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Subordinate Soggettive:
La subordinata soggettiva è introdotta da
E' male / che tu sia triste E' bello / aiutare gli altri
↓ ↓ ↓ ↓
principale subord. soggettiva espl. principale subord. soggettiva
impl.
Diglossia:
Coesistenza nel parlante di due codici linguistici, di cui uno è considerato inferiore all’altro; per es.,
si ha d. quando coesistono nel parlante il dialetto nativo e la lingua ufficiale appresa a scuola (si
distingue perciò dal bilinguismo, che indica la coesistenza di due codici linguistici di pari prestigio).
Figure retoriche:
Accumulazione: la presentazione in sequenza coordinata (ossia in forma d’elenco, con o senza
congiunzioni), di una serie di elementi tra loro diversi.
Es: e mangia e beve e dorme e veste panni
Allegoria: situazione nella quale un elemento oltre al suo significato normale possa essere
attribuito ad uno più profondo; significato simbolico.
Es: "Gli era caduta una montagna sulle spalle e questo lo faceva essere sempre triste e
pensieroso.
Allitterazione: ripetizione degli stessi suoni all’inizio e nel corpo di più parole.
Es: Di me medesimo meco mi vergogno.
Anafora: ripetizione di una o più parole all’inizio di una o più frasi, versi, periodi.
Es: "Per me si va nella città dolente,
per me si va nell'eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente."
Analessi: quando nella narrazione vengono ricordati eventi passati mentre il tempo reale scorre.
Analogia: è l’accostamento immediato di due immagini, situazioni, oggetti tra loro lontani di
somiglianza, basato su libere associazioni di pensiero o di sensazioni piuttosto che su nessi logici
o sintattici codificati.
Anastrofe: inversione dell’ordine abituale dei termini nella costruzione della frase.
Es: Sempre caro mi fu quest'ermo colle…
Ellissi: consiste nell’omettere, all’interno di una frase, uno o più termini che sia possibile
sottintendere, per conseguire un particolare effetto di concisione e icasticità o effetti di attesa e di
tensione.
Es: "…Ai posteri l’ardua sentenza…"
Enumerazione: è l’elencazione di parole unite per asindeto senza congiunzione, per polisindeto
con congiunzione.
Epanadiplosi: ripresa di una parola all’inizio o alla fine di un segmento testuale.
Epanalessi: raddoppiamento di un termine.
Epentesi: inserimento di un suono all’interno di parola.
Epifora: ripetizione di una o più parole alla fine di enunciati successivi.
Epitesi-Paragoge: aggiunta di una vocale finale.
Eufemismo: sostituzione di un’espressione troppo dura con una più gradevole.
Figura etimologica: ripresa della radice di una parola.
Iperbato: alterazione dell’ordine delle parole con inserimento di uno o più termini fra i membri del
discorso che dovrebbero stare uniti.
Es: "…...questa bella d'erbe famiglia e d'animali…"
Iperbole: esagerazione, per eccesso o per difetto.
Es: "la settimana é trascorsa in un attimo"
Ironia: affermazione dell’opposto di ciò che si sta pensando.
Litote: affermazione di un concetto mediante la negazione del contrario.
Es: "…...Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di
leone …"
Metafora: paragone abbreviato; consistente nella sostituzione di un termine proprio con uno
figurato, in seguito ad una trasposizione simbolica di immagini.
Le metafore possono essere costruite in vari modi:
Personificazione: simile all’allegoria inserimento di cose inanimate o astratte che agiscono come
essere umani. Consiste nell’attribuire qualità, azioni o sentimenti umani ad animali, oggetti, o
concetti astratti. Spesso questi parlano come se fossero persone.
Es: il cipresso piange
Tipi di frase:
Frase scissa: si può dividere la frase in due parti: la prima parte contiene il verbo essere e
la seconda è introdotta da che, questo per richiamare l’attenzione sul contenuto della prima
parte della frase.
Es: – Luca ha mangiato la torta ⇒ E’ stato Luca che ha mangiato la torta (viene enfatizzato
il soggetto-Luca-);
Frase presentativa: consistente nel solo predicato che presenta un evento o introduce un
soggetto sintattico nel discorso.
Es.: è eruttato il vulcano, è partito Marco.
Piuttosto che:
Piuttosto che si usa correttamente davanti a proposizioni ➔avversative e ➔comparative e
significa ‘anziché’, indica cioè una preferenza accordata a un elemento rispetto a un altro
Es: Piuttosto che dire sciocchezze, rimani in silenzio
Preferisco andare in bicicletta piuttosto che usare l’automobile.
