare
bene ed efficientemente la casa e i suoi traffici, pertanto le erano concesse alcune nozioni di
calcolo. Avevano il compito di tenere casa in modo accogliente, saper conversare. L’ordine della
casa era visto come lo specchio della morale familiare. La donna aveva un unico potere nelle sue
mani: il cosiddetto “Schlüsselgewalt”, il potere delle chiavi, in particolare dell’unica stanza che
possedesse una serratura, ovvero la camera delle provviste. Le donne istruivano le figlie femmine e
gli veniva affidata la primissima istruzione dei maschi. Inoltre non potevano firmare contratti, un
paradosso se si pensa che nel 700’ circolavano le prime scrittrici. Un testo importante a tal
proposito è l’Emilio di Russeau, visto in Germania in chiave pedagogica con tre punti cardine:
a. La donna non è autonoma, è solo di supporto al maschio, perché iscritto nella natura
femminile. L’educazione moderna ha il compito di ribadirlo.
b. La donna deve compiacersi nello svolgere questi ruoli e compiti.
c. Le donne non devono avere istanze o esigenze proprie.

Ci sono chiaramente delle eccezioni, in alcuni casi tramite permesso patrigno, le donne potevano
assistere alle lezioni di altri familiari, Come Cornelia Goethe che potette assistere alle lezioni di
Wolfgang ma solo fino ad una certa età, poiché i doveri femminili incombevano come nel caso di
Dorothea Schölzer, prima portavoce dei diritti letterari delle donne, che a un certo punto dopo la
Laurea viene costretta a sposarsi. Altro caso è quello di Dorothea Erxleben, una donna che si laurea
in medicina, accompagnando il padre, medico anch’egli, potendo dunque esercitare, sempre sotto
tutela del padre, la professione. A Bologna invece si registra il caso di Laura Bassi (1711 – 1778),
fisico, medico e letterato. Ottiene l’ammissione come professoressa universitaria, fa lezioni private
e pubbliche, attirando grande attenzione su di sé, essendo la prima donna a tenere lezioni
pubbliche. Altro caso italiano è quello di Gaetana Agnesi, matematica spentasi intellettualmente
presto per darsi alla religione.
Nel 700’nascono i primi istituti organizzati con una spinta di fondo proveniente dal “pietismo”.
Spinta, questa, in direzione dell’alfabetizzazione e all’osservazione di sé stessi rispetto alle richieste
formulate nella Bibbia. Era richiesta quindi la capacità di lettura e, attraverso diari intimi, di
scrittura. Si crea dunque il concetto di cultura personale. I letterati di quel secolo provengono da
case pietistiche. Esistevano scuole di latino (le cosiddette “Lateinschule”), che sono ginnasi, quindi
scuole superiori, dove si insegnavano materie umanistiche, letture estese di classici latini e greci.
Anche le università trasmettevano un sapere umanistico e pubblico. Si dividevano in protestanti,
come “Halle” e “Francoforte” e cattoliche come “Monaco”. La lingua di comunicazione scientifica
era il latino. Verso il termine del 600’ un filosofo di Lipsia voleva tenere lezioni in tedesco,
conseguenza fu il caos generale. Scriverà poi al riguardo un rendiconto bibliografico. Anche Leibniz,
seppur illuminista, scriverà ancora in latino. Il processo linguistico applicato alla lettura può essere
considerato ancora prematuro.

3 La nascita dell’opinione pubblica. L’alfabetizzazione sortisce i suoi effetti. È nel 700’ che nascono i
giornali, in Germania con i “moralische Wochenschriften”, sul modello inglese dei pamphlets, col
compito di formare “moralmente” le persone. Il “Tatler” viene reso pubblico nel 1709 – 1711. In
Germania la diffusione giornalistica sarà ben più tarda, a partire dagli anni 20 e con la sostanziale
differenza che la Germania non aveva un centro culturale come Londra, quindi il giornale in sé per
sé era un mezzo di comunicazione. A Londra ci si ritrovava nei “caffé letterari”, in Germania presero
vita i “gabinetti di lettura”. Man mano si diffondono i libri, abbattendone i costi e incrementando
dunque il pubblico di lettori e lettrici. Si crea così il mercato letterario. Si stima che nonostante
tutto sia coinvolto solo il 15% della popolazione. Le biblioteche si rendono pubbliche, aperte a tutti
i borghesi. La lettura si diffonde a tal punto che si parla di “Lesensucht”, dipendenza dalla lettura o
“Leseweit”, impeto della lettura. Si creano questi luoghi di aggregazione, circolano idee e nozioni.
L’opinione pubblica (“Öffentliche Meinung – Öffentlichkeit) è un termine risalente ad Habemas,
che la definisce come luogo astratto in cui si formano idee e concetti in una visione del mondo
borghese che chiede di essere partecipe della sfera pubblica. Sfera nella quale si scontrano le
opinioni perché nel corso del 700’ tutti i fattori sociali cominciano a diversificarsi.

Letteratura Tedesca del 700’

Dal testo di Federico II sulla produzione letteraria tedesca si evince un’ampia critica alla stessa (soprattutto
nella parte finale). Trae un giudizio sommario (1780), nonostante conoscesse poco della letteratura tedesca
del suo tempo. Non sapeva parlare tedesco, in effetti a corte la lingua d’uso era il francese. Ne conseguiva
che il suo interesse e la sua ammirazione fossero volti al Neoclassicismo francese (Racine, Molière,
Corneille). Il modello di finezza massimo era considerato Versailles, con la sua reggia, dunque si
imponevano standard culturali francesi. I punti sollevati da Federico II nel 1780 erano:

 L’esemplarità della cultura antica greco-romana, della lingua e della cultura.


 Le “leggi della poetica” di Aristotele intese come valenza assoluta, senza possibili deroghe.
 Ritardo dello sviluppo della lingua tedesca, considerata goffa, inespressiva, incapace di sottigliezze.
 Critica a Shakespeare e la “rivoluzione del teatro”, considerato inconcludente e troppo naturalista.
 Götz von Berlichingen (1773) di Goethe si rifà al modello Shakespeariano ed è una condanna senza
appello.

La lingua tedesca è davvero arretrata; vi è una concorrenza sulla disputa di chi difende il tedesco del nord e
chi quello del sud; si parlava solo il dialetto; si parlerà la lingua del Meiẞen (nei pressi di Dresda).
Periodizzazione del 700’

 La letteratura illuminista si scinde in 2 fasi (1730 – 1780): Gottsched, Günther e Lessing durante la
prima fase e Wieland e Lichtenberg nella seconda.
 Empfindsamkeit (1740 – 1770), corrispondente al sentimentalismo: Klopstock, Gellert, La Roche.
 Sturm und Drang (1770 – 1775): Herder, Goethe, Lenz, Klinger, Merk.
 Klassik (età classica, classicismo di Weimar): Goethe, Schiller, Moritz, Von Humboldt.

L’illuminismo è la filosofia dominante fino al 1789. Nasce nell’animo umano una nuova ricezione, ovvero il
sentimentalismo, ispirato all’empirismo inglese.

Gottsched e la riforma del teatro.

Lo Stato del teatro tedesco settecentesco poggia le basi su una distinzione tra teatro di corte, teatro
popolare e teatro ambulante. Il più influente date le circostanze sociali era il teatro ambulante, che
prevedeva compagnie girovaghe di 15 – 20 persone, di ispirazione alla commedia dell’arte e ai comici
inglesi. Tuttavia erano severamente contrastati dalle autorità dato che era necessario ricevere particolari
permessi per allestire gli spettacoli. Gli attori possiedono costumi e requisiti, il repertorio è standardizzato e
ci si affida all’improvvisazione. La scenografia era grossolana, gli effetti scenici pressoché assenti.

Figura prominente in tal senso fu quella di Johann Christoph Gottsched (1700 – 1766). Egli fu professore
universitario a Lipsia, letterato e scrittore, nonché traduttore. Ebbe una grande influenza pubblica, tant’è
vero che si erge a Kunstrichter (giudice critico), formulando i principi, le norme per una letteratura
“moderna” di lingua tedesca. Il suo obiettivo principale è ricavare una “letteratura di gusto”. Le sue attività
culturali erano piuttosto estese: fonda e dirige vari settimanali morali, i primi in lingua tedesca, tra cui “Die
vernunftigen Tadlevinnen” (tra i primi dedicati alle donne). Conferì un importante contributo allo sviluppo
della lingua, creando uno standard e offrendo modelli in quanto contributi alla storia critica della lingua,
della poesia ed eloquenza tedesca e fondamenta di una lingua tedesca. In materia squisitamente letteraria
si dedicò al suo “Versuch einer kritischen Dichtkunst vor die Deutschen” (1730, 3° edizione nel 1750).

Tra i suoi obiettivi principali, volendo riassumere, troviamo:

 Formulazione di un canone, un modello per la letteratura tedesca.


 Difesa del Neoclassicismo francese come esemplare per un teatro tedesco borghese.
 Radicale critica allo stato del teatro popolare, della sua organizzazione e pratica teatrale.
 “Purificazione” ed “Elevazione” del teatro, proponendo traduzioni e rielaborazioni di testi
stranieri.
 Collaborazione con Caroline Neuber, direttrice di una compagnia teatrale e sua futura moglie, e
con Ackermann.
 Spinta verso l’istituzione di teatri stabili.

Lessing invece sosterrà che i tedeschi siano più affini agli inglesi che ai francesi, introducendo la materia di
ricezione delle opere che troverà ampio respiro durante tutto il 700’. Secondo Lessing, Shakespeare era un
genio, mentre considerava i francesi solo dei meri compilatori. Lo “Sturm und Drang” elogerà la presenza
del genio Shakespeariano, elevando la sua figura rispetto alla concezione passata, soprattutto per la qualità
delle opere, considerate più interessanti e attinenti a un tema caro a quel tempo: la natura. Secondo
Lessing seguire le tre unità aristoteliche non è necessario, viene visto anzi come un limite. In sintesi, se
Federico II critica l’operato di Shakespeare, Lessing lo esalta.
Gotthold Ephraim Lessing

Autore tra i più audaci del 700’, poiché vive in un periodo di controversie letterarie. Nasce in Sassonia, a
Kamenz, ove tutt’oggi è presente un museo dedicato all’autore stesso. Viene da una famiglia povera,
dunque la frequenza a scuola è piuttosto difficile. Il giovane Lessing spesso era costretto a chiedere borse di
studio o l’esonero dalle tasse scolastiche, ritenendolo umiliante. Frequentava scuole poco dinamiche,
basate soprattutto sull’apprendimento mnemonico, con 15 ore di latino a settimana e che in sostanza
davano fin troppo peso all’esercizio religioso. Frequenta l’istituto protestante St. Afra, nel 1741 all’età di 12
anni. La frequenza gli era concessa a patto che egli esprimesse solennemente obbedienza a Dio e alle
autorità scolastiche, di evitare cattive compagnie e di essere pulito e casto nel corpo e nell’anima. Tali
requisiti erano maggiormente richiesti a chi, come Lessing, chiedeva l’esonero dalle tasse. A 17 anni, come
da consueto per le famiglie povere, si iscrive alla facoltà di Teologia, pur frequentando corsi di medicina e
matematica. Presto però, scoprirà l’amore per la letteratura. Comincia a produrre e a ottenere piccoli
consensi. Abbandona gli studi e col cugino diventa redattore di un giornale a Berlino, nel 1750. Nel corso di
pochi anni il giornale morirà, quindi Lessing concluderà la sua carriera universitaria altrove, nel 1754.
Incontrerà, dopo il suo ritorno a Berlino, importanti figure quali Mendelsonn e Nicolai, grazie alla
partecipazione a dei dibattiti culturali.

Da queste piccole occasioni nasce la sua opera di maggior successo: Miẞ Sara Sampson. Miẞ Sara Sampson
si rifà a un filone “lacrimevole”, integrando la tradizionale commedia con interventi morali. Parla di una
ragazza che fugge con un suo amante che promette amore, facendole credere di sposarla, tra le ricerche e i
dolori paterni, la protagonista alla fine morirà. L’opera ha un impatto emotivo sul pubblico devastante,
caratteristica che distinguerà il modus operandi di Lessing. Egli infatti non replicherà mai più le sue opere,
avvezzo lui appunto alla sperimentazione, trovava le repliche e le riproposte degli inutili ostacoli.

Nel 1760 fugge a Berlino per debiti di gioco dove parteciperà alla guerra dei sette anni (1756 – 1763) al
fianco dei prussiani, come segretario in Slesia. Al riguardo scriverà un opera: “Minner Von Braunschweig”.
La guerra dei sette anni farà proprio da sfondo all’opera in sé. Lessing tenterà di diventare bibliotecario di
Federico II, ma egli preferisce un francese ed ecco spiegata forse la scena di “vendetta” contro un
francese presente in “Minner Von Braunschweig”, o comunque il suo favoreggiamento degli inglesi sui
francesi.

Nel 1766 pubblica un saggio teorico, “Laoconte”, famoso principalmente per due motivi:

1. Lessing all’interno dell’opera tenterà di distinguere i vari generi artistici per modalità di
espressione.
2. Lessing differenzia appunto, citandola, la statua del Bernini dal teatro.

Risulterà, dalle parole di Lessing, che la letteratura racconta i fatti cronologicamente mentre la scultura,
l’arte in genere può rappresentare sia fatti, che stati d’animo contemporaneamente.

Negli anni seguenti collabora al I Teatro Nazionale Tedesco di Amburgo, dove Lessing era diventato critico
ufficiale e drammaturgo d’eccellenza. L’opera scritta a tal proposito, “Drammaturgia D’Amburgo”,
raccoglie le memorie e le riflessioni di Lessing sugli spettacoli visti in passato e quelli presenti ammirati ad
Amburgo, giustapponendo somiglianze e differenze.

Nel 1770 il teatro fallisce e ritornerà in qualità di bibliotecario a Braunschweig. In questi anni viaggia e
conoscerà la sua fidanzata, sposata nel 1776 ma che morirà assieme al figlio appena nato nel 1778. Scriverà
una lettera al riguardo, sottolineando il fatto che il figlio è stato intelligente a scappare dal mondo così
presto per evitare tanto dolore.

Nel 1772 scrive “Emilia Galotti”, opera ben accolta dalla critica.

Qualche anno prima della morte pubblica un saggio sulla fede cristiana, in anonimo, saggio di un amico che
suscita indignazione da parte di alcuni esponenti Luterani e dal duca di Braunschweig, che gli vieta la
pubblicazione dello scritto. Questo lo porterà a scrivere “Nathan der Weise”, in chiave vendicativa,
sostenendo che fosse una risposta alle teste dogmatiche, la sua risposta teatrale.

L’ultimo suo scritto è “Educazione del genere umano”, che viene poi pubblicato postumo, nel 1780. Tutti i
testi di Lessing si configurano in una cornice di dibattiti, prima tra illuministi e poi addirittura tra Schiller e
Goethe.

Oltre ad essere un autore letterario, è anche un teorico teatrale: numerose saranno le sue proposte per
modificare alcuni aspetti del teatro, ma in sintesi attacca il principio che governa tutto il panorama
letterario (“Ut Pictura Poesis”, come la pittura, così la poesia), di Orazio che si ostinava a realizzare opere
rappresentanti una mera realtà. Dunque non tutte le arti devono usare metodi ispirati alla pittura. Ogni
artista e ogni autore ha il suo mezzo per esprimersi, quindi, secondo Lessing, sarebbe giusto separare i
mezzi e le finalità delle diverse arti.

Secondo Aristotele, condiviso da Lessing, ci sono due fondamentali principi alla base: La Mimesi, che
rispecchia l’obbiettivo generale dell’opera e riflette nell’imitazione l’immagine della realtà, e la Catarsi, che
permette allo spettatore di immedesimarsi nell’azione e trarne vantaggio per la propria anima.

Lessing è un tramite tra il primo illuminismo e quello successivo, tra la stasi e il progresso quindi. È
considerato un precursore di Schiller e Goethe, specialmente nel teatro. Ha scritto poche opere ma tutte di
un certo spessore, è un autore libresco nella formazione ma vivace nella sua produzione. Ciò che spicca in
lui p la coerenza tra ciò che scrive e ciò che vive, la veridicità. A differenza di tutti sposa una donna
autonoma, indipendente, atto di grande forza interiore e convinzione di ideali. Le sue battaglie sono
ispirate dall’affermarsi della ragione, dallo sviluppo al progresso, in puro stile da intellettuale autonomo. Il
valore delle sue opere è considerato controverso secondo i classicisti, poiché non rispetta parametri
prestabiliti. Lessing stesso sostiene di non essere un poeta, perché al contrario di questi ultimi non è mai
colto da ispirazione, bensì deve “lavorare duro su di lui per far emergere l’opera”.

EMILIA GALOTTI:

Dopo il suo incontro con la giovane borghese Emilia Galotti, l'assolutistico Principe di Guastalla, Hettore
Gonzaga, che se ne è follemente innamorato è convinto di farne la sua amante. Saputo che Emilia sta per
sposare il conte Appiani dà pieni poteri al suo ciambellano Marinelli per far saltare le nozze. La carrozza di
Appiani ed Emilia, diretta alla cerimonia, viene assalita da una banda di briganti assoldati da Marinelli e il
Conte Appiani viene ucciso. L'imboscata era programmata nelle vicinanze della villa del Principe ed Emilia vi
viene condotta e lì viene accolta dal Gonzaga, ignara dell'intrigo dallo stesso tramato.

Alla villa arrivano anche la madre di Emilia e, poco dopo, la contessa Orsina, amante del Principe. Il quale
ora, accecato dalla passione per Emilia, la vuol mettere da parte. Orsina incontra il Gonzaga che però la fa
allontanare. Gonfia di rabbia, la Contessa, che non vuole lasciare la villa, incontra Odoardo Galotti, padre di
Emilia, e gli rivela alcuni aspetti del vile complotto posto in atto dal Marinelli per ordine del principe. In un
primo momento Odoardo vorrebbe uccidere il Principe, ma è disarmato, la stessa Orsina allora gli dà un
pugnale. Ma il padre di Emilia esita e presto abbandona l'idea della vendetta. Nel frattempo, per
raggiungere il suo scopo, il Principe, sempre su consiglio del Marinelli, prospetta di allontanare Emilia dai
suoi genitori e progetta una sistemazione forzata della ragazza dai Grimaldi, la famiglia del suo cancelliere.
Emilia, offesa e disperata dall'inaccettabile situazione creatasi, provoca suo padre e infine gli chiede di
toglierle la vita. A quel punto il padre Odoardo la pugnala e alla sua esclamazione «Dio, che cosa ho fatto!»
Emilia pronuncia le sue ultime parole: «Eine Rose gebrochen, ehe der Sturm sie entblättert» , ossia: «Ha
appena spezzato una rosa, prima che la tempesta la sciupasse».

Quando entrano il Principe e Marinelli nella sala e scoprono il fatto con orrore, Odoardo confessa e si mette
nelle mani del Gonzaga, aspettando giudizio. Quest'ultimo, da buon codardo, attribuisce al suo ciambellano
la responsabilità della tragedia e lo caccia in esilio.

ATTO 1

Scena 1: il principe si trova nel suo ufficio (gabinetto) e dimostra superficialità rispetto ai suoi doveri e
ignora la lettera della sua ex amante, Orsina. Si mostra incline a soddisfare i desideri di una certa Emilia
Bruneschi solo perché porta il nome di battesimo della sua amata Emilia Galotti.

Scena 2: Entra il pittore Conti, che porta al principe i ritratti che aveva commissionato tra cui il ritratto della
Contessa Orsina, del quale non si ricorda perché non è più innamorato di lei “Ah, è vero!...È che la
commissione ve l'ho data da un bel po' di tempo..”

Scena 3: È un monologo del principe. Lessing, con la voce del principe esprime una riflessione sui limiti
dell'arte figurativa in quanto può rappresentare un solo momento, mentre l'arte della scrittura può
rappresentare un personaggio a tutto tondo “Ma il suo ritratto non è lei…”

Scena 4: Conti fa vedere il ritratto di Orsina al Principe essendo già consapevole dei limiti dell'arte
figurativa, ma il Principe osserva che Orsina è molto più bella nel ritratto che di persona, poiché ella ha
sempre un'aria sprezzante e superba che nel ritratto non appare “Voi avete mutato la superbia in dignità, il
sarcasmo in sorriso, la tendenza alle tetre esaltazioni in un'aria di dolce malinconia..” Conti si giustifica
dicendo che dovendo rappresentare una dama di corte aveva il dovere di rappresentarla al massimo della
sua bellezza, inoltre egli l'aveva dipinta con occhi da innamorato, quali erano quelli del Principe quando
aveva commissionato l'opera “Noi dipingiamo con occhi da innamorati, e solo occhi innamorati dovrebbero
giudicarci”. Conti mostra poi al Principe un altro ritratto che raffigura Emilia Galotti. Il Principe rimane
folgorato dalla sua bellezza e rivela a Conti di averla incontrata durante una festa e le volte successive in
luoghi sacri. Conti, parlando della sua opera, riconosce i limiti della materia "Ah, potessimo dipingere
direttamente con gli occhi! Quanto va perso nel tragitto che va dall'occhio al braccio e poi al pennello di un
pittore!" In seguito Conti descrive Emilia, senza connotati, ma solo con sostantivi: Lessing così rompe i limiti
della scrittura per lasciare al lettore tutta l'immaginazione. Conti aveva interpretato a suo modo il ritratto di
Emilia siccome l'aveva copiato nel suo studio dal quadro originale, potendo così ipotizzare la rottura dei
limiti della materia tramite l'idealizzazione del modello. Il principe decide di comprare sia il ritratto di Emilia
che quello di Orsina ma il primo rimarrà nel suo studio, siccome ne è geloso, mentre il secondo starà
esposto in galleria con una ricca cornice.

Scena 5: Si tratta di un monologo del principe nel quale egli, possedendo il ritratto di Emilia, vede
concretizzarsi la possibilità di conquistarla tuttavia riconosce che potrebbe risultare difficoltoso a causa
della costante frequenza di Emilia in chiesa.
Scena 6: Arriva Marinelli, un marchese che lavora per il principe, per raccontare le novità di corte. Marinelli
è un personaggio intrigante, ovvero sembra agire per conto del padrone ma le sue azioni sono guidate da
interessi personali. Il principe rivela che si sposerà a breve per motivi politici e usa il matrimonio come
scusa per troncare la relazione con Orsina, pur sapendo che alla contessa non importerebbe niente della
moglie, dati i motivi di interesse politico. Marinelli rivela al principe le nozze del Conte Appiani senza però
prestare attenzione al nome della sposa, siccome era una borghese senza dote. In seguito rivela trattarsi di
Emilia Galotti e il principe, incredulo, ammette il suo amore per la ragazza e si dichiara intenzionato a
impedire le nozze che dovrebbero avvenire il giorno stesso. Il principe accetta di dare a Marinelli carta
bianca, così il marchese escogita un piano: proporrà ad Appiani un incarico prestigioso solo a condizione
che parta il giorno stesso per Massa e lascia intendere di avere un altro piano nel caso in cui Appiani
rifiutasse. Intanto suggerisce al Principe di recarsi alla sua villa di Dosolo, per non destare sospetti.

Scena 7: Il Principe si dispera pensando alle nozze di Emilia, parla rivolgendosi al ritratto e ha paura che il
piano di Marinelli non vada a buon fine. Così decide di recarsi in chiesa dove spera di incontrare Emilia.
Viene annunciato Camillo Rota, un consigliere borghese del principe.

