Вы находитесь на странице: 1из 102

Federico Bellini

IL CAMMINO
DEL VIANDANTE
Parte I
Cosmogenesi

(“Ad Astra”, Akseli Gallen-Kallela, 1907)


Antonio Machado

“Caminante no hay camino”

Caminante, son tus huellas


el camino y nada más;
Caminante, no hay camino,
se hace camino al andar.
Al andar se hace el camino,
y al volver la vista atrás
se ve la senda que nunca
se ha de volver a pisar.
Caminante no hay camino
sino estelas en la mar.
solo scie nel mare.

***

“Viaggiatore, non c’è cammino”

Viaggiatore, sono le tue orme


il cammino e niente più;
Viaggiatore, non c’è cammino,
si fa il cammino camminando.
Camminando si fa il cammino,
e volgendo lo sguardo indietro
si vede il sentiero che mai
dovrai tornare a calpestare.
Viaggiatore non c’è cammino
solo scie nel mare.
Indice

PARTE I - Cosmogenesi 1

Lezione 1 1
1.1 - Il Nulla 1
1.2 - Il Pre-Universo e i Multi-Versi 6
1.3 - Il Caos 11
1.4 - La Mente e L’Ordine 15
1.5 - L’Universo 20
1.6 - Materia, Nebulose, Stelle, Pianeti 25

Lezione 2 32
2.1 - Gli Spiriti Solari 32
2.2 - L’Anima Mundi 40
2.3 - Il Mulino del Tempo 46
2.4 - Il Fabbro dei Mondi 51
2.5 - L’Ordine Superiore 55
2.6 - Il Principio della Vita 62

Lezione 3 69
3.1 - Le Gerarchie Galattiche 69
3.2 - Le Civiltà Umane Extraterrestri 73
3.3 - Le Civiltà Aliene Extraterrestri 78
3.4 - Il Consiglio delle Galassie 80
3.5 - La Via Lattea 87
3.6 - Il Braccio di Orione 92

Appendice I 95
Appendice II 97
1

PARTE I - Cosmogenesi

Lezione 1

1.1 - Il Nulla
Nessuna forma, sostanza, emanazione, essenza, luce. Il Vuoto Assoluto, così come l’Assoluto
ha utilizzato quel Vuoto per comprendersi. L’Assoluto è al di là di ogni nostra comprensione umana
e nessuna espressione, similitudine o descrizione che noi possiamo concepire, potrà mai darcene
un’adeguata idea. La Manifestazione comporta il formarsi dei Limiti, perciò possiamo soltanto carat-
terizzare l’Assoluto come l’Illimitato, così come lo è stato il Vuoto prima della Creazione. Nessuno
Spazio, Tempo o Punto, come una Cartella Vuota non-creata su di un Computer, ma già pensata
dal suo Creatore, in attesa di essere concepita e riempita di future Idee. Immoto, silenzioso più del
silenzio: muto, cieco, informe, non-grezzo, indefinibile, inconcepibile. Nulla di attualmente conosci-
bile nell’intelletto umano può dare una chiara descrizione di questo stato originario prima della na-
scita dell’Universo a noi oggi conosciuto.
Così come l’attuale Universo è per noi in buonissima
parte ancora sconosciuto, dato che abbiamo calcolato
che siamo in grado di vedere e/o percepire solo un mi-
sero e scarso 5% della sua Materia visibile, discono-
scendo il restante 95% composto di Energia e Materia
definita, erroneamente, Oscura, possiamo solo immagi-
narci tale Nulla attraverso l’Astrazione.
Il termine deriva dal latino abstractio e che a sua
volta riprende quello greco, aphàiresis, e che in senso
generico cerca di disvelare quel procedimento del pen-
siero per il quale si isola un elemento da tutti gli altri, ai
quali è comunque connesso, considerandolo come un
unico (e Assoluto) oggetto di ricerca.
Secondo la logica classica, è insieme alla generaliz-
zazione, un metodo per ottenere concetti universali, ap-
punto, ricavandoli dalla conoscenza sovra-sensibile.
Procedendo con questo metodo, mi avvarrò adesso del
contributo di vari passaggi, tratti tra i più antichi testi mitologico/religiosi del nostro pianeta.

«All’inizio, mio caro, null’altro vi era che l’Essere (sat) senza Dualità. Altri in verità dicono: ‘All’ini-
zio vi era il Non-Essere (a-sat), senza dualità; da questo Non-Essere nacque l’Essere’. Ma come
potrebbe essere possibile? Come può l’Essere nascere dal Non-Essere? In verità al principio delle
cose, c’era l’Essere Puro, unico e senza secondo.» (Chāndogya Upanishad VI, 2,1-2).

In questo modo il saggio Aruni1 pone il problema dell’origine degli Déi, del Cosmo e degli Uomini.
I metodi dello Yoga, che gli Ariani avevano quasi sicuramente imparato dagli abitanti più antichi
dell’India (i Dravidi-Mediterranei), erano arrivati ad essere consapevoli, attraverso l’introspezione, di
un Vuoto profondamente nascosto nel cuore dell’Essere Umano, di uno stato di assoluta immobilità
impossibile da descrivere, oltre il pensiero ed il sogno, della stessa percezione e della Conoscenza,
oltre persino dello Spazio e del Tempo. Si erano persino chiesti a cosa poteva corrispondere tale

1 Aruni (VIII secolo a.C.), indicato anche come Uddalaka o Uddalaka Aruni, è un venerato saggio vedico

dell'induismo. Menzionato in molti testi sanscriti di epoca vedica, i suoi insegnamenti filosofici sono tra i pezzi
centrali del Brihadaranyaka Upanishad e del Chandogya Upanishad, due delle più antiche scritture Upanisha-
diche. Un famoso insegnante vedico, Aruni visse alcuni secoli prima del Buddha, attrasse studenti provenienti
da regioni lontane del subcontinente indiano, alcuni dei suoi studenti come Yajnavalkya sono ancora oggi
venerati per le loro idee nelle tradizioni indù; sia Aruni che Yajnavalkya sono tra gli insegnanti di Upanishad
più frequentemente menzionati nell'induismo. Egli si pose domande metafisiche, sulla natura della realtà e
della verità attraverso l’osservazione costante del cambiamento. Da queste domande, inserite in un dialogo
con suo figlio, presenta il concetto di Ātman (Anima, Sé) e Sé Universale, di immutabile ed eterno.
2

stato misterioso e fondamentale, questo nucleo Vuoto dell’Essere Vivente. Ogni volta che tentiamo
di arrivare alla sorgente di un qualsiasi aspetto del Manifesto, tendenzialmente siamo portati a pen-
sare che esista, al di là delle forme o delle apparenze, ed il modo più evidente per definirlo è il
continuum. I filosofi indiani concepirono allora il Vuoto Assoluto come un continuum senza limiti,
indifferenziato e indivisibile che chiamarono Etere (Ākāśa o Akasha) in cui poi furono costruite tutte
le suddivisioni successivi dello Spazio Relativo.
La percezione visibile che abbiamo dei corpi celesti nell’Universo visibile, e dei loro movimenti,
crea un’illusione in cui la ripartizione appare fittiziamente reale soltanto per le nostre limitate capacità
di comprensione, perché in realtà, secondo la filosofia indiana, “lo spazio interno della giara non è
veramente separato dallo spazio esterno.” Non vi era alcuna distinzione quando la giara non era
ancora stata fabbricata, non ve ne sarà quando sarà riempita, come nemmeno ve ne sarà quando
si frantumerà. Questo continuum, pertanto, non potrà essere distinto nemmeno durante l’esistenza
della giara stessa, perché essa è solo un’apparenza. Lo Spazio, le sue divisioni, classificazioni,
forme, etc., sono soltanto illusioni e le loro dimensioni esistono solo nell’ottica della percezione.
Il Nulla è quindi potenziale principio della futura esperienza e corrisponde perfettamente alla bea-
titudine, la gioia pura, assoluta, che non è altri la natura ultima dell’esistenza stessa.

«Egli (L’Essere Assoluto), in verità [non] è [che] sensazione.» (Taittirīya Upaniṣhad 2,7)

Per questo motivo i meditatori ricercavano l’esperienza della beatitudine, senza limiti, perché im-
plicava per loro raggiungere la realizzazione del Tempo Assoluto, l’attimo presente delle cose, l’eter-
nità, liberandosi così da qualsiasi legame. E lì si trova l’abisso primordiale, la bocca spalancata, la
giara, la caverna che canterà, il singing o supernatural ground degli Eschimesi, la fessura nella roc-
cia delle Upanishad o il Tao degli antichi cinesi, da cui il mondo sarà emanato “come un albero”,
tutte immagini del primigenio Nulla o Vuoto o del Non-Essere, da cui spirerà il soffio appena perce-
pibile del Creatore, perché quando questo soffio o suono, nato dal Vuoto, frutto di un pensiero farà
vibrare il Nulla, si propagherà, creando lo Spazio. L’abisso primordiale è, per i miti antichi, un “fondo
di risonanza” e il suono che ne scaturisce deve essere considerato come la prima forza creatrice,
che nella maggior parte delle mitologie è personificata nei successivi Dèi Cantori (sub-creatori).
3

«Quando in alto non aveva nome il Cielo, quando in basso non aveva nome la Terra [...] Quando
i giuncheti non erano ancora fitti né i canneti visibili; quando nessun dio era ancora apparso né aveva
ricevuto alcun nome, né subito alcun destino...»

Così è narrato nella cosmologia assiro-babilonese all’interno di un poema appartenente alla Bi-
blioteca del re Assurbanipal (VII secolo a.C.), in sette tavolette d’argilla che furono rivenute negli
scavi di Ninive, in Mesopotamia.

(GRC)
«Ἦ τοι μὲν πρώτιστα Χάος γένετ᾽, αὐτὰρ ἔπειτα
Γαῖ᾽ εὐρύστερνος, πάντων ἕδος ἀσφαλὲς αἰεὶ
[ἀθανάτων, οἳ ἔχουσι κάρη νιφόεντος Ὀλύμπου,
Τάρταρά τ᾽ ἠερόεντα μυχῷ χθονὸς εὐρυοδείης,]
ἠδ᾽ Ἔρος, ὃς κάλλιστος ἐν ἀθανάτοισι θεοῖσι,
λυσιμελής, πάντων δὲ θεῶν πάντων τ᾽ ἀνθρώπων
δάμναται ἐν στήθεσσι νόον καὶ ἐπίφρονα βουλήν.
Ἐκ Χάεος δ᾽ Ἔρεβός τε μέλαινά τε Νὺξ ἐγένοντο•
Νυκτὸς δ᾽ αὖτ᾽ Αἰθήρ τε καὶ Ἡμέρη ἐξεγένοντο,
οὓς τέκε κυσαμένη Ἐρέβει φιλότητι μιγεῖσα.»

(IT)
«Dunque, per primo fu il Chaos, e poi
Gaia dall'ampio petto, sede sicura per sempre di tutti
gli immortali che tengono le vette dell'Olimpo nevoso,
e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade,
e poi Eros, il più bello fra gli dèi immortali,
che rompe le membra, e di tutti gli dèi e di tutti gli uomini
doma nel petto il cuore e il saggio consiglio.
Da Chaos nacquero Erebo e nera Nyx.
Da Nyx provennero Etere e Hemere
che lei partorì concepiti con Erebo unita in amore.»2

Originariamente la parola Chaos, per i greci antichi, non aveva l’attuale connotazione di “disor-
dine”, e che sovente ritroviamo nell’uso della parola comune “Caos”, perché all’epoca veniva inteso
come “Spazio Beante”, “Spazio Aperto”, “Voragine”, da qui anche “fesso, fenditura, burrone", quindi
simbolicamente "Abisso" e dove vi sono anche "tenebrosità e oscurità". Esiodo lo descrive come
eghèneto, non il principio quindi, ma ciò che da questo per primo appare, che non esisteva dall’Eter-
nità, che si manifesta d’improvviso perdurando persino anche dopo che si saranno sviluppati gli Dèi,
in quanto Spazio di Fondo, o un Buco Nero dell’Universo.
In essa si ravvisa, quindi, la personificazione astratta dello stato primordiale di “Vuoto”, il gorgo
buio che risucchia ogni cosa in un abisso senza fine, la gola spalancata, anteriore alla generazione
del Cosmo dalla quale emersero i successivi Dèi e gli Uomini. La cosa più interessante di Esiodo,
che ricordiamoci è stato un poeta greco antico del VIII-VII secolo a.C., è che questo Chaos non
coincide con quello che i posteri filosofi, a partire da Talete3, identificarono come il principio di tutte
le cose o in Anassimandro4 che lo concepì nel termine Archè5, ma l’origine di cose che prima non
erano, l’Entità Eterna ma che non esiste dall’Eternità stessa.
Ma la Teogonia di Esiodo è qualcosa di molto più profondo ed iniziatico, si tratta del secondo
poema epico della Grecia antica giuntoci interamente, dopo i due poemi omerici, dove il poeta qui

2 (Esiodo, Teogonia, 116-125. Traduzione di Graziano Arrighetti, in Esiodo Opere: 1998 Einaudi-Gallimard;
2007 Mondadori, p. 9)
3 Talete di Milèto (Mileto, 640 a.C./625 a.C. - 547 a.C. circa) è stato un filosofo greco antico, comunemente

è considerato, da Aristotele in poi, il primo filosofo della storia del pensiero occidentale.
4 Anassimandro (Mileto, 610 a.C. circa - 546 a.C. circa) è stato un filosofo greco antico presocratico e il

primo cartografo.
5 L'Archè (in greco ἀρχή, «principio», «origine»), rappresenta per gli antichi greci la forza primigenia che

domina il mondo, da cui tutto proviene e a cui tutto tornerà.


4

tenta di dare ordine all'inestricabile sistema di racconti e dei personaggi divini della mitologia greca,
partendo da un preciso punto storico di origine del Cosmo, proseguendo fino alla vittoria dei 12
Olimpi contro i Titani nella Titanomachia.
Il poema cosmogonico inizia con un inno alle Muse che si avviano all'Olimpo, dove Esiodo fa un
breve excursus della sua iniziazione come poeta, voluta per desiderio divino sul Monte Elicona, parte
poi il racconto delle origini degli Dèi, dove all'inizio non esisteva altro che il Caos, abisso senza
fondo, da cui nacquero, come abbiamo letto, Gea (la Terra), il Tartaro e poi Eros.

[Magnum Chaos, dalle tarsie del coro di Santa Maria


Maggiore di Bergamo.]

«Principio degli esseri è l'infinito ... da dove infatti gli


esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione se-
condo necessità: poiché essi pagano l'uno all'altro la
pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del
tempo.» (Anassimandro, in Simplicio, De physica, 24, 13)

Dopo queste bellissime riflessioni dei nostri più grandi


pensatori del passato, non possiamo però tenere almeno
in considerazione le ultime scoperte scientifiche in mate-
ria cosmologica, ovvero, di quella scienza che ha come
oggetto lo studio dell’Universo nel suo insieme e che
cerca di spiegarne la sua origine ed evoluzione.
Legata strettamente alle radici storiche mitologiche, fi-
losofiche e religiose del pensiero umano sull’origine di tutte le cose (Cosmogonie), così come nei
grandi sistemi filosofico-scientifici pre-moderni, quali il sistema Tolemaico, l’attuale Cosmologia è
una scienza fisica nella quale convergono diverse discipline, come l’Astronomia, l’Astrofisica, la Fi-
sica della Particelle, la Relatività Generale, etc.
Tra le più interessanti teorie in circolazione vi è quella del Modello Ciclico dell’Universo, dopo
che, secondo una ricerca, furono scoperte delle onde concentriche nella radiazione cosmica di
fondo. Anni fa, analizzando questa radiazione cosmica di fondo, o CMB (Cosmic Microwave Back-
ground, la radiazione elettromagnetica residua del Big Bang che permea tutto l'Universo nello spettro
delle microonde), alcuni ricercatori notarono degli “anelli”, simili ai cerchi concentrici generati da un
sasso lanciato in uno stagno, all’interno dei quali la temperatura è più uniforme che nel resto della
CMB, ed inizialmente ipotizzarono che fossero tracce di collisioni tra Buchi Neri avvenute in un Uni-
verso precedente.
Quando due Buchi Neri si scontrano emettono onde di energia dette onde gravitazioni, e quanto
più massici sono i Buchi Neri, più numerose e potenti saranno queste onde. A loro volta, queste
onde, distorcono la trama dello Spazio-Tempo, lasciando traccia del loro passaggio in forma di anelli
concentrici; lo stesso processo, quindi, sarebbe avvenuto tra il passaggio o il riciclaggio tra un Uni-
verso pre-esistente al nostro attuale, ed ipotizza che potrebbero essere esistiti o esisteranno in futuro
persino innumerevoli altri universi.
Ogni Ciclo dell’Universo ha una durata di lunghezza inimmaginabile, molto più dei 13,7 miliardi di
anni di cui si calcola essere l’età corrente del nostro Universo. All’inizio di un nuovo Ciclo avviene
quindi un Big Bang, a cui fa seguito, nel corso del tempo e nel nuovo Universo appena nato, un’evo-
luzione continua dove il magma informe di particelle omogenee si fa via via più ordinato in un insieme
di strutture sempre più complesse, composto poi di Galassie, Stelle, Pianeti, eventuali forme di Vita,
etc.
Contemporaneamente l’Universo si espande ad una velocità sempre maggiore, probabilmente
per l’effetto della misteriosa Energia Oscura, che causa anche l’espansione accelerata del nostro
Universo, e inevitabilmente, tutta la Materia, viene fagocitata dai Buchi Neri Super-Massicci annidati
nel cuore delle galassie più grandi, come anche nella nostra Via Lattea.
I Buchi Neri, crescono, scontrandosi e fondendosi, diventando dei mostri cosmici di proporzioni
immense, ed alla fine arriverebbero a consumare tutta la Materia a disposizione. Dopodiché, come
spiegato anche nella teoria di Stephen Hawking del 1970, una volta che questi Buchi Neri smettono
5

di fagocitare Materia, iniziano ad “evaporare”, perdendo la loro massa sotto forma di radiazioni e,
passati molti miliardi di anni ancora, l’Universo tornerebbe ad essere un mare di particelle uniformi.
A questo punto, l’Universo subisce la sua ultima trasformazione, perché contraendosi in un punto
di dimensioni infinitesimali, si crea nuovamente una singolarità, condizione per il verificarsi di un
nuovo Big Bang, pertanto, tale teoria, spiegherebbe un’infinita sequenza di universi che si “riciclano”
l’uno nell’altro e di cui il nostro sarebbe il più recente.

Nell’immagine di sinistra la Relatività Generale prevede che all’origine, nel momento del Big
Bang, tutta la Materia presente nel nostro Universo doveva essere concentrata in un unico punto,
una “singolarità”, a densità e curvatura dello Spazio-Tempo infinite. Nell’odierna Cosmologia, però,
l’idea che la Relatività preveda il raggiungimento di valori infiniti, significa che non è una teoria adatta
a descrivere il Big Bang stesso, in quanto l’infinito nel mondo fisico si presume non esiste.
Da qui nasce la “singolarità adimensionale” con una “sfera primordiale” a densità finita, inserita
in un contesto di continuità con Universi precedenti o paralleli, e se ci pensiamo bene non è poi
dissimile dalla visione indiana della giara, dove “lo spazio interno della giara non è veramente sepa-
rato dallo spazio esterno”, in quanto non vi era alcuna distinzione quando la giara non era ancora
stata fabbricata, non ve ne sarà quando sarà riempita, come nemmeno ve ne sarà quando si fran-
tumerà…
Questo continuum, come già sopra descritto, non potrà essere distinto nemmeno durante l’esi-
stenza della giara stessa, perché essa è solo un’apparenza, pertanto, lo Spazio, le sue divisioni,
classificazioni, forme, etc., sono soltanto illusioni e le loro dimensioni esistono solo nell’ottica della
percezione, ed il Nulla sarebbe nient’altro che potenziale principio della futura esperienza, così da
corrispondere perfettamente alla beatitudine, la gioia pura, assoluta, che non è altri la natura ultima
dell’esistenza stessa.
6

1.2 - Il Pre-Universo e i Multi-Versi

"Siamo tutti parte di un disegno più grande,


il problema è che ci accontentiamo
solo dello scarabocchio."

Ma prima del nostro Universo cosa c’era? Quante volte avrete letto questa domanda in chissà
quanti articoli su giornali, riviste specializzate, siti internet o sui Social. A questa domanda possiamo
al momento rispondere con un “nessuno lo sa” e che qualsiasi teoria in merito è puramente concet-
tuale. Possiamo fare delle ipotesi di lavoro su cui iniziare un cammino di ricerca, incrociare dati per
dare valenza più ad una teoria rispetto che all’altra, ma attualmente il livello della nostra compren-
sione non è ancora in grado di concepire, anche lontanamente, tutto questo. Se è potenzialmente
da prendere in considerazione la teoria per la quale, scientificamente, il nostro Universo sarebbe il
risultato di un altro precedente, in un consequenziale o infinito “riciclo cosmico”, si potrebbe teoriz-
zare che persino l’Universo che ci ha preceduto, così come quello che seguirà dopo la fine del no-
stro, sarà esattamente uguale all’attuale ma con un surplus di dati in più.
Per spiegarvi questo concetto, apparentemente difficile, utilizzerò la metafora delle Cartelle di un
Computer. Immaginate di posizionare - e se siete davanti al vostro PC, potrete sperimentarlo diret-
tamente, dal momento che avrete fatto questa operazione chissà quante volte -, tre Cartelle nel
vostro Desktop, una di fianco all’altra. Al centro posizionerete una Cartella nominandola Universo, a
sinistra una Cartella nominandola Pre-Universo e sulla destra, un’altra Cartella nominandola Post-
Universo.

Tutte e tre le Cartelle suono vuote e devono essere riempite e per farlo vi avvarrete del Computer
stesso come Fonte di Informazioni che andrete ad inserire all’interno della Cartella. Seppure pos-
siate riempire indistintamente una delle tre Cartelle come meglio preferite, distribuendo tali informa-
zioni liberamente, anche frazionandole, avete però deciso di avviare un processo per accumula-
zione, che partendo dalla Cartella del Pre-Universo una volta raggiunto un certo Limite, tali informa-
zioni verranno trasferite tutte o in parte in quella successiva, la Cartella dell’Universo, e dove anche
in questo caso, conclusosi un Ciclo, le informazioni saranno trasferite nell’altra Cartella del Post-
Universo e così via.
Pertanto, queste tre Cartelle o Universi, o chissà quanti altri, potenzialmente possono già coesi-
stere in simultanea uno di fianco all’altro, come Pre-Universi in quanto Vuoti e nell’attesa di essere
riempiti, ma anche come Multi-Versi in quanto coesistenti. In quest’ultima possibilità, a seconda delle
regole decise, e modificabili anche in corso d’opera, alcune Cartelle potranno portare avanti questo
esperimento di accumulazione del Materiale in esso contenuto, e che facendo esperienza, condurrà
7

a nuove soluzioni, ma potranno nel Desktop coesistere anche altre infinite Cartelle che non intera-
giranno mai con tale processo, operando indipendentemente da esso.

Ovviamente tutte queste Cartelle potrebbero essere cancellate con un semplice Click dal
proprio Creatore, e in qualsiasi momento…

A questo punto sorgono ulteriori domande che necessitano di una risposta. Esiste pertanto un
Computer con uno Schermo o Desktop in cui si trovano tutte queste potenziali Cartelle/Universi, - e
tali possono essere considerati lo Specchio o lo strumento dell’Operatore/Creatore seduto davanti -
, che sfruttando i mezzi che il Software mette a sua disposizione per creare dati, andrà poi ad inserirli
all’interno delle varie Cartelle/Universo per dare inizio a questo processo esperienziale. Perciò il
Vuoto iniziale contenuto in ogni Cartella è come la metafora della Giara indiana, perché nulla toglie
che, oltre di essa, possano esisterne altre con all’interno lo stesso Vuoto, in attesa di essere riempito.
Quel Vuoto però è illusorio, in quanto contenuto all’interno di un altro Contenitore inizialmente
Vuoto, e che solo la volontà del Creatore potrà cominciare a riempire di dati, informazioni e idee.
Questo implica che Computer e Creatore siano anche separati e che il Computer possa essere
un’estensione o lo Specchio delle operazioni del Creatore per operare, lavorare e comprendere sé
stesso, proprio come sto facendo personalmente in questo istante, scrivendo questo Corso, o tu
lettore, leggendolo magari seduto davanti al tuo Computer.
Comprendo che a questo punto le domande sarebbero innumerevoli a cui dare risposta, perché
ci viene subito spontaneo chiedersi quale sia la natura di questo Computer, dove si trovi il Creatore
stesso, e in che ipotetico Spazio agisce, se ha fabbricato personalmente quel Computer, se addirit-
tura è stato realizzato da Altri. Tutte domande che al momento non avranno risposta.

«Ask veitk standa,


heitir Yggdrasill
hár baðmr, ausinn
hvíta auri;
þaðan koma döggvar
þærs í dala falla;
stendr æ of grænn
Urðar brunni.»

«So che un frassino s'erge


Yggdrasill lo chiamano,
alto tronco lambito
d'acqua bianca di argilla.
Di là vengono le rugiade
che piovono nelle valli.
Sempre s'erge verde
su Urðarbrunnr.»6

Yggdrasill nell’antica mitologia


norrena, è l'Albero Cosmico o l'Al-
bero del Mondo. Secondo Völuspá
sarebbe un frassino, mentre per Ro-
dolfo di Fulda, monaco benedettino
del IX secolo, che lo denomina come
Irminsul è invece un tasso o una
quercia, (alberi comunque sacri
presso i popoli del Nord Europa); il
suo nome significa con ogni proba-
bilità "Cavallo di Yggr", in quanto il
termine "Cavallo" è la metafora per

6 Edda poetica - Völuspá - Profezia della Veggente


8

"forca", "patibolo", mentre Yggr è uno dei tanti nomi di Óðinn (Odino), in questo caso con il riferi-
mento al mito secondo cui Óðinn, alla ricerca della sapienza superiore, rimase appeso per nove
giorni e nove notti all'Albero Cosmico, sacrificando così "sé stesso a sé stesso".
Questo Albero sorregge con i suoi rami i Nove Mondi nati dal sacrificio di Ymir: Ásaheimr, Mondo
degli Asi, Álfheimr, Mondo degli Elfi, Miðgarðr, Mondo degli Uomini, Jötunheimr, Mondo dei Giganti
(Jötunn), Vanaheimr, Mondo dei Vani, Niflheimr, Mondo del Gelo (o della nebbia secondo altre ver-
sioni), Múspellsheimr, Mondo del Fuoco, Svartálfaheimr, Mondo degli Elfi Oscuri e dei Nani ed Hel,
Mondo dei morti. Questi Nove Mondi costituiscono l'intero Universo.
Esso sprofonda sin nel regno infero mentre i suoi rami sostengono l’intera volta celeste così come
è il luogo dell’Assemblea quotidiana degli Dèi che vi giungono cavalcando il ponte di Bifrost (l’Arco-
baleno), vigilato dal dio Heimdallr.
Guarda caso, in informatica, un Albero o struttura ad Albero è un aggregato di dati che si ricon-
duce al concetto di Albero con Radice presente nella Teoria dei Grafi7. Tale Albero si compone di
due tipi di sottostrutture fondamentali: il Nodo, che in genere contiene informazioni, e l’Arco, che
stabilisce un collegamento gerarchico fra due nodi, un po’ come il Bifrost norreno; si parla allora di
un Nodo Padre dal quale esce un Arco orientato che lo collega ad un Nodo Figlio.

Ma non è tutto, perché ogni Nodo può avere al massimo un unico Arco entrante mentre dai diversi
nodi possono uscire diversi numeri di archi uscenti. L’Albero, inoltre possiede un unico Nodo privo
di Arco entrante e questo viene detto Radice (Root) dell’Albero stesso, e ogni Nodo che non presenta
archi uscenti è detto Foglia, così come in ogni Albero Finito, cioè con un numero finito di nodi, si
trova almeno un Nodo Foglia; un Nodo, inoltre, può essere contemporaneamente Padre (se ha archi

7
I grafi sono strutture matematiche discrete che rivestono interesse sia per la matematica che per un'ampia
gamma di campi applicativi. In ambito matematico il loro studio, la Teoria dei Grafi, costituisce un'importante
parte della combinatoria; i grafi inoltre sono utilizzati in aree come topologia, teoria degli automi, funzioni spe-
ciali, geometria dei poliedri, algebre di Lie, così come si incontrano in vari capitoli dell'informatica (ad esempio
per schematizzare programmi, circuiti, reti di computer, mappe di siti). Essi inoltre sono alla base di modelli di
sistemi e processi studiati nell'ingegneria, nella chimica, nella biologia molecolare, nella ricerca operativa, nella
organizzazione aziendale, nella geografia (sistemi fluviali, reti stradali, trasporti), nella linguistica strutturale,
nella storia (alberi genealogici, filologia dei testi), etc.
9

uscenti) e Figlio (se ha un Arco entrante, ovvero se è diverso dalla Radice), così come solitamente
ogni Nodo porta con sé le Informazioni e anche una Chiave con cui è possibile identificarlo univoca-
mente all’interno dell’Albero.

Arrivati a questo punto del nostro viaggio nella comprensione dell’Universo, gli universi pre-esi-
stenti e i Multi-Versi, non penserete che sia finita qua, perché per spiegarvi in modo ancora più
semplice tale concetto, richiamerò alla vostra memoria una tradizione che ogni anno, nel mese di
dicembre, specie in occidente, realizziamo nelle nostre case: l’Albero di Natale!

Il nostro Albero di Natale è la perfetta metafora dell’Albero Cosmico, dell’Albero di Odino, dell’Al-
bero Informatico, del principio stesso del Tao, perché ogni palla o sfera appesa, al suo interno Vuota,
rappresenta un Universo a sé che coesiste insieme a tutte le altre appese su ogni ramo.
Gli Alberi da sempre affascinano gli uomini per la loro longevità che nel tempo è in grado di
collegare varie successive generazioni umane, per la sua potenza espressa dai tronchi poderosi, la
maestosa dimensione delle chiome, tanto da essere utilizzato sin dall’antichità come metafora co-
smica, attribuendogli sacralità. Simbolo universale è ravvisabile nella: Quercia di Zeus e Pan, l’Olivo
di Atena, il Mirto di Afrodite, il Fico di Dioniso e Marte, il Cipresso, tuttora simbolo di morte presso
molti popoli e caro al Dio degli Inferi Plutone, la Vite a Dioniso, il Salice di Osiride, il Sicomoro di
Hator, la Mela e la Rosa erano il frutto e il fiore sacro di Afrodite, in Egitto la Rosa era sacra ad Iside,
come i Pomi d’Oro erano coltivati nel giardino sulle pendici del Monte Atlante.
L’idea dell’Albero Rovesciato ha avuto una diffusione impressionante, che va da Platone a Dante,
dalla Siberia, la Scandinavia all’India, e qualsiasi paese questa metafora abbia raggiunto, ha assunto
le forme in natura a lei più congeniali ed appropriate: il Frassino nel Nord Europa, l’Olivo nei paesi
islamici mediorientali e nord africani, la Betulla e il Larice in Siberia, il Ficus in India. Tutto questo a
dimostrare come il comportamento umano, nei riguardi del mito, rifletta il desiderio di cogliere nell’es-
senziale del mondo le origini di ogni cosa, il “Centro”, l’inizio assoluto quando furono creati gli Uomini
e il Cosmo. Per questo motivo l’Albero di Natale viene allestito e così addobbato durante le festività
del mese di dicembre, perché nella ricorrenza cristiana della nascita del Cristo, in realtà si celebra
la venuta alla luce del Bambino Cosmico, metafora dell’Universo appena nato.
L’Albero Cosmico è il mediatore tra le profondità della Terra e quelle siderali del Cielo, non è un
caso che nella mitologia induista l’Universo sia diviso in sette continenti concentrici, ognuno circon-
dato da un oceano e riconosciuto nominalmente dall’Albero da cui gli abitanti traggono beneficio.
Non è nemmeno un caso che sotto le fronde di un Ficus, il Buddha ebbe l’Illuminazione (o Risveglio).
L’Uomo nasce, quindi, dall’Albero (come similmente avveniva anche nella tradizione druidica) e,
alla sua morte, viene sepolto in un albero cavo, restituito alla Dèa Madre, o l’Albero che lo partorì. E
a dimostrazione dell’esistenza di una matrice comune di base dalla quale tutti i popoli antichi hanno
10

attinto per comprendere la Realtà della Natura che osservavano, ci viene in aiuto anche Platone, il
celebre filosofo greco antico che ci racconta che l’uomo è una pianta celeste, un Albero Rovesciato,
le cui radici protendono verso il Cielo e i rami verso la Terra. Molti secoli più tardi anche il nostro
sommo poeta Dante, nel Purgatorio della sua Divina Commedia (Canti XXII e XXV) descrive due
Alberi Rovesciati, vicino al vertice della montagna, immediatamente sotto il piano dove è situato il
Paradiso Terrestre; essi, è evidente sono l’Albero della Vita e del Bene e del Male presenti nella
Genesi biblica, di cui le Anime del Purgatorio hanno fame e sete, ma di cui non possono nutrirsene
e salire.
Carl Gustav Jung8 durante le sedute con i suoi pazienti si accorse che ad una quantità conside-
revole di essi, nei loro momenti di crisi, gli appariva un Albero come sorta di sostegno del processo
di integrazione e della propria crescita. Inizialmente, senza avere alcuna idea del simbolismo insito
in questa rappresentazione arborea, queste persone sognavano, dipingevano o sentivano la neces-
sità di camminare nei boschi, traendo beneficio dai loro poteri terapeutici. Sostanzialmente, l’Albero
che i suoi pazienti vedevano, rappresenta l’Inconscio, il tronco la Mente Conscia e la chioma l’Indi-
viduazione, l’Anima dell’uomo, che tramite questo simbolo universalmente diffuso, conduce l’indivi-
duo integrato a ritrovare il suo “Centro” o “Cerchio” completo, trasmutando alchemicamente tutti gli
aspetti della propria personalità.
Fondamentalmente ogni Uomo è un Albero Cosmico, e in quanto tale un Mondo, un Universo a
Sé, ma che coesiste insieme a tutti gli altri in un piano dimensionale fatto di tanti Uomini o Multi-
Versi, simili ma differenti ed unici, e dove l’eterno Ciclo della Nascita, la Maturità e la Morte (Rina-
scita) rappresentano le tre fasi del Pre-Universo, dell’Universo, e del Post-Universo descritte inizial-
mente in questo capitolo.

8 Carl Gustav Jung (Kesswil, 26 luglio 1875 - Küsnacht, 6 giugno 1961) è stato uno psichiatra, psicoanalista,

antropologo e filosofo svizzero, una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico e psicoanalitico.
La sua teoria e conseguente tecnica, di derivazione psicoanalitica, è chiamata "psicologia analitica" o "psico-
logia del profondo". Inizialmente vicino alle concezioni di Sigmund Freud, se ne allontanò nel 1913, dopo un
processo di differenziazione concettuale culminato con la pubblicazione, nel 1912, di La libido: simboli e tra-
sformazioni. In questo libro egli esponeva il suo orientamento, ampliando la ricerca analitica dalla storia del
singolo alla storia della collettività umana. Secondo Jung, di fatto, esiste un inconscio collettivo che si esprime
negli archetipi, oltre a un inconscio individuale, dove la vita dell'individuo è vista come un percorso, chiamato
processo di individuazione, di realizzazione del sé personale a confronto con l'inconscio individuale e collettivo.
11

1.3 - Il Caos

Nell’Antico Egitto il concetto di Caos raggiunse livelli tali di ricerca da lasciare sconcertati, facen-
doci intuire la raffinata speculazione filosofica raggiunta da una civiltà, che ricordiamo, è durata nella
Valle del Nilo ininterrottamente per ben 3000 anni. Per gli egizi il Caos era un concetto astratto, un
determinismo associato al Caso prima della creazione del Mondo, risultante essere il concorso di
più teorie intrecciate e proveniente da epoche e località differenti, facente parte di un processo na-
turale evolutivo di teologie, spesso senza continuità ma apparentemente contraddittorie.
Centro focale di tale sviluppo, nei secoli, furono ovviamente i Templi, veri e propri centri di potere,
dove la casta sacerdotale aveva anche una rilevanza politica, oltreché teologica. Principali centri
dove fiorirono le Dottrine della Creazione furono Eliopoli, Ermopoli e Menfi, ma non mancarono di
dare anche il loro contributo le città di Abydos e Tebe, ognuna con la propria organizzazione filoso-
fica; tutte, però, erano accomunate dalla stessa visione: il Mondo era creato da Ra, il Nun l’elemento
primordiale e nel quale si ricercava la Maat.
E tutte raccontavano, seppur con le dovute differenze, che dal Caos esistente nacque successi-
vamente il Cosmo, inteso come Maat, unica forza positiva in grado di contrastarlo nella sua casualità
indifferenziata e nella sua voluta causalità di distruzione. L’equilibrio primigenio era molto delicato e
l’antico popolo egizio viveva nel costante terrore che la forza negativa di Isef, contrapposta a Maat,
in quanto manifestazione terrena del Male, sarebbe riuscita a sopraffare quella positiva contribuendo
così alla distruzione dello stesso Mondo.

Questa eterna lotta, secondo la magia egizia o la Sacra Scienza, era rappresentata da Ra, divinità
suprema, e dal serpente Apopi. Ogni giorno, Ra, con l’aiuto della Luce e quindi dell’energia positiva,
identificata nella magica divinità di Heka, vinceva l’oscuro Caos simboleggiato dal nero serpente e
rigenerava il Mondo. Così, Atum-Ra, con la sua barca solare percorreva il Cielo durante il giorno fino
al tramonto, invecchiato spariva dietro l’orizzonte occidentale per potersi incarnare in Atum-if-Ra,
divinità con la nera testa di Ariete e dove, alla settima ora della notte, affrontava il serpente Nehahor,
una forma di Apopi che voleva in tutti modi impedire il rigenerarsi costante della Creazione; final-
mente sconfitto il nero serpente, Atum-if-Ra, proseguiva il suo cammino sino a ricomparire all’alba
come Khepri, una delle settantacinque forme di Ra-Harakhti.
Apopi, per gli egizi, era una potenza autorigenerante e che doveva essere sconfitto ogni notte,
fino alla fine del tempo, sino a quando il Nun non avesse nuovamente travolto il Mondo. La Scienza
Sacra, pertanto, aveva lo scopo di procrastinare il più possibile nel tempo questo momento, in quanto
12

il Caos, con la sua incessante opera di disgregazione, minacciava persino le divinità generate dalla
Creazione e che, per quanto potenti, non vi si potevano recare salvo farsi rigenerare successiva-
mente da Osiride con i suoi immensi poteri.
L’opporsi al Caos da parte della casta sacerdotale e i loro complessi riti, altro non era che la
conoscenza donata da Ra all’Uomo, e che per mezzo della sua Mente poteva agire sulla causa delle
forze, dove quindi il sovrano e il sacerdote divenivano strumenti divini di questo rituale e nel quale
l’Offerta a Maat, ne era il fulcro. Il Faraone operava anche con le divinità, per la sopravvivenza di
entrambe queste forze all’interno dell’Armonia Cosmica e della Società Umana, in un atto di difesa
che veniva realizzato con particolari offerte nella Sala delle due Maat, specchio di quella cosmica
ed umana.
Ma non è tutto, perché secondo la Cosmogonia Ermopolitana, fu il Caos che generò quattro cop-
pie di divinità, l’Ogdoade, ognuna con una caratteristica ben precisa: la coppia Nun e Nunet era
l’elemento di acqua primordiale, la coppia Huh e Huhet caratterizzava l’infinito, la coppia Kuk e Keket
le tenebre, mentre Amon e Amonet erano l’invisibile. In questa visione, pertanto, questo Caos era
un liquido primevo, infinito nel Tempo e nello Spazio, buio e invisibile.

Adesso dall’Antico Egitto proiettiamoci millenni più avanti e arriviamo ai giorni nostri. Coincidenza
vuole che nella moderna Cosmologia, esista una Teoria dell’Inflazione (dal termine inglese inflation
che nel suo significato originario derivato dal latino inflatio, sta per “gonfiaggio”). Fondamentalmente,
questa teoria ipotizza che l’Universo, poco dopo il Big Bang, abbia attraversato una fase di rapidis-
sima ed estrema espansione, dovuta all’intervento di una grande pressione negativa.
La Teoria stima che l’Inflazione sia avvenuta intorno a 10 alla meno 35 secondi dal Big Bang, sia
durata intorno a 10 alla meno 30 secondi, e abbia aumentato il raggio dell’Universo di un fattore
enorme, tra 10 alla 25 e 10 alle 30 (circa un miliardo di miliardi di miliardi di volte). L’ipotesi più
accreditata spiega che sia stata generata da un campo di energia chiamato inflatone, forse originato
da uno stato instabile dovuto alla non immediata rottura spontanea di simmetria delle forze fonda-
mentali dopo una transizione di fase quantistica. Questo campo, caratterizzato da una grande ener-
gia di punto zero, avrebbe avuto il ruolo di costante provocando l’espansione quasi esponenziale
dell’Universo, ma al termine della breve fase, l’espansione sarebbe ripresa al ritmo precedente se-
guendo un processo riconosciuto standard dalla cosmologia. Sostanzialmente, a differenza del mo-
dello tradizionale del Big Bang, questa forza avrebbe allontanato due oggetti ad un ritmo sempre più
rapido fino a superare la barriera della velocità della luce, creando così i presupposti di una disgre-
gazione dell’humus cosmico primordiale ma che in qualche maniera è stato poi successivamente
ripristinato.
13

Oltre all’Orizzonte Cosmico9, tale ipotesi risolve diversi rilevanti problemi concettuali o paradossi,
fra questi il dilemma della presunta piattezza dell’Universo (geometricamente a curvatura pari a 0),
l’assenza di difetti topologici osservati (come i monopoli magnetici), previsti invece da altre teorie.
Le fluttuazioni quantistiche, all’interno della regione microscopica ingrandita, dell’Inflazione a dimen-
sioni cosmiche, sarebbero all’origine di piccole disomogeneità gravitazionalmente instabili e che,
con il passare delle ere cosmiche, sarebbero cresciute fino a dare origine a strutture più complesse
quali Galassie, Ammassi di Galassie, etc.
Secondo alcune teorie, sarebbe stato l’inflatone a stirare lo Spazio grazie alla creazione di una
Forza Antigravitazionale, quindi, in base al modello inflazionario, la piattezza dell’Universo, a scapito
di una geometria chiusa o aperta, sarebbe strettamente collegata all’uniformità stessa del Cosmo,
seppure recenti osservazioni svolte in questi ultimi anni su alcune supernove o ammassi di galassie,
hanno indotto gli astronomi a optare per l’ipotesi di un Universo curvo e aperto.

Adesso ritorniamo nell’Antico Egitto. Apopi lo abbiamo visto, era l’incarnazione archetipica delle
Tenebre, del Male e del Caos e antitesi della dea Maat, che rappresentava invece l’ordine e la verità.
L’etimologia del suo nome è forse da ricercare in qualche lingua semitica occidentale, nel significato
di “strisciare” unito a quello egizio di “volare attraverso il cielo, viaggiare”; più tardi gli furono attribuiti
ulteriori significati quali anche “Colui che fu sputato fuori”. Nemico oscuro del Dio-Sole Ra, portatore
invece della Luce e garante di Maat (che impersonava l’ordine cosmico), cercava ogni giorno di
impedirgli di sorgere minacciandolo durante il suo viaggio attraverso il Duat, l’aldilà egizio, grazie
alla barca solare della notte, Mesektet. Signore del Caos, in quanto incarnazione del Male, Apopi
veniva immaginato come un gigantesco serpente o un possente pitone, con epiteti quali “Serpente
del Nilo” e “Malvagia Lucertola”, a volte associato anche ad un ippopotamo, un orice, una tartaruga
o persino figure umane come morti ribelli, nemici stranieri, etc.
Sovente riconosciuto anche
nel ruolo di Demiurgo (figura di
cui parlerò più in dettaglio nei
prossimi capitoli), la storia
della perpetua guerra tra Apopi
contro Ra, fu elaborata durante
il Nuovo Regno (ca. 1550 a.C.-
1069 a.C.) e narrava che que-
sto essere doveva costante-
mente trovarsi al di sotto del-
l’Orizzonte (Cosmico?), e in
quanto tale identificato come
una creatura dell’Oltretomba.
In altre narrazione veniva nar-
rato che egli tendeva un ag-
guato appena prima dell’au-
rora nella “Decima Regione
della Notte”, tanto che la molti-
tudine di luoghi nei quali si rite-
neva che potesse trovarsi, gli
guadagnò anche l’epiteto di “Colui che cinge il Mondo”.
Altri miti lo descrivevano originariamente a Capo degli Dèi, spodestato poi da Ra, relegato nel
Mondo Inferiore, oppure li relegatovi a causa della sua natura. Derivante dal Caos Primordiale, po-
teva essere combattuto e reso innocuo per un certo tempo, ma non poteva essere distrutto, rappre-
sentando così, nell’eterno conflitto con Ra, lo scontro ancestrale della Dualità. Dal momento che si

9 L'Orizzonte Cosmico è, secondo la teoria del Big Bang, il fronte più avanzato dell'espansione dell'energia
nell'Universo. Ad oggi, l’analisi scientifica, postula un Universo finito ed in espansione dove l’Energia e la
Materia si espandono propagandosi in tutte le direzioni. Per comprenderlo si prenda ad esempio un palloncino
che viene gonfiato: l’Orizzonte sarà la superficie del palloncino, che aumenta con il tempo. Recenti studi sem-
brano dimostrare che esso è in continua espansione, che sembra essere sempre più veloce, accelerato, come
dimostrato dalle osservazioni del red shift (aumento continuo della velocità di espansione tra i corpi celesti),
dove la radiazione appare spostata verso il rosso quanto più una Galassia è lontana da noi.
14

riteneva che vivesse nel Regno Infero, con i suoi versi, oltre a procurare terrore e paura, si diceva
che poteva divorare le anime e per questo motivo, nel mentre Ra veniva venerato, Apopi era oggetto
di una vera e propria contro-venerazione. Nel grande tempio di Amon a Karnak i sacerdoti svolge-
vano dei particolari rituali per aiutare Ra a resistere ai suoi attacchi, in modo da poter continuare il
suo ciclo vitale sulla Terra. In un rito annuale, detto de “La Messa al Bando del Caos”, i sacerdoti
costruivano una sua effigie che ritenevano potesse contenere tutto il Male e la Tenebra dell’Egitto,
per poi bruciarla e assicurare l’ordine nel paese per un altro anno, in un modo poi non tanto dissimile
dai falò di inizio anno dell’Italia settentrionale o dalle pratiche di molte altre culture del mondo.