Da qualche decennio si è diffuso l’uso di piuttosto che con il significato disgiuntivo di o, oppure, a
indicare un’alternativa equivalente.
Usi di che:
• Inanzitutto –che– può avere la funzione di pronome relativo, in questo caso sostituisce un
nome, maschile o femminile, singolare o plurale, soggetto o complemento oggetto; per
riconoscere questa funzione possiamo provare a sostituire -che- con il quale – la quale – i quali –
le quali, concordandolo con il nome che sostituisce; se la sostituzione funziona, se quindi il
significato è il medesimo, ci troviamo davanti a un -che- pronome relativo:
– Ho conosciuto un ragazzo, che mi ha detto che ti conosce → ho conosciuto un ragazzo, il
quale mi ha detto che ti conosce.
• Un’ altra funzione del -che- è quella di pronome interrogativo, si usa solo in riferimento a cose
(non a persone) e può essere sostituito da -che cosa-,questa funzione può essere riconosciuta in
quanto la frase terminerà con un punto interrogativo.
→ Che è successo? (Che cosa è successo?)
• Oltre che la funzione di pronome interrogativo, -che- può essere anche aggettivo
interrogativo e quindi accompagnato da un nome (al contrario del pronome); anche in questo
caso la frase terminerà con un punto interrogativo.
→ Che lavoro fai?
• Un’altra funzione è quella di pronome esclamativo, in frasi esclamative che esprimono
meraviglia o disappunto, molto spesso -che- può essere sostituito da -che cosa-; in questo caso la
frase terminerà con un punto esclamativo.
→ Che bello! (Che cosa bella!)
• Anche in questo caso, oltre che la funzione di pronome esclamativo, -che- può essere
anche aggettivo esclamativo e in quanto tale essere seguito da un nome, che potrà essere
maschile o femminile, plurale o singolare; poiché esprime un esclamazione la frase terminerà col
punto eslamativo.
→ Che brutta giornata!
• La penultima funzione che questa particella può assumere è quella di pronome indefinito, solo
maschile, indica qualche cosa di indeterminato per esempio nelle locuzioni: un che; un certo
che; un non so che; un certo non so che.
→ Quella ragazza ha un che di strano nello sguardo.
• Infine -che- può essere una congiunzione che introduce proposizioni subordinate di vario
genere (dichiarative, causali, ecc.).
→ Spero che tu venga.
Espressioni polirematiche:
sono parole ➔composte formate da più elementi che costituiscono un insieme non scomponibile,
il cui significato complessivo è autonomo rispetto ai singoli costituenti.
Sintagmi formati da più unità, ma che costituiscono un unico lessema.
Grammatica descrittiva:
considera lo stato della lingua in un determinato momento. La grammatica descrittiva si differenzia
dalla grammatica prescrittiva nota anche come grammatica normativa, in quanto la prima tende a
spiegare le forme grammaticali che via via si evolvono, mentre la seconda tende a fissare gli usi e
le regole per spiegare come si utilizzano le regole esistenti.
Forme di “Ci”:
- presentativo: si trova nelle forme sentirci, vederci, metterci, volerci, correrci, entrarci: non
ci vedo; non ci sento; quanto ci metti a vestirti?
- locativo: ci si utilizza per fare riferimento a un complemento di luogo già espresso nel
contesto e significa 'lì', 'in quel posto':
– Vai molto spesso alla biblioteca comunale?
– Sì, ci vado spesso (alla biblioteca comunale).
Verbi:
-verbi modali: potere, dovere, volere, sapere, solere (o esser solito). Es. Lucio può partire;
-verbi causativi: fare e lasciare. Es. Paolo mi ha fatto comprare questo libro;
-verbi aspettuali: sono soprattutto stare e stare per, mettersi a, smettere di, accingersi a,
prendere a, cominciare a, continuare a, i quali indicano che qualcosa “è in corso” o “sta per
cominciare” o “è appena cominciato”, “sta per finire” o “è appena finito”. Es.: sta piovendo o sta
per piovere;
Deissi:
In linguistica, il ricorso, da parte del parlante, a particolari elementi linguistici, come i pronomi
personali, gli aggettivi dimostrativi (questo, quello, ecc.), gli avverbî di luogo e di tempo (qui,
adesso, ecc.), detti elementi o fattori deittici, necessarî per precisare chi sia il soggetto parlante e
chi il suo interlocutore, e per situare l’enunciato nello spazio e nel tempo.