Scena 8: Il principe ripete l'azione come nella prima scena, guidato solo dall'ossessione per Emilia. Rota gli
sottopone anche una sentenza di morte alla quale il principe non dà peso “Volentieri. Datemela qua,
presto…”. Rota vedendo questa superficialità finge di non averla con sé. In questo episodio Lessing vuole
paragonare il principe al duca, perché allo stesso modo non danno valore alla vita umana, al contrario Rota,
essendo borghese, ha più coscienza.

ATTO 2

Scena 1: Si svolge in casa Galotti, classico ambiente borghese. L'arrivo di Odoardo Galotti è annunciato alla
moglie Claudia dal servo Pirro.

Scena 2: Claudia e Odoardo non abitano insieme: lei vive in città con la figlia così da permetterle di
frequentare un ambiente più raffinato, lui invece vive in campagna. Odoardo dimostra di non conoscere la
figlia perché è convinto che lei sia a farsi bella, quando in realtà è a messa perché sentiva la necessità di
“…farsi bella l'anima […] Oggi più che in ogni altro giorno, ho da implorare grazia a Dio.”. Odoardo si mostra
sospettoso perché la figlia è uscita da sola mentre Claudia lo rassicura.

Scena 3: Angelo, un servitore di Marinelli, va a parlare con Pirro. I due sembrano conoscersi per crimini
precedenti. Angelo cerca di avere informazioni sul matrimonio e suggerisce a Pirro di non fermarsi durante
il tragitto per Sabbioneta e di non voltarsi qualsiasi cosa accada. Il nome “Angelo” è l'esatto contrario della
sua personalità. L'intrigo si svolge all'interno delle mura di casa Galotti.

Scena 4: Odoardo accusa Claudia di voler vivere in città solo per se stessa, poiché è attratta dalla mondanità
e dalla corte, ma lei si giustifica sostenendo che è solo grazie a questa sua scelta che Emilia ha potuto
incontrare il conte Appiani. Odoardo dimostra di apprezzare il futuro genero, soprattutto perché porterà
Emilia a vivere in campagna, Claudia invece è contraria. Claudia rivela fieramente al marito che il Principe
ha mostrato interesse per la figlia durante una festa; Odoardo, incredulo, non reagisce e va via pur
sospettando il pericolo perché non riesce a confrontarsi con la realtà e non capisce l'intrigo.

Scena 5: Monologo di Claudia, critica il marito definendolo troppo sospettoso nei confronti dell'approccio
tra il Principe e Emilia.
Scena 6: Emilia arriva trafelata a casa e va incontro a Claudia sconvolta. Racconta alla madre che uno
sconosciuto (es) si è approcciato a lei in chiesa sussurrandole parole d'amore e pregandola di non sposarsi.
Alla fine della battuta, Emilia rivela che si tratta di un uomo: il principe. Claudia si rallegra del fatto che il
marito non sia lì, siccome si era già mostrato sospettoso nei confronti del principe. Emilia vorrebbe dire la
verità al conte Appiani per cercarne la protezione, ma la madre la svia dicendole che aveva male
interpretato le parole del principe e che era inutile far preoccupare il conte. Lessing così mette in evidenza
il linguaggio di corte, rendendo pubblico l'ingannevole modo di fare dei nobili e i loro trucchi permettendo
così al popolo e ai borghesi di mettere in discussione la corte “In questo linguaggio niente equivale a tutto,
e dire tutto è come se si dicesse niente.”.

Scena 7: Appiani si reca a casa Galotti. Il conte considera Odoardo un modello di virtù e allo stesso modo è
innamorato di Emilia solo perché ama i suoi valori nobili, vuole infatti sposare un modello ideale. È inoltre
innamorato della prima immagine che ha di Emilia “Nel pensiero non vi vedo che così, e anche quando non
vi vedo così, vi vedo allo stesso modo.. sempre..”. Emilia decide quindi di vestirsi per il matrimonio allo
stesso modo di quando ha conosciuto Appiani.

Scena 8: Appiani è inquieto perché è “..ancora ad un passo dalla metà..” cioè dallo sposare Emilia. È
preoccupato perché dovrebbe andare ad avvertire il principe del suo matrimonio. Claudia, pur sapendo
dell'incontro in chiesa tra Emilia e il Principe, non lo avverte.

Scena 9: Pirro annuncia l'arrivo di Marinelli, che vuole incontrare Appiani. Claudia esce.

Scena 10: Marinelli invita Appiani alla missione affidategli dal principe. Egli però rifiuta poiché non vuole
rimandare il matrimonio. Marinelli non riesce a concepire che Appiani non voglia seguire ciecamente il
principe e arriva ad insultare la famiglia Galotti, per la loro condizione sociale. Appiani si infervora e accetta
di risolvere la questione con un duello ma Marinelli con delle scuse lo rinvia intimorito.

Scena 11: Claudia si informa su cosa sia successo tra il Marchese e il Conte, ma Appiani la tranquillizza e le
dice che non dovrà più andare dal Principe. Claudia è sollevata così non scoprirà mai quello che è successo
in chiesa.

ATTO 3

Scena 1: Desolo, villa del Principe. Il Principe rimprovera Marinelli che non è riuscito a impedire le nozze ma
il marchese gli dice che avrebbe persino sacrificato la sua vita per adempiere ai suoi doveri (intrigante),
mente raccontando che è stato Appiani a rimandare il duello. Il principe da un'altra versione dell'incontro
con Emilia in chiesa, durante il quale lei si sarebbe dimostrata disponibile. Intanto sentono uno sparo, e
Marinelli finalmente rivela il suo vero piano, che prevede una finta imboscata con il fine di condurre Emilia
alla villa di Desolo. C'è una teioscopia quando Marinelli vede l'arrivo di Angelo a cavallo dalla finestra.

Scena 2: Angelo riferisce a Marinelli l'esito dell'imboscata: un loro compagno è morto per mano di Appiani,
che è stato a sua volta ferito e probabilmente ucciso da Angelo. Marinelli però vorrebbe esserne sicuro.

Scena 3: Il principe è inquieto per l'imminente arrivo di Emilia, non sa come trattenerla e Marinelli gli
consiglia l'arte del persuadere, a questo il principe ammettere di non aver avuto successo con la ragazza in
Chiesa e decide di non essere presente quando Emilia sarebbe arrivata.
Scena 4: Emilia viene portata nella villa dal servo Battista, è agitata e vuole andare a cercare sua madre e il
conte ma Marinelli la tranquillizza informandola che si trova nella villa del principe e che egli ha appena
inviato i soccorsi per sincerarsi dell'incolumità di Claudia e di Appiani.

Scena 5: Il principe incontra Emilia e cerca di rassicurarla. Lei è molto agitata così lui si scusa per il suo
comportamento in chiesa con un linguaggio vuoto e disonesto. Alle fine esorta Marinelli a seguirli ma il
marchese, che conosce il codice della corte, capisce che deve fare esattamente il contrario.

Scena 6: Battista annuncia a Marinelli l'imminente arrivo di Claudia. Lui è preoccupato perché teme che
Claudia abbia capito l'intrigo tuttavia sa che non può fare altro che riceverla. Infine Claudia entra e Battista
esce.

Scena 7: Claudia viene accolta nella villa da Battista e chiede di vedere subito Emilia, Battista scaccia i
curiosi.

Scena 8: Claudia arriva e quando vede Marinelli capisce l'intrigo. Infatti il Conte aveva fatto il nome di
Marinelli prima di morire; Claudia non riesce a descriver il tono con cui Appiani pronuncia il nome, Lessing
lascia di nuovo libera interpretazione al lettore, come nel caso del ritratto di Emilia. Quando Claudia capisce
di essere in casa del principe si agita, perché vuole proteggere sua figlia; accusa Marinelli di essere il
mandante degli assassini, soprattutto di non avere avuto il coraggio di uccidere con la sua stessa mano.
Infine sente la voce di Emilia e corre verso di lei.

ATTO 4

Scena 1: Stessa scena. Marinelli comunica al principe la morte di Appiani, e lui sconvolto incolpa il
marchese, nonostante gli avesse dato carta bianca. Il principe teme di essere collegato a questo delitto.
Marinelli però, da buon intrigante, convince il principe di non aver assolutamente desiderato la morte del
conte, e che lui sarebbe stato l'unico a trarne vantaggio. Racconta poi la sua versione dei fatti, cioè che
l'uccisione di Appiani non è stata che legittima difesa. Il principe allora inizia a rallegrarsi per la morte del
conte e mostra nuovamente superficialità nei confronti della vita umana. Marinelli inoltre fa notare al
principe che egli stesso si è compromesso rivelando i suoi sentimenti a Emilia la mattina in chiesa,
altrimenti infatti nessuno avrebbe potuto sospettare di lui. Il principe è costretto ad ammettere che è vero.

Scena 2: Inaspettatamente Battista annuncia l'arrivo della contessa Orsina. Il principe è sconcertato e non
vuole vederla, così Marinelli si prende l'onere di riceverla facendo nascondere il principe.

Scena 3: La contessa Orsina entra nella villa del principe, dove la accoglie Marinelli. È infuriata, perché
nessuno l'ha ricevuta a dovere. Spiega a Marinelli che nella lettera da lei inviata la mattina stessa al
principe, aveva chiesto udienza al principe a Dosolo. Era stata poi informata che il principe era partito
un'ora dopo per la campagna e pensava che fosse una risposta alla sua richiesta. Marinelli rivela alla
contessa che la lettera non è mai stata aperta e che il principe si trova a Dosolo per altri motivi. Orsina
insiste per vederlo, anche se immagina di essere già stata sostituita da un'altra donna. Dopo una lunga
discussione Orsina si impone e incontra il principe.

Scena 4: Il principe, vedendo Marinelli messo alle strette da Orsina, corre in suo aiuto, liquidando la
contessa in una sola battuta, sostiene di essere occupato e in compagnia, va via. “Io sono occupato eppoi
non sono solo.”
Scena 5: Orsina è sconcertata dall'indifferenza del principe e vuole sapere da Marinelli di chi è invaghito il
principe. Marinelli decide di raccontarle parte di quello che è successo, egli rivela che il principe sta
consolando la promessa sposa del defunto conte Appiani. Quando rivela l'identità della sposa, Orsina
capisce l'intrigo contro Appiani, in quanto i suoi informatori avevano sentito il dialogo in chiesa tra il
principe e Emilia. Orsina accusa il principe di essere un assassino e Marinelli di essere suo complice. Mentre
la contessa sta per uscire, incrocia sulla soglia Odoardo che entra precipitosamente.

Scena 6: Odoardo essendo venuto a conoscenza di ciò che è successo, chiede di vedere la famiglia ma
Marinelli temporeggia con la scusa di doverlo annunciare al principe, dati i loro passati contrasti. Orsina
intanto non vuole essere accompagnata alla sua carrozza e Marinelli teme di lasciarla da sola con Odoardo
per paura che ella riveli l'intrigo. Costretto però a farlo, mente a Odoardo dicendogli che Orsina è
mentalmente instabile.

Scena 7: Orsina, rimasta sola con Odoardo, gli rivela l'incontro in chiesa tra Emilia e il principe e gli racconta
l'intrigo ai danni della figlia e del conte Appiani. Gli da un pugnale esortandolo a vendicarsi poiché lei non
può farlo essendo una donna. Confida anche di avere del veleno ma non lo dà ad Odoardo perché il veleno
è arte delle donne.

Scena 8: Nella stessa scena arriva Claudia che vede il marito. Odoardo gli dice di essere a conoscenza di
tutto e decide di rimanere nella villa con Emilia e di far andare via Claudia con la contessa Orsina.

ATTO 5

Scena 1: Stessa scena. C'è una teioscopia perché Marinelli guarda Odoardo dalla finestra, cercando di
tranquillizzare il principe, dice che lo vede molto calmo e che sicuramente vorrà ringraziare il principe per
essersi preso cura della figlia e della moglie. Il principe è sospettoso e teme che Odoardo porti via Emilia e
che magari la chiuda in un convento. Marinelli lo rassicura accennando ad un piano nel caso in cui il
principe avesse ragione.

Scena 2: Si tratta di un monologo di Odoardo nel quale lui esprime la volontà di vendicare Appiani ma senza
uccidere il principe, egli preferisce che venga corroso dal senso di colpa.

Scena 3: Marinelli incontra Odoardo che dice di aver mandato via la contessa e sua moglie, inoltre esprime
la volontà di non far tornare Emilia a Guastalla e vuole portarla con sé. Marinelli cerca di dissuaderlo e va a
chiamare il principe perché decida.

Scena 4: Odoardo rimane da solo e fa un monologo. È infuriato perché nessuno ha il diritto di dirgli dove
può portare sua figlia: “Mai e poi mai.. Prescrivere a me dove Emilia deve andare?”

Scena 5: Odoardo incontra il principe e manifesta l'intenzione di chiudere Emilia in un convento. Il principe
fingendosi innocente cerca di trovare il movente dell'accaduto ipotizzando che il mandante sia un rivale in
amore di Appiani. In questo caso la famiglia Galotti dovrebbe essere interrogata da un giudice ma prima di
allora dovrebbe restare separata. Il principe propone così di mandare Emilia dal cancelliere Grimaldi,
Odoardo così non può fare altro che acconsentire ma ottiene di poter vedere la figlia prima di essere
separati.

Scena 6: Odoardo fa un altro monologo e non sa come comportarsi per aiutare la figlia. Ipotizza anche che
lei sia complice di questa farsa così è costretto ad andarsene quando la vede arrivare ed è costretto a
restare.
Scena 7: Emilia incontra il padre. Odoardo è sconcertato dalla strana calma della figlia di fronte alla
situazione e le comunica che deve andare dal cancelliere Grimaldi. Lei si oppone perché nella sua
precedente visita al cancelliere aveva notato che era un luogo pieno di tentazioni che aveva fatto fatica a
reprimere nonostante le sue virtù. Si sconvolge di come il padre possa pretendere una cosa del genere da
lei, allora lui le mostra il pugnale con il quale voleva uccidere Marinelli o il principe. Emilia sconvolta
dall'idea che il padre possa mandarla in pasto alle tentazioni cerca di trafiggersi ma Odoardo la ferma.
Emilia lo prega di ucciderla “È vero, un tempo ci fu un padre che pur di salvare la figlia dal disonore le
immerse nel petto il primo ferro che trovò.. e con questo le donò per la seconda volta la vita.” Allorché
Odoardo la trafigge.

Scena 8: Arrivano il principe e Marinelli e fanno appena in tempo a vedere Emilia che muore. Odoardo
confessa di averla uccisa e istiga il principe: "Ed ora, principe! Vi piace ancora? Eccita ancora i vostri
desideri? Ancora, in questo sangue, che grida vendetta contro di voi?". Odoardo decide di consegnarsi alla
giustizia e di non suicidarsi: "Vado, e aspetto voi, come giudice.. E poi.. Un giorno, lassù.. Vi aspetto
dinnanzi al giudice di noi tutti!”. Il principe non lo uccide per non mischiare il sangue di Emilia con quello del
padre, finge fino all'ultimo innocenza e lo manda via“Vattene, t'ho detto! Dio! Non basta che per sventura
di tanti i principi siano uomini: bisogna anche che dei demoni si nascondano tra i loro amici?".

Emilia Galotti riflette appieno l’immagine di un panorama italiano intriso della classe borghese.

Gli atti si snodano come segue: Studio del principe, casa di Emilia e villa del Principe. Il tempo non è
precisato, presumibilmente si colloca in epoca rinascimentale, in una città – corte governata da un sovrano
dai poteri illimitati.

I temi fondamentali e i principi morali dell’opera tendono a sottolineare l’allontanamento dai valori
originali (della natura); Il progresso in una società moderna che falsifica i rapporti sociali, portando ad una
società artificiosa con convenzioni vincolanti.

Lessing analizza e contrasta in seguito i punti di Aristotele in quanto il teatro a lui contemporaneo si rivolge
ad un nuovo tipo di pubblico, quello borghese. Vi è una nuova idea di individuo, originale, autentica e
individuale. Vengono introdotti nuovi temi di carattere prettamente socio – psicologico: sentimenti, affetti
familiari, rapporti interpersonali. Non ci sono più le tanto decantate azioni eroiche, ma personaggi privati.

La critica di Lessing si muoverà principalmente sui nuovi principi borghesi: ubbidienza al padre, discorso sul
matrimonio e in generale sull’organizzazione sociale, necessità di governare le proprie passioni.
I PERSONAGGI POSSONO ESSERE ANALIZZATI COME SEGUE:

 Principe
 Marinelli
 Conti
 Conte Alpiani
 Contessa Orsino
 Angelo (nome ossimorico)
 Genitori di Emilia

Il Principe viene rappresentato come uomo e non come rappresentante di Stato. Egli è instabile, umorale e
non adatto a guidare uno Stato, come si evince dalla scena della condanna a morte. È il ritratto di un uomo
privato ciò che ci viene mostrato, fragile e compiacente la donna che crede di amare. Il principe come
figura allegorica rappresenta una critica alla società cortese, rappresentata appunto dal principe, da
Marinelli e dalla contessa Orsina. C’è un rapporto ambiguo tra il Principe e la figura di Marinelli. Marinelli
viene usato dal principe in quanto suo alter – ego. Ma questi non se ne assume le responsabilità e compie
un intrigo per ucciderlo.

Marinelli è un cortigiano adulatore, un perfetto calcolatore di reazioni psicologiche, come nel caso della
madre di Emilia Galotti.

La contessa Orsina viene presentata nel IV, 3. È l’amante del principe. Costituisce un ruolo portante per
l’evoluzione dell’azione: appare quando Emilia viene portata nella “Lustschloss”, attraverso le sue parole
rende furioso il padre di Emilia, Odoardo, spronandolo a uccidere il principe. Orsina è dotata di carattere
forte, una sorta di “femme fatale”, atipico per le donne del tempo e fa da contrasto ad Emilia, essendo pari
di rango al principe non lo teme. Chiede vendetta contro egli, vendetta che rivela i suoi tratti da cortigiana.
La sua figura, per associazione, può essere paragonata a quella del teatro classico con Medea.

Emilia Galotti invece è una ragazza timorosa e succube della madre. Appare nel II, 6, durante un colloquio
con la madre non come agente ma come reagente, passiva, all’interno della chiesa. Ha paura perché il
principe le ha parlato. Ritiene che egli sia rappresentate del vizio, teme che la consideri come un oggetto.
Emilia non vuole attirare curiosità su di sé, quindi di fondo c’è incompatibilità di carattere in un matrimonio
che non troverà mai fattività. È un personaggio di media borghesia che vuole custodire la sua verginità. Per
questo si dice che Odoardo sia in conflitto territoriale col principe. Il rapporto tra i genitori di Emilia non
ha passione, è retto da un fallace equilibrio.

Il padre è il tipico “padre – padrone”, autorità giuridica e socialmente accettata egli prende le distanze
dalla corte, considerato un mondo perverso e ha un rapporto di debolezza decisionale nei confronti della
figlia, simbolo di una borghesia fragile.

La madre è una figura altrettanto passiva, lusingata dall’atteggiamento del principe. È sciocca, poco
acculturata e superficiale. Non contrasta la decisione del padre con decisione ma tende a raggirare la
situazione, prendendo vie traverse.

Il conte Appiani è nobile ma non fa parte della cerchia del principe. È situato tra corte e borghesia. È
indipendente e borghese seppur avente status aristocratico. Atteggiamento il suo che si rifletterà in futuro
nel sentimento della rivoluzione francese.
La scena 7 del V, va letta con attenzione. Lessing nonostante da una serie di tratti innovativi al dramma,
rispetta sostanzialmente le tradizioni dei cinque atti. Goethe farà tenere nel leggio questo testo alla
morte suicida di Werther. Odoardo ed Emilia stanno discutendo sul da farsi. Emilia deve essere trasferita
dal castello al “Casale Grimaldi”, di cui ha paura perché è considerato poco raccomandabile per la sua
virtù. Odoardo fallisce nell’uccidere il principe ed Emilia non sa se sposare il principe, suicidarsi o lasciarsi
uccidere come terza opzione. Fondamentalmente Emilia non vuole essere lasciata in solitudine col prinicpe,
considerando la sua castità come unica virtù femminile da custodire e su questo è per la prima e unica
volta nel dramma ferma e determinata, seppur nel suo profondo sorge il desiderio di essere sedotta. Il
padre segna un atto estremo: uccide Emilia, atto che porterà a un paragone con una “Rosa spezzata prima
che il vento la sfogliasse”. Da notare è il fatto che Emilia non riesce a governare i suoi rapporti con
l’esterno, così come non riesce a gestire sé stessa. È doveroso precisare che governare la propria sensibilità
è un punto critico della società e letteratura borghese, così come del pensiero di tutto il 700’, intesa come
virtù soprattutto femminile. Appunto, Emilia, pur di non rinunciare ai suoi ideali, in extremis, si fa uccidere
dal padre. Atto realmente estremo se si pensa che l’uccisione all’epoca era tollerata di più del suicidio. Altro
elemento che ha fatto riflettere è stata la maturazione improvvisa di Emilia. Dal punto di vista del padre il
gesto pubblico dell’uccisione viene depotenziato nell’ambito privato. Goethe scriverà una lettera nel
1772 a Herder riguardo l’opera di Lessing dove sosterrà di ritenere l’opera troppo architettata e
macchinosa, senza sensibilità artistica e di non essere affezionato a quest’opera per quanto possa essere
considerata un capolavoro.

Potremmo infine dire che Emilia Galotti è considerabile un dramma psicologico che separa la distinzione
tra bianco e nero, ha sfumature. È il primo dramma tedesco moderno. Seppure tradizionalmente diviso in
5 atti i sono elementi innovativi nell’uso del verso.
MINNA VON BARNHELM:

Trattasi di una commedia dal sottotitolo “La Fortuna del Soldato”, pubblicata nel 1767. In quanto
commedia è stata aspramente accolta dalla critica. Seppur di genere letterario avverso ai cosmopoliti
cortesi, si sviluppa all’interno di una sottocategoria letteraria nascente proprio in quel periodo: “la
commedia seria” o, in tedesco, “Trauerspiel”. Lessing ne parlerà in “Drammaturgia d’Amburgo”. Per egli
“ridere” e “deridere” sono diversi, esattamente come gli intenti della commedia. La commedia vuole
correggere atteggiamenti erronei attraverso il riso, non la derisione. La sua vera utilità risiede dunque, nel
riso stesso.

L’opera si rifà alla guerra dei 7 anni, tra Prussia e Austria. L’Austria si allea con la Russia, Francia, Svezia e
Sassonia al fine di ottenere la Slesia, contro la Prussia, che ne uscirà vincitrice trattenendo i territori
Slesiani. In questo periodo di tumulti, Lessing lavora per l’ufficiale Taulzien e comincia a conoscere tutti gli
uomini d’arme Prussiani. L’opera viene inizialmente sottovalutata fin quando Goethe non vedrà la stessa a
Lipsia. Il titolo suggerisce una bipartizione. Infatti, titolo e sottotitolo, corrispondono a due personaggi:
Minna, Sassone e il generale, suo fidanzato, Prussiano. Il tempo è indefinito, forse è il periodo
immediatamente successivo alla guerra dei sette anni. Goethe dirà della commedia: “amerò un’opera di
perfetto contenuto territoriale del Nord”, espressione questa di carattere davvero patriottico, considerata
vero prodotto della guerra dei sette anni, ritenuta per questo molto attendibile. Il luogo non viene
menzionato, si pensa a una locanda. L’azione si svolge per due giorni di seguito ( violazione delle unità
aristoteliche). Ci sono due ambienti: la camera di Minna, inviolata da terzi se non dalla sua collaboratrice, e
la sala, intesa come luogo di comunicazione, quindi di ordine più pubblico. Strutturalmente quindi, viene
ripresa la duplicità del titolo completo dell’opera. Anche nella tematica ci sono due aspetti:

 Vita privata di Minna.


 Vita pubblica dell’ufficiale.

La trama è semplice ma allo stesso tempo intrecciata:

Minna è nobile, rappresentata però come privato cittadino, cerca il suo fidanzato, il maggiore Von Tellum,
arriva in città (si pensa Berlino) e scopre che si è ritirato dai suoi uffici dopo essere stato dimesso a causa di
una presunta e fasulla truffa all’esercito. Egli è profondamente offeso, poiché in effetti egli ha anticipato
soldi ai Sassoni e si aspetta giustizia. La sua offesa si rispecchia in una menomazione fisica al braccio. Ci
sono due colloqui tra i protagonisti: lui vuole rinunciare al matrimonio poiché instabile a livello finanziario,
mentre Minna prova a convincerlo del contrario, valorizzando la sua ricchezza morale. Lui non vuole
rinunciare ai suoi ideali e allora Minna usa uno stratagemma: gli fa credere di essere stata diseredata, ma la
cosa non va a buon fine. Egli infatti non le crede e si sussegue ora una scena clue: la scagionatura
dell’ufficiale da parte del Re di Prussia. A questo punto però è Minna a non voler concedersi (mettendo in
scena una metafora con degli anelli) e rischia di far precipitare la situazione. Tutto si risolve per il meglio
con l’arrivo dello zio dell’ufficiale che esprime i dovuti chiarimenti e da a entrambi la sua benedizione per il
matrimonio.
I personaggi hanno tutti nomi ordinari tranne due, che sono cosiddetti “Nomi Parlanti”:

 Just; Servitore del Maggiore (Giustezza).


 Franziska Willig; Serva di Minna (Volontà).

Vi è una bipartizione e scissione anche nell’appartenenza tra servi e padroni.

L’Oste viene mostrato come avido. Il suo nome è “Rico”, francese che porta la lettera del re di Prussia,
viene preso in giro da Lessing, in quanto pseudo – avventuriero. Entrambi i personaggi sono di vecchio
stampo da commedia.

Minna è una ragazza che parla col cuore, i sentimenti sono la sua priorità ed ha un carattere piuttosto
determinato. Appare per la prima volta nella sua stanza privata, in abiti da camera con la sua serva. È il
personaggio femminile più audace di Lessing, infatti non si fa intimidire da Berlino e non corrisponde
affatto alla società borghese. Si pone alla pari con Tellheim. La trama segue sempre un confronto di pari
livello, facendola battere sempre per ciò che ritiene questo e persegue, tipico tratto dell’illuminismo, la
propria felicità.

Franziska non è la classica serva sciocca, è dotata di senso pratico, che ragiona quasi alla pari di Minna, più
da confidente che da inserviente.

Tellheim è un ufficiale inconsueto, raffinato e dimissionario, viene quindi raffigurato come privato cittadino.
È da subito inquadrato come un carattere retto e disponibile, come nella scena del prestito alla vedova.
Come Minna è guidato dalla necessità e dalla ragionevolezza, pensa che il suo onore sia macchiato e teme
di non poterla sposare. Agisce quindi passivamente, autocommiserandosi.

Just è colui che sposerà Franziska, come da tradizione di commedia.

Rico, se letto in tedesco, è ai limiti dello stereotipo se letto in tedesco.

L’oste è subalterno, opportunista ed avaro, retto dal sistema prussiano ed è voltabandiera.

Il carattere innovativo dell’opera è che Lessing non deride i personaggi e sceglie temi piuttosto
innovativi:

 L’amore di un ufficiale prussiano; tema sensibile perché riguardava la sfera politica.


 C’è la questione della giustizia che riguarda il re stesso, che toglie la macchia dall’onore
dell’ufficiale.
 Implicitamente si nota un accento di critica alla Prussia, quasi vista in modo autoritario.
CURIOSITA’:

 Si parla di un caffè, istituzione modernissima per l’epoca.


 Si parla d una Tabagie, luogo in cui si poteva fumare e bere (“Rauch – und Trinkhaus”).
 Minna possiede un orologio. Kannt si inalbererà su questa questione poiché per le donne un
orologio era attribuibile a un lusso superfluo, giacché le donne non hanno bisogno di regolare il
tempo in funzione di lavoro e appuntamenti.
 L’incontro tra Minna e Von Tellheim senza testimoni.
 Minna che propone una passeggiata all’ufficiale, in un calesse chiuso, da soli.

L’arrivo dello zio viene esaminato come “Deos ex macchina”.

Lessing intendeva la commedia sotto una luce di leggerezza. Si vede come un uomo e una donna abbiano
difficoltà a conciliarsi, così come difficile è il connubio tra vita pubblica e privata. È la prima commedia in
lingua tedesca legata all’attualità.

Alcuni aspetti forvianti sono stati appositamente corretti dalla censura. A Francoforte ad esempio, la
commedia è stata inscenata senza la figura di Riccault, simbolo della critica alla Prussia. La commedia si
accaparra un discreto successo a Berlino, dove Chodowiecki realizza delle incisioni sull’opera. Il ricavo
tuttavia è scarso rispetto al successo, poiché all’epoca i diritti d’autore erano assenti sulle opere.

L’opera viene fortemente criticata dallo Sturm und Drang e dai romantici, considerata anacronistica e
artificiosa. Sarà solo più tardi riscoperta, quasi in epoca contemporanea.

NATHAN DER WEISE:

L’elemento di rottura dell’opera è basato su eventi religiosi. Prima di analizzare la condizione degli Ebrei
(che rimane in ogni caso il tema portante dell’opera) è doveroso analizzare il contrasto tra Cattolici e
Protestanti. Le chiese, nonostante il processo di evoluzione scientifica, erano ancora molto influenti. Dalla
fine della riforma c’è un intreccio, ancora in parte esistente, tra potere spirituale e potere temporale. Nel
1555 si verifica la pace di Augusta, che stabilisce che il sovrano è libero di scegliere la religione di
appartenenza del popolo. Tale principio regge ancora oggi nel senso di uno Stato che si appropria della
tassa che i fedeli pagano alla Chiesa. Questa costrizione fa si che ogni tipo di critica alla Chiesa attaccasse
parzialmente anche lo Stato. Alcuni arcivescovi cattolici erano addirittura elettori. Nonostante tutto la
cultura comincia a riguardare di più la fede e i suoi dogmi. Da un lato nelle esegesi dei testi biblici che non
venivano letti più solo dal clero, ma in ottica critico – filologica, venivano analizzati i testi dai laici, in quanto
materiale storico. La Chiesa Cattolica stabilisce vari livelli interpretativi del testo biblico: se da un lato vuole
mantenere il proprio valore assolutistico, dall’altro non può negare la forza della scienza. I protestanti non
ammettono standard schematici dei livelli interpretativi.

Si sviluppa, in questo periodo, il concetto di Deismo, a partire dal XVI sec. Esso nega alcun tipo di miracolo:
la realtà segue leggi fisiche ed empiriche e respinge la chiesa come istituzione dei fedeli. Mette in dubbio la
“religione rivelata” e quella di un “Dio Personale”.
Lessing a tal proposito partecipa spesso a questi dibattiti ed è uno dei personaggi di spicco del suo tempo in
tale materia. Affronta il problema degli ebrei, come nel 1748 con “Il Giovane Erudito”, dove critica il vecchio
modello intellettuale, considerato troppo mnemonico. Scrive poi il “libero Pensatore” ovvero “Der
Freigeist” dove tentava di ritrarre un modello intellettuale da seguire. Nello stesso periodo scriverà
un’opera che si chiamerà “Die Jude” che consisteva in un primo tentativo di confrontarsi con le
discriminazioni ebraiche. Altro elemento per la comprensione è l’isolamento di Lessing, utilizza le sue
occasioni di incontrare persone con vivacità, come ad Amburgo, dove uno dei suoi conoscenti gli affida un
manoscritto di sua proprietà che sarà pubblicato da Lessing a stralci. Egli, essendo bibliotecario, finge di
averlo trovato per caso all’interno della biblioteca. Tale opera critica la cristianità e prende il nome di
“Fragmentestreit”, frammenti di un anonimo. Il primo frammento, “Sulla tolleranza dei deisti” viene
pubblicato nel 1774. Nel 1777 pubblicherà 5 frammenti:

1. Ulteriori Pubblicazioni delle carte dell’anonimo, concernenti la rivelazione, ovvero, sulla


diffamazione della ragione dai pulpiti.
2. Impossibilità di una rivelazione a cui tutti gli uomini possono prestar fede in maniera fondata.
3. Il passaggio degli israeliti attraverso il Mar Rosso.
4. I libri dell’antico testamento non furono scritti per rivelare una religione.
5. Sulla storia della resurrezione.

Sarà attaccato da Goetze e sarà considerato uno che mina la cristianità. Il duca di Braunschweig ritirerà dal
commercio gli scritti di Lessing, costringendolo a sottoporre a revisione le opere da parte del clero. Decide a
tal proposito di scrivere “Nathan der Weise”, per avere sul palco l’ultima parola. L’intento di Lessing è
quello di separare la fede dall’analisi e vuole distinguere le verità storiche da quelle metafisiche. L’unica
cosa certa per lui del cristianesimo è la sua stessa esistenza.

Con questo cambio di atteggiamento, si perde anche considerazione di esso. Le figure cristiane in Nathan
Der Weise sono quelle più ambigue.

L’opera è del 1779 ed è un “poema drammatico”, scritto in quanto risposta al dibattito sui frammenti del
1777. Si considera un “poema drammatico” su suggerimento di Voltaire che lo colloca in un contesto
nuovo, né commedia né tragedia: ha una forma mista, è considerato “dramma del pensiero”, un genere
medio. Lessing insiste appunto sulla “medialità” delle opere ed è di carattere prettamente psicologico. La
forma del verso è il Blank Verse Shakespeariano, utilizzato ad hoc per l’occasione. Trattandosi di medialità
dell’opera, utilizza un linguaggio semplice, vicino alla lingua parlata.

La prima messa in scena si ha nel 1783 e nel 1801 viene curata da Schiller ed ha un discreto successo,
venendo proposta sulle scene tedesche più volte.
L’antisemitismo è ancora diffuso, i pregiudizi nei confronti dell’ “Assassino di Gesù” ancora vividi. Gli ebrei
in Prussia dal 1750 vengono categorizzati in 6 classi:

1. Ebrei con privilegi personali (Scheitzbrief, lettera di protezione che garantiva determinati privilegi),
solitamente i più abbienti, equiparati in diritti ai cristiani.
2. Ebrei protetti di seconda classe, con diritto di residenza per un solo figlio, mentre per gli altri c’era
una tassa di mille Talleri.
3. Ebrei protetti di terza classe, liberi professionisti.
4. Rabbini, impiegati nella comunità ebraica.
5. Ebrei “tollerati”, non avevano diritti e non potevano sposarsi con ebrei di classe 1 e 2.
6. Servitù e impiegati di religione ebraica presso la classe 1 e 2, a cui era negato il diritto di
matrimonio.

Quando venne emesso questo editto in Brandeburgo c’erano circa 4700 ebrei e a Berlino circa 3000.
Crescono di numero e dal 1812 c’è l’emancipazione degli Ebrei da parte del ministro Von Stein che equipara
gli ebrei ai cittadini cristiani.

In Austria Giuseppe II, nel 1781 emana un editto sulla tolleranza rivolto ai protestanti ed esteso agli ebrei
della Boemia e nel 1782 a quelli Austriaci che però non ottengono diritto di cittadinanza. Testimonianza di
tale dibattito è un testo del 1781: “Die bürgerliche Verbesserung der Juden”, che difende e prospetta una
futura emancipazione, rivendicando al cittadinanza per gli ebrei. Gli ebrei sono sostanzialmente ancora
esclusi e relegati ai limiti della società, specie se ricchi e possidenti. I dibattiti, ad esempio, quelli francesi
erano ancora fondati sull’antisemitismo.

“Nathan der Weise” è ambientato a Gerusalemme, dopo la III crociata (1189 – 92), durante il Regno di
Saladino (nome che indica etimologicamente “Verità della Fede”). Entra a Gerusalemme come capo degli
arabi e alla sua morte il regno si disgregherà. Ha grandi doti da condottiero e grande umanità e viene
spesso idealizzato come salvatore. Lessing si serve per il personaggio di storie che circolavano all’epoca,
come quella delle origine Curde e Siriane del Saladino o la storia delle crociate di Voltaire, tradotto proprio
da Lessing in tedesco. Citabile è anche la “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso. L’oriente nel 700’
desta molto interesse perché lontano geograficamente. Nell’opera in sé le crociate come lotte religiose
figurano solo sullo sfondo, seppure determinate morti appaiono nel decorso della trama.

La trama non è corposissima ma piuttosto intrecciata, con tre nuclei didascalici e tre nuclei di personaggi.
Nathan è l’unico che presenzia mobile in tutti e tre:

 Il templare. Egli è un giovane, unico che viene risparmiato a causa della somiglianza col fratello del
sultano. In un incendio salva la vita di Rachel, figlia adottiva di Nathan, che è ebrea, dunque non
andrà né da lei né dal padre proprio per questioni religiose. Spinto dall’istinto tuttavia se ne
innamora; Nathan è tornato da un lungo viaggio e non vuole che entrambi si sposino perché risente
della somiglianza del templare col Sultano. Il templare pensa che Nathan non voglia e va dal capo
cristiano a Gerusalemme, dove la badante Dacher racconterà per prima il grave scandalo: un ebreo
vuole allevare una cristiana. Il patriarca la ritiene una grave colpa.
 Il Saladino. Uomo in difficoltà economiche, chiede un prestito a Nathan. Tenta una trappola e
chiede lui quale delle religioni sia quella autentica. Qualsiasi risposta avrebbe presupposto uno
schieramento, mettendolo in difficoltà, quindi Nathan con un colpo da maestro se ne divincola
raccontando la parabola dei tre anelli. Di conseguenza il Sultano riconosce la sua saggezza e rifiuta
la richiesta di prestito con umiltà, tuttavia Nathan insisterà affinché egli accetti il denaro.
 Il patriarca, sfavorito dall’esito della crociata, non si da per vinto, vuole a tutti i costi la riconquista
di Gerusalemme. Apprende che Nathan sta educando Rachel come ebrea e mette zizzania, senza
riuscirci a causa della saggezza di Nathan e del Sultano. L’ostacolo che si frappone tra l’unione in
matrimonio tra Nathana e Rachel, simboleggiata dal salvataggio, è proprio la questione religiosa
dato che il patriarca si oppone a matrimonio con grande insistenza.

Il primo nucleo concerne il sultano.

Da un lato c’è Saladino, ritratto poetico, è ragionevole e disposto al dialogo, personaggio altamente
influenzato da Voltaire. Le sue prime notizie si hanno in modo indiretto: Nell’atto primo, scena tre, Al Haafi
sottolinea la modestia e la generosità di Saladino a differenza del patriarca. Saladino si vede nel secondo
atto, scena prima, che gioca a scacchi con la sorella, come privato cittadino. È un sovrano tradizionale e vive
di rendita. Appare stanco, conscio del declino del suo mondo. Decide secondo regole del libero arbitrio,
come quando decide della sorte del templare. Il rapporto alla pari con al sorella fa capire che lui non
pretende di essere superiore, lasciandosi anche guidare da lei.

Sitta, la sorella di Saladino, è autonoma ma più scettica nel mettere alla prova Nathan ed è molto critica nel
giudizio, metodica. Non a caso vince la partita a scacchi contro il fratello. A inizio 700’ la moglie di un
ambasciatore inglese, Montaigne, ha trasmesso all’occidente il fascino del sapere della donna d’oriente,
tramite l’opera “lettere orientali di una signora inglese” (1717-18).

Al Haafi da un ritratto del ultano, è un amico di vecchia data di Nathan. Nathan dubita del suo carattere
schietto poiché è diventato tesoriere, anche se poi dimostra fedeltà. Da un lato salda un legame profondo
con Nathan, dall’altro è influenzato dal giudizio del Sultano, suo padrone. Tuttavia, con l’evolversi della
trama, si dimostra un personaggio positivo.

Il secondo nucleo concerne i Cristiani.

Il patriarca, a differenza del Sultano, compare nell’atto quarto, scena due, entrando in pompa magna e in
veste ufficiale, sottolineando la sua saccenza e ostentando autorità. È l’unico personaggio realmente
negativo dell’opera, alludendo a Goetze. Egli non conosce pietà, tre volte ripete una frase che riguarda
Nathan: “L’ebreo sarà bruciato”, rimando letterario alla Bibbia, a Gesù in particolar modo. Per il Patriarca
contano solo i diritti dei cristiani.

Il templare si presenta diversamente, è anzitutto eroico, tanto da essere considerato un angelo da Rachel.
Ma si vedono anche i suoi pregiudizi (non vuole incontrare Nathan). Gli aspetti negativi vengono contrastati
dalla sua spontaneità e nobiltà d’animo ed essendo giovane e ancora in formazione, svilupperà durante lo
svolgersi degli eventi il suo carattere. Nutre un amore che va contro la sua volontà quindi irrazionale,
seppur furente. Nel Terzo atto, scena otto c’è una scena in cui riflette sui suoi pregiudizi e arriverà a
maturare psicologicamente. Ci sono due aspetti in lui: privato (uomo innamorato) e pubblico (cavaliere
templare).

Frate Bonafides è un nome parlante ed è colui che ha portato la bambina (Recha) a Nathan. Il suo nome ci
riconduce alla buona fede ed è un ottimo interlocutore, si rende strumento però del patriarca. Nathan
racconterà a lui la sua storia pregressa, la disgregazione della sua famiglia ad opera dei crociati.
Il terzo nucleo è la casa di Nathan:

Tutti sono interessati a Nathan, un attivo borghese e commerciante. Egli cerca di far capire che non è la
dottrina che conta ma la veridicità della fede in sé a contare. Cerca di superare i conflitti religiosi, non
ripaga con la stessa moneta. Lessing da un ritratto psicologico di Nathan assai articolato. Il significato della
sua visione del mondo è insito nella parabola dei tre anelli (Rimando al Decamerone, terza storia, primo
giorno), presente nell’atto terzo, scena sette, centralissima quindi. La paravola rimanda anche al fatto che
all’uomo non è dato sapere la verità assoluta. L’unico valore su cui basarsi è la constatazione empirica. Ci
dirà però che c’è un ULTIMO GIUDICE SUPREMO, senza alludere al nome. All’epoca la critica era rivolta alla
relatività dell’accomunazione delle religioni.

Recha appare al colloquio col templare, nell’atto secondo, scena quinta. E all’oscuro delle sue origini,
ubbidiente ed ama suo padre, ed è tendente all’esaltazione religiosa e sentimentale. Tuttavia, la sua
conoscenza la frena nei confronti del templare, non ricambiando perché in realtà i due sono fratelli. Recha
iperamplifica l’ideale della donna del 700’.

Daja è la nutrice di Recha, infedele come da copione commediografo. Cerca di arrecare danni col suo
intrigarsi. Ritiene di avere la verità in mano e proprio per questo che creerà scompenso.

La conclusione fa risaltare l’accomunarsi di Musulmani, Cristiani ed Ebrei, sottolineando la loro equa


importanza. La chiusura dell’opera va sull’idealismo, non incline e tipico delle opere di Lessing.

L’empirismo tedesco: Empfindsamkeit.

Il primo momento dell’evoluzione dell’illuminismo è l’empirismo: Empfindsamkeit. Caratteristica di questa


fase, emersa grazie a un giornalista italiano, Bogliani, è la Vefuehlskultur, la sensazione, il sentimento. Uno
degli sviluppi di questa corrente proviene dal sensualismo inglese:

 Locke, difatti, in un suo scritto affermerà che niente è sito nell’intelletto se non prima nei sensi.
Così si oppone al concetto delle idee innate di Platone ed adotta una prospettiva innovativa: la
mente umana non è una tabula rasa, ma sono le sensazioni ad essere fondamentali per il suo
sviluppo.
 David Hume invece, distingue le sensazioni dalle idee. Non riproduce più la gerarchia, ma colloca
idee e sensazioni accostate. Le sensazioni possono prendere il sopravvento sulle idee, che
rappresentano un’elaborazione delle sensazioni. Le sensazioni quindi, diventano una fonte per le
idee. Non quindi la conoscenza razionale che fa agire l’uomo, ma la sensazione ed il piacere.
Questo cambiamento sarà molto avvertito in Europa e in Germania.
 Sturm und Drang: Preromanticismo.
 La rivalutazione dei sensi influenza le scelte tematiche e linguistiche. Tutta la letteratura si avvicina
alla vita reale, privata. Vi è anche un nuovo interesse verso la ricezione dell’opera d’arte.
 Das Erhabene: il “sublime”. Tema discusso fortemente, cerca di individuare gli effetti dell’arte sul
fruitore. Burke sostiene che il sublime suscita turbamento e allo stesso momento sviluppa grande
stupore e piacere, come un’eruzione vulcanica. Tale visione, messa in un quadro, può trasformarsi
in una grandezza interiore che gratifica lo spettatore. Il sublime, dunque, viene prodotto dallo
stupore e non dall’opera d’arte in sé, ma dal cambiamento e da ciò che suscita cambiamento.
L’Empfindsamkeit è un periodo considerabile tra la metà del 700 e la sua fine. Il termine fu introdotto da
Lessing, che ne descrisse anche le caratteristiche: religiosità intimistica nel pietismo (sentire e avvertire i
valori e sentimenti individuali e pubblici, amore e amicizia).

In particolar modo in Germania si sviluppa questo tema (amicizia):

 Sviluppo dei rapporti epistolari.


 Permette di far fiorire e definire il proprio sé.
 Si vengono a creare molti incontri e c’è l’instaurarsi di forti legami solidali.
 Gellert nella sua abitazione crea “il tempo dell’amicizia”: una stanza in cui raccoglieva i ritratti dei
suoi amici.
 Nascono riviste di giornali di amici che pubblicano opere.

Si vede la prevalenza di tre generi: lirica e prosa, romanzo moderno e lettera. La lettera diviene un mezzo di
comunicazione importante tra gli amici, nonché uno strumento di socializzazione. Diviene anche
importante per le donne. Il romanzo è un genere nuovo, nasce con Grimmelshausen. Negli anni 40’ escono i
primi romanzi originali in lingua tedesca. Il primo autore di un romanzo moderno è Wieland con “Aghatan”,
sulla base del romanzo inglese precedente.

Il rapporto con la natura è avviluppato sull’esaltazione dei paesaggi in quanto mondo creato da Dio con la
descrizione delle sue manifestazioni. Le alpi suscitano grande entusiasmo. Prevale, qui, una visione materna
della natura, collegata al rapporto tra Dio e uomini in visione armonica. Secondo questo filone l’uomo deve
avvicinarsi più alla visione della natura che alle sue perversioni nel mondo moderno.

I giardini inglesi creano forte entusiasmo: rappresentano la natura libera che personifica la vita stessa.
Bisognava percepire la propria umanità in quanto specchio dell’anima. L’Emile di Russeau viene
interpretato come viaggio spirituale di Emile, volto al ricongiungimento con la natura.

Si sviluppa, altresì, un certo interesse per il deplorevole.

Il tema del viaggio nel 700 acquista valore proprio grazie allo sviluppo del meccanismo del viaggio stesso,
fino a diventare vero e proprio topos: colui che vive nuove esperienze si completa. La tranquilla passeggiata
si addice di più alle donne, mentre l’adrenalinico viaggio agli uomini. La donna passeggiava nei giardini
inglesi, viaggiando con la mente.
Friedrich Gottlieb Klopstock

Il più giovane di 17 figli, di famiglia borghese. La situazione economica poco agiata lo costringe a chiedere
una borsa di studio per continuare gli studi. Nel 1751 ottiene un vitalizio da Federico IV di Danimarca e vive
a lungo a Copenhagen.