L’Universo da bambino era molto diverso da quello attuale, non c’erano Stelle, Galassie, Pianeti,
forme di vite. Dopo lo “scoppio” iniziale vi fu un lungo periodo oscuro, un’epoca remotissima dove
non esisteva niente se non un grande buio che inghiottiva ogni angolo del Cosmo. I ricercatori attra-
verso le loro indagini sono riusciti a risalire ad un’emissione o radiazione cosmica più prossima a
quel periodo, e attualmente sono arrivati a studiare un tempo che corrisponde a 380 mila anni dopo
il Big Bang, quando avvenne il disaccoppiamento tra Materia e Luce, ma prima di esso l’Universo
era caldo, denso e dove la Materia e la Luce erano completamente “mischiate”. Nel momento in cui
avvenne però questo disaccoppiamento, la Luce poté finalmente sfuggire alla Materia, iniziando a
propagarsi nello Spazio e consegnandoci la sua immagine. L’Universo, pertanto, ha attraversato
un’era di completo buio, un’epoca che gli astrofisici chiamano “Età Oscura”, dove non si erano for-
mate ancora le prime stelle e tutto era completamente al buio. Non è chiaro quando si sono accese
le prime stelle, concludendo questo periodo di tenebra, ed iniziando una nuova fase di reionizza-
zione, facendo sospettare che questo nuovo passaggio sia stata indotto persino da qualche sorgente
esotica di energia.

Il nostro attuale Universo,


come abbiamo già letto, non è
che una piccola zona dell’esi-
stente, il cosiddetto Universo Os-
servabile e che corrisponde ad
un misero 5% della Materia visi-
bile. Il suo aspetto attuale non è
che una lunghissima sequenza
di fasi e di processi trasformativi
che lo hanno portato ad essere
ciò che è, forgiato da forze che in
buona parte ancora non cono-
sciamo e che cerchiamo in ogni
di comprendere attraverso le mo-
derne speculazioni scientifiche,
così come i Miti delle grandi Ci-
viltà del passato, attraverso le
loro archetipiche metafore, ci di-
mostrano ancora una volta l’alto
livello di conoscenze che avevano raggiunto o acquisito. Perché nell’Apopi egizio è evidente la
straordinaria somiglianza con quella fase di buio o inflazione dell’Universo appena nato, la cui vora-
cità di questa Divinità del Male è ravvisabile in quel “gonfiaggio” e in quella “schiuma” originaria di
Materia ibrida, dove si è giocato velocemente uno scontro titanico di forze tali da condizionare pe-
santemente tutte le successive fasi di sviluppo cosmico, e che hanno poi portato alla condizione
attuale in cui ancora oggi viviamo e facciamo esperienza, cercando al tempo stesso di studiarla e
comprenderla. Perché è nel momento in cui si accesero le prime Stelle che tutto cambiò, e la Luce
per continuare ad essere, iniziò a compiere un proprio rituale magico, così come Ra (ma anche il
successivo Apollo), aiutato dalle sue divinità, intraprende ogni giorno ed ogni notte, passando per
l’intero arco del Cielo…
15

1.4 - La Mente e L’Ordine

“Ci sono tante forme di Luce,


ma non tutte illuminano.”

<<Questa è un’esposizione della dottrina religiosa, innanzitutto a proposito della creazione pri-
mordiale di Ohrmazd e della contro-creazione dello Spirito Malvagio; poi sulla modalità della crea-
zione del Mondo, dal Principio sino alla Fine, come appare dalla religione mazdea; poi su ciò che ha
il suo principio dalla Parola e si riferisce alla Distinzione Suprema, che cosa e come è, secondo la
buona religione.10

È dottrina rivelata che Ohrmazd si trovava - circondato di Luce - nell’Altezza Suprema, onni-
sciente e buono, per tutto il Tempo Illimitato: quella Luce è il luogo il sito di Ohrmazd e alcuni la
chiamano la Luce Increata. Quella onniscienza e quella bontà sono il suo vestito, che qualcuno
chiama “Religione”. Il tempo di quel vestito è infinito come Ohrmazd, e Bontà e Religione, per tutto
il tempo che egli dura, furono, sono e saranno.
Ahriman soggiornava nel profondo, circondato di tenebra e fornito di post-scienza e brama di
sangue. La brama di sangue è il suo vestito e quelle tenebre sono il suo luogo: alcuni la chiamano
la “Tenebra Increata.”
Il mezzo ad essi c’è il Vuoto - alcuni lo chiamano
Vento - dove ora si trova la Mescolanza. Ambedue
sono limitati ed illimitati, poiché l’Altissimo, cioè la
Luce Increata si dice non abbia Principio ed il Pro-
fondo, cioè la Tenebra Increata è illimitata; ma, in di-
rezione del confine che li separa, ambedue sono fi-
nite, ché in mezzo a loro c’è il Vuoto e una con l’altra
non sono unite. Dunque, ambedue queste entità tra-
scendenti sono in sé stesse limitate. Inoltre, per l’on-
niscienza di Ohrmazd, tutto è a lui noto ed egli cono-
sce la misura delle cose limitate e illimitate contenute
in ambedue le entità trascendenti. Inoltre, il dominio
completo della creazione Ohrmad al tempo del Co-
rpo Futuro durerà fino all’eternità, e ciò significa illi-
mitatezza. La creazione di Ahriman sarà annientata
a quel tempo, prima del sorgere del Corpo Futuro, e
questa è limitatezza.
Ohrmazd, mediante la sua onniscienza, conobbe
che lo Spirito Malvagio esisteva e che si sarebbe lan-
ciato verso l’Alto, per invidiosa brama; sapeva come
si sarebbe mescolato (con gli elementi buoni), come
avrebbe avuto luogo l’Origine, come la Fine, e con
quali mezzi l’Origine sarebbe avvenuta, quali e quan-
te forze cosmiche avrebbero apportato la Fine.
Egli creò allora - in un piano trascendente - la
creazione per la quale quelle forze erano necessarie.
Tremila anni la creazione rimase in stato trascen-
dente, stato in cui le creature erano non-pensanti,
non-moventisi, non-agenti. Lo Spirito Malvagio, per
la sua post-scienza, era inconscio della qualità di Ohrmazd: allora da quella profondità egli s’innalzò,
andò fino al confine della Stella delle Luci. Allorché vide la Luce di Ohrmazd immobile, si scagliò
fuori per distruggerla, spinto da brama di sangue e profonda invidia, poi si precipitò oltre, verso l’Alto.
Poi vide il valore, la vittrice potenza migliore della sua, e di nuovo corse nelle tenebre e creò molti
demoni.

10 “Bundahishn, ovvero della Primordiale Creazione”, testo religioso zoroastriano. Traduzione di Alessan-

dro Bausani, Edizioni Paoline (1962).


16

Quella creazione distruttrice era bramosa di lottare con Ohrmazd e quando quest’ultimo vide la
non-degna creazione dello Spirito Malvagio, la sua creazione orrenda, puzzolente, abissale, ignara,
da lui quegli esseri non furono lodati. Poi, lo Spirito Malvagio, vide la molto degna creazione di Ohr-
mazd, creazione eccelsa, onnisciente, e diede lodi alle sue creature. Allora Ohrmazd, poiché cono-
sceva il modo dell’azione che avrebbe portato alla fine della creazione, andò incontro allo Spirito
Malvagio e gli offrì la pace, e disse: “O Spirito Malvagio! Porta aiuto alle mie creature! Loda! Affinché
tu, come ricompensa per questo, divenga immortale, senza vecchiaia, senza fame, senza sete!” Il
che significa: “Se tu non cominci la lotta, tu stesso non sarai reso impotente, e ne verrebbe utilità, in
più, a tutti e due.” Al che rispose lo Spirito Malvagio: “Non porterò aiuto alle tue creature, né darò
lode, ma distruggerò te e la tua creazione fino alla consumazione dei secoli. Mi leverò e renderò
amica a me e nemica a te tutta la tua creazione!”
Spiegazione di questo è che egli credette che Ohrmazd fosse in imbarazzo e che per questo gli
offrisse la pace, e che - non accettando - egli avrebbe potuto sostenere una lotta con lui. Allora disse
Ohrmazd: “Non hai fatto tutto tu, o Spirito Malvagio! Perché me tu non potrai giammai annientare,
poiché non potrai portare le mie creature a tal punto che non possano poi ritornare in mio possesso!”
Poi Ohrmazd con la sua onniscienza conobbe: “Se non determinerò il tempo della sua lotta, egli
potrà lottare e mescolarsi alla mia creazione eternamente, e allora egli potrà stabilirsi nella mesco-
lanza della creazione e appropriarsene.” Ancor oggi ci sono infatti fra le creature molti uomini che
esercitano più la colpa che la rettitudine e cioè indulgono più di tutto alla volontà dello Spirito Malva-
gio.
E disse Ohrmazd allo Spirito Malvagio: “Stabilisci un tempo, affinché io, secondo questo patto,
possa per novemila anni condurre la lotta contro di te”, poiché sapeva che, prendendosi quel periodo
di tempo lo avrebbe reso innocuo. Allora, questi, per impotenza a vedere la fine del tutto, accettò
questo periodo di tempo, così come due uomini stabiliscono il tempo della tenzone dicendo: “Met-
tiamoci oggi d’accordo per iniziare la lotta la prossima notte.”
Ohrmazd sapeva anche, con la sua onniscienza, che di questi novemila anni, dapprima per tre-
mila anni sarebbe valso in tutto il suo volere, poi per tremila anni, nel periodo della Mescolanza,
sarebbe ugualmente valso il suo volere che quello di Ahriman, indi, nell’estrema lotta, avrebbe potuto
rendere impotente il suo avversario e lo avrebbe trattenuto dal minacciare le sue creature. Poi Ohr-
mazd creò l’ahuvar, pronunciando la strofa yathahuvairyok di ventun parole. Allora mostrò allo Spi-
rito Malvagio la sua vittoria finale e la sua riduzione all’impotenza, la distruzione dei demoni, la Re-
surrezione, il Corpo Futuro e la liberazione delle creature dal Male, in eterno.
Lo Spirito Malvagio quando vide la riduzione di sé stesso all’impotenza, e l’annientamento dei
demoni tutti, crollò privo di conoscenza, e di nuovo precipitò nelle Tenebre, così come si dice nella
religione rivelata: “Quando ne fu detto un terzo, per il terrore si dileguò la forza dello Spirito Malvagio;
quando ne furono recitati due terzi, lo Spirito Malvagio cadde in ginocchio; quando fu recitata tutta,
egli divenne impotente.” Lo Spirito Malvagio dunque, impotente a far del male alle creature di Ohr-
mazd, giacque, abbattuto, tremila anni.>>

La Manifestazione è ciò che permette al-


l’Idea o alla Visione di prendere forma e ri-
portare un ordine narrativo a ciò che presu-
mibilmente potrebbe essere accaduto all’O-
rigine del Tempo, nel momento in cui la
Creazione divenne in essere. Abbiamo visto
con quanta dovizia di particolari, i Miti, rac-
contino tutti le prime fasi della nascita e la
formazione del nostro Universo, ovviamente
con una metafora fantastica, tipica di quei
racconti che i genitori o i nonni utilizzano per
i bambini per raccontare loro il mondo che
lentamente stanno imparando a conoscere;
così il Mito assurge la stessa funzione di
raccontare all’Uomo, ancora Bambino Co-
smico, la centralità della sua posizione in
questo immenso scacchiere universale.
17

La Natura della Manifestazione, perciò, consiste proprio in questo, nell’incontro fra ciò che è per-
cepito e chi percepisce, fra potere dell’Illusione e quello dell’Ignoranza, fra Cosmo ed Essere Vivente
(non necessariamente senziente). La Creazione, pertanto, nasce sempre da un volere, intimamente
legato tra la Conoscenza e l’Azione (Cre-A-zione), ma pur sempre velato dall’Incoscienza. La fonte
della Conoscenza è nell’Io so di non sapere di Socratica memoria, perché questa è l’unica azione
che può essere utilizzata per arrivare sino all’Inconoscibile, o alla Sophia della successiva Gnosi.

«Ella, di cui neppure l’Essere immenso e gli altri Dèi possono comprendere la forma, è chiamata
l’Inconoscibile. Ella, di cui non può essere trovato il limite, è chiamata l’Illimitata. Ella, che è presente
in ogni luogo, è chiamata l’Unica. Ella è la coscienza trascendente in ogni conoscenza. È il vuoto in
tutti i vuoti. Ella, al di là di ciò che non è affatto al di là, è chiamata l’Inaccessibile (Durga).»
(Devi Upanishad, 26-28)

L’Universo, perciò, cambia in base alla percezione che gli esseri viventi hanno di lui, così come
noi Umani siamo in grado di studiarne solo un misero 5% del suo intero (un 95% ricordo è costituito
di Materia ed Energia definita Oscura, al momento per noi ancora incomprensibile), anche gli Animali
ne percepiscono un livello ancora più inferiore, limitato alla loro sfera di azione terrestre. La perce-
zione, a cui è intimamente connessa l’individualità, ci permette, quindi, di poter comprendere la realtà
di un Cosmo che altrimenti rimarrebbe all’interno della nostra inconsapevolezza, totalmente illusorio.
Questo, inoltre, ci fa comprendere un assioma fondamentale, ovvero che “non possiamo qualcosa
che non sia già in noi”, ed è qui che nasce il Concetto di Dualità.
Che cosa è la Natura? Qualcosa di non Artificiale mi rispondereste. E che cosa è Artificiale?
Qualcosa di estraneo a quello che già esiste, mi direste ancora. Il vostro rispondermi sarebbe quindi
spontaneo, ma illusorio, in quanto parte di un meccanismo di riconoscimento, perché ognuno di noi
vive in una casa fatta di cemento e non in mezzo ad un bosco, eppure consideriamo la nostra dimora
il luogo più naturale dove poter vivere.
18

Adesso potrei chiedervi di nuovo che cosa è Naturale e Artificiale? Il fatto di essere abituati ad un
ambiente artificiale per mera comodità, anche inconscia, da considerarlo confortevole, quasi natu-
rale. E qui risiede la nostra discrasia duale, fin tanto non arriveremo a considerare qualsiasi crea-
zione una modifica, e in quanto tale un atto Artificiale, e che solo facendo esperienza di Sé e acqui-
sendo una propria Coscienza, può diventare a sua volta anch’esso naturale; rimanendo ovviamente
solo un artificio vuoto se privo di Coscienza. Essendo comunque entrambi parte della stessa energia
di trasformazione, Natura e artificio (o Artificiale) sono in realtà la stessa cosa, differendo solo per il
grado di Coscienza raggiunto.
In questa ottica, qualsiasi Mondo Celeste o Infernale, così come il Bene e il Male, esistono sol-
tanto nella misura in cui sono presenti in uno Spirito che li percepisce, perché li si situa l’esperienza,
dove gli sforzi che facciamo per conoscere il Mondo esterno sono limitati dalla Conoscenza di Sé
stessi. Qualsiasi percezione del Mondo esterno è solo una proiezione del nostro Mondo interiore,
per questo motivo, l’intero Pantheon Universale, composto di Dèi, Angeli, Demoni, Extraterrestri o
Alieni, Spiriti, Anime, etc., è alla fine di tutto il riflesso o lo specchio della vita interiore dell’Uomo.

«Gli Dèi rappresentano le inclinazioni dei sensi illuminati dalla rivelazione.»


(Śaṅkarācārya, commento alla Chāndogya Upaniṣad I, 2,1).

La Coscienza non esiste, la


Coscienza è il Nulla. Potenzial-
mente è in Essere, ma effettiva-
mente può anche non manife-
starsi mai. La Coscienza è un
procedimento di accumulo e vi-
ene a formarsi per il sommarsi
di esperienze e dalla capacità di
ricordarsi e saper discernere ta-
le processo. Tutte le esperien-
ze, in quanto tali, sono illusorie,
sono programmi che ripetendo-
si all’infinito, permettono al sog-
getto di avviare tale processo di trasmutazione, ma la Coscienza in sé è come il Nulla cosmico delle
origini, un Vuoto assoluto, una Giara di fattura indiana, in attesa di essere riempita e così compresa,
sia al suo interno che all’esterno di Sé.
La Coscienza Umana è necessariamente legata ad una nozione di Individualità (o Unicità), così
come la Coscienza Universale risiede nel Sé (l’Ātman induista11). L’Immensità senza Forma, nella
Coscienza, è sperimentato come Vuoto, Silenzio, Oscurità Totale nella regione senza limiti che spa-
zia oltre lo Spirito, oltre l’Intelletto. Essa viene percepita dall’Uomo nel suo Io più profondo che lo
accomuna a tutti gli altri Esseri Viventi, un Oceano senza forma del Sé da dove emerge la natura
più essenziale di ognuno di noi. [Per questo motivo dovete rimanere presenti. I vecchi schemi a volte
si ripresenteranno, ma imparando ad osservarli, ad accettarli e ad amarli anche così come sono,

11
Ātman (devanāgarī आत) è un termine sanscrito di genere maschile, che indica l'Essenza o il Soffio Vitale,
sovente tradotto anche col pronome personale riflessivo di terza persona, Sé. Esso trae il significato da varie
radici an (respirare), at (andare) va (soffiare). Nel Śatapatha Brāhmaṇa, uno dei commentari in prosa dei Veda
probabilmente composti in un periodo compreso tra il X secolo l'VIII secolo a.C., questa descrizione come
"essenza" e "soffio che dà la vita" propria del Ṛgveda viene interpretata come una unità, trascendente ed
immanente al tempo stesso, di tutta la Realtà Cosmica, e in questo senso un analogo del Brahman. Le suc-
cessive riflessioni degli Āraṇyaka, con l'importanza data alla «Coscienza di Sé» (prajñātman), e poi delle Upa-
niṣad, intorno all'VII-IV secolo a.C., iniziano a delineare l'ātman come Sé Individuale distinto eppure inscindi-
bile dal Sé Universale (Brahman). Nelle Upaniṣad il termine "ātman" ricorre innumerevoli volte ed è il perno
centrale sul quale ruota tutta la riflessione filosofica, una ricerca sull'essenza ultima dell'individuo dove il ter-
mine indica via via il Corpo, il Soffio Vitale, la Coscienza Spirituale, il vero soggetto dell'uomo, il Sé del Mondo,
e come elemento ultimo in questa scala ricostruita, Brahman medesimo.
19

capirete che tutto deve scorrere come un torrente limpido e fresco di montagna per arrivare sino
all'Oceano. E lì, in quel mare, troverete voi stessi.]

«Questo [Sé] risplende, immenso, luminoso, inconcepibile, più sottile del sottile, più lontano del
lontano [pur essendo] proprio qui, assolutamente vicino, celato nel cuore dei veggenti.»
(Mundaka Upanishad III, 1,7)

La Natura dell’Universo è illusoria, e questa Illusione è Energia di cui l’Universo è interamente


permeato. La sua potenza può essere paragonata ad una deliberata immaginazione mentale, il
“Pensiero dell’Essere Cosmico” di cui l’Universo sarebbe un apparente materializzazione. L’Energia
veicolata attraverso l’immaginazione o l’idea, prende quindi forma, sottile o materiale che sia, perché
“l’Entità che ha la visione dell’Universo” vi si rispecchia al suo interno infinitamente, e nella quale Dèi
e Uomini, Sfere, Pianeti o Atomi, costituiscono la sua manifestazione.

«Colui il quale conosce il vasto spazio racchiuso nella caverna del cuore, realizza tutti i desideri
ed entra in contatto con l’Immensità.» (Taittirīya Upaniṣad 2,1)

Tutte le esperienze dell’Anima sono esperienze di una identità, per questo motivo la Coscienza
o l’Assoluto è chiamato Sé nella filosofia induista, perché incarnando il Sé di ciascun essere indivi-
duale, manifestandosi nella Dualità, l’uno vede, odora, tocca, gusta, parla, ascolta, pensa, conosce,
l’altro; la separazione che è al tempo stesso non-separazione. La parola contiene un’informazione
ed essa ha il potere di evocare immagini e idee, tramite il processo in cui il pensiero, dapprima
informe e caotico, diventa gradualmente definito; lì si manifesta e diventa l’Universo conoscibile.
Il Verbo, incarnandosi, è l’origine di tutte le apparenze, il Cosmo è di conseguenza la sua espres-
sione, la formulazione di una idea originaria, imperitura, una parola che ha preso forma. Il Creatore
è il Verbo e il Verbo, manifestandosi nella Parola, è un Suono.

«Il luogo [dove si forma l’idea], lo strumento [che permette la sua manifestazione], la prima ten-
denza [verso l’idea], la Coscienza che si illumina e in cui non esiste ancora la suddivisione in parole,
formano il Verbo trascendente (para-vak). Il primo impulso mentale, come un germoglio che scatu-
risce da un seme invisibile, costituisce il Verbo visualizzato (pashyanti). Il suono potenziale che di-
venterà veicolo dell’Idea e il Verbo intermedio (madhyama). [L’Idea prende una forma verbale silen-
ziosa.] Il suono esteriorizzato sotto forma di sillabe articolate è il Verbo manifesto (vaikhari).»
(Swami Karapatri, Shri Bhagavati tattva, Siddhanta, vol. V)
20

1.5 - L’Universo

Comprendere l’Universo in cui viviamo è un’impresa assai ardua, come altrettanto complesso è
lo studio che cerca di comprendere come si sia formato o è attualmente costituito. Come abbiamo
già analizzato nei precedenti capitoli, possiamo farlo attraverso uno studio analitico che comprenda
varie discipline tra le quali si compari il mito con l’astronomia, la filosofia con l’introspezione perso-
nale, seppur rimanga l’oggettiva difficoltà nel mettere la parola fine a questo incredibile mistero,
diventa però interessante quel viaggio che porta ognuno di noi, non solo a sperimentare una serie
di fenomeni inspiegabili, ma anche a chiedersi quale siano le nostre origine, indissolubilmente le-
gate, tra l’altro, a quell’essenza stessa di cui è costituito.
Una famosa canzone degli anni ’70 aveva un ritornello divenuto celebre che recitava “Noi siamo
Figli delle Stelle”, ma se andiamo a ben vendere era anche l’epoca in cui, in America, un grande
scienziato passato alla storia con il nome di Carl Sagan, affermava per la prima volta che: “Noi siamo
parti di Stelle che raccolgono la Luce delle Stelle”, ed oltre noi a Umani, in quella Materia di cui sono
formate le Stelle, si possono anche includere le forme di vita Extraterrestri, e persino gli Dèi.
Questo Cammino, pertanto, inizialmente vuole soltanto essere uno strumento di approfondimento
nei riguardi di un Regno quasi mai esplorato, perché da qualunque parte vi si penetri, ne rimaniamo
prigionieri, in quanto la sua complessa circolarità, è del tutto simile ad un labirinto di cretese memo-
ria. Questo labirinto, inoltre, non possiede un percorso deduttivo come non assomiglia ad un orga-
nismo racchiuso in sé, ma piuttosto non è poi dissimile ad una monumentale “Arte della Fuga” di
bachiana memoria, dove Teseo non è altri che la parte che ognuno di noi deve interpretare per po-
terne uscire vittoriosi.
Albert Einstein affermò che
“Ciò che è inconcepibile dell’Uni-
verso, è che esso sia concepi-
bile”, perché per quanto sia diffi-
cile comprenderlo, l’Uomo non si
è mai arreso di fronte alla sua
vastità, così come non si ar-
rende e continua a tutt’oggi ad
andare avanti, scoprendo conti-
nuamente milioni e milioni di re-
mote galassie od oggetti distan-
ti miliardi di anni luce che sopraf-
fanno qualsiasi precedente teo-
ria.
La Scienza dell’Astrofisica si
protende continuamente su or-
dini di grandezza sempre più vasti, quasi da perderne i contorni, i confini, anche della propria Mente
(e qui il passo successivo sarebbe la schizofrenia), e se nel mentre l’Uomo moderno affronta conti-
nuamente il non-concepibile, restando ancorato nella sua forma, - specie come nel corso di quest’ul-
timi secoli -, sempre più accademica e conservatrice, l’Uomo arcaico, al contrario, manteneva ben
salda la sua presa sul concepibile inquadrandolo nel proprio Cosmo, specie interiore, in un ordine
temporale ed escatologico che avevano un senso e un destino ultimo, specie ultraterreno.

«Coloro che vedono il Sole unicamente come una sfera e ignorano la vita che lo anima, coloro
che vedono il Cielo e la Terra come due mondi non sapendo nulla della coscienza che li governa,
hanno una conoscenza molto limitata dell’Universo. Una Scienza che studia soltanto la parte inerte
delle cose, senza saperne cogliere la vita che le anima e la coscienza che le abita, è incompleta e
non porta ad una comprensione reale e duratura della loro natura.» (Vijayananda Tripathi, ‘Devata-
tattva’, Sanmarga, vol. III, pag.682)

Ogni qualvolta che affrontiamo il Mito della Genesi, quasi sempre descritto con sufficiente preci-
sione (non di rado anche in modo maniacale), un elemento acustico interviene nel momento decisivo
dell’azione: il Suono. Nell’istante in cui un Dio deputato a tale compito creativo, manifesta la volontà
di dare vita a Sé stesso o ad un altro Dio, o di far apparire il Cielo, la Terra oppure l’Uomo, egli
21

emette un Suono: espira, sospira, parla, canta, urla, tossisce, espettora, singhiozza, vomita, tuona
o suona addirittura uno strumento musicale. La fonte dalla quale emana il mondo è sempre acustica,
e questo Suono, nato dal Vuoto, è il frutto di un pensiero che fa vibrare l’intero Nulla e che, propa-
gandosi, crea lo Spazio Infinito. In questo monologo in cui il Corpo Sonoro costituisce la prima ma-
nifestazione percepibile dell’Invisibile, l’Abisso Primordiale, diventa, quindi, un “fondo di risonanza”
dove quel Suono scaturito deve essere considerato come la prima vera forza creatrice e che, nella
maggior parte delle mitologie antiche, è l’incarnazione degli Dèi-Cantori.
L’Idea del Mondo generato da un Canto deve avere avuto un’origine molto remota, dal momento
che la sua diffusione è riscontrabile in ogni angolo del pianeta, ma appare antichissima anche perché
non implica la preesistenza di uno strumento di lavoro più o meno perfezionato o anticipatore. Le
Civiltà tecnicamente più progredite, inoltre, ci mostrano spesso il Creatore con delle qualità più al-
chemiche, in quanto Vasaio, Falegname, Scultore o sovente un Fabbro, il quale dopo aver forgiato
i Corpi, comunica loro la vita mediante un grido, un’espirazione sonora o la saliva, dove l’idea del
Suono Creatore riappare con tutta la sua forza primordiale.

«Non so scrivere in modo poetico: non sono un poeta. Non so distribuire le frasi con tanta arte
da far loro gettare ombra e luce: non sono un pittore. Non so neppure esprimere i miei sentimenti e
i miei pensieri con i gesti e con la pantomima: non sono un ballerino. Ma posso farlo con i suoni:
sono un musicista.» (Wolfgang Amadeus Mozart)

Queste straordinarie parole del


nostro genio austriaco sembrano
quasi assurgere a fanciullesche vel-
leità demiurgiche, perché proprio
così doveva presentarsi l’artefice
del nostro Universo ai suoi primordi,
un essere che pur essendo consa-
pevole di saper fare poco, ma po-
tenzialmente in grado di poter fare
tutto, a parte emettere suoni, scelse
poi di fare dell’esperienza il suo nuo-
vo metro di lavoro e creativo; fu così
che tutto il Gioco Cosmico iniziò.
Osservando l’Universo dalla Ter-
ra nel nostro attuale tempo, vedia-
mo come grazie ai super-ammassi
riusciamo a raggiungere le più vaste
strutture cosmiche conosciute, men-
tre su delle scale ancora più grandi,
l’Universo cominci ad apparire note-
volmente uniforme e regolare. La Terra, il Sistema Solare, la Via Lattea tutta, sembrano quasi de-
viazioni a volte alquanto evidenti all’interno di un contesto distributivo uniforme di Materia, dove non
sorprendono tutta quella serie quasi infinita di immagini geocentriche dell’Universo, che la cultura
umana ha prodotto nella maggior parte della sua storia, indicando un ordine ancor più superiore,
persino mentale nel suo ordinamento.
L’idea di Democrito, del quinto secolo a.C., che le Stelle fossero distribuite uniformemente attra-
verso lo Spazio, sembra, fra le tante, quella dotata di maggiore pregnanza. Se ne interessò anche
Newton o vari sostenitori della Teoria degli Universi Isola, tra i quali Christopher Wren e Immanuel
Kant. Fu però Edwin Hubble che nel 1925 cambiò totalmente la nostra percezione di Universo, com-
piendo una rivoluzionaria scoperta, perché egli si accorse che le galassie si stanno allontanando da
noi con una velocità proporzionale alla loro distanza.
Nonostante queste visioni sembrano situarci in un luogo speciale, quasi centrale in questo Uni-
verso che si espande, non è difficile rendersi conto di come, in uno Spazio sufficientemente omoge-
neo, la stessa cosa sarebbe anche vera per ogni altra Galassia. Data l’enormità del Cosmo oltre
ogni umana comprensione, in qualsiasi punto si trovi un osservatore o osservatrice, vedrebbe l’iden-
tica immagine di galassie che viaggiano in ogni direzione. Come abbiamo ampiamente analizzato
22

nei precedenti capitoli, secondo la Teoria del Big Bang, l’Universo ebbe presumibilmente origine con
una “esplosione primigenia”, che riempì tutto lo Spazio Vuoto a partire da un preciso ed unico punto,
una Singolarità. Alcuni sostengono, inoltre, che questo punto sia stato grande pressappoco come
una Mela, forse anche più piccolo, ma tutti concordano che dopo questa iniziale e colossale defla-
grazione, ogni particella cominciò ad allontanarsi velocemente dalle altre.
Si pensa, inoltre, che nei suoi primi attimi l’Universo fosse una sorta di fluido o un gas caldissimo
di particelle elementari in rapidissima espansione. Per i Fisici delle Particelle, i primi attimi di questo
Universo infante, costituirono un acceleratore senza limiti di energia, ma nessuno si è mai chiesto
da cosa fosse scaturita tutta questa energia, all’apparenza inesauribile, o da quale fonte arrivasse.12

«Certi suoni inarticolati che a volte, senza volerlo, ci escono di bocca non sono altro che gemiti
irreprimibili di un dolore antico, come una cicatrice che all’improvviso si fosse fatta risentire.»
(José Saramago)

Se si potesse superare l’abisso che ci separa dalla Galassia di Andromeda e, una volta giunti sin
lì, si volgesse lo sguardo indietro verso la nostra, la Via Lattea, lo spazio ci offrirebbe sicuramente
un’immagine molto simile a quella della stessa Galassia dalla quale siamo partiti. Il nostro Sole non
apparirebbe come un oggetto di particolare rilievo nel grande sistema galattico, si andrebbe a con-
fondere insieme a tutte le altre stelle, e soltanto con un potente telescopio si potrebbe forse rivelarne
la sua debole luce tra una miriade di altri soli del tutto simili. Per quanto irrilevanti siano le stelle di
questa tipologia solare, il nostro Sole ha per noi una speciale importanza, perché sebbene una Ga-
lassia sia il più grande Sistema di Materia organizzato, l’interazione materica più importante si veri-
fica essenzialmente a livello stellare.
La Vita sulla Terra è indissolubilmente connessa al Sole, in quanto è l’equilibrio termodinamico
determinato dall’intesa produzione di calore al suo interno a fornire ai sistemi biologici sulla superficie
del nostro pianeta, l’energia di cui ha bisogno. Infatti, di tutte le stelle la più vicina a noi è proprio il
Sole, la nostra Stella, e per quanto possa sembrarci un luogo comune, l’averla così riconosciuta è
stata una grande conquista solo a partire dal Rinascimento. Pensate che la maggior parte degli
antichi pensatori, greci, babilonesi, egiziani o cinesi, credevano che ci fosse una distinzione fonda-
mentale tra il materiale della Terra e quello del Cielo, tra cui il Sole e le Stelle.
Quando osserviamo il paesaggio terrestre e vediamo il Sole che dardeggia i suoi raggi, ci risulta
alquanto difficile credere che sia lui che la Terra, siano in realtà composti della stessa Materia, dagli
stessi elementi. Il Sole è una sfera di gas molto caldo e le sue condizioni sono ovviamente estreme
rispetto a quelle presenti in qualsiasi luogo del nostro pianeta, almeno sino all’avvento di quella
mostruosa creazione umana che è stata la Bomba Atomica. La temperatura, alla superficie del Sole,
è di oltre 6.000 gradi centigradi ed al suo centro è di parecchi milioni di gradi, ciò nonostante, tutti gli
elementi scoperti sul Sole sono anche presenti sulla Terra.
Durante la notte, quando guardiamo in alto le Stelle, ci risulta così difficile immaginare che esse
possano avere una qualche connessione con noi, in quanto il cielo apparendoci così freddo e buio,
con i suoi puntini luminosi deboli e distanti, con la Luna pallida e solitaria, ci sembra quasi di occu-
pare un reame intermedio e sospeso. Fu però proprio il primo sguardo che Galileo Galilei rivolse alla
Luna, attraverso il suo telescopio, che disintegrò il concetto di una sostanza celeste distinta da quella
terrestre, dato che vide per la prima volta con i suoi occhi un paesaggio fatto di montagne e pianure,
non poi così dissimile dal nostro.

«Tutta la natura sussurra i suoi segreti a noi attraverso i suoi suoni.


I suoni che erano precedentemente incomprensibili alla nostra anima,
ora si trasformano nella lingua espressiva della natura.»
(Rudolf Steiner)

12
Ricordo che la Teoria del Big Bang tenta di descrivere come sta evolvendo il nostro Universo, non come
ha avuto inizio, e non sappiamo nulla su cosa esistesse prima che il nostro Universo iniziasse ad espandersi.
23

Il Mito continua ancora a parlarci, da un passato ancestrale, oscuro, nebuloso, utilizzando la sua
disarmante metafora, memoria di una fanciullesca età umana. Ed è proprio attraverso i suoi racconti
che più o meno concordi, si ravvisa la storia dei primi canti della creazione, i quali fecero emergere
il Chiarore o l’Aurora dalla più completa oscurità. I popoli primitivi attribuirono quel grido di Luce al
Sole, al canto di un gallo divino o al ruggito di una belva affamata, e tale suono è ravvisabile anche
nello strano “vagito” che gli scienziati sono riusciti, qualche anno fa, ad ascoltare avvicinandosi ai
primi momenti della nascita del Cosmo, riscontrabili nelle impronte delle onde gravitazionali provo-
cate dall'espandersi improvviso dell'Universo nei primissimi istanti dopo il Big Bang.
Nell’Antica Persia, la Luce fu evocata dal Toro Celeste di Ahura Mazdah, mentre la letteratura
vedica ci parla ancora di un “muggito” ma di una vacca luminosa, simboleggiante la nube gravida di
pioggia, tanto che nel Katha Upanishad si descrive l’Atman (o Essere Supremo), che si esteriorizzò
nella sillaba OM, come una luce intensa. I Tahitiani credono che la Luce creatrice provenga dalla
bocca del Dio Tane, secondo i Maori, invece, Dio creò l’Universo per mezzo di una parola che evocò
la stessa Luce, mentre in quelli polinesiani, Atua, cominciò il suo canto nel bel mezzo della notte e
il chiarore se ne sprigionò soltanto verso il mattino.
Quei canti sono dunque voci luminose, altre volte suoni che producono bagliori o chiarore, tanto
che in genere, i testi antichi, non sono molto espliciti a questo proposito: in diverse leggende il creato
viene emanato da un semplice Suono o da un Raggio di Luce, ed è molto probabile che la versione
originaria considerasse il Fuoco o il Sole-Cantore, come un elemento primordiale celato nelle acque
tenebrose e informe del Caos Cosmico. La Maitrayana Upanishad considera l’Ātman come il “Primo
Sole” da cui vennero emanati numerosi ritmi e che, dopo aver “sfavillato, versato pioggia e cantato
inni”, ritornarono alla “caverna” dell’Essere Supremo, così come anche la Dèa Amaterasu in Giap-
pone, la Dèa del Sole, si nascose in una grotta perché ferita dall'inaccettabile comportamento del
fratello Susanoo, gettando in tal modo il Mondo nell'Oscurità.

Non di rado questa Caverna sonora o luogo primordiale, sono simboleggiati da un Uovo splen-
dente o da una lucente Conchiglia dalla quale spunta, infine l’Astro Solare. In Egitto, ad esempio,
dopo che il Dio Amon sotto forma di Oca ebbe covato l’Uovo Solare, con la sua voce annunciò la
Luce e si aprì una fessura sul guscio da cui uscì fuori il Sole cantore; metafora antropologica che
simboleggia la Bocca che emette il primo canto della Creazione. Il simbolo dell’Uovo o della Caverna
può facilitare la comprensione di certe formule frequenti nelle culture antiche, in quanto gli Dèi “pro-
ducono”, “fecondano” per mezzo della bocca, si “nutrono” e “concepiscono” tramite l’orecchio, dimo-
strando un modo di esprimersi simbolico per significare che, durante le prime fasi della Creazione,
tutti gli atti erano di natura essenzialmente acustica.
Ed è cantando che gli Dèi realizzano la partenogenesi, caratteristica degli inizi della Creazione.
Thot, Dio della Musica, della Danza e della Scrittura, con velleità anche di divinità solare, come più
in generale i primi Dèi, si feconda da sé stesso, ridendo e lanciando grida di Luce. La scuola di Helio-
24

polis, inoltre, esponeva la storia della Creazione in due differenti versioni: la prima vedeva il Dio-
Sole generare gli altri Dèi per mezzo di un grido di Luce, mentre nella seconda, questo grido veniva
sostituito da un vero e proprio atto di masturbazione o da una espettorazione solare, non dissimile
da una tempesta geomagnetica (flare).
La Parola, il Sole, l’Uovo, etc., sono inizialmente immersi nella notte delle acque eterne e quando
evocano l’Aurora sono impregnati di umidità, tanto che nella Cosmogonia dei Dogon questa “parola
umida e luminosa” interviene in tutti gli stadi della prima fase della stessa Creazione. Situata tra
Tenebre e Luce sin dal primo giorno, sul piano umano la Musica si trova quindi immersa a metà tra
l’oscurità della vita inconscia e la chiarezza delle sue metafore visionarie, che diventeranno poi,
specie quest’ultime, rappresentazioni intellettuali delle più evolute e future Civiltà umane. Questo
linguaggio, inoltre, si dividerà ad un certo punto del suo cammino anche in tre fasi: una parte si
avvierà a divenire la Musica propriamente conosciuta, un’altra si incarnerà nel Linguaggio e nel
Pensiero logico, mentre un’ultima si trasformerà lentamente in Materia.
Non è nemmeno atipica la caratteristica che questi miti hanno di evocare, specie agli inizi della
Creazione, alcuni elementi concreti, quali: Acqua, Fuoco, Uovo, Testa, Penne, Animali, etc., es-
sendo oggetti già concepiti in quanto simboli materiali dei primi fenomeni puramente acustici. In
quella dimensione primordiale, umida, di tenebra e poi di luce, la Musica fu la sola ed unica realtà,
trasformata parzialmente in altri oggetti concreti soltanto dopo l’apparizione della Materia. Le “acque
eterne imporporate dai raggi dell’aurora” possono essere interpretate soltanto come un simbolo della
Musica primordiale, dove essa sembra composta ora di grida o sillabe magiche, gemiti o rumori
inarticolati, e nella quale, il linguaggio simbolico viene espresso chiaramente dalla sua identifica-
zione con l’Aurora, divenendo prototipo ermafrodita del principio concertante delle Forze della Na-
tura, degli Elementi, e che contribuiranno a dar vita all’intera Materia Universale.
25

1.6 - Materia, Nebulose, Stelle, Pianeti

Tutte le Stelle, compreso il nostro Sole, ci mostrano soltanto la loro “pelle” e sulla cui superficie
ci permettono di poter osservare un ventaglio straordinario ed estremamente interessante di feno-
meni: granuli, macchie, brillamenti, protuberanze, etc. L’incredibile lontananza le rendono, ai nostri
occhi di piccoli osservatori terrestri, nient’altro che semplici luci notturne nel buio firmamento, perché
di esse ci perviene solamente la loro radiazione, sorta di canto lontano attenuato dalla prodigiosa
attività interna che le mantiene attive.

«Il Sole, con tutti quei pianeti che girano intorno ad esso e da esso dipendono, può ancora ma-
turare un grappolo d’uva come se non vi fosse nient’altro da fare in tutto l’Universo.» (Galileo Galilei)

In questa ottica, una Stella è come


un enorme palla di gas calda e che per
milioni o miliardi di anni rimane ferma
al centro del suo Sistema, seppure si
sposti continuamente e a velocità im-
pressionanti all’interno della Galassia.
Sulla Terra siamo abituati al fatto che
una massa di gas libero abbia la ten-
denza a disperdersi, occupando tutto
lo spazio circostante, mentre al contra-
rio il gas di una Stella, ben lungi dal di-
sperdersi nello Spazio, resta confinato
in un volume ben determinato perché
la gravità assurge il ruolo di direttore
assoluto dell’organizzazione della Ma-
teria stessa di cui è formata.
Ciascun Atomo della Stella è attirato verso il Centro, l’attrazione permette tra tutti gli Atomi di
assicurare la coesione del gas e, attraverso la propria attrazione, ne costituisce la forma di una sfera
quasi perfetta. Grazie ad un meccanismo interno che ne vieta la contrazione, si fabbrica invece
calore, ovvero energia, e questa energia si propaga verso la superficie riuscendo a sostenere il peso
della Stella, disperdendosi sotto forma di radiazione una volta raggiunto lo Spazio esterno. La Gra-
vità è comunque quella forza che presiede alla Creazione e all’Evoluzione, ma è anche il germe
della loro futura morte, perché la vita di una Stella non è che una lotta disperata e continua contro il
proprio peso.
Una lotta incessante perché ad ogni tappa della propria evoluzione, una Stella trova sempre delle
nuove risorse per sostenersi, ma prima o poi la battaglia sarà persa perché la Gravità trionferà ed
essa collasserà su Sé stessa inesorabilmente. La Gravità è un dominio assoluto che plasma tutte le
grandi strutture universali, perché da essa nascono le Stelle, i Pianeti, gli Ammassi, le Galassie, co-
me dalla sua contrazione tutti questi oggetti, un giorno, troveranno la morte, ma anche la loro tra-
sformazione.
Come la pioggia, una Stella è una specie di goccia che si è condensata entro una nube di gas,
ma paragonata tuttavia alle condizioni che si trovano sulla Terra, si può affermare che una Stella si
forma dal Niente. Pensate che l’aria che respiriamo comunemente ogni giorno contiene circa trenta
miliardi di miliardi di Atomi per centimetro quadro, una nube interstellare, invece, non ne contiene
più di qualche decina, inoltre si estende su centinaia di anni luce e raccoglie una massa pari a
diverse migliaia di soli. La nube interstellare, non è solo rarefatta, ma persino fredda e nella quale le
polveri rappresentano solo un 2% della massa della nebulosa stellare, essendo il resto formato da
gas di cui il 78% composto da atomi di idrogeno, il 20% di atomi di elio e il 2% da tutti gli altri elementi.
Le polveri contengono la maggior parte degli elementi più pesanti e presenti in percentuale nella
conformazione dei pianeti: carbonio, ossigeno, ferro, silicio, magnesio. Le nubi più dense conten-
gono da 10.000 a un milione di molecole per centimetro cubo e hanno temperature di una decina di
gradi Kelvin, equivalenti a 263° sotto lo zero. Una simile nube resterebbe indubbiamente stabile
nella misura in cui la velocità di agitazione degli atomi, responsabile della temperatura, fosse suffi-
ciente a compensarne la gravitazione e che tenderebbe ad avvicinarli, ma ad un certo punto si forma
26

una perturbazione e che diviene poi instabile, perché la forza di gravità ad una temperatura così
bassa è maggiore della pressione termica esercitata dalle particelle di gas e polveri.
Ad oggi, la moderna scienza conosce diversi meccanismi per comprimere una nube e scatenarvi
la nascita delle Stelle. Nelle Galassie dette Spirali, le Stelle sono principalmente raggruppate in gi-
ganteschi bracci che emanano da un rigonfiamento centrale, e dove questi bracci ruotano lenta-
mente intorno ad esso; anche il nostro Sole, all’interno del Braccio di Orione, effettua un giro com-
pleto intorno al Centro della nostra Galassia in 225-250 milioni di anni.
Dal momento che questi bracci trasportano Materia, essi propagano un eccesso di densità il cui
movimento nel mezzo interstellare è accompagnato da una compressione che provoca la conden-
sazione di Stelle. Tutto questo movimento vibrazionale è quasi sicuramente acuito anche dalla morte
cataclismatica delle Supernove, nel momento in cui i loro frammenti vengono scagliati a velocità di
decine di migliaia di chilometri al secondo, trasformando, così, le nubi interstellari in nursery di Stelle.

Ma il vero miracolo si compie quando la nube interstellare inizia a comprimersi, diventa così opaca
e non appena smette di assorbire la Luce delle altre Stelle, si raffredda quasi fino allo zero assoluto,
gli Atomi della nube diventano allora tanto rallentati, quasi fissi, che la mutua attrazione gravitazio-
nale prende il sopravvento sul moto di agitazione interna. La ripartizione della Materia nella nube
non è mai del tutto perfettamente omogenea, vari grumi costituiti da Atomi si alternano a dei veri e
propri buchi, ma dato che la stessa Materia genera gravità, si verifica un eccesso di gravitazione
intorno a ciascuno di essi. Questi, poi, iniziano ad attirare irresistibilmente gli Atomi più prossimi o
vicini, lenti perché freddi, ma il loro potere attrattivo aumenta in ragione degli Atomi catturati e a quel
punto, i grumi, si trasformano in globuli più condensati che misurano qualche miliardo di chilometri
e raccolgono l’equivalente di diverse masse stellari.
A questo punto interviene un meccanismo chiave, l’Instabilità di Jeans, secondo il quale in un
mezzo disperso, una perturbazione di densità diviene instabile quando essa arriva ad una certa
massa critica, successivamente si separa dal mezzo per formare un sistema stabile, legato dalla
sua gravitazione e nella quale, il globulo appena formatosi, ancora troppo freddo per sostenere il
proprio peso, si contrae e si isola dal resto della nube, ma contraendosi sempre più comprime il gas
al suo Centro a pressioni, temperature e densità sempre più elevate; qui il gas riscaldato si mette
ad irradiare energia, e da nero il globulo diventa rosso.
27

Un Astro è nato ma non è ancora una Stella, perché non irradia una quantità sufficiente di energia
per auto-sostenersi, perciò la proto-stella continua a contrarsi anche se a velocità più ridotta. È solo
nell’istante in cui la temperatura centrale raggiunge i dieci milioni di gradi che l’idrogeno comincia a
bruciare attraverso quel gioco che sono le reazioni termonucleari, ed è a questo punto che una
nuova energia è infusa nel nucleo dell’Astro e che si stabilizza, ed è lì che si accende la Luce e
nasce una nuova Stella.