Es: «Io questo qui non lo voglio!»
Isoglossa:
In cartografia linguistica, linea che su una carta geografica segna i confini di un’area
linguisticamente uniforme rispetto a uno o più fenomeni dati, e separa quindi due aree contigue
che divergono riguardo uno o più fenomeni linguistici.
Sintagma:
Le frasi si possono dividere in unità sintattiche, queste unità si chiamano sintagmi. Questo
termine indica un insieme di parole che forma un’unità sintattica all’interno della frase. I due
fondamentali tipi di sintagma sono il sintagma nominale e il sintagma verbale.
Il sintagma o gruppo nominale ( SN) è un nucleo sintattico incentrato su un nome.
Il sintagma o gruppo verbale (SN) è un nucleo sintattico incentrato su un verbo.
Riprendendo la frase “Il cane morde”
→il cane è sintagma nominale
→morde è sintagma verbale.
Tipologie linguistiche:
Isolante
Agglutinante
Flessiva o fusiva
Polisintetica
Falsi amici:
I falsi amici in linguistica sono quei lemmi o frasi di una certa lingua che, pur presentando una
notevole somiglianza morfologica e/o fonetica e condividendo le radici con termini di un'altra
lingua, hanno preso significati divergenti.
Es: spagnolo – italiano aceite – olio
Principi testualità:
Coerenza
Coesione
Intenzionalità
Accettabilità
Informatività
Situazionalità
Intertestualità
– La coesione è l’insieme di meccanismi di cui un testo si serve per assicurare il collegamento tra
le sue parti al livello superficiale:
Le ellissi, mezzi di coesione che consistono nella cancellazione degli elementi che vengono
ripresi in un testo.
I pronomi si distinguono in anaforici e cataforici.
Ripetizioni di elementi (ricorrenza), ciò avviene in particolare nella lingua parlata, perché
non c’è il tempo di pianificare l’enunciazione.
I giuntivi, ossia le congiunzioni (e), le disgiunzioni (o) le controgiunzioni (ma, però), le
subordinazioni, tutte relazioni di coerenza che tengono connesse le frasi tra loro.
I deittici, si mette in rapporto l’enunciato con la situazione spazio-temporale a cui si riferisce
e possono essere personali e sociali, spaziali e temporali.
-La coerenza, prevede un livello più profondo rispetto alla coesione, riguarda la struttura
semantica di un testo e la struttura logica e psicologica dei concetti espressi. Un testo produce
senso se esiste una continuità di senso all’interno del sapere attivato con le espressioni testuali,
sarà privo di senso se i riceventi non riescono a rilevare una continuità. Un testo risulta coerente
quando nel riceverlo il destinatario è in grado di attivare una serie di conoscenze già
immagazzinate e condivise. La traccia dell’esperienza passata accumulata nella memoria lascia
nella conoscenza delle tracce che permettono di collegare le frasi di un testo tra loro, anche
quando ci sono lacune di informazione concettuale, volta a ricostruire la continuità di senso
all’interno del messaggio.
-L’ intenzionalità, criterio che riguarda l’intenzione di chi produce un testo coeso e coerente.
–L’accettabilità, riguarda il ricevente, un testo coeso e coerente prodotto con una certa
intenzionalità deve essere accettato dal ricevente sullo sfondo di un determinato contesto sociale
e culturale; l’accettazione del ricevente prevede sia la tolleranza di determinati disturbi
comunicativi, sia la ricerca di una coesione e di una coerenza anche dove queste potrebbero
mancare.
–L’informatività, si riferisce al grado di prevedibilità o probabilità che determinati elementi o
informazioni compaiano nel testo. L’intonazione, le pause, il ritmo, la quantità, le variazioni di
timbro e di velocità di eloquio, sono rilevanti nel processo di produzione e comprensione di un
enunciato, lo scambio enunciativo è reso possibile dal fatto che l’emittente e l’ascoltatore hanno in
comune una base di conoscenze, ricavate da porzioni precedenti dell’enunciato o da rinvii
all’esperienza extralinguistica e l’emittente darà per scontato che il ricevente possa facilmente
ricostruire l’argomento di cui si sta parlando anche se non è esplicitamente formulato.
– La situazionalità, riguarda la rilevanza e l’adeguatezza di un testo all’interno di una determinata
situazione comunicativa. Per situazione comunicativa si intende l’insieme delle circostanze, sia
linguistiche sia sociali, nelle quali l’atto linguistico viene prodotto.