3 filoni sono essenzialmente individuabili nella sua opera: da un lato esalta le virtù sentimentali borghesi
(Empfindsamkeit), dall’altro lato vi è un interesse verso il Romanticismo (rinascita della cultura nazionale),
esaltando infine il patriottismo germanico. Il paradosso di Klopstock è che egli esalta le virtù borghesi ma
contemporaneamente gode di un vitalizio.

Produce un opera di molto successo: “Messia”. Nel 1748 pubblica i primi tre canti, che vengono molto
ammirati in quanto costituiscono la prima epopea tedesca e si contrappongono all’Odissea. Utilizza in
quest’opera un metro semplice ed uno stile rapsodico coniando anche nuove espressioni. Il corpus
dell’opera è privo di azione, m di grandi visioni extra ed ultra sensoriali. Vi è un osservatore che partecipa
alle vicende. Dunque utilizza uno stile elevato, ma anche un lessico comprensibile. La prosa risulta molto
sensibile.

Autore estremamente peculiare, introduce nel linguaggio lirico dei verbi di moto attraverso prefissi da lui
inventati, creando veri e propri neologismi che furono peraltro criticati da Gottheld ma ben accolti dal
pubblico. Usa in modo nuovo il participio e stravolge la sintassi:

 Posticipazione del soggetto per aumentare la tensione e il focus delle frasi, volto soprattutto a fini
pratici per esplicare il moto dell’anima.
 Il suo lessico è scelto, ricercato e distante dal quotidiano.
 Non usa l’articolo o le particelle né le preposizioni.
 Creando questo flusso, come da compromesso lirico, rinuncia a strutturare lo spazio.

Klopstock è il primo che sottolinea l’idea del poeta – vate in una dimensione religiosa che diffonde la
bellezza morale usando la sua capacità: “die Hoheit” sottolinea la capacità dell’uomo a mirare in alto,
attraendo a sé gli altri con forza carismatica. Attorno agli anni 50’ progetta la Costituzione di una
“Gelernten Republik”. Vorrebbero, i dotti, costituire un sodalizio per creare degli obbiettivi alla base della
società; visione questa ben accolta dall’autore. L’artista, secondo questi ultimi presupposti, è tale perché
portatore di un ordine simile a quello naturale.

Infine egli è propenso a sostituire il pensiero razionale a un pensiero emotivo. Da priorità all’io emotivo,
parlando a nome di tutti i poeti. Non sono emozioni private, riguardano tranquillamente il mondo
circostante, attraverso un flusso concomitante con quello del pubblico.
Le poesie più famose di Klopstock sono le Odi (dal greco “canto”). Sono considerate un sottogenere lirico
“festoso”, con regole fisse e uno schema di base, per costruire versi con sillabe accentate e non. Klopstock
usa però forme sue, passando all’esametro “Alessandrino”. Tra le sue odi più famose ne ricordiamo 2:
Zurichsee (1750) e Die Fruehlingsfleyer.

1) Zurichsee descrive una gita in barca nel lago di Zurigo. Esalta l’amicizia, si fanno i nomi dei presenti,
che sono coetanei. La poesia ha un intreccio nella descrizione dell’ambiente circostante con
l’esaltazione della mano di Dio. Si rievoca anche il ricordo dei poeti che hanno creato le stesse
poesie. È controcorrente perché guarda, in un’epoca tendenzialmente pessimista, la “gioia di
vivere”.
2) Die Fruehlingsfleyer fa parte di canti religiosi, difatti il suono del componimento è simile a una
preghiera. L’io lirico qui scruta i segni della presenza divina all’avvicinarsi di un temporale. Non si
sapeva all’epoca se considerare il temporale come simbolo punitivo o, come sarà sostenuto dalla
poesia, un atto caritatevole nei confronti della natura. Ciò da vita al “sublime” in un misto tra
piacere ed orrore, come nel Werther mentre si osserva con Lotte il temporale (entrambi con
empatia e mediati da questa poesia). Qui Klopstock rompe il ritmo dei versi e quasi non osserva più
uno schema metrico, come nel Prometeo di Goethe.

In generale Klopstock ha una lirica di transizione e segna un’innovazione stilistica.

Con la Empfimmsamkeit la lirica passa da oggettiva a empirica, fortemente influenzata dal sensualismo, si
danno più spazio a sentimenti e pensieri. L’individuo è ancora inserito in un ordine Naturale, quindi non c’è
spinta verso l’individualismo. Avviene un distacco dalla mimesi poetica, lasciando da parte le regole fissate
dalla tradizione. Eppure, verso fine dell’800 è considerato ancora molto razionalista. Klopstock, Lessing e
Wieland sono considerati pre-classicisti.

Sturm und Drang

Tale corrente si sviluppa in 3 fasi:

 1767/1768 – 1785: “Frammenti” di Herder fino al passaggio al classicismo di Goethe.


 1770 – 1775: Sodalizio tra Herder e Goethe fino all’istituzione del giornale di Francoforte.
 1770 – 1780: Sodalizio tra Herder e Goethe fino alla pubblicazione dei “Masnadieri” di Schiller.

L’Empfindsamkeit è il movimento letterario considerato diretto precursore dello Sturm und Drang. Il
termine fu coniato da A. Schlegel durante una lezione universitaria di inizio 800’. “Impeto e Tempesta” è
solo un tentativo di descriverlo e tradurlo. Il nome deriva da un dramma di Klinger del 1777. Viene
considerato da molti “Una fase confusa ma generosa di Scapigliatura giovanile”. I contemporanei parlavano
di “Genieperiode”, il genio individuale che avrebbe poi anticipato il romanticismo.

I precursori e menti fertili sono: Hamann, Lavater e Herder, che con i loro trattati impostano la critica
letteraria.
I poeti e autori veri e propri sono: Goethe, Lenz, Merck, Klinger, Leisewitz, Mueller, Wagner, Gestenberg,
Heinse e Buerger.

C’è una singola opera di Schiller da annoverare: “I Masnadieri”.

 Hamann (“frammenti significativi Socratici per la noia del pubblico amante del tempo libero”) 1759.
 Herder (“Sulla nuova letteratura tedesca, frammenti” e “Diario del mio viaggio”) 1767/1769.
 Goethe (“Zum Shakespeare Geburstag”) 1771.
 Volume collettivo (“Dei modi dell’arte tedesca, frammenti”) 1773.
 Contributi di vari autori che danno l’idea degli interessi dello Sturm und Drang ad esempio quelli di
Moeser che scriverà la prima storia della Germania e che viene considerato come manifesto dello
Sturm und Drang.

CARATTERISTICHE PRINCIPALI DELLO STURM UND DRANG:

 L’Età giovane degli aderenti, convinti di poter dare un contributo contro la tradizione in senso
rivoluzionario.
 Polemica contro l’illuminismo come tradizionale, è puro pragmatismo senza slancio alcuno. Ricerca
della natura per riscoprire l’interezza.
 Accento sui sentimenti, le passioni, gli affetti: il cuore viene visto come centro dell’essere umano,
con tendenze a lasciarsi andare alle passioni.
 Polemica contro la religiosità, vista come pura abitudine, senza intima convenzione e critica alle
chiese come sostegni dell’assolutismo. Se ne criticano le ingerenze e si coglie sensibilità verso i
poveri o gli infelici, si studiano le malattie mentali, si sviluppa il tema dell’infanticidio, che serve a
dimostrare compassione per le madri che uccidono figli illegittimi per non esporsi alla vergogna e
alle pene.

TEMI DELLO STURM UND DRANG:

 “Uomo naturale” contro “Uomo acculturato”. C’è lotta e fermento per la libertà politica, si va
contro la società esistente, protendendo verso la partecipazione politica; si richiede libertà
dell’amore individuale, che viene contrapposto al sistema classista. Si è contro il matrimonio per
convenzione sociale ed economica. Si lotta per una religione naturale e per un ordine morale del
mondo, non tanto per il gusto di sconvolgere e rivoluzionare ma per vivere la vita in modo più
intenso e libero.
 Si sviluppa un’idea di natura non più come oggetto di studio, ne maestosa o da approfondire, ma
diventa ambito di vita lontano dalla civiltà, un luogo di rifugio. Non è tuttavia vista come idilliaca
ma ad ogni modo importante. Sottostà piuttosto, alla visione Panteistica del “Vivere la natura e
coglierne l’affetto divino”.
 L’artista si sviluppa qui come Genio, anche se si parla più propriamente di “Kraftgenie”, un genio
dotato di originalità e inventiva. L’artista è considerato come “voce della natura, la legge naturale
viene interpretata quasi come se l’artista fosse un eletto”. Massimo genio in tal senso viene
considerato, a parere unanime dagli autori dello Sturm und Drang, Shakespeare, in quanto
realizzazione di un artista immerso nella totalità.
 La poesia nata dalla cultura popolare: “Volkslieder”. Secondo questa, appunto, si differenziano le
poetiche di ogni popolo. Si dissolve la poetica dell’illuminismo, si scardinano le regole degli antichi
che davano precise indicazioni al poeta.
 Come genere si predilige il dramma e la poesia, che imprimono mutamenti intimi, perdendo quindi
il loro uso solitamente celebrativo. Si tende a privilegiare un metro di origine germanica come il
“Knuettelvers”, irregolare e allitterato, di origine medievale. Nel dramma la borghesia non è più
plateale ma si continua a rompere le regole. Sia Schiller che Lenz provano a individuare forme
diverse per nuovi contenuti.
 Lo Sturm und Drang vede un atteggiamento verso la prosa più aperto. Schiller ad esempio verso
fine secolo, parlerà del romanziere come un fratellastro del poeta, per poi contraddirsi scrivendo
romanzi. Ma il Werther affermerà definitivamente il romanzo, costituendo l’eccezione che
conferma la regola. A detta di Lukacs il Werther rappresenta appieno “la moderna epopea
borghese”.

MOTIVI LETTERARI DELLO STURM UND DRANG:

 Kraftgenie/Kraftkerl/Selbsthaelfer: una persona che decide da sola, un “Self – made man”, viene
proposto con “Gaelz von Berlichingen” di Goethe.
 Polemica contro il piccolo borghese, visto come colui che si accontenta.
 Parricidio come simbolo di lotta all’autorità.

In generale la linea della sostituzione della vita pubblica a quella privata persevera. L’idea non è più quella
di costruire opere volte al bello, quanto a mirare alle caratteristiche particolari, ai tratti unici, talvolta anche
esaltando il brutto, tutto coordinato a una moderna soggettività che colmerà con la rivoluzione francese e il
romanticismo.
Johann Gottfried Herder

Autore di difficile collocazione, dispiega la sua attività in vari ambiti. Proviene dalla Prussia orientale. Studia
medicina e Teologia protestante e si mantiene con borse di studio e lezioni private. Nel 1769 pubblica il
Diario del suo viaggio, da Riga fino a Parigi e poi a Strasburgo, dove incontra Goethe e gli altri. Con Goethe
nei colloqui elabora nuove idee. Nel 1777 anche Herder è a Weimar e intrattiene rapporti proficui con
Goethe. Nel 1788 accompagna la mamma del Duca di Weimar in Italia, ma a differenza del viaggio di
Goethe nel bel paese, il suo non è indipendente. Si considera un intellettuale libero e originale e muore a
59 anni.

“Il diario del 69” dimostra tutte le novità dello Sturm Und Drang:

 Herder si pone come osservatore su una nave, da un punto di vista mobile, senza criteri di
valutazione, ponendosi come osservatore dalla mente libera nel porsi con la realtà circostante,
cogliendo il mondo in senso empirico e valutare l’uomo per la sua realtà storica. Il rapporto tra
uomo e natura inclinato dalla mediazione storica.
 Herder ha fiducia nelle capacità individuali, contro le tradizioni ed esalta i giovani.
 Critica il sistema scolastico perché impedisce al genio originale di esprimersi. È grande sostenitore
del bistico artista – genio.
 Rivaluta il Nord Europa come culla della civiltà germanica.
 Per distinguere i vari caratteri nazionali si distinguono gli elementi culturali dei vari popoli, grazie
alla ricerca sulla poesia popolare. Ogni uomo ha in se la poesia, che la differenzia da uomo a uomo
e da popolo a popolo.
 Herder sviluppa uno schema storico diverso dalla Storia precedente, sul modello biologico degli
esseri viventi, distinguendo varie fasi:
o Età fanciullesca: Antico Egitto e Fenici.
o Età giovanile: Grecia Antica.
o Età Matura: Roma e il suo impero, a testimonianza di sintomi di degenero e perversione.
Nel presente invece vede un nuovo inizio che si delinea come modello tedesco, verso un’idea di
unità nazionale, di catarsi nazionalistica.
 Interesse per il linguaggio, intendeva la poesia come linguaggio del cuore e il suo è stato il primo
saggio linguistico: “Trattato sull’origine della lingua” del 1770.
Jakob Michael Reinhold Lenz: Il precettore, ovvero i vantaggi di un’educazione privata.

Autore della Prussia Orientale. Studia teologia per seguire le orme del apdre, ma è più interessato alla
letteratura e parte per diventare precettore. Conosce una certa umiliazione nelle famiglie dove va a
lavorare. Lenz incontra Goethe a Strasburgo e fin dal loro incontro si legano in un rapporto strano, in
quanto da un lato invidia e dall’altro ammira Goethe: per la sua sicurezza economica e per il modello
rappresentativo. A lui procura dispiacere che la sua opera “il precettore” venga considerata scritta dalla
mano di Goethe. Più tardi va a Weimar a cercare fortuna e in seguito ad un incidente viene cacciato da
Weimar e ciò porterà a segni di squilibrio. Viene portato dal padre, ma le sue condizioni peggiorano.
L’autore, ovvero Jakob Lenz, nasce nell’odierna Lettonia, regno di Caterina I. figlio di pastore protestante,
frequenta scuole in Estonia. Studia teologia a Konigsberg. Comincia ben presto a dedicarsi alla poesia. A
venti anni interrompe gli studi e pratica la professione di precettore presso la famiglia von Kleist. Si reca a
Strasburgo, in quanto precettore e lì incontrerà Goethe. A Strasburgo scriverà il suo primo dramma, lo farà
leggere a Goethe in quanto suo mentore. Cerca lavoro ma ha difficoltà finanziarie. Nel 1776 – 77 comincia
ad ammalarsi mentalmente, presumibile schizofrenia. Ripara in Alsazia, presso la famiglia della sorella di
Goethe. Nel 1779 torna dal padre, ma la sua situazione è insostenibile. Nel 1780 si reca in Russia dove cerca
lavoro presso la corte di Caterina. Si perderanno le sue tracce ma nel 1792 viene trovato morto in strada, a
Mosca.

Opera del 1774, parla dell’atteggiamento dei giovani al loro tempo e porta il sottotitolo di “commedia”.

Il dramma del precettore viene prima erroneamente attribuito a Goethe. È la sua prima opera vera e
propria: viene esaltato per il carattere innovativo e sperimentale. Viene chiamato dai critici
“Originalschauspiel” in senso di innovazione. Il titolo esprime una bipartizione, come per i due titoli e allude
appunto all’ironia che permea in tutto il corpus del testo. Il genere è incerto: un dramma dal sottotitolo
“commedia”. Secondo lui la commedia si atteneva all’evento, il dramma ai personaggi invece. Oggi l’opera
è la “prima tragicommedia” della letteratura tedesca.

Il tempo è contemporaneo dell’epoca, gli eventi e nomi sono in parte riconoscibili: la guerra russo – turca
(1768 – 74), che viene descritta come una novità.

I luoghi sono sia reali che fittizi (Insterburg, Koenigsberg, Lipsia, Helle) e Hedelburg (quest’ultima è fittizia
ed è il paesino dove è collocata la casa di Vencheslao). Il tempo dei viaggi è distorto, se ne parla come se
avvenisse in poco tempo. In ogni caso non si osservano le regole Aristoteliche e ci sono dei nomi parlanti.

I temi:

 L’istruzione. Il secolo critico richiedeva Istruzione in funzione della critica. Lenz lavora come
precettore quindi conosce tutte le problematiche annesse. Ci sono due nuclei familiari (Von Berg e
quello del maggiore) e due nuclei tematici. Gustien ha un fratello per il cui viene chiamato a servizio
un precettore, da questo momento in poi, secondo gli sviluppi della trama, si innescherà una tresca
che sfocierà in una gravidanza. L’azione si svolge: 1) In casa del maggiore (quella del consigliere è
sullo sfondo). 2) Nella campagna di Vencheslao. 3) A Halle e Lipsia (circoli studenteschi).
 La famiglia borghese. Le interazioni, i contesti, fanno trapelare che la questione di fondo è la
questione di fondo è la configurazione della famiglia stessa. Ci sono solo due generazioni. C’è un
rapporto ben architettato tra genitori e figli ma soprattutto tra padre e figlio, che è spesso
difficoltoso, o comunque un rapporto problematico tra le generazioni la famiglia del maggiore si
basa sulle regole Edipiche di un rapporto di amore tra padre e figlia e madre e figlio.
 L’educazione privata vs educazione pubblica. È il tema portante del titolo. Nella seconda metà del
secolo escono i manuali per i precettori. Ma ci sono anche critiche contro l’insegnamento privato,
che viene considerato dannoso. Particolare attenzione sarà posta all’istruzione dei sovrani su come
dover insegnare effettivamente: “Fuersturriehung”. Nell’opera di Lenz si aprono vari dibattiti tra
educazione pubblica e privata tra i personaggi:
o Pastore -> Privata.
o Consigliere -> Teorico dell’educazione pubblica.
A tal proposito è da ricordare il colloquio tra pastore e consigliere: Il consigliere dice che i precettori
non sono preparati, mancano di nozioni e di metodo, quindi sono superficiali. Emergono gli aspetti
negativi del lavoro privato. Il pastore invece, difende il precettore, che è debole e subordinato al
lavoro, incline all’autocommiserazione. Wencheslao è un maestro di campagna che si è adattato a
una famiglia e vita nucleica. Socialmente misero, non può sposarsi. Si consola col fumo ma tutto
sommato è contento, non chiede altro che potersi mantenere in equilibrio. Difende la sua sfera
privata e non risponde alla violenza del conte. Non interessa a lui insegnare intellettualmente, mira
a un ordine esteriore, saper scrivere, non senza però formare le identità altrui. Fritz invece è un
universitario poco interessato.
 Gestione della sensualità: il tema della “seduzione” e della sensualità giovanile. Oltre a Lauffer e
Gutschen ci sono i casi di Suffenblase e Patus con Miss Rehaar. Il gesto dell’autoevirazione di
Lauffer riflette un’inconciliabilità tra impartizioni religiose e senso istintivo.
 Il figlio illegittimo di Gutschen: quest’ultima vive la perdita d’amore come una disgrazia e reagisce
in modo scoordinato, scappando di casa. C’è una incongruenza nella gravidanza, sui tempi
precisamente. Altrettanto teatrale e poco realistico è il tentativo di suicidio. Viene salvata e c’è
l’idillio finale. L’idillio finale è costituito da un tableau, un ritratto ricomposto nei conflitti e le
disparità, quasi dall’effetto comico. C’è quasi un aspetto satirico che aumenta la necessità di
riflessione, data l’inconciliabilità delle famiglie in origine e l’idillio finale.
 La famiglia fallisce clamorosamente e di conseguenza lo stendardo della pedagogia tedesca del
settecento è fallito.
 La vincita al lotto (il caso) mette in risalto l’ironia e assume la funzione del destino dai drammi greci
e tradizionalisti.
 L’evirazione rappresenta l’incapacità della mediazione personale e la fuga dalle proprie
responsabilità.
 Il rifiuto Aristotelico non punta sulla catarsi ma accentua il senso del ridicolo.
 Sotto ogni assetto pedagogico, sminuisce i personaggi borghesi. Non offre soluzioni ma pone
problemi: pluralità e totalità fanno emergere la disperazione nella realtà, la frammentarietà nella
forma, che corrisponde a un’opera incompiuta.

Gli illuministi erano scettici nei riguardi dell’opera mentre lo Sturm und Drang la acclamava. Veniva vista
come una brutta copia di Goethe. I romantici lo riscoprono mentre la critica ottocentesca stigmatizza, nel
segno del classicismo di Goethe, la sua mancanza di unità interiore. Viene riscoperto a fine 800 dai
Naturalisti e dalle avanguardie novecentesche.

Teoria del Romanzo

Il Romanzo all’epoca era considerato come destinato ai ceti bassi. Esso manca nella Poetica di Aristotele e
di Orazio, pertanto non è inserito nella poetica narrativa. Aristotele parla di Epopea (tuttavia sempre in
versi). Alcuni testi vengono classificati come romani antichi, conservati in forme diverse tra di loro, ma sono
solo di prova. Il romanzo pertanto, pone vari problemi di ordine filologico.
Nel medioevo comincia a circolare il nome “romanzo”, con la stessa accezione del termine “romanticismo”.
Si diffondono le “Chanson di gente” e i cicli medioevali; Carolingio, Bretone (Materie di Bretagna alias la
poesia contemporanea sulla Shoah di Paul Celan) e ciclo classico (la vita di grandi eroi storico – leggendari;
Alessandro Magno, Romanzo di Tebe ed Eneide). Queste prime rappresentazioni danno materia prima ai
romanzi cortesi. Ci sono anche delle riscoperte su romanzi cavallereschi. La materia cortese è più vicina al
romanzo vero e proprio. In tedesco abbiamo Wolfgang von Eschenbach con Parsival ( attorno al 1210)
come romanzo in versi ma più famoso per la versione ottocentesca per il palcoscenico di Richard Wagner
del 1882. Il romanzo era tacciato di difetti per l’assenza di versi, era privo di legame lirico (gebrunden
Sprache). Per Schiller poi il romanzo “sarà il fratellastro della poesia” e Hoelderlin premette una
giustificazione al suo “Iperione”.

In Germania il precursore è Grimmelsbaumen (fine 600’). Ci sono prodizioni e interventi già nel 600 – 700’
di tipo:

 Romanzo Picaresco, che prevede una visione del mondo dal basso.
 Romanzo Comico, di provenienza Francese.
 Romanzo Bucolico, che si diffuse rapidamente in Europa.

Il primo trattato sul romanzo è di Pierre – Daniel Huét (1670), che riconosce la necessità del genere, in
modo realistico. Sostiene la presenza di aggiornamento culturale, che non bisogna stimare quei periodi visti
dalla prospettiva del romanzo, stimolando bensì attraverso il romanzo stesso la fantasia umana. Anche la
bibbie secondo questo racconta storie romanzate. Ci sono potenzialità didattiche all’interno del romanzo
per lui: se le storie sono mosse dallo spirito cristiano possono condurre l’uomo sulla giusta via e se ben
congeniato può accrescere la propria cultura.

Heiddeger invece nel “Discorso sui cosiddetti romanzi”, nel 1698 si riferisce ai romanzi barocchi e condanna
il romanzo in tal senso, in quanto finzione, poiché distrae l’uomo dal suo compito principale, ossia la ricerca
della verità. Insiste sul fatto che la finzione racconta menzogne, la fantasia fa cercare all’uomo ciò che
all’atto pratico non può ottenere. Suscita sentimenti e passioni pericolose e destabilizzanti, specie nei
giovani e nelle donne.

All’inizio del 700’ il romanzo è di matrice Inglese, a metà del 700’ i francesi si impossessano del primato,
mentre nella seconda metà il romanzo ebbe un vero e proprio exploit:

 1740: 10 romanzi all’anno.


 1750: 100 romanzi all’anno.
 1785: oltre 300 romanzi all’anno.

Tra il 1773 e il 1787 si stimavano tra i 3000 e i 6000 autori professionisti che lavoravano alla confezione di
romanzi, esattamente come nelle fabbriche.

Il primo trattato del 1774 (anno in cui viene pubblicato il Werther) in lingua tedesca è di un dilettante
aristocratico, un tale Von Blankemberg. Si riferisce all’ “Empfindsamkeit” senza conoscere il Werther. I suoi
modelli sono Fielding, Sterne, Richardson e Wieland, tentando di stabilire criteri stabili e utili di definizione
del romanzo e dare una guida ad ampio respiro ai futuri romanzieri. Trattasi di un genere autonomo,
diverso dall’epopea, anche di carattere “misto”, formato nel confronto col mondo empirico, esterno, quasi
come se fosse una “Bildung”, un divenire, una formazione. Chiede coerenza strutturale e di contenuto. La
trama principale ha episodi anche subordinati, di contro al romanzo Barocco. Distingue un trama esterna
dall’intreccio interno e chiede coerenza tra loro. Prevede caratteri a tutto tondo, richiama le sensazioni, le
passioni per ricrea il senso di naturalità. Richiede soggetti tipicamente tedeschi (Werther è il primo
“Originalroman”). Propone maggior apertura all’estetica (anziché verso la poetica normativa), va verso la
teoria dell’illusione (anziché teoria dell’imitazione). Valorizza il contributo del poeta alla formazione
dell’uomo borghese.

La redazione del trattato è stata ambivalente, giacché quando il Werther vide la luce fu considerato
anacronistico, nonostante la sua validità didascalica per il romanzo moderno.

Friedrich Schiller

Figlio di un ufficiale dell'esercito, studia legge e medicina per poi entrare al servizio del duca del
Württemberg. Il suo esordio come autore teatrale avviene nel 1782 al teatro nazionale di Mannheim con la
fortunata rappresentazione della tragedia "I masnadieri" (pubblicata l'anno prima). L'opera mette in scena
le avventure di un fuorilegge idealista in rivolta contro una società ingiusta e crudele. Schiller si allontana
senza autorizzazione dal ducato in occasione della rappresentazione e conseguentemente viene arrestato:
gli viene inoltre vietato di comporre altri drammi di spirito sovversivo. Evade dalla prigione e per tutto il
decennio seguente vive clandestinamente in varie città tedesche, spostandosi da Mannheim e Lipsia fino a
Dresda e Weimar. Le opere giovanili di Schiller sono caratterizzate da un forte accento posto sulla libertà
dell'individuo e da un importante vigore drammatico: per questi temi sono collocate nella cornice dello
"Sturm und Drang". Per intercessione di Goethe nel 1789 gli viene affidata la cattedra di Storia e Filosofia di
Jena. Pochi anni dopo inizia uno studio approfondito di Kant e dell'estetica. Nel 1793 Schiller scrive la
"Storia della guerra dei Trent'anni". Inizia poi la grande stagione dei capolavori di Schiller: nel 1800 scrive
"Maria Stuarda”.La sua prolifica attività letteraria viene interrotta dalla tubercolosi, che condurrà Friedrich
Schiller alla morte, avvenuta nel 1805 a Weimar.

Di Schiller, Nietzsche avrà modo di dire: "Schiller, come altri artisti tedeschi, credeva che, avendo spirito, si
potesse anche improvvisare con la penna su ogni sorta di argomenti difficili. Ed ecco che i suoi saggi in
prosa - sotto ogni riguardo un modello di come non si debbono affrontare questioni scientifiche di estetica
e di morale - e un pericolo per lettori giovani i quali, nella loro ammirazione per il poeta Schiller, non hanno
il coraggio di pensar male dello Schiller pensatore e scrittore".

La maturità filosofica di Schiller si inaugura promuovendo l’unità armonica tra natura e spirito, in
opposizione alla concezione kantiana di una ragione contrapposta all’istinto. In particolare Schiller
introduce la dottrina dell’anima bella, nella quale trionfa la dignità della legge senza che ciò vada a scapito
della grazia, ossia dello sviluppo armonico e organico di ogni facoltà dell’uomo. La dottrina dell’anima bella
riceverà successivamente una forte critica da parte di Hegel, il quale scorgerà in essa l’atteggiamento di
coloro che, per timore di venire macchiati dalle azioni, piuttosto si rinchiudono nella soggettività.

Il tema dell’unità fra natura e spirito trova in Schiller la sua migliore espressione nelle Lettere
sull’educazione estetica (1793-1795), opera in cui viene sostenuta la doppia natura dell’uomo: quella di
uomo fisico, da cui deriva l’istinto sensibile che lega alla materia e al tempo; e quella di uomo morale, da
cui deriva l’istinto razionale, ovvero la tendenza all’affermazione della propria libertà. Tuttavia secondo
Schiller nessuno di questi due istinti deve venir sacrificato, poiché se si sacrificasse quello razionale non
potrebbe esserci un “io” e l’uomo rimarrebbe disperso nella materia e nel tempo; allo stesso modo se si
sacrificasse l’istinto sensibile (come vorrebbe il rigorismo kantiano) l’uomo diverrebbe pura forma senza
realtà. Occorre dunque conciliare i due istinti in modo che uno limiti l’altro e dar luogo all’istinto del giuoco,
che porta la forma nella materia e la realtà nella forma razionale.
A questo punto della sua riflessione, Schiller unisce etica ed estetica attraverso il concetto della bellezza:
infatti è attraverso quest’ultima che la natura umana trova la sua completa attuazione nel mondo.
Attraverso l’azione della bellezza l’uomo sensibile è guidato alla forma e al pensiero e l’uomo spirituale è,
invece, riportato alla materia. Inoltre, la presenza di questi due istinti è ciò che permette la libertà, intesa
come uno stato di indeterminazione nel quale l’uomo non si trova costretto né fisicamente né moralmente.
Difatti finché l’uomo è sottoposto all’istinto sensibile non può essere libero, ma lo diventa solo nel
momento in cui, affermandosi anche l’altro istinto, si giunge a una condizione di opposizione tra i due.
Pertanto, il problema inerente il raggiungimento della formazione integrale della personalità umana, potrà
essere risolto solamente con un’educazione estetica che permetta all’uomo di separarsi dal mondo e,
attraverso il gioco, di sviluppare la tendenza ad agire in modo libero secondo le leggi.

In un altro scritto fondamentale, Sulla poesia ingenua e sentimentale, l’autore distingue tra poesia ingenua
e poesia sentimentale, dove con la prima si intende lo stato primitivo di armonia tra l’uomo e la natura,e
con la seconda la moderna condizione della ricerca dell’armonia perduta come ideale irraggiungibile.

I Masnadieri

I masnadieri (in tedesco, Die Räuber ) è un dramma in cinque atti di Friedrich Schiller, che esordisce sulle
scene con questo testo. Rappresentata nel 1782 a Mannheim, fu un successo clamoroso: si racconta che
durante la rappresentazione alcune signore siano svenute dall'emozione e che gli spettatori si siano
abbracciati perché coinvolti emotivamente dall'azione.

L'azione si svolge in Germania, tra il castello di Franconia e la Selva Boema, e dura circa due anni.

Le prime scene sono quelle che presentano i personaggi: al castello il vecchio Moor, il fratello malvagio
Franz e l'amata Amalia (si potrebbe dire da entrambi i fratelli, ma Franz vuole solo servirsene). Si può
supporre che la contea dei Moor non sia molto grande visto che non ci sono ministri o cortigiani ma
solamente pochi servi. Franz rivela subito le sue mire malefiche: è intenzionato infatti a diventare signore
ad ogni costo, prendendosi con la forza i diritti che la natura (e non Dio, non è credente, solo in punto di
morte si ricrederà), essendo egli secondogenito, gli ha negato («Perché non sono sgattaiolato per primo
fuori dal ventre di mia madre?» «Come se per foggiar me non avesse disposto di più che d'un avanzo”). Fa
credere perciò a suo padre, scrivendo delle finte lettere, che Karl abbia disonorato il nome di famiglia; il
vecchio Moor si lascia convincere che sia meglio non perdonare subito Karl, ma lasciare che sia lui a tornare
a casa. Franz scrive invece al fratello che il perdono non potrà mai averlo. La seconda scena ci presenta la
combriccola di giovani dalle idee rivoluzionarie che decidono di diventare masnadieri. Nonostante
quest'idea venga da Spiegelberg, tutti approvano come capo Karl Moor. Spiegelberg dimostrerà comunque
di non avere la stoffa dell'eroe di fronte all'azione e serberà rancore contro Karl, per questo verrà ucciso (da
Schweizer). Al castello proseguono i piani di Franz: egli non riesce a sedurre Amalia, ma riesce invece a
convincere un servo (Hermann) a presentarsi al vecchio Moor travestito, e a portare notizia della finta
morte di Karl. Sembra che il dolore per la perdita del figlio tolga definitivamente le ultime forze al vecchio
Moor e Amalia lo vede spirare. Il servo però cede alla sua coscienza e rivela ad Amalia che sia Karl che il
vecchio Moor (suo zio) sono ancora vivi. Franz ha infatti fatto rinchiudere suo padre nella torre con
l'intenzione di lasciarvelo a morire. Nella Selva Boema intanto i masnadieri gioiscono per essere riusciti a
salvare Roller dal patibolo (come diversivo fanno saltare in aria la polveriera della città, portando numerose
vittime; Schufterle viene cacciato da Karl perché non si accorge che Roller è stato salvato a caro prezzo). Nel
frattempo Karl è riuscito a far accerchiare il gruppo per provare il valore dei suoi compagni. I soldati
mandano avanti per le trattative un frate che non risolve però nulla. Combattono e i masnadieri vincono.
Alla banda si aggiunge Kosinsky, un giovane sventurato con vicende simili a quelle di Karl: anche lui è
nobile, ma non può governare il suo feudo, anche la sua amata si chiama Amalia e gli è stata portata via.
Con l'aiuto di Kosinsky, Karl entra al castello sotto falsa identità e scopre che Amalia l'ama ancora, ma
anche che suo padre è morto. Franz riconosce però i tratti del fratello e costringe un servo (Daniel) ad
avvelenarlo; anche questi però ha riconosciuto Karl e invece di avvelenarlo passa dalla sua parte. Nel
frattempo Schweizer ha ucciso Spiegelberg perché tramava contro Karl. Questi tormentato e senza
speranza è sul punto di uccidersi, ma non lo fa perché non vuole che la sfortuna prenda il sopravvento su di
lui. A questo punto avviene uno dei grandi colpi di scena: Karl scopre che suo padre non è morto, ma è
stato rinchiuso dal fratello in una torre ed è vivo solo perché un servo ha avuto pietà di lui portandogli dei
pasti. Karl vuole la vendetta e manda i suoi compagni a prendere vivo il fratello. Nel frattempo Franz sente
che la sua fine è vicina e dopo un incubo sul giudizio finale, manda a chiamare il pastore. Questi è certo che
sul punto di morte anche lui invocherà la grazia di Dio ma Franz non vuole assolutamente dargli ragione. A
sconvolgerlo maggiormente è però sapere che secondo il pastore i due peccati più gravi sono il fratricidio e
il parricidio: è talmente terrorizzato e adirato che caccia il prete. Intanto i masnadieri danno fuoco al
castello e Franz in preda al panico si inginocchia e prega; infine sul punto di essere catturato si strozza con
la corda del cappello. Schweizer a sua volta si uccide perché non riesce a portare Franz vivo al suo capitano.
Grazie al suicidio di Franz, Karl non si macchia di sangue fraterno. Fuori dal castello intanto Karl parla col
padre ottenendo una semi-benedizione (il vecchio Moor non sa che quello è suo figlio, non lo benedice
completamente perché vuole uccidere Franz “E tu, che hai salvato il padre, vorresti distruggere il figlio?…Sii
felice quanto sarai misericordioso!”). Avviene quindi il dramma finale: giunta Amalia, il vecchio Moor
scopre che quello è il suo Karl ma che è anche il capo dei masnadieri e non sopravvive al colpo. Karl in un
primo momento sembra rifiutare l'amore di Amalia perché crede di averla resa infelice. Quando i due si
sono chiariti e ritrovati però, intervengono i masnadieri (non i suoi fedeli) che, richiamandosi al giuramento
di fedeltà del loro capitano, costringono gli amanti a separarsi. Amalia, che non riuscirebbe a sopportare di
essere nuovamente abbandonata, chiede di essere uccisa. Karl si rifiuta ma è costretto a trafiggerla quando
vede che comunque l'avrebbe fatto un altro bandito. Compiuto questo gesto le forze di Karl cadono nella
miseria e, come se gli cadessero le bende dagli occhi, vede improvvisamente la realtà: non si può “sognare
di liberare il mondo, commettendo atrocità” poiché questo “scardinerebbe dalle basi tutto l'edificio del
vivere civile”. Ciò che gli viene in mente per riscattarsi agli occhi di Dio, cui solo spetta la vendetta, è
mettersi nelle sue mani vivo: si consegna quindi ad un bracciante con molti figli che potrà riscuotere la sua
taglia. Karl compie questo atto per staccarsi dai suoi compagni malvagi.

Franz è l’antagonista di Karl, entrambi sono fratelli gemelli omozigoti. Si usa la stessa metafora per
entrambi: “passo della lumaca”, per far capire che entrambi agiscono ma in modo contrapposto. Franz è un
manipolatore dalle crisi di coscienza frequenti, fa un sogno premonitore che lo destabilizza e decide di
impiccarsi. Sullo sfondo ci sono due teorie del sonno:

 I sogni vengono dalla pancia piena.


 I sogni vengono mandati da Dio e sono avvertimenti, ammonizioni.

I piani di Franz funzionano solo in assenza di Karl. Amalia resiste fino alla fine alle lusinghe di Franz. Il
suicidio di quest’ultimo non desta scalpore come nel Werther. La prospettiva del suicidio in tal caso rende
ancora più meschino e vile Franz.
Il parricidio in tal caso è un’estremizzazione della parabola del figliol prodigo (titolo originale dei
Masnadieri) dove il ribelle si allontana ma ritorna per risanare il conflitto col padre. C’è una rivalità tra i due
fratelli che rimanda al conflitto biblico di Caino e Abele, ma con risvolti paradossali:

 Franz usurpa il trono paterno e tenta di ucciderlo senza successo.


 Karl che vuole effettivamente ritornare nel suo nucleo familiare ma finisce con uccidere il padre.

Karl è perso nel vortice della violenza gratuita e si è macchiato di vari crimini, ha ignorato ogni regola etica,
affacciandosi al vuoto abissale e mettendo a rischio la convivenza sociale e solo in extremis riconosce la sua
pericolosa attività demolitrice.

Amalia è debole, poco elaborata a livello caratteriale, possiede poco spazio nell’opera che è dedita tutta
all’azione. Non ha una sua centralità. Schiller ammetterà che la figura femminile no assume carattere
plastico.

Schiller, in conclusione, era consapevole delle difficoltà che avrebbe creato una messa in scena del
dramma, date le scene di cruenza e incendio, perciò le racconta in terza persona, per eludere il giudizio
della critica.

“I Masnadieri” è un dramma di riflessione al cospetto dell’agitazione richiamata costantemente. Il finale è


ambivalente: Karl riafferma un ordine preesistente che aveva precedentemente contestato. La resa di Karla
oggi ci appare insolita, ma ai contemporanei dell’epoca sembrava avere il suo senso. La virtù vittoriosa è
l’espressione consapevole di Karl, un’accettazione delle proprie responsabilità e del fatto che da solo non si
sarebbe riuscito a rivoluzionare nulla, bensì solo a creare del caos. È molto auto diretto e autocritico.
Consegnandosi alle autorità egli condanna anche il suo individualismo.

Per Esempio, Lenz, nei suoi “Soldaten” è preciso, circostanziato, differente dalla bozza esterna di Schiller.

Maria Stuarda

Il contesto storico è quello del 1500 Inglese e Scozzese. La vicenda è sita nei conflitti europei seguenti la
riforma protestante del 1517, tra riformatori e cattolici. La situazione è segnata dalle maniere dei cattolici
contro i protestanti che hanno i loro seguaci nei paesi nordici: Olanda, Svizzera, Germania e in genere in
tutta la penisola Scandinava. Più precisamente però, a farla da padrona, è il conflitto tra i cattolici Scozzesi e
gli Anglicani. La Chiesa Anglicana viene proclamata nel 1531 e il parlamento la approva nel 1534.
Contemporaneamente la Scozia e la Francia si alleano contro l’Inghilterra. Gli inglesi hanno difficoltà ad
opporre distanze agli scozzesi. Il 500’ è estremamente travagliato, con una successione al trono che si
presenta complicata: Elisabetta, figlia di Enrico VIII e di Tudor Scozzese, sarà chiamata Bastarda dalla cugina
e non accetterà l’offesa. Maria la Sanguinaria vuole ricattolicizzare l’Inghilterra” ed Elisabetta vi si opporrà.
Maria Stuart nel 1548 viene portata in Francia per essere educata al cattolicesimo, affiancata dal suo futuro
marito. Nel 1558 lei sposa l’erede al trono francese, pertanto lei si trova ad essere Regina di Francia. Il re di
Francia non riconosce i diritti al trono di Elisabetta. Nel 1560 il protestantesimo è Religione di Stato in
Scozia e viene istituita una Chiesa Nazionale su modello inglese. Elisabetta viene riconosciuta come sovrano
inglese. Un anno più tardi Maria Stuart torna in patria da regina e viene considerata un avversario politico
di Elisabetta, anche perché i cattolici scozzesi la considerano vera regina di Inghilterra e perché lei ha
discendenza legittima. Cattolici e protestanti quindi sono ancora in conflitto. Maria Stuart torna e sposa
Darly, un cugino e diventa anche lui un potenziale erede al trono scozzese. Nel 1566 viene assassinato il
favorito di Maria Stuart. Ha un figlio di non precisata origine. Lei si allea con i nobili contro l’Inghilterra e nel
1567 accade la stessa cosa a Darly.
Segue qui una vicenda poco chiara, viene sequestrata e dopo un presunto stupro sposa il suo aguzzino poco
dopo la morte violenta del marito. La nobiltà la costringe a fuggire e lei abdica in favore del figlio. Nel 1568
c’è una battaglia tra i suoi sostenitori e l’esercito. Lascia la Scozia e chiede asilo in Inghilterra ma verrà
messa in prigione per quasi 20 anni. Il duca di Norfolk viene giustiziato. Nel 1572 c’è una grande offensiva
del cattolicesimo europeo:

 La notte di San Bartolomeo, in Francia, con l’uccisione dell’aristocrazia protestante francese. Alcuni
borghesi scappano in Prussia. Quest’avvenimento costringe Elisabetta a restringere le libertà di
Maria.
 L’assassinio di Guglielmo D’Orange rende nel 1585 in opera le leggi su Maria. Nel 1586 Maria viene
condannata a morte, ma solo nel 1587 sarà decapitata.

Scritto nel 1799, dopo il “Don Carlos” è di rilevanza per la scelta del tema storico: sottolinea l’importanza
dell’oggetto storico in sé. Definisce la storia come un concetto sublime, il mondo altro non è che un
conflitto tra le forze della natura e sull’entità di tale lotta l’uomo riferisce la Storia. Nel 1800 c’è la prima
messa in opera a Weimar ma alcune osservazioni sulla religione spingono Schiller ad autocensurarsi.
Schiller inventa persone e circostanze ex novo, come lo scontro tra le due regine.

Gli aspetti formali sono:

 L’elenco dei personaggi è tradizionale, il rango superiore viene messo al primo posto e così via in
discendenza.
 La perfetta simmetria nella costruzione dell’opera.
 L’unità di luogo non è rispettata.
 Il tempo è quasi Aristotelico: tutta la vicenda è concentrata negli ultimi giorni prima dell’esecuzione
e nell’immediato post.
 L’ex regina della Scozia, coi suoi stati d’animo che fanno da padrona, i suoi vacui interrogativi sul
futuro.

Ci sono pochi margini di elaborazione letteraria ma la questione della legittimità dei poteri politici è un
tema fondamentale. Le due fazioni religiose e l’orrore per la morte di una regina alludono a temi
contemporanei. Altro tema calzante è il “diritto di decidere sulla morte altrui”. Schiller concepisce l’arte
come uno strumento di formazione borghese e come autore sente il dovere di aumentare la sensibilità del
singolo. Il cittadino deve affinare le sue capacità di giudizio morale attraverso l’arte. L’arte può dare spunto
motivazionale perché per natura abbatte i limiti, richiedendo un giudizio personale dello spettatore.
2 sono i filoni fondamentali:

 L’evoluzione di Maria, di fronte alla condanna.


 La dimensione di Elisabetta.

Maria è in prigione, ispira compassione. Rappresenta il cittadino (Schiller è protestante), è giovane, bella e
attraente, carismatica con gli uomini che sostengono la sua causa, è orgogliosa e non si arrende. Dopo lo
scontro con Elisabetta si sente bene, vive con piacere la vendetta e il trionfo. Risulta un po’ somigliante alla
contessa in “Emilia Galotti” di Lessing e possiede caratteristiche che distinguono la loro conversione. Il
dramma ripercorre il cammino interiore della protagonista, nella dimensione della colpa dell’assassino del
marito. Schiller crea un qui un motivo morale per cui si aderisca alla sentenza pronunciata. Lei sostiene di
non aver partecipato ai complotti ma accetta come atto di volontà la pena di morte (V,7). Acquisisce pace
interiore e diventa l’ “Anima Bella” del classicismo, espiando la sua colpa.

Elisabetta invece è protestante. Ha una vita da esteta. Governa come un uomo (II,1), ma tiene alla sua
femminilità, non ha affetti se non per esigenze dinastiche. Vuole conservare la sua libertà da nubile,
considerata la sua ricchezza più preziosa. Sente una sorta di invidia nei confronti di Maria perché lei sa
dimostrare amore. È contornata da cortigiani ma non sa decidere. Sembra avere una certa sensibilità verso
Maria e per certi versi non vuole essere coinvolta nella sua morte. Responsabilità in conflitto con necessita
fanno capire che Elisabetta è sottoposta al volere di Stato.

Mortimer è un giovane attratto da Maria. Per stare vicino a lei ha cambiato la sua confessione. Elisabetta gli
ordina di uccidere Maria, lui accetta per guadagnare tempo ma si rivelerà uno “Schwaermer”, una persona
incapace di controllare i suoi sentimenti e intenzioni e nel IV si suicida.

Lester ama Maria ma per opportunismo diventa amante di Elisabetta. Viene punito da Schiller facendolo
assistere all’esecuzione di Maria.

Burleigh da voce allo Stato. “Ihr Leben ist dein Toet, Ihr Toet dein Leben”.

Trolco cerca di differenziare, si appella al senso morale senza riuscirci.

Palet è un guardiano inflessibile e coscienzioso, fa il suo dovere ma per paura di Maria.

Le due regine si Incontrano/Scontrano casualmente, per permettere di trovare analogie e differenza nei
caratteri. C’è uno scontro umano, non politico. Maria chiede la grazia ma davanti all’appellativo di
“Sorella”, Elisabetta inorridisce perché si sente superiore, offendendola. Maria sbotta e lancia accuse
infamanti, chiamandola Bastarda. Pertanto non c’è più possibilità di riconciliazione.

Il finale: (V,6)

Maria viene presentata come una Sposa sacrificale, quasi a trasformare la morte in una cerimonia,
mettendo in mostra la sua libertà interiore. Elisabetta è stata influenzata a compiere un omicidio inutile.
Infatti nel finale si ritrova isolata, meditabonda e soprattutto sconfitta. Tuttavia Maria vince perché
moralmente superiore.

La morale è che l’esistenza politica e morale solo inconciliabili.


Sul Classicismo

Nel 1795 viene pubblicata la prima parte e nel 1796 per intero, dopo l’incontro di Rohe, Goethe e Schiller.
Si rifà a una discussione del suo tempo. Il testo nasce su scritti di Schiller riguardo l’estetica ovvero “Lettere
sull’educazione estetica dell’uomo che richiamano all’educazione del genere umano di Lessing”. C’è una
domanda di fondo sulla critica: “In che modo io, essendo distante dalla poesia greca, posso ancora essere
poeta, in una realtà segnata dal dominio della prosa?”.

Il tema portante è il conflitto tra natura e cultura: il mondo secondo gli artisti greci contro quello
architettato dei moderni. Schiller sostiene che il moderno prova nostalgia nei confronti di una natura ormai
persa. La cultura è uno stato distorto dell’uomo, consiste nell’allontanamento della spontaneità. Uno dei
punti focali è che l’uomo può esercitare tutto in modo illimitato, ma la cultura fa l’opposto e porta alla
limitazione. La natura provoca un piacere morale in tutti gli uomini, che appare come inganno ingenuo,
espresso nei bambini e nel genio artistico. Paradossalmente l’obiettivo è ritornare bambini. L’ingenuità è
espressione di questo stato esistenziale. Per Schiller, i due massimi geni sono Omero e Shakespeare.

Nel libro tratta:

1. L’ingenuo.
2. Poesia Satirica.
3. Poesia Elegiaca.
4. L’Idillio.

Schiller in qualche modo inquadra il suo discorso in tre tappe parastoriche:

1. Età dell’oro: Greci, paradiso perduto.


2. Letteratura Corrente: segnata dalla perdita della naturalezza, frammentario e confuso periodo.
3. Futuro: Speranza, superamento dei coflitti.

All’interno di questa realtà apparentemente negativa, l’arte riuscirà a trionfare. Si cerca di stabilire le
caratteristiche di questo poeta ingenuo. Il poeta sentimentale è invece questo malato che è consapevole
della perdita della genuinità. È colui che tenta di recuperare un rapporto con la natura.

Il criterio per valutare gli autori è quello dell’osservazione del superamento dei canoni in proiezione di un
futuro.

L’idillio assume un’importanza superiore, perché rimanda allo stato dell’infanzia.

Parlerà poi di realista e idealista: il primo è limitato, il secondo un visionario consapevole dei problemi posti
per una futura poesia (se può avere una vicinanza coi romantici).

Schiller si basa quindi fondamentalmente sulle “Idee innate” che l’uomo cela dentro di sé. Nel classicismo
l’arte non deve basarsi sulla mimesi e conta invece il recupero di valori perduti di natura greca. Nelle opere
di Schiller in generale viene mostrata la giustezza dell’ordine del mondo.
Sulla Poesia ingenua e sentimentale.

La riflessione in tal senso per Schiller non prescinde dalla ragione, ma distrugge il rapporto spontaneo
Uomo – Natura (che vi era in Grecia), quindi la ratio è colpevole di ciò. L’uomo non ascolta più la voce della
natura, solo i poeti ne sono custodi, o almeno dovrebbero e solo in pochi riescono, detti poeti ingenui,
paragonati a fanciulli. C’è chi invece è legato troppo alla ragione e può porsi nei confronti della natura solo
in modo nostalgico. Schiller attribuisce a Goethe l’appellativo “ingenuo” e a se stesso quello di “poeta
sentimentale”. Per Schiller il poeta moderno è sempre sentimentale, giacché esprime malinconia per la
perdita della natura e solo pochi ne fanno eccezione, ovvero i geni come Goethe.

Gli Dei della Grecia.

Ha 16 strofe di 8 versi, più precisamente sono stanze di 8 versi, tipica forma italiana, di cui Schiller
semplifica la forma. Il metro è trocheo, con l’accento all’inizio a creare un ritmo cadenzato, regolare, meno
abituale del giambo. Nella prima versione vi è una forma particolare (25 strofe: 2 volte 10 più 5 come i
sensi, a rappresentanza della totalità del mondo sensibile e dualità dell’essere: unicità e molteplicità). Il
numero di sedici strofe esprime il 4x4, elemento formale.

Il componimento fa parte delle “Poesie filosofiche”, con contenuto di riflessione e divisa in quattro parti:

 Introduzione (1 a 2)
 mondo intatto del passato e vita moderna (3 a 11)
 mondo moderno (12 a 15)
 finale (16).

Il titolo contiene un programma, in richiamo alla mitologia greca con accenni alla storia. C’è la presenza di
elementi compositi, di origini diverse.

INTRODUZIONE:

L’io lirico si rivolge agli dei in forma confidenziale “ich”. Il carattere elegiaco dell’esclamazione “ach” rievoca
un passato più felice; la congiunzione temporale “da” (quando) allude al passato. Nel verso 4 l’espressione
“terra favolosa” rappresenta una perdita subita. Nel verso 6 la geminazione equivale alla diversità. Gli
aggettivi presenti rendono un quadro bello e gratificante. La poesia allude alla verità, alla sfera divina.
Questo legame stretto tra poesia e verità porta all’affermazione della vita. Dunque lo scopo del poeta è
quello di fare in modo che il lettore possa accedere alla verità. La tesi di fondo è quella che stabilisce che
quando gli dei regnavano sulla Terra, questa era bella e dunque la poesia era il tramite per la verità, la
verità si serve della bellezza che viene utilizzata come traccia per il divino (verso 16) che è amore, ma anche
molteplicità e ricchezza di vita. Infine emerge la diversità del passato.

SECONDA PARTE:

Di contrapposizione al presente, si reca un elenco delle perdite, figurando il cambiamento di immagini del
mondo. La natura è animata dall’arrivo di Elio che sale con una palla di fuoco, si intensificano i rapporti tra
dei e umani. Si sottolinea il carattere triste e rimuginatario della religione moderna, con uno sguardo ampio
alla mitologia che offre molti spunti di riflessione e punti di vista per l’identificazione. La morte è
rappresentata come scheletro o genio, fratello del sommo. L’aldilà è rassicurante perché come sulla terra, è
visto come una prosecuzione di ciò che si è vissuto in Terra.
TERZA PARTE:

In questo punto i lamenti, le imprecazioni sono espressione della tristezza moderna. C’è mancanza della
viva presenza degli dei. La natura assume qui una visione inanimata perché è sottomessa alle “leggi della
natura”, sottoposta alla meccanicità dei concetti scientifici che badano solo all’utile. Quando la natura si fa
soggiogare dalle sue leggi, diventa indifferente a tutto. Il razionalismo non se ne fa niente delle
manifestazioni di gioia perché non hanno un’utilità immediata.

FINALE:

Ci sono considerazioni finali di spessore filosofico. Gli dei si ritrovano nei monti, la loro originaria dimora,
hanno preso tutto il bello, i colori e i sensi della vita dal mondo, spogliandolo. Gli dei si sono sottratti dal
tempo storico, salvi sulla vetta di Pinda, lontani dal mondo degli uomini orfani. Gli uomini possono solo
rimembrarli nella poesia, espressione statica e universale.

Concludendo si può dedurre che nel componimento prevalgono le parti dedicate al passato, il presente non
è vivo, appare morto e non offre materia sensibile. Nella prima versione del componimento appare un
attacco più forte al monoteismo cristiano, più levigato nella seconda. Il cristianesimo è di carattere severo e
vendicativo. Si è persa l’originaria unità tra tutti gli ambiti della vita, tra la natura animata dalla presenza
divina, il mondo umano e la sfera degli dei. Gli uomini hanno proiettato nel passato le speranze per un
futuro migliore. La ricerca di un essere unitario e della volontà di esprimere le capacità umane permane per
molto.

Johann Wolfgang von Goethe.

Biografia

Johann Wolfgang Goethe nasce a Francoforte Sul Meno il 28 agosto 1749 da un'agiata famiglia borghese di
un consigliere imperiale. Aiutato dalla madre, giovane e intelligente, mostrò genialità precoce, imparando
facilmente più lingue, e scrivendo prestissimo per il teatro delle marionette (dove poté conoscere, tra
l'altro, la popolare leggenda del dottor Faust). A sedici anni lasciò Francoforte per studiare legge a Lipsia.
Furono anni di intensa vita sociale e culturale; si interessò alla medicina, alle arti figurative e al disegno, e
cominciò a scrivere versi di tonalità anacreontica, libertina e scherzosa.

Alla rottura del breve idillio con Kathchen Schonkopf segui una fase di turbamento e agitazione; poi, col
ritorno a Francoforte (1768), una pericolosa malattia. In quel difficile periodo Goethe venne in contatto con
l'ambiente religioso dei pietisti, in particolare con Susanne von Klettenberg (alla quale si ispirerà nel
"Meister" per il personaggio dell'"anima bella"), e si diede a letture alchimistiche ed esoteriche. Nel 1770
Goethe si recò a Strasburgo per finire gli studi. Vi ebbe la rivelazione dell'arte gotica che, di Shakespeare e
di Ossian, soprattutto grazie all'amicizia con Herder, e si innamorò di Friederike Brion, figlia del pastore
protestante di Sesenheim.

La gioia e le tensioni di quell'amore, insieme alla partecipazione alla bellezza della natura, intesa come
immediata vitalità, gli ispirarono alcune delle più belle liriche di questo periodo, mentre il sentimento di
colpa seguito all'abbandono di Friederike diventerà, trasposto, quello di Faust verso Margherita.

Nel 1771, a Francoforte, Goethe scrisse una prima versione (una seconda la pubblicherà nel 1773) del
dramma "Gotz von Berlichingen" cavaliere dell'età della Riforma il cui ribellismo libertario esaltava i giovani
scrittori dello Sturm und Drang. Di quegli anni (1771-75) sono anche i frammenti lirici di due drammi mai
scritti, "Prometeo e Maometto", nei quali troviamo la coscienza orgogliosa della lotta e del dolore degli
uomini e I'immagine della vita dell'umanità come acqua che scorre dalla sorgente al mare. Questo
momento "titanico" di Goethe si espresse in inni scritti in ritmo libero; fra questi è il cosiddetto "Ciclo del
viandante", composto fra il 1772 e il 1774, e concluso nel 1777, quando il poeta era già a Weimar, col
"Viaggio d'inverno nello Harz".

Tra il maggio e il settembre 1771 Goethe era stato a Wetzlar, praticante presso il tribunale. Là si era
innamorato di Charlotte Buff. Di ritorno a Francoforte, traspose quell'amore irrealizzabile nel romanzo
epistolare "I dolori del giovane Werther".

Nel 1775 viaggiò in Svizzera insieme ai fratelli Stolberg e si spinse fino al Gottardo, attirato dall'Italia.
Tornato a Francoforte, ruppe il fidanzamento con la Schònemann.

Nell'ottobre, il diciottenne duca di Weimar, Karl August, gli offrì il posto di suo precettore, carica che
Goethe accettò.

Aveva già scritto (dopo il 1772), e nel dicembre lesse alle dame di corte, un dramma su Faust: è il cosiddetto
"Urfaust", il capolavoro dello Sturm und Drang, ritrovato nel 1887 fra le carte di una damigella che l'aveva
copiato. Nelle linee principali la vicenda corrisponde a quella che sarà la prima parte del Faust definitivo: ci
sono il dramma del mago e la tragedia di Margherita, espressi in un linguaggio duro e vibrante, soprattutto
nelle scene in prosa, che la successiva rielaborazione in versi attenuerà in vista d'una diversa armonia.

In seguito, si dedicò anche allo studio delle scienze, soprattutto mineralogia, botanica e ottica (la sua
celeberrima e anti-newtortiana "Teoria dei colori" è l'opera a cui profuse la forze maggiori, con l'intento di
farne il suo più importante capolavoro). Il primo decennio weimariano (1775-1786) è profondamente
segnato dalla relazione amorosa e intellettuale, di reciproca educazione sentimentale, con Charlotte von
Stein; con lei scambiò un memorabile carteggio, ne educò il figlio, le dedicò molte delle sue poesie più
belle. In quegli anni Goethe continuò a lavorare al Faust, scrisse la prima versione del "Meister" ("La
vocazione teatrale di Wilhelm Meister", anch'essa pubblicata dopo più di un secolo).

Ben presto però anche Weimar gli sta stretta, nasce così l'idea di un viaggio in Italia, nato non tanto dal
bisogno di un esteriore omaggio alla classicità (che per lui era la fusione tra natura e cultura), quanto da
quell'immagine che lui perseguiva e che avrebbe rintracciato nella grecità e nella "naturalezza" italiana.
Arrivato a Roma ne 1786, sente subito rinascere dentro di lui la volontà poetica, il desiderio di stendere
versi sublimi che riportassero sulla pagine le sensazioni offerte dal Bel Paese. Visita dunque anche Palermo
e Napoli, dove sale sul Vesuvio. Dirà ad Eckermann in un colloquio datato 6 ottobre 1829: "Non mi dispiace
affatto che il dottor Gottling parli dell'Italia con tale entusiasmo. So bene anch'io quale era allora l'animo
mio! Sì, io posso dire che solamente a Roma ho sentito cosa voglia dire essere un uomo".

Da un altro vero, però, ha inizio il forte e straordinario sodalizio con Schiller, improntato ad un recupero,
soprattutto da parte di Goethe di un nuovo e rinvigorito "Calssicismo". Con Schiller, inoltre, scriverà violenti
epigrammi polemici ("Xenien"), oltre ad articoli e saggi su varie riviste.

Nel 1809 pubblicò, per l'editore Cotta, "Le affinità elettive" e cominciò la sua autobiografia. Oltre a scrivere
numerose recensioni, elegie, poesie, portò a termine il Meister e il Faust. Morì a Weimar il 22 marzo 1832.

Particolare attenzione meritano i viaggi di Goethe in Italia, imitati da tutti. A Roma rimane per quattro mesi
per poi partire per Napoli dove rimane più a lungo. In Sicilia fa dei giri e poi ritorna a Roma dove rimane
dieci mesi. I suoi viaggi in Italia si distendono tra il 1786 e 1788. In Italia conosce e approfondisce la cultura
classica, ne ammira i resti materiali, studia le ville Palladiane e il neoclassicismo architettonico, visita la
tomba di Ariosto e il carcere di Tasso a Ferrara. A Roma frequenta la colonia dei pittori stranieri. Prende
lezioni di pittura, si fa accompagnare da un pittore, dipinge durante i viaggi. Si appassiona alla botanica,
l’idea di una pianta originaria lo affascina e si interessa alla mineralogia dell’eruzione del Vesuvio. In Italia
avrà modo di approfondire la “Storia dell’arte Antica” di Winckelmann.

Porta con se numerosi manoscritti da trascrivere, rivedere, elaborare e completare (tra cui Ifigenia in
Tauride, il Tasso, il Faust e il Wilhem Meister). Possiede una specie di diario, con annotazioni di vario tipo;
insieme con le lettere ai suoi cari a Weimar sarà la base della rielaborazione del viaggio. Un secondo viaggio
lo compirà nel 1790.

Compie un’opera dedicata a questi viaggi: Italienische Reise, un testo composito, rivisto e rielaborato che
serve a stilizzare il suo ritratto da poeta, ormai affermato e noto. La prima edizione appare nel 1816 – 17, la
seconda nel 1828 ed è quella definitiva e servirà da guida alle generazioni di viaggiatori tedeschi successive.

Zum Shakespeares Geburstag.

È un discorso destinato ad essere letto davanti al pubblico della “Deutsche Gesellschaft” in occasione del
raduno in onore di Shakespeare. Ha un approccio personale al pubblico, con molte esclamazioni che
sottolineano la partecipazione dell’io parlante. Accenna a gesti convulsi in rifiuto dell’ordine logico.
L’istanza assoluta è il cuore, per cui rinuncia a qualsiasi schema tradizionale.

Goethe qui sviluppa una sensibilità quasi nuova, personale e di un teatro vivace, inventivo, che parli allo
spettatore contemporaneo, moderno. Decanta la maestria con la quale Shakespeare aveva portato in auge
il “sublime”, elemento di confronto nuovo, disgregando la sostanza precedente: infatti si parla di teatro di
approfondimento psicologico.

Goethe sosterrà che Shakespeare ha aperto nuovi orizzonti. Dona la vista ed emana una luce tanto forte da
abbagliare. Riesce a coniugare vicende individuali ed andamento globale. Si affida al suo intuito ed alla sua
fantasia, riuscendo a creare personaggi vivi in situazioni verosimili. Rinuncia al buon gusto ed al teatro
francese, non rappresentando nemmeno eventi politici grandi e personaggi maestosi.

L’anafora “natura, natura, natura”, ripetuta 3 volte è un chiaro riferimento al divino, in senso panteistico.

Shakespeare ha capacità creativa come Prometheon e le sue opere sono di una grandezza colossale. Egli
sviluppa una sensibilità nuova che parli allo spettatore moderno.

Di fondo il modello Shakespeariano rinuncia al teatro regolare, liberandosi di ferree regole. Shakespeare è
un viandante in movimento, aperto al nuovo e all’inconsueto. Egli stimola l’illuminazione, in senso biblico si
potrebbe dire che “Dona la Vista”. Esalta la natura e rende grandi i suoi personaggi, perché comprende
l’ambivalenza della stessa natura umana.
*POESIE*

Segnano a tutti gli effetti il passaggio di Goethe al Classicismo, rappresentando anche il suo stato d’animo
(limiti dell’uomo e del divino).

Una prima raccolta di poesie è datata 1789, per la quale Goethe decide la loro successione creando un filo
logico. Riflessione tra uomo e divino (non il Dio cristiano, ma in generale) che è peraltro uno dei temi più
discussi del 700’.

Le prime due poesie sono dello Sturm und Drang, giacché mitologiche (“Prometeo” e “Ganimede”) e le
restanti due (“Limiti dell’uomo” e “Divino”) affrontano il tema in modo diretto, senza falsificazioni sulla
mitologia.

Prometeo

Prometeo nella mitologia greca, era cugino di Zeus, figlio del titano Crono. Avrebbe creato i primi uomini
secondo una leggenda che non fa parte della Teogonia di Esiodo, dove è solo benefattore degli uomini e
porta il fuoco all’umanità. Secondo un’atra tradizione ancora ruba il fuoco a Efesto per cui vengono puniti i
mortali e Prometeo viene incatenato nelle catene montuose del Caucaso, scontando una pena eterna
brutale, infine viene liberato da Eracle che uccide l’aquila che gli masticava e logorava le carni.

La composizione è irregolare, sembra quasi un testo in prosa. Contesta tutte le convenzioni formali della
poesia lirica, rinunciando alla rima finale, usa il verso libero introdotto da Klpostock, con libertà di accenti e
versi. È colmo di punti interrogativi ed esclamativi, che conferiscono pathos, attraverso domande retoriche
rivolte al lettore, reso ancora più aulico instaurando un rapporto dialogico tra Giove e gli Dei.

L’io lirico contesta Giove, attaccando direttamente la sua autorità divina, lanciandogli una sfida,
capovolgendo il loro rapporto: Giove come simbolo quindi, viene limitato nelle sue competenze e nel raggio
di azione è ridotto solo a difendere il suo ambito. La terra è in possesso di chi parla e lo si nota nell’uso degli
aggettivi possessivi perpetuati. Vi è l’elenco delle delusioni subite fin da infante, soprattutto la sofferenza
per la solitudine. Nella quarta strofa “heilig gluehend Herz” segna l’apice con l’accusa che il Dio supremo
dorma. Nella quinta strofa si evincono le istanze a cui sia Prometeo che Giove sono sottomessi: il tempo e il
destino. Tali istanze sembrano porre su un piano di parità i due. Nell’ultima strofa Prometeo si dichiara
fautore e creatore di uomini che abbiano le sue stesse caratteristiche: sofferenza e gioia.

Un’interpretazione molto plausibile può essere quella che vede Prometeo incarnare la sfida alle massime
autorità spirituali, dato il particolare intreccio tra autorità religiosa e secolare nella Germania del 1700.
Sotto le spoglie di un conflitto mitologico si cela un attacco molto attuale e sentito, la sfida ala tradizione e
alle autorità costituite.
Ganimede

La poesia è probabilmente del 1773, ma la datazione esatta è incerta. Ganimede è un giovane sequestrato
da Giove sottoforma di aquila. Nella poesia mai compare la figura greca di Ganimede.

Nella poesia c’è la contrapposizione tra alto e basso, cielo e terra, in riferimento al destino di Ganimede.

La forma è irregolare, l’io lirico è parlante e canta con numerosi riferimenti alla primavera, il suo amore per
la sua bella: numerosi sono a tal proposito, i riferimenti al calore, al sentimento e alla bellezza.

La prima strofa contiene la maggior parte dei riferimenti alla primavera e alla bellezza. La seconda strofa
rivolge la sua attenzione alla primavera. La terza strofa fa si che ci sia un cambiamento di prospettiva, difatti
l’io lirico si inserisce nella natura circostante, nel vento dell’alba. Nella quarta strofa l’io parlante ci
sottolinea di possedere un’identità qualificabile con “ich”. Nella quinta strofa Ganimede va verso l’alto, ma
vi è anche la discesa delle nubi col termine “eurem”, che appunto si riferisce alle nubi. La sesta strofa
contiene una metafora sentimentale particolarmente efficace: “umfogend umfangen”, nel momento stesso
in cui io abbraccio, vengo anche abbracciato in una spirale che vira verso l’alto.

Limiti Dell’uomo.

Se in “Prometeo” la sfida agli dei è mitologica, qui si hanno nuovi spunti di riflessione. La poesia è composta
da 5 strofe, basate sull’allitterazione (Wolken e Winde), con versi irregolari, che formano una sorta di
imbuto, che rappresenta anche una limitazione nella forma stessa.

Nella prima strofa si lascia intendere il dominio del Padre che può decidere sul mondo circostante.
L’espressione “Blitze” sta ad indicare la sua potenza in quanto manifestazione del divino. L’io (da Kuss
Brust) ha un atteggiamento reverenziale, sottomesso e anche fiducioso nei confronti del divino. Non è un io
ribelle come in Prometeo (atteggiamento presente nella seconda strofa in Dem Mensch).

Nella seconda strofa si sviluppa il concetto di “Hebt Winde”: se l’uomo si eleva è preda di “nuvole e venti”
(allitterazione). È un divieto rivolto all’io di innalzarsi, non potendo raggiungere il divino.

La terza strofa presenta un paragone di una quercia e un bambino, a testimoniare il fatto che l’uomo ha
sempre bisogno di qualcuno per sostenersi.

La quarta strofa suggerisce che gli Dei possono camminare sull’acqua, l’uomo no (riferimento esplicito
questo al Dio cristiano).

La quinta strofa di passa da un “io parlante” a un “noi”, inteso come umanità tutta. Si snoda qui la morale:
ogni piccolo anello fa parte di un disegno più ampio dell’esistenza, dandoci un’idea del ciclo biologico di cui
il singolo fa parte.

All’interno di ciascuna strofa è presente un riferimento all’universo (1 fuoco, 2 cielo e aria, 3 terra, 4 acqua)
che si racchiude nell’ultima strofa, l’universo stesso, ovvero il disegno più ampio. Bisogna riflettere sul
posto dell’uomo nel mondo e accettarlo con una certa misura; l’uomo deve sviluppare tutte le sue capacità
(formazione= Bildung), ma non deve mettere al primo posto queste qualità, bensì deve essere disposto al
compromesso (Entsolung) evitando ogni sorta di estremismo o radicalismo.
Divino

In quest’opera non c’è nessun riferimento esplicito al Cristianesimo, ci si rifà al senso di divino in generale,
o meglio di “Sfida al divino”.

La forma è costituita da 10 strofe, 6 con 6 versi, quindi regolari a testimonianza di equilibrio ed armonia, e il
resto del tutto irregolari.

È presente un’allitterazione alla quinta strofa (Schuldigen e Schertel).

Nella prima strofa (precisamente nei primi due versi) c’è una ripresa degli elementi con una piccola
variazione: nell’ultima vi è un invito ad un certo atteggiamento verso la realtà, ed è questo atteggiamento
che distingue l’uomo dagli altri esseri. Anche in questo caso il “wir” testimonia la voce collettiva che parla.

Nella seconda strofa, da “Heil” a “Wesen” c’è una predisposizione innata dell’uomo alla sfera divina ( al
credere in qualcosa). “Aquesti… loro” è la terza richiesta.

Nella terza e quarta strofa l’elemento dominante è la natura, con le sue manifestazioni non fa distinzioni
(non c’è un Dio personale come nella fede cristiana).

Nella quinta strofa la fortuna è il tema, che colpisce tutti, giovani e vecchi.

Nella sesta strofa i 5 versi corrispondono ai 5 sensi e abbiamo un’altra allitterazione -> Grossen e Ges.

Nella settima e ottava strofa il libero arbitrio la fa da padrone. L’uomo può fare il giusto e lo sbagliato
perché ne ha tutte le facoltà. “Ultimamente… disperso” può congiungere elementi dispersi nella natura così
come nella poesia.

Nella nona strofa si vedono gli uomini che immaginano i propri Dei a loro immagine e somiglianza, ovvero
con tratti umani. L’iperbole dell’uomo migliore ha una forte ascendenza sulla sfera divina che viene
immaginata in relazione ad un uomo evoluto, migliore. Gli uomini che cercano di somigliare a questi esseri
superiori, possono fare da modello a tutti gli altri e far avvicinare questi ultimi al divino stesso.

Nell’ultima strofa Goethe non da certezza dell’esistenza di questi essere divini, quindi il divino può essere
inteso a livello nazionale come istanza morale, un modello ideale di comportamento. È un percorso che
porta all’interiorizzazione del divino, di ordine panteista e quindi lontano dai dogmi cristiani.
Urfaust: (Faust I, II)

Il Faust ha inizio con due prologhi: il Prologo sul teatro e il Prologo in cielo. Nel Prologo sul teatro un
direttore di scena, un poeta e un attore faceto discutono su quale direzione far prendere a uno spettacolo;
il poeta sostiene che sia più importante privilegiare l’arte, mentre direttore e attore concordano con il
favorire il gusto del pubblico. Nel Prologo in cielo, invece, Mefistofele scommette con Dio di riuscire a
sedurre il medico e teologo Faust, che ha sempre mantenuto una condotta impeccabile. Mefistofele infatti
è convinto che l’uomo usi la ragione per scopi malvagi e non per avvicinarsi al Cielo. Dio non accetta la
scommessa del diavolo, ma gli consente di tormentare il protagonista finché avrà vita, in quanto è convinto
che Faust raggiungerà la salvezza eterna.

Nella prima parte dell’opera il dottor Faust sta attraversando un momento di difficoltà e sconforto, poiché i
suoi studi, per quanto fatica gli costino, non lo soddisfano appieno poiché e soprattutto non gli consentono
di indagare e svelare i più profondi segreti della Natura. Per riuscire a penetrarli e per placare la sua sete di
conoscenza, Faust si è quindi avvicinato alle arti magiche. Decide così di evocare lo spirito elementale della
Terra (che simboleggerebbe l’operato di Dio attraverso la Natura), ma il tentativo si risolve nell’ennesimo,
clamoroso insuccesso sulla strada della ricerca di un verità ultima. Questa tensione sempre insoddisfatta
spinge Faust a tentare il suicidio; tuttavia, un attimo prima di bere una soluzione avvelenata, però, suonano
a festa le campane che annunciano la Pasqua e Faust, risvegliato dal suono festoso, rinsavisce. Quella notte
Faust rilegge il Prologo del Vangelo di Giovanni (“In principio era il Verbo”) e intuisce che la traduzione
migliore sarebbe quella che sostituisce “atto” a “verbo”; in seguito, capisce che il suo cane è probabilmente
posseduto da uno spirito maligno, che di lì si rivela essere Mefistofele stesso. Faust, che non teme il
soprannaturale, cerca di trattenere il diavolo, che invece vorrebbe allontanarsi dalla stanza ma è bloccato
da un pentagramma divino sulla soglia di casa che egli, in quanto creatura demoniaca, non può spezzare.
Uscito di casa solo grazie all’aiuto di un topo, Mefistofele torna da Faust e gli propone un patto: fargli
conoscere le bellezze del mondo e della vita rispetto all’esistenza di insuccessi ed insoddisfazioni
sperimentata finora dal dotto ed intellettuale protagonista. Faust, che dapprima è titubante, accetta solo
quando gli viene proposto un patto di sangue, la cui posta è la sua stessa anima. Infatti Mefistofele si
propone di esaudire i suoi desideri grazie alla magia: se riuscirà a far sperimentare a Faust un godimento
tale da fargli pronunciare la frase “Dirò all’attimo: sei così bello, fermati!”, avrà l’esclusiva sul suo spirito.
Faust, per sua parte, non teme l’oltretomba e, anzi, ha la ferma convinzione che nulla potrà più dargli gioia
una volta terminata la vita terrena, quindi accetta di partire con il diavolo alla ricerca dei più grandi piaceri
che il mondo ha da offrire.

Cominciano così le avventure di Faust e Mefistofele; prima il diavolo, travestito da Faust, convince un
giovane studente del protagonista ad abbandonare lo studio e a godere della vita; in seguito, i due si recano
in una taverna di Lipsia, dove il diavolo si diverte a incantare il vino per confondere degli universitari
ubriachi. Poi cavalcando una botte fatata, i due si dirigono in una caverna dove vive una strega che dona a
Faust una pozione per tornare giovane e bello.
Faust chiede quindi a Mefistofele di aiutarlo a far innamorare di lui la giovane Margherita, una donna
innocente e pia di cui si è invaghito e da cui è stato respinto, benché ora sia giovane, bello e nobile (Faust
nel frattempo è diventato cavaliere). Mefistofele introduce quindi uno scrigno di gioielli nella stanza di
Margherita, ma la madre lo dona a un prete. Quindi ne introduce un secondo e la ragazza si reca per
raccontare del misterioso ritrovamento da una vicina, Marta, che da diversi anni non ha più notizie del
marito. Mefistofele si trasforma quindi in forestiero e informa la donna che i resti del marito si trovano a
Padova e che l’uomo ha sperperato tutti i suoi averi e non ha potuto lasciare nulla per lei. Marta è restia a
credere al forestiero, così Mefistofele le assicura di tornare presto con un testimone.

Faust, che dovrebbe vestire i panni del testimone, inizialmente si rifiuta di prendere parte a una simile
messinscena, ma alla fine decide di assecondare il piano del diavolo. La sera stessa Faust dichiara amore
eterno a Margherita e riesce a sedurla. La relazione tuttavia non è felice: inizialmente Margherita si sente
inferiore all’amato, mentre Faust sa di averla conquistato con l’inganno di Mefistofele e che la loro
relazione clandestina rappresenterà una rovina per la giovane. Faust procura alla ragazza un sonnifero per
far addormentare la madre, che però rimarrà avvelenata e morirà di lì a poco e lascia Margherita incinta. Le
voci sul conto della ragazza scatenano l’ira del fratello Valentino, che sfida a duello il protagonista;
quest’ultimo, guidato da Mefistofele, sconfigge e uccide il rivale, che muore maledicendo la sorella. Ormai
espulsa dalla società per il suo peccato, Margherita impazzisce di dolore e affoga il figlio, venendo quindi
condannata alla pena capitale. Faust viene condotto da Mefistofele a un sabba di streghe (la “Notte di
Valpurga”, tra il 30 aprile e il 1 maggio) per distrarlo dal destino tragico di Margherita, rinchiusa in carcere.
Faust è tuttavia preso dai sensi di colpa per il comportamento tenuto con Margherita, anche se Mefistofele
respinge le accuse; il protagonista, grazie all’aiuto del diavolo, entra nella cella di Margherita, che ora,
impazzita di dolore, rifiuta di seguire il protagonista. Mentre Faust è condotto via da Mefistofele,
Margherita invoca il perdono di Dio e viene salvata dagli angeli.

La seconda parte del Faust, in cinque atti, abbandona la tematica sentimentale ed è invece incentrata sulle
avventure del protagonista nel mondo, con molti riferimenti alla mitologia e cultura classica. Faust ora
risiede presso la corte imperiale: Mefistofele risana le casse reali con l’invenzione della carta-moneta,
mentre Faust incontra l’ex-assistente Wagner, ora intento a creare la vita artificiale nella figura di
Homunculus, un piccolo spirito senza corpo materiale. Faust poi si innamora della donna più bella del
mondo, Elena di Troia, che egli ha evocato dopo una discesa agli Inferi. Faust e Mefistofele partecipano a
un secondo sabba, durante il quale assistono ad una processione di creature e mostri mitologici. Faust,
dopo aver salvato Elena da un sacrificio rituale, ha da lei un figlio, Euforione, che però muore
prematuramente come Icaro nell’omonimo mito; Elena si ritira nuovamente negli Inferi con l’anima del
figlio, abbandonando Faust. Il protagonista e Mefistofele aiutano poi l’imperatore in una guerra contro un
usurpatore e Faust riceve in cambio della vittoria un feudo costiero.

Faust, ormai vecchio e stanco, si ritira nel suo nuovo possedimento, da cui fa espellere due anziani
(chiamati Filemone e Bauci) dal loro podere, causandone infine la morte. Faust, colto dallo sconforto e dal
rimpianto per la sua esistenza devota alla magia e agli inganni di Mefistofele, viene accecato dal demone
dell’Angoscia. Il protagonista vuole allora dedicarsi ad un’attività utile per la collettività, bonificando una
palude dei suoi possedimenti. Durante i lavori, Faust ha l’intuizione di un popolo libero, felice e dedito al
lavoro. Faust pronuncia così la frase del patto (“Dirò all’attimo: sei così bello, fermati!”) e Mefistofele pone
fine alla sua vita per poter reclamare la sua anima. Tuttavia, mentre Faust sta per essere condotto
all’Inferno, giungono degli angeli che, per la sua continua tensione all’infinito, salvano Faust per
intercessione di Margherita e lo portano in cielo. Il poema si chiude con la celebrazione de “l’Eterno
femminino”, individuando così nell’Amore la forza creatrice e motrice dell’intero universo.
Faust è un nome di un personaggio, è una specie di mago, un personaggio dotato di poteri paranormali. Si
pensa vi sia anche un personaggio storico di nome Faust. Faust significa “pugno”. Figure di questo genere
appaiono anche nei cicli medioevali. Tali individui si occupano di alchimia e ad essi si attribuisce una grande
sete di sapere.

Una parentesi di riguardo va aperta nei confronti di Agrippa von Nettesheim, un medico che approfondisce
il sapere. Alla fine del 500’ Johann Spiess scrive “la storia del dottor Faust”, con probabile rimando al
sopracitato medico. Tale libro è di contenuto popolare, da tramandare oralmente, dunque non è chiara la
genesi del romanzo e vi sono varie ipotesi. Il Faust di Marlowe diviene un punto di riferimento per le
compagnie girovaghe. Storie di questo genere si diffondono anche tra le compagnie inglesi di burattini.
Faust è un personaggio quindi dai mille volti: medico, scienziato, alchimista, astrologo, impostore e così via.
Goethe ne fa un personaggio particolare, lo fa diventare un uomo moderno, che vuole conoscere la realtà.
Anche Lessing e Klinger trattano questo personaggio.

“Urfaust” è datato intorno al 1770, periodo dello Sturm und Drang. Non si conosce un manoscritto di
quest’opera, ma solo un’attestata trascrizione. È un critico che nel 1887 ha regalato l’opera di Goethe con
una certa successione di scene.

 Faust I, 1797, pubblicato nel 1808.


 Faust II, 1825 – 31, Goethe muore l’anno successivo, quindi presumibilmente è la sua ultima opera.

Segue l’evolversi del suo tempo, dalla rivoluzione francese fino agli anni 30’ del 1800.

La forma segue un insieme di scene. Ci sono due nuclei che ruotano attorno a Faust e Mefistofele. Un altro,
di ordine secondario è quello di Gretchen (Margarite), che ha il tragico destino di dover essere conquistata
da Faust. C’è una vera e propria contrapposizione tra personaggi maschili e femminili. Il luogo è Lipsia.

La scena iniziale ha luogo in una stanza angusta, antica e tradizionale, tipica del Medioevo. Faust ci viene
presentato come un individuo che possiede cultura in tutti i campi, tipico di un sapere medioevale. Si fa
riferimento a una situazione tedesca, gotica precisamente. Faust è un uomo angosciato dalla ricerca del
sapere e contesta tutte le convenzioni del suo tempo e vuole conoscere tutti i segreti del mondo. Viene
dunque messo in rilievo il suo “Streben”, l’andare oltre e a fondo di tutte le questioni. Al contrario
Margarite è semplice, esprime un mondo piccolo e provinciale. Si fa sedurre da Faust, che la corrompe con
dei gioielli. Uccide il bambino che darà alla luce e viene incarcerata. In carcere impazzirà e non accetterà di
farsi liberare.

Sin dalle prime scene vediamo una forte critica verso il razionalismo, il sapere dei dotti. Rivaluta i saperi
ermetico – magici del Medioevo. Nutre il suo Streben proprio grazie a questi saperi censurati dalla cultura
ufficiale. Vuole vivere esperienze nuove, una vita complessiva, fatta di tutte le esperienze, positive e
negative. L’alleanza con Mefistofele non viene realizzata col “patto col diavolo” ma viene caratterizzata da
una scena ben precisa: c’è un gruppo di studenti e Faust fa sgorgare in loro presenza una fonte di vino.
Dunque il patto con Mefistofele viene dato per scontato. Emerge subito l’aspetto del miracolo e dei
superpoteri di Faust nel suo patto con Mefistofele.

Faust vuole conquistare Margarite non per amore, ma per desiderio di possesso di una ragazza semplice e
ingenua, pura. Si muove in un ambiente stretto, poiché lei è molto sorvegliata ed è proprio per questo che
la vuole , perché è alla ricerca di altro, vuole la diversità. La corrompe e distrugge la sua purezza e
ingenuità. Goethe quindi fa capire quel processo di ambivalenza moderna: vuole una natura pura, ma così
la distrugge perché è portatore di una coscienza diversa, evoluta.
Margarite è associata a vari ambiti che la caratterizzano: ambito familiare (casa e gabinetto), fuori
dall’abitato (fonte, luogo sociale soprattutto per le donne), chiesa. Faust invece non ha limiti e si muove in
tutta la realtà circostante. Margarite è una ragazza non autonoma, dipendente e si fa influenzare da
Mefistofele. È passiva, sembra una creatura della natura e si parla di lei come un modello femminile, non ha
idea del suo futuro, non ha progetti, non ha una cultura. LEI E’, FAUST AGISCE!

Mefistofele detesta le croci, in quanto ciò rimanda alla sua origine di angelo caduto, subordinato al divino,
ma rappresentante del male.

C’è una contrapposizione di personaggi, maschili e femminili: tra un’esistenza limitata e la volontà di
superare i limiti stessi. A tal proposito, Faust non si accontenta mai, ogni limite per lui sembra sempre
valicabile.

Centro dell’epopea di Goethe è il rapporto tra Faust e Mefistofele, che attraversa tutta l’opera e che è
sottoposto a tensioni ambivalenti. Da un lato Faust, nella suatensione all’ignoto, nella sua urgenza di
ampliare la propria conoscenza o il proprio potere, è il motore degli eventi e - in accordo con il principio
romantico dello Streben - è sempre insoddisfatto dei risultati acquisiti, nonostante gli infiniti doni di
Mefistofele. Il diavolo, d’altro canto, persegue un suo fine specifico - la conquista di un’anima e la vittoria
sull’ordine divino - che lo mette in antitesi contro il principio stesso del cambiamento che anima Faust: la
dimensione del tempo (che è quella che permette a Faust di evolvere e di vivere anzi più esistenze diverse)
e del mutamento è quella che Mefistofele non comprende, perché essa rimanda al miracolo divino della
Creazione. Mefistofele nel finale dell’opera, proprio quando si interroga sulla futilità della “creazione” e
proclama la sua fede nel “vuoto eterno”, si vede sottrarre dagli angeli il premio della sua scommessa,
ovvero l’anima di Faust.

La conclusione positiva dell’opera goethiana - molto discussa dalla critica - può essere allora interpretata
come un’accettazione positiva dell’etica di Faust, che, pur tra mille difficoltà ed errori, giunge infine alla
rivelazione dell’obiettivo più alto (cioè, l’attivismo benefico per gli altri) dell’aspirazione romantica
all’Assoluto.
Ifigenia in Tauride

Il tema di fondo è piuttosto moderno, ovvero “il destino”. Il destino può essere corretto dalla ratio, dal
riconoscimento della verità, a patto che ci sia fiducia nell’umanità e nel prossimo. Ifigenia confida nella
bontà d’animo di Toante, sicura che questi sappia apprezzare la sua franchezza e rettitudine e condivida il
suo gesto.

Il linguaggio è elevato, solenne, indotto anche dalla rima finale. Dimostra il dominio sulla natura, la metrica
risulta canonica. La forma riproduce l’ordine a cui Goethe si rifà: ricomposizione dei contrasti, equilibrio e
armonia.

Si parla oggi di un “Soleendrama” oppure “Ideendrama” che tematizza conflitti di coscienza. C’è poca
azione e un’assente spettacolarità. Il teatro sperimentale prevede un’impostazione diversa dal teatro dello
Sturm und Drang, ma anche dal classicismo. Il tema moderno ha forma classicheggiante. Il pubblico ebbe
reazioni piuttosto tiepide al riguardo.

La figura di Ifigenia prevede la riconciliazione di due interessi diversi tra uomini e funzione simbolica. Il
modello di femminilità idealizzata è quello dell’anima bella in contrasto con l’eterno femmineo. La donna
lontana dalle controversie del mondo politico sociale, dalla civiltà moderna, è più vicina alla natura, sente la
“voce della natura” e della semplicità, può giudicare in modo più chiaro, senza pregiudizi.

Il dramma è diviso in 4 fasi a contatto con gli eventi della rivoluzione francese:

 1789 – 90: riunione degli Stati generali a Versailles.


 1791 – 94: Trasformazione dell’assetto dello Stato, inizio guerra, radicalizzazione (Roberspierre).
 1795 – 99: direttrice, colpo di stati di Napoleone.
 Dopo il 1799: nuova trasformazione ed era imperiale.

Riunione degli stati generali. Assalto alla bastiglia (14 Luglio 1789). Scioglimento dell’esercito reale,
liberazione dei contadini. Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo: libertà, uguaglianza, fraternità.
Confisca dei beni ecclesiastici, introduzione della carta – moneta, prima ondata di migrazione aristocratica.
Statalizzazione della Chiesa, abolizione dei monasteri. Nuova bandiera nazionale tricolore. Prima del 1789 ci
furono varie rivolte, con aumento dei prezzi e carestie. Nel 1788 lo Stato va in bancarotta e si formano gli
Stati Generali in campagna elettorale e il ruolo dei Cahier du balance. Si possono distinguere quindi 4 fasi in
base a lunghezza e obiettivi. La prima guerra di coalizione di ha dal 1792 al 1797, tra le monarchie europee
(Austria, Prussia). Nel 1793 il re Luigi XVI viene decapitato. La rivolta della monarchia nella vandea e le
esecuzioni di massa si intensificano. La fame cresce, così come l’inflazione e di conseguenza le rivolte
popolari. Il culto della razionalità abolisce la schiavitù. Roberspierre viene ucciso il tribunale rivoluzionario
chiude. Nel 1795 il Direttorio prende forma con la nuova Costituzione. La pace con la Prussia porterà
all’occupazione dei Paesi Bassi. Ci sarà l’ascesa di Napoleone nel 1797. Nel 1799 c’è il colpo di Stato di
Napoleone con la costituzione del Consolato.

Ifigenia si confronta con tutti gli uomini. In quanto sacerdotessa è sottratta alla gerarchia sociale concreta,
svolge solo funzione simbolica, al di fuori delle coordinate realistiche. Ifigenia tutela i valori etici più alti
della cultura classica ed esprime il suo umanesimo (obiettivo finale di Goethe). Mentre il fratello agisce
sulla base di un tradizionale senso di superiorità, Ifigenia tiene fede ai valori e si interroga sulla loro
capacità di tenuta.
I Dolori Del Giovane Werther

Romanzo che descrive l’amore impossibile tra Werther e Alotte e si suicida per la sua dissoluzione. Più
precisamente il Werther si suicida perché non riesce a realizzare sé stesso nel sociale e in amore, in due
dimensioni. Lo Sturm und Drang si riferisce al romanzo in quanto geniale, Werther è il genio steso e il genio
non può realizzarsi. Pubblicato nel 1774, ha a che fare con le esperienze dello stesso Goethe, il Werther è la
traduzione di diverse esperienze di vita di Goethe: la conoscenza con Charlotte, figlia di Sophie La Roche, se
ne innamora e compie un viaggio. Un suo amico, Jerusalem si suicida per amore. Altri episodi sono meno
rilevanti perché il romanzo non vuole svelare qualcosa di avvenuto realisticamente, bensì è la riproduzione
di un nuovo sentimento della cosiddetta “empatia”.

Il genio viene traslato nell’arte, ma nelle 95 lettere c’è poco di spontaneo, poco da collegare tra genio e
natura. Non sono lettere pubbliche ma private, dicesi per l’appunto “Romanzo Epistolare”. Nel privato
appunto, la borghesia sviluppa ideali quali l’obbedienza e la laboriosità, un individuo viene premiato se sa
operare; in una dimensione meritocratica, serve autodeterminazione morale.

Il romanzo epistolare affonda le sue radici nelle opere pietistiche di Klopstock, in modo introspettivo e
religioso. Goethe mischia il pietismo alla sua depressione e proietta la sua introspezione nella natura, che
descrive e simboleggia il cuore, i sentimenti. Nel romanzo, ogni lettura ha un destinatario e l’obiettivo del
Werther è duplice: descrivere i cambiamenti della sua anima e tentare di far comprendere al destinatario i
cambiamenti siti nel suo animo (del destino). Il romanzo è monodirezionale, non c’è risposta alle lettere del
Werther. L’empatia presente nell’opera sviluppa un vero e proprio “Effetto Werther”, tanto che Goethe fu
costretto a pubblicare una prefazione a scopo di avvertimento al lettore. A tal proposito c’è una
contrapposizione tra Goethe e Werther: sono uno il “Doppelgaenger” dell’altro. Secondo il punto di vista
del destinatario, l’idea sul Werther è a discrezione del lettore. Se nei “manoscritti” la violenza è contro gli
oppressori, qui c’è violenza contro gli oppressi, come un ripiego alla colpevolezza. Il Werther è costituito da
due libri divisi in due anni: il primo libro, prima che conosce Lotte (dalla prima alla decima lettera); il
secondo libro parla del rapporto con Lotte (prima e dopo il fidanzamento con Albert, dalla undicesima alla
ventinovesima e dalla trentesima alla trentanovesima). Il tempo è dal 04/05/1771 al 24/12/1772. Per
affermare l’autenticità del romanzo, Goethe inserisce la figura di un curatore che fa una premessa. Il
risultato fu così sorprendente che la gente per anni fu convinta che il Werther fosse realmente Goethe. Il
secondo libro si costituisce di una terza parte, posta presso gli ambasciatori (dalla quarantesima alla
quarantunesima lettera), una quarta parte (dalla quarantaduesima alla cinquantaseiesima) che tratta
dell’indecisione e la quinta parte col crollo di Werther ( dalla cinquantottesima all’ottantatresima), fino
all’ottantatreesima lettera scriveva Werther. Dopo il crollo psicologico intercede il curatore inserendo la
sua relazione e frammenti di lettere. Ci sono alla fine delle traduzioni di Ossiam, il poeta del popolo. La vita
popolare era in campagna, di sentimento che contrasta l’artifizio urbanistico della corte, in un ottica futura
della rivoluzione francese.
I Lettera:

il Werther è “Empfindman”, un genio interiore che si sente ricco di possibilità, che non vuole limitarsi ma
proprio per questo si infrange. Nel pianto c’è tutta la spontaneità della “Empfindsamkeit”, mentre nei
“Masnadieri” di Schiller il pianto viene mal giudicato. Città e natura possono convivere per mezzo del genio.

II Lettera:

Werther si sente artista, nelle sensazioni e nell’Erleben, la percepisce ma passivamente poiché non
produrrà mai nulla. Per lui il percepire l’arte è più grande del crearla, tanto da non poter essere espresso a
parole.

III Lettera:

Werther è sito idillicamente presso una fontana, fresco e attraente, ma lo fa rabbrividire. Il tema dell’amore
prevale qui, giacché il pozzo era luogo di incontro pubblico per conoscere ragazze.

IV Lettera:

Werther rifiuta libri nuovi, in quanto vuole auto ispirarsi, arricchirsi interiormente. L’unico suo libro è
Omerico, in quanto considerato culla del cuore. Ragiona per ossimoro, in un misto tra malinconia ed
euforia.

V Lettera:

Sostiene che chi si nasconde è codardo. Werther si schiera col popolo ma al contempo si distingue da esso,
è un codardo che però almeno ha un rapporto col popolo.

VI Lettera:

Conosce tanti ma è amico di pochi. Secondo Werther gli uomini temono la libertà in contrapposizione al
lavoro, pertanto si contraddice nel concetto di autorealizzazione nel mondo lavorativo. C’è un duplice piano
tra genio e amore, tra bellezza e interesse, in pratica deve partecipare attraverso il cuore.

VII Lettera:

Werther riflette sul fatto che l’uomo sta come in carcere perché ci sono limitazioni nella vita umana in sé,
quali malinconia di fondo e tristezza oggettiva del mondo. Il soggetto da sé può dipingere il carcere,
facendolo più bello. Lui ha la sensazione di avere una totalità di forza interiore, ma non si tratta di forze vive
che riescono davvero a realizzarsi. Se Werther avesse un lavoro, potrebbe realizzarsi, ma qui non vi è solo
fantasia: l’identità rimane senza forma. Vi è la volontà di voler fare tutto, ma non vi è niente di
determinato. All’euforia assoluta corrisponde un annientamento dell’io: contrapposizione tra un io
annullato e la volontà di fare tutto, come se si sentisse un piccolo Dio. I bambini non sanno quali scopi
perseverano gli adulti. Vi è la possibilità di un ritiro nella propria individualità, accennando al suicidio,
lasciando la vita e liberandosi dal carcere. Il motivo del suicidio dunque lo ritroviamo già da prima che
conoscesse Charlotte.
VIII Lettera:

C’è l’Idillio. Va a Wahlheim. Trova un posticino in campagna, ma non vi è una natura incontaminata, bensì
coltivata. Si mette tranquillo e legge Omero, vuole poi ritornarci per liberarsi dalle oppressioni della vita
quotidiana e borghese. Dunque la natura rappresenta una fuga dalla vita borghese. Alla fine della lettera
c’è anche un’invettiva contro l’estetica del classicismo francese: la regola distrugge la vera espressione della
natura, è come l’amore, tutto proviene dal cuore e dunque non può essere regolato dalla ragione. Si applica
dunque la teoria del genio, espressione immediata e senza regole. Il genio è un fiume e non può essere
arginato da regole.

IX Lettera:

Incontra una famiglia che incontrerà anche nella parte finale. C’è esaltazione della natura, vede tutto
positivo. Colma il suo caos interiore con la calma e l’ingenuità della donna, anticipando la concezione di
Winckelmann. Descrive la donna come tranquilla e priva di tumulti interiori. Nella sua riflessione sulle foglie
che cadono e sull’attivismo c’è una riflessione anche sulla morte.

X Lettera:

Presenta qui la tematica dell’arte: immagine della natura che diventa arte. La natura è perfetta così com’è,
invece l’arte è insufficiente. Le parole sono vacue nel descrivere la natura. La natura esteriore è identica alla
natura interiore. Inserisce il racconto di un contadino che esprime il suo amore per una vedova,
un’anticipazione dell’amore tra Werther e Lotte. Con l’amore tutto cambia, ogni cosa è diversa e appare di
un’indicibile bellezza e Werther si rende conto che è fortunato chi prova tale sentimento. Nel ragazzo, lei
vede la forza della soggettività, quella dell’amore. Dice di dover avere il talento del più grande poeta per
esprimere i suoi gesti e i sentimenti che traspaiono dal ragazzo, poiché sono indicibili e incommensurabili.
Qua diventa tutto fantasia (forza della natura non domate dal sentimento) ed immaginazione e ciò si
contrappone alla realtà.

XI Lettera:

Conosce Charlotte ed afferma di non poter dire quanto lei sia perfetta. Il suo sentimento domina anche
l’arte. La trova con i suoi fratelli e lei fa da madre ai più piccoli. Lei ha passione per la musica e per il ballo. I
due vanno ad un ballo e mentre ballano si avvicinano sempre di più. Una ragazza ricorda Albert a Lotte e lei
si confonde con i passi. Dopo viene la tempesta e le donne ne hanno paura, dunque sono impressionate
dalla forza della natura, allora iniziano a fare dei giochi per distrarsi, mentre Lotte e Werther si godono lo
spettacolo. Alla fine i due dicono “Klopstock”: egli ha scritto “La Tempesta” e i sentimenti suscitati da ciò
portano ad un’unione dei cuori, sentimentalismo sottolineato dalla lacrima negli occhi.

XIII Lettera:

Werther è completamente innamorato e tutto si dissolve attraverso lui. La vita della natura e Lotte si
collegano. Inoltre, la tempesta rappresenta anche quella dei sentimenti: il loro innamoramento. Lui si
abitua a vedere Lotte ed il futuro ci viene presentato come qualcosa di nebuloso, di non concreto. Sta
immaginando un rapporto stabile con Lotte e vorrebbe sposarla. Vi è anche un’identificazione con Ulisse.

XIV Lettera:

I bambini sono presentati come un ideale , una natura non contaminata.


XV Lettera:

Presentimento della sua morte attraverso Lotte. Va a visitare il parroco e c’è anche il fidanzato della figlia
che è molto geloso. Con lui ha una discussione e dice che quando si è di cattivo umore, bisogna prendere la
forza per superare questo momento, aggiungendo che i sentimenti si vendicano se non si padroneggiano. Il
romanzo non da soluzioni, il lettore deve trovare la soluzione alle problematiche che questo apre. Werther
prende a cuore la discussione, tanto da commuoversi alle sue stesse parole e quindi lui partecipa troppo
vivamente alle cose che vive, sentimenti e natura.

XVI Lettera:

Stringe troppo forte la sorellina di Lotte e le da un bacio, evidenza del suo sentimento, non tiene più conto
della realtà. Lei piange e Lotte la consola, pulendo la sorellina. Il bacio rappresenta anche qualcosa di
impuro, perché dedicato in realtà a Lotte. Pulendo la sorella, rimando al battesimo (peccato originale).
Werther difende l’idea che ai bambini bisogna dire non la verità, ma cosa fa star bene loro, difende il
mondo della fantasia, ragione contro la forma.

XVII Lettera:

Lotte guarda fuori la carrozza e Werther ha il dubbio che lei stesse guardando lui o meno.

XVIII Lettera:

Critica sociale. Sostiene che a lui non piace Lotte, ma al contempo afferma che lei è tutto, indicibilità che
riempie tutti i sensi.

XX Lettera:

Si sente disarmato quando sente di Albert. Ogni tocco casuale per lui è importante e vorrebbe baciarla ma
non lo fa e non facendolo rende lei un angelo: da un lato il desiderio erotico – sessuale e dall’altro la
santità, più l’eros viene represso, più aumenta la santità. Quando Lotte canta, lui si sente fortemente
coinvolto, perché il canto lo distrae dall’oscurità. Dai più piccoli gesti evince il suo forte innamoramento, ma
a ciò si contrappone un lato oscuro, ma il canto di Lotte lo distrae. Il tutto e il niente corrispondono,
situazione anche di chi è escluso dal lavoro e non è integrato nella società, dunque concentra tutte le sue
forze nel lavoro.

XXII Lettera:

E’ talmente innamorato da paragonare Lotte ad una lanterna, in una dimensione fantastica. Non riesce a
dominare la sua natura e acquisisce tratti patologici, con l’attesa di vederla riesce a riempire tutta la sua
giornata. Critica il mondo e l’estraniamento dal lavoro e dice che il lavoro deve coincidere con un bisogno
interiore.

XXV Lettera:

Si evidenzia qui il rapporto tra natura e arte: l’innamoramento comprende tutta la natura, ma la sua
capacità rappresentativa è così debole che tutto diventa nebuloso e lui non riesce a disegnare un ritratto di
Lotte, lui percepisce passivamente, non è in grado di creare e di fare un suo ritratto. Il suo sentimento per
lui è arte, ma in realtà lui non riesce a darvi una forma, lo allontana dalla realtà e non riesce ad elaborarla.
XXVII Lettera:

Lotte è per lui come una montagna magnetica, avverte in qualche modo il carattere patologico di ciò, ma lui
non può farne a meno.

XXVIII Lettera:

Arrivo di Albert e gelosia di Werther che sviluppa una coscienza ma è incapace di dominare i suoi
sentimenti. Quando Albert arriva vuole andare via, ma poi cerca di apprezzarlo, sente la sua gelosia e si
chiede se da fastidio a Lotte con la gelosia. Cerca di farsi beffe di sé stesso e Lotte considera il suo
atteggiamento esagerato.

XXIX Lettera:

Risponde a Winckelmann, che lo aveva invitato a fare chiarezza nel suo rapporto con Lotte, ma lui dice che
non si può chiedere a chi ha una malattia mortale, di suicidarsi. Egli paragona il suo male a una malattia
mortale e non ha il coraggio di liberarsene.

XXXI Lettera:

Werther gioca con le pistole di Albert, mettendosele alle tempie. Albert lo rimprovera, dicendo che non sa
come sia possibile che un uomo sia così stupido da suicidarsi. La questione è se il suicidio sia debolezza o
grandezza: secondo Albert è debolezza, poiché è incapacità di vivere la vita, ma per Werther è la volontà di
liberarsi da un tiranno. Vi è anche l’accenno alla donna che si suicida.

XXXIII Lettera:

Vi è una svolta, il cambiamento del sentimento verso la natura. Prima era un sentimento di pienezza, ma
ora vede ovunque distruzione e morte. Dice che la natura è un mostro che mangia continuamente sé
stessa.

XXXV Lettera:

Le sue forze sono discordanti: tra ozio e lavoro. Tutto è insopportabile: il lavoro potrebbe liberarlo da
questo stato indicibile.

XXXVI Lettera:

Riceve un fiocco da Lotte che gli ricorda i giorni felici.

XXXVII Lettera:

Non vede più via di uscita se non la morte.

XXXVIII Lettera:

Decisione di morire.

XXXIX Lettera:

Si congeda da Lotte senza dirle niente della partenza. Rivede i luoghi della beatitudine e pensa alle persone
care morte. Parla anche con Lotte di questi temi. Quando va via, vede andare sé stesso via come un
fantasma.
2° Libro.

Incontra il conte C. Il quale ha una grande anima, mentre l’ambasciatore è pedante. Prima osannava il
popolo, ma adesso lo trova miserevole e critica i rapporti borghesi. Lui conosce una ragazza gentile, che
trova simpatica ed è degna d’amore. Vi è la presunzione della nobiltà che è isolata e chiusa in sé stessa e
viene presentata come uno strato che non ha ragione di esistere poiché ha perso il suo fondamento
economico. La dimensione dell’umanità abolisce le differenze di rango e ciò che vale è la dimensione
umana. Molti re vengono guidati dai ministri, che a loro volta vengono guidati dai segretari ed il loro
superiore deve essere colui che elabora un piano e lo persegue. Il principio della nobiltà è via sangue,
mentre quello della borghesia è del merito. Il tempo corrisponde al suo stato d’animo.

XLVII Lettera:

Notizie del matrimonio di Lotte e Albert.

XLVIII Lettera:

Esclusione dalla società. Durante una serata, tutti notano che lui, borghese, sta in una società nobile. In giro
si racconta che lui pretendeva di avere un rango nobile e viene considerato presuntuoso e tracotante. Lui
ne soffre e vuole mettersi un coltello nel cuore, dunque alle sconfitte sociali reagisce sempre col pensiero
del suicidio. La zia della ragazza la rimprovera di parlare con Werther e lui reagisce sempre con l’idea del
suicidio, rivolge la violenza della società verso sé stesso. Viene poi congedato tal duca e dal principe erede,
dunque il lavoro che lui cercava per distrarsi, non riesce a soddisfare sé stesso.

LII Lettera:

Ripasso per il villaggio natale, in quanto punto di rinascita. Si sente come un pellegrino nel paese santo e
vede tutte le speranze dell’infanzia, ma le vede anche infrante. Tutto gli suscita avversione e si ricorda di
tutte le paure e le lacrime. Non sa dove andare, pensa di andare in guerra come soldato e si sente come un
viandante che non sa dove andare. Ha i brividi al pensiero di come Lotte e Albert si abbraccino. Piange e
ritorna a Wahlheim, dove ritrova la donna e i bambini: anche ora si rispecchia nella sciagura della famiglia
ma lui non vede che anche gli altri stanno male, ma lo vede solo come un rispecchiamento. Werther torna
da Lotte e ha sempre gli stessi vestiti. Ritroviamo di nuovo il feticismo nei dettagli. Lui è geloso di qualcosa
di Lotte. Non legge più Omero, ma Ossiam, in quanto anticipazione della morte di Werther attraverso
quella di Ossiam. Ritorna il topos dell’indicibilità ed unicità. Lui vorrebbe abbracciarla e baciarla, ma non
può farlo. Lotte per lui è un veleno di cui ha bisogno ogni giorno: per esempio quando lei gli dice “Lieber
Werther”, lui se lo ripete sempre, si avvicina sempre di più alla follia. Vede sempre gli occhi di Lotte dinanzi
a lui e vorrebbe sciogliere sé stesso. Lui prende le parti di un assassino e dice: “noi non siamo da salvare”.
Prende tutto come un qualcosa che gli appartiene. La natura viene mossa dalla tempesta e vede le
campagne sott’acqua. A volte sente la forza di poter morire e a volte no.
Prende la parola il narratore, a questo punto, che raccoglie le lettere. Nelle sue ultime lettere che sono per
lo più a bozzi, esprime la volontà di morire, scrive un biglietto a Lotte e sbriga alcune faccende in sospeso. Il
23 dicembre va da Lotte per rivederla contro la sua volontà. Lei riconosce di amarlo, ma sa che non può
farlo. Il narratore onnisciente quindi ci mostra anche i sentimenti di lei. I due, dopo aver letto Ossian,
piangono, e lui la bacia. Dapprima lo respinge, poi lo lascia fare e gli dice addio. Werther ha sentito nel
bacio che lei lo ama e con questa sicurezza vuole morire. Lei è molto inquieta a casa, dopo che lui le chiede
le pistole. Lui si congeda e si suicida a mezzanotte del 24 dicembre. La mattina lo trovano non ancora morto
e trovano Emilia Galotti sulla scrivania, riferimento a Lessing. Lotte sviene alla notizia della morte e si teme
per la sua vita. Werther viene sepolto senza un sacerdote perché il suicidio era condannato dall’ecclesia.

Le tematiche fondamentali riguardano:

 Lettera: c’è continuità, ma la prospettiva può cambiare e il collegamento lo deve fare il lettore.
 Volontà di realizzare sé stesso.
 Natura: accompagna Werther e riflette il suo stato d’animo. Scopre sé stesso attraverso la natura.
 Al sentimento cosmico della natura corrisponde la solitudine, in un’ottica microcosmica e
macrocosmica.
 Natura in quanto culto e religione (panteismo).
 Lingua: indicibilità. La lingua vuole esprimere il sentimento, l’enfasi e l’autenticità. Le frasi
secondarie spesso sono da sole. Vi sono iperboli, ellissi, punti sospensivi.
 Natura: Negazione della società, libertà, mentre la società è solo un meccanismo che toglie i veri
interessi umani.
 L’amore si sostituisce alla religione ed il suicidio diventa un sacrificio.
 Cuore: dimensione di totalità.
Il Neoclassicismo Europeo.

Quest’epoca segna il passaggio di Goethe e Schiller dallo Sturm und Drang al classicismo, un cambiamento
che avviene repentinamente peraltro.

È doveroso aprire una parentesi su un tipo particolare di classicismo: quello archeologico, cui massimo
esponente sarà Winckelmann. Dal 1738 le scoperte archeologiche di Ercolano, Pompei e Paestum mettono
in allerta tutta l’Europa verso un nuovo sentimento artistico – culturale, iniziano i primi scavi a Pompei e
Paestum sotto la guida di Carlo di Borbone dal 1748 fino al 1766.

Ogni paese europeo diventa meta a rappresentanza di un valore: L’Italia è il paese del classicismo, la
Francia delle buone maniere ecc.

WINCKELMANN:

Nato a Stendhal, è figlio di un calzolaio. Frequenta la scuola e studia teologia e lingue antiche ad Halle.
Lavora come precettore e poi riprende gli studi di medicina e matematica. Il suo primo impiego di
bibliotecario è nel 1748 a Dresda. Nel 1754 si reca a Roma, lavora presso il cardinale Archinto e dopo presso
il cardinale Albani, famoso per la sua collezione di opere antiche. Nel 1763 viene nominato Sovrintendente
delle arti antiche a Roma. Nel 1768, al ritorno da un viaggio in Germania, viene assassinato a Trieste in una
locanda. Prima di viaggiare in Italia, nel 1755 pubblica “Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella
pittura e nella scultura”, “nobile semplicità e quieta grandezza”, espressione di “un’anima grande e
posata”, con attenzione all’arte greca, alla moralità e all’eticità. Visita Napoli e pubblica la prima descrizione
sistematica di Paestum. Rivaluta l’autenticità greca (a discapito di quella romana) dopo aver letto Omero, si
concentra sulle sculture, le grandi statue, tra cui primeggia “L’Apollo del Belvedere”, sicché rispecchia al
massimo la bellezza che egli coglie dalle statue greche. Dunque è affascinato dalla bellezza fisica, dalla
perfezione armonica dei corpi, dalla superficie liscia, piacevole al tatto e alla vista. L’ideale di bellezza
diventa qui un concetto universale, quello del “bello ideale”.

Tra i suoi meriti scientifici si annoverano soprattutto l’applicazione dell’osservazione empirica, tra
definizione di criteri tecnico – materiali e metodologici, privilegiando l’esame autoptico; la catalogazione
delle opere e la loro datazione; il riconoscimento dell’autenticità classica come un’unità differenziata in vari
periodi; l’attribuzione del tema dei cicli storici, primo passo verso la storia dell’arte. All’inizio del 900’
Goetius lo considera uno dei primi storici dell’arte moderna.

Il significato della sua opera riguarda soprattutto la ricerca di un modello estetico e morale, in cui la
bellezza dell’arte greca viene vista in relazione ad una bellezza originaria, in quanto espressione di una
felice disposizione sociale e culturale. Ultimo ma non per ultimo è il rapporto felice con la natura, in quanto
organizzazione sociale priva di coscrizioni. Winckelmann diventa l’autorità maggiore nel suo discorso
sull’arte antica.
Atteggiamento di Goethe e Schiller di fronte alla rivoluzione Francese.

Sostanzialmente, gli effetti indesiderati della rivoluzione francese furono:

 Decapitazione del re (1793).


 Istituzione del direttorio (1795).
 Colpo di Stato di Napoleone.
 Dittatura militare dal 1804.
 1801 – concordato che regola il rapporto tra Chiesa e Stato.
 Introduzione del codice civile di Napoleone che regola i diritti e i doveri dei cittadini.
 1806 – codice di procedura civile.
 1807 – codice commerciale.
 1808 – codice penale.
 1804 – congiura della monarchia, Napoleone imperatore.

L’atteggiamento di Goethe e Schiller di fronte a tali mutamenti conseguenti alla rivoluzione furono
piuttosto drastici. In primis l’adesione al Classicismo. Klassic è un termine che sarà coniato a fine 700’ e
definirà il periodo d’oro della letteratura tedesca, corrispondente alla base della letteratura moderna
globale. Il primo contatto tra Schiller e Goethe è un reciproco amore/odio catulliano. Schiller, seppur
apprezzi il suo operato da scrittore, lo disprezza in quanto lo considera dipendente dall’aristocrazia,
dall’alto rango. Goethe è di ritorno dal viaggio in Italia e Schiller lo incontra, il sentimento di invidia
aumenta poiché la sua condizione sociale è molto più agiata rispetto alla sua. Del 23 agosto 1794 è una
lettera scritta da Schiller a Goethe: da qui si sviluppa la loro amicizia, che alcuni critici reputarono come una
congiura contro il proprio tempo. Schiller in questa lettera esalta la capacità poetica di Goethe, lo esalta
come genio “ingenuo”, come poeta per natura, non censurato dalla ratio. Saranno questi temi che Schiller
affronterà poi ne “La poesia ingenua e sentimentale”. Goethe resterà un po’ diffidente all’inizio: scrive al
figlio di Charlotte von Stein. L’elaborazione di un’ideale stilistico, detto GRANDE STILE, diventano promotori
di diverse riviste: Die Horen, 1795 – 1797 (Schiller) e Propylaen, 1798 – 1800 (Goethe). Abbozzano una
teorie estetica: diventano collaboratori di Fichte e intendono contrastare gli effetti della rivoluzione
francese in campo socio – culturale (sono contro gli estremisti della rivoluzione).

Die Horen: crea una sorta di isola tranquilla in un mare tempestoso, rispecchiando la società
contemporanea. La negatività (data dalla realtà empirica) contrapposta all’arte è intesa come
immaginazione, liberazione dall’interiorità. Propongono un modo per salvarsi da questo demone: la poesia
greca come fonte primaria anche per i moderni. L’arte antica è considerato luogo di verità e bellezza, di
contro alla politica nella quale, invece, prevalgono le costrizioni. Secondo Herder la poesia è il linguaggio
più spontaneo dell’uomo.

L’arte come proposta di modelli equilibrati è prevista essere l’esercizio ideale del poeta per avvicinarsi alla
bellezza. È una sfera autonoma, perché ogni opera d’arte deve rappresentare in modo concluso e che
rimandi all’ideale dell’arte greca. Schiller e Goethe erano ben consapevoli di prendere posizioni contro la
loro epoca perché non d’accordo con la Rivoluzione Francese, in una dimensione di profondo senso di
isolamento.
Dettagli dell’estetica.

Il motore dell’estetica del secolo è Schiller, Goethe in tal senso si muoverà molto meno. Il punto di partenza
è la condizione dell’uomo moderno segnato dall’illuminismo. Lo spirito poetico deve essere slegato da
concetti moderni, quali l’arricchirsi o altro, ma deve legarsi ad un concetto classico. Il passato greco si
configura qui come contrario del presente: il passato era un epoca armoniosa, perfetta, paradisiaca, mentre
nel presente vi è un conflitto tra perdita e scissione. Schiller immagina un futuro idilliaco avente come base
il passato.

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