«Le Stelle sono buchi nel Cielo da cui filtra la Luce dell’Infinito.» (Confucio)

Fu il filosofo Platone13 che per la prima volta descrisse la centralità delle Stelle nella complessa
Creazione Universale, come egli stesso descrive in questo mirabile passaggio tratto dal Timeo: “Il
Demiurgo fece Anime in numero pari a quello delle Stelle e le distribuì, ciascun’Anima nella propria
Stella. E ponendole come su dei carri, egli mostrò loro la natura dell’Universo e dichiarò loro le leggi
del Destino. Sarebbe toccata una prima nascita uguale per tutte, affinché nessuna risultasse svan-
taggiata per opera sua, e sarebbero state seminate tutte negli strumenti del Tempo, ciascuna in
quello che le era appropriato, per nascere come le creature viventi più timorate di Dio; e dal momento
che la natura umana è semplice, la parte migliore, sarebbe stata quella che d’ora in poi avrebbe
avuto il nome di 'Uomo'… E colui che fosse vissuto bene per il tempo assegnatoli sarebbe ritornato
alla dimora della sua Stella consorte, dove avrebbe vissuto una vita felice e congeniale; ma se fosse
venuto meno in ciò, nella sua seconda nascita sarebbe stato mutato in una donna; e se in tale
condizione non si fosse astenuto dal Male, allora, secondo il carattere della sua depravazione, sa-
rebbe stato continuamente tramutato in una qualche bestia della natura, conforme a tale carattere,
né avrebbe avuto requie dal travaglio di queste trasformazioni finché, lasciando che la rivoluzione
del Medesimo e dell’Uniforme entro di sé si trascinasse dietro tutto il tumulto di fuoco e di acqua e
di aria e di terra che vi si era in seguito aggregato attorno, egli non avesse controllato la propria
turbolenza irrazionale con la forza della ragione e non fosse ritornato alla forma della sua condizione
primitiva e migliore. Dopo che ebbe comunicato loro tutte queste disposizioni, così da rimanere
senza colpa della futura malvagità di chiunque tra di loro, li seminò, alcuni sulla Terra, altri nella
Luna, altri negli altri Strumenti del Tempo.” (Timeo, 41-e42 d).

Seppure sia una figura centrale dell’Ordine Cosmico, in questa sede non andremo ad approfon-
dire la figura del Demiurgo, di cui ci occuperemo nei capitoli successivi, ma andremo ad avere un
primo approccio nella sua azione all’interno della Creazione, proprio come era stata pensata o im-
maginata dagli antichi sistemi filosofici.
Platone ci spiega che questo Demiurgo, dopo aver costruito la “Struttura” (Skambha), governato
dall’equatore e dall’eclittica (chiamati dal filosofo “il Medesimo” e “l’Altro”), che configurano la lettera
greca X, e dopo aver regolato le orbite dei pianeti secondo proporzioni armoniche, imbrigliò l’energia,
la rivestì di un involucro e creò le “Anime.” Per farle si servì degli stessi ingredienti che aveva usato

13 Platóne (Atene 428 o 427 a. C. - ivi 348 o 347) è stato un filosofo greco antico. Di famiglia agiata e nobile,

ebbe soprattutto un'educazione artistica, studiando musica, pittura e letteratura e segnalandosi in particolare
nella composizione poetica e drammatica. Già nel periodo della giovinezza venne in contatto con la filosofia,
come dimostra il fatto che ebbe Cratilo tra i suoi maestri, ma all'originaria influenza eraclitea che gli veniva da
Cratilo sarebbe comunque ben presto subentrata quella di Socrate, che pare abbia conosciuto all'età di
vent'anni. L'influsso determinante di Socrate sul suo pensiero è documentato dai moltissimi scritti in cui la
figura del maestro viene idealizzata e il suo pensiero presentato in forma drammatica. Dopo la morte di Socrate
(399), a cui, come ricorda egli stesso nel Fedone, non assisté a causa di una malattia, si recò, insieme con
altri condiscepoli, a Megara presso il socratico Euclide, da dove tornò presto ad Atene. Rimastovi qualche
tempo, iniziò il primo dei suoi viaggi maggiori, che secondo la tradizione lo condusse anche in Egitto, e a
Cirene, dove sarebbe venuto a contatto col matematico Teodoro. Visitò anche la Magna Grecia e la Sicilia, e
fu a Siracusa alla corte di Dionisio il Vecchio, grande estimatore della cultura della madrepatria e conoscente
del pitagorico Archita di Taranto, con cui era entrato in rapporto. La libertà delle sue critiche e delle sue esor-
tazioni morali non incontrò tuttavia il favore del tiranno, che si sbarazzò, in modo non chiaro, della sua pre-
senza: e il nobile filosofo ateniese, che era allora sulla quarantina, finì venduto schiavo sul mercato di Egina,
dove fu però riscattato da un Anniceride di Cirene. Tornato in maniera così fortunosa ad Atene, vi fondò (387)
nella forma una comunità religiosa dedicata al culto delle Muse e un centro di discussione e di studi. Nono-
stante ulteriori viaggi, Platone si dedicò nella sua vecchiaia esclusivamente ai lavori dell'Accademia da lui
fondata, non si mosse più dalla sua città e nella quale si spense nel 348-347 a.C.
28

per fare l’Anima Universale (o Anima Mundi), esse però non erano “così pure come prima”. Ad ogni
modo, il Demiurgo seminò le Anime in numero pari a quelle delle Stelle fisse, negli “Strumenti del
Tempo” (i Pianeti) e fra i quali Timeo annovera anche la Terra, tanto che le seminò “ciascuna in
quello che le era più appropriato.”
Timeo, inoltre, alludeva anche ad un antico sistema che stabiliva un rapporto tra i membri fissi
della comunità astrale e quelli vaganti, incluse non solo le “Case Zodiacali” e le “Esaltazioni dei
Pianeti”, ma persino le Stelle fisse in generale. Conosciamo questa impostazione da tavolette cu-
neiformi astrologiche che contengono un numero considerevole di informazioni sulle Stelle e deter-
minati Pianeti, seppure il materiale non sia sufficiente a spiegare pienamente le regole di tutto questo
disegno così complesso. Fondamentalmente, però, le Anime ad un certo punto della Creazione ven-
nero tolte dalla Stelle fisse e trasferite sui rappresentanti planetari corrispondenti, sempre secondo
regole ben precise, mentre il Demiurgo decise di ritirarsi trasformandosi in una sorta di Deus Otiosus,
mettendo così in moto la Macchina del Tempo e nella quale, anche noi esseri umani, ancora oggi,
ne siamo tra gli ultimi protagonisti.

«Noi siamo l’incarnazione locale di un Cosmo cresciuto fino all’Auto-Coscienza. Abbiamo inco-
minciato a comprendere la nostra origine: siamo Materia Stellare che medita sulle Stelle.»
(Carl Sagan)

Platone espose anche un ulteriore concetto


interessante, quello dell’Iperuranio, descritto
per la prima volta nel Fedro. Secondo il filosofo
sarebbe quella zona al di là del Cielo (da qui il
nome) dove risiedono le Idee, dunque, è quel
Mondo oltre la Volta Celeste che è sempre esi-
stito in cui vi sono tutti quei concetti immutabili e
perfetti, raggiungibile solo dall’intelletto e da
nessun altro, specie dagli esseri terreni e corrut-
tibili. Nella visione classica la Volta Celeste rap-
presentava il limite estremo del luogo fisico, per-
ciò la definizione di ben “Oltre la Volta Celeste”,
sembrerebbe collocare l’Iperuranio in una di-
mensione altra, parallela, metafisica, a-spazia-
le, ed a-temporale, dunque puramente spiritua-
le, quasi associabile, forse, a quel 95% di Uni-
verso che ancora non conosciamo, fatto di E-
nergia e Materia Oscura…
Infatti, per Platone, l’Iperuranio non è da in-
tendere come un Mondo Metafisico o Astrale
dove risiedono “fantasmi di idee”, ma semplice-
mente come un valore morale, il più alto ideale
di perfezione, e di conseguenza, si viene a ge-
nerare una sorta di superiorità tra esso e il
Mondo reale, dove inoltre si riscontra anche un
maggior grado di perfezione. Un simile concetto
si ritrova anche nella corrente filosofica indiana
del Giainismo, in quello che loro chiamano il re-
gno di Siddhashila, la vetta più alta dell’Universo
dove risiedono i Siddha, ossia i maestri illumi-
nati che hanno abbandonato il Corpo, e di cui le loro Anime pure, qui vivono immerse nella loro
natura eterna, in una condizione di beatitudine e immobilità.
L’Iperuranio è quindi manifestazione di un Regno delle Idee in esso contenute, rappresenta il
modello secondo cui il Demiurgo ha formato il Mondo delle Cose, la Materia. Il Mondo Fisico, se-
condo Platone, deriverebbe da un Padre (o il Mondo delle Idee) e da una Madre (la Materia), che è
la condizione per l’esistenza del Mondo Fisico ma che mantiene, comunque, una sua componente
di indeterminazione. Idee e Materia, pertanto, si mostrano co-eterni perché sono sempre esistiti, e
29

a differenza della divinità cristiana, che crea il Mondo interamente, quella platonica si limita solo a
plasmarlo, non essendo onnipotente ma limitato, in quanto deve agire all’interno di due contesti ben
precisi: la Materia, che gli impedisce di costruire un Mondo a lui perfetto, e le Idee, che sono il mo-
dello di base e a cui deve per forza attenersi.
Anima e Materia non sono scisse, e continuare a pensare la prima appartenente ad una dimen-
sione energetica diversa dalla seconda, o peggio ancora "altra", rispetto alla sua vera natura media-
trice di esperienza nel mondo grezzo della mondanità, è uno dei più grandi e madornali errori delle
moderne visioni spirituali. L'Anima Mundi o Anima del Mondo, secondo Platone, indicava la vitalità
stessa della Natura nella sua totalità, assimilata ad un unico organismo vivente. Rappresenta, quindi,
il principio unificante e dalla quale prendono forma tutti i singoli organismi, ognuno articolandosi e
differenziandosi, poi, secondo le proprie specificità individuali, rimanendo pur sempre legati ad una
comune Anima Universale.

«Questo Universo è un Animale unico che contiene in sé tutti gli animali, avendo una sola Anima
in tutte le sue parti.» (Plotino, Enneadi, IV, 4, 32)

Il Mondo, la nostra Terra e tutte le sue creature, compreso l'uomo, è quindi un grande Animale
fatto di Materia "Viva", la cui vitalità è supportata da quest'Anima, infusagli dal Demiurgo e che viene
incessantemente plasmato dai quattro elementi fondamentali: il Fuoco, la Terra, l'Aria e l'Acqua.
30

Leggendo alla lettera il “Timeo” si incontra ad un certo punto questa specie di “plasmatore divino”,
dove sembra che il Mondo non esista (almeno fisicamente seppure potenzialmente nelle Idee) e che
ci sia solo la sostanza di tutte le cose, come se ci fosse un tempo precedente ed uno successivo e
che fa sorgere a Platone una domanda centrale: “Che cosa è il Tempo?”
Il Demiurgo plasma la Materia, e quindi gli Astri il cui movimento viene regolarizzato dal Tempo,
per mezzo del quale viene definito persino come “l’immagine mobile dell’eternità”, diventando un’imi-
tazione dell’Infinito. Non a caso il Tempo viene identificato con il movimento circolare e se si vuole
rappresentare l’Eternità con qualcosa in movimento, senz’altro ciò che meglio lo rappresenta è sen-
za alcun dubbio il Cerchio, in quanto il movimento circolare in cui si compie un giro completo ci ricon-
duce al punto di partenza.
L’Uomo, gli Animali, ma anche le Stelle, per eternarsi, non si riproducono ciclicamente? La logica
ci induce a pensare che inizialmente doveva esistere, quindi, un luogo a-temporale, perché è solo
con la nascita del Mondo Sensibile che il Demiurgo fece calare nell’oggettività l’imitazione o l’imma-
gine stessa di Eternità, e dove il Tempo viene ancora sublimato mediante la sua trasformazione. Il
Demiurgo, perciò, ad un dato momento, cominciò a plasmare direttamente la Materia a lui a dispo-
sizione, arrivando poi a generare tutta la realtà e le prime forme che creò nello Spazio (guarda caso
così chiamato anche da Platone), ed i primi elementi che apparvero furono i Quattro Solidi Geome-
trici Fondamentali (costituiti da facce uguali tra di loro): il Cubo, l’Ottaedro, il Tetraedro, l’Icosaedro
(il quinto è il Dodecaedro).
Platone formulò che si possano ottenere tutti e quattro i solidi partendo da un triangolo rettangolo
isoscele, e ricombinandoli si ottengano vari tipi di figure, nel Timeo, inoltre, associò ad ognuno di
essi un Elemento (così come fece anche Empedocle e poi Aristotele), accostando al Tetraedro il
Fuoco, al Cubo la Terra, all’Ottaedro l’Aria, all’Icosaedro l’Acqua, mentre nel Fedone si spinse ad
associare il Dodecaedro con la forma stessa dell’Universo, ovvero quel quinto solido inizialmente
scartato perché contenente al suo interno tutti gli altri. Il Demiurgo, pertanto, attraverso tutti questi
principi di base plasmò l’Universo primordiale ed il suo “Sistema”, introducendo un nuovo concetto,
quello di “Anima”, mediante il quale il Mondo delle Idee, movimentato e logico, avvia un continuo
processo di evoluzione senza fine.

«La forza della procreazione, la prima estasi di vivere la gioia di fronte alla crescita trasformarono
il silenzio della contemplazione nel suono.» (Canto Polinesiano Maori)

E quel Suono creò così il Cielo e la Terra che


“Crebbero come Alberi”. Il dio tahitiano Taaroa,
nato da un Uovo, aveva le sembianze di un uc-
cello le cui piume si trasformarono in Alberi man
mano che la Creazione progrediva. Qui i Sim-
boli del Suono (Uovo, Uccello, Piume e Albero)
si accumulano, tanto da rappresentare le meta-
morfosi necessarie per concretizzare la Crea-
zione stessa, poiché un’opera così immane non
si può eseguire senza sperimentare uno sforzo.
La filosofia e i riti descrissero nei passati mil-
lenni questo sforzo come uno strofinamento, un
viaggio circolare, una via a spirale, un movi-
mento a mulinello, un cerchio, la ruota della vi-
ta del tutto simile, non a caso, a quello delle Ga-
lassie presenti nell’Universo. Così come il Con-
te di Buffon14 classificò nel XVIII secolo le spe-

14 Georges-Louis Leclerc, Conte di Buffon (Montbard, 7 settembre 1707 - Parigi, 16 aprile 1788), è stato
un naturalista, matematico e cosmologo francese. Esponente del movimento scientifico legato all'Illuminismo,
le sue teorie hanno influito sulle generazioni successive di naturalisti, in particolare sugli evoluzionisti Jean-
Baptiste Lamarck e Charles Darwin. Nato come George-Louis Leclerc, signore di Digione e di Montbard, da
una famiglia della piccola nobiltà, assunse il titolo di Conte di Buffon, con il quale è conosciuto universalmente.
La località eponima Buffon, nella Côte-d'Or, vicino al suo luogo di nascita, fu la signoria della famiglia Buffon.
31

cie animali, altrettanto fece Edwin Hubble nel XX secolo con le Galassie, in quanto notò che erano
diverse dal punto di vista morfologico: ellittiche, spirali, spirali barrate, irregolari, etc.
Seppure si ritenga che tutte le Galassie abbiano la stessa età, pari a circa quindici miliardi di anni,
e dato che presentano morfologie diverse, sembra comunque che la loro diversità risieda nei “me-
tabolismi” che le strutturano. Il metabolismo di una Galassia non è altro che la rapidità del processo
di conversione di gas in Stelle, simbolo della “Vita” della Galassia stessa. In quest’ottica le Galassie
a Spirale, ad esempio, sono quelle dal metabolismo iniziale molto lento, dove la formazione stellare
ha avuto luogo solo dopo che il gas si è appiattito sotto forma di disco, mentre in quelle irregolari, si
denota uno sviluppo interrotto, in quanto meno della metà del gas è stato incorporato nella forma-
zione stellare, non potendo delinearsi, così, nessuna morfologia tipica e riconoscibile. E se nelle
ellittiche il processo è terminato, in quelle a spirale il ciclo andrà progressivamente attenuandosi,
anche se comunque l’esplosione delle supernove contribuirà ad arricchire il gas-ambiente e for-
giando gli elementi pesanti necessari per le nuove generazioni stellari, dove verrà assimilata l’opera
chimica e alchemica delle precedenti.
Perché è grazie all’esplosione delle prime supernove che si è avuto quel lancio nello spazio in-
terstellare necessario, di una incalcolabile quantità di Materia contenente tutti gli Elementi (le Nebu-
lose), sintetizzati all’interno delle Stelle, e dove mediante questa continua danza cosmica si sono
formati e continueranno a formarsi numerosissimi Sistemi Solari nelle innumerevoli Galassie di tutto
l’Universo, compresa la nostra, la Via Lattea.
32

Lezione 2

2.1 - Gli Spiriti Solari

In Fisica e in Chimica, il Plasma è un gas ionizzato costituito da un insieme di elettroni e ioni e


globalmente neutro (la cui carica elettrica totale è nulla), essendo però costituito da particelle cari-
che, i moti complessivi delle particelle che lo compongono, sono in gran parte dovute alle forze a
lungo raggio, e che si vengono continuamente a creare mantenendo, così, il Plasma neutro. In
quanto tale, il Plasma, è considerato come il Quarto Stato della Materia, distinguendosi dal Solido,
il Liquido e l’Aeriforme, in quanto Ionizzato significa, in questo specifico caso, che una frazione si-
gnificativamente grande di elettroni è stata strappata dagli Atomi. Le cariche elettriche libere fanno
sì che il Plasma sia un ottimo conduttore di elettricità e che risponda fortemente ai Campi Elettro-
magnetici.
Mentre sulla Terra la presenza del Plasma è relativamente rara (ad eccezione dei fulmini15, le
aurore boreali e le fiamme), nell’Universo, invece, costituisce più del 99% della Materia conosciuta:
si trovano sotto forma di Plasma sia il Sole, le Stelle, le Nebulose, tanto che si ha persino una sua
formazione sullo scudo termino dei veicoli spaziali al rientro nell’Atmosfera. Anche i potenti brilla-
menti solari (flare) emettono Plasma dalla Corona Solare, diffondendosi in tutto il Sistema Solare,
conosciuto dagli scienziati anche con il termine di Vento Solare.

«Attorno agli anni '60 del XX secolo, il pre-


mio Nobel per la Fisica, Hannes Afven, teo-
rizzò la cosmologia del plasma. Esperto nel
campo della magnetodinamica, Afven so-
stenne che i campi magnetici hanno avuto ed
assumono un ruolo fondamentale nella com-
posizione delle strutture cosmiche. Fu lui a di-
mostrare che la Via Lattea aveva un campo
magnetico che non era la semplice somma di
quelli stellari ed ipotizzò che tale campo ma-
gnetico galattico fosse dovuto ai moti del pla-
sma interstellare. […] Gli elettroni del plasma
sono liberi di spostarsi sotto l’influsso di una
tensione applicata o di un campo magnetico,
generando con il loro spostamento una cor-
rente elettrica. Questo significa che il plasma
ha come proprietà principale quella di traspor-
tare l’energia elettrica, formando filamenti di
energia che seguono le linee dei campi ma-
gnetici: infatti nel cosmo questi filamenti si tro-
vano ovunque.»

Il Plasma, quindi, potrebbe essere un “brodo” in cui nascono e crescono creature senzienti, Entità
formate della stessa sostanza delle Stelle, in grado di potersi muovere nei meandri del Cosmo e di
entrare in contatto con altri esseri viventi. Micah Hanks in “Creature di energia nell’atmosfera terre-
stre?”, ricorda che, fra gli altri, Charles Fort, Ivan Sanderson e Trevor James Constable, proposero

15 Il fulmine è un esempio di Plasma presente sulla Terra. I valori tipici di una scarica di un fulmine sono:
una corrente di 30.000 ampere; una tensione di 100 milioni di volt; l'emissione di luce e raggi X; temperature
che arrivano a 28.000 kelvin; una densità di elettroni che possono arrivare a 1024/m3. Un Plasma, quindi, si
caratterizza per alcune grandezze, fra cui alcune (temperatura e densità di particelle cariche) sono tipiche di
un fluido, altre, come la lunghezza di Debye e la sua frequenza, sono caratteristiche di un insieme di cariche
in movimento. Si comprende subito come la maggior parte dei plasmi siano caratterizzati da alte temperature
elettriche: si va dai quasi 30.000 gradi di un fulmine, ai milioni di gradi della Corona Solare o degli esperimenti
di fusione termonucleare.
33

la teoria di “forme di vita atmosferiche”, tanto che quest’ultimo, nel saggio “The Cosmic pulse of Life”
arrivò persino a teorizzare l’esistenza di esseri che vivrebbero negli strati superiori dell’atmosfera,
ove si muoverebbero per recarsi sulla terra saltuariamente.
Ma per quanto strana possa apparire quest’idea, persino il grande astronomo Carl Sagan di-
scusse sulla forma di presunti Alieni Sferici in grado di vivere nell’atmosfera dei pianeti giganti gas-
sosi, come ad esempio Giove, come si è a conoscenza di avvistamenti, da parte di alcuni astronauti,
di singolari forme energetiche nello Spazio, - e che a tali storie abbiano contribuito per degli studi
della NASA -, i quali suggeriscono che forme di vita basate sul Plasma possano essere state scatu-
rite dal “vacuum” (Vuoto Cosmico).

Come ampiamente spiegato nel precedente capitolo16, circa la trasformazione e la successiva


trasmigrazione delle Anime da parte di una Coscienza Cosmica (il Demiurgo), dallo Spazio Siderale,
e attraverso le Stelle, negli Strumenti del Tempo, ovvero i Pianeti, fra i quali Timeo-Platone, anno-
vera anche la Terra, si scopre che in un dato momento dell’incommensurabile storia universale,
avvenne una vera e propria opera di inseminazione mediante una selezione, dove “ciascuna veniva
inserita in quello che le era più appropriato.”
Le Anime, perciò, vennero poi tolte dalle loro Stelle fisse e trasferite sui rappresentati planetari
corrispondenti, non prima di essere rivestite di un “involucro spirituale”, quantunque “diversi” tanto
dall’Eternità che risiede nell’Unità, quanto dal moto regolare della Sfera delle Costellazioni, pur ri-
manendo “Sé stesse”. E se nel mentre lo Spirito rimane immutato, in quanto si espande lungo l’Asse
dello Spazio, l’Anima, invece, non solo si reincarna di continuo espandendosi lungo l’Asse del
Tempo, ma poiché i corpi ospitanti si moltiplicano, essa si suddivide sempre più.
Il Demiurgo (o la Mente che si espande lungo l’Asse delle Energie) non ha creato solo le singole
Anime di tutte le forme Umane destinate a germogliare nel Cosmo, bensì un vero e proprio “Seme
dell’Uomo” (l’Adam Kadmon o i Primi Uomini), destinato a moltiplicarsi macinato come farina impal-
pabile nel Mulino del Tempo. L’idea che vi siano “Anime delle Stelle Fisse” da cui ebbe origine la
vita mortale e tra esse ve ne siano anche di eccezionalmente virtuose, le quali “una volta liberate”,
possono ritornare in qualsiasi momento scegliendo liberamente il proprio cammino, non è solo una
parte del vitale Sistema Arcaico del Mondo, ma spiega anche l’interesse ossessivo delle antiche
culture del pianeta, di trovare una spiegazione plausibile alla complessa mitologia dalla quale attin-
gevano.

16 1.6 - Materia, Nebulose, Stelle, Pianeti


34

Da qui deriva il concetto, ad esempio, secondo cui in Adamo erano contenute le 600.000 Anime
di Israele, simili ad un intricato sistemati di fili intrecciati, tanto più che viene persino spiegato come:
“Il Figlio di Davide (il Messia) non verrà prima che tutte le Anime che sono state sul Corpo del Primo
Uomo siano terminate”. Così come inconfondibile è anche il mito dell’ultimo giorno presso i Pawnee
Skidi delle grandi pianure nordamericane: “L’ordine per la fine di tutte le cose verrà dato dalla Stella
del Nord, e la Stella del Sud eseguirà gli ordini. La nostra gente fu creata dalle stelle. Quando verrà
il tempo della fine di tutte le cose, la nostra gente si trasformerà in piccole stelle e volerà sino alla
Stella del Sud, al luogo che le spetta.”

Arrivati a questo punto del nostro cammino, appara evidente che le Stelle incarnino una vera e
propria Coscienza a sé stante all’interno della complessa architettura universale, una vera e propria
Coscienza Solare. Essa è un’energia spirituale, pura e senziente, che dimora in tutti gli Astri del
Cosmo. Chiamato anche Sé Superiore o Super-Spirito, viene sovente associato anche al Terzo
Occhio (Sesto Chakra), che sta alla radice delle più disparate esperienze mistiche, in quanto definito
anche come “Testimone”, essendo la parte di noi che durante l’auto-osservazione può essere spe-
rimentato come Colui che Osserva. Essendo la primordiale forma energetica maschile, costituisce il
collante universale del Tutto, la forma spirituale che rivestendosi di un Corpo fa esperienza della
Materia, “animandola” (Anima).
Una Coscienza di cui tutti siamo portatori, da me denominata Atoniana (da Aton, divinità solare
dell’Antico Egitto), all’epoca rappresentata da un grande globo luminoso che esercitava la sua be-
nefica influenza, dispensando vita attraverso i suoi raggi splendidi e pieni di calore. Decine di divinità
affollavano il pantheon egizio, ma il Sole fu sempre al centro di una particolare venerazione, come
probabilmente rappresentò, meglio di altri, il divino in senso più propriamente universale. E proprio
questa forma divina stellare fu protagonista dell’unico episodio, nell’ambito della religione egizia, di
eresia monoteistica, o più correttamente enoteistica, in quanto un Dio arrivò a rappresentare persino
tutte le divinità all’epoca venerate.
Fondatore di questa rivoluzionaria visione fu il faraone Ame-
nofi IV (Tebe, 1375 a.C. circa - Akhetaton, 1334/1333 a.C. cir-
ca), insieme alla sua consorte Nefertiti, durante la XVIII dinastia
del Nuovo Regno, quando assieme diedero vita ad un nuovo
modo di intendere il Culto Solare, riunito così nella figura di un
unico Dio e Re, con il nome di Aton, sostituendolo alla teologia
tebana che adorava Amon. Il Sole, precedentemente rappresen-
tato come un uomo dalla testa di Falco, venne simboleggiato dal
Disco dal quale partono i raggi terminanti in mani tese, che por-
gono l’Ankh, la Chiave della Vita, agli umani e a tutto il Creato.
Nel quinto anno di regno, il Faraone diede inizio alla costru-
zione di una nuova capitale e che chiamò “Akhet-Aton” (Oriz-
zonte di Aton), corrispondente con l’odierna El-Amarna, città
che, con i suoi templi e con i grandi cortili aperti, celebrava i riti
del nuovo culto, la grandezza, la vitalità e la possibilità per tutti
di riceverne i frutti. La nuova fede, però, ebbe breve vita, dal
momento che colui si suppone essere il genero di Akhenaton,
Tutankhaton, sebbene molto giovane, restaurò quasi subito l’an-
tico culto non appena divenne il nuovo sovrano, riportando inol-
tre la corte a Tebe, e cambiando il suo nome in Tutankhamon
(“Immagine vivente di Amon”), nome che lo ha reso celebre, poi,
in tutto il mondo a seguito della scoperta nel XX secolo della sua
tomba pressoché intatta.
Simboleggiato dal Sole da cui partono i raggi che trasmettono attraverso le sue mani la vita sulla
Terra, Aton non aveva altre forme tangibili se non quella visibile del suo Disco Solare, ovvero, della
Stella a noi più vicina e che ogni giorno splende nel Cielo. Non poteva essere rappresentato con
un’immagine scolpita, un idolo, come i fedeli non avevano bisogno di sacerdoti a fare da intermediari
tra gli uomini e la divinità, perché lo potevano vedere ogni giorno nella loro quotidiana visione natu-
rale, rivolgendosi direttamente a lui attraverso preghiere o invocazioni. Il primo monoteismo ufficial-
mente apparso al mondo durò 18 anni o poco più, ma è alquanto probabile che il suo culto sia stato
35

trasmesso alle generazioni successive, influenzando, come vedremo nei capitoli successivi, la na-
scita di alcune religioni apparse secoli dopo.

Molti secoli più tardi, infatti, la centralità del Sole ritornò in auge in alcune correnti orientali e che
andarono poi ad insinuarsi fin dentro il vasto Impero Romano. Tra essi vi fu il culto di Abraxás (o
Abrasáx o Abracax), d'incerta etimologia, il suo nome venne ritrovato su pietre e gemme utilizzate
come talismani magici (successivamente il termine si trasformerà nella parola Abracadabra17, ter-
mine tanto caro anche ad una certa magia mistica antica e moderna). Di origine gnostico-mithraica,
rappresenta principalmente la mediazione fra l’Umanità e il Dio Sole, mentre presso la tradizione
persiana simboleggiava l’unione/totalità fra Ahura Mazda (Ohrmazd) ed Arimane (Ahriman), ossia
tra Bene e Male.
A parte la visione dei Padri della Chiesa che vedevano nella sua figura, come in altre, quella di
Satana/Shaitan, le principali fonti dirette, invece, risalenti al primo e più antico gnosticismo, specie
in quelle facenti parte dei codici di Nag Hammadi (il Vangelo degli Egiziani e l’Apocalisse d’Adamo),
egli si rivela come un grandissimo Eone Solare dove per alcuni si tratterebbe persino di un altro
nome del Cristo, mentre altri mostrano riserve sulla sua natura di Dio Supremo. Sovente, però, spe-
cie nella Cosmologia Gnostica, Abraxás risultava essere il nome del Dio Altissimo, il Padre Ingene-
rato, un nome che si riteneva avere un potere apotropaico, attribuendo anche un valore numerico
alle sue sette lettere, che sommate, secondo la numerazione greca, davano il numero 365.
Secondo Basilide18, 365 era il numero dei Cieli di cui era costituito il Mondo Materiale, in questa
visione (influenzata dal Neoplatonismo), ognuna di queste Dimensioni era governata da un Dio e
dove, ascendendo da una verso l’altra, si aumentava la propria perfezione divina, così come 365
sono anche i giorni contenuti in un anno terrestre. Abraxás, comunque, era assiso al primo di questi
Cieli, mentre in generale, gli gnostici, tendevano a identificare il Dio veterotestamentario come la
potenza inferiore del Demiurgo, figura a cui veniva data una caratterizzazione negativa, contrappo-
nendolo a lui, in quanto sommo Eone.

«Il silenzio è popolato da innumerevoli esseri: nelle foreste, nei laghi, negli oceani, nelle monta-
gne e anche sotto terra, il Creatore ha posto ovunque degli abitanti. Anche il fuoco è abitato, l’etere,
il sole, le stelle, tutto è abitato. Allora, ovunque andiate, sulle montagne, nelle foreste, sulle rive dei
fiumi, dei laghi o degli oceani, se volete manifestarvi come un figlio di Dio che aspira a una vita più
sottile e più luminosa, non turbate il silenzio di quei luoghi. Mostratevi coscienti della presenza delle
creature eteriche che li abitano. Avvicinandovi ad esse, cominciate col salutarle, testimoniate loro il
vostro rispetto, il vostro amore, e pregatele di darvi le loro benedizioni. Incantate dal vostro atteggia-
mento, quelle creature, scorgendovi da lontano, accorreranno per riversare su di voi i loro doni: la
gioia, la luce, l’amore, l’energia pura. E voi tornerete a casa vostra con un più vasto senso della
vita.» (Omraam Mikhaël Aïvanhov19)

17 Nei talismani, Abraxas, è spesso raffigurato con la testa di un gallo o di un leone e il corpo di un uomo

con parte inferiore composta da due serpenti, mentre regge nella mano destra un bastone o un correggiato e
nella sinistra uno scudo tondo o ovale.
18 Basilide (117-138 d.C.) fu un maestro religioso dello gnosticismo cristiano delle origini. Attivo ad Ales-

sandria d'Egitto, alcune fonti affermano che per un certo periodo insegnò tra i Persiani. Si ritiene che abbia
scritto oltre due dozzine di libri di commento sui vangeli, oggi perduti, intitolati Exegetica, cosa che lo individua
come uno dei più antichi commentatori. Solo alcuni frammenti dei suoi lavori si sono conservati, per il resto le
sue idee sono note solo attraverso le confutazioni fatte dai suoi nemici. I sostenitori di Basilide, i basilidiani,
formarono un movimento che durò per almeno due secoli dopo la sua morte; è però probabile che la scuola si
sia fusa con il filone principale dello Gnosticismo nella seconda metà del II secolo.
19 Omraam Mikhaël Aïvanhov (Srpci, 31 gennaio 1900 - Bonfin, 25 dicembre 1986) è stato un esoterista e

pedagogo bulgaro inserito nella tradizione spiritualista giudaico-cristiana e universalista della "Scuola Bulgara"
di Peter Deunov (1922). Arrivò in Francia nel 1937 dove ha dato l’essenziale del suo insegnamento attraverso
più di 5000 conferenze, esplorando la natura umana nel suo ambiente, a scala individuale, familiare, sociale,
planetaria. Colui che noi chiamiamo Maestro, nell’accezione orientale del termine che si riferisce alla maestria
personale e al talento pedagogico, ci dice: “quel che io desidero con questo insegnamento, è di darvi delle
nozioni sulla vita, su voi stessi, come siete costruiti, che relazioni avete con l’universo intero e quali scambi
dovete poi fare tra voi e l’Universo che è la Vita.”
36

Platone, sia nel Timeo che nel Fedone aveva riportato delle verità imperiture e non soltanto delle
semplici locuzioni filosofiche, perché all’interno dei suoi concetti si nasconde qualcosa di molto più
importante da studiare e comprendere. È chiaro che le Stelle (e nel nostro caso l’Astro a noi più
prossimo, il Sole) sono degli elementi essenziali per la nascita, lo sviluppo e la conclusione di ogni
possibile forma di vita nell’Universo. Senza il Sole non potrebbe esistere la vita sulla Terra, compreso
il nostro Genere Umano, pertanto le Stelle sono da sempre state la fonte o il veicolo per trasmigrare
informazioni nei confronti di tutte le Creature ad esse collegate.

«Se entrate nell’altro mondo, se questo esiste, se è una realtà, cambieranno subito le vostre
concezioni. Se quel mondo non esiste, dopo la morte tutto finirà. Ma se dopo la morte la vita continua
a un livello superiore e non inferiore, allora che cosa si dirà? Noi abbiamo anche altre prove, ma non
ci sforziamo di provare in modo logico che Dio esiste. Ci basiamo su una verità scientifica, non
abbiamo dubbi che l’altro mondo esista. È una realtà così come vediamo il Sole, come percepiamo
il cibo. Se una persona si nutre di illusioni quest’ultima perde il suo peso. Se pesa 5 chili dopo si
alleggerirà così tanto che comincerà a volare. Ma se una persona si nutre con qualcosa di reale non
perderà nulla del suo peso iniziale. L’altra vita non è separata da questa. Questa vita rientra come
una parte in quell’altra. L’altro mondo è la vita completa. Noi sulla Terra formiamo solo una parte
dell’altra vita. La vita non esiste soltanto
qui sulla Terra. Esistono così tanti miliardi
di soli con i loro pianeti e satelliti! Pensate
che essi siano soltanto dei deserti? Esi-
ste una vita organica su alcuni dei corpi
celesti. Anche su Marte esistono degli es-
seri, dei canali. Su Venere esistono degli
esseri e altrove ci sono degli esseri molto
avanzati. Una russa scrisse un racconto
sugli abitanti di Venere. Non è solamente
un’affermazione: è una realtà. Ma se-
condo le condizioni presenti su Venere,
esiste una varietà di forme esterne di vita.
Alcuni vanno ancora più lontano e dicono
che anche nel centro del Sole esista vita.
Il calore del Sole è esterno, mentre nel
suo interno esiste un’ottima atmosfera -
primavera, giardini. Gli esseri sul Sole vivono una vita magnifica. La vita più bella nel sistema Solare
è quella sul Sole. Sono delle affermazioni. Voi potete chiedervi se sia davvero così. Alcuni si per-
mettono perfino di dire che sono andati sul Sole e ne sono tornati, ma non sono bulgari. Persone
bulgare non vi sono ancora andate, ma vi sono degli indù che affermano di essere andati sul Sole.
Gli scienziati indù, gli adepti affermano che per andare sul Sole l’uomo deve fermare perfettamente
il suo impulso e poi quando ritorna deve risvegliarlo. In Europa esiste un solo chiaroveggente, Swe-
denborg20, che si è recato sul Sole. È stato una persona molto erudita sotto ogni punto di vista.
Racconta che si è recato sul Sole, su Venere, su Giove: è andato ovunque e descrive la vita lì.»
(Peter Deunov21, conosciuto anche come Beinsa Duno)

20 Emanuel Swedenborg, nome di nascita Swedberg (Stoccolma, 29 gennaio 1688 - Londra, 29 marzo
1772), è stato un filosofo, mistico, teologo, medium e chiaroveggente svedese. È considerato tra i precursori
dello Spiritismo.
21 Peter Deunov (12 luglio 1864 - 27 dicembre 1944) fu figlio di un pope ortodosso, destinato anche lui a

far parte del Clero. In gioventù compì studi di teologia, di musica e di medicina negli Stati Uniti. A partire dal
1900, cominciò a tenere, in tutta la Bulgaria, conferenze pubbliche nelle città e nei villaggi, apportando una
nuova linfa alle dottrine cristiane tradizionali. Fondò la Fratellanza Bianca Universale ed iniziò ad organizzare
riunioni fraterne e a poco a poco il suo movimento fu conosciuto in tutta Europa. Ciò gli attirò le ire della
religione ufficiale; fu accusato d'eresia e riuscirono a farlo esiliare a Varna, sul Mar Nero, dal 1907 al 1919. Fu
qui che nel 1917 Omraam Mikhaël Aïvanhov incontrò Deunov che aveva il nome spirituale di Beinça Douno
Deunov compose anche dei canti, formulò la paneuritmia, ed aveva elaborato i metodi e gli esercizi di base
della Fratellanza, diretta poi fino alla sua morte avvenuta nel 1944.
37

Sicuramente esiste una differenza sostanziale (se vogliamo anche di forma), tra il Sole e i suoi
possibili abitanti (i Solariani o Atoniani), ma questa simbiosi spirituale deve aver contribuito a forgiare
entrambe queste forze in un continuo e gigantesco scambio di Energia e Conoscenza, perpetuan-
dosi attraverso le varie Creature che si sono formate, evolute o estinte all’interno del nostro Sistema
Solare, dal preciso istante della sua primigenia formazione. Gli Atoniani, inoltre, nascono e si svilup-
pano direttamente nel prodotto finale delle Nebulose, le Stelle, e in quanto composti degli stessi
elementi, sono pertanto una forma senziente di Energia allo Stato Puro.

«Il nostro Sole può essere paragonato ad una lente la cui focale principale si troverebbe, per la
nostra Terra, presso l’equatore, ma nel mare, non sulla terra. Non è brillante e ardente come noi ce
lo immaginiamo. Man mano che ci innalziamo nell’atmosfera, ci accorgiamo che la sua luminosità e
il suo calore diminuiscono, il suo colore diventa rosso e più scuro. Esso non è altro, in effetti, che il
riflesso di un’altra sorgente luminosa situata al di là. Solo un velo ci impedisce di vederlo così com’è,
e persino di esservi. Allo stesso modo un velo ci separa dal mondo lunare. Basterebbe togliere questi
veli perché fossimo coscienti della vita e della natura lunare o solare. Luce smagliante e calore non
sono dovuti che all’azione condensante della nostra atmosfera terrestre che agisce come una lente.
Visto dallo stesso Sole, il Sole ha una tonalità pallida e bianca; lui stesso non è che il riflesso di un
altro Sole. Luce e calore sono il prodotto, per tutti i pianeti, della loro propria natura (poli, magnetismo
proprio, attrazione). Il Sole ci dona non soltanto la sua luce, ma riflette la luce degli astri e quella di
altri Soli. Poiché però questa luce non viene riflessa che da un punto di una sfera, essa non toccherà
che un certo punto (una regione della Terra, per esempio). Ivi cresceranno delle piante che hanno
bisogno di quel nutrimento, e la luce nutrirà ugualmente dei minerali. Quando si conoscono le piante
e i metalli, o minerali, che si nutrono della stessa luce, si sa dove trovare i metalli ecc., poiché ver-
ranno trovati là dove ci sono quelle piante. Il nostro Sole è abitato da esseri che non sono organizzati
come noi. Il Sole dà asilo alle anime di tutti i grandi uomini di tutti i pianeti, a tutti gli uomini che sono
stati grandi nel bene.» (Nizier Anthelme Philippe, conosciuto anche come Maître Philippe22)

Comprendere chi siano realmente gli Atoniani o Solariani, quale forma fisica possano avere, il
tipo di Civiltà o Società in cui vivono e operano, etc., è un compito assai arduo e tendenzioso. Da
pochi decenni siamo riusciti a vedere chiaramente la superficie del Sole attraverso gli ultimi modelli
di Satelliti, sempre più all’avanguardia e sofisticati, ma ancora molta strada resta da fare per arrivare
a sondare ogni suo più abissale segreto. La Luce, seppure fonte di vita, è anche in grado di accecare
la nostra vista e tenerci nascosto ogni mistero che in essa vi si nasconde, ma dal poco che sappiamo,
gli Atoniani sarebbero in grado di poter vivere sulla superficie del Sole e di addentrarsi al suo interno,
in una simbiosi pressoché catartica con la nostra Stella.
Pensate solo che se nel lontano 1842, il mistico austriaco Jakob Lorber23 avesse comunicato agli
scienziati di quell’epoca che “il Sole è abitato da Esseri Umani”, egli sarebbe stato quasi sicuramente

22 Anthelme Nizier Philippe nacque il 25 aprile 1849 a Le Rubathier, Loisieux, Savoia, Francia, figlio di
contadini, in vita fu conosciuto anche come "Maître Philippe" o "Maître Philippe de Lyon". Dall'età di quattordici
anni rimase con suo zio Vachod, un macellaio a Lione, si guadagnò poi una reputazione come guaritore all'età
di tredici anni. Sposò Jeanne Julie Landar (1859-1939) il 6 ottobre 1877 a L'Arbresle e i due ebbero poi una
figlia, Jeanne Marie Victoire, nata l'11 novembre 1878, ma che morì il 29 agosto 1904 all'età di 25 anni, poco
prima del suo settimo anniversario di matrimonio. Si dice che si rifiutò di guarirla, dicendo che era il desiderio
del Cielo che lei dovesse andare avanti e predisse il corso preciso della sua malattia e morte. Presto si gua-
dagnò una certa reputazione tra gli occultisti di Parigi, ma essendo stato osteggiato per aver praticato la me-
dicina senza patente, si recò a San Pietroburgo, dove ricevette il suo diploma di dottore in riconoscimento di
straordinarie imprese di guarigione a distanza, condotte sempre a San Pietroburgo. La granduchessa Militza
Nikolaevna della Russia in seguito presentò Philippe all'imperatrice Alexandra Feodorovna della Russia nel
1901 e Philippe ebbe una breve influenza sulla coppia imperiale, fino a quando fu esposto come ciarlatano
nel 1903 e venne poi espulso dalla Russia. Nell'ottobre 1884 presentò un articolo (pubblicato in francese) dal
titolo "Principi di igiene applicabili in gravidanza, parto e infanzia" presso l'Università di Cincinnati, Ohio, dove
gli fu conferito anche un dottorato in medicina; vari altri riconoscimenti accademici e sociali gli furono conferiti
durante gli anni 1880 e 1890 in Francia e in Italia. Philippe morì il 2 agosto 1905 all'età di 56 anni, a L'Arbresle,
nel Rodano, in Francia, dove viveva. Fu sepolto nel cimitero di Loyasse, a Lione.
23 Jakob Lorber (Kaniža, 22 luglio 1800 - 24 agosto 1864) è stato un mistico, scrittore, musicista, insegnante

e chiaroveggente sloveno, che parlava di sé stesso come dello "Scrivano di Dio". Scrisse nelle sue memorie
che dal 15 marzo del 1840 iniziò ad udire una 'voce interiore' proveniente dall'area del suo cuore, e da allora
38

dichiarato pazzo e internato in qualche ospedale psichiatrico, non prima di essere stato imbottito di
farmaci! Ma quando nel marzo 1996, la sonda spaziale Soho (Solar and heliospheric observer),
lanciata in orbità attorno al Sole, iniziò a trasmettere i primi dati, mise in crisi gli astrofisici di tutto il
mondo perché la teoria scientifica che “il calore del Sole è generato dalla reazione atomica del suo
nucleo”, fu messa a dura prova quando si scoprì che la temperatura della Corona Solare ha una
temperatura di 2 milioni di gradi, mentre sulla fotosfera o l’atmosfera interna non raggiunge che
poche migliaia di gradi. Tale fenomeno, conosciuto come “Il Paradosso della Corona Solare”, dimo-
strò che il Sole è “caldissimo esternamente ma freddo internamente”! Ma non è tutto, perché il Sole
visto ai raggi UV risulta come costellato di punti luminosissimi (luce puntiforme e non più uniforme).
Ora, nel 1842 il “Signore” comunicò al mistico Jakob Lorber che il nostro Sole non è una Stella
generatrice di Luce e Calore, ma un grande Pianeta abitato da
Esseri Umani, poiché l’intensissimo splendore non proviene dal
suo nucleo ma è causato da due fenomeni che avvengono nella
Calotta Solare, e più precisamente: <<il calore e una discreta
luminosità [elettrizzazione dell'atmosfera] sono causati dall'at-
trito dovuto alla rotazione del Sole intorno al proprio asse e
dall'enorme velocità con cui esso orbita sia attorno al suo Sole
Centrale chiamato Sirio, sia da altre velocità. (Cfr. GVG10/
159/6 - GVG4/255/5 - SN/4-5); la luce intensissima e accecante
è dovuta alla calotta solare che riflette la luce di un miliardo di
Soli [1 miliardo di punti luminosissimi] (Cfr. SN/4).>>
Secondo questa particolare visione pseudo-scientifica, la
brillantissima Luce e l’enorme Calore del Sole sarebbero gene-
rati dal riverbero e dall’attrito che avvengono all’esterno della
sua Calotta (che è trasparente e riflettente), mentre sulla su-
perficie (il suo improprio terreno) del Sole, ci sarebbe una nor-
male luminosità e calore, sul quale gli abitanti vivrebbero tran-
quillamente su di essa.

Visioni a parte del grande mistico sloveno, quello che sappiamo, unendo tali fonti storiche e le
nostre più recenti ricerche, è che non hanno una società simile alla nostra, non esistono abitazioni,
strutture, ambiti lavorativi o qualsiasi forma somigliante ad una nostra realtà propriamente terrestre,
in quanto la loro esistenza e/o dimensione è completamente diversa. Sono Energia Spirituale, pura
e senziente, probabilmente con all’interno della loro Società una struttura gerarchica in grado di
darle una logica di sostentamento, ma non esistono piani esistenziali come possono essere conce-
piti attraverso il nostro mero parametro umano.
Gli Atoniani, o Solariani, sono il fine primo ed ultimo dell’Estasi Stellare, ovvero sono il luogo
iniziale dalla quale le Anime provengono, e che rivestendosi di uno Spirito si incarnano sui Pianeti
facendo esperienza della Materia, così come una volta raggiunta la morte fisica, lasciano nuova-
mente quell’esistenza materiale per ritornarvi, prima di decidere se continuare ad incarnarsi nuova-
mente in quel Sistema Planetario, oppure di intraprendere il lungo viaggio universale verso nuove
soluzioni esperienziali e di continuità.
Tra i più potenti Spiriti del Cosmo, non di rado assurgono a ruoli di “Guida” grazie ad una loro
indole naturale, del tutto assimilabile a quella componente spirituale demiurgica dalla quale sicura-
mente provengono, o in quanto emanazione diretta dello Spirito Demiurgico, dato che il loro compito
è quello di monitorare una certa evoluzione animico-spirituale dei Corpi di cui vanno a rivestirsi nei
Pianeti per farne esperienza Materiale.
Così come descritto da Platone, in una normale situazione evolutiva, e quindi non soggetta ad
alcun tipo di interferenza e/o manipolazione, dovrebbero svolgere quel compito di “guardiani” che

cominciò a trascrivere quello che la voce gli avrebbe suggerito. Al momento della sua morte, 24 anni più tardi,
aveva scritto un volume di manoscritti equivalenti a 10.000 pagine stampate, da questo lavoro non ottenne
alcuna ricompensa finanziaria, che del resto non chiedeva né si aspettava. L'opera di Jakob Lorber si divide
in circa 24 libri, che nel loro insieme, sono chiamati la Nuova Rivelazione. Anche se soltanto poche pagine del
suo manoscritto furono pubblicate durante la sua vita, Lorber predisse che infine tutti i suoi scritti sarebbero
stati pubblicati e studiati per tutto il vasto mondo, come accade al giorno d'oggi.
39

incanalano le loro stesse Energie nel regolare flusso tra le Stelle ed i Pianeti, ma quando subentra
l’intervento di Entità esterne, per un controllo o un predominio, non solo sulle loro Energie Spirituali,
ma anche Animiche, alterandone così il regolare processo, non di rado la loro influenza viene imbri-
gliata o rinchiusa, quasi imprigionata all’interno della loro stessa Stella dimorante, come nel caso del
nostro Sole e parimenti della Terra.
Rarissimi, ma non eccezionali, i casi in cui gli Atoniani decidono di prendere sembianze fisiche,
cercando di intervenire in prima linea all’interno di quelle Civiltà sotto un qualsiasi Giogo Alieno, e
quelle volte che hanno optato per questa soluzione, hanno sempre scelto la forma dei cosiddetti
Avatāra.

«Così ogni volta che l'ordine (Dharma) viene a mancare e il disordine avanza, io stesso produco
me stesso, per proteggere i buoni e distruggere i malvagi, per ristabilire l'ordine, di era in era, io
nasco.» (Bhagavadgītā IV, 7-8, corrisponde al Mahābhārata VI, 28, 7-8)

Avatāra (spesso presente nella sua resa anglosassone di Avatar) è un sostantivo maschile della
lingua sanscrita con cui si indica, in numerose teologie hindū, l'apparizione o la discesa sulla Terra
della divinità avente lo scopo di ristabilire o tutelare il Dharma. Tale termine deriva dal verbo avatṝ,
“discendere in" (accusativo o locativo) oppure "discendere da" (ablativo) ancora "arrivare a" (accu-
sativo) o "essere al posto giusto", "essere adatto" e infine "incarnarsi" (nel caso di una divinità). Tale
azione, diventata poi nozione religiosa in quanto “discesa sulla Terra della Divinità”, comparve in
India presumibilmente tra il III e il II secolo a.C., quando nella Bhagavadgītā, Viṣṇu, qui inteso come
il Bhagavat, Dio, la Persona Suprema, esprime l'intenzione di assumere diverse forme al fine di re-
staurare l'Ordine Cosmico (Ṛta/Dharma).
Ed è così che gli Atoniani hanno deciso di agire nel corso della lunga storia umana (e non solo),
perché figure di questo tipo, associabili al Sole, sono sempre comparse in momenti cardini della
nostra esperienza terrestre, cercando di modificarne il corso, portare nuove conoscenze, istruire
verso nuovi cambiamenti o veicolare inaspettate prese di Coscienza. Come la storia ci insegna, in
alcuni casi questi interventi sono risultati vincenti, altre volte molto meno, oltre ad essere comunque
sempre re-inseriti all’interno del “Sistema” vigente, così come non di rado, lo stesso Sole è interve-
nuto direttamente, mediante cicli di Tempeste Geomagnetiche (come vedremo successivamente),
in azioni su ampia scala, cercando di sbloccare determinate realtà di controllo attraverso l’invio di
vere e proprie ondate energetiche.
40

2.2 - L’Anima Mundi

(Leilani Bustamante)

L’Universo è un Essere
Cosmico, dato che non ne
incarna soltanto l’aspetto fi-
sico ma la sua stessa tota-
lità, in quanto principi, pen-
siero, energie direttrici, leg-
gi che ne regolano lo svilup-
po, o la Coscienza, ne pre-
cedono la sua stessa appa-
rizione. Il Mondo delle Idee
nella loro forma percettibile,
non costituisce, quindi, l’U-
niverso in Sé, così come le
membra e i vari organi fisici
del Corpo non formano la
totalità dell’Uomo.
È tangibile, osservando
l’Universo nel suo insieme,
una sorta di Coscienza na-
scosta che regge ogni tratto dell’esistenza stessa, così come ogni forma della Natura. Diversi aspetti
del divino, della stessa Coscienza Cosmica, sovraintendono ai movimenti degli Astri come pure alle
funzioni del nostro Corpo. Un ordine matematico, armonico è tutto intorno a noi, proprio come gli
Alberi possiedono radici profonde nella Terra se vogliono toccare il Cielo, ma essi hanno anche rami,
foglie nuove, mature e secche e frutti. Contengono tutto, così come lasciano andare ciò che non
possono più trattenere. Se l’Uomo desidera ritrovare sé stesso deve semplicemente imparare da
loro, osservandoli, perché nonostante le tempeste restano lì fermi, Centrati, perché in questo loro
modo di realizzarsi, sono il riflesso del Sole che è loro stesso nutrimento.
Per questo motivo, tutte le più antiche discipline filosofiche della Terra hanno trovato nell’intro-
spezione, la realizzazione ultima di questo desiderio atavico, perché che venga chiamata Yoga,
Meditazione, Zen o Preghiera, in essa l’Uomo è riuscito a tradurre la propria visione in parole; le
persone vanno in cima alle montagne o in fondo agli oceani per cercare sé stesse, ma se sapessero
come fare, potrebbero scalarsi o inabissarsi dentro di Sé.
E nello stato di identificazione sopra-sensoriale raggiunto attraverso il lavoro interiore, Colui che
si osserva percepisce, seppure sovente passivamente, Mondi diversi dal nostro, nonostante non
abbia la capacità di dare una forma mentale o di esporre, con il giusto ausilio di simboli verbali basati
su precedenti esperienze umane, cose per le quali non ha elementi sui quali fare facili paragoni.
Così, imprigionato all’interno della Materia, il proprio Corpo, l’Uomo non dispone di un altro Sistema,
ma di impressioni comunicate dai sensi e dal cervello, essendo tra l’altro spesso fallaci, in quanto
discontinue e ingannevoli, perché solo il proprio Universo Interiore è veramente accessibile, come
lo Spirito può descrivere ciò che si estende oltre i suoi limiti mediante le forme; perché il Mondo
Esterno non che è un riflesso la cui realtà sta nello specchio che lo riflette, in quanto laddove la
Coscienza si esplica trova compimento, solamente nel grado in cui si cerca di esprimerla mediante
una Conoscenza articolata di Sé stessa.
Esiste, ed è innegabile, un’equivalenza assoluta tra la struttura dell’Uomo e quella Universale,
così proprio come l’Uomo la percepisce o la concepisce, e in questa visione non è poi così assurdo
immaginare l’Universo come un Uomo immenso con un Corpo, facoltà e uno Spirito che lo guida.
Le Upanishad, a questo proposito, parlano perciò dell’Essere Cosmico come di un Uomo con occhi,
orecchie, una Mente un soffio vitale, e in quanto riflesso, possiamo scorgervi anche in noi un minu-
scolo Universo nel quale trovarvi il Sole, la Luna, la Terra, gli Elementi: l’Anima del Mondo.
41

«Due uccelli, amici inseparabili, vivono fianco a fianco sullo stesso Albero (l’Universo). Uno (l’Es-
sere Individuale) ne mangia i frutti [dell’azione], l’altro (l’Essere Universale) guarda, ma non mangia
nulla.» (Rig Veda I, 174,20; Mundaka Upanishad III, 1,1; Śvetāśvatara Upaniṣad 4,6)

Sia l’Essere Universale che quello Individuale, sono eterni: «mai nato, immortale, perpetuo, an-
tico, non muore quando muore il Corpo.» (Bhagavadgītā II,20). Il Corpo dell’Uomo sarebbe persino
«una città che ha undici porte24; vi risiede il consapevole senza difetti, il non nato. Colui che governa
la propria città non conosce la sofferenza e raggiunge la liberazione, quando muore.»
(Katha Upanishad 5,1)

È evidente, l’Uomo occupa un posto centrale nella Creazione, perché è l’unico essere, rispetto al
regno animale, moralmente responsabile delle proprie azioni. Gli Animali, ad esempio, per soprav-
vivere si nutrono di altri animali, uccidendoli. Ci sono gli uccellini nei nidi che gettano di sotto i loro
fratellini per avere il cibo dai genitori e crescere più forti. Nel mondo animale, ci sono persino specie
che uccidono per molto meno, proprio come gli umani, anche per puro divertimento o allenamento,
ma tutto questo fa parte dei normali Cicli della Natura, così come degli stessi esseri umani. Giustifi-
care queste azioni, "omicidi" veri e propri, per istinto di sopravvivenza e inconsapevolezza li rendi
un gradino al di sotto di ciò che noi reputiamo “essere consapevoli”, ma intanto però li uccidono u-
gualmente per mera necessità, e se anche ne fossero coscienti, non potrebbero fare diversamente.

(William Blake)

L'Uomo, rispetto all'Ani-


male, ha solo l'aggravante di
essere consapevole quando
commette tali efferati atti, ma
siamo poi veramente sicuri
che anche noi umani lo sia-
mo davvero? Premeditare e
mettere in atto nel minimo
dettaglio un crimine non si-
gnifica essere consapevoli,
ma automi, meccanici. Per
farlo occorre intelligenza, ma
non sempre, averne, signi-
fica anche esserne coscienti;
la Consapevolezza è un'altra
cosa, perché se lo sei non a-
vresti nemmeno il bisogno di
fare del Male ad un tuo simile o alla Natura stessa.
E quando è Cosciente, l’Uomo raggiunge una potenza Creatrice simile a quelle delle azioni e dei
pensieri divini: “Io sono quello che è lui. Egli è quello che sono io.” (Bhagavadgītā IX,29). Tutti i livelli
dell’Essere si possono raggiungere attraverso quell’intercapedine che unisce il Macro con il Micro-
cosmo: “Ciò che è qui è là, ciò che è là è qui. Passa di morte in morte colui che vede una differenza.”
(Katha Upanishad 4,10). L’Essere, totalità di tutti gli Esseri, è Egli stesso un Essere. È intelletto,
Spirito, muore e rinasce; è l’Universo e l’Universo è la sua Forma. L’Essere crea perché creare è la
sua Natura, la sua Vita, il suo modo di funzionare, proprio come il nostro Corpo crea corpuscoli
sanguigni, capelli, diverse secrezioni e persino ingerisce e digerisce forme di vita per formarne di
nuove.

24 La Teoria delle Stringhe, si basa sul concetto dei “brana-universi”, cioè universi paralleli che giacciono
sulle superfici a 11 dimensioni note come “membrane” o più semplicemente “brane”. Questa Teoria è stata
introdotta da Paul Steinhardt e Neil Turok come alternativa al modello cosmologico standard, al fine di supe-
rare il problema della singolarità iniziale del Big Bang. Dunque, secondo la Teoria delle Stringhe esistono altre
dimensioni spaziali nascoste, rispetto alle tre dimensioni spaziali e a quella temporale a cui siamo abituati, che
danno luogo a “brane” tridimensionali che fluttuano in uno spazio multidimensionale e dove in ciascuna di esse
esiste un determinato Universo.
42

«Come il ragno emette e riassorbe il filo, come nella terra crescono le erbe, come sul corpo cre-
scono i capelli e i peli, così pure dall’Imperituro proviene tutto ciò che esiste quaggiù.»
(Mundaka Upanishad I, 1,7)

L’Essere, pertanto, è una Persona Cosmica e il suo aspetto è sia maschile - inattivo, e di una
parte della Dualità che si manifesta tramite la sua controparte attiva -, e sia femminile, chiamata
Natura. Persona e Natura diventano così inseparabili e dipendenti dal substrato del Tempo, e uniti
diventano Immutabili.

«La Persona Immutabile è il Centro in cui si forma tutto ciò che esiste, ma che rimane sé stessa
al di là dell’azione, al di là della sostanza. Non è né il mondo visibile né il suo Creatore, ma è la
Sorgente comune dei due, il punto di partenza delle cause efficienti e immanenti della Manifesta-
zione.» (Giridhara Sharma Chaturvedi, Shiva Mahimā, Kalyāna, Shiva anka, pag. 46)

Esiste perciò una Persona Imperitura o Indistruttibile, un Corpo Permanente nello svolgersi del
Cosmo, un quadro stabile in cui l’Universo si sviluppa, un Potere che decide il corso futuro dei Pia-
neti, come al tempo stesso la crescita dei fili d’erba nei prati, prima ancora della loro ipotetica e
futura esistenza: una vera e propria Energia Primordiale, un motore universale o Divinità Manifesta,
composito di leggi invariabili nella loro forma trascendente e che si rapporta a sé stesso con un
semplice Soffio Vitale (Pneuma25).

«Non pensare a me come loro Creatore, io sono l’Immutabile che non crea nulla.»
(Bhagavadgītā IV,13)

Questo Potere della Persona e/o Essere è anche la causa efficiente dell’Universo e che si mani-
festa su tre piani: Energia, Vita e Azione. Il Potere Potenziale, cioè latente, che esiste nello stato di
sonno profondo, è l’Energia (Asse dell’Energia); il Potere Attivo, ovvero quello pronto ad agire, la
tensione che esiste nel pensiero e nel sogno, è la Vita (Asse dello Spazio); il Potere Applicato, la
forza impiegata nello stato di veglia, è l’Azione (Asse del Tempo). Per questo motivo noi viviamo nel
sogno ma non agiamo, esistiamo nello stato di sonno profondo e non viviamo.26

«Tutti gli Esseri dimorano in me, ma Io non risiedo in loro, né essi in me.» (Bhagavadgītā IX,4-5)

Arrivati a questo punto del nostro viaggio è chiaro che stiamo utilizzando dei termini, spesso tratti
dalla filosofia induista, per descrivere quella che in occidente, specie derivante da una filosofia an-
tica, è sempre stata associata l’Anima del Mondo (nota anche in latino come Anima Mundi). Ella è
un termine filosofico che venne per la prima volta utilizzato dai filosofi platonici per indicare la vitalità
della Natura nella sua totalità, assimilata ad un unico organismo vivente. Rappresenta, quindi, il
principio unificante da cui prendono forma i singoli organismi, i quali, pur articolandosi e differen-
ziandosi secondo le proprie specificità individuali, risultano tuttavia legati tra loro da una tale comune
Anima Universale.
Il Concetto di Anima Mundi, come abbiamo già affrontato, nacque agli albori dell’umanità, specie
in un’area geografica ben definita e orientale, divenendo ben presto a seguito delle successive on-
date migratorio, un tratto caratteristico delle prime forme cultuali pagane e delle religioni animiste,
secondo cui ogni realtà, anche apparentemente inanimata, contiene una presenza spirituale colle-
gabile all’Anima del Tutto.

25 In filosofia genericamente per Spirito s'intende un «sinonimo di vita, forza vitale distinta dalla Materia e

che tuttavia interagisce con essa»; una «forma dell'essere radicalmente diversa dalla Materia», o anche una
totalità assoluta che comprende ogni tipo di manifestazione della realtà, come nell'idealismo tedesco. Nel
significato più antico lo Spirito (πνεῦμα - pneuma) si presentava come qualcosa che vitalizza il Corpo, «il soffio
vitale come sottile principio materiale di vita» analogamente al significato di Anima, anche indipendentemente
da un contesto religioso o metafisico.
26 Lo Spirito rimane immutato, in quanto si espande lungo l’Asse dello Spazio, l’Anima, invece, non solo si

reincarna di continuo espandendosi lungo l’Asse del Tempo, ma poiché i corpi ospitanti si moltiplicano, essa
si suddivide sempre più, mentre il Demiurgo (o la Mente) si espande lungo l’Asse delle Energie.
43

Platone la espose per la prima volta nel Timeo, ereditandola dalle tradizioni mistiche orientali,
orfiche e pitagoriche, descrivendola come una sorta di Grande Animale, la cui vitalità generale è
supportata da quest’Essenza, infusagli dal Demiurgo, che la plasma a partire dai quattro Elementi
fondamentali: Fuoco, Terra, Aria e Acqua.

«Pertanto, secondo una tesi probabile, occorre dire che questo mondo nacque come un essere
vivente davvero dotato di Anima e intelligenza grazie alla Provvidenza divina.»
(Platone, Timeo, cap. 30, 68)

Tale concetto, poi, trovò in seguito un corrispettivo nel Logos dello Stoicismo, concepito in forma
immanente in quanto presenza del Divino nelle vicende del Mondo, ossia come sentimento di com-
passione che unifica la sfera soprannaturale con quella umana. Divenne un concetto proprio anche
nelle successive correnti gnostiche, esoteriche ed ermetiche del periodo ellenistico, assumendo un
ruolo centrale del sistema filosofico di Plotino, che da questi fu identificata con la Terza Ipostasi nel
processo di emanazione dall’Uno.

«L'Anima, in virtù della sua unità, trasferisce ad altri esseri l'Unità, che del resto lei stessa accoglie
per averla ricevuta da un altro.» (Plotino, Enneadi, VI, 9, 1)

La Vita, secondo Plotino, non nasce da combinazioni a-


tomiche ad essa esterne, ma da un principio interiore, sem-
plice ed immateriale: l’Anima. La molteplicità di Anime pre-
senti nel Cosmo, e nel nostro Mondo, è a sua volta com-
prensibile solo ammettendo che tutte abbiano una comune
origine, dato che non potendo esistere più di un “Uno”, in
quanto sarebbero “Molti”, l’Unità che sta a fondamento delle
Anime deve essere dunque la stessa che le accomuna tutte
quante. Questa Unità è perciò identificata nell’Anima Mundi,
che a sua volta diventa veicolo delle idee platoniche negli
organismi, andando a costituire la loro ragione formante o
Logos, in maniera del tutto simile anche ai caratteri genetici
di un individuo (o al Concetto aristotelico di Entelechia27).

«Da tutto quanto si è detto risulta che ogni essere che si


trova nell'Universo, a seconda della sua natura e costitu-
zione, contribuisce alla formazione dell'Universo col suo
agire e con il suo patire, nella stessa maniera in cui cia-
scuna parte del singolo animale, in ragione della sua natu-
rale costituzione, coopera con l'organismo nel suo intero,
rendendo quel servizio che compete al suo ruolo e alla sua
funzione. Ogni parte, inoltre, dà del suo e riceve dalle altre,
per quanto la sua natura recettiva lo consenta.»
(Plotino, Enneadi, IV, 4, 45).

Tutto il sistema plotiniano trovava piena organicità nel postulare l’Uno assoluto al di là delle stesse
Idee, un principio trascendente e ineffabile, non spiegabile a parole e al quale ci si può ricongiungere
solo attraverso l’Estasi Mistica. Nonostante avesse una visione Monistica, nell’Anima del Mondo
postulata da Plotino sussistevano le Divinità del politeismo pagano, proprie della mitologia greca, di-

27 Il termine Entelechia (entelechìa, dal greco antico) è stato coniato da Aristotele per designare la sua
particolare concezione filosofica di una realtà che ha iscritta in sé stessa la meta finale verso cui tende ad
evolversi. È infatti composto dai vocaboli en + telos, che in greco significano "dentro" e "scopo", a significare
una sorta di "finalità interiore". Aristotele parlò di entelechia in contrapposizione alla teoria platonica delle idee,
per sostenere come ogni ente si sviluppi a partire da una causa finale interna ad esso, e non da ragioni ideali
esterne come affermava invece Platone che le situava nell’Iperuranio. Sarebbe, quindi, la tensione di un or-
ganismo a realizzare sé stesso secondo leggi proprie, passando dalla potenza all'atto, lo stato di perfezione,
di qualcosa che ha raggiunto il suo fine.
44

vinità che non erano viste in contrasto con l’Uno, ma anzi, espressione della sua medesima Natura
che fa esperienza attraverso diverse forme.
La dottrina plotiniana, poi, una volta depurata dal suo aspetto pagano, poté facilmente essere
assorbita dal nascente cristianesimo, il quale in modo analogo e partendo da una visione spirituale
della realtà, riscontrò un’origine della Vita in un principio unitario ed intelligente. A differenza di Plo-
tino, però, per cui l’Anima genera esseri simili a sé in maniera inconsapevole, disperdendo la propria
energia vitale fino ad organismi via via sempre più inferiori e meno evoluti, il cristianesimo ribaltò
tale concetto sotto un’ottica più creazionista e finalistica.
Difatti, nella Bibbia, l’Essere Umano appare come l’essere più evoluto tra i viventi, creato ad
immaginare e somiglianza di Dio, dove all’origine non c’è la Materia ma lo Spirito e la vita può andare
dagli organismi inferiori fino a quelli più intelligenti, essendo l’intelligenza in essi già contenuta. Il
principio che più si avvicinava all’Anima Mundi, sempre nel cristianesimo, fu il concetto dello Spirito
Santo (concepito però non in forma vacua ma come una vera e propria persona, la Terza della
Trinità), assurgendo così funzioni di Soffio Vitale che spira dove vuole e in piena autonomia.

«Allora l'Eterno Dio formò l’Uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito di vita, e
l'Uomo divenne un essere vivente.» (Genesi 2:7)

Tale aspetto emerge con vigore nei Vangeli, laddove Gesù si rivolge agli Elementi della Natura
(sempre loro), ad esempio gli Alberi o il Vento, come Entità coscienti che a lui obbediscono. Tale
centralità permeò poi anche l’agostinismo, soprattutto nel commentario del Timeo di Platone operato
da Calcidio, che le attribuiva una «natura razionale incorporea». Ma anche durante il medioevo di-
venne un tema ampiamente dibattuto e sviluppato da vari maestri, tra i quali gli appartenenti alla
Scuola di Chartres, tra cui Teodorico e Guglielmo di Conches, che arrivarono ad ammettere l’imma-
nenza dello Spirito nella Natura, concependolo come una totalità organica ed indipendente, oggetto
di studi separati rispetto alla teologia vigente e che diventerà materia speculativa per studi occulti-
stici, alchemici ed esoterici, specie tardo-medioevali e rinascimentali.

«Detto questo, soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo.”» (Giov 20:22).
45

Sempre secondo Gugliemo di Conches, Dio si era limitato a dare l’avvio alla Creazione, dopodi-
ché tutta l’evoluzione dei processi naturali andava spiegata sulla base di principi interamente fisici,
e per farlo individuò nell’azione combinata dei Quattro Elementi (Fuoco, Terra, Aria, Acqua), questa
forza motrice, senza che Dio avesse bisogno di intervenire nuovamente. I filosofi di Chartres ammi-
sero così l’immanenza dell’Anima Universale nella Natura, avviandosi verso una visione panteistica
del Creato e che rivoluzionò il pensiero nei secoli successivi.
Contemporaneamente anche Tommaso d’Aquino parlava di un’Anima Mundi, causa della natura,
che derivava “post aeternitatem” dalle Intelligenze (sussistenti “cum aeternitatem”), e che a loro volta
discendevano dall’Uno o Bene, causa prima “ante aeternitatem”, seppure nella sua opera l’attenzio-
ne rivolta a questi aspetti vitali del Mondo Fisico restano comunque collocati dentro una visione tra-
scendente di Dio.
Il Rinascimento, durante il quale vi fu una nuova ed improvvisa stagione neoplatonica, il concetto
di Anima del Mondo godette di particolare fortuna, legandosi soprattutto ad aspetti magici, alchemici
ed ermetici, propri della filosofia del periodo, collegati inoltre all’attività di illustri personaggi quali
Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, etc. In quel periodo divenne una visione chimerica la ricerca
della Pietra Filosofale, che per produrre si diceva fosse necessaria la disponibilità del grande Agente
Universale, o Anima del Mondo, altrimenti detto “Azoto”, acronimo cabalistico che indicava la Luce
Astrale Divina, e di cui ogni elemento della realtà materiale si riteneva fosse permeato.
L’intero Universo era concepito come un organismo vivente, popolato da presenze e forze vitali,
la visione neoplatonica, unita a quella cristiana, aveva permesso di vedere organicamente congiunti
tutti i diversi campi di ricerca e speculazione filosofica ed ermetica. Dio, pensavano, irradia vita, virtù
ed amore nel Cosmo vivificandolo, e al tempo stesso questo amore era visto come fondamento, non
solo della vita stessa ma anche dell’ordine geometrico del Mondo. Spirito e Materia, eventi celesti e
terrestri, in quanto espressioni del medesimo principio vitale, portarono ad un maggiore sviluppo
dell’Astrologia e della possibilità di predire il futuro mediante gli Oroscopi, arte che diverrà molto più
presente in molte corti regali dell’epoca, in quanto Scienza al servizio dell’Uomo che guardava al
futuro per decifrarlo e potervi intervenire attivamente per mutarlo a proprio vantaggio.
In quel periodo divenne più accentuata la sostituzione delle divinità pagane con creature interme-
die, quali Angeli e Santi protettori, preposti ognuno alla “giurisdizione” di un particolare aspetto o
elemento della realtà, così come gli antichi Dèi avevano per secoli svolto, ma di pari passo, specie
nel XVI secolo, il concetto di Anima del Mondo riprese vigore con Giordano Bruno, il quale concepì
Dio talmente immanente alla Natura fino a identificarlo con quest’ultima (panteismo), mentre nel
coevo Tommaso Campanella si fece largo la convinzione che tutti gli elementi della realtà sono
senzienti, ovvero dotati di una propria Coscienza (sensismo).
Nei secoli successivi questo concetto ha continuato poi a serpeggiare, pure restando in parte
latente, ostacolato non di rado dal diffondersi del Meccanicismo e dalla Scienza Newtoniana, alla
quale si oppose poi nel Settecento nientemeno che Goethe. Il concetto di Anima Mundi riemerse
quindi nuovamente durante il Romanticismo, in Germania, dove in particolare Schelling riprese la
concezione neoplatonica che vede il principio intelligente presente già nella Natura in forme embrio-
nali e potenziali. La Natura, per Schelling, sarebbe una vera e propria “intelligenza sopita”, uno “Spi-
rito in Potenza”, una Natura che non potrebbe evolversi fino all’Uomo se non avesse già dentro di
sé lo Spirito Divino, in quanto anche gli organismi inferiori, in questa visione, sarebbero solo delle
limitazioni o aspetti secondari, minori, di quell’unico organismo universale che nell’Essere Umano
trova la sua piena realizzazione.
L’Anima del Mondo, perciò, diventa pienamente autocosciente soltanto nell’Uomo che rappre-
senta così il vertice di una ben precisa evoluzione, punto di passaggio dalla Natura verso Dio e che
in essa si riflette, una Natura dove è presente un evoluzionismo, un’intenzionalità finalistica, che si
esplica o manifesta in organismi via via più complessi a partire da un principio semplice e assoluta-
mente unitario.
Persino Schopenhauer utilizzò lo stesso concetto neoplatonico, pure per lui le singole Anime degli
Individui erano l’espressione di un’unica Volontà di Vita, che operando tuttavia in maniera inconsa-
pevole, e solo nell’Uomo, può diventare infine Cosciente di Sé, seppure apparentemente l’Io indivi-
duale è separato dagli altri, spinto perciò verso un agire egoistico, al di sotto del Velo di Maya dove
le Anime sono tutte unite a formare una sola grande Anima Cosmica; cento anni più tardi, lo stesso
concetto riemerse anche grazie al lavoro di Carl Gustav Jung, nella sua nozione di Inconscio Collet-
tivo.
46

2.3 - Il Mulino del Tempo

Mettendo a confronto i diversi miti presenti e sparsi in tutto il pianeta, viene spontaneo iniziare a
fare dei distinguo, nei quali un presunto Dio Onnipotente, è riconoscibile e indipendente da un altro
Dio Minore incaricato di creare attivamente il Mondo. Questo Onnipotente, ad un certo punto della
grandiosa iniziativa, sembra decidere di non immischiarsi più direttamente nell’azione, egli sembra
abbia solamente lanciato l’Idea della Creazione limitandosi ad “enunciarla”, con una voce quasi im-
percettibile, incaricando, poi, un Dio Minore o Inferiore dell’attuazione vera e propria della sua Idea.
Così si ritrova ad agire Prajapati, la divinità vedica quando creò il Cielo, le Acque, l’Atmosfera e
la Terra, come in America fu il Dio del Tuono, o “Grande Urlatore”, ad eseguire l’opera per ordine
del Gran Manitù. È un Dio Inferiore, o più propriamente un Creatore, posto ancora troppo in alto per
potersene occupare attivamente, specie del Mondo Materiale, in quanto capace solo di produrre
Idee Acustiche, e per portare a termine l’opera si ritrovò a designare a sua volta un Demiurgo, inca-
ricandolo della materializzazione parziale di quel mondo acustico; ma essendo sovente un folle, non
risultò essere sempre un fedele servitore. Questo Demiurgo ben presto divenne un bugiardo e un
ladro, un avversario più o meno dichiarato, o almeno un cattivo imitatore del Maestro, e che contra-
riamente a Lui, sempre guidato dall’Idea del Bene, fece sorgere quel principio di decadenza del
Mondo che diventerà successivamente una proprietà tipica del Male.
L’attività di ognuna di queste prime Figure (o Forze) è molto particolare, perché si capiscono
subito delle dinamiche alquanto ben specifiche dove: l’Assoluto è un Essere puramente Celeste, un
“Grande Morto” che non ha alcuna relazione diretta, con un Aiutante il quale mantiene, invece, un
contatto con la Creazione, ed un Demiurgo, poi Signore della Materia, in quanto principio di un
azione concertante, non di rado confuso con il suo predecessore, perché entrambi specchio o ri-
flesso dell’altro all’interno di un contesto di una Duplice Natura, dove il primo incarna l’essenza Ce-
leste, mentre il secondo quella Terrestre.
La cosa più interessante di queste antiche visioni è la loro collocazione, perché nel Cielo si pen-
sava che dimorassero i morti, mentre la Terra ospita i vivi, ed entrambe queste divinità, che non
sono né morte e né vive, ma cadaveri viventi, si ritroverebbero a vivere una “singolarità”, in quanto
nel mentre l’Onnipotente dorme profondamente, gli altri due sognano, dove la morte e il sonno di-
ventano, inoltre, i serbatoi inesauribili delle loro forze e idee.
Ma Lui, il “Grande Morto” da tutti identificato come il Dio Assoluto o il Tutto, chi è? Nelle religioni
e nei sistemi ontologici teisti, il termine Dio indica una divinità, un essere soprannaturale ed immor-
tale, trascendente ed immanente, unico nei monoteismi e tra i principali nei politeismi. Il termine
“Dio” fa riferimento ad una divinità sovente asessuate (specie nei monoteismi), oppure di sesso
maschile (nei politeismi per alcune specifiche divinità), mentre si utilizza il termine “Dèa” (sempre
nei politeismi) in riferimento a divinità di sesso femminile.
Tale rapporto che accomuna gli Umani con Dio (e poi con gli Dèi), all’interno di un paradigma (poi
dogma) teista, costituisce da millenni, nelle sue più svariate forme e sfaccettature, individuali e so-
ciali, la più grande manifestazione di massa conosciuta con il nome di Religione. Per secoli, se non
millenni, si è fondato su tali idee tutta un’indagine filosofica e teologica, ponendo al centro della
questione l’esistenza o l’inesistenza di un Dio, ponendo le basi dei temi cardini anche della Metafi-
sica. Dio, o l’Assoluto, nei principali monoteismi è concepito come un Essere Spirituale (incorporeo),
impersonale e trascendente, dal latino Deus, connesso alla radice indoeuropea div, luminoso, cele-
ste, etc., designa con significati diversi e a seconda dei contesti e le culture, un’Entità Superiore
dotata di una potenza oltre ogni limite (sovrumana, o sopra/oltre l’umano). Egli è un Essere Su-
premo, Creatore di tutte le cose, immortale, di natura superiore anche a quella umana, degli stessi
Eoni o Spiriti, i Geni, e con particolari attribuzioni al buon governo universale.
Essere Ultra-Mondano che esiste per sé stesso e perciò infinitamente necessario, nelle varie
teologie, religiose e filosofiche, hanno a lui ascritto vari attributi, tra i quali riconosciamo i termini:
onniscienza, onnipotenza, onnipresenza, perfetta bontà, semplicità, esistenza eterna, necessaria.
Di pari passo sono stati, sempre a lui connaturati, proprietà e/o ruoli di: creatore e custode dell’Uni-
verso, sommo legislatore morale, fonte e termine dell’amore cosmico ed umano.

«Tutto sarebbe donato a chi rinunciasse a sé stesso assolutamente, anche per un solo istante.»
(Meister Eckhart)
47

Il filosofo Gottfried Wilhelm von Leibniz28 sosteneva, ad esempio, che Dio è l’Unità Originaria, la
“sostanza semplice originaria”, da cui derivano tutte le altre sostanze, create mediante “folgorazioni
istantanee e continue”, e in questo assurge a ruolo di Essere Necessario o ragione sufficiente ed
ultima delle cose. Ma in precedenza, nel medioevo, il filosofo e mistico Meister Eckhart29 era persino
andato oltre, sostenendo che Dio compendiava in sé tutto l’Essere, arrivando a negare la determi-
natezza dell’atto creativo e ad affermare per converso l’Eternità e l’Infinità del Mondo.
Andando ancora più a ritroso nel tempo, però, si scopre quanto l’idea di Dio presso le culture
primitive fosse molto più varia e complessa di quanto gli studiosi moderni avessero inizialmente
potuto immaginare, tanto che è venuta a formarsi l’idea, condivisa, che questo Dio, costituisse per
questi popoli la ragione (o Logos) immanente dell’Universo stesso, con una posizione intermedia tra
le sue successive manifestazioni (il Dio-Architetto e il Dio-Orologiaio), con un aspetto atipico nei ri-
guardi di un suo disinteressamento, anche affettivo, specie nei confronti del mondo umano, idea che
si ripresenterà nuovamente, e con aspetti esoterici inusuali da dopo il Rinascimento, arrivando poi
attraversi mille rivoli di pensiero sino ai giorni nostri.

«Chi vuole penetrare nel fondo di Dio, in ciò che ha di più intimo, deve prima penetrare nel fondo
proprio, in ciò che ha di più intimo, giacché nessuno conosce Dio se prima non conosce sé stesso.»
(Meister Eckhart, da Questa è la Vita Eterna, I sermoni, ed. Paoline, p. 408)

Un aspetto interessante affrontato nel corso dei secoli è stato quello della tripartizione di questa
Essenza originaria, diventando per molti popoli anche un problema non da poco e che ha preoccu-
pato gli Esseri Umani, a più riprese, ovvero quello dell’origine del Bene e del Male, e di conseguenza
del principio di Dualità ad essi insito, risultando essere il più difficile da risolvere, tanto da rivelarsi
un ostacolo insormontabile per la maggior parte dei filosofi e dei teologi.

28 Gottfried Wilhelm von Leibniz (Lipsia, 1º luglio 1646 - Hannover, 14 novembre 1716), è stato un mate-
matico, filosofo, scienziato, logico, glottoteta, diplomatico, giurista, storico, magistrato tedesco di origine so-
raba. A lui si deve il termine "funzione", che egli usò per individuare le proprietà di una curva, tra cui l'anda-
mento, la pendenza e la perpendicolare in un punto, la corda. A Leibniz, assieme a Isaac Newton, vengono
generalmente attribuiti l'introduzione e i primi sviluppi del calcolo infinitesimale, in particolare il concetto di
integrale, per il quale si usano ancora oggi molte sue notazioni. È considerato anche il precursore dell'infor-
matica, della neuroinformatica e del calcolo automatico: fu inventore di una calcolatrice meccanica detta Mac-
china di Leibniz; inoltre alcuni ambiti della sua filosofia aprirono numerosi spiragli sulla dimensione dell'incon-
scio che solo nel XX secolo, con Sigmund Freud si tenterà di esplorare. Leibniz è uno dei massimi esponenti
del pensiero occidentale, nonché una delle poche figure di "genio universale”.
29 Johannes Eckhart, meglio conosciuto come Meister Eckhart (Tambach-Dietharz o Hochheim, 1260 -

Colonia o Avignone, 1327/1328), è stato un teologo e religioso tedesco, tra i più importanti teologi, filosofi e
mistici renani del Medioevo cristiano, e ha segnato profondamente la storia del pensiero tedesco.
48

Emersero, inoltre, ulteriori interrogativi circa la Perfezione e l’Imperfezione, che sembra insita
nella natura di questo principio dualistico, perché per secoli i grandi pensatori si sono chiesti come
Dio, essere perfetto ed assoluto, potesse aver creato l’Errore. Il neoplatonismo interpretò tale con-
cetto con una figura, una divinità intermedia, che sta tra l’intelletto divino e quello mondano, e che
gli gnostici identificarono con il Demiurgo, un Essere mediatore tra lo Spirito e la Materia, inteso non
di rado come una vera e propria divinità malvagia.
Un ulteriore aspetto singolare di questa concezione emerse e si formò in Europa, durante il me-
dioevo, quando si diffuse una particolare dottrina o eresia dualistica, quella dei Catari (1150-1250
d.C.) Assimilata probabilmente a quella del Manicheismo e dei Bogomili proveniente dai Balcani,
corrente che in modo sotterraneo è arrivata sino ai giorni nostri, contenente derivazioni gnostiche,
manichee, pauliciane, etc., queste influenze religiose e filosofiche giunsero in Europa, forse all’inizio
del XII secolo, tramite l’impero bizantino o attraverso i Balcani, grazie ai Crociati e i Pellegrini che
tornavano dalla Terra Santa.
La dottrina Catara, in sostanza, professava un Dualismo in base al quale il Re d’Amore (Dio) e il
Re del Male (Rex Mundi o Satana), rivaleggiavano a pari dignità per il Dominio del Mondo e delle
Anime Umane. Essi arrivarono anche a sviluppare alcune convinzioni dove il tutto veniva risolto
mediante un’eterna lotta tra Spirito e Materia, Luce e Tenebra, Bene e Male, all’interno della quale
il Creato diventava una sorta di “Grande Tranello”, in cui la figura di Satana o Anti-Dio (diverso da
quello cristiano), irretiva lo Spirito Umano contro le sue rette inclinazioni, allontanandolo dallo Spirito
del Tutto. Sostenevano persino che il Dio-Creatore dell’Antico Testamento corrispondeva in realtà
al Dio Malvagio (Satana), consideravano il Dio che reputavano Buono come non onnipotente, sem-
pre in difesa dei continui attacchi del Dio Malvagio, costantemente in guerra contro di lui nel conten-
dergli la vittoria finale.
Si erano anche spinti oltre, sostenendo che il Mondo Materiale non era stato creato dal Dio Buo-
no, ma era interamente opera del Dio Malvagio, riconoscendo in esso l’opera diabolica del Mondo e
della Materia in essa contenuta, tanto che anche l’Uomo era considerato di natura diabolica, es-
sendo fatta di carne. La carne, perciò la Materia, erano il punto più basso del decadimento espe-
rienziale universale, la Caduta, l’abisso, un regno creato dal Dio Malvagio nel quale sperimentare la
causa del Male fisico e morale, rispetto all’opera del Dio Buono, creatore invece di una dimensione
non visibile e di conseguenza popolata di esseri spirituali e puri.

«Dio dice nel primo libro della Genesi: «Guardatevi dal mangiare dell'albero della vita ecc.». In-
vece il Dio del Vangelo dice, nel primo libro dell'Apocalisse: «A chi vince io darò da mangiare dell'Al-
bero della Vita». Quello proibisce, questo promette, dunque sono tra loro contrari. Il terzo libro della
Genesi afferma: «La terra sarà maledetta per colpa tua». Ecco il Dio del Vecchio Testamento male-
dire la terra che il Dio del Nuovo Testamento benedice nel Salmo: «Benedicesti, o Signore, la tua
terra», dunque sono contrari tra loro. Il Dio del Vecchio Testamento vuole che gli si immolino degli
animali e si compiace di tali sacrifici; il Dio del Nuovo Testamento dice nel Salmo: «Rifiutasti la vittima
e l'offerta, ma mi hai apprestato il corpo; non ti compiacesti di olocausti in cambio del peccato». Quel
Dio comanda tali sacrifici, questo li respinge; dunque sono tra loro contrari.» (Anonimo Cataro,
dall'Archivio dell'Inquisizione di Carcassone, XXXVI, 91, documento databile tra il 1270 e il 1290;
citato in Ditadi 1994, p. 430.)

Come può l’Unità aver prodotto la Dualità? Molte delle dottrine abitualmente ritenute dualistiche
non lo sono che in apparenza. Nel Manicheismo, ad esempio, come anche nella precedente reli-
gione Zoroastriana, il Dualismo era una dottrina che celava la vera conoscenza esoterica dell’Unità.
Abbiamo già affrontato la creazione di Ohrmazd e di Ahriman, i quali furono generati da Zervané-
Akerene e che dovranno poi fondersi in lui alla fine dei tempi.
In questo contesto la Dualità si esplica nell’impossibilità di esistere di per sé stessa, è dunque
prodotta dall’Uno per mera necessità. Nella Dualità bisogna tener presente l’aspetto di opposizione
tra l’Essere e il Non-Essere, ma poiché l’uno e l’altro sono necessariamente contenuti nella Perfe-
zione/Imperfezione totale, appare evidente che tale contrasto non può che essere fittizio. Qui risiede
tutta l’illusione, pertanto, tra Spirito e Materia, sulla quale, specie in tempi recenti, è strato costruito
un così gran numero di sistemi filosofici, e poi scientifici (vedasi la Fisica Quantistica).
Se il Principio Supremo, differenziandosi dà luogo a due elementi, distinti in quanto li reputiamo
tali, questi due elementi accomunati al primo, andranno a formare un Sistema Ternario che regge
49

tutta la Creazione Universale, e che in tutte le mitologie o religioni della Terra è da sempre stato
ravvisabile (la Trimurti induista, la Triade olimpica composta da Zeus (il Cielo), Ade (la Terra / gli
Inferi), Poseidone (i Mari), non ultima la Trinità Cristiana, etc.: Perfezione Suprema (Assoluto), Per-
fetto (Primo Demiurgo/Creatore) ed Imperfetto (Secondo Demiurgo/Creatore).

«[…] quando si oppone il Bene al Male, generalmente si fa consistere il Bene nella Perfezione,
o quantomeno in una tendenza alla Perfezione, ed allora il Male non è nient’altro che l’Imperfezione:
ma come può l’imperfetto opporsi alla Perfezione. Abbiamo visto che la Perfezione è il principio di
tutte le cose e che, d’altra parte, non può produrre l’Imperfetto, donde risulta che in realtà l’Imperfetto
non esiste, o almeno non può esistere che come elemento costitutivo della Perfezione totale; ma
allora esso non può essere realmente Imperfetto, e quel che noi chiamiamo imperfezione non è che
relatività. […] D’altra parte, se si chiama Bene il Perfetto, il relativo non ne è realmente distinto,
poiché v’è contenuto in principio; dunque, dal punto di vista universale, il Male non esiste. Esso
esiste solo, se si considerano le cose sotto un aspetto frammentario ed analitico, separandole dal
loro Principio comune invece di vederle sinteticamente contenute in questo Principio, che è la Per-
fezione. Così si crea l’Imperfetto, e distinguendo il Male dal Bene, li si crea entrambi proprio con
questa distinzione, poiché il Bene ed il Male
sono tali solamente se messi in opposizione
l’uno all’altro; inoltre, se il Male non esiste, non
si può neppure parlare di Bene nel senso ordi-
nariamente attributo a questa parola, ma sola-
mente di Perfezione. È dunque la fatale illu-
sione del Dualismo ad attuare il Bene ed il Male,
ossia, considerando le cose da un punto di vista
particolare, a sostituire la Molteplicità all’Unità,
imprigionando così gli esseri su cui esercita il
suo potere nel dominio della confusione e della
divisione: tale dominio è l’Impero del Demiur-
go.» (René Guénon,30 tratto da Il Demiurgo)

(William Blake)

Il Demiurgo, figura tra le più interessanti del-


la filosofia ermetica, esoterica e gnostica (e di
cui tratteremo più approfonditamente più avan-
ti), è un essere divino definibile più propriamen-
te come un semidio, descritto per la prima volta
in modo sistematico da Platone nel Timeo (Ti-
meo, 28c). Il termine greco che il filosofo utilizzò
per descriverlo fu dēmiurgòs, composto da dè-
mios, cioè "del popolo", ed èrgon, "lavoratore",
quindi da intendere come un lavoratore al pub-
blico, o più precisamente un artigiano; nell’An-
tica Grecia, il termine si riferiva inoltre anche ai

30 René-Jean-Marie-Joseph Guénon è conosciuto anche come Shaykh 'Abd al-Wahid Yahya dopo la con-

versione all'Islam (Blois, 15 novembre 1886 - Il Cairo, 7 gennaio 1951), è stato uno scrittore, filosofo, esoteri-
sta, intellettuale francese. La sua opera, concepita a partire da una ridefinizione in senso tradizionale della
nozione di metafisica, intesa come «conoscenza dei principî di ordine universale», è volta all'esposizione di
alcuni aspetti delle cosiddette «forme tradizionali» (Taoismo, Induismo, Islam, Ebraismo, Cristianesimo, Er-
metismo, Libera Muratoria, Compagnonaggio, ecc.), intese come differenti espressioni del sacro, funzionali
allo sviluppo delle possibilità di realizzazione spirituale dell'essere umano. L'opera di Guénon consta di venti-
sette titoli, dieci dei quali editi dopo la morte dell'autore raccogliendo scritti apparsi in precedenza sotto forma
di articoli e recensioni. Prevalentemente scritti in francese, tali lavori sono stati tradotti e costantemente ripub-
blicati in oltre venti lingue, esercitando una notevole influenza, a partire dalla seconda metà del Novecento,
soprattutto nella precisazione dei concetti di Esoterismo e Tradizione.
50

lavoratori liberi, gli artigiani che vivevano liberamente dei frutti del loro lavoro, un po’ come i moderni
liberi professionisti.
L’analogia tra la figura cosmogonica e quella terrestre o artigiana è ravvisabile in un sincretismo
pressoché perfetto, perché il Demiurgo, come un artigiano, trasmette il modello ideale ad una Mate-
ria già esistente, e possiede, oltre che carattere intellettuale, anche competenze tecniche. Egli,
senza il quale “è impossibile che ogni cosa abbia nascimento”, non è argomentata razionalmente
ma è introdotta come ipotesi cosmologica dai risvolti verosimili, ovvero il filosofo, come spesso fece
in altri casi (vedasi il mito di Atlantide), si serve di un concetto per descriverlo in modo intuitivo e
narrativo, anziché farlo con una rigorosa argomentazione dimostrativa, così da rendere quel pen-
siero, spesso difficile, facilmente comprensibile da illustrare.
Il Demiurgo, “Artefice e Padre dell’Universo”, è pertanto una forza ordinatrice, imitatrice, plasma-
trice, che trasforma e forma, ma non crea, dove le Idee, la Materia e il ricettacolo (il luogo originario
di tutte le cose, non soggetto a generazione o corruzione) a lui preesistono. Tenendo conto della
Teologia contenuta nel X° Libro delle Leggi di Platone, si deve riconoscere a questa Entità un’attività
provvidenziale che regge l’Universo intero tramite l’azione delle varie Divinità, in quanto come di-
chiarato nel Timeo, gli Dèi sono generati a questo scopo dallo stesso Demiurgo.
Platone, osserva che “ogni esperto artigiano compie la sua opera in funzione della totalità, ten-
dendo a quello che è il più gran bene comune”, e questo è anche il principio della produzione de-
miurgica, che emerge e si sviluppa in una mancanza iniziale di invidia, in una visione dell’Universo,
come tra i migliori mondi possibili. Il Demiurgo, perciò iniziò a misurare e vivificare la Materia, di-
spensandole forma e ordine, rendendola Anima del Cosmo, assumendone il compito di guida o
intelligenza che ne progetta gli sviluppi, avendo le idee a modello. Tali idee, inoltre, sono eterne,
necessarie, e precedono ogni origine temporale, assumendo l’aspetto di “pura forma” e restando
esenti da generazione e corruzione, a differenza del Mondo Sensibile, al contrario generato e cor-
ruttibile (problematica di cui ne sarà in parte vittima nelle successive fasi della sua opera).
Il Demiurgo, pertanto, non crea ex nihilo, dal nulla, ma è costretto ad operare trasmettendo la
forma ideale ad una Materia preesistente, variandola incessantemente. L’Eternità diventa il pen-
siero-dinamo (e dinamico) necessario per muovere inesorabilmente il Tempo, che mediante la quo-
tidiana rotazione delle Sfere (gli Astri) e degli Strumenti del Tempo (i Pianeti), conduce alla fase della
Vita, che si perpetua per “generazione” attraverso la formazione delle Creature, tutte figlie o singole
anime del Primo Corpo Cosmico (il “Seme dell’Uomo”), in grado di contenerle e moltiplicarle, maci-
nandole in farina impalpabile nel Mulino del Tempo.
51

2.4 - Il Fabbro dei Mondi

«Tutto ciò che è, sotto qualsiasi modalità si trovi, avendo il suo principio nell'Intelletto divino,
traduce o rappresenta questo principio secondo la sua maniera e secondo il suo ordine d'esistenza;
e, così, da un ordine all'altro, tutte le cose si concatenano e si corrispondono per concorrere all'ar-
monia universale e totale, che è come un riflesso dell'Unità divina stessa.» (René Guénon, Il Verbo
e il Simbolo, gennaio 1926, ora in Simboli della Scienza Sacra, Adelphi, Milano 1975, p. 22)

Ptah (il “Creatore) o Tanen31, Ta-tenen, Tathenen, Pe-


teh, Phtha) è una divinità appartenente al pantheon del-
l’Antico Egitto, patrono degli artigiani, gli architetti, nonché
Dio del Sapere, della Conoscenza e Demiurgo del Co-
smo, definito anche come Ingegnere, Muratore, Fabbro e
Artista. Veniva considerato il solo Creatore non-creato
dell’intero Universo, oltre ad essere ritenuto una personi-
ficazione della Materia Primordiale (Ta-tenen), successi-
vamente, venne poi assimilato a Ptah (Ptah-Tatenen), se-
condo un processo non dissimile a quello accaduto al più
noto e successivo Amon-Ra.
La sua importanza fu inoltre testimoniata dai vari rico-
noscimenti ottenuti nel corso dei secoli: dapprima con l’eti-
mologia del termine “Egitto” (una corruzione greca del
lemma Het-Ka-Ptah, ḥwt-k3-ptḥ, o "Casa dello Spirito di
Ptah"; dall’attribuzione di Api come suo oracolo; per la
connessione con le divinità Seker e Osiride (che andranno
a costituire il Ptah-Seker-Osiride); come sposo di Sekh-
met (secondo alcuni Bastet); per essere stato padre di Ne-
fertum, Mihos e Imhotep.
Iconograficamente era raffigurato sovente come un uo-
mo mummificato con la barba, avente tra le mani uno scettro composito con l’ankh (il Simbolo della
Vita), l’uas come bastone del potere, e il djed (Simbolo della Stabilità); sovente sul capo portava una
calotta di pelle.
Egli era quindi l’incarnazione dell’Abisso Primordiale e che sin dall’antichità era stato descritto co-
me un “fondo di risonanza”, nel quale il suono che venne scaturito fu considerato come la Prima
Forza Creatrice, proprio come deve essere risultato il fragore (o vagito), accorso immediatamente
dopo l’iniziale esplosione del Big Bang descritta anche dalla Scienza, e che guarda caso, nella mag-
gior parte delle mitologie dava poi personalità ai primi Spiriti-Cantori del Cosmo.
Questo “Vuoto”, inoltre, può essere ulteriormente descritto perché persino nella Genesi si rac-
conta che lo Spirito di Dio “aleggiava sulle acque” (o lo stesso Abisso), e che tale metafora la ritro-
viamo anche a migliaia di chilometri di distanza dal Medio Oriente, come ad esempio nelle isole
Marshall, dove si racconta che in principio tutto era un mare e al di sopra scorreva la divinità (The
Maker), o in Micronesia, dove sopra il mare primordiale addirittura volteggiava un Ragno, così come
gli Egizi descrivevano che esisteva il Nun, termine di difficile traduzione e che sta ad indicare una
condizione pre-universale ancora astratta.
E che dire degli esquimesi? Raccontavano che un giorno, Tulungersaq (Padre Corvo), si svegliò
dal sonno eterno ed iniziò a dare sfoggio della sua creatività. In un mito irochese si racconta persino
che fu la morte dell’Uomo che viveva nel Regno dei Cieli a dare inizio ad una serie di vicende che
porteranno alla Creazione del (nostro) Mondo. Ancora più sconcertante è la mitologia Achomawi

31 Tatenen fu una divinità egizia originaria di Menfi. Essa incarnava l’Energia generata prima della Crea-
zione, che germoglia (nel senso che nasce spontanea), Energia che poi feconda (anche in questo caso con
germogliare si intendeva il nascere). Era anche considerata una divinità funeraria rappresentante la Terra
emersa dal Caos Primordiale, per questo motivo venne poi associata alla principale divinità menfita, Ptah,
nella forma di Ptah-Tatenen, in qualità di Creatore dell’Energia Primordiale. Generalmente veniva rappresen-
tato con aspetto mummiforme (un “Grande Morto”), con la barba e il copricapo “nemes” adornato con due
piume, corna ritorte e disco solare, inoltre le veniva attribuito l’aver portato nel mondo il pilastro djed, e che in
seguito sarà associato ad Osiride.
52

della California, che descrive come il Coyote e la Volpe galleggiarono sul Vuoto per molti, molti anni,
ma finirono poi per annoiarsi a stare sempre lì fermi ed immobili, tanto che la Volpe creò il Mondo
nel mentre il Coyote dormiva, proprio come faranno Osiride e Seth nella ben più lontana terra fertile
in riva al fiume sacro Nilo.
Questo Creatore, o suprema Fonte Primordiale, sembra improvvisamente scuotersi da una ne-
cessità quasi compulsiva di fare, da nessuna azione a lui esterna imposta, e che sembra essersi
messa in moto nelle regioni più insondabili del suo Io, forse senza una causa precisa ma mediante
una presa d’atto di una ragione cosciente, dove l’esperienza creativa esplode letteralmente come
un vero e proprio impulso improvviso, autonomo ed assolutistico.

In questo contesto, la figura che più esprime al meglio questo atteggiamento è il mito cinese di
P’anku, un Maker primordiale, sempre di forma umana, il cui soffio diventa vento, la cui voce diventa
tuono, il cui occhio sinistro diventa Sole e quello destro Luna, il cui sudore diventa pioggia e i cui
parassiti diventano il genere umano. Questa figura mitologica sembra illustrare, persino, che l’Uomo
Totale possa essere contemporaneamente l’attore e il destinatario della stessa esperienza creativa
messa in moto.

«Nulla posso vedere. Niente posso toccare. Percepisco solo il riflesso della Morte e della Vita in
ognuno di noi.» (cit.)

Questo mio vecchio pensiero riflette come per incanto, l’atto stesso della Creazione Primordiale,
perché se andiamo a ben vedere, secondo il Mito Antico, all’inizio di tutto, “Il Grande Morto” enunciò
un Primo Creatore, a cui affidò l’incarico di creare un mondo di suoni e di luce, dove agiva, dunque,
senza entrare in contatto con oggetti materiali e, per dare origine alla sostanza, si specchiò asso-
ciandosi ad un Secondo Creatore, che divenne successivamente il “Signore della Materia”.
Secondo le correnti filosofiche occidentali, e di molte culture vicine e affini, all’inizio di ogni cosa
c’era solo “Il Grande Morto” (la Coscienza), colui che le maggiori correnti spirituali, filosofiche e reli-
giose, hanno identificato a più riprese con termini quali l’Uno, il Tutto, Dio (quest’ultimo da non con-
fondere con la figura omonima delle Religioni, di ben altra natura). Questa “Coscienza” per com-
prendere sé stessa, gettò i germi della Creazione, intuendo che solo attraverso l’esperienza diretta
sarebbe riuscita a dare vita ad un processo infinito di rigenerazione.
L’Uno, (il Tao), si scisse e si specchiò in sé stesso dando forma alla Dualità, ovvero a due mani-
festazioni uniche ed indipendenti dalla sua essenza originaria e che, iniziando ad esplorare il Vuoto
via via che facevano esperienza, trasformandosi in Spazio, acquisirono una vera e propria persona-
lità e funzionalità.

«Il Tao è il Vuoto e non potrà mai essere pieno. È un abisso senza fondo, e sembra essere
l'antenato di tutte le Creature.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)
53

Entrambi i Creatori, arrivati a comprendere l’origine della loro essenza, cercarono, poi, diversifi-
candosi nei modi e nelle azioni, di emulare l’Uno dal quale si erano generati, e il passo successivo
in questo processo fu quello di riprodurre la loro stessa creazione, divenendo a loro volta dei novelli
Demiurghi. Tale concetto è magistralmente spiegato nella Filosofia Induista, attraverso il Concetto
di Lila e che in sanscrito significa Gioco, che identifica la Natura dell’intera realtà, che reputiamo
essere oggettivamente tale, come il fine prodotto di uno straordinario Gioco Divino e Cosmico; in
altre parole, quello che possiamo vedere, sentire o percepire, è solo il frutto di questo grande Gioco
Cosmico di Brahman, essenza di tutto ciò che esiste.

«C'era qualcosa di caoticamente completo e perfetto prima che il Cielo e la Terra nascessero.»
(Lao Tsu, Tao Te Ching)

La mitologia induista continua ancora oggi a spiegarci che la Creazione del Mondo avvenne per
mezzo del sacrificio del suo stesso ideatore, in questo caso inteso con il significato di “rendere sa-
cro”, il quale dette vita al Mondo attraverso Sé stesso, divenendo essenza di tutte le cose e dove
l’Universo è la stessa sua forma “Fisica”, nella quale si osserva al fine di sperimentare ogni punto di
vista, comprese tutte le infinità possibilità racchiuse al suo interno.

«Silenzioso, senza forma, esiste autonomamente ed è immutabile, e pervade ogni cosa senza
esaurirsi. Non ne conosco il nome, ma la considero la “Via” e può essere considerata la “Madre
dell'Universo”. Sforzandomi di classificarla, la definisco “Grande”.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)

Questa Essenza Primordiale riscopre Sé stessa attraverso l’Uomo, essendo l’Uomo oltre il Gioco
Cosmico. Si trasforma nel Mondo ed alla fine del Ciclo si distrugge privandosi della sua Forma, per
ritornare ad essere nuovamente pura Essenza Creatrice.

«Essere “Grande” significa “oltrepassare”. “Oltrepassare” significa “andare lontano”. “Andare lon-
tano” significa “ritornare”.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)

E per fare in modo che questo grandioso progetto si concretizzasse, prendendo forma, fu neces-
sario per l’Unità (poi Trinità), munirsi di una forma fisica nella Materia (l’Universo), in modo da poter
contenere quest’Energia (Animico/Spirituale) in grado di poterla ospitare (l’Uomo) e fare così espe-
rienza diretta di Sé stessa (Tu/Lui sei/è Quello).

«Il Tao è grande, il Cielo è grande, la Terra è grande ed anche l'essere umano è grande. Nell'U-
niverso vi sono quattro grandezze e l'Uomo è una di esse.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)

Nella cosmogonia ebraica, specialmente nelle varie correnti più mistiche ed esoteriche, si parla
sovente del principio pre-incarnato denominato Ein Sof (En Sof o Ayn Sof) nel quale l’Assoluto viene
concepito come prima della sua auto-manifestazione col termine “l’Uno Infinito”: il “Senza Fine”, il
“Nulla Infinito”, “l’Interminabile” o semplicemente “l’Infinito”. Presente anche nello Zohar, tradotto
letteralmente dall’ebraico in italiano come “Nulla Infinito”, si riferisce all’immensa grandezza divina
omnicomprensiva del Tutto, in special modo prima che il Mondo fosse, ora e per sempre, esistente.

«Prima che Egli desse qualsiasi forma al mondo, prima che Egli producesse qualsiasi forma, Egli
era solo, senza forma e senza somiglianza a nessuna altra cosa.» (Zohar)

«L'Uomo si conforma alla Terra, la Terra segue la Via del Cielo, il Cielo ha per modello il Tao, il
Tao si identifica con Sé stesso.» (Lao Tsu, Tao Te Ching)

Nel corso delle lunghe Ere universali (Eoni), tutte le innumerevoli forme e creature apparse, in
quanto sue manifestazioni, si atteggiarono a veri e propri Demiurghi, successivi artefici e padri pu-
tativi di quell’Universo di cui si riconobbero come Figli ma anche Creatori, in qualità di inventori con
il compito di “ricreare”, ovvero, manipolare, ordinare, imitare, plasmare, trasformare e formare tutta
la Materia e la Vita in esso contenuto, ma tali ruoli li spinsero talmente oltre a creare quel divario
54

dualistico fittizio da cadere sempre di più in un circolo vizioso che ben presto divenne senza senso
e fine (la Caduta degli Dèi).
E fu una di queste innumerevoli creature, che dopo aver preso coscienza della sua Forma, mu-
tevole e mutante, la usò come un Carro (il Grande Carro o Orsa Maggiore di mormonica e massonica
memoria) per discendere negli abissi della Materia, ed Egli volle poi essere chiamato con la sua più
ultima manifestazione, il nome sacro che nessuno può pronunciare (YHWH).
Ed è nel lungo incedere delle immense Ere Cosmiche che iniziò a mostrarsi come il Creatore del
Tempo (o della Matrix illusoria), in qualità di Vasaio, Falegname, Scultore, Fabbro (Demiurgo), il
quale dopo aver forgiato i Corpi Fisici, comunicò loro la Vita mediante un Grido, un’espirazione so-
nora, la saliva, lo sperma, tutti mezzi che permise all’Idea del Suono di diventarne la sua forza. Tutte
queste azioni divennero un tratto tipico anche delle sue dirette creature, perché come ci insegnano
le cosmogonie vediche, indù, persiane, etc., già nei tempi mitici, Dèi e Demoni, conoscendo la po-
tenza di questo Sacrificio Sonoro, si accanirono come duellanti per il possesso dell’Energia Creatrice
(o Monadica), non esitando spesso a farne anche un uso cattivo.
Un potere sfuggente e sfuggevole e che per incanalarlo necessitarono di una sempre più mas-
siccia materializzazione di quel Mondo Acustico, alla quale si aggiunsero ulteriori Dèi, aspiranti De-
miurghi, Spiriti Decaduti, i quali per raggiungere i loro obiettivi, fecero un ampio uso di una altrettanto
potente fonte di energia: la Violenza.
Per certo la Violenza, e di conseguenza il Male, non nascono come principi assoluti ma in seno
all’Ignoranza e alla smania spasmodica di ottenere il Potere. La non conoscenza e la poca coscienza
spingono il soggetto a compiere atti di inaudita violenza contro tutto ciò che non comprende e con-
sidera diverso da sé stesso, a cui si aggiunge anche una fame mai sazia di acquisire un sempre
crescente dominio sulla libertà altrui, che porta a reprimere ogni forma di ribellione all’interno di un
proprio ordine formale, manipolando i proprio sottoposti; atteggiamento, tra l’altro, riscontrabile an-
che in tutte le nostre dittature umane che si sono presentate nel corso della storia.
Sono questi gli strumenti che tali Demiurghi fecero propri quando decisero di utilizzare sistemati-
camente la Violenza come arma per plasmare l’Inconoscibile e manipolare la Materia, un atteggia-
mento che si ripercuoterà in tutto l’Universo, compreso il nostro Sistema Solare, esasperando così
un principio dualistico che al contrario, condurrà l’altra parte speculare a perseguire un modello di
Non-Violenza nei confronti della Natura, per mezzo di un principio spirituale unico e rivoluzionario:
la Trascendenza.
La Trascendenza, in Filosofia, è quella proprietà o qualità che va al di là, o oltre un determinato
ambito (l’Illimitato), ed in questo senso è l’opposto (e Duale) dell’Immanenza, che indica invece ciò
che si risolve o permane dentro un determinato contesto (il Limite). Il paradosso che viene così a
formarsi è che, se la Non-Violenza (il Bene) è vista erroneamente come un limite nei confronti
dell’esperienza fisica e materiale, la Violenza (il Male), ne esalta invece ogni aspetto, ricercando in
essa quella perdizione ritenuta addirittura liberatoria.
Caso emblematico è quello della figura del giudaico-cristiano Satana, il diavolo tentatore alla pe-
renne ricerca tramite l’Uomo dei piaceri fisici e carnali, facendo credere, inoltre, all’ignara vittima che
solo attraverso di essi, potrà raggiungere la conoscenza e la libertà. Tale concetto, comunque, af-
fonda le sue radici nell’Illusione (l’antica Maya o la moderna Matrix) in quanto la vera liberazione non
la si può raggiungere senza trascendere i limiti della Materia, e del Sistema che la rende funzionale
mediante l’esperienza fisica, ma nell’immateriale essenza astratta (persino oltre a quella spirituale e
animica) che permea l’intera creazione (il Sé), e che trova nella corporeità un mezzo per fare espe-
rienza diretta dell’Universo (l’Uomo).
Il Fabbro, così, continua a battere il ferro incandescente modellandone la forma, come faceva
anche il Fabbro Celeste riconosciuto nello sciamanesimo asiatico, erede del Divino e del Cosmo,
l’Efesto dell’Antica Grecia, il costruttore delle dimore stellate degli Dèi e che forgiò capolavori d’arte,
il Manu indù o lo Yaldabaoth gnostico, numi tutelari e ispiratori di Codici e Leggi, creatori materiali
di questo Mondo e dei successivi Arconti, ibridi di fattura “Aliena”, generati oltre la linearità intrinseca
di Madre Natura.
55

2.5 - L’Ordine Superiore

Adamo significa umanità, uomo, uomo terreno, terroso, o della Terra Rossa, ed è il nome del
Primo Uomo sia per l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam. Negli scritti religiosi della Kabbalah, Adam
Kadmon o Qadmon significa "Uomo Primordiale": "Ha-Rishon" (il Primo), "Ha-Kadmoni" (l'Originale).
L'Adam Qadmon, pertanto, è una figura della sapienza mistica ebraica e la sua figura è associata ai
diversi passaggi della Creazione, al suo svolgersi, ed al significato dell'origine di essa.
Secondo l’esegesi della mistica ebraica,
l’Uomo, in quanto ultima Creatura apparsa
è la più perfetta e completa del Cosmo e,
come tale, racchiude ontologicamente gli
elementi spirituali e materiali di tutte le pre-
cedenti creature; per la propria comple-
tezza, è inoltre la Creatura più fedele alla
totalità della Sapienza Divina. L’Uomo è
l’essenza della Totalità, espressione del
Mondo Superiore e del Mondo Inferiore, ed
è così possibile conoscere ogni aspetto
della realtà prestando attenzione anche uni-
camente ad esso, l’Adam Qadmon, sotto
questa ottica, è quindi l’archetipo della crea-
tiva totalità e specchio stesso dell’Universo.
Affine e attinente a questo principio è
quello delle Sephirot spiegate nella Cabala,
dove l’Adam Qadmon corrisponde energe-
ticamente all’Albero della Vita, rappresen-
tando la manifestazione del divino sul piano
dimensionale umano (Assiah). Le 10 Sephi-
rot di cui è formato l’Albero, corrispondono
a parti del suo Corpo, così come l’Albero è
la rappresentazione dell’Universo, dove la
prima Sephirah che cinge la testa dell’Uomo Cosmico, e che in ebraico si chiama Kether (Corona),
corrisponde cabalisticamente all’Arcangelo Metatron32. Le descrizioni contenute in questi antichi te-
sti, circa l’originario aspetto dell’Uomo, sono alquanto singolari, ad esempio nel Bereshit Rabbah, la
raccolta dei Midrashim del primo libro della Bibbia, la Genesi, riporta che in principio Adamo era
ornato con una sorta di coda che poi perse, così come prima del peccato originale Adamo ed Eva
presentavano sulla superficie del loro Corpo una sostanza celeste madreperlacea e metaforica-
mente simile alla materia dell'unghia, come è riportato in alcuni testi, e che aveva raggi di luce proiet-
tati dai suoi occhi.

32 Metatron è un importante angelo presente nel giudaismo rabbinico, nella qabbalah e nel cristianesimo
copto. Secondo il Libro di Enoch ebraico e l'Enoch slavo o Apocalisse di Enoch, Metatron in origine non era
un angelo, ma divenne tale a partire dall'assunzione in cielo del patriarca Enoch, in continuazione a quanto
scritto in Genesi 5,24 "Enoch camminò con Dio, poi scomparve, perché Dio lo prese". Non ci sono invece
riferimenti diretti ad un angelo di nome Metatron nel Tanakh e nelle scritture canoniche dal cristianesimo oc-
cidentale (Antico Testamento e Nuovo Testamento), anche se la letteratura che lo menziona rintraccia nella
sua figura l'angelo personale del Signore, soprattutto nel punto in cui in Esodo 23,20-23, si legge che il nome
di JHWH è in lui; viene chiamato infatti anche "JHWH minore" o Jahoel. A lui è associato il Cubo di Metatron,
il Frutto della Vita (o una componente del Fiore della Vita) che presenta tredici cerchi. Se ogni centro dei vari
cerchi è considerato un "nodo", ed ogni nodo è connesso ad ognuno degli altri con una linea unica, si crea un
totale di settantotto linee. All'interno di questo Cubo possono essere trovate molte altre forme, inclusa la ver-
sione bidimensionale (appiattita) di quattro dei solidi platonici. Nei primi scritti cabalistici è scritto che Metatron
diede forma al Cubo a partire dalla sua stessa Anima. Il Cubo di Metatron è anche considerato un glifo santo,
e c'è chi dice che può essere disegnato intorno ad un oggetto o persona in preda a presunte possessioni per
ottenerne la guarigione. L'idea è anche presente in Alchimia, dove il Cubo di Metatron viene indicato come un
cerchio di contenimento o di creazione.
56

Sempre lo stesso testo, riporta l’età di Adamo ed Eva al momento della loro creazione, in ben 20
anni, e come i successivi Noè, Mosè, Giacobbe e Giuseppe, anche Adamo venne creato circonciso,
ma la sua statura era così elevata che arrivava sino al cielo, ed egli poteva scorgere da una parte
all'altra del Mondo, grazie alla Luce Celeste creata da Dio. Infatti, l'Uomo Primordiale, secondo la
concezione di alcuni gnostici ebrei, era di dimensioni enormi, vale a dire 96 miglia di altezza per 94
miglia in larghezza (di forma quasi cubica!), inoltre, originariamente androgino, si separò nei due
sessi, dove la parte maschile divenne il Messia, e la parte femminile quella dello Spirito Santo.
Queste stranezze proseguono, in quanto nello Zohar è riportato che Adamo venne creato con la
polvere del luogo del Tempio di Gerusalemme, mescolata con quella di tutti i luoghi della Terra, a
cui Dio mischiò i Quattro Venti con i Quattro Elementi e diede vita ad un’opera meravigliosa, l’Uma-
nità; Adamo, inoltre, possiede anche un elemento spirituale celeste, l’Anima ricavata dal Tempio
Celeste di Gerusalemme del Mondo Superiore, così anche nella sua stessa formazione, l’Uomo
possiede elementi del Mondo dell’Alto e del Basso.
Sempre secondo l’esegesi ebraica, si sostiene che Adamo fosse in grado di vedere in visione
divina tutti gli Zaddiqim33 della storia, come contemplare tutte le anime delle generazioni successive,
compresi i Re ed i Saggi del popolo ebraico, così come nello Zohar è spiegato che dopo la morte,
l’Anima di ognuno di essi incontra lo stesso Adamo. La Qabbalah si spinge ancora più oltre, in quanto
sostiene che egli racchiudeva le anime degli uomini in sé, riferendosi a lui come l’Anima Primordiale
che poteva contenerle tutte quante, ma fa anche notare come dopo il peccato commesso da Adamo,
le anime degli Zaddiqim, staccandosi da lui, ascesero in Alto autonomamente.

(Michelangelo Buonarroti, Il Peccato Originale e la Cacciata dall'Eden, Cappella Sistina, Roma)

Cinque millenni hanno scavato un tale abisso, tra noi ed i fondatori della nostra Civiltà, che tutte
le conoscenze raggiunte non sono state in grado di colmare quel mistero inconoscibile chiamato
Universo. L’antico egiziano era ipnotizzato, quasi affascinato dal mistero della morte, e il Cosmo,
per lui, era come un immenso sarcofago dove al centro si trovava Osiride, l’Uomo Cosmico deca-
duto, imprigionato, paralizzato, sottoposto alle Forze incessanti del Male. Identificato attraverso le
varie culture della Terra come il Primo Uomo per gli Gnostici, l’Adam Kadmon della Qabbala ebraica,
lo Ymir dei miti nordici o il Pangu cinese (P’anku), il protagonista della tragedia cosmica iniziale,
l’Osiride identificato con la Costellazione di Orione nel Cielo, incarnò l’essere tanto buono da arrivare
a sacrificarsi e rendere questo atto uno dei più misteriosi ed enigmatici della storia.
Essendo la principale e centrale divinità del pantheon egiziano, ed essendo tra l’altro una delle
poche ad essere “morta”, gli Dèi si manifestarono esclusivamente in funzione di questa tragedia,
venerando e glorificandone la sua memoria, piangendolo e vendicandolo. Osiride, specie la sua
morte, infettò contagiando schiere di deità mascoline, maggiori e minori: Ra ed Horus, Ptah ed
Amon, Hapi, Kebhsennuf, ec., divennero rigidi, con le braccia incrociate sul petto, nella posa ieratica

33 I giusti, ravvisabili in un personaggio biblico, un maestro spirituale o un rabbino.


57

e sacrale delle statiche mummie, dove ancora oggi si ergono a noi, di fronte, nelle sembianze di un
Osiride immobilizzato dalla morte.
Gli Dèi scultorei sembravano quasi agonizzare, morire anch’essi, mentre le Dee vivevano per
piangere, lamentarsi in atmosfere lugubri, fantastiche, irreali, in ambienti di necrobiosi, dove la ne-
crofilia e l’oscura negromanzia dilagava, nonostante Apopi o Seth fossero visti come gli unici deten-
tori di un Male al quale sembrava quasi impossibile sfuggire se non scendendovi a patti. E fu proprio
in questo contesto che le Potenze del Male trionfarono, alcune Dee, Iside e Nepthtys, Hathor e Neith
cercarono di proteggere il mondo in lutto, ma Iside, la preminente Dèa, rimase vedova. Osiride era
morto ma esisteva ancora, si era tramutato nel Signore dell’Amenti, il Re del Mondo Inferiore, il
Giudice Supremo dei Morti, immobile e coagulato, avvinto stretto nelle sue bianchissime bende di
mummia, ma ridotto ad un’ombra priva di consistenza.
Osiride diventò così la divinità presente ed assente, un ricordo e un simbolo, tanto che per ridargli
vita, venne sovente identificato con una diversa divinità: Ra, Tum, Horus, etc. Ma nella singolarità di
questa situazione, mirabilmente descritta nell’antichissimo “Libro dei Morti”, il pantheon egizio fu
allora che si trasformò in una necropoli, dove solamente Thoth e Anubis conservarono interamente
la loro libertà di azione, nel mentre Osiride, l’Uomo Cosmico, rimase il perno dell’Universo; li avvenne
una singolarità, una rottura, un cambiamento nel paradigma.
La tragedia della sua morte divenne il simbolo di un Crollo dell’Ordine Cosmico, dissimulata ad
esempio nella leggenda tramandataci da Plutarco, che fa trasparire i contorni di una realtà esoterica
antichissima ed oscura, sulla quale, ogni religione o mitologia del pianeta ha elevato a fondamento
dei loro dogmi, facendo quasi passare la Caduta di Adamo come una recente pallida eco. Come non
è strano che a più riprese, sotto una diversa ottica e chiave di lettura, si riscopra di catastrofi cosmi-
che di ere lontane, descritte sempre nel Libro dei Morti, del crollo di mondi e della morte di vere e
proprie divinità, dove anche l’Osiride Terrestre non che è un riflesso dell’Osiride Cosmico, giacente
a terra, prostrato, inanimato, simbolo della ruina di tutta l’opera della creazione divina.
E di quel Corpo cosa avvenne? Semplice, gli altri Dèi ne fecero scempio. Il Mito di Osiride ci
riconduce a quello nordico del Mulino, anzi a Snorri, e che nel suo inganno di Gylfi commenta un
verso, oggetto ancora oggi di molte discussioni. In questo carme antico si racconta la fine del gigante
primordiale Ymir, dal cui Corpo smembrato venne creato il Mondo. Snorri racconta che il sangue di
Ymir causò un diluvio colossale che annegò tutti i Giganti ad eccezione di Bergelmir, il quale assieme
a sua moglie “salì sul suo Mulino e vi rimase, e da qui discende la Stirpe dei Giganti”.
Si racconta inoltre che: “innumerevoli età prima che venisse plasmata la Terra, nacque Bergelmir.
Fu steso su un mulino o sotto una Macina e le sue membra furono macinate.” Vi sono anche altri
miti, forse ancora più agghiaccianti e macabri che raccontano il Mito della Creazione Umana, perché
alcuni di essi ci suggeriscono che il Mulino su cui era stato “issato” Bergelmir fosse un elemento
mitologico, li ritroviamo persino in Messico, nell’osso-gioiello o “Osso Sacrificale” che Xolotl o Que-
tzalcoatl si procurò negli “Inferi” e portò a Tamoanchan (la cosiddetta “Casa della Discesa”). Qui, la
dèa Ciuacoatl o Quilaztli macinò poi nella mola l’osso prezioso, e la sostanza macinata venne posta
nella Coppa dei Gioielli, poi, alcuni Dèi si procurarono delle lesioni e fecero fluire sulla “Farina” il
Sangue del loro Pene: da questa mistura venne così forgiata l’Umanità!
In questo contesto si inserisce anche la figura di Kaleva, un personaggio misterioso che brilla per
la sua assenza, pur restando la presenza eponima di tutto il poema a lui attribuito. Già identificato
come “Gigante”, in alcune versioni finlandesi dell’Antico Testamento, i giganteschi Raphaim ed
Enakikm furono definiti “Figli di Kaleva”, ma si ravvisa nel suo nome anche la professione di “Fab-
bro”, tanto primordiale quanto lo era stato Ilmarinen34.

34 Nella mitologia finlandese Ilmarinen è un Dio Immortale e, come entità gemella è l'altra metà di Jumala.

Conosciuto come Ilmaris nella mitologia estone, è una divinità che viene citata in entrambi i poemi epici na-
zionali. Nel Kalevala (l'opera finlandese), è uno dei protagonisti assieme a Väinämöinen e Lemminkäinen,
dove viene descritto come un abile fabbro e che forgia il mitico Sampo, un oggetto che risulta centrale nelle
vicende della saga. Nella mitologia finnica, il Sampo è un oggetto magico capace di produrre ricchezza e gioia
per chiunque lo possieda. Jumala, invece, in origine per i finlandesi significava "Cielo" ed era usato per indicare
lo stesso Dio del Cielo ed il Dio Supremo, dopo la cristianizzazione la medesima parola è rimasta quella con
cui si indica Dio. L'origine della parola è sconosciuta ed alcune spiegazioni plausibili fanno pensare che derivi
da Jomali (la divinità suprema dei Permiani) e che abbia origine dalla parola estone jume. Secondo un'altra
interpretazione Jumala corrisponde al nome di uno delle due divinità del cielo (l'altro è Ilmarinen) in quanto
John Martin Crawford nella prefazione alla sua traduzione del Kalevala sostiene: «Le divinità finlandesi, come
58

Nell’incantesimo che descrive l’origine del ferro, si trova un curioso versetto: “Povero Ferro, uomo
di Kaleva, a quel tempo non eri né grande né piccolo.”

(Nicolai Kochergin)

Ma la singolarità si riscontra spostandoci di qualche centinaio di chilometri più ad est, verso il


territorio russo, perché è proprio nei testi antichi russi che la forma completa del suo nome diventa
Samson Kolyvanovic, proprio come in quelli finlandesi il nome dell’eroe è Kullervo Kalevanpoika,
facendo emergere qui un personaggio che attraversa tutta la tradizione pagana e giudaico-cristiana
come un filo conduttore quasi invisibile: Sansone. Il suo nome, “Uomo del Campo”, oppure “Gene-
rato dalla Terra”, dimostra che si trattava di una divinità agreste forse traducibile nel greco Triptole-
mos o nell’etrusco Arante Veltimmo, anche se non è più possibile stabilire quale fosse il suo ruolo
sin dalla sua prima apparizione sulle scene mitologiche.
Un semplice poema e la tradizione del Mulino, dell’Oggetto, comincia quindi ad espandersi oltre
i limiti della nostra umana comprensione, facendoci comprendere quanto i miti antichi si erano già
spinti ben oltre i nostri meri confini terreni, e quando Licofrone, sommo mitologo greco (IV a.C),
arrivò a definire “Zeus il Mugnaio”, tutto sembra compiersi, tanto che quella professione, di “mugna-
io”, data anche al condottiero dei Giganti (o Titani) nella Battaglia contro gli Dèi, ci fa comprendere
quanto la contesa di questo Corpo dell’Uomo Cosmico o primordiale, fosse così importante, quanto
il controllo del Mulino del Cielo e del Tempo…

Se andiamo a ben vedere, le diverse concezioni filosofiche riguardanti l’Uomo Primordiale sono,
a dispetto delle loro differenze, intimamente connesse, essendo un composto, quasi una mistura,
della più esoterica mitologia presente nel mondo. Il primo ad utilizzare l’espressione “Uomo Origi-
nale” o “Uomo Celeste” fu Filone35, identificando degli Esseri nati ad immagine di Dio, attraverso una

gli antichi dèi dell'Italia, della Grecia, dell'Egitto, dell'India Vedica o di qualsiasi cosmogonia antica, sono ge-
neralmente rappresentati in coppie e tutti gli dèi sono probabilmente matrimoniali. Hanno i loro abiti individuali
e sono circondati dalle rispettive famiglie poiché in origine i cieli stessi si pensavano divini. Poi si pensò ad
una divinità personale dei cieli ed accoppiata al nome della sua dimora e questa divenne la successiva con-
cezione. In fine è stato scelto questo dio celeste per rappresentare il Sovrano Supremo ed al Cielo, al Dio
Cielo e Dio Supremo, è stato dato il termine Jumala (inteso come "tuono" e "casa").»
35 Filone di Alessandria, noto anche come Filone l'Ebreo (Alessandria d'Egitto, 20 a.C. circa - 45 d.C. circa),

è stato un filosofo greco antico di cultura ebraica vissuto in epoca ellenistica. Egli fu forse il primo grande
59

sostanza incorruttibile: mentre l’Uomo Terrestre è fatto di materiale grezzo o di argilla, l’Uomo Cele-
ste, come l’immagine perfetta del Logos, non è né uomo e né donna, ma un’intelligenza incorporea,
pura, al contrario dell’Uomo Terrestre percepibile ai sensi e partecipe della vita terrena.
Filone riuscì a combinare la Filosofia neoplatonica e la Midrash in un modo unico, innovativo per
l’epoca, perché partendo dal racconto biblico di Adamo, formato ad immagine di Dio (Genesi 1:27),
e del Primo Uomo, il cui Corpo il Signore creò dalla Terra (Genesi 2:7), egli unì la dottrina platonica
delle Idee, prendendo il primordiale Adamo come un’idea originaria dal quale partire nella sua disa-
mina. Nel Midrash, per l’appunto, la contraddizione più evidente è tra i due passaggi sopracitati della
Genesi, a cui si aggiunge anche la creazione di Eva, in quanto alcune correnti asserivano che Adamo
fosse stato creato come un essere androgino, in quanto incarnante le due polarità, sia maschile sia
femminile, invece di Uomo e Donna, forma che assunsero in seguito a separazione dei sessi avve-
nuta, come successiva operazione effettuata sul Corpo di Adamo; la singolarità di tutte queste rifles-
sioni, è data comunque dalla loro meticolosa spiegazione dei vari processi avvenuti durante la crea-
zione dell’Uomo, a dimostrare una quasi morbosa necessità, specie per l’epoca, di carpire i processi
trasformativi attuati da Dio, o chi per lui, in questa fase iniziale della nostra umanità.
Ma nello Zohar, strettamente legata alla dottrina di Filone sull’Adamo Celeste, vi è anche la figura
già nota dell’Adam Kadmon (chiamato anche l’Uomo Alto o Uomo Celeste), la cui concezione origi-
naria corrisponde esattamente all’essere “Uomo” e, in quanto tale, incarnazione di tutte le manife-
stazioni divine successive; qui si inseriscono anche i Dieci Sephirot, tramiti della co-creazione tra
l’Adamo Celeste e quello Terrestre.

Nel Cristianesimo fu san Paolo a porre un’interpretazione alla dottrina del Primo e del Secondo
Uomo, in un passaggio che si trova in Corinzi 15:45-50: «45 Così anche sta scritto: il Primo Uomo,
Adamo, fu fatto anima vivente; l’ultimo Adamo è spirito vivificante. 46 Però, ciò che è spirituale non
vien prima; ma prima, ciò che è naturale; poi vien ciò che è spirituale. 47 Il Primo Uomo, tratto dalla
terra, è terreno; il Secondo Uomo è dal cielo. 48 Quale è il terreno, tali sono anche i terreni; e quale
è il celeste, tali saranno anche i celesti. 49 E come abbiamo portato l’immagine del terreno, così
porteremo anche l’immagine del celeste. 50 Or questo dico, fratelli, che carne e sangue non possono
eredare il regno di Dio né la corruzione può eredare la incorruttibilità.»
È interessante che ne parli persino san Paolo, il padre fondatore della Chiesa occidentale, non
trovate? In base a questo concetto vi è in sostanza una duplice forma di esistenza umana, perché
Dio ha creato un Adamo Celeste nel Mondo Spirituale ed uno di Argilla (Terrestre) per il Mondo
Materiale. Quello terrestre venne poi ovviamente considerato maggiormente, data la sua concre-
tezza, in quanto di carne e sangue, nonché soggetto a morire (Anima Vivente), mentre l’Adamo Ce-
leste era considerato “uno Spirito datore di Vita”, uno Spirito il cui Corpo, come gli Essere Celesti in
generale, era Etereo.
Paolo osserva la Midrash e nota che da un lato, il Primo Adamo, l’Uomo Originario che esisteva
già prima della Creazione, aveva già uno Spirito presente, dall’altra, il Secondo Adamo, fu una sem-
plice conseguenza fisica della creazione umana, un po’ come l’Idea che viene realizzata grazie ad
una stampante 3D, un’idea immateriale che prende forma tridimensionale e viene Anima(ta) per fare
esperienza diretta della creazione stessa.

Nello gnosticismo, l’Uomo Primordiale (Protanthropos, Adamo), secondo Ireneo36, Aeon Autoge-
nes creò l’Anthropos vero e perfetto, chiamato anche Adamas, un compagno, che riceveva una forza
irresistibile, in modo che tutto dimorasse in lui, il Padre di tutte le Cose che era invocato come il
Primo Uomo, che con la sua Ennoia, emise "il Figlio dell'Uomo", o Euteranthrôpos; secondo Valenti-
no37, Adamo era stato creato in nome di Anthropos e metteva in soggezione persino i Demoni a lui
ostili, da lì la loro invidia nei confronti dell’Umanità e il tentativo di manipolarla.

commentatore dei testi biblici, da lui conosciuti nella traduzione in lingua greca, in quanto profondo conoscitore
dell'Antico Testamento. La sua originalità consiste nell'aver interpretato la Bibbia secondo la filosofia platonica.
Egli vede nella teoria del Demiurgo (esposta da Platone nel suo Timeo), il Dio creatore ebraico.
36 Ireneo (greco, Εἰρηναῖος, Eirēnáios, «pacifico»; latino: Irenaeus; Smirne, 130 - Lione, 202) è stato un

vescovo e teologo romano, sia per la Chiesa Cattolica che per quella Ortodossa, lo venerano come santo e lo
considerano uno dei Padri della Chiesa. Fu uno dei più accesi confutatori delle dottrine eretiche.
37 Valentino (floruit 135-165; Phrebonis, ... – ...) è stato un teologo, filosofo e predicatore egiziano di lingua

greca e di scuola cristiano-gnostica; i seguaci della sua scuola vengono detti Valentiniani.
60

Nella coeva Pistis Sophia con il nome di Jeu Aeon era identificato il Primo Uomo, in qualità di
sorvegliante e messaggero della Luce, e che andava a costituire le forze del Heimarmene. Nei Libri
di Jeu questo “Grande Uomo” era il Re della Luce, il trono sopra tutte le cose e che conteneva in sé
la metà di tutte le Anime, l’Anthropos gnostico, quindi, o Adamas, come a volte chiamato, elemento
cosmogonico, Mente pura distinta dalla Materia, Mente concepita come proveniente da Dio e non
ancora oscurata dal contatto con la Materia stessa. Un Mente che viene considerata come la ragione
dell’Umanità, un’Idea personificata, una categoria senza corporeità, o la ragione umana concepita
come Anima del Mondo.
Nel Manicheismo una parte di questi insegnamenti gnostici venne combinata con l’antica mitolo-
gia babilonese, e grazie all’interpretazione di Mani la concezione dell’Uomo Primigenio acquisì
nuova linfa. Secondo Mani, infatti, l’Uomo Primordiale è il padre della Razza Umana, una creatura
del Re di Luce (il Cielo), dotato di tutti e
Cinque gli Elementi, così come l’Adamo
(l’Uomo Terrestre) deve la sua esisten-
za proprio al Regno delle Tenebre (la
Materia).
La dottrina gnostica dell’identità di A-
damo appare in Mani nel suo insegna-
mento del “Cristo Redentore”, dove so-
stiene che abbia la sua dimora nel Sole
e nella Luna, qui inoltre, appare anche
la Teoria secondo cui Adamo è stato il
primo di una serie di sette profeti ap-
parsi sulla Terra: Adamo, Seth, Noè, A-
bramo, Zoroastro, Buddha e Gesù. Tol-
to da un contesto abramitico, questo U-
omo Primordiale, o Cosmico, era visto
come una figura archetipica che fece la
sua comparsa nei miti della Creazione
di una grande varietà di culture coeve,
dove generalmente era descritto come
un donatore di vita in tutte le cose, base
fisica del Mondo, tanto che dopo la mor-
te, parti del suo Corpo divennero parti
fisiche dello stesso Universo.

Non è nel Sukta Purusha del Rigve-


da, che Purusha38 (il gigantesco Uomo
Cosmico della mitologia induista), ven-
ne sacrificato dal Deva fin dalla fonda-
zione del Mondo, e dove “la sua Mente

38 Puruṣa è un termine della lingua sanscrita dal significato di "essere umano" o anche "maschio". Nella
letteratura sacra dell'induismo il termine è stato utilizzato in tre principali accezioni: "Uomo Cosmico", l'essere
primordiale increato che, secondo i Veda, fu sacrificato per dare origine al mondo manifesto; "Spirito", uno dei
princìpi eterni della realtà, secondo la visione del Sāṃkhya; "Essere Supremo", usato in associazione coi
termini para, parama o anche uttama come appellativo di alcune divinità nelle correnti devozionali, soprattutto
le krishnaite. Puruṣa è descritto come tanto vasto da coprire e lo spazio e il tempo, ma di questo essere
immenso, che può essere visto come la personificazione della realtà ancora immanifesta, è visibile soltanto
un quarto, e da questo quarto ebbe origine innanzitutto il principio femminile (virāj) e quindi l'Umanità. Puruṣa
venne poi steso per terra dai Deva e offerto in sacrificio secondo il rito, affinché avessero origine il mondo, gli
animali, le caste, altri Dèi, e i Veda stessi: «Da questo sacrificio, compiuto fino in fondo, / si raccolse latte
cagliato misto a burro. / Da qui vennero le creature dell'aria, / gli animali della foresta e quelli del villaggio. //
Da questo sacrificio, compiuto fino in fondo, / nacquero gli inni e le melodie; / da questo nacquero i diversi
metri; / da questo nacquero le formule sacrificali.» (Ṛgveda X, 90, 8-9; citato in Raimon Panikkar, Op. cit.,
2001, p. 101) Puruṣa, però, sacrifica solo una parte di sé per dare origine all'Umanità e all'Universo, mentre
per gli altri tre quarti resta «in alto», trascendente, privo del suo quarto immanente.
61

è il Cielo, i suoi occhi sono il Sole e la Luna, e il suo respiro è il Vento”, descritto come avente mille
teste e mille piedi? E non è nella leggenda cinese che il già sopramenzionato Pangu, si pensa abbia
formato le caratteristiche naturali della Terra (come il norreno Ymir), e che quando morì alcune parti
del suo Corpo divennero i Sacri Monti della Cina? E non nell’equivalente persiano, Gayomart, che
si riscontra quella forza generatrice, specie della prima coppia umana, una volta che rilasciò il suo
seme? Del resto, in alcune leggende ebraiche, non si racconta che Adamo venne creato dalla pol-
vere dei quattro angoli della Terra e, quando si chinò la sua testa si trovava ad Oriente come i suoi
piedi ad Occidente, o che poteva contenere l’Anima di chiunque sarebbe mai nato?
62

2.6 - Il Principio della Vita

Le Veneri39 paleolitiche sono statuine prei-


storiche raffiguranti donne con gli attributi ses-
suali molto pronunciati e ritratti con un sorpren-
dente realismo (seppure il resto del corpo, a par-
tire dal viso, è raffigurato in modo assai appros-
simativo), e rappresentano le prime raffigurazio-
ni del Corpo Umano. Vengono definite anche
Veneri Steatopige (dalle parole greche στέαρ,
στέατος, "grasso", "adipe", e πυγή, "natiche",
quindi "dalle grosse natiche") o callipige (sem-
pre dal greco καλλιπύγος, composto di κάλλος,
"bellezza", e πυγή, quindi "dalle belle natiche").
Di dimensioni minute, tra i 4 e i 20 cm, sono
realizzate per lo più con materiali quali la stea-
tite, la calcite, il calcare marnoso, etc., e sono
state rinvenute in diverse località europee, tra
cui si ricordano Brassempouy, Lespugue, Wil-
lendorf, Malta, Savignano sul Panaro e Balzi
Rossi, seppure sono diffuse dall’Atlantico alla
Siberia. Di molte di loro non ci sono datazioni
certe, a causa di condizioni che non assicurano
una corretta ricostruzione scientifica, anche se
di alcune sono state fatte diverse ipotesi, come
ad esempio la Venere di Monruz datata 11.000
anni fa o la Venere di Hohle Fels, datata intorno
ai 35.000 anni fa.
Il motivo di tali rappresentazioni, specie per
l’archeologia ufficiale, resta del tutto ipotetico
e ignoto, alcuni ritengono che queste statuine
debbano essere interpretate come raffigurazioni
realistiche della femminilità dell’epoca, mentre
secondo altri corrispondono alle prime specula-
zioni dell’Uomo neolitico intorno al rapporto tra natura e la vita, come ad esempio l’osservazione del
Ciclo delle Stagioni, abbia suggerito che la vita stessa, legata al Ciclo delle Reincarnazioni, e la
donna in quanto origine della vita di ogni figlio, avrebbe poi permesso lo sviluppo di un culto della
Dea Madre.
Singolare è che comunque la stessa raffigurazione di Madre, abbia percorso decine se non cen-
tinaia di migliaia di anni, e abbia raggiunto luoghi geograficamente distanti centinaia se non migliaia
di chilometri gli uni dagli altri, a dimostrazione che nonostante il lunghissimo tempo o le considerevoli
distanze, la figura di questa Dea Madre originaria, stuzzicò talmente tanto la fantasia di questi primi
scultori da renderle un unico omaggio sparso in quasi ogni angolo del pianeta.
La Venere di Willendorf, nota anche come Donna di Willendorf, è una statuetta di appena 11 cm
di altezza raffigurante una donna, ed è una tra le più famose Veneri del Paleolitico. Si trova attual-
mente al Naturhistorisches Museum di Vienna e fu rinvenuta nel 1908 dall'archeologo Josef Szom-
bathy in un sito archeologico risalente al Paleolitico, presso Willendorf, in Austria. Le particolarità di
questa statuetta sono che: è stata scolpita in una pietra calcarea non originaria della zona; che è
stata dipinta con ocra rossa, e si pensa sia stata realizzata tra i 25.000 a 26.000 anni fa; la vulva e
il seno sono gonfi e molto pronunciati, le braccia sottili sono congiunte sul seno; il volto non è visibile
e la testa si direbbe coperta da trecce o da un qualche genere di copricapo (tipico di tantissime altre
statuette sparse nel Mondo), mentre i piedi della statua non sono fatti in modo tale da consentirgli di
stare in piedi.

39 Venere di Kostenky (Kursk, Russia).


63

Il Culto della Grande Madre risale al Neolitico, anche se alcuni ritrovamenti retrodatano alcune
statue inerenti al Paleolitico, ma si evince che durante gli spostamenti dei popoli e la crescita di
complesse culture, dipanate lungo lo svolgersi delle innumerevoli generazioni, queste “competenze”
della Grande Madre andarono poi a moltiplicarsi in diverse divinità femminili successive, a noi oggi
ancora note: (Ishtar, Astarte, Afrodite, Venere), alla fertilità delle donne (Ecate Triforme, come tre
sono le fasi della vita), alla fertilità dei campi (Demetra, Cerere e Persefone/Proserpina), alla caccia
(Artemide-Diana), etc.
Inoltre, dal momento che il ciclo naturale del-
le messi implica la morte del seme, perché esso
possa risorgere nella successiva stagione, la
grande Dèa era connessa anche ai culti legati
al ciclo di morte e rinascita e alla Luna (Mater
Matuta o della Bona Dèa). Fatto sta che l’evolu-
zione teologica di questa figura venne costan-
temente rappresentata da segnali di connes-
sione tra le nuove divinità e quelle più arcaiche,
oltre a permettere di riconoscervi delle tracce,
sia tra la Madre Originaria e le sue più tarde
eredi, in ripetizioni di specifici attributi iconogra-
fici e simbolici: il dominio sugli animali tra cui si
ricordano i leoni alati di Ishtar, la cerva di Diana,
il serpente ctonio della Deà cretese, le ambien-
tazioni misteriche tra rupi e boschi, presso sor-
genti ed acque, il carattere dei culti tra il miste-
rico e le atmosfere notturne.
Anche nel mutare del tempo, questa memo-
ria arcaica, si mantenne e si trasmise lungo le
generazioni dando luogo a culti, forse inconsa-
pevolmente sincretistici (dove le ultime propag-
gini sono considerate, ad esempio, le molte Ma-
donne Nere venerate in Europa), ma ovunque
ne conosciamo i nomi e le storie e in tutte le di-
verse civilizzazioni in cui si impose sin dall’epo-
ca protostorica: la mesopotamica Ninhursag, l’anatolica Cibale, la greca Gea, l’etrusca Mater Matuta
e Artume, la romana Bona Dèa o Magna Mater, vi è la variante nordica della Grande Madre, Freyia,
portata fino alle isole britanniche da migrazioni di popoli pre-achei verso nord ovest, è secondo alcuni
la Dèa Bianca della mitologia celtica (colei che a Samotracia si chiamava Leucotea e proteggeva i
marinai nei naufragi), così come questa gigantesca figura era presente anche in altre culture del pia-
neta, dall’indiana Kali, alla giapponese Izanami, l’azteca Tlazolteotl, l’Inca Pachamama, la sumerica
Ninhursag, le egiziane Tefnut, Nut e Iside e la semitica Lilith.
Lilith apparve inizialmente in un insieme di Demoni e Spiriti legati al vento e alla tempesta, come
nel caso della Lilitu sumerica (3000 a.C. circa), mentre l’accadico Lilitu (Signora dell’Aria) potrebbe
riferirsi alla divinità femminile sumerica Ninlil, Dèa del Vento Meridionale e moglie di Enlil, mentre
l’accadico e l’ebraico che compongono il nome, sono aggettivi femminili che derivano dalla radice
linguistica proto-semitica L-Y-L (notte) e che tradotto letteralmente significa “essere femminile della
notte/demone”, sebbene le iscrizioni cuneiformi associate si riferivano anche a degli Spiriti Aerei che
portavano le malattie.
Da Lil, deriva anche Lulu40, Lalu, divinità che presiede la sfera sessuale, mentre presso i babilo-
nesi era nota come Ardat-Lili, o presso gli ebrei con il nome che la renderà celebre: Lilith. Ma figure

40Nel 1904 nasce dalla penna di Frank Wedekind (1864-1918), drammaturgo e scrittore tedesco, una
tragedia, composta da Erdgeist (Lo Spirito della Terra) e Die Büchse der Pandora (Il Vaso di Pandora), in cui
emerge il personaggio di Lulu, in italiano generalmente accentata in Lulù, resa come l'incarnazione tragica e
moderna del mito della femme fatale. L'opera lirica Lulu di Alban Berg, e soprattutto un film muto del 1929 di
Georg Wilhelm Pabst, Die Büchse der Pandora, consacreranno per almeno il secolo a seguire il personaggio
come mito nell'immaginario collettivo.
64

simili si possono riscontrare anche tra: gli Egizi che la conoscevano con il nome di Nephtys, o sem-
plicemente con quello di Nut; gli Arabi con il nome di Giul, e che trasformato in Goule o Ghoul,
significa letteralmente Vampiro, ma anche con il nome di Lilah, che significa notte, mentre presso gli
Zingari della Transilvania era nota con il nome di Liliy, la Regina degli Spiriti; infine venne identificata
presso svariate culture con il nome di Ecate, Persefone, Pandora, Proserpina, Circe, Medea, Ne-
mesi, etc.
La stessa radice in ebraico e nell’ara-
bo Layla/Leyla41, Lela o Lel, significano
“sera, notte”, anche se la Lilith ebraica
non verrà a formarsi da un unico corri-
spondente, ma attraverso la fusione con
altre figure coeve.
Lilu, Lilitu e Ardat-Lili in aerea meso-
potamica, comunque, formavano una
sorta di terna di Demoni42; la mitologia
mesopotamica era spesso formata da
terne divine dove Lilu era il demone ma-
schile, Lilitu quello femminile e Ardat-Lili
la giovane figlia.
Lamassu era il demone metà donna
e metà vacca, la controparte femminile
del Lamashtu, il famoso bue alato con
volto umano barbuto dell'iconografia as-
sira; la Lamassu divenne la Lamia greca e la sua sola presenza significava distruzione e l'immagine
veniva utilizzata come simbolo apotropaico, per incutere terrore, anche se la caratteristica di irresi-
stibilità del fascino femminile arrivò da Ishtar (la sumera Inanna) conosciuta agli Ebrei attraverso la
Astarte siriana (altrove Astariel o Astaroth) per la quale si praticava la cosiddetta prostituzione sacra.
Così come la cananea Asheráh sarà persino venerata in un primo tempo come Dèa dagli stessi
Ebrei, addirittura da alcuni identificata come la sposa di YHWH. Perché è qui che si inserisce l’idea
dell’esistenza, in tempi antichissimi ed arcaici, di un’unica divinità mediterranea e poi europea, ri-
conducibile ad una “Dèa Bianca”, signora e padrona dell’amore e della morte, ispirata e rappresen-
tata dalle fasi lunari (quindi Dèa Lunare), indissolubilmente collegata all'antico culto rituale in onore
della Dèa stessa e del suo Figlio divino.
Dal Galles e dall’Irlanda, passando dall’Europa e arrivando sino in Medio Oriente, come il saggi-
sta inglese Robert Graves, aveva intuito quasi cento anni fa nel suo libro “La Dea Bianca” (1948), si
evince l’esistenza di un culto arcaico di una Dèa unica (conosciuta tra i vari popoli sotto diversi nomi)
che ad un certo punto venne soppiantata dal Dio monoteistico, in quanto maschio dominante che
con la forza prese il sopravvento rispetto alla precedente società governata dallo Spirito Femminile,
causando la caduta e la sparizione di questa divinità lunare come forma di venerazione conclamata,
ma divenendo un mito che nel corso dei secoli continuò a rinfocolare l’immaginario collettivo (Lulù
in Frank Wedekind, Biancaneve in Walt Disney, Leyla o Leia in Guerre Stellari, etc).
Una donna o Dèa, con in testa un copricapo o una acconciatura del tutto unica, dalla pelle bianca
o vestita di bianco, sovente ribelle, generatrice di maschi a loro volta dominanti o dominati dal Male,
proprio come la componente maschile in guerra perenne contro gli altri maschi, in quanto personifi-
cazione del Dio-Maschio, demiurgico e guerriero, sempre assetato di sangue.

41 Leila Organa, anche nota come Principessa Leila (nei libri, nei fumetti e nella versione originale dei film

Leia Organa), è un personaggio dell'universo fantascientifico di Guerre Stellari, interpretato nei film da Carrie
Fisher. Leila fu generata, insieme al gemello Luke Skywalker, dall'unione fra la senatrice di Naboo Padmé
Amidala (morta subito dopo il parto) e il Jedi Anakin Skywalker (divenuto Dart Fener). Subito dopo la nascita
sul pianeta di Polis Massa nel 19 BBY, i gemelli furono separati su consiglio del Maestro Yoda: mentre Luke
fu affidato alla famiglia Lars su Tatooine, Leila fu adottata e cresciuta su Alderaan dal senatore, principe Bail
Organa e sua moglie, la regina Breha Organa. Crescendo in mezzo ai politici, ebbe accesso ad un seggio nel
Senato Galattico, dove giocò un ruolo segreto per l'Alleanza Ribelle.
42 Nella mitologia babilonese si delinearono tre classi di Spiriti Maligni: i Diavoli, che hanno la stessa natura

degli Dèi e producono tempeste e malattie; i Fantasmi, anime di defunti che vagano sulla Terra senza trovare
pace; i Demoni, esseri per metà umani e per metà divini (gli ibridi).
65

(Louise Brooks nel film “Il Vaso di Pandora”


del 1929, diretto da Georg Wilhelm Pabst)

Secondo la tradizione della Cabala Ebra-


ica, invece, risultava essere il nome della pri-
ma donna creata, prima compagna di Ada-
mo e precedente ad Eva, ma nell’immagina-
rio popolare rimase un demone notturno te-
muto, capace di portare danno ai bambini di
sesso maschile e caratterizzato da aspetti
negativi della femminilità: adulterio, strego-
neria, lussuria, etc.
Fu così che Lilith divenne un terribile De-
mone con una sua tradizione secondo la
quale, se veniva posto al collo dei neonati di
sesso maschile un amuleto con iscritto i no-
mi di tre angeli (Senoy, Sansenoy e Seman-
gelof, detti anche Sanvi, Sansavi e Semangelaf), sarebbero stati protetti dai suoi attacchi, specie
prima della circoncisione rituale. [Da notare tre angeli in contrapposizioni contro le tre manifestazioni
demoniache di Lilith, così come menzionato nella mitologia babilonese nella nota 42).
Un’ulteriore tradizione prevedeva che si aspettasse a tagliare i capelli di un ragazzo per fargli
credere che si trattava di una femmina, mentre negli adolescenti si credeva che provocasse eiacu-
lazioni notturne con cui venivano generati dei Demoni (o ibridi), comportandosi in tal modo come
uno spirito Succubo, analogo femminile dello spirito Incubo maschile, assurgendo così al ruolo di
“Grande Meretrice” o “Madre delle Prostitute” (come descritto nell’Apocalisse o nel più recente e mo-
derno esoterismo con la figura della Babalon43).
Figura onnipresente in tutte le epoche della storia umana, sin dalla preistoria o nelle prime civiltà,
mitologie, religioni e filosofie della Terra, si è spinta poi nel corso dei secoli sino ai giorni nostri
diventando il simbolo della donna libera, ripudiata e cacciata dall’Eden, perché si era rifiutata di
obbedire al marito (Adamo) che pretendeva la sua totale sottomissione sessuale. Una storia che,
specie alla fine dell’Ottocento, soprattutto a seguito della crescente emancipazione femminile nel
mondo occidentale, diventò il simbolo femminile (sovente neopagano) che non si assoggetta al ma-
schile (al Dio), arrivando ad essere rivalutata a fianco di simbologie attinenti a quelle della Grande
Madre, seppure abbia mantenuto anche le sue qualità di Dèa Nera (o Luna Nera) o di Regina della
Notte di mozartiana memoria, o delle Streghe.

Arrivati a questo punto e nel bel mezzo di un lungo cammino che al centro pone una figura uni-
versale di così incommensurabile portata, sarà bene spostare la nostra attenzione in Grecia, per poi
ritornare all’interno della Cabala ebraica, per comprendere quante analogie esistono nei miti antichi,
e quanto possono aiutarci per meglio disvelare i misteri iniziatici che si celano al loro interno.

43 Babalon (nota anche come Donna Scarlatta, Grande Madre o Madre di Abominazioni) è una dèa che si
trova nel sistema mistico di Thelema, che fu fondato nel 1904 con la scrittura di The Book of the Law dell'autore
inglese e occultista Aleister Crowley. Nella sua forma più astratta, rappresenta l'impulso sessuale femminile e
la donna liberata, mentre nel credo della Messa Gnostica si identifica anche con Madre Terra, nel suo senso
più fertile. Allo stesso tempo, Crowley credeva che Babalon avesse un aspetto terreno sotto forma di un ufficio
spirituale, che poteva essere incarnato da donne reali (di solito come contropartita della sua identificazione
come "A Mega Therion" - The Great Beast) - di cui il dovere era allora di aiutare a manifestare le energie
dell'attuale Eone (Horus). Il suo consorte è il Caos, il "Padre della Vita" e la forma maschile del principio
creativo. Babalon viene spesso descritta con una spada e in sella ad una Bestia, sovente definita una puttana
sacra e il suo simbolo principale è il Calice o il Graal. Come Crowley scrisse nel suo Il Libro di Thoth, essa
"cavalca a cavalcioni della Bestia, nella sua mano sinistra tiene le redini, rappresentando la passione che le
unisce. Alla sua destra tiene in alto la coppa, il Santo Graal in fiamme con amore e morte. In questo calice si
mescolano gli elementi del sacramento dell'Eone."
66

Nella mitologia ellenica una figura analoga è ravvisabile in Pandora. Dal Greco antico che signi-
fica “tutto” unito a “dono”, e quindi “tutti i doni”, Ella è la prima donna creata per punire l’umanità,
dietro ordine diretto di Zeus. Il Padre degli Dèi, infuriatosi dopo che Prometeo aveva rubato il fuoco
per donarlo agli uomini, decise di castigarli, quindi, il Titano venne incatenato ad una roccia dove
durante il giorno un’Aquila gli divorava il fegato, organo che poi ricresceva durante la notte (per
essere rimangiato il giorno dopo!), mentre contro gli Uomini ordinò ad Efesto di creare una bellissima
fanciulla, Pandora, alla quale gli Dèi donarono ogni tipo di virtù. Ermes che aveva donato alla fan-
ciulla, astuzia e curiosità, fu incaricato di condurla dal fratello di Prometeo, Epimeteo (e da uno che
si chiamava “colui che riflette in ritardo” si potranno capire le conseguenze di questa storia), che nel
frattempo era stato liberato da Eracle. Seppure avesse ricevuto da Prometeo l’avvertimento di non
accettare doni dagli Dèi, e in un primo momento rifiutò la ragazza, a seguito della triste sorte del
fratello Prometeo si rassegnò al volere di Zeus sposandola.
Epimeteo, però, teneva custodito gelosamente uno scrigno nel quale Prometeo aveva rinchiuso
tutti i mali che potessero tormentare l’umanità, Pandora, bella quanto ingenua, spinta dalla curiosità
aprì il vaso facendo uscire tutti i mali che si sparsero immediatamente nel Mondo. Prima di allora,
l’umanità aveva vissuto libera da qualsiasi male, arrivando ad essere quasi simile agli Dèi ed immor-
tale, ma dopo la sua apertura, il Mondo divenne un luogo desolato, inospitale, un deserto senza
speranza, finché finalmente Pandora aprì nuovamente il vaso per far uscire anche la speranza, e
con la quale il mondo riprese vita. Insomma, un vero e proprio “portale” dalla quale entravano e
uscivano Forze ed Entità da altre dimensioni.

«… così disse ed essi obbedirono a Zeus signore, figlio di Crono. E subito l'inclito Ambidestro,
per volere di Zeus, plasmò dalla terra una figura simile a una vergine casta; Atena occhio di mare,
le diede un cinto e l'adornò; e le Grazie divine e Persuasione veneranda intorno al suo corpo con-
dussero aurei monili; le Ore dalla splendida chioma, l'incoronarono con fiori di primavera; e Pallade
Atena adattò alle membra ornamenti di ogni genere. In fine il messaggero Argifonte le pose nel cuore
menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus cupitonante; e voce le infuse l'araldo
divino, e chiamò questa donna Pandora, perché tutti gli abitanti dell'Olimpo l'avevano portata in
dono, sciagura agli uomini laboriosi. Poi, quando compì l'arduo inganno, senza rimedio, il Padre
mandò a Epimeteo l'inclito Argifonte portatore del dono, veloce araldo degli dèi; né Epimeteo pensò
alle parole che Prometeo gli aveva rivolto: mai accettare un dono da Zeus Olimpio, ma rimandarlo
indietro, perché non divenga un male per i mortali. Lo accolse e possedeva il male, prima di ricono-
scerlo. Prima infatti le stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore, lontano dalla
dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano all'uomo la morte (rapidamente nel dolore gli
uomini avvizziscono). Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell'orcio e tutto disperse,
67

procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al
di sotto del bordo dell'orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per volere dell'e-
gioco Zeus, adunatore dei nembi. E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uomini.»
(Esiodo, Le Opere e i Giorni)44

Secondo la Cabala, sono stati alcuni passaggi della Genesi a far speculare sull’esistenza di que-
sta figura femminile precedente ad Eva, ove si spiega che Lilith era stata creata dalla Terra come
Adamo, ma poi divenne un Demone, simile a quegli Spiriti dannosi creati durante i primi sei giorni
della Creazione, diventati Demoni perché ribellatisi al Signore che non donò loro un Corpo, cosa
che invece avvenne per Adamo ed Eva (l’Uomo), e che si racconta, inizialmente fossero persino
uniti in una sola Anima, prima di essere divisi e poi formati come Primo Uomo e Prima Donna
dell’Umanità (come similmente è raccontato anche nella mitologia greca attraverso il mito dell’An-
drogino).
Nel secondo capitolo si ripete, con diverse parole, che a seguito della creazione dell’Uomo con
polvere del suolo (Genesi 2:7), dalla costola di Adamo (Genesi 2:22) avvenne la creazione della
donna chiamata Eva. I commentatori della Torah, sostengono inoltre che prima che Eva fosse pre-
sentata dal Signore a Adamo, quest’ultimo notò Lilith ma non gli piacque, altre fonti sostengono
invece che per un periodo, Lilith e Adamo vissero nel Giardino dell’Eden, fin quando non si scontra-
rono in un furioso litigio, causato dal comportamento per nulla remissivo della donna. Entrambi però
si accoppiarono ma poi essa si sarebbe rifiutata di soddisfare le richieste sessuali del compagno
che voleva giacere sopra di lei; a seguito del litigio, sarebbe poi salita al Cielo trasformandosi in un
Demone nell’incessante ricerca di infanti e del seme maschile degli adolescenti.

44 Interessante è poi l’evolversi della storia, che qui riporto come una curiosità mitologica. Dall’unione di
Epimeteo e Pandora nacque Pirra, la quale diverrà poi sposa di Deucalione (figlio di Prometeo; quindi erano
cugini). Quando Zeus decise di porre fine all’Età dell’Oro con il grande Diluvio, i due sposi furono gli unici
sopravvissuti, grazie all’Arca che Deucalione aveva costruito dietro consiglio di suo padre, Arca che poi si
arenò sul Monte Parnaso, unico luogo risparmiato dall’inondazione. Dopo il Diluvio, Deucalione chiese all’Ora-
colo di Terni come avrebbe potuto ripopolare la Terra e gli fu detto di lanciare le ossa di sua madre dietro le
sue spalle. I due sposi, quindi, capirono che la madre era Gea, la madre di tutti gli esseri viventi, e che le ossa
erano le pietre. Lanciarono pertanto sassi alle loro spalle che ben presto iniziarono a mutare, e dalla nuova
forma che assunsero vennero ad emergere dei nuovi esseri umani; i sassi lanciati da Pirra divennero, donne,
quelli tirati da Deucalione, uomini. Deucalione e Pirra ebbero anche dei figli di nome Elleno, Anfizione e una
figlia, Protogenia, il cui significato del nome è “la Prima Nata”, una delle prime donne mortali della nuova
umanità.
68

Lo Zohar spiega inoltre che il Demone Lilith, figura impura, cooperava strettamente anche con
l’Angelo Satana, sebbene poi i riferimenti talmudici su Lilith divengono sporadici, ma tali passaggi
forniscono l’immagine di una figura con origini nella lontana Mesopotamia, prefigurando un futuro
come enigma esegetico. La concezione più innovativa però appare in Erubin (Talmud babilonese),
ed è probabile che sia la fonte responsabile del mito di Lilith nel corso dei secoli:

«… in tutti quegli anni [130 anni dall'espulsione dal Giardino dell'Eden] durante i quali era bandito,
Adamo generò fantasmi e demoni maligni e demoni femmina [Demoni della Notte], come è detto
nelle Scritture. Adamo visse cento e trenta anni e generò un figlio a lui somigliante (Shet, come
Abele, è fratello di Caino), e quando vide che attraverso di lui la morte era divenuta punizione spese
gli anni a venire in dissolutezze, tagliò i ponti con sua moglie ed indossò vestiti di fico. Questa cita-
zione fu fatta in riferimento al seme che Adamo emise accidentalmente.»

Da questa ricostruzione si evince che Adamo si accoppiava con Lilith sino a quando non incontrò
e conobbe, anche carnalmente, Eva, sua compagna naturale, la quale dopo il peccato originale
rifiutò poi di incontrarla per 130 anni, periodo durante il quale egli sparse il proprio seme per terra,
disperdendolo; la Qabbalah afferma che da questo seme sorsero molti Demoni e che in seguito,
Adamo si riunì finalmente e nuovamente ad Eva.

«Poi gli Arconti si avvicinarono a Adamo, e vedendo la sua controparte femminile divennero molto
agitati ed eccitati. Si dissero l’un l’altro: “Venite, andiamo a seminare il nostro seme in lei”, e tenta-
rono di catturarla. Tuttavia, ella - Madre dei Viventi - derise la loro incoscienza e cecità mutandosi in
Albero, e lasciò che essi si impadronissero del suo riflesso.» (Ipostasi degli Arconti, 89: 15-25).

Diversi testi gnostici descrivono il tentativo degli Arconti di “Violentare Eva” (l’Anima Mundi), ed
inseminare, ibridandola, la Specie Umana (e l’Universo). Gli stessi testi chiariscono, tuttavia, che
nonostante la pressante volontà di manipolare la genetica umana, l’obiettivo non verrà comunque
mai raggiunto. Questo passo dimostra, inoltre, la strabiliante raffinatezza immaginale della visione
gnostica, simile anche a molti altri miti, specie ellenici45.
Tramite gli stati alterati di Coscienza, i veggenti gnostici riuscirono ad intuire elementi che con il
passare dei secoli si stanno ancora rivelando empiricamente veri e dimostrabili. In tempi antichissimi
essi furono in grado di sviluppare molte straordinarie intuizioni circa i mondi non visibili, le attività
degli Dèi, il rapporto tra Umanità e Specie Aliene, etc. Come appena narrato, gli Arconti non riusci-
rono a catturare Eva, ma tuttavia in qualche modo si impadronirono della sua ombra, del suo riflesso.
Ciò implica che, sebbene gli Arconti non siano in grado di accedere alla nostra struttura genetica,
sarebbero però in grado di influenzare o distorcere la nostra immagine della donna, del femminile (e
dell’Universo), e in un certo senso - in maniera indiretta - sarebbero realmente riusciti a stuprarla,
per questo motivo sia Lilith che Eva sono la stessa figura: la Sophia Cosmica.

«Sono divenuta come una forza materiale caduta dagli Arconti; e tutti coloro che si trovano negli
eoni hanno detto: <è diventata caos>. Perciò le forze spietate mi hanno circondato contemporanea-
mente parlando di privarmi di tutta la mia forza… Trovandomi io in queste oppressioni, la mia forza
ha iniziato a scemare. La mia luce è diminuita perché hanno rubato la mia forza e sono scosse tutte
le mie potenze.» (Sophia in Pistis Sophia 48:6)

45 La metamorfosi di Eva in Albero ricorda il mito greco di Daphne, la quale si trasformò in Alloro e tale
parallelo dimostra ancora una volta come la cosmo-mitologia gnostica non sia stata un colpo di fortuna, ma
un sistema di conoscenze visionario, profondamente radicato nella mente dei pre-cristiani.
69

Lezione 3

3.1 - Le Gerarchie Galattiche

Il termine Gnosi deriva dal greco Gnôsis che significa Conoscenza, ritenuta la sola verità iniziatica
per poter accedere alla perfetta trascendenza divina. Nel mondo antico, gli intellettuali, i dottori o i
maestri che operarono ad Alessandria d’Egitto (III a.C. - III d.C.) arrivarono a distinguere tra due
stadi: la pistis, la fede accettata subitaneamente, specie per adesione sentimentale, e la gnôsis, la
quale solo mediante un’accettazione razionale poteva condurre alla conoscenza delle verità spiri-
tuali. Ed è in quest’ottica neoplatonica che gli gnostici cristiani primitivi ritenevano che il Cosmo fosse
composto da Gerarchie di Entità Incorporee dette Eoni, emanati dal divino inteso come Assoluto o
l’Agnostos Theos.
[Eoni che però divengono meno perfetti nel mentre si allontanano da Lui, come se la loro Luce si
affievolisse distanziandosi da quella sorgente. L’ultimo di questi Eoni sarebbe l’Anima Umana, che
incarnandosi nella Materia ne è rimasta sopraffatta, restando ingabbiata e schiava del dolore, della
sofferenza, la morte, del Male, dove è nell’oblio delle tenebre che essa si dimentica delle proprie
origini, della sua natura divina, come è solo mediante la Gnosi, o il riprendere Coscienza della pro-
pria identità che le è possibile ritornare a quel Divino Assoluto, il Pleroma; in questo iniziale atto di
misericordia divina, l’Assoluto emanò l’Anthropos, ovvero l’Uomo Spirituale perfetto, l’Adam Kadmon
che nella sua ultima incarnazione non è altri che Gesù46.]
Ma la straordinarietà della Gnosi è la sua presenza in ogni civiltà umana, in quanto non esiste
cultura che non detenga una ben specifica Conoscenza. La Sapienza non appartiene a nessuno,
ma è di tutti noi in quanto si trova in noi, e nei secoli si è manifestata attraverso miti, leggende,
speculazioni filosofiche, interiorizzazioni spirituali, concetti anche religiosi, etc. Perciò, la Gnosi è
ravvisabile sia nella cultura cristiana come in quella pagana, sia in quella indù come in quella bud-
dista, come tra i Sufi e nella fede Islamica, così come tra i Maya, gli Aztechi, i Toltechi, i Persiani, gli
Egizi, etc. Perché è evidente che la figura di Osiride, l’Uomo Cosmico decaduto, prigioniero del Male,
rinchiuso in una bara da Seth, il fratello malvagio, rappresenti anche il divino che è in noi, l’Eone che
viene liberato dall’Horus, il Figlio, il Cristo: Padre, Figlio e Spirito Santo non sono altro che l’Osiride,
l’Horus e la Iside, o Brahma, Vishnu e Shiva nei misteri Indù; perché lo Spirito Santo è Shiva che
sdoppiandosi in Shiva-Shakti si indentifica con Iside, Maria, la Divina e Grande Madre dell’Universo.
Per questo motivo la Gnosi è definita anche Philosophia Perennis et Universalis (Filosofia Pe-
renne ed Universale) perché oltrepassa tutti i concetti, i dogmi e le teorie, essendo puramente spe-
rimentale, in quanto è mediante l’esperienza diretta che è possibile conoscerla veramente. La Gnosi
ha lo scopo di fornire le chiavi per aprire le porte della Conoscenza, e queste chiavi si trovano dentro
di noi: gnôti sautón (greco), nosce te ipsum (latino), ovvero nel “Conosci Te Stesso”, la celeberrima
scritta incisa sul frontone del Tempio di Delfi, che Socrate adottò come proprio motto.
La Gnosi, pertanto, è in realtà un Auto-Gnosi, un concetto che vediamo espresso anche nella più
tarda Massoneria Esoterica, quando viene indicato il VITRIOL con il Visita Interiora Terræ, Rectifi-
cando Invenis Occultum Lapidem, ovvero nel “Visita l’interno della Terra, seguendo la retta via tro-
verai la Pietra Occulta.” Questa Pietra Occulta è la Pietra Filosofale, la Conoscenza, l’ultima Verità,
la Gnosi concepita come realizzazione del proprio Sé nella reintegrazione con il Pleroma, dove l’in-
terno del pianeta rappresenta le profondità dell’Uomo, sia attraverso la Psiche (il Logos) che la pro-
pria Anima (l’Eone).

«In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio. […] In
verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
Quel che è nato dalla carne è carne, quel che è nato dallo Spirito è Spirito.» (Gv 3,3-5)

46 Questo modello di Caduta Pleromatica è ben descritto dal testo gnostico della Pistis Sophia, dove Gesù,
dopo la resurrezione dai morti, durante undici anni trascorsi con i discepoli, narra di questa Entità Celeste
Femminile che confuse la luce inferiore con quella superiore, ed inseguendola cadde nella Materia; in seguito
Gesù descrive il suo processo di riconquista del Pleroma. Nei misteri templari si dice che il testo sacro della
Pistis Sophia fu scritto da Maria Maddalena, sposa-sacerdotessa del Cristo Gesù e simbolo della Gnosi.
70

L’Universo non ha alcun fondamento, è nato da un Errore a causa di un fenomeno assimilabile


ad una vera e propria “Caduta”. La Realtà sarebbe quindi il Pleroma, formato dall’Uno inconoscibile
e dal quale discendono una serie di Eoni, Entità splendenti e pure e di cui uno degli ultimi, specie
per i cristiani gnostici, è stato il Cristo; l’ultimo Eone in ordine di gerarchia invece è la Sophia, la
Sapienza. Sophia, piena di Amore per l’Assoluto tentò di risalire per incontrarlo ma questo movi-
mento provocò un cataclisma immane, il Big Bang, la terribile esplosione che generò lo Spazio ed il
Tempo.
La Sophia durante questo Caos precipitò in basso generando Yaldabaoth (di cui una delle sue
ultime manifestazioni è lo YHWH dell’Antico Testamento), il Demiurgo forgiatore di questo Mondo,
arrogante, geloso e vendicativo, che generò dapprima il nostro Universo, una dimensione dove le
idee presero forma materiale (lo Spazio iniziò così ad espandersi, producendo poi Stelle e Pianeti
che si raggrupparono in Galassie) e infine diede vita agli ibridi a lui sottoposti, gli Arconti.
Il Demiurgo, pertanto, ignaro di tutto ciò che si trova sopra di lui, forgia in questo modo l’Universo
conosciuto che può essere considerato come una specie di aborto, un vero e proprio Regno del
Male o della Materia. In questo Universo fatto di Materia, la Sophia ne rimane così imprigionata,
costretta ad incarnarsi fisicamente (nel Corpo), sino a quando il Demiurgo non riesce a ri-creare
l’Uomo: “Facciamo l’Uomo a nostra immagine e somiglianza”; egli parla sempre al plurale nei miti
antichi perché opera insieme agli Arconti, le forze dominatrici di questo Mondo.
A sua insaputa, nell’Uomo, vi resta imprigionata la Scintilla Divina (il Fuoco Sacro), e Adamo,
disobbedendo al suo creatore, il Demiurgo Yaldabaoth, conosce infine la verità, ovvero, che al di so-
pra del suo finto Dio vi è l’Uno Supremo, inconoscibile, il Mondo Reale del Pleroma.47
Dunque, questo Universo e il nostro Mondo, è la diretta creazione di un Dio Inferiore, di un De-
miurgo e che, visto dallo gnostico, rappresenta la quintessenza del Male Metafisico. Lo gnostico in
questo Mondo è come uno straniero (allogeno), dove d’altra parte, riesce a conoscere anche la verità
facendone diretta esperienza, con il compito di ritrovare la Sophia (la Sapienza) ed insieme a lei
risalire al Pleroma; azione che nell’Induismo e nel successivo Buddhismo viene chiamata Illumina-
zione.

47 Sophia arriva a disperarsi perché il Cristo, il Salvatore, mosso a pietà, discende attraverso le Sette Sfere
degli Arconti e giunge nel Mondo per liberarla ed insegnare agli uomini la vera dottrina. Per questo motivo,
Yaldabaoth riesce, attraverso il suo popolo eletto, gli Ebrei, a farlo morire sulla croce, dove ovviamente muore
l’Uomo Gesù, mentre l’Eone Cristo risale al Pleroma.
71

Ogni Uomo, pertanto, possiede questa Scintilla di Sophia, un suo frammento, ma per la dottrina
gnostica la maggioranza degli Esseri Umani è costituita da: gli Ilici, coloro che nascono, si riprodu-
cono e muoiono vivendo come gli animali, o anche peggio, senza capire niente e restando vittime
delle proprie passioni, veri e propri schiavi del Sistema; poi segue una minoranza, gli Psichici, coloro
che sono capaci di ragionamento e di conoscere la Verità, magari anche risvegliandosi, seppure non
siano capaci di viverla pienamente; infine ci sono gli Gnostici o Pneumatici, gli unici capaci di giun-
gere di fatto a quella Verità o all’Illuminazione.
Lo Gnostico, alla fine, per congiungersi con l’Uno, deve prima risalire tutte le Sette Sfere (i propri
Centri Energetici48), sconfiggendo i terribili Arconti che le presiedono, dovrà identificarsi poi con i
singoli Eoni (il proprio Sé) e risalire i Cieli uno alla volta; in questo processo egli diviene così un
Teurgo, ovvero un praticante della Teurgia e che, letteralmente, significa “Creazione di Divinità”.

«Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra
quella di uccelli e altra quella di pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore
dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri.» (1 Cor 15,39-40)

Arrivati a questo punto così affasci-


nante, quanto mai complesso del nostro
cammino, penso sia doveroso farvi una
precisione, dal momento che dà in ora in
avanti, passeremo da una speculazione
filosofica ad una direttamente esperien-
ziale.
Quanto leggerete è il frutto di un la-
voro, sia personale che di gruppo, che è
stato portato avanti nel corso degli anni,
sia singolarmente che grazie anche al
contributo di vari ricercatori.
Partiti da situazioni personali anche
molto differenti, sia per esperienze che
per conoscenze acquisite, abbiamo no-
tato che le strade di tutti erano arrivate al
punto di convergere in un unico grande
quadro, delineatosi integrando tematiche
apparentemente distanti, quali: Scienza,
Astronomia, Fisica, Cosmologia e Co-
smogonia, Mitologia, Filosofie Occiden-
tali e Orientali, Spiritualità, Ufologia, etc.
Al tempo stesso ci eravamo resi conto
che la mole di informazioni in circolazio-
ne, non solo su Internet, ma anche in cer-
ti gruppi di ricerca, comprese riviste, libri
di settore e/o affini, presentava basilari
spunti riflessivi molto importanti e che in
parte abbiamo incluso nelle nostre ricer-
che, avviando, al contempo, un lavoro di
sintesi in grado di accomunare diverse
fonti (non soltanto personali) e che han-
no contribuito alla stesura di una visione
sempre più chiara e semplificata.
Pur restando consci di essere soltanto
all’inizio di un lungo viaggio, ma dove era necessario togliere della nebbia stratificata in anni di con-
dizionamenti, sia in ambito religioso come di malsana ricerca, e che si era addensata in modo al-
quanto pericoloso, siamo al tempo stesso conviti che un problema, di qualsiasi Natura o Entità, lo si

48 Conosciuti anche come i Chakra delle Filosofie Orientali.


72

può conoscere e superare solamente se lo si comprende realmente, togliendo incrostazioni, luoghi


comuni ed inesattezze.
Le origini dell’Uomo, specie la nostra attuale Civiltà, restano ancora avvolte nell’oblio, travisate
da grosse lacune, miste a certezze accademiche inossidabili e sovente fuorvianti, nonché a casi di
religioso misticismo conservatore, spesso sfociante in bieco fanatismo, pertanto ad un certo mo-
mento del nostro cammino è stato spontaneo volgere lo sguardo altrove, alla ricerca di strade alter-
native, capaci di contribuire ad una maggiore consapevolezza di Sé stessi e della propria storia, in
relazione con il Cosmo che ci circonda.
Come abbiamo visto, l’Universo pullula di vita, c’è ne ovunque, a qualunque stadio evolutivo e in
qualsiasi dimensione volgiamo lo sguardo, infatti, in esso si formano due tipi di intelligenze: quelle
Umane e quelle Aliene. Le prime nascono spontaneamente, appartengono ad un genere del tutto
autoctono, naturale, Originale, Divino, mentre le seconde, al contrario, sono Civiltà di origine Animale
e che, diventate senzienti per mezzo di manipolazioni genetiche, aspirano oltre ogni limite a diven-
tare anch’esse Umane e Divine.
All’interno del gruppo delle Civiltà Umane Extraterrestri si è formata un ulteriore divisione, ricono-
scibile nelle Società Originali e Società Parassita. Le Società Originali sono composte da individui
che, nati e sviluppatesi spontaneamente, vivono in armonia con tutto ciò che li circonda, mettendo
al centro della loro esistenza l’evoluzione interiore e spirituale, con lo scopo ultimo di andare incontro
ad un’espansione di Coscienza del Divino. Tutte queste Società, pur essendo molto diverse tra loro,
vivono in pace, amore, accettazione, consapevoli di essere parti di un unico “organismo divino”, e di
conseguenza sviluppano sistemi sociali per noi utopistici, ma che nell’Universo sono la normalità.
Le Società Parassita, invece, sono composte da un insieme di uomini, tutti ribelli, formati di solo
Ego (un Corpo fatto di magnetismo, sovente fisico o similare), dove la Coscienza individuale si rior-
ganizza attraverso una forte impronta dittatoriale, manipolatoria, nella quale vige il controllo, il ter-
rore, la paura più assoluta, la violenza, degradandosi a tal punto da diventare dei veri e propri Alieni.
Questa tipologia di Umani Parassita, spesso si diletta nell’ingegneria genetica, manipolando la Ma-
teria con velleità demiurgiche, arrivando a creare molte Razze Aliene attraverso le ibridazioni49.
Sappiamo per certo che nella nostra
Galassia esistono tantissime Civiltà Alie-
ne ma in maggior numero quelle Umane o
Originali: le prime necessitano di mezzi
materiali per muoversi ed operare (le A-
stronavi), mentre le seconde, le Società
Originali, ovviamente presenti a più livelli
di evoluzione, possono sia spostarsi con
le macchine ma anche a livello sottile e a-
strale, entrando in comunicazione con al-
tre Civiltà simili e consorelle sparse in tutto
l’Universo. Allo stato attuale conosciamo
decine di Civiltà Extraterrestri (anche se
abbiamo la quasi certezza che il numero
esatto sia incalcolabile), alcune delle quali
interagiscono ed interferiscono a più livelli
con il Genere Umano. Per semplificare e
rendere più chiara la conoscenza di que-
ste Società, andremo adesso a spiegare
brevemente le caratteristiche distintive di
ognuna.

(Galileo Chini, Icaro)

49 Ad esempio, la prima Razza Aliena di cui abbiamo attualmente notizia, è nata grazie ad un intervento

esterno da parte di un'antichissima Civiltà Umana, e successivamente anche questa Società, ha avviato un
lavoro di ibridazione con l'intento di emulare i propri Creatori.
73

3.2 - Le Civiltà Umane Extraterrestri

Le Società Umane Originali - I Pleiadiani sono una Civiltà tra le più antiche ed evolute che si
conoscano, a sua volta suddivisa in sette razze principali dall’origine comune ma sviluppatesi in
altrettanti pianeti, a seguito di un cataclisma che distrusse il sistema planetario nativo e che ha poi
visto il formarsi dell'omonimo ammasso stellare. Ogni razza presenta peculiari caratteristiche fisiche
ma tutte possono essere racchiuse nei seguenti canoni: aspetto fisico simile al nostro, con cinque
dita, occhi a pupilla tonda, altezza compresa tra 1.80 e 3.20 m, colore della pelle che va dal rosa
pallido, al roseo, al mulatto, il carnato scuro fino al rossiccio e il bluastro, dalla muscolatura dall'esile
al massiccio. Questa Società si distingue per un alto livello spirituale, vivendo in pace e in comunione
con tutto ciò che la circonda; a parte una minoranza, si nutrono di forme vegetali e di energie tellu-
riche e cosmiche.
Gli Altariani, come i sopradescritti Pleiadiani, sono un’ulteriore antica Civiltà Umana e Società
Originale della nostra Galassia. Provenienti dall’antichissima stella Alshain, una tra le più vecchie
dell'Universo (11 miliardi di anni) situata nella Costellazione dell'Aquila, successivamente si trasfe-
rirono nel nuovo sistema solare di Altair, precisamente sul pianeta Rap-Akh 5, nel quale hanno poi
intrapreso un’evoluzione spirituale raggiungendo livelli altissimi di Coscienza e Conoscenza. Deten-
tori di grandi segreti cosmici, tema centrale della loro esperienza è il rapporto tra essi e lo Spirito
Creatore che sfugge nella sua più totale trascendenza all'intelletto, dato che l'Essere può cogliere
l'Essenza Divina tramite la Gnosi, in un processo di natura sovrarazionale che tende alla conoscenza
mediante lo studio delle vestigia lasciate durante la Creazione, ovvero in quel mondo materiale dove
l'Uomo Cosmico, per il suo Ego, è caduto e da dove, per la sua natura originaria divina, può compiere
la risalita verso la Fonte. Inizialmente seguiti da un'unica guida spirituale, successivamente hanno
sviluppato un sistema comunitario eco-sostenibile, trascendendo il Corpo Fisico in un’essenza ete-
rica, unita con il divino presente nella natura dell'Universo sopra descritto.
I Felini Bianchi o Lyriani Veghiani, sono originari
della Costellazione della Lyra e sono anch’essi tra
le Civiltà Extraterrestri più antiche della nostra Ga-
lassia. Abitano il pianeta Avyon che orbita attorno
alla stella Vega, un mondo che si presenta come
un vero e proprio paradiso con montagne, laghi,
fiumi e oceani; un pianeta azzurro somigliante la
Terra. Originari, però, di un altro sistema solare
(addirittura di un'altra Galassia), furono il prodotto
di una antichissima quanto oscura sperimentazione
genetica condotta da una o più Entità di cui ormai
ne abbiamo perso traccia (forse la stessa che ge-
nerò gli Andromediani). Ancora oggi, i Felini Bian-
chi di Avyon o Lyriani, sono una razza bipede con
individui alti da 3,60 metri fino quasi a 5 metri, la
loro pelle è coperta da una sorta di peluria morbida,
dal colore bianco panna, e sebbene non abbiano
pelliccia, essi hanno una criniera folta e lunga. Il co-
lore degli occhi varia dal blu all'oro e può cambiare
man mano che essi invecchiano; varia anche da un
colore dorato scuro al bianco. Sappiamo che il loro
temperamento è cordiale, sanguigno, oltre ad esse-
re finemente intellettuali, ma maturando assumono
una natura più cupa, introspettiva e gentile, infatti gli anziani sono venerati per la saggezza, la com-
passione e l'intuizione. Attualmente sono una società morente costituita da poche migliaia di individui
ancora in vita, così come da loro discendono anche tre sotto-razze, modificate geneticamente, due
di esse sono umanoidi, mentre la terza è umanoide ma acquatica.
I Cassiopeiadiani, originari del sistema solare di Eta Cassiopeiae (denominato anche Achird),
sono una delle Civiltà Umane Extraterrestri tra le più vicine, astronomicamente parlando, al nostro
pianeta (solo 19,4 anni luce di distanza). Presenti spiritualmente in diverse dimensioni, sono tra
quelle Società che hanno raggiunto livelli di trascendenza fisica tra i più elevati, grazie ad un lavoro
74

spirituale perseverate e rinomato in tutto il quadrante della Galassia, tanto da essere preso da mo-
dello anche da altre Civiltà e che seguono una strada similare.
I Pegasiani, nati nel sistema solare 51 Pegasi, distante quasi 48 anni luce da noi, sono tra le
Società Umane più longeve del nostro Universo, dato che la loro Civiltà ha un’età approssimativa di
7 miliardi di anni. Propagatesi in tutta la costellazione omonima, colonizzando le varie stelle e i si-
stemi planetari ivi presenti, hanno avviato la formazione di una grande comunità, non dissimile strut-
turalmente dagli Altariani e i Cassiopeiadiani, sia a livello sociale che spirituale.
Gli Arturiani o Arthos, originari della stella Arturo nella Costellazione di Boote, sono un'unica Ci-
viltà a diversi livelli di Coscienza e Densità (abitanti in tre dimensioni: la Quinta, Sesta e Settima),
accomunata a noi da alcuni fattori comuni: l’aspetto umanoide o simil-umano, la pelle in varie tonalità
di bianco, anche se molto diversa da quella tipicamente terrestre, con occhi molto grandi dalla pupilla
tonda simile alle nostre di vario colore (castani, blu scuro, verdi, chiare, etc). Il comportamento di
questi esseri è caratterizzato da un'espansiva gentilezza di modi, nonché una purezza d'animo e
un’innocenza simile a quella dei nostri bambini. Altamente evoluti spiritualmente, riservano una
grande importanza all'Amore Universale ed hanno l'obbiettivo di raggiungere una Fratellanza tra le
altre Civiltà Umane presenti nel Cosmo, al fine di aiutarsi ad evolvere vicendevolmente. Ad ecce-
zione di alcuni Arturiani, incarnati sulla Terra per portare il loro contributo evolutivo a questo pianeta,
raramente presenti fisicamente, comunicano spiritualmente rilasciando messaggi di pace e fratel-
lanza, spingendo talvolta le persone a proseguire nel loro percorso di crescita.
Gli Aurighiani in realtà non sono originari della Costellazione dell'Auriga, ma di una stella situata
nella Grande Nube di Magellano, galassia nana satellite della nostra Via Lattea. Qua trasferitesi
miliardi di anni or sono, hanno svolto collaborazioni, sia a livello diplomatico che militare con altre
Società Originali (in particolar modo gli Altariani e i Pleiadiani), per prevenire le infiltrazioni e arginare
l'operato delle Società Parassita e delle Razze Aliene a loro collegate in molti quadranti della nostra
Galassia. Anche se di indole solitaria, è una loro caratteristica incarnarsi in quei pianeti vittime delle
Fazioni Oscure, non solo per controllare e monitorare la situazione, ma anche per svolgervi al con-
tempo un lavoro di risveglio coscienziale.
Gli Andromediani, al contra-
rio, sono una Civiltà originaria-
mente Aliena, formatasi nella
Galassia di Andromeda, e che
ad un certo punto della propria
storia ha subito una scissione
interna, dividendosi per perse-
guire obbiettivi contrapposti: u-
na parte si è evoluta raggiun-
gendo la condizione di vera e
propria Società Umana Origina-
le, mentre l'altra è stata esiliata
perché ha intrapreso una strada
degna di una Società Parassita.
La parte rimasta nella Galassia
di Andromeda ha poi intrapreso
un percorso di evoluzione spiri-
tuale, grazie anche all'aiuto di
altre Società Originali con le quali è entrata in contatto, arrivando poi allo sviluppo di un modello
sociale nel quale il singolo viene considerato come cellula dell'organismo rappresentante l'intera
Società, e dove il benessere di tale individuo coincide con il bene comune. Presentano un aspetto
fisico simile al nostro, anche se da un certo periodo a questa parte, si sono incamminati verso la
trascendenza del loro Corpo al fine di raggiungere un’esistenza puramente eterea.
Misteri e leggende avvolgono gli Uomini Falena, soprattutto da quando la loro comparsa è diven-
tata un fenomeno di massa dopo i fatti accaduti nella cittadina di Point Pleasant (Virginia Occiden-
tale, USA) nel 1966, anno in cui questi esseri apparvero decine di volte, spaventando la popolazione,
per poi improvvisamente sparire qualche tempo prima dell'incidente del Silver Bridge, ponte sospeso
sul fiume Ohio, che il 15 dicembre 1967 crollò durante l'ora di punta del traffico, causando la morte
di quarantasei persone; apparizioni che, secondo alcuni, avrebbero preannunciato l'imminente disa-
75

stro. Sovente testimoniati in molti casi di Abductions anche se in disparte e non “visibili” da parte
delle Razze Aliene che compiono i Rapimenti, si presume siano una Società Originale formatasi in
un pianeta del nostro Sistema Solare, distrutto in un cataclisma antichissimo, e che poi si siano
stanziati sulla Terra come osservatori, intervenendo solo in particolari casi.
La Civiltà dei Saturniani di Europa è originaria dell’imponente sistema gioviano, pertanto è autoc-
tona del nostro Sistema Solare. Questa Società si è sviluppata all'interno del satellite gioviano, il
quale essendo ricoperto di ghiaccio e grazie ai moti gravitazionali del gigante gassoso a cui ruota
attorno, avendo un nucleo interno e caldo, presenta imprigionato un vero e proprio oceano di acqua
allo stato liquido, dove si è sviluppata questa particolare forma di vita. Non potendo uscire dal satel-
lite fisicamente, a causa di oggettivi limiti geologici (la spessa coltre di ghiaccio), sono stati in grado
di farlo attraverso una sofistica evoluzione eterico-spirituale. Società mediamente evoluta, si è tenuta
in disparte in questo complesso scacchiere, scegliendo una strada neutrale e rimanendo fedele alla
propria natura Originale.

Le Società Umane Parassita - I Satanidi sono tra le prime Civiltà Umane Extraterrestri apparse
nel Cosmo e che, dopo essere cadute, non solo divennero Parassita, ma raggiunsero livelli tali di
imbarbarimento da diventare Alieni. Questa caduta, tra l'altro, durò per un tempo non quantificabile
e quando infine si spalancò sotto di loro l'accesso per un Universo Parallelo al nostro (probabilmente
aperto per esiliarli), vennero inghiottiti. Lontani dalla Luce divina del nostro Universo, le meravigliose
entità Umane che un tempo erano nate nel nostro Cosmo, si mutarono in orridi mostri, e da allora il
loro scopo, invidioso, furente e demoniaco, è diventato quello di trascinare le altre Società Originali
nella dimora eterna di disperazione in cui sono stati confinati.
I Pleiadiani Neri Dissidenti, invece, sono originari della grande famiglia pleiadiana (Società Origi-
nale sopra descritta), i quali, già anello debole di questa Civiltà, si sono spinti a ricercare una via
alternativa che li ha condotti a cadere a livelli egoici tra i più abbietti. La loro situazione si è ulterior-
mente aggravata quando hanno cominciato ad essere parassitati dai Satanidi, situazione che li ha
spinti a modificarsi fisicamente a tal punto da divenire una vera e propria razza a sé stante, più
Aliena che Umana, diversa sotto tutti gli aspetti dalla Razza Nera Pleiadiana di cui facevano parte
inizialmente. A loro si attribuisce la costruzione dei Robot Androidi che permettono ai Satanidi di
interagire nel nostro Universo, nonché sono stati segnalati storicamente come capostipiti della
Razza Ariana Terrestre (indoeuropea), idea che ha contribuito alla nascita del Nazismo, anche eso-
terico, nella Germania di inizio novecento.
Quella degli Ofiuchi, provenienti dalla co-
stellazione omonima, un tempo persino tre-
dicesima Costellazione dello Zodiaco, poi
declassata, è tra le più antiche Società Pa-
rassita operanti nella nostra Galassia. Ad
oggi sono responsabili della caduta di mol-
tissime altre Società Originali, tra cui quella
Venusiana del pianeta Venere, originaria
del nostro Sistema Solare. Sono considerati
i “Cannibali della Via Lattea” e non sono dis-
simili dai Satanidi, non solo per un analogo
atteggiamento ma anche per le stesse fina-
lità perseguite.
I Theuthiani o Ibisiani, dalle poche infor-
mazioni che abbiamo, sappiamo che sono
una branca dissidente della Civiltà Altariana
dalla quale si sono poi divisi per andare in-
contro ad una diversa evoluzione. Respon-
sabili della fattiva creazione della Razza A-
liena degli Horus, tendono ad interferire con
altre Civiltà, specie le più deboli o ancora nelle fasi germinali e primitive, in modalità subdola e silen-
ziosa e, seppure interferiscano raramente, preferendo interagire per lo più a livello spirituale, non di
rado intervengono anche fisicamente. Una particolarità di questa Civiltà è quella di manifestarsi ra-
76

ramente e se ciò avviene, la forma o il nome che assumono, è quello di “Guardiani” o di veri e propri
“Falsi Maestri” o “Maestri Ascesi” (esempi terrestri noti sono Thot, Ermete Trismegisto etc.), alte-
rando così le conoscenze Altariane (specie le pratiche magiche) per concretizzare i propri progetti.
I Luciferini (Esseri di Luce), anticamente identificati con il mito di Lucifero, o del Portatore di Luce,
sono esseri formati di plasma che, come una metastasi, parassitano ogni forma vivente che incon-
trano sul loro cammino. Si presume siano originari del sistema stellare preesistente al nostro e che,
successivamente dopo la sua trasformazione nella nebulosa che ha dato origine a molte stelle, tra
cui il nostro Sole, si siano insediati colonizzando dapprima un pianeta non più esistente distrutto a
seguito di una catastrofe (Tiamat), pianeta dal quale provengono sia gli Hathorsiani che gli Uomini
Falena, e successivamente si siano stanziati su Venere, in seno alla Civiltà Venusiana. Dopo la
distruzione anche di quest'ultimo pianeta, si sono infine trasferiti sulla Terra con l'intenzione di pa-
rassitare gli esseri umani (ma anche animali, vegetali, etc.), nonché altre forme Aliene, tra cui i Sau-
roidi, per perseguire i loro scopi.
La misteriosa Civiltà degli Orionidi o Osiri-
diani, si presume sia originaria della stella Al-
nilam, l'astro centrale che forma la famosa
“Cintura di Orione” nella costellazione omoni-
ma, successivamente si presume si sia trasfe-
rita nel più giovane sistema solare di Bellatrix.
La particolarità di questa Società Parassita ri-
siede nell'aspetto simil-umano, ma dalla colo-
razione della pelle fortemente cangiante in u-
no spettro di colori che va dall’arancione al
blu. Altra particolarità che li rende unici è la
loro abilità di mutazione, infatti sono tra gli es-
seri Mutaforma più abili e scaltri che si cono-
scano. Seppure molti di loro siano estranei
quasi totalmente alle vicende terrestri, si pre-
sume, anche a seguito di molte ricerche con-
dotte da vari autori, che l’entità biblica cono-
sciuta come YHWH sia originaria di questa Ci-
viltà Extraterrestre.
Gli Hathorsiani di Tiamat, invece, sono ori-
ginari di un pianeta del nostro Sistema Solare
non più esistente da miliardi di anni, identificato nel corso delle epoche nei vari: Tiamat, Marduk,
Prometeo, sino ad arrivare al più recente Mallona. Nati come un'unica Società Originale ma diversi-
ficata al suo interno da due ben specifiche razze, sviluppatesi in modo diverso a causa della parti-
colarità orbitale del pianeta, che mostrava una faccia rivolta costantemente verso il Sole, mentre
l'altra perennemente al buio, divennero una Società Parassita a seguito dell'interferenza Luciferina.
Tale situazione portò alla distruzione del pianeta, ad uno sconvolgimento di tutte le orbite dei pianeti
del nostro Sistema Solare, ed alla diaspora degli Hathorsiani su altri sistemi solari, tra cui quello
Siriano, intervenendo a più riprese nel complesso scacchiere galattico.
La Civiltà dei Saturniani di Encelado (Saturno), come quella di Europa su Giove, è anch'essa
autoctona del nostro Sistema Solare. Questa Società si è sviluppata all'interno del satellite satur-
niano, nelle stesse modalità avvenute su Europa, quindi non potendo uscirne fisicamente, a causa
di oggettivi limiti geologici (la spessa coltre di ghiaccio), sono stati in grado di farlo attraverso una
particolare evoluzione eterico-astrale. Questi Enceladiani, a seguito di un lento declino del loro sa-
tellite e di una naturale e conseguente estinzione, sembra siano scesi a patti con altre Civiltà Extra-
terrestri, purtroppo Parassita, mettendo a disposizione il loro potere spirituale.
I Mezzaluna, infine, sono una delle più misteriose nuove Civiltà Umane scoperte, da sempre pre-
senti sul nostro pianeta, dal momento che antiche culture primitive avevano disseminato il mondo di
sculture umanoidi con le loro fattezze. Attualmente non conosciamo ancora le funzioni che svolgono,
anche se hanno una tecnologia medica all’avanguardia, e dal poco che sappiamo su di loro, sembra
che non siano originari della nostra Galassia, ma che si siano spinti sin qui perché incentivati da
altre Società Parassita a collaborare.
77

Le Società Umane Estinte - I Venusiani, originari dell'omonimo astro, sono una Società nata
Originale e divenuta Parassita a seguito del tradimento da parte di una delle due personalità più
influenti del pianeta. Nell'ingenuità che caratterizza le giovani Società Originali, dove non si conce-
pisce né la Dualità e il decadimento nella Materia ad essa collegata, né le vie alternative, specie
egoiche che spesso si manifestano in forme subdole e seducenti, una di queste Potestà, in buona
fede, si lasciò sedurre dalla smania di potere del capo dei Luciferini, che instillò, inizialmente in lui,
l'idea che manipolare la Materia era la via più breve per tornare alla Fonte, quando in realtà, l'idea
di Lucifero era solo quella di portarlo con l'inganno dalla sua parte. Questa strada prevede la tra-
scendenza del Bene e del Male (la Dualità), non attraverso l'integrazione, come invece attuano nor-
mali Società Originali, ma per mezzo dell'annientamento di entrambe le parti in favore dell'Ego in
qualità di nuova Entità Demiurgica; chi segue questa ideologia non è né buono e né cattivo, ma
riesce a favorire solo sé stesso. Tale visione ha poi portato la Società Venusiana ad una spaccatura
interna, che a sua volta ha indebolito la comunità fino a permettere l'ingresso di Società Parassita,
come quella degli Ofiuco, conducendola poi alla sua più completa distruzione fisica. Materialmente
estinti, una parte di questi Venusiani (l'élite) continua il suo operato ancora oggi in differenti fazioni
sulla Terra, mentre altri sono attualmente incarnati negli Esseri Umani, perché traumatizzati e svuo-
tati a tal punto da essere totalmente sconnessi dal proprio Sé, e per questo motivo del tutto mani-
polabili.
78

3.3 - Le Civiltà Aliene Extraterrestri

Le Razze Aliene - Tra le Razze Aliene si distinguono due forme, gli Umanoidi e gli Antropomorfi.

Gli Umanoidi - Gli Andromediani, sono una Civiltà antichissima già sopra menzionata, originaria
della Galassia di Andromeda, ad un certo punto della propria storia subì una scissione interna, divi-
dendosi per perseguire obbiettivi contrapposti: una parte si è evoluta raggiungendo la condizione di
vera e propria Società Umana Originale, mentre l'altra è stata esiliata perché è regredita, perseguen-
do una strada degna di una Società Parassita. Quest'ultima fazione, inoltre, possiede basi in diversi
sistemi planetari della nostra Galassia, la Via Lattea, compreso il Sole, tanto che alcuni di loro vivono
in mezzo a noi in incognito.
Seguono i Satanidi a 6 Dita, entità incorporee
che abitano in un vero e proprio Universo Paral-
lelo al nostro e che interagiscono con noi operan-
do all’interno di Robot di forma umanoide, anche
chiamati Androidi. Anticamente erano conosciuti
come il Demone tentatore per eccellenza, il Vam-
piro che si nutre delle nostre emozioni ed energie,
il Demone Satanico che cerca di impossessarsi
della nostra Anima. Dalle spiccate capacità di
controllare i soggetti da lui parassitati, attraverso
un complesso e in parte sconosciuto sistema ete-
rico, è in grado di soggiogare una persona sino a
renderla succube di ogni suo volere.
Gli Ariani, nati all'interno della grande Famiglia
Pleiadiana (Civiltà Umana Extraterrestre) si è di-
staccata, in quanto dissidente, degradandosi al
tal punto da diventare una vera e propria Razza
Aliena, facendo al contrario il percorso sopra de-
scritto che hanno affrontato gli Andromediani. Pa-
rassitati dai Satanidi, si sono modificati fisicamen-
te a tal punto da divenire una vera e propria razza
a sé stante, diversa sotto tutti gli aspetti dalla
Razza Nera Pleiadiana di cui facevano parte ori-
ginariamente. A loro si attribuisce la costruzione
dei Robot Androidi che permettono ai Satanidi di
interagire nel nostro Universo, nonché sono stati segnalati storicamente come capostipiti della Raz-
za Ariana Terrestre (indoeuropea), idea che ha inoltre contribuito alla nascita del Nazismo, anche
esoterico, nella Germania di inizio Novecento.
Quella dei Caprini è invece una razza umanoide tra quelle a noi più prossime in termini astrono-
mici. Dall’aspetto insolito, alti più di due metri, sono simili a noi umani, ma si differenziano per una
costituzione fisica più possente, muscolosa, con una testa tipicamente umana ma che presenta delle
corna, spesso viste rovesciate. Dal tronco in giù il fisico si assottiglia, i fianchi sono più stretti e le
gambe finisco per avere una forma quasi pesci-forme, da qui il mito dell’antico Fauno, del Sagittario
o del Capricorno.
I Siriani, invece, sono una delle più complesse e affascinati Civiltà che esistono, quasi del tutto
simili a noi nell’aspetto, a parte una costituzione fisica più tonica, provengono dal sistema planetario
di Sirio, nella Costellazione del Cane Maggiore. Questa Civiltà, che a più livelli ha avuto con noi
innumerevoli interferenze, possiede tutta la nostra mappatura genetica e sono la razza più prossima
al genere umano. Alcuni di loro vivono da sempre in mezzo a noi, anche in posizioni di rilievo, con
la chiara intenzione di controllarci, studiarci e se necessario, modificare il corso degli eventi per de-
terminati loro piani strategici.
I Bambini Bianchi sono una razza che si palesa raramente, specie per evitare eccessive intromis-
sioni con le altre Civiltà galattiche, pertanto le informazioni a riguardo sono ancora parziali e per
buona parte ancora avvolte nella nebbia. Possiamo considerarli come la versione buonista dei Grigi
(EBE), ma mentre questi ultimi sono pressoché schiavi delle Razze Aliene a loro superiori, i Bianchi
79

sono invece degli inservienti al servizio di Civiltà Aliene più alte in Gerarchia. Per quanto svolgano
funzioni e lavori tra i più disparati, e sempre con estrema efficienza, non sono discriminati ma al con-
trario considerati degli ottimi aiutanti e, in quanto tali, tenuti in grandissima considerazione.

Gli Antropomorfi - I Felini (Sek), originari del sistema planetario di Regolo, nella Costellazione
del Leone, sono una Razza altamente sofisticata ed avanzata, che è sempre stata presente sin dalle
origini della nostra Civiltà Umana sulla Terra, condizionando fortemente credenze e religioni. Molto
probabilmente fa parte di un’élite di potere o Gerarchia Superiore e si presume condivida con essa
determinati obbiettivi. Anche se non si espongono attivamente - a parte rari casi -, prediligono portare
avanti i propri piani attraverso la collaborazione con Razze Aliene a loro sottomesse, come gli Uma-
noidi Siriani, con i quali condividono molti aspetti esistenziali.
Nella stessa Gerarchia Galattica si pensa ne fac-
cia parte anche la Razza dei Canidi (Anubis), dalla
forma fisica umanoide/canina, proveniente presumi-
bilmente dal sistema stellare di Procione, nella Co-
stellazione del Cane Minore. Anticamente, la figura
del cane era legata al Mondo dei Morti e dell’oltre-
tomba, nella visione aliena assume il ruolo di Guar-
diano nei confronti di una Gerarchia Inferiore, compo-
sta da diverse Razze Aliene.
Tra questi, in un ipotetico vertice, si riconosce la
Razza Aliena degli Horus, dall’aspetto fisico di gigan-
tesche aquile o falchi deformi, provenienti da Al Nitaq,
la prima stella della famosa Cintura di Orione. Esseri
dotati di un forte potere telepatico, sono la figura an-
cestrale della bestia demoniaca, associata a culti an-
tichi e carichi di simbolismi arcani. Si presume siano
i costruttori di buona parte delle Piramidi presenti sul
nostro pianeta, soprattutto quelle egiziane, dato che
questa forma possiede delle particolari capacità ener-
getiche intrinseche, e risulta essere una tipica costru-
zione presente in molti pianeti extraterrestri, tra cui
quello degli Horus.
I Sauroidi, invece, sono la figura archetipica del
diavolo dalla forma di Serpente, civiltà affamata di po-
tere e che si distingue, dalle altre, per una teatrale vo-
racità. Originari del pianeta Terra sono probabilmente
i “veri terrestri”, come loro stessi si definiscono, e vi-
vono sul nostro pianeta in basi sotterranee, anche in Italia, dove spesso escono fuori alla luce del
Sole. Quando ciò accade, non è raro che avvengano casi di mutilazioni o stragi di animali, sino ad
arrivare ad episodi estremi di scomparsa di bambini o persone adulte.
Una particolare razza è quella delle Mantidi (Insettoidi), esseri mostruosi dalla costituzione fisica
dove predomina il gigantismo, sono Entità aperte al dialogo, ma con una sopita o celata perfidia in
grado di manipolare a più livelli i soggetti da loro parassitati. Dotate di astronavi dalla forma indefi-
nibile, conducono sperimentazioni genetiche, spesso ai limiti della loro stessa sopravvivenza, suc-
cubi comunque della Gerarchia Superiore che li ha aiutati nella loro evoluzione tecnologica.
I Grigi (EBE), invece, sono i più conosciuti e famosi Extraterrestri, seppure, in realtà, si è scoperto
fanno parte una antica Civiltà che, sull’orlo dell’estinzione, è scesa a patti con le suddette razze per
sopravvivere, attraverso la clonazione e che ne deteriora ulteriormente le proprie funzionalità. Sono
degli schiavi che svolgono ogni più infimo lavoro, sono anche coloro che si presentano per primi dai
soggetti Parassitati, con la chiara intenzione di rapirli e di portarli nelle astronavi, al cospetto dei loro
signori e per compiere su di essi, esperimenti di routine.

Esistono, infine, ulteriori razze tra cui alcune estinte o disperse, come quella degli Arieti e dei Ta-
urini, etc.
80

3.4 - Il Consiglio delle Galassie

Una Galassia è un grande insieme di Stelle, sistemi, ammassi ed associazioni stellari, gas, ne-
bulose e polveri che formano il mezzo interstellare, pianeti, satelliti, meteore, comete, etc., legati tutti
dalla reciproca forza di gravità. Oggetti di vastissime dimensioni, che variano dalle più piccole Ga-
lassie nane contenenti poche decine di milioni di Stelle, a quelle giganti che arrivano a contenere
anche mille miliardi di Soli, orbitanti attorno ad un comune centro di massa50. Le Galassie sono state
catalogate secondo una forma apparente, ossia sulla base della loro morfologia visuale:

• Galassie Ellittiche: di forma ellissoidale, presentano principalmente Stelle di vecchia for-


mazione.
• Galassie a Spirale: possiedono un rigonfiamento centrale, che coincide con il nucleo,
intorno al quale si estende un disco di materia, che tuttavia si concentra in zone chiamate
Bracci. Le Stelle più giovani si trovano nelle zone periferiche, mentre avvicinandosi al
centro la loro età tende ad aumentare. Un particolare tipo di Galassie a Spirale sono
quelle Barrate, in cui una sorta di barra attraversa il nucleo.
• Galassie Irregolari: non è possibile identificare una forma precisa, anche a causa di
un’alta attività di formazione di nuove Stelle, che le rende molto plasmabili nella forma.
• La collisione tra due Galassie da spesso origine ad intensi fenomeni di formazione stel-
lare, in gergo definiti starburst.

Nell’Universo oggi osservabile sono presenti probabilmente più di 100 miliardi di Galassie, anche
se secondo nuove ricerche, il numero stimato risulterebbe più alto di almeno dieci volte, in quanto il

50 Fu William Herschel (1738-1822), astronomo, fisico e compositore tedesco naturalizzato britannico, a


compilare il primo catalogo degli oggetti del cielo profondo, usando dapprima la locuzione nebulosa a spirale
per descrivere le caratteristiche di alcuni oggetti di aspetto nebuloso, come la Galassia di Andromeda; queste
"nebulose" furono in seguito riconosciute, quando si iniziò a scoprirne la distanza, come immensi agglomerati
di stelle estranei alla Via Lattea; ebbe così origine la teoria degli "Universi-Isola". Tuttavia, tale teoria cadde
presto in disuso, poiché per "Universo" si intendeva la totalità dello Spazio, con all'interno tutti gli oggetti os-
servabili, così si preferì adottare il termine Galassia.
81

90% di esse presenti nel Cosmo risulterebbe non rilevabile con i telescopi attualmente a nostra di-
sposizione. Gran parte di esse, inoltre, ha un diametro compreso fra 1000 e 100.000 parsec51 e sono
di solito separate da distanze dell’ordine di milioni di parsec (megaparsec, Mpc); lo spazio interga-
lattico che le separa è parzialmente colmato da un tenue gas, la cui densità è inferiore ad un atomo
al metro cubo.
Nella maggior parte dei casi le Galassie sono disposte nell’Universo organizzate secondo precise
Gerarchie Associative, dalle più piccole, formate da alcune di esse, a veri e propri ammassi che pos-
sono essere composti anche da migliaia di unità. Tali strutture, a loro volta, si associazioni nei più
imponenti Super-Ammassi-Galattici, strutture disposte all’interno di enormi correnti (come la Grande
Muraglia) e filamenti che circondano immensi vuoti dell’Universo; oltre questa scala, l’Universo ap-
pare isotropico ed omogeneo.
La nostra Galassia, la Via Lattea, è
membro di un’associazione chiamata
Gruppo Locale (vedi l’immagine a sini-
stra), un gruppo relativamente piccolo
che ha un diametro di circa un mega-
parserc. La nostra e la Galassia di An-
dromeda sono le due più luminose e
che ne regolano le dinamiche gravita-
zionali; gli altri membri del gruppo sono
Galassie nane, spesso satelliti delle
principali. Il Gruppo Locale è a sua vol-
ta parte di una struttura di forma quasi
sferica all’interno del Super-ammasso
della Vergine. Oltre alla Via Lattea, do-
ve al suo interno si trova il nostro Si-
stema Solare, solo altre tre Galassie
sono visibili ad occhio nudo: le Nubi di
Magellano, sia la Grande che la Pic-
cola, visibili solamente nell’emisfero australe della Terra, e la grande Galassia di Andromeda, os-
servabile dall’emisfero boreale terrestre.
Sebbene non siano chiare le dinamiche che regolano la disposizione della Materia e dell’Energia
nell’Universo, si pensa che la Materia Oscura, ad esempio, costituisca circa il 90% della Massa di
gran parte delle Galassie a Spirale, mentre per quelle Ellittiche, la percentuale sia molto inferiore,
variando tra lo 0 e circa il 50%. Dati più recenti, inoltre, inducono a pensare che al centro di molte di
esse, sebbene non in tutte, esistano dei Buchi Neri Super-Massicci, i quali spiegherebbero l’attività
dei nuclei delle Galassie più attive.
Nonostante l’apparente prevalenza di grandi Galassie Ellittiche o a Spirale, la gran parte di esse
presenti sono in realtà Galassie Nane; esse possiedono circa un centesimo del diametro della Via
Lattea e contengono al massimo appena qualche miliardo di stelle. Ad esempio, la Via Lattea pos-
siede poco meno di una ventina di Galassie satelliti di questo genere, seppure alcuni sostengano
che possano essere anche più di 300. Recentemente è stata scoperta una nuova classe di Galassie,
le Green Bean (fagiolino), a causa del loro colore e al fatto che assomigliano, in grande, alle Galassie
“Green Pea” (Galassie Pisello Verde).
Le Stelle all’interno delle Galassie sono in perenne movimento. In quelle Ellittiche, a causa del
bilanciamento fra velocità e gravità, i movimenti sono relativamente contenuti, le Stelle si muovono
in direzioni casuali e i movimenti rotazionali attorno al nucleo sono minimi, conferendo a queste
Galassie la tipica forma sferica. In quelle a Spirali, le dinamiche sono invece notevolmente più com-
plesse, il nucleo, di forma sferoidale, possiede un’elevata densità di Materia, il che implica che si
comporti come un corpo rigido. Nei Bracci (che costituiscono il Disco Galattico), la componente di
rotazione è preponderante e va a spiegare la forma anche appiattita del Disco stesso.
Verso il bordo esterno, il periodo orbitale di una Stella che si muove nei Bracci di Spirale è diret-
tamente proporzionale alla lunghezza della traiettoria percorsa, a differenza di quanto avviene all’in-
terno di un Sistema Stellare, dove i Pianeti, percorrendo orbite nel rispetto delle Leggi di Keplero,

51 1 parsec equivale a circa 3,26 anni luce e a circa 3,086×1016 metri.


82

possiedono significative differenze nella velocità orbitale; questo andamento delle orbite dei Bracci
di una Galassia costituisce anche uno degli indizi più evidenti dell’esistenza della Materia Oscura e
della sua interazione con la Massa Visibile dell’Universo (appena il 5-7%).

Circa la nascita e la formazione dell’Universo, e anche delle Galassie, rimandiamo alla prima
lezione di questo compendio, possiamo però aggiungere alcune considerazioni finali. L’evoluzione
delle Galassie può essere interessata da eventi come le interazioni e le collisioni, e che furono molto
comuni durante le epoche più antiche del Cosmo. Durante questi episodi, a causa della grande
distanza che intercorre tra le Stelle, la quasi totalità dei Sistemi Stellari, presenti nelle Galassie in
collisione, ne risultano indenni, tuttavia le forze mareali e gravitazioni in gioco possono creare lunghe
correnti di Stelle e polveri all’esterno delle Galassie, correnti meglio note anche come “code mareali”.
Una possibile collisione coinvolgerà probabilmente la nostra Galassia, la Via Lattea e quella di An-
dromeda, in un tempo stimato in cinque miliardi di anni, dato che si stanno avvicinando alla velocità
di 130km/s; a parte un tale evento di così grande portata, abbiamo la certezza che in passato, la
nostra Galassia si sia già scontrata con Galassie Nane minori, inglobandole al suo interno.
Attualmente gran parte dei fenomeni di formazione di nuove Stelle avviene nelle piccole Galassie,
dove le nubi molecolari contengono un quantitativo di idrogeno ancora elevato. Le Galassie a Spirale
come la nostra, producono nuove generazioni di Stelle solo se possiedono dense nubi molecolari di
idrogeno interstellare, mentre le Ellittiche sono di fatto prive di nubi di gas, ragion per cui il loto tasso
di formazione è basso o in certi casi persino assente. L’afflusso di Materia che provoca la formazione
stellare, soprattutto dalle Galassie cannibalizzate, ha un limite perché una volta che le Stelle avranno
convertito l’idrogeno disponibile in elementi più pesanti, i fenomeni di formazione avranno termine.
Gli astrofisici hanno stabilito che i fenomeni di formazione stellare dureranno ancora per circa
cento miliardi di anni, dopo i quali la grande Era delle Stelle inizierà a declinare in un periodo com-
preso tra i dieci e i cento bilioni di anni (1 bilione equivale a mille miliardi, 1012), quando le Stelle più
piccole e longeve del Cosmo, le deboli nane rosse, termineranno il loro ciclo vitale. Alla fine di questa
Era, le Galassie saranno composte solo da oggetti compatti, quali: nane brune, bianche tiepide o
fredde, nane nere, Stelle di neutroni e Buchi Neri. Da qui prenderà inizio la cosiddetta Era Degenere
dell’Universo, e infine, come risultato della relazione gravitazionale, tutte le Stelle potrebbero preci-
pitare all’interno di un Buco Nero Super-Massiccio centrale o essere scagliate nel freddo e buio spa-
zio intergalattico, a seguito di collisioni.
83

«Sia venerato il Vayu, padrone dello Spazio aereo, padrone dello Spazio interplanetario! Fa che
io, il Signore delle immolazioni, trovi una dimora. Apri in una porta d'accesso allo Spazio Celeste, al
Cosmo, affinché noi ti possiamo veder assumere la signoria dell'intero Universo. Siano venerati i
Padroni del Cielo, i dominatori del Cosmo. Fate ch'io trovi una dimora. E là che vorremmo andare.»
(Rigveda, 24)

La parola “Galassia” deriva dal greco antico che indicava la Via Lattea (Γαλαξίας - Galaxìas), dal
significato di "latteo", o anche nel più speculativo “Circolo Galattico” (κύκλος γαλακτικός, kyklos -
galak-tikòs). Il termine deriva da un episodio noto nella mitologia greca che racconta di Zeus, inva-
ghitosi di Alcmena, dopo aver assunto le fattezze del marito, il Re di Trezene, Anfitrione, ebbe un
rapporto sessuale con lei e rimase incinta. Da questa unione nacque Eracle, che Zeus decise di
porre, appena nato, nel seno della sua consorte Era mentre lei stava dormendo, cosicché il bambino
potesse bere il suo latte divino per diventare immortale. Era si sveglio durante l’allattamento e si
accorse di nutrire un bambino sconosciuto, allora lo respinse ma nel mentre il latte, sprizzato dalle
mammelle, schizzò via andando a bagnare il cielo notturno; così si sarebbe formata, secondo i Greci
antichi, la banda chiara di luce nota come “Via Lattea”.
Da allora, però, la Via Lattea divenne anche la strada percorsa dagli Dèi per raggiungere il Pa-
lazzo Celeste. Analoga metafora è quella del Bifrǫst (o anche Bilrǫst) della mitologia norrena, il Ponte
dell'Arcobaleno, che unisce la Terra alla dimora degli Dèi, Ásgarðr. Una strada dove ogni giorno gli
Dèi la percorrono per riunirsi a Consiglio e il cui nome significa probabilmente "Via Tremula" o "Via
dei Colori"; sovente è chiamato anche Ásbrú, "Ponte degli Asi".

«Askr Yggdrasils,
hann er æztr viða,
en Skíðblaðnir skipa,
Óðinn ása,
en ióa Sleipnir,
Bilröst brúa,
en Bragi skálda,
Hábrók hauka,
en hunda Garmr.»

«Il frassino Yggdrasill


è il migliore tra gli alberi,
Skíðblaðnir tra le navi,
Óðinn tra gli Æsir,
e tra i cavalli Sleipnir,
Bilröst tra i ponti
e Bragi tra gli scaldi,
Hábrók tra i falchi
e tra i cani Garmr.»

(Edda poetica - Grímnismál - Il discorso di Grímnir XLIV)

In questo poema Grímnir (che sarebbe Odino sotto mentite spoglie) fornisce al giovane Agnarr la
Conoscenza Cosmica, inclusa la nozione che Bilröst sarebbe il Migliore dei Ponti, e che inoltre è
sorvegliato dal dio Heimdallr, pronto ad avvertire gli Dèi dell'avvento del Ragnarǫk, la Fine del Mon-
do, momento in cui il Ponte crollerà, quando i Múspellsmegir lo cavalcheranno per raggiungere il
Cielo.
Anche per gli Indiani delle pianure del Nord America, la Via Lattea era la pista polverosa lungo la
quale si svolse un tempo una gara di corsa nel Cielo tra il Bisonte e il Cavallo. I Turu dell’Africa
orientale ritenevano fosse la “Pista del Bestiame” del Fratello del Creatore, idea che si avvicina assai
alla leggenda greca di Eracle che sposta la mandria di Gerione, ma il convergere di così tante piste
di animali su questa Strada Celeste non è solo una mera congiunzione di fantasie. Gli Arawak della
Guyana chiamano la Galassia la “Via del Tapiro”, e ciò trova conferma in un racconto dei Chiriguano
84

e di alcuni altri gruppi dei Tupiguarani dell’America del Sud; queste popolazioni si riferiscono alla
Galassia come alla “Via del vero Padre del Tapiro”, un dio-tapiro di per sé invisibile.
Ma questa strana divinità nascosta risulta essere Quetzalcoatl in persona, sovrano di Tollan, città
dell’Età dell’Oro, proprio in “Tixli cumatz”, il Tapiro-Serpente che dimora “nel mezzo del ventre del
mare” secondo le descrizioni delle tribù Maya dello Yucatan, e qui le allusioni incominciano ad ac-
quistare una certa nitidezza, perché persino gli Indios Cuna vedono nel Tapiro che abbatte l’Albero
dell’Acqua Salata, alle cui radici si trova il Gorgo di Dio, quel gesto che farà sgorgare fuori l’acqua
salata che va a formare tutti gli Oceani della Terra una volta che l’Albero stesso cade.
Persino in Asia si riscontrano similitudini, ad esempio il grande Bundahisn chiama la Galassia
“Sentiero di Kayus”, dal nome del nonno e collega di regno dell’Amleto iranico, Kay Khusraw. Così
come alcune popolazioni altaiche, tra cui i Yakut, chiamavano la Via Lattea le “Orme di Dio” e dice-
vano che egli, mentre creava il Mondo, aveva vagato per il Cielo; di uso più generale sembra esse-
re stato il termine “solchi degli sci del Figlio di Dio”, mentre la denominazione usata dai Voguli era
“solchi degli sci dell’Uo-
mo della foresta”.
E qui le tracce umane
si perdono seppure re-
stino le racchette da ne-
ve! Per i Tungusi, le Ga-
lassie, rappresentavano
le “Orme delle racchette
dell’Orso” (quasi sicura-
mente l’Orsa Maggiore).
La forza però invade
tutti i miti, in special modo
la storia del Sansone in
salsa giapponese, Susa-
nowo, il cui nome signi-
fica “Maschio Prode, Ra-
pido e Impetuoso” (il gre-
co/romano Marte non potrebbe desiderare attributi migliori) la sua essenza divina divenne del tutto
ufficiale, poiché sua sorella Amaterasu, la dea solare, è a tutt’oggi la venerata antenata della Dinastia
Imperiale. Come la leggenda racconta, Susanowo venne bandito dal Cielo per aver buttato la parte
posteriore del suo stallone pezzato, scorticato contropelo, nella sala della tessitura della sorella
Amaterasu. Questi improvvisi gesti offensivi sembrano far parte di un codice ancora più antico, dal
momento che persino il sumero Enkidu aveva gettato in faccia a Ištar le parti posteriori del Toro del
Cielo. Qui, però, abbiamo un elemento addizionale nel codice, l’animale scorticato contropelo e il
gesto di Susanowo portò la Signora del Sole a ritirarsi adirata in una caverna, e il Mondo sprofondò
nel buio. Allora “gli 80.000 Dèi si riunirono nella Via Lattea per deliberare sul da farsi ed escogitare
alla fine uno stratagemma per indurre il Sole a uscire dalla caverna” e porre fine al grande oscura-
mento.52
In questo Mito, forse per la prima volta si parla di un vero e proprio Consiglio dove gli Dèi si
riunirono per decidere le sorti del nostro Sistema Solare, ma resta pur sempre uno strano assorti-
mento di personaggi quello a cui fu attribuita la responsabilità della Via Lattea: Dèi e Animali che
abbandonarono persino il sentiero già usato al tempo della “Creazione”. Ma dove andarono coloro
che abbiamo citato, e i molti altri che non abbiamo preso in considerazione? Dipende da dove erano
per così dire partiti e sovente, come abbiamo visto nei precedenti capitoli, non è facile determinarlo.
Questo consesso di figure mitiche “a mezz’aria” ci aiuta, però, a trovare il significato di un altro
racconto altrimenti senza senso, un vero fossile reperito nelle tradizioni popolari della Westfalia: “I
Giganti chiamarono in aiuto Hackelberg (Odino in veste di Cacciatore Feroce). Questi suscitò una
tempesta e portò un Mulino nella Via Lattea, che da allora si chiama Via del Mulino”.

52 Nel suo famoso poema astronomico, Fenomeni, Arato di Soli (315 a.C. circa - 240 a.C.) racconta come
Themis-Vergine, che era vissuta pacificamente tra gli uomini, si fosse ritirata sulle “Colline” alla fine dell’Età
dell’Oro, per non più mescolarsi alle Genti Argentee che incominciavano a popolare la Terra, e come fosse
andata a dimorare in Cielo presso Boote (l'omonima Costellazione) quando ebbe inizio l’Età del Bronzo.
85

Ma non è questo l’unico “fossile”: il più stravagante è forse quello dei Cherokee, che chiamavano
la Galassia “Dove corse il Cane”, e doveva trattarsi di un cane molto insolito, dal momento che aveva
l’abitudine di rubare la farina da un Mulino appartenente alla cosiddetta “Gente del Sud”, e di scap-
pare verso il Nord portandosela via. Una volta nella corsa lasciò cadere la farina, e questa formò la
nostra Galassia, la Via Lattea; durante questo percorso è facile incontrare anche il Buco della Macina
Inferiore, che sale e scende facendo ribollire il Gorgo.
Parmenide, riprendendo il linguaggio allegorico di Esiodo, parlava di porte scintillanti (o dell’im-
mobile soglia di bronzo) poste tra la Notte e il Giorno, e che essendo collocate “in alto nell’Etere”,
possono condurre alla dimora della Dèa di Verità e Necessità. Esiodo sosteneva che lo Stige (dal
greco antico "odiare" da cui "fiume dell'odio") era uno dei cinque fiumi presenti negli Inferi secondo
la mitologia greca e romana; gli altri erano Cocito (fiume dei lamenti), Acheronte (fiume del dolore),
Flegetonte (fiume del fuoco) e Lete (fiume dell'oblio). Sosteneva, inoltre, che era un ramo di Okeanos
in Cielo “sotto la Terra dalle Vie spaziose”, e che la sua temutissima Dèa abitava in una casa “da
ogni parte sorretta fino al Cielo da pilastri d’argento”, l’acqua stillava da una roccia alta e il luogo era
raggiungibile da Iride che vi si recava con il suo arcobaleno “da Olimpi nevosi nel Nord” (il Bifrǫst?)
Questa regione “ogigia” era stata aborrita dagli Dèi e doveva trovarsi “dall’altra parte del Cielo”,
un fiume morto persino per loro dove poteva resistergli solo uno zoccolo di cavallo; ma le sorgenti
di questi fiumi dove si trovano? Kay Khusraw, l’iranico Amlethus, fu perseguitato da uno zio assas-
sino, fondò un Età dell’Oro e poi si allontanò malinconicamente verso il Grande Aldilà. Afrasiyab, lo
zio malvagio, durante i va-
ri disperati tentativi di im-
padronirsi della sacra le-
gittimità, la “Gloria”, si era
trasformato in una creatu-
ra delle acque profonde,
per poi tuffarsi nel magico
Lago Vourukasa in cerca
appunto della stessa “Glo-
ria”. Per tre volte tentò, ma
ogni volta “la Gloria sfuggì,
questa Gloria se ne andò”:
ad ogni tentativo si divin-
colava attraverso una sor-
ta di sbocco e che immet-
teva in un fiume che scor-
reva verso l’Aldilà.
Un racconto parimenti
antico che parla di tre sbocchi ci giunge nientemeno che dalle Hawaii: lo troviamo nella preziosa
compilazione fatta un secolo fa dal giudice Fornander, quando la tradizione era ancora viva. Le
“acque viventi” appartengono a Kane, il Demiurgo creatore del Mondo o Dio Artefice (il Fabbro), e si
trovano in un invisibile paese divino, Paliuli (“montagna blu”), dove Kane, Ku e Lono crearono il
Primo Uomo, Kumu-Honua (“radicato alla terra”); altrove, le acque viventi sono su “l’isola volante di
Kane” (anche l’Efesto greco dimorava su un’isola galleggiante). Fornander descrive la fonte di que-
sta “acqua vivente” come: “… meravigliosamente trasparente e limpida. Le sue rive sono splendide.
Aveva tre sbocchi: uno per Kane, uno per Ku e uno per Lono, attraverso i quali i pesci entravano
nello stagno. Se i pesci di questo stagno erano gettati a terra o nel fuoco, non morivano; e se un
uomo era stato ucciso e veniva in seguito spruzzato con quest’acqua, ritornava presto alla vita.”
Viene così introdotto un motivo straordinario, quello del “pesce risuscitato”, che, come si vedrà
più avanti, occuperà una posizione centrale nei miti medio-orientali, da Gilgames a Glauco e allo
stesso Alessandro. Inoltre, ritroviamo ancora i tre sbocchi che possono forse aiutarci a individualiz-
zare l’idea della “Fonte della Vita” di Kane, la quale agli studiosi di folklore potrebbe altrimenti appa-
rire una banale Fontana della Giovinezza. Ma nella tradizione pitagorica genuina si può trovare qual-
che cosa di veramente stupefacente. Racconta Plutarco, nel suo trattato sui motivi per cui gli oracoli
non davano più responsi, che Petrone, - pitagorico della scuola italica antica e contemporanea, e
amico del grande medico Alcmeone (ca 550 a.C.) -, teorizzava che ci dovevano essere numerosi
Mondi, 183 per l’esattezza!
86

Altre notizie di questi Mondi sono riportati da Cleombroto, uno dei partecipanti alla conversazione
sull’obsolescenza degli oracoli, il quale le aveva avute da uno “Strano Uomo” misterioso, che soleva
incontrarsi con gli esseri umani una sola volta all’anno nei pressi del Golfo Persico e “passare il resto
del suo tempo in compagnia di ninfe erranti e di semidei” (21, 421, A).
Secondo Cleombroto, costui collocava quei Mondi su un triangolo equilatero: sessanta per lato,
più uno a ogni angolo. Non viene data nessun’altra spiegazione, ma: “… essi erano ordinati in modo
che uno toccava sempre l’altro in un circolo, come coloro che danzano in cerchio. La pianura all’in-
terno del triangolo è… il fondamento e l’altare comune di tutti questi Mondi, ed è chiamata Pianura
della Verità; in essa si trovano i disegni, gli ‘stampi’, le idee e gli esempi invariabili di tutte le cose
che furono o mai saranno; e all’interno c’è l’Eternità, donde il Tempo, come un fiume, fluì nei Mondi.
Inoltre (diceva) che le Anime degli uomini, se hanno vissuto bene in questo mondo, vedono queste
idee una volta sola ogni diecimila anni; e che le più sante cerimonie mistiche che quaggiù si com-
piono non sono altro che un sogno di questa sacra visione.”

Ci fu dunque un tempo che, in tutti i miti antichi, è riconosciuto come una Età dell’Oro, ma ad un
certo punto esso ebbe fine o almeno venne per così dire precluso agli Esseri Umani. Riproposto in
una infinità impressionante di miti e metafore, storie e leggende, spiegato in tantissimi modi quanto
la fantasiosa immaginazione umana lo poteva partorire, memoria o traccia ne rimane in quei tempi
arcaici, dove solo gli Dèi potevano forgiare, far funzionare o distruggere l’Universo. E lì è racchiusa
anche l’Origine di ogni Male, perché esso rimane un mistero in quanto inconoscibile all’interno della
Natura, macchina perfetta e onnipotente dei Cieli che avrebbe dovuto produrre solo Armonia e Per-
fezione. Così non fu e quel tempo non durò perché ebbe inizio la storia, e in quella storia l’equilibrio
venne meno: al puro Essere si opponeva di necessità il Non-Essere, e il risultato fu il Divenire, un
investimento ad altissimo rischio.

«Il Cosmo è più grande del fuoco ardente, poiché nel Cosmo vi sono entrambi, il Sole e la Luna,
vi sono la folgore, le Stelle e il fuoco. In grazia al Cosmo chiamiamo, udiamo, rispondiamo; nel
Cosmo si gioisce e nel Cosmo non si gioisce; nel Cosmo si nasce, per il Cosmo si nasce. Possa
sempre tu venerare il Cosmo! Chi venera il Cosmo ottiene regni cosmici, Mondi cosmici fatti di Luce,
infiniti e illimitati, dai quali avanzare sempre più e gli sarà dato di vagare a suo piacere sin dove si
estendono i confini dell'Universo...» (Rigveda, 7)
87

3.5 - La Via Lattea

La Via Lattea (dal latino Via Lactea) è la nostra Galassia. Qui si trova il Sistema Solare, il Sole,
la Terra, il genere umano ed è la Galassia per antonomasia, presa a modello per studiare tutte le
altre dell’Universo. In base agli studi astronomici più recenti, dal punto di vista strettamente morfo-
logico è una Galassia a Spirale Barrata, ovvero è composta da un nucleo attraversato da una strut-
tura a forma di barra dalla quale si dipartono i Bracci di Spirale che seguono un andamento logarit-
mico. Osservandola dalla Terra, che giace in uno dei suoi bracci di spirale, essa appare nel cielo
notturno come una fascia chiara di luce bianca che percorre trasversalmente l’intera volta celeste,
una fascia dove si addensano un numero di Stelle maggiore che nelle altre aeree, oltre ad apparire
di aspetto leggermente diverso a seconda dell’emisfero in cui si osserva.
Numerose interruzioni di luce sono causate dalla presenza in più punti di nebulose oscure e pol-
veri che offuscano le Stelle più lontane, mentre il tratto più luminoso ricade tra le Costellazioni di
Ofiuco, Scorpione e Sagittario, ossia in direzione del Centro Galattico; altri punti brillanti sono anche
il tratto costituito dal Braccio del Cigno, nell’omonima Costellazione, dal Braccio della Carena-Sagit-
tario, nella Costellazione della Carena.
(Cina, XIII d.C.)
Nel corso della storia molti miti
e leggende, come abbiamo già
spiegato, sono sorti a spiegarne
l’origine, dal latte di Era che allatta
Eracle, al Gange etereo dell’India,
dall’immaginazione di Democrito
a quella degli astronomi arabi co-
me una scia di Stelle lontane, così
come venne riconosciuta da Gali-
leo Galilei, e da studiosi e filosofi
come Kant, Herschel e Lord Ros-
se. I babilonesi, ad esempio, cre-
devano che fosse stata ottenuta
dalla metamorfosi della coda della
divinità draconiana Tiāmat, dopo
che questa venne catturata dal
dio Marduk, mentre gli antichi E-
gizi, la consideravano come una
controparte celeste del Nilo, il fiu-
me chiaro che attraversa il cielo
notturno, esattamente come quel-
lo terrestre attraversa l’Egitto.
Nell’area dell’Asia centrale e
dell’Africa, e in alcune culture me-
diterranee, il nome è legato a pa-
role indigene che significano pa-
glia, mentre in alcune lingue urali-
che, turche, ugrofinniche e balti-
che, la Via Lattea è chiamata la
Via degli Uccelli. In Cina è il Fiu-
me d’Argento, così come in Corea e Giappone; in quest’ultimo paese è identificata anche con il
significato generico di Galassia. E in India, sia nelle lingue di origine indoarie che in quelle dravidiche,
si utilizza il termine sanscrito (e Hindi) Akasha Ganga, il Gange Celeste, mentre nella lontana Svezia
è chiamata Vintergatan (Strada dell'Inverno), poiché le Stelle della sua fascia sono usate per predire
il tempo del successivo inverno.53

53 In Spagna la Via Lattea viene chiamata anche, popolarmente, Camino de Santiago, poiché era usata

come guida dai pellegrini diretti in questo luogo. Secondo una leggenda medievale, la Via Lattea fu formata
dalla polvere sollevata dai pellegrini stessi; lo stesso termine Compostela deriverebbe da campus stellae.
88

«Per Pitagora le Anime sono popolo di sogni che, egli dice, si riuniscono nella Via Lattea, così
chiamata dalle Anime che, quando cadono nella generazione, si nutrono di latte. Per questo, chi
evoca le Anime offre libagioni di miele mescolato a latte: perché attratte dal piacere, esse giungono
alla generazione, e il latte compare naturalmente insieme al loro concepimento.»
(Porfirio, L’Antro delle Ninfe)

Il fatto che la Via Lattea divida il cielo notturno terrestre in due emisferi più o meno uguali indica
che il Sistema Solare si trova vicino al piano galattico. Il disco stellare dell’intera Galassia si presume
abbia, invece, un diametro di circa 100.000 anni luce ed uno spessore, nella regione dei bracci, di
circa 1.000 anni luce. Le stime sul numero di Stelle che la compongono sono ancora oggi varie e
spesso controverse, secondo alcune fonti sarebbero circa 200 miliardi, altri sostengono che siano
400 miliardi, ma il numero esatto potrà essere calcolato in base alle Stelle di piccola massa, ancora
oggi incerto, senza dimenticare che recenti osservazioni inducono a pensare che il disco gassoso
della Galassia abbia uno spessore di ben 12.000 anni luce, un valore dodici volte superiore a quello
precedente ipotizzato. Pensate che se vi fosse un modellino in scala con un diametro di ben 130 km
che rappresentasse tutta la Via Lattea, il nostro Sistema Solare ne occuperebbe appena solo 2
millimetri!
Altro aspetto di non poco conto e che presenta notevoli difficoltà, è l’età della nostra Galassia. Ad
oggi si è stimato che la Stella più antica conosciuta HD 140283, in essa presente, abbia una età di
13,6 miliardi di anni, una datazione non poi molto diversa da quella dello stesso Universo. A seguito
di alcune ricerche condotte nel 2004 da un team di astronomi, emerse che l’età stimata delle Stelle
più vecchie si aggirava attorno 13 miliardi di anni e che il Disco Galattico avrebbe una età compresa
tra i 6,5 e i 10,1 miliardi di anni.
Il Disco Galattico si estende su un piano attorno al Centro Galattico ed ha un diametro compreso
tra i 70.000 e i 150.000 anni luce, mentre la distanza tra il Sole e il Centro è attualmente stimata in
26 000 ± 1 400 anni luce (7,62 ± 0,32 kpc). Il Centro Galattico, inoltre, nasconde al suo interno un
oggetto di massa molto elevato e che si ritiene essere la causa della forte emissione radio da parte
della sorgente nota come Sagittarius A, e molti indici ci inducono a pensare che si tratti di un Buco
Nero Super-Massiccio, denominato Sgr A*.
Il Centro Galattico è attraversato da una barra delle dimensioni prossime ai 27.000 anni luce, tale
barra è composta principalmente da Stelle rosse, probabilmente di età molto antica (fondamental-
mente nane e giganti rosse), ed appare circondata da una struttura ad anello chiamata “Anello dei
5 kpc”, che contiene una gran parte dell’idrogeno molecolare presente nella Galassia e dove hanno
luogo molto fenomeni di formazione stellare. Ogni braccio di spirale descrive una spirale logaritmica
(come d’altra parte fanno tutti i bracci delle Galassie così formate) con un’inclinazione di 12 gradi.
L’esito di studi condotti nel corso degli anni ha suggerito l’esistenza dei seguenti Bracci di Spirale.

I bracci principali:
• Ciano Braccio dei 3-kpc e Braccio di Perseo
• Viola Braccio Regolo-Cigno (allungato con una recente scoperta)
• Verde Braccio Scudo-Croce
• Rosa Braccio Carena-Sagittario

I bracci secondari:
• Arancione Sperone di Orione (che contiene il Sole e il nostro Sistema Solare)
• Giallo Sperone del Centauro (fra il Braccio del Sagittario e il Braccio Scudo-Croce)

Il Disco Galattico è circondato da un alone sferoidale formato da Stelle molto vecchie ed ammassi
globulari, di cui un buon 90% si trovano entro un raggio di 100.000 anni luce, suggerendo l’esistenza
di un alone di Stelle di ben 200.000 anni luce di diametro; tuttavia alcuni di questi ammassi sono
stato osservati anche a distanze maggiori dal Centro di una Galassia. A differenza del Disco, che
contiene gas e polveri e che oscurano la visuale, questo alone galattico ne è completamente privo,
nel mentre i fenomeni di formazione stellare hanno luogo nel Disco stesso, specialmente nei Bracci
di Spirale, dove la densità è maggiore, anche degli ammassi, rispetto all’alone. Recenti scoperte,
inoltre, sembrano aver aumentato le dimensioni della nostra Galassia, dopo che si è scoperto che il
Disco della Galassia di Andromeda si estende molto più di quanto in precedenza osservato, ipotiz-
89

zando che anche quello della nostra possa esserlo; ipotesi suffragata dopo la scoperta dell’esten-
sione del Braccio esterno appartenente a quello del Cigno.
La Via Lattea è anche il centro di gravità o perno attorno al quale orbitano anche due Galassie
più piccole, chiamate Nubi di Magellano e una parte di quelle Nane del Gruppo Locale. La più grande
di queste, la Grande Nube di Magellano ha un diametro di 20.000 anni luce, ovvero un quinto della
nostra, nei suoi pressi si trova anche la compagna, la Piccola Nube di Magellano; le due Galassie,
inoltre, sono connesse tra di loro e con la nostra tramite la Corrente Magellanica, un ponte di idro-
geno neutro che si pensa essere formato e composto da materiale strappato via dalla Grande Nube
a causa delle forze mareali, durante l’ultimo transito ravvicinato con la Via Lattea.

Altre Galassie Nane orbitanti intorno alla nostra sono: la Galassia Nana Ellittica del Cane Mag-
giore, la più vicina, la Galassia Nana Ellittica del Sagittario, la Galassia Nana dell'Orsa Minore, quella
dello Scultore, del Sestante, della Fornace e la Galassia Leo I. Le Galassie Nane più piccole orbitanti
attorno alla nostra possiedono un diametro di appena 500 anni luce, così come probabilmente esi-
stono altre Galassie Nane ancora sconosciute, sempre gravitazionalmente legate a noi; osservazioni
attraverso la zona d'ombra galattica rivelano di tanto in tanto nuovi membri del Gruppo Locale.

In tutto questo immenso e straordinario angolino di Universo, il Sole dove si trova?

Il Sole, la Terra e tutto il Sistema Solare (ovviamente Umanità compresa) si trova nella Nube
Interstellare Locale, che a sua volta è collocata dentro la Bolla Locale, a sua volta dentro la Cintura
di Gould, situata nei presso del bordo interno del Braccio di Orione, ad una distanza di circa 7,62 ±
0,32 kpc dal Centro Galattico; inoltre ci troviamo nella fascia abitabile.
90

L’apice della traiettoria solare, o apice solare, indica la direzione in cui il Sole si sposta nello
Spazio all’interno della nostra Galassia. La direzione del moto solare è poco più a sud della stella
Vega, entro i confini meridionali della Costellazione di Ercole (con un angolo di circa 60° rispetto alla
direzione del Centro Galattico). L’orbita del Sistema Solare attorno alla Via Lattea si ipotizza essere
circolare, con l’aggiunta di perturbazioni dovute ai Bracci di Spirale e alla distribuzione della massa
al loro interno, non sempre uniforme, inoltre il Sole sembra oscillare su e giù rispetto al piano galat-
tico all’incirca 2,7 volte per orbita, similmente ad un moto armonico, ma a causa della relativa ed alta
densità di Stelle e polveri incrociate durate il tragitto, specie nei pressi del piano galattico, queste
oscillazioni coincidono anche con i periodi di grandi estinzioni di massa verificatesi sul nostro pia-
neta, probabilmente a causa del rischio di impatto con i vari Corpi Celesti estranei li presenti.
Il Sistema Solare, infine, impiega circa 225-250 milioni di anni per completare un’orbita attorno
alla Via Lattea (un anno galattico), e si pensa che abbia completato, durante la sua esistenza, circa
20-25 orbite complete, mentre dalla comparsa dell’umanità sarebbe trascorso solo 1/1250º di rivo-
luzione. La velocità orbitale del Sistema Solare rispetto al Centro Galattico è approssimativamente
di 220 km/s, e con questo andamento, al Sole occorrono circa 1400 anni per compiere uno sposta-
mento pari ad un anno luce, o 8 giorni per muoversi di una sola UA54.

54 In astronomia, una Unità Astronomica (UA) è un'unità di misura pari alla distanza media tra il pianeta
Terra e il Sole (circa 150 milioni di km). Sebbene non rientri tra le unità di misura del sistema internazionale, il
suo uso è esteso tra gli astronomi ancora oggi. Nella sua orbita durante l'anno, la Terra viene a trovarsi a
distanze diverse dal Sole, da un minimo di circa 147 milioni di chilometri (perielio) a un massimo di circa 152
milioni di chilometri (afelio), la distanza media è quindi di 149.597.870,700 km. Per le sue dimensioni, l'Unità
Astronomica viene utilizzata soprattutto per misurare distanze all'interno del Sistema Solare; per misure supe-
riori, intra o extra-galattiche, gli astronomi preferiscono utilizzare l'Anno Luce o il Parsec.
91

«L’Ordine della Discesa dell’Anima negli Inferni di questa vita si articola così: la Via Lattea ab-
braccia con corso obliquo lo Zodiaco intersecando nei due segni tropici, Cancro e Capricorno, che i
fisici chiamarono porte del Sole perché in entrambe al solstizio è inibito un ulteriore progresso del
Sole ed avviene il suo ritorno alla cintura i cui termini non ha mai abbandonato. Attraverso a queste
porte si crede che le Anime passino dal Cielo in Terra e tornino dalla Terra in Cielo. L’una pertanto
è detta Porta degli Uomini, l’altra Porta degli Dèi. Degli uomini il Cancro, perché da esso avviene la
discesa nelle regioni inferiori, degli Dèi il Capricorno, perché attraverso esso le Anime tornano nella
sede della loro immortalità e nel novero degli Dèi. Perciò Pitagora ritiene che l’Impero di Dite cominci
dalla Via Lattea perché le Anime piombate giù di lì paiono esseri staccate dagli Dèi.» (Macrobio,
Commento al Sogno di Scipione)

Nei Miti antichi è sempre bene prestare attenzione alle informazioni cosmologiche in essi conte-
nuti, dove il caos, la lotta, la violenza non sono mere proiezioni di una Coscienza perturbata, ma
tentativi di raffigurare le Forze che sembrano aver partecipato alla formazione del Cosmo. Mostri,
Titani, Giganti, specie in perenne lotta con gli Dèi, protesi incessantemente a scalare l’Olimpo (o il
Pleroma), sono funzioni e componenti dell’Ordine che alla fine verrà ad instaurarsi sopra il Caos. In
questo Meccanismo Celeste una distinzione appare immediata e chiara, in quanto le Stelle fisse
assumono la forma dell’Essenza dell’Essere, dove il loro consesso rappresenta il Consiglio nascosto
o celato, e le leggi che implicite le aiutano a governare il Cosmo - mentre i Pianeti sono visti come
Dèi - rappresentano le Forze e la Volontà, in quanto spietata necessità di precisione espressa
dall’Universo stesso. Ad un piano ancora più superiore, si può
affermare che le Stelle fisse rappresentano il potere regale, si-
lenzioso ed apparentemente immobile, i Pianeti il potere ese-
cutivo. Ma sono in completa Armonia?
Questo è il sogno che la Mente che contempla è andata
sempre ripetendo, il sogno che persino Keplero55 cercò di fis-
sare mettendo su carta le note della sua Armonia delle Sfere,
consacrando così quel rivolgimento del Cielo, espresso anche
da certi pensatori antichi, in un Grande Anno, nel quale tutti i
Moti avrebbero riportato i Pianeti nella medesima configura-
zione primordiale.

«Salve o Thot! Che cos’è questo che è accaduto ai divini figli


di Nut? Hanno combattuto, hanno sostenuto la contesa, hanno
fatto una strage, hanno provocato guai: in verità, in tutto il loro
operato i potenti hanno agito contro i deboli. O potenza di Thot,
concedi che ciò che il Dio Atum ha decretato (sia compiuto)! E
tu non vedi il male né ti lasci provocare dall’ira quando essi por-
tano alla confusione i loro anni e si accalcano e spingono per
disturbare i loro mesi, perché in tutto ciò che ti hanno fatto
hanno operato iniquità in segreto.» (Egitto, Libro dei Morti)

Thot era il Dio della Scienza e della Saggezza, e come Atum, precedeva la Gerarchia Divina.
Descritto in termini metafisici, era una delle Entità misteriose da cui ebbe origine l’Ordine del Cosmo
e della nostra Galassia, ed il suo nome era l’incarnazione del Principio-e-fine, egli era quindi la Pre-
senza, il Segreto Consiglio che si è tentati di identificare con lo stesso Cielo Stellato: ma chi altri ha
fatto parte o fa ancora parte di quel Segreto Consiglio?

55 Giovanni Keplero, adattamento di Johannes von Kepler (1571-1630) è stato un astronomo, astrologo,
matematico, cosmologo, teorico musicale, filosofo della natura e teologo luterano tedesco, che scoprì empiri-
camente le omonime leggi che regolano il movimento dei pianeti. Professore di materie scientifiche in diverse
Università della Germania e dell'Austria e protetto dell'Imperatore del Sacro Romano Impero, Rodolfo II, Ke-
plero fu un convinto sostenitore del sistema copernicano e contemporaneo di Galileo Galilei.
92

3.6 - Il Braccio di Orione

Il Braccio di Orione, noto anche con i termini di Braccio Locale o Sperone di Orione (dall’inglese
Orion Spur) è un braccio minore interno alla nostra Galassia, ma di estrema importanza, dal mo-
mento che al suo interno si trova il Sistema Solare. Il suo nome, Braccio di Orione, deriva dal fatto
che il suo punto più ricco ed intenso visibile dalla Terra si trova in direzione della Costellazione di
Orione. Secondo recenti studi astronomici, questo Braccio si origina dal Braccio del Sagittario in
direzione della Costellazione della Freccia (o dell’Aquila) e presenta una biforcazione, con un ramo
che segue l’andamento degli altri Bracci, nonché un ulteriore ramo diretto verso quelli esterni. Al suo
interno sono ospitati un numero consistente di complessi nebulosi molecolari, alcuni dei quali giganti,
in gran parte oscuri, nonché alcune delle regioni di formazione stellare tra le più attive conosciute
all’interno della nostra Galassia; in aggiunta a ciò, vi è anche la quasi totalità delle stelle visibili ad
occhio nudo, tra cui anche le Pleiadi, il Presepe, la Nebulosa di Orione, etc.

Il nostro Sole è posizionato all’interno del Braccio, vicino al bordo interno della Bolla Locale a
circa 8.000 parsec (26.000 anni luce) dal Centro della Galassia, in una posizione intermedia fra il
suo nucleo e la sua estrema periferia. È da tenere presente che nelle Galassie a Spirali, i Bracci
hanno un andamento simile a quello di una spirale logaritmica, una figura che si può teoricamente
mostrare come il risultato di un disturbo nella rotazione uniforme della massa stellare. Come le
Stelle, anche i Bracci a Spirale ruotano intorno al Centro, ma con una velocità angolare che varia da
punto a punto, ciò significa che le Stelle transitano all’interno e all’esterno dei Bracci, dove la velocità
di rivoluzione diminuisce man mano che si procede verso l’esterno, risultando invece più rapida al
suo interno.
Si pensa, inoltre, che questi Bracci siano delle aree con la più alta densità di Materia, e che delle
vere e proprie onde di densità energetica vengono emanate dal Centro Galattico al loro interno,
cambiandone continuamente morfologia e posizione. Queste onde, in teoria, dovrebbero aumentare
la densità dell’idrogeno molecolare e che, manifestando fenomeni di instabilità gravitazionale, con-
ducono poi ad un suo collasso capace di dar luogo alla formazione di protostelle. Per questo motivo,
i Bracci, appaiono più luminosi rispetto al Disco, non tanto perché la loro massa sia notevolmente
elevata, ma perché contengono un numero di gran lunga superiore di stelle giovani e brillanti rispetto
al Disco stesso.

Strutture simili al Braccio di Orione, ovvero degli analoghi Bracci intermedi che si dispongono
trasversalmente, andando ad intersecarne altri più esterni, sembrano essere un elemento comune
a tante Galassie a Spirale, come la famosa M74, nella Costellazione dei Pesci, o M101 nell’Orsa
Maggiore.
93

Rispetto ai Bracci maggiori conosciuti, quello di Orione ci presenta delle particolarità di non poco
conto. Esso, come sappiamo si origina dal Braccio del Sagittario all’altezza della grande regione di
formazione stellare W5156, indicata come punto di biforcazione, e prosegue verso la regione di Cy-
gnus X, il Complesso di Cefeo, la Bolla Locale (dove si trova il nostro Sole) e il Complesso di Orione.
Oltre alla Nebulosa di Gum, presenta a sua volta una biforcazione, dove una parte devia verso il
Cane Maggiore e si dirige verso l’esterno della Via Lattea, dapprima intersecando il Braccio di Per-
seo, formando inoltre un addensamento di stelle giovani, raggiungendo poi così il Braccio Esterno;
la seconda ramificazione, più piccola, si dirige invece verso le Vele, nella regione Vela Molecular
Ridge, per alcune migliaia di anni luce, terminando oltre la regione di Puppis A e dell’Associazione
di Turner5.
Nonostante non vi sia un consenso generale sul collocare il punto di inizio del Braccio, la mag-
gioranza degli studiosi concorda che abbia origine da una ramificazione esterna del Braccio del
Sagittario. Tale ramificazione avviene all’altezza della parte settentrionale della Costellazione
dell’Aquila (o in direzione della Freccia), ma la difficoltà dell’osservazione è dovuta alla sovrapposi-
zione di diversi banchi di gas e polveri interstellari che oscurano la luce degli oggetti situati al di là
di essi; questi banchi nebulosi si trovano ad una distanza circa di 650-980 anni luce e vanno a
formare la meglio conosciuta “Fenditura dell’Aquila”57.
La parte più settentrionale dell’Aquila ospita un grande complesso nebuloso molecolare W51,
una delle regioni di formazione stellare tra le più estese della Via Lattea, primo stadio di una mas-
siccia Associazione OB58, che alcuni studi indicano come regione di origine del Braccio, seppure ci
siano tesi che negano tale eventualità, indicando altre sorgenti di biforcazione, come quella presente
nella Nube NGC 6820; questa nube più estesa è visibile nella Costellazione della Volpetta, legata
all'Associazione Vulpecula OB1. Tra le regioni di maggiore interesse e pienamente visibili ed osser-
vabili dalla Terra, ci sono: il Cigno, Cefeo, la Regione Locale, la Fascia Centrale, Perseo, Orione,
Unicorno e Cane Maggiore, il Ramo delle Vele ed il Ramo Esterno. Per motivi di studio ci sofferme-
remo solo sulla nostra regione, la Fascia Centrale, lasciando tutte le altre alla discrezione dello stu-
dente, nell’approfondirle con ulteriori ricerche esterne a questo corso, essendo essenzialmente no-
zioni astronomiche.

La Fascia Centrale - Nella fascia mediana compresa tra la Fenditura del Cigno e la biforcazione
del Braccio in direzione della Poppa e delle Vele, giace il nostro Sistema Solare; come consequen-
ziale che sia, la gran parte degli oggetti visibili ad occhio nudo nei cieli notturni sul nostro pianeta,
sono compresi in questa regione galattica. Tra questi oggetti vi è l’associazione Scorpius-Centaurus
e che costituisce una vastissima struttura ad anello incompleto formato da Stelle relativamente gio-
vani e massicce, orientato su di un piano inclinato rispetto a quello galattico; questo semicerchio
identificato da Benjamin Gould nel 1879, è noto col nome di Cintura di Gould e comprende delle
Stelle luminose visibili nelle Costellazioni di Cassiopea, Perseo, Toro, Orione, Cane Maggiore (ec-
cetto la stella Sirio), ex Nave Argo (Poppa, Carena e Vele, Croce del Sud, Centauro, Lupo e Scor-
pione.

56 Secondo altri studi che prendono sempre in esame le misurazioni della parallasse di alcune regioni di

formazione stellare, il punto di origine del Braccio di Orione non sarebbe W51 ma la sorgente di radiazione
infrarossa G59.7+0.1 (IRAS 19410+2336), posta in primo piano rispetto a W51 (e quindi più vicina), nei pressi
della Nebulosa NGC 6820; W51 farebbe invece pienamente parte del Braccio del Sagittario.
57 La Fenditura dell'Aquila è il nome dato ad un complesso di nebulose oscure che si stagliano contro la

scia luminosa della Via Lattea, a cavallo dell'equatore celeste, in direzione della Costellazione dell'Aquila,
oscurandone la brillantezza; essa è ben osservabile ad occhio nudo nei cieli estivi boreali (o invernali australi),
come una linea oscura che divide in senso longitudinale la Via Lattea, aprendosi sempre più in direzione sud
fino a oscurare il lato occidentale della Via Lattea stessa, per poi disperdersi al di fuori della scia luminosa in
direzione della Costellazione dell'Ofiuco.
58 In astronomia col termine Associazione OB s'intende un gruppo di stelle giovani, calde e massicce di

classe spettrale O e B (da cui il nome) che si trovano entro una ristretta regione di spazio e che emettono una
grande quantità di luce ultravioletta che ionizza il gas circostante, formando una regione H II. Le Associazioni
OB sono ammassi stellari che possono contenere da poche unità fino a centinaia di stelle (in quest'ultimo caso
si dicono Superassociazioni OB) e, in genere, si trovano nei Dischi delle Galassie a Spirale nei quali sono in
atto dei processi di formazione stellare molto intensi. Le stelle ivi presenti hanno un'età compresa tra i 5 e 50
milioni di anni, si tratta quindi di zone privilegiate dove studiare la formazione stellare.
94

Gli astronomi tendono ad


assegnare a questa struttu-
ra dinamica un’età di 20/30
milioni di anni, e prevedono
che buona parte delle Stelle
qui contenute, potrà esiste-
re ancora per un periodo di
60 milioni di anni.
Circa la sua creazione ci
sono diverse teorie in me-
rito, ma vari scenari ipotiz-
zati sostengono che il pas-
saggio di una nube ad alta
velocità attraverso il Braccio
della Via Lattea causò un in-
cremento di tutta la forma-
zione stellare, a cui segui-
rono delle esplosioni di su-
pernovae, formando poi in
seguito la stessa cintura. Il
punto più probabile da cui
avrebbe avuto origine il fe-
nomeno di formazione che
fece scattare questa serie di
stelle supernovae è quello
del Gruppo Perseus OB3,
dove circa 50 milioni di anni
fa si originarono alcune grandi associazioni OB poi in parte dissoltesi; a quella generazione di Stelle
appartengono anche formazioni superstiti, come l’Ammasso di Alfa Persei (Mel 20) e Cepheus OB6.
Sembra che l’azione combinata del vento stellare e delle esplosioni stellari generate dalle stelle
più massicce, avrebbe prodotto una potente onda d’urto che avrebbe spazzato via eventuali nubi
interstellari, generando così una superbolla del raggio di 200-500 parsec. Il Gas, poi, si sarebbe
accumulato ai bordi di tale struttura, innescando fenomeni massicci di formazione stellare che infine
hanno portato alla nascita di molte delle associazioni OB, osservabili attorno al Sole e che costitui-
scono il Grande Anello della Cintura di Gould. All’interno dell’Anello formato da questa Cintura si
trova la Bolla Locale, una regione del mezzo interstellare con una densità più bassa rispetto alle
zone circostanti, e dove al suo interno si trova il nostro Sistema Solare e tutte le stelle situate entro
un raggio di alcune decine di anni luce di distanza dalla nostra Stella.

La fascia mediana del Braccio di Orione (la parte in direzione opposta al Centro Galattico rispetto
al Sole) contiene anche una seconda sequenza di nubi molecolari giganti e che producono un forte
oscuramente della scia della Via Lattea visibile in direzione di Perseo, della Giraffa e del Toro. Tra
gli oggetti più notevoli visibili sul bordo di queste nubi oscure vi sono l’Associazione di Alfa Persei
(Perseus OB3) ad una distanza di 200 parsec, l’Ammasso delle Iadi e l’Ammasso aperto delle
Pleiadi, uno degli oggetti meglio noti e riconoscibili tra quelli appartenenti al Braccio stesso; la se-
quenza prosegue poi in direzione del Toro, dove a latitudini galattiche meridionali si trova la Grande
Nube del Toro (140 parsec di distanza) che risulta essere tra le nubi molecolari giganti tra le più
vicine al Sistema Solare. All’interno della Nube del Toro è presente una ricca popolazione di Stelle
di pre-sequenza principale, fra cui le famose Stelle T Tauri.
95

Appendice I

Il Mito di Aristofane, conosciuto anche come il Mito dell’Androgino, è presente nel celebre dialogo
platonico “Simposio”, che si propone di trattare l’immortale tema dell’Amore, dove dopo l’esposizione
di Fedro, Pausania ed Erissimaco, prende la parola infinte Aristofane, il famoso poeta e comico, che
mediante il Mito veicola la sua opinione sull’Eros. Egli sostiene che tempo addietro non esistevano
soltanto due sessi (il Maschile e il Femminile), ma bensì tre, tra cui oltre a quelli già citati, il Sesso
Androgino, proprio di esseri che incarnavano entrambe le polarità.
A quel tempo tutti gli Esseri Umani avevano due teste, quattro braccia, mani e gambe, due organi
sessuali ed erano tondi, ma per via della loro potenza, gli Umani erano diventati superbi, e tentarono
così la scalata dell’Olimpo per spodestare gli Dèi, Zeus, però, che non poteva accettare un simile
affronto, decise di intervenire a colpi di saetta e rimettere ordine.

«Finalmente Zeus ebbe un'idea e disse: "Credo di aver trovato il modo perché gli uomini possano
continuare ad esistere rinunciando però, una volta diventati più deboli, alle loro insolenze. Adesso li
taglierò in due uno per uno, e così si indeboliranno e, nel contempo, raddoppiando il loro numero,
diventeranno più utili a noi.» (Platone, Simposio, 190c-d, trad. it. Franco Ferrari).

Nei suoi Dialoghi, come ad esempio il “Convivio” (189-193 ca.), il grande filosofo greco asserisce
che il risanamento dell’Umanità consisterebbe nel ritorno a quello stato precedente la caduta, per
mezzo dell’Eros sublimato. Secondo Platone, sarebbe quindi esistita una razza primordiale “la cui
essenza è ormai estinta”, una razza di esseri dotati di ben due principi, maschile e femminile, ed
essi erano così straordinari, per ardire e forza, che nutrivano nel cuore l’aspirazione di attaccare,
come abbiamo visto, persino le divinità olimpiche.
Analoga ribellione riguardò anche i Titani e i Giganti, i quali arrivarono a sfidare gli Dèi Creatori a
più riprese, tenendo il pianeta Terra sotto scacco per migliaia di anni: tra essi rammentiamo ad
esempio il Mito di Prometeo (Lucifero), somigliante a quello dell’Eden e di Adamo, dove il Serpente
mantenne la stessa promessa di “divenire simile agli Dèi” (Genesi, III, 5).
In Platone gli Dèi non folgorarono gli esseri Androgini come invece avevano fatto con i Titani ed
i Giganti, bensì li spezzarono in due paralizzandone la potenza, ossessionandoli con il desiderio di
riunirsi per ridiventare un solo essere. L’aspirazione al ricongiungimento di quello status primordiale,
secondo il filosofo greco era dato dall’impulso sessuale, e in questo modo gli umani non solo furono
divisi e s’indebolirono, ma cominciarono così una ricerca perenne della loro antica unità e della per-
duta forza; da questa divisione nasce il desiderio di ricreare l’unità primordiale, tanto che le parti non
fanno altro che stringersi, quasi fondersi l’una nell’altra durante l’amplesso.

«Dunque al desiderio e alla ricerca dell'intero si dà nome amore.»


(Platone, Simposio, 192e-193a, trad. it. Franco Ferrari).

Dal momento che i sessi erano tre, due sono ad oggi le tipologie di Amore: il rapporto omoses-
suale (se i due partner facevano parte in principio di un essere umano completamente maschile o
femminile), e il rapporto eterosessuale (se i due facevano parte di un essere Androgino). La parte
interessante del discorso di Aristofane si trova nel fatto che la relazione erotica fra due umani non è
messa in atto per giungere ad un fine, come ad esempio nella procreazione, ma ha valore per sé
stessa a prescindere dalle conseguenze.
Il Mito dell’Androgino, però, non è una prerogativa greca perché lo ritroviamo persino anche in
altre tradizione, come in India, l’Antico Egitto, presso i Fenici, in Persia e anche nella Bibbia. La
nascita del nostro Mondo, pertanto, coincide con la separazione di Adamo ed Eva (o se vogliamo di
Shiva e Shakti), in quanto la Dualità dell’Androgino scisso penetra così tutto l’Universo, e dove ogni
individuo porta l’impronta di questa polarità del principio maschile (o solare) e di quello femminile (o
lunare), le stesse polarità riscontrate in biologia dall’unione di due cellule germinali (lo spermatozoo
e l’ovulo).
L’Androgino è in realtà l’Uomo Cosmico che incarna in sé i due principi dell’Eterno Mascolino e
dell’Eterno Femminino, di egli si accenna anche nella Bibbia e se ne parla in modo più approfondito
96

nei commentari esoterici cabalistici: “Egli lo creò maschio e femmina” (Genesi, I, 27). Nel Mito biblico
il nome di Eva significa “la Vita”, “la Vivente”, “la Madre dei Viventi”, “Colei che dà la Vita” o “Colei
che è feconda”. Per la tradizione, la separazione della Donna-Vita dall’Androgino, era visto all’interno
del concetto di “Caduta” e che terminava con l’esclusione di Adamo dall’Albero della Vita, affinché
questi “non divenga uno di noi (un Dio)” e “non viva in perpetuo” (Genesi, III, 22); per questo motivo
gli Uomini nati prima della Caduta erano considerati i “Figli della Luce”, mentre quelli nati in seguito
divennero i “Figli Erranti”.

“E Dio li benedì e disse loro: - Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la Terra e soggiogatela."
(Genesi, I, 28).

Nella Caduta nacquero, sempre dalla coppia cosmica Adamo-Eva (o Shiva-Shakti), anche gli
Spiriti contagiati dallo squilibrio del peccato originale, influenzati dalla presenza spirituale demo-
niaca, e persino questi furono soggetti al processo evolutivo la cui meta è il ritorno allo stato andro-
ginico prospettato dalle scritture cristiane, quando Gesù afferma, "Nella risurrezione... tutti sono
come Angeli di Dio nel Cielo" (Matteo, XXII, 29), o nelle stesse parole di papa Giovanni Paolo I,
conosciuto anche come Papa Luciani (1912-1978), che dichiarò nel celebre Angelus del 10 settem-
bre 1978, “Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. È papà; più ancora è
madre”; morì dopo nemmeno 33 giorni di pontificato...
97

Appendice II

<<Proseguì nuovamente Maria, e disse a Gesù: - Di che genere sono le tenebre esteriori, o me-
glio quanti luoghi di punizione ci sono in esse? Gesù rispose e disse a Maria: - Le tenebre esteriori
sono un grande Drago con la coda in bocca, sono fuori del mondo e circondano tutto il mondo.
Dentro di esse, i luoghi di condanna sono molti: dodici sono le terribili camere di tormenti, in ogni
camera c’è un Arconte, e l’aspetto di ogni Arconte è diverso l’uno dall’altro.
Il primo Arconte, quello che si trova nella prima camera, ha l’aspetto di Coccodrillo con la coda in
bocca: dalle fauci del Drago viene fuori tutto il ghiaccio, tutta la polvere, tutto il freddo, tutte le infer-
mità; nel suo luogo è chiamato con il suo autentico nome, cioè «Enchthonin». L’Arconte che si trova
nella seconda camera ha l’aspetto di un Gatto, questo è il suo autentico aspetto; nel suo luogo è
chiamato «Charachar». L’Arconte che si trova nella terza camera ha l’aspetto di Cane, questo è il
suo autentico aspetto; nel suo luogo è chiamato «Archaroch». L’Arconte che si trova nella quarta
camera ha l’aspetto di Serpente, questo è il suo autentico aspetto; nel suo luogo è chiamato «Ar-
chrochar». L’Arconte che si trova nella quinta camera ha l’aspetto di Toro nero, questo è il suo
autentico aspetto; nel suo luogo è chiamato «Marchur». L’Arconte che si trova nella sesta camera
ha l’aspetto di Cinghiale, questo è il suo autentico aspetto; nel suo luogo è chiamato «Lamchamor».
L’Arconte della settima camera ha l’aspetto di un Orso, questo è il suo autentico aspetto; nel suo
luogo è chiamato con il suo autentico nome, «Luchar». L’Arconte dell’ottava camera ha l’aspetto
d’Avvoltoio, questo è il suo autentico aspetto; ed il suo nome, nel suo luogo, è «Laraoch». L’Arconte
della nona camera ha l’aspetto di Basilisco, questo è il suo autentico aspetto; il suo nome, nel suo
luogo, è «Archeoch». Nella decima camera vi è una quantità di Arconti, ognuno ha sette teste di
Drago, nel suo aspetto autentico; quello che è al di sopra di tutti, nel suo luogo è chiamato col suo
nome, «Zaramoch». Nell’undicesima camera si trova una quantità di Arconti, ognuno ha sette teste
con l’aspetto di Gatto, nel suo aspetto autentico: il grande, quello che è al di sopra di essi, nel suo
luogo è chiamato «Rochar». Nella dodicesima camera si trova una grande quantità di Arconti,
ognuno ha sette teste con l’aspetto di Cane, nel suo aspetto autentico; il grande, quello che è al di
sopra di essi, nel suo luogo è chiamato «Chremaor».
Ora, questi Arconti di queste dodici camere si trovano all’interno del Drago delle tenebre esteriori:
ognuno ha un nome a seconda delle ore, ognuno cambia d’aspetto a seconda delle ore; inoltre,
ognuna di queste dodici camere ha una porta che conduce verso l’alto. Sicché, il Drago delle tenebre
esteriori consta di dodici camere oscure, ed ogni camera ha una porta che conduce verso l’alto. Un
Angelo dall’alto vigila ogni porta delle camere: li ha posti Jeu, il Primo Uomo, il sorvegliante della
luce, l’inviato del primo comandamento, come custodi del Drago affinché sia lui, sia tutti gli Arconti,
che sono nelle sue camere, non si ribellino.>>59

Ipostasi degli Arconti o La Natura degli Arconti (III d.C.) è un trattato gnostico in lingua copta
interno ai codici di Nag Hammadi, si tratta di un’esegesi di Genesi 1-6 che espone la mitologia gno-
stica sulla creazione del Cosmo e dell’Umanità. Seppure l’inizio e la fine di questo testo siano gno-
stico-cristiani, il resto si presenta come una narrazione mitologica dell’origine e la natura degli Arconti
che popolano i Cieli tra la Terra e l’Ogdoade, e di come il destino umano sia influenzato. L’opera,
perciò, si presenta sotto forma di trattato in cui il Maestro affronta vari temi suggeriti dal dedicatario,
iniziando con un frammento di Cosmogonia e che conduce ad una rivelazione della vera storia degli
eventi della Creazione raccontati nella Genesi, rivelazione che riflette la sfiducia nei confronti di un
mondo materiale nei riguardi del Demiurgo che l’ha forgiata.
Il Demiurgo, come sappiamo, non potendo operare da solo fu costretto a circondarsi di fidati
scagnozzi e fu così che creò gli Arconti (dal greco Arkhonontos), figure che svolgono il ruolo di giudici
e controllori dello stesso mondo materiale. Nella dottrina gnostica il mondo materiale è diviso dalla
sfera divina (il Pleroma60), un luogo atemporale e adimensionale preesistente ad ogni cosa. Questa

59 “Pistis Sophia Svelato” di Samael Aun Weor.


60 Il termine Pleroma (greco πληρωμα) generalmente si riferisce alla totalità dei Poteri di Dio. Il termine
significa pienezza, e viene usato sia in contesti gnostici che in quelli cristiani (Colossesi 2,9).
98

divisione si originò da un “peccato iniziale” nel quale un’emanazione divina si frappose tra il mondo
materiale da essa generato e dove l’Uomo si trova ancora oggi imprigionato.
Nello gnosticismo iranico, nel quale il Dualismo raggiunse l’apice, si assiste persino ad uno scon-
tro eterno e dai contorni titanici tra due divinità, mentre in quello ellenico e giudaico, opposta alla
figura del Dio Occulto si erge quella del Dio Minore (il Demiurgo), che viene coadiuvato da una serie
di emanazioni da lui generate, gli Arconti. In questo enorme affresco cosmogonico, essi incarnano,
quindi, le potenze responsabili della creazione umana e del nostro Mondo, ma sono anche quelle
potenze che grazie al loro ricordo dell’Armonia e dell’Ordine del Pleroma, danno le regole al Cosmo
e al Tempo. La loro funzione, inoltre, non si limita solo a questo, ma sono anche gli artefici del
maggior ostacolo al ritorno dell’Uomo verso l’Assoluto, e la loro opera si esplica proprio nel soggio-
gare l’umanità con delle regole fittizie ed illusorie (il Sistema).
Nel testo di seguito riportato (Ipostasi degli Arconti o La Natura degli Arconti), trovato a Nag
Hammadi nel 1945, è possibile leggere una versione della Genesi, originaria in lingua copta, nella
quale viene esposta la Creazione del Cosmo e dell’Umanità, testo fondamentale per comprendere,
come in questo antico manoscritto, ci siano forti evidenze tra la sempre più facile equazione Ar-
conti=Alieni.

<<Nello Spirito del Padre della Verità, il grande Apostolo disse: - la nostra lotta non è contro
creature fatte di carne e di sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo
mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano le regioni celesti. - Vi invio questo scritto
affinché siate informati sulla realtà di queste Potenze.
Il loro grande Dio, reso cieco a causa della sua ignoranza e della sua arroganza, ha detto: - Io
sono l’unico Dio, non vi è nessun altro al di fuori di me. - Questa affermazione raggiunse l’Eone
Incorruttibile dal quale uscì una voce che disse: - Ti sbagli Samael, tu sei il dio dei ciechi! - I suoi
pensieri erano ciechi e, avendo lanciato la sua Potenza, la bestemmia aveva parlato. Egli ha imitato
sua Madre fin nel Caos e nell’Abisso, attraverso la Pistis Sophia, ed ha fondato la sua progenie,
ciascuno secondo il suo potere, avendo come modello gli Eoni che sono nella regione superiore,
perché le cose visibili erano copiate ed inventate dall’Invisibile.
Come l’Incorruttibilità guardò in basso nelle regioni delle acque, la sua immagine apparve nelle
acque e le autorità delle tenebre si innamorarono di lei, ma non poterono impadronirsi di tale imma-
gine, a causa della loro debolezza perché “quelli dell’Anima” (mpsychikos) non potevano impadro-
nirsi di “quelli dello Spirito” (mpneumatikos), perché erano al di sotto e l’immagine proveniva dall’alto.
Per questo motivo, l’Incorruttibilità, guardando verso il basso, avrebbe potuto congiungere la totalità
con la luce, secondo la volontà del Padre. Allora i Governanti (gli Arconti) cospirarono e dissero: -
venite, creiamo un essere umano con la polvere della terra - e modellarono la loro creatura come
uno fatto interamente di terra.
I Governanti presero un po’ di terra e modellarono la loro creatura secondo il loro corpo e secondo
l’immagine del Dio che era apparsa loro nelle acque. A causa della loro impotenza non capivano la
potenza del Dio: soffiarono sull’uomo, ma questo non poteva vivere a causa della loro impotenza e
rimase sulla Terra per molti giorni. Insistettero come venti impetuosi per far acquisire all’uomo l’im-
magine che era apparsa loro nelle acque, ma non conoscevano l’identità del suo potere. Ora, tutte
queste cose avvennero per volontà del Padre della Totalità. Successivamente lo Spirito vide l’uomo
che giaceva sulla Terra e scese dalla regione adamantina e venne ad abitare in lui che divenne
un’Anima vivente. Egli ebbe il nome Adamo da quando cominciò a muoversi sulla Terra ed una voce
venne dall’Incorruttibilità per dargli assistenza.
I Governanti [gli Arconti] radunarono tutti gli animali della Terra e tutti gli uccelli del cielo e li
portarono a Adamo per vedere che nome Adamo avrebbe dato loro, poiché egli aveva il potere di
dare il nome a tutti gli uccelli ed a tutti gli animali. Presero Adamo e lo posero in un Giardino che
avrebbe potuto coltivare e vegliarono su di lui. I Governanti dettero a Adamo questo comando: - Tu
puoi mangiare liberamente da ogni albero del Giardino, ma dall’Albero della Conoscenza del Bene
e del Male non puoi mangiare né toccare. Il giorno che mangiassi da esso, conoscerai la morte. -
Essi non capivano quello che gli avevano comandato. Hanno parlato in questo modo per la volontà
del Padre e consideravano Adamo come uno fatto solo di materia. I Governanti si consultarono uno
con l’altro e dissero: - venite, portiamo il sonno a Adamo - ed egli si addormentò, ma il sonno che
avevano portato su di lui era l’ignoranza.
99

Aprirono un suo lato e fecero sorgere una donna vivente e ricoprirono questo lato con un po’ di
carne e Adamo venne ad essere interamente di Anima (mpsychikos). E la donna spirituale venne
da lui e parlò con lui dicendo: - Alzati Adamo! - Lui, quando la vide disse: - Sei tu che mi hai dato la
vita e ti chiamerai Madre dei Viventi - perché è lei che è mia madre, è lei che è il medico e la donna,
è lei che ha partorito. - Poi i governanti si avvicinarono a loro e quando videro la donna parlare con
lui, furono presi da grande turbamento e si innamorarono di lei e si dissero l’un l’altro: - venite,
seminiamo il nostro seme in lei - e lei rideva per la loro insensatezza e la loro cecità. Nelle loro grinfie
divenne un albero e lasciò la sua ombra su di loro, che l’avevano contaminata vergognosamente. E
contaminarono anche la sua voce e si resero passibili di condanna da parte della loro creatura mo-
dellata secondo la loro forma e la loro immagine.
Poi venne un essere spirituale (mpsychikos), l’istruttore, il Serpente e disse loro: - Cosa vi è stato
comandato? Potete mangiare liberamente da ogni albero del Giardino, ma dall’Albero della Cono-
scenza del Bene e del Male non potete mangiare? - La donna carnale rispose: - non solo ci è stato
detto di non mangiare, ma anche di non toccare, perché, se lo facessimo, conosceremo la morte. -
Ed il Serpente, l’istruttore disse: - voi non morirete. Vi è stato detto questo per gelosia. Piuttosto i
vostri occhi si apriranno, diventerete come Dio e conoscerete il Bene ed il Male. - E l’istruttore fu
portato via dal Serpente e la donna rimase sola sulla Terra.
La donna carnale prese un frutto dall’Albero e lo mangiò e ne diede al marito ed a sé stessa ed
a “quelli dell’Anima” (ampsychikos) e la loro carenza si mostrò nella loro ignoranza e riconobbero di
essere nudi nello spirituale (apneumatikon) e presero foglie di fico e le legarono sui loro fianchi. Poi
il Grande Sovrano venne e disse: - Adamo, dove sei? - Non sapeva quello che era successo. E
l’uomo disse: - Ho udito la tua voce e ho avuto paura perché ero nudo, e mi sono nascosto. - Il
sovrano disse: - perché ti devi nascondere? Forse hai mangiato dal solo Albero da cui ti avevo
comandato di non mangiare? - Adamo disse: - La donna che mi hai dato lo ha dato a me ed io ne
ho mangiato. - E l’Arrogante maledisse la donna. La donna disse: - È stato il Serpente che mi ha
portato fuori strada ed io ho mangiato. - Non sapeva che il Serpente era la sua forma modellata.
Da quel giorno il Serpente cadde nella maledizione dell’Autorità, finché non fosse apparso l’es-
sere umano perfetto (pteleios nrome) e la maledizione sarebbe cessata. I Governanti presero Adamo
e lo gettarono fuori dal Giardino insieme a sua moglie ed anche loro caddero sotto la maledizione.
E gettarono tutta l’umanità in grandi distrazioni e grandi difficoltà, in modo che il genere umano fosse
occupato in cose terrene e non poteva dedicarsi allo Spirito Santo. […]>>

Arrivati a questo punto ci sembra superfluo commentare un testo antico così esplicito.

Вам также может понравиться