–L’intertestualità, mette in rapporto il testo con altri testi con cui esistono connessioni
significative. Questo criterio designa le interdipendenze fra la produzione e la ricezione del testo e
le conoscenze che i partecipanti alla comunicazione hanno di altri testi.
Prestito (forestierismo):
Il prestito (o forestierismo) è una parola, una locuzione o una costruzione sintattica di una lingua
straniera che entra nel lessico di un’altra lingua.
Continuum linguistico:
Insieme di varietà linguistiche non separate da confini netti, ma con punti di contatto e di
sovrapposizione tali da determinare il passaggio graduale dell’una nell’altra.
Si ha un continuum linguistico quando spostandosi geograficamente il linguaggio varia in maniera
graduale, in modo da risultare mutualmente comprensibile e simile tra due località poste nelle
vicinanze e invece di difficile comprensione man mano che la distanza tra le due località di allarga.
Lingue speciali:
Le varietà di una lingua usate da gruppi particolari di persone e caratterizzate dall’uso di un
lessico s. (terminologie esclusive di quel settore o termini appartenenti al lessico comune o ad altri
settori della lingua e usati con accezioni peculiari); in questo senso, l’espressione comprende sia
le varietà d’uso più ristretto e specialistico, come per es. la lingua della chimica, sia quelle meno
rigidamente codificate e dunque accessibili da parte di ampi settori della comunità linguistica come
il linguaggio televisivo, politico, giornalistico ecc.; per questi linguaggi, caratterizzati da un limitato
grado di specializzazione, è anche usata la denominazione di linguaggi settoriali.
Tipi di futuro:
Il futuro semplice è uno dei tempi semplici del modo indicativo. Nel suo uso temporale, colloca
un’azione in un momento successivo a quello dell’enunciazione. In genere, indica quindi la
posteriorità.
Esistono, però, diversi tipi di futuro semplice, in base alla funzione che essi svolgono. Oltre a
quella che già abbiamo analizzato, possiamo distinguere:
Futuro iussivo come variante attenuata rispetto al modo imperativo o per esprimere un
ordine categorico. Es. Pulirete le vostre stanze entro domani!; Mi farete sapere come è
andata.
Futuro retrospettivo a indicare la posteriorità di un’azione rispetto a un’altra già avvenuta
nel passato. Es. Gli italiani non si aspettavano di dover combattere una guerra civile. Più
tardi capiranno che è inevitabile.
Futuro attenuativo che funziona come l’imperfetto di modestia. Pone cioè una distanza
psicologica tra la proposizione e l’effettivo svolgersi dell’azione. Può anche attenuare
un’affermazione troppo diretta o esprimere cortesia. Es. Dovrò ringraziarvi per l’ospitalità
che mi avete dato; Vi dirò che Giovanna non mi piace. Troviamo il futuro attenuativo molto
spesso nelle proposizioni incidentali o con la funzione di precisare o correggere una parola.
Es. Giovanna, non lo nasconderò, è una ragazza che non mi piace; Gli italiani non si
trovarono, non dirò “pronti”, ma nemmeno “persuasi” dalla necessità di un’altra guerra.
Futuro suppositivo (o epistemico) che il più delle volte ha valore modale più che
temporale e, talvolta, accompagnato da avverbi come forse, probabilmente,
presumibilmente e altri esprimenti dubbio, indica una supposizione, una deduzione di chi
parla. Es. Avete viaggiato molto, sarete stanchi; Probabilmente sarete dei bravi genitori, tra
qualche anno.
Futuro con valore concessivo per indicare una circostanza reale, la quale però non ha
alcun effetto su quanto enunciato nella proposizione principale. Es. Sarà pure vero quello
che dici, ma non mi interessa comunque.
Subordinate e coordinate
A seconda del tipo di rapporto che si instaura tra la principale e la coordinata, relazione individuata
dalla congiunzione, le proposizioni coordinate possono distinguersi in:
- Disgiuntive, quando propongono una alternativa alla principale; l’esempio lampante è dato da (E),
dove si chiede a qualcuno di decidere se Marco e Luigi debbano restare a casa oppure andare al
mare;
- Conclusive, quando rappresentano la deduzione logica della principale; si veda (F): la deduzione
logica consiste in quel "pertanto diglielo tu" (dato che "io non ho detto a Marco e Luigi di venire al
mare");
Qui di seguito, vi propongo le congiunzioni usate con più frequenza in ogni tipo di coordinata: