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LO STILE DI COUNT BASIE

FOUR PARTS CLOSE VOICING

Nell’ambito dell’orchestra jazz, lo stile di Count Basie resta un punto di riferimento per moltissimi
arrangiatori. A differenza di Ellington che costruì il suono della sua orchestra partendo dalle qualità
dei suoi musicisti, Basie ha formato, attraverso semplici regole di orchestrazione, un sound che ha
fatto scuola e per molti anni è stato punto di riferimento per moltissime Band.

Dal punto di vista tecnico il concetto di base dell’orchestrazione è il così detto “four parts close
voicing”, ovvero scrittura stretta a quattro parti. Questo sistema si sviluppa partendo dalla sezione
trombe, la quale viene raddoppiata in un “Ensemble” (Tutti) all’ottava inferiore dai tromboni e
ripresa identica dai quattro saxofoni i quali doppiavano i tromboni oppure veniva posizionati
partendo dalla terza (a volte seconda) voce col Baritono svincolato a doppiare la “lead” (melodia)
due ottave sotto. Questo tipo di orchestrazione è responsabile di un suono potente e molto compatto,
negli arrangiamenti del Conte è quasi sempre sviluppata su armonie piuttosto semplici e con rari
utilizzi di tensioni negli accordi. Ciò che ha reso così importante questa soluzione, in apparenza
molto semplice è stata la grandissima qualità ritmica che Basie ha saputo sviluppare nella sua
musica e una sopraffina maestria nell’uso delle dinamiche.

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Naturalmente gli arrangiatori dagli anni ’50 in avanti utilizzano questo sistema con una certa
elasticità, qui sopra le prime battute del celebre “Lil Darlin” di Neal Hefty cosi come da lui
orchestrate

L’esempio successivo è una rielaborazione di Sammy Nestico del brano “Moten Swing” di Bennie
Moten nella tipica four parts close voicing.

Come si vede l’armonizzazione di base è a quattro parti strette, le trombe sono replicate dai sax a
partire dalla terza voce, il baritono doppia il lead alto tranne in alcuni punti dove si sgancia verso le
fondamentali degli accordi raddoppiando il trombone basso, i tromboni raddoppiano salvo poche
varianti (es. drop 3 a battuta 9 dell’Ensemble per formare degli “spread chords”) le trombe
all’ottava inferiore

Di seguito la prima parte del tema.

Nota a volte alcuni accordi sono scritti in una sorta di enarmonia non perfetta, seguendo il modello delle parti jazz dell’epoca. (es. E9
corrisponde a Fb)

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Le prime 16 battute dell’Ensemble.

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Nella pratica degli arrangiatori durante gli anni ’30 e ‘40, soprattutto per quanto riguardava il
settore di musica “commerciale” o “da ballo” si era soliti utilizzare l’armonizzazione a quattro parti
,ma spesso negli arrangiamenti ”stocks” quelli cioè che erano commercializzati su scala editoriale le
strumentazioni venivano congeniate in modo che le parti dei fiati funzionassero da due strumenti in
su con l’aggiunta via via di ulteriori fiati ed eventuali raddoppi una volta raggiunte le quattro parti.
Il voicing di Basie pur essendo simile a quello di molti arrangiatori dell’epoca è decisamente più
incisivo e potente. Nell’armonizzare le parti si utilizza un largo uso delle note cordali (ri-
armonizzazioni e tonicizzazioni diventeranno uso comune dagli anni ’50 in poi) note sostitute,
movimenti diatonici, cromatici e diminuite di passaggio.

IL RIFF

L’aspetto ritmico è stato probabilmente il punto di partenza del successo di Basie, all’epoca di
Kansas City i molti musicisti jazz che suonavano nell’area di quella città si distinsero per la loro
musica carica di “swing” il quale veniva amplificato dal massiccio uso del “Riff”. Il riff è una
semplice figura ritmica, una sorta di motivo il quale viene riprodotto uguale a sé stesso lungo tutta
la stesura del Chorus ( struttura armonico formale del brano). Questo sistema è particolarmente
adatto per brani come il Blues o il Rhytm Changes ( giro armonico del celebre I Got Rhytm di
George Gershwin) dove le armonie non presentano particolari modulazioni temporanee e quindi è
semplice adattare in modo diatonico la melodia del riff ai cambi armonici. Il riff ha in quei giorni la
caratteristica di essere usato come sottofondo degli assoli per rafforzare ulteriormente la spinta della
sezione ritmica e quasi sempre viene lanciato da uno dei musicisti durante l’esecuzione e ripreso
dagli altri componenti della band i quali decidono se riprodurlo all’unisono, ottava o armonizzato.
La natura incalzante del riff che veniva ripetuto a volte per più chorus con crescendo dinamico e
spesso con sovrapposizione di altre figure ( combinazione di due o più riff) rendeva i soli dei
musicisti realmente trascinanti e spesso si sconfinava in vere e proprie battaglie tra solisti i quali
dimostravano le loro abilità in questo contesto di alta tensione ritmica. Naturalmente questa pratica
non era conosciuta solo a Kansas City ma è ormai storia che i musicisti di quell’area fossero i
grandi specialisti dello Swing. Bill Basie approdato lì per caso e rimasto nell’area per alcuni anni
dimostrò di essere uno dei migliori ed ebbe il merito di catalizzare attorno a sé ottimi musicisti con i
quali formò , dopo l’esperienza con Benny Moten, una band che faceva del riff una forma di
arrangiamento. Da qui nascono le leggende che riguardano gli albori della Big Band di Coun Basie
che parlano di musicisti che non conoscevano la musica ed erano quindi costretti a suonare a
memoria, in realtà la band spesso non aveva delle vere parti ma dei semplici foglietti dove erano
appuntati i riff da eseguire in questo o quel brano. Brani come One O’ Clock Jump, Jumpin’ At The
woodside, Jive at Five sono dei capolavori assoluti della musica jazz nonostante siano basati
interamente su dei riff. Del resto non và dimenticato che uno dei brani in assoluto più famosi della
musica jazz è “C Jam Blues” del grande Duke Ellington un riff di sole due note……

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Uno dei più famosi brani dell’orchestra di Basie è “One O’Clock Jump” un Blues in Re bemolle
basato su una serie di riff, di seguito la celebre parte finale.

Altro esempio è “Jumpin’ at the Woodside” un Rhythm Changes in Sib con le sezioni A costruite su
riff e il B (Bridge) improvvisato.

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LA SEZIONE RITMICA

La sezione ritmica nella Big Band di Count Basie assume un ruolo fondamentale, in primo luogo
perché lo stile della band prevede uso massiccio degli assoli, per cui diventa fondamentale che i
diversi solisti siano accompagnati nel miglior modo possibile.

Altro fattore fondamentale è la presenza del chitarrista Freddy Green. Green accompagna
costantemente “in quattro” ovvero suonando tutti i singoli quarti ma lo fa con una maestria ritmica
ed armonica insuperabile. Lo Swing che si genera nella relazione tra il walking del basso e quello
della chitarra, la quale accenta in modo diverso uno e tre da due e quattro, è forse il massimo livello
per il Jazz degli anni ‘30 ’40. Basie dal canto suo riesce ad evitare ogni tipo di contrasto ritmico ed
armonico con la chitarra a dimostrazione di un intesa perfetta.
Pur essendo un pianista dotato di ottima tecnica strumentale, Basie negli anni elabora uno stile
molto scarno, sia nell’accompagnamento che nei soli, ma di assoluta sintesi. Le parti di sola ritmica
vengono molto spesso inserite negli arrangiamenti come contrasto dinamico o per cambiare in
modo repentino lo spessore della massa sonora (a volte veramente grande) prodotto dai fiati. In
modo particolare la sezione ritmica è sovente protagonista di introduzioni interludi e finali negli
arrangiamenti. A titolo di commento personale evidenzierei come in questi interventi risalti in modo
particole l’insieme della ritmica piuttosto che lo specifico intervento del pianoforte.

ALCUNI APPUNTI ALLO STILE DI BASIE

Di seguito riporto alcuni appunti mossi allo stile di Basie, che ho trovato in rete. Li riporto così
come li ho trovati e senza inserire commenti personali. Ritengo comunque che anche l’aspetto
critico sia utile per meglio inquadrare lo stile di un musicista.

Un difetto è forse connaturato alla concezione riff-blues sposata da Basie, censurarlo potrebbe avere
poco senso, più o meno come criticare la banana perché è gialla e non rossa. Eppure altre orchestre
di orientamento blues e/o riff hanno affrontato il problema, sicché forse è il caso di segnalarlo.
Mi riferisco al fatto curioso per cui la musica di Basie non è quasi mai memorabile dal punto di
vista dei temi (né dei timbri o degli impasti). Possiamo goderci le sue esecuzioni per lo swing, i
continui botta e risposta tra ottoni e ance, spesso eccitanti, e soprattutto i grandi solisti. Ma accanto
a tutto questo è raro che ricordiamo i temi, come invece accade in Take the A Train di Ellington,
Donna Lee di Parker, Criss Cross di Monk, In the Mood di Glenn Miller, W'èst End Blues di
Armstrong, Granpas Spells di Morton, Django di John Lewis, Cherokee di Ray Noble, e
innumerevoli altri.

Ciò naturalmente si ricollega al problema di fondo per cui il jazz in primo luogo è arte non del
compositore (in senso eurocolto) ma dell'improvvisatore.
Il materiale su cui si improvvisa conta meno dell'improvvisazione in sé. Tale conflitto - e in certa
misura contraddizione – il jazz lo vive fin dagli inizi.
Dai documenti sonori appare chiaro che Basie, non essendo compositore, scommette tutto su questa
premessa, e ne desume che il trattamento del materiale, da parte di chi arrangia o improvvisa, è più
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importante del contenuto compositivo - tematico in sé. Eppure si sa di molti musicisti e complessi
che hanno saputo centrare un migliore equilibrio tra i due poli.

Un altro limite risiede nell' invenzione armonica. Dal l936 al 1940 non troviamo neanche un
esempio di una qualsivoglia pratica armonica anche solo timidamente esplorativa. Ogni cromatismo
è evitato, e si cerca invano un ricco accordo di undicesima, o perfino una nona minore, per non dire
un'armonia bitonale come quelle che Ellington e Sy Oliver già esploravano da anni.

Le armonie di Basie sono semplici al limite dell'ovvio, in tale contesto che l'uso di seste e none in
Lester Young si scaglia quasi come "ardito".
ll primo arrangiatore di Basie a stabilire una piccola resta di ponte in un territorio armonico "nuovo''
fu Andy Gibson. Le sedute del 19 e 20 marzo del 1940 includono diversi begli arrangiamenti suoi, e
uno di questi, I Never Knew, suona quasi rivoluzionario entro il consolidato stile Basie, anche se,
misurandolo con criteri meno conservatori, non è poi tanto avanzato per il 1940.
Poco prima, anche l'esotica modulazione a toni interi, o accordi aumentati, verso re bemolle
maggiore è maneggiata con gusto, ben più di quanto di regola concesso da questo effetto banale,
flagello di migliaia di arrangiamenti Swing con pretese di eccentricità. Per giunta c'è un
meraviglioso Lester Young dal passo sicuro, e un eccellente assolo del neo-entrato trombonista Vic
Dickenson.
Dickenson è in bella evidenza anche in Let Me See, una pagina swingante e veloce di "Sweets"
Edison, pure arrangiata da Gibson. Lo stile energico e sinuoso di Dickenson è un salutare antidoto
al solismo di Dickie Wells, alquanto erratico, e talora pencolante e floscio. In Let Me See, Tickk Toe
e Super Chief si ascolta Buddy Tate, il cocco di Basie in quel periodo, che adotta alcuni tratti di
Young senza con ciò rinfoderare il suo approccio di scuola Hawkins-Evans. Tate aveva solo ventisei
anni, contro i trentuno di Young, e si capisce che il più giovane fosse influenzato dal "Presidente" e
maestro.

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