Вы находитесь на странице: 1из 769

Giulio Andreotti

Onorevole, stia zitto

Ebook Ita Calibre Collection


by Filuck
filuck.wix.com/pagineparlanti

0015
RIZZOLI
© Copyright 1987
Rcs Rizzoli Libri S'p'A'
Milano
Prima edizione: novembre 1987
Dodicesima edizione: dicembre 1988
La vita parlamentare italiana si
svolge, agli occhi del grande
pubblico, seguendo tutta una serie di
attività che - bisogna pur avere il
coraggio di ammetterlo - non
sembrano proprio fatte per
accendere la fantasia popolare:
lunghi e interminabili dibattiti,
mozioni di fiducia e di sfiducia,
dichiarazioni di voto, interrogazioni,
votazioni segrete o palesi, lavori di
commissione... Insomma, in poche
parole, tutto un lavoro che per
procedere e concretizzarsi ha
bisogno di chiacchiere che quasi
sempre non interessano i più (anche
se su queste chiacchiere, poi, si
costruiscono la democrazia e le
leggi). Giulio Andreotti, in questo
suo nuovo libro, intende farci
conoscere un aspetto particolare (e
più accattivante) della vita
parlamentare italiana (una "cronaca
minore", per usare le sue parole)
proponendoci le più curiose, le più
drammatiche, le più vivaci e, perché
no?, le più divertenti interruzioni
che ha "sentito da vicino" nel corso
della sua pluriennale esperienza sui
banchi di Montecitorio o che ha
rintracciato negli atti della Camera.
Ne è nato un libro originale e nuovo
- che è anche un prezioso documento
del costume politico e uno spaccato
della vita del Parlamento -, dove
campeggiano personaggi di prima
grandezza (Giovanni Giolitti, Alcide
De Gasperi, Palmiro Togliatti,
Pietro Nenni...) accanto a semplici
peones dotati di una battuta
fulminante; dove si rivivono gli
appassionati momenti in cui si
difendeva disperatamente la
democrazia (i coraggiosi interventi
di Giacomo Matteotti contro il
fascismo che ne provocarono
l'assassinio)e momenti di stanca in
cui un motto di spirito o un
improvviso battibecco o un
liberatorio scoppio di ilarità
riescono a scuotere l'assemblea.
"Cronaca minore" ha definito questa
sua nuova fatica Giulio Andreotti;
ma molto spesso per capire la Storia
è indispensabile conoscere anche la
cronaca (sia pure con l'iniziale
minuscola).
Dello stesso Autore:

Concerto a sei voci (Edizioni La Bussola,


1946)
Pranzo di magro per il Cardinale (Longanesi,
1954)
De Gasperi e il suo tempo (Mondadori, 1965)
La sciarada di Papa Mastai (Rizzoli, 1967)
Minibigami (Rizzoli, 1971)
Ore 13: il Ministro deve morire (Rizzoli,
1975)
A ogni morte di Papa (Rizzoli, 1980)
Diari 1976-1979 (Rizzoli, 1981)
Visti da vicino (Rizzoli, 1982)
Visti da vicino, Seconda serie (Rizzoli, 1983)
Visti da vicino, Terza serie (Rizzoli, 1985)
De Gasperi visto da vicino (Rizzoli, 1986).
Ha fondato e diretto la rivista "Concretezza"
edita dall'Editore Angelo Rizzoli.
I - Una cronaca minore
I rapporti con il palazzo di Montecitorio nella
mia piccola storia privata sono stati a lungo, pur
appartenendo al medesimo vecchio rione romano,
di antipatica incomunicabilità. Salvo uno
spettacolo di carrozze da fiaba per l'inaugurazione
della legislatura del 1924, che mandò in visibilio
noi ragazzini del Campo Marzio, l'edificio non era
per nulla amato, per motivi prevalentemente
extrapolitici. Un enorme fumaiolo stava infatti a
farci sapere da ottobre ad aprile che gli ospiti del
palazzo si tenevano bene al caldo, a differenza di
tutti noi delle case adiacenti; con l'aggravante che
un odioso pulviscolo si spargeva su finestre e
terrazze, obbligando spesso le massaie a riportare
al bucato la biancheria stesa ad asciugare. Ho
sentito più volte persino mia madre, per il resto di
una pazienza da santa, brontolare contro i
chiacchieroni (mi dispiace, ma in gergo popolare
si chiamavano così). Aggiungete l'ostilità
inculcatami dall'avvocato Giovanni Conti,
deputato repubblicano estromesso dai fascisti, che,
accompagnando alla scuola elementare suo figlio
Dante e me, definiva severamente gente cattiva gli
occupanti la Camera.
A colorire il quadro sopravvenne anche la
chiusura "politica" della grande gelateria della
piazza con i suoi divani di velluto rosso, come la
prima classe delle Ferrovie dello Stato. Seppi più
tardi che si sospettava che i parlamentari buttati
fuori dal fascismo vi continuassero a convenire, e
non solo per gustare le cassate e gli spumoni del
sor Domenico Guardabassi, che venne messo così
a terra. Suo figlio fu ridotto a lavorare a ore allo
sportello delle scommesse alle Capannelle.
L'estate però era tutto diverso. Il fumaiolo era
quieto (era allora sconosciuto anche negli uffici
più importanti il condizionamento refrigerante
dell'aria) e si avevano anzi lunghe settimane di
chiusura totale dell'onorevolissimo immobile.
Riprendevamo allora possesso della piazza per
interminabili partite a palla, che sostituivano
quelle invernali nel vicino vicolo Valdina, davanti
la trattoria della sora Emma dove prendevano i
pasti i giocatori scapoli della Roma.
Avrei giudicato folle e comunque l'avrei
pregato di irridere su qualche altro chi mi avesse
detto che un giorno sarei entrato anche io tra i
chiacchieroni (pregai mia madre nei trenta anni
che sopravvisse alla mia medaglietta di non
chiamarli più così; e almeno in mia presenza si
astenne). E, quando la Camera prese possesso e
restaurò il vecchio immobile dell'Archivio di
Stato in vicolo Valdina, pensai con una punta di
vergogna ai molti vetri che i miei compagni di
gioco e io stesso avevamo infranto provocando
fuoruscita di nugoli di polvere e non di rado anche
di minacciosi topi, disturbati nella distruzione
delle tonnellate di pubblico fascicolame.
Di tanto in tanto veniva fuori da Montecitorio
una figura molto solenne e massiccia,
indirizzandosi lentamente a piedi verso il vicino
ristorante Alfredo in via della Scrofa. Il ritorno
era ancor più cadenzato e mi colpiva l'uso
metodico di uno stuzzicadenti in guisa di sigaretto.
Era il residente Costanzo Ciano.
Roma era liberata da poche ore quando si
insediò a Montecitorio un ufficio provvisorio di
presidenza, con alla testa Vittorio Emanuele
Orlando assistito da due ex: il democristiano
Giuseppe Micheli, il socialista Giuseppe Romita.
Era stato un colpo maestro dell'avvocato
Ubaldo Cosentino, timidamente contestato da
qualche onorevole più legalitario di altri e da
alcuni funzionari colpiti da una epurazione
condotta a trattativa privata.
Micheli era un personaggio singolare. Aveva
rappresentato prima della bufera la montagna
parmense dove esercitava con grande successo il
notariato. Sembra che una sua relazione sui
disastri del terremoto di Messina fosse stata un
classico nella letteratura parlamentare. Quando lo
conobbi io, era con le gomme a terra per un figlio
disperso in Russia, ma - dovendo alimentare un
edificio umano da centoventi e più chili - due
volte al giorno consumava insieme al poeta
Trilussa pasti luculliani. Una volta fui suo ospite a
Napoli durante il congresso dc e alla fine di un
pranzo abbondantissimo si ordinò candidamente
una zuppa di pesce, guardandomi con
commiserazione perché non lo seguivo.
Non so se anche l'idea di una Consulta venne
da Cosentino "padre" (per non confonderlo con il
figlio Francesco che ebbe in seguito la stessa
carica di segretario generale), tutto desideroso di
rianimare il palazzo e non soddisfatto della
frequentazione dei superstiti, che nel
Transatlantico si raccontavano a vicenda storie
spesso romanzate sul loro passato personale. La
Consulta (settembre 1945-giugno 1946) ebbe il
compito di preparare l'Assemblea Costituente, ma
si articolò - tra commissioni e aula - secondo il
modello di una Camera elettiva, mentre eravamo
tutti nominati dal Governo secondo un dosaggio
accorto tra anziani parlamentari dalla fedina
politica pulita, rappresentanti designati dai partiti
ed espressioni di categorie economiche,
combattentistiche, e così via. Seppi da De Gasperi
che in Consiglio vi erano stati battibecchi per
l'ammissione di alcuni grandi nomi, a causa di
certi peccatucci... telegrafici. A Orlando, ad
esempio, si rimproverava un caldo dispaccio
inviato a Mussolini per protestare contro le
sanzioni irrogate da Ginevra all'Italia per
l'invasione dell'Abissinia. De Nicola era
addirittura antemarcia in fatto di telegrammi,
avendone spedito uno in occasione del congresso
del Partito fascista a Napoli che precedette di ore
il letale 28 ottobre del. Per di più Nené
Modigliani - di ritorno dall'esilio parigino - non
perdonava al nume di Torre del Greco di averlo
richiamato per aver gridato "Viva il Parlamento!"
quando Mussolini aveva offeso l'istituzione
pretendendo quasi un certificato di benemerenza
per non aver fatto dell'aula sorda e grigia un
bivacco dei suoi manipoli.
Io fui tra i dieci indicati dalla Democrazia
cristiana e varcai con doppia emozione il fatidico
portone in quel 25 settembre 1945, perché in virtù
dell'età giovanile ero stato chiamato a far da
segretario nella seduta inaugurale (in verità il
verbale lo redigevano gli uffici e il mio ruolo era
solo di facciata, accanto a un venerando signore
che presiedeva, l'onorevole Gregorio Agnini, già
deputato di Modena dal 1890).
Nella Commissione Pubblica Istruzione mi
trovai pomposamente a fianco di Piero
Calamandrei, la riverenza verso il quale diminuì
peraltro non poco quando lo sentii chiedere la
soppressione di tutte le facoltà di Scienze
politiche, fatta eccezione per quella di Firenze. A
parte questo neo, imparai subito ad apprezzare i
consultori che avevano qualcosa da dire e si
esprimevano con concisione e competenza. Certe
trombonate in aula mi urtavano profondamente,
alla pari della lettura dei lunghi e pedanti discorsi,
la cui paternità non era probabilmente quella
dell'oratore. Sono certo che se la dattilografa si
fosse divertita a inserirvi battute estranee qualcuno
dei consultori non se ne sarebbe neppure accorto.
Come avvenne in quegli anni all'ignaro giovanotto
che, rivestito d'urgenza di un frac, fu chiamato in
uno spettacolo romano a sostituire, se mal non
ricordo, il direttore d'orchestra Armando Fragna,
scioperante per inevase richieste di aumento
retributivo. I musicanti, spietati, inserivano nello
spartito alcune battute della Marcia reale e il
malcapitato non se ne avvedeva. Aveva solo
l'incarico di agitare la bacchetta, guardando con la
coda dell'occhio il primo violino.
Tornando a noi, cominciai a pensare a un
modo utile per valutare i colleghi, a parte i pareri
da loro espressi in commissione. E mi accorsi che
un metro efficace potevano essere le interruzioni e
le immediate repliche alle interruzioni. E da allora
nel mio diario annotai qualcuna di queste
interruzioni, che mi aveva colpito.
Questa è la genesi remota dell'attuale libro che
per personale analogia con una serie fortunata
avrei potuto anche intitolare Sentiti da vicino (con
una certa approssimazione perché nelle mie
ricerche esemplificative sono andato indietro nel
tempo estraendo dai volumi dei resoconti
stenografici qualche interruzione più
significativa).
Talvolta detti resoconti stenografici delle
Camere sono reticenti, cavandosela con un
laconico accenno a una interruzione dell'onorevole
Tizio o Caio. A parte la tradizioneorale si
potrebbero controllare i giornali per saperne di
più. Faccio due casi. Nel citato episodio
Modigliani-Mussolini si apprende ad esempio che
De Nicola disse (ma è scomparso dal verbale
ufficiale): "Onorevole Modigliani, lasci
parlare il presidente del
Consiglio". Di rara violenza politica, ma
orrendo sotto altro profilo, è invece quanto venne
fuori da un deputato emiliano, a commento della
prosa accorata di un collega su una pubblica
calamità: "Ma va' là, che l'unica cosa che ha
tremato è stato il letto di tua moglie". Non solo per
ragioni di tempo mi sono ben guardato dal seguire
piste del genere.
Lo studio sulle interruzioni, oltre a un fine
lievemente ricreativo, mira a far emergere il
carattere vero dei miei colleghi o predecessori,
dando inoltre un contributo forse non irrilevante
alla conoscenza della evoluzione (o involuzione)
dei gusti e dei costumi. Nella cronaca politica
anche all'esterno delle Camere, anzi ancor di più,
le interruzioni caratterizzarono un periodo del
secondo dopoguerra che mi sembrò
particolarmente felice (qualche volta troppo,
persino con code manesche). Ricordo ancora,
dopo tanti anni, qualcuno di miei comizi riuscito in
modo brillante perché mi era venuta prontamente
una replica incisiva a una frase gridata dal
pubblico. Un esempio? Nel 1948, a Ronciglione,
un grazioso centro del viterbese, all'omino che mi
aveva apostrofato con un "agrario" risposi: "Non
lo sono, ma lo prendo come un augurio". L'effetto
fu tale che mi arrivarono persino due proposte di
matrimonio (un po' tardive perché ero già sposato
con una figlia).
Debbo confessare che se sentivo gratitudine
per questi anonimi interruttori nello stesso tempo
avvertivo come fosse ingiusto che si desse più
peso a una battuta che non alla preparazione
attenta di un discorso, magari con specifiche
ricerche storiche e sociologiche sul luogo dove si
svolgeva il meeting elettorale. Ci sarebbe molto
da dire anche sullo stile dei discorsi. Io debbo al
periodo fucino un insegnamento diciamo così di
oratoria impartitoci dal cardinale Carlo Salotti, un
vero maestro nel dire: non leggere e impararsi
quasi a memoria la frase di inizio (per prender
coraggio) e quella finale (per non smarrirsi in un
labirinto senza uscita). Ma i comizi sono cosa ben
diversa dai discorsi universitari. Si trattava di
scegliere due stili, che del resto riecheggiavano
quelli contrapposti dell'oratoria forense: Giovanni
Porzio (tutta pirotecnica emotiva) e Francesco
Carnelutti (freddo appello alla ragione). Tra il
poetico Mario Cingolani con i suoi "garofani
bianchi dei nostri vent'anni per gettare un ponte tra
la terra e il cielo" e il ragionierizzante Pietro
Campilli che cifrava le esigenze di grano e gli
oneri per la ricostruzione delle strade, la mia
propensione andava per il genere secondo, sia
pure corretto alla maniera di De Gasperi, che su
un canovaccio brusco ed essenziale faceva
comparire improvvisamente uno squillo di
campane di San Giusto o un richiamo alla
straordinaria signora Francesca o alle figliuole.
Comunque qualche citazione - possibilmente
esatta, ma comunque enunciata con sicurezza - fa
sempre buon giuoco.
Radio e televisione hanno a loro volta
rivoluzionato i canoni della comunicativa. Chi non
tiene conto che l'uditorio è molto diverso da
quello di un comizio o di una conferenza rischia
incomprensione o peggio. L'ascoltatore è in un bar
chiassoso o è in casa sua distratto dai figli che
gnolano, dal latte che bolle, dal telefono che
squilla. Occorre quindi non solo un linguaggio
facilmente comprensibile dalla generalità dei
cittadini, ma l'uso di frasi molto brevi, pronunciate
possibilmente con umiltà tonale e trasparente
convinzione. Nonostante i progressi della scuola
d'obbligo, la recettività dei concetti non è molto
diffusa. Al presidente della Repubblica francese è
capitato di ricevere lettere di protesta per aver
sostenuto in un appello che gli investimenti
dovevano contrassegnare a ogni costo un lungo
periodo di costruzione economica nazionale. La
protesta veniva da utenti della strada per i quali
l'investimento è quello perpetrato dalla distratta
prepotenza degli automobilisti.
Va però riconosciuta al signor Mitterrand una
maestria televisiva eccezionale. Nel faccia a
faccia finale dell'ultima campagna presidenziale
batté clamorosamente il dotto antagonista Giscard
d'Estaing che, a parte la ben nota personale
erudizione, siera presentato davanti agli schermi
con tabelline statistiche, libri da cui trarre
citazioni, forse anche un regolo calcolatore nel
taschino. Nei suoi primi cinque minuti
assegnatigli, Valéry condensò una mirabile sintesi
di dati comparativi sullo sviluppo, sul reddito, sul
tasso di inflazione, evidenziando una posizione
privilegiata raggiunta dalla Francia. Mitterrand
replicò utilizzando soltanto un quinto dei trecento
secondi spettantigli, per dire: "Lei forse avrà
ragione, ma all'inizio della sua presidenza
avevamo settecentomila disoccupati eora sono il
doppio".
Giscard riprese la parola tessendo un
elaborato intervento sulla mancanza di materie
prime e di fonti energetiche che condiziona
fortemente un Paese come il suo; e dando
conseguentemente ai risultati positivi una valenza
molto superiore. Mitterrand rispose con prontezza:
"C'è uno Stato che non ha materie prime né fonti
energetiche, ma marcia splendidamente. É il
Giappone, perché ha un governo capace".
Fui molto impressionato da questa specifica
abilità dialettica del leader socialista e non credo
fantasioso attribuire a essa una parte del successo
nelle urne. Tra gli ascoltatori non so quanti
sapessero cosa fosse il tasso inflattivo o il
prodotto lordo; per tutti invece era comprensibile
il pur superficiale e un po' subdolo riferimento
alla disoccupazione e al... miracolo giapponese.
L'immediatezza nel replicare - e replicare con
successo - è quindi una dote di lavoro preziosa per
chi fa vita pubblica e si deve sottoporre, talvolta
anche a scadenze anticipate, all'esame degli
elettori, molti dei quali restano, come ho già detto,
impressionati più da una uscita indovinata che da
un lungo e positivo consuntivo del lavoro svolto.
Se sia giusto o meno, giudichi ognuno come crede.
Sieviti però di considerare saccentemente l'uso
dell'ironia nei dibattiti politici. Il Mahatma Gandhi
arrivò a sostenere che se non fosse stato dotato di
humour si sarebbe suicidato (certo non aveva la
stessa qualità chi gli impedì di morir di
vecchiaia). E negli atti della britannica Camera
dei Comuni i discorsi del celebre primo ministro
Disraeli sono punteggiati ogni tre righe da una
parentesi: "si ride"; tanto per rifarci a un gigante
morale e alla più classica e prestigiosa delle
assemblee parlamentari in un momento di
particolare interesse.
Citazione per citazione, valga anche quanto
affermò il 15 settembre 1980 il vivace deputato
radicale Roberto Cicciomessere: "Diceva
qualcuno che la mancanza di ironia e di senso
dello humour caratterizza le persone stupide in
generale".
Naturalmente parlo di spirito vero non di
pappagallesche banalità, che ho pertanto
completamente trascurato in questa ricostruzione
in chiave minore della esperienza dei miei... primi
cinquecentoquattro mesi a Montecitorio e nella
ricerca di validi precedenti.
Per rendere meno frivolo l'esercizio ho
ricomposto anche un selettivo massimario di
sentenze occasionalmente enunciate in aula dai
deputati sui temi più vari, con una prevalenza
voluta dei costituenti; e ho attinto a qualcuno dei
vecchi resoconti stenografici per fotografare dalle
interruzioni il clima generale del rispettivo
periodo.
Le pagine che si riferiscono a Giacomo
Matteotti rispondono, resoconti alla mano, al
quesito del perché la vittima sacrificale del
fascismo sia stato il deputato rodigino e non suoi
compagni di partito molto più noti e autorevoli.
Gli è che Filippo Turati, per accennare a uno di
questi che avrebbe poi affrontato con coraggio e
sacrificio la via dell'esilio, preferiva in quel
momento cruciale esprimere il suo sdegno verso
l'antico commilitone che aveva cambiato colore in
lettere alla Kuliscioff o restandosene
sdegnosamente a Milano. Matteotti, con uno
spietato e documentato martellamento quotidiano
alla Camera, aveva messo in grave imbarazzo il
pattuglione fascista suscitando il delittuoso
impulso a farlo tacere per sempre. Sono schede
poco conosciute e a me sembrano molto
significative.
Accanto alla "ricerca Matteotti" ho individuato
altri temi da evidenziare separatamente dal...
corpo centrale (a sua volta diviso in una raccolta
generale e in una Corte d'onore per undici
personaggi, di vario tipo di notorietà
parlamentare). Si tratta di serie realtà politiche,
come l'Europa comunitaria e le Regioni; ovvero di
curiosità sull'uso delle citazioni latine o su
manifestazioni superstiziose; e anche abuso nelle
"parolacce".
Più consistente è una articolata enucleazione di
espressioni a sfondo religioso, presenti al di fuori
di ogni specifica catalogazione politica.
Non potevo poi, per un eccesso diumiltà, non
trascrivere qualche passo che mi riguarda
personalmente... seguito da una appendice
selettiva dell'estate 1987.
Da tempo stavo pensando a un libro del
genere, ma la spinta a scriverlo mi è venuta
quest'anno dalla particolare vivacità di
composizione della X legislatura che -
generalizzata con forte esagerazione - ha
richiamato più che in passato l'attenzione della
gente sui massimi organismi istituzionali, non
proprio nei modi più esemplari. C'è chi ha cercato
di non drammatizzare osservando che la
proiezione rappresentativa è un fatto quasi
meccanico e quindi ogni area
sociologicaesprimerebbe la sua specificità, anche
di basso e discutibile conio.
Invece di addentrarmi in una disputa tanto
ardua, preferisco presentare la vita parlamentare
in tutte le sue sfaccettature attraverso, appunto,
questa chronica minor che affido al benigno
lettore. Se la formula sarà gradita, estrarrò dai
miei appunti le annotazioni relative al Senato,
ricercando anche con analogia a quanto fatto per la
Camera significativi precedenti cronistorici di
Palazzo Madama prima e dopo l'avvento della
Repubblica. Vorrà dire che tarderà un poco il
quinto volume dei Visti da vicino. Sempre vita e
salute permettendo.
I P.S.: La mia non è una elaborazione
scientifica, che oggi potrebbe agevolmente
compiersi con una macchina elettronica. Le
omissioni sono pertanto non poche, ma nessuno si
senta per questo metodo occasionalmente
sottovalutato.
II P.S.: Un aiuto prezioso di ricerca e di
verifiche mi è stato dato dalla dottoressa Paola
Berardi Aiassa della quale avevo potuto già
sperimentare, nei miei anni di presidenza del
gruppo democristiano alla Camera, l'intelligente
pazienza.
II - CORTE D'ONORE PER 11 PERSONAGGI

Giolitti più che senior


Alcuni statisti di un tempo affidavano la
propria notorietà per i secoli successivi, oltre che
ai solenni busti e ai monumenti, talvolta sontuosi e
ingombranti, a un nuovo tipo di sigaro. Giovanni
Giolitti - deus ex machina della politica italiana
fino alla bufera fascista - non si lasciò vincere da
questa vanità, pur avendo avuto significative
presenze nei dicasteri finanziari. E non credo che
si sarebbe sentito offeso se generazioni successive
di romani lo confondano con il titolare della
omonima latteria di via degli Uffici del Vicario,
dove ogni giorno vendono migliaia di squisiti
gelati. L'attrazione anche da parte dei deputati - il
palazzo di Montecitorio si trova a trenta metri di
distanza - è sempre risultata tale che Palmiro
Togliatti il 14 luglio 1948, per andare a gustare
una granita, lasciò di soppiatto la Camera e si
trovò a tiro dell'attentatore Pallante. Se fosse
rimasto in aula dove stavo parlando noiosamente
io sul rifornimento della carta ai giornali
quotidiani, si sarebbe risparmiato l'imboscata.
Ma non è esatto che il vecchio e vero Giolitti
non sia ricordato come tale. Quando nel
minaccioso calore delle polemiche sul Patto
Atlantico un corteo di contrari cercava di forzare
l'entrata del Parlamento preceduto da un drappello
di deputati comunisti, la celere fu costretta a
intervenire bloccando i primi marciatori. E quando
uno di essi cercò di mettere in difficoltà l'agente
dell'ordine dicendogli: "Io sono l'onorevole
Giolitti", l'altro - credendosi preso in giro -
rispose: "Sì, e io sono il generale Cadorna". E
sembra passasse a vie di fatto.
Del Giolitti senior sono ancora celebri a Roma
alcune massime. Per esempio che l'urgenza nelle
missive è riconosciuta da chi scrive ma non
impegna il destinatario. Era però un diligentissimo
capo di amministrazione cui nulla sfuggiva; anzi i
suoi nemici lo accusavano di manipolare le azioni
prefettizie sino a stabilire - e mi sembra assurdo -
quanti voti dovessero avere i suoi fedeli.
Leggerete qui sotto alcune eloquenti battute
proprio in materia elettorale, come quella in
replica a Eugenio Chiesa che lamentava il
connubio clero-prefetti nelleelezioni a Massa.
I suoi nervi, fermissimi - anche di questo segue
testimonianza pertinente -, non furono scossi dalla
occupazione delle fabbriche. Evitò atti di forza e
nell'immediato ebbe ragione. Ma si stava minando
- e gli sfuggiva - proprio quell'autorità dello Stato
di cui era la più emblematica espressione. Il
fascismo metteva radici e i politici tradizionali
credevano ancora che i giuochi fossero in
esclusiva tra di loro, ignorando la piovra e
dimostrando solo fastidio, peraltro reciproco, per
i raggruppamenti di massa, compreso quello nuovo
dei popolari sturziani.
Non lo volevano più? Bene: se ne andava a
passare le acque
lasciando in supplenza l'amico Luigi Facta, il
quale doveva avere così poco chiare le idee circa
i pericoli incombenti che pochi giorni prima della
marcia su Roma era in Piemonte a presiedere un
grande banchetto celebrativo di non so quale suo
giubileo politico.
Ma Mussolini - il trombato del 1919 - che
poteva mai illudersi di pretendere con il suo
pugnetto di deputati? E quando invece il predetto
Mussolini pretese e ottenne, si ironizzò sulla
"brevissima" avventura.
Una montagna di palline nere avrebbe potuto
rovesciarlo da un momento all'altro. Il ricatto
della piazza e le conseguenze della violenza
esterna sfuggivano - in un certo senso torna a loro
onore - a questi grandi galantuomini. Le
schermaglie sulla riforma elettorale dettero una
sensazione di ritorno al dialogo e una fugace
speranza di recupero della legge della
maggioranza. Ma non restò che l'esilio, per alcuni
all'estero e per altri - come Giolitti - in patria.
Le cronache ci dicono che Giolitti non era
amato da Vittorio Emanuele Iii, pur potendo
parlare con lui in piemontese. Sembra che il re
fosse invidioso della sua popolarità parlamentare
e non gli avesse mai perdonato la contrarietà al
Patto di Londra e all'entrata in guerra segretamente
negoziata. Il romagnolo, in fondo, era per lui
migliore, anche se convertito al repubblicanesimo.
Al momento giusto lo avrebbe liquidato. Ma il
momento giusto tardò vent'anni.

21-3-1891

Giovanni Giolitti: Il ricco che commette


dei delitti, deve pagarne le conseguenze.
Una voce a destra: Le paga!
Giovanni Giolitti: No, non rimborsa le
spese di giustizia penale. Io pregherei, dunque,
il ministro di Grazia e giustizia a colmare
codesta lacuna.
Luigi Ferraris, ministro di Grazia e
giustizia: Lo farò! Lo farò!

16-3-1892

Giovanni Giolitti: Si può ormai dire che la


bisca di Monte Carlo è un luogo d'onesto
ritrovo in paragone di molte delle nostre
Borse. (Bravo!)
Matteo Imbriani: E le Società anonime.
(Rumori.)
Presidente: Non interrompa.
Giovanni Giolitti: E gli agenti di cambio, i
quali sono depositari della fede pubblica, e
maneggiano valori di milioni nell'interesse dei
privati, di Opere pie, d'amministrazioni d'ogni
genere, quale garanzia presentano secondo la
nostra legislazione? Come garanzia morale,
basta essere sfuggiti al Codice penale; le
garanzie materiali sono una cauzione fra le 500
e le 5000 lire. É necessario in modo assoluto,
se si vuole avere un solido ordinamento delle
nostre Borse, di stabilire delle fortissime
cauzioni per coloro che esercitano il delicato
ufficio di depositari della fede pubblica.

25/26-5-1892

Giovanni Giolitti, Presidente del


Consiglio: Ora io domando: se facessimo
anche questa riduzione di 30 milioni che
equivarrebbe a distruggere l'esercito (Eh! eh!,
rumori vivi) e a porre a repentaglio la nostra
indipendenza, potremmo forse dire di aver
raggiunto un risultato economico di grande
importanza? Si parlò dell'opinione pubblica
circa l'esercito. Ma io credo che intorno
all'opinione pubblica circa l'esercito vi siano
grandi illusioni.
Matteo Imbriani: Chiedo di parlare.
Giovanni Giolitti: Si ingannano coloro i
quali credono che l'Italia si adatterebbe a
essere un Paese umiliato. (Scoppio di vivi
rumori a destra e centro.)
Francesco Salaris: É rettorica!
Voci a destra: Ma che umiliato!
Giovanni Giolitti: Io ricordo la corrente
d'indignazione...
Matteo Imbriani: Questa è rettorica!
Vincenzo De Blasio: Alla Camera italiana
non si fanno questi discorsi!
Giovanni Giolitti: Se l'onorevole Imbriani
crede che le questioni di dignità nazionale
siano rettorica, io lo compiango. (Applausi.)
Matteo Imbriani: La conosco meglio di
voi, servitori dell'Austria! Parla la dignità!
Sono io che compiango lei!
Giovanni Giolitti: Passo a un altro
argomento...
Matteo Imbriani (alzandosi dal posto): Ce
ne andiamo di qua! (Agitazione.)
Ippolito Niccolini (volto all'estrema
sinistra): Che decoro per la Camera italiana!
Vergogna! (Diverbio fra gli onorevoli
Imbriani, Pais, Giampietro, Miceli, Muratori;
vivi rumori.)

3-2-1893

Presidente: Ha facoltà di parlare


l'onorevole presidente del Consiglio.
Giovanni Giolitti, presidente del
Consiglio: Non sono uso ad adoperare parole
gravi; ma io dichiaro che, se i metodi di
discussione adottati dall'onorevole Prinetti,
potessero prevalere in quest'aula, non si
troverebbe più un galantuomo che volesse
rimanere a questo posto. (Bravo! Benissimo!
Applausi vivissimi a sinistra e al centro. L'on
Prinetti in mezzo ai rumori vivissimi della
Camera e alle grida: Basta! basta! pronunzia
all'indirizzo del presidente del Consiglio delle
parole di protesta, che non sono intese dagli
stenografi.)
Giulio Prinetti: É lei, che ha inaugurato il
sistema!
Voci: Basta! basta!
Presidente: Facciano silenzio; non si può
dire basta! Bisogna rispettare le minoranze,
come ho detto sempre. ( Bravo! a destra.)
Bisogna usare tolleranza!
Enrico Ungaro: Ma le minoranze devono
rispettare la Camera!
Presidente: Vuol fare il presidente lei,
onorevole Ungaro? (Si ride.) L'onorevole
Prinetti ha facoltà di parlare.
Giulio Prinetti: Non sono da oggi soltanto
nella Camera; vi sono da dieci anni; sono stato
qualche volta anche nella maggioranza e non
ho mai avuto questioni di questo genere se non
quando c'è stato o ministro o presidente del
Consiglio l'onorevole Giolitti. (Rumori.) E io
dichiaro che è lei che inaugura questo sistema
quando un deputato, che parla, per la prima
volta nella Camera, lo chiama nato ieri...
Voci: Eh! Eh! (Rumori.)

6-6-1893

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: L'onorevole Colajanni, parlando di
punti secondari, ha ricordato un passo della
relazione dell'onorevole Panizza, nel quale si
parla della Consulta araldica, e ha accennato
alle somme che si versano nelle casse del
Ministero, a scopo di beneficenza, da coloro
che vogliono titoli nobiliari, e ha anche
accennato, nientemeno, che questo somme
possono servire per spese elettorali. Senta,
onorevole Colajanni, con quelle somme che
arrivano al Governo, esso non può far niente.
In tutto il tempo in cui sono al Ministero, sono
arrivate appena 5 mila lire, l'ho già detto
un'altra volta e rimpiango...
Napoleone Colajanni: La relazione dice
somme considerevoli.
Giovanni Giolitti: Per un povero diavolo
cui si regalassero, 5 mila lire certamente sono
una somma considerevole, ma è certo che in
senso assoluto si tratta di somme scarse;
purtroppo anche la vanità umana ribassa di
prezzo. (Ilarità.)

26-5, 1-6-1909

Ubaldo Comandini: Le darò io gli


elementi; paragoneremo gli asili del Sud, che
sono sotto la vigilanza del Ministero, e quelli
del Nord, che non sono sotto alcuna
vigilanza...
Giovanni Giolitti, presidente del
Consiglio: E io le mostrerò che nel Nord, per
esempio nel mio paese, vi sono asili che
procedono benissimo.
Ubaldo Comandini: Nel suo paese, si
capisce.
Giovanni Giolitti: Non ho alcun merito di
sorta; sono un consigliere comunale
negligentissimo.

26-5, 1-6-1909

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: Del resto io sono tollerantissimo e
non me ne sono mai rammaricato, perché un
telegramma che contenga insolenze fa torto a
chi lo spedisce e non a me! (Bene.)
Angiolo Cabrini: Tanto più che chi lo
spedisce spende una lira.

26/30-5, 1-6-1909

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: Una diminuzione molto sensibile vi
è stata soprattutto nei casi di morte per
malattie infettive; e qui realmente la
diminuzione è indizio di grande progresso
nella pubblica igiene.
Angelo Celli: Tranne pel vaiuolo, per le
altre non si è fatto niente!
Giovanni Giolitti: É un fatto che sono
diminuite.
Angelo Celli: RIngrazi il Padre Eterno, se
ci crede!
Giovanni Giolitti: RIngraziamo il Padre
Eterno, se vuole (si ride); ma sono diminuite.

9-3-1912

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: L'onorevole Celli, uscendo dal
campo medico ed entrando in quello
finanziario, mi suggerisce due mezzi per
trovare ciò che occorre a questa spesa. Uno è
quello di fare il farmacista di Stato...
Angelo Celli: Pei poveri!
Giovanni Giolitti: Ma sono quelli che
pagheranno molto. (Si ride.) É un problema
non facile a risolvere. Ella ricorda (poiché è
parte viva in questa faccenda) le difficoltà che
si sono dovute superare pel chinino di Stato.
Angelo Celli: Superate!
Giovanni Giolitti: Superate; ma con quali
fatiche? Ora mi faccia l'olio di ricino di Stato,
e dica quali difficoltà s'incontreranno. (viva
ilarità.)

11 e 14-2-1913

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: L'articolo della legge le autorizza.
Essa dice: "Chiunque venda o distribuisca o
faccia vendere o distribuire rimedi e medicine
composti o specialità...".
Filippo Turati: Pastiglie Foster!
Giovanni Giolitti: Io non ne ho mai
assaggiata alcuna di nessun genere. Non posso
dire quindi di parlare per fatto personale.

16, 18 e 19-12-1913

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: Quando mi presentai alla Camera
alla fine del 1903, mi fu richiesto che cosa
pensassi del divorzio: e io risposi:
personalmente sono favorevole, vediamo se è
favorevole la Camera. Facemmo la prova. Si
domandò che il disegno di legge fosseiscritto
nell'ordine del giorno; io votai perché vi fosse
messo, ma la grande maggioranza della
Camera non ne volle sapere. (Ilarità,
commenti.)
Voci all'estrema sinistra: Facciamo la
riprova!
Giovanni Giolitti: Dopo le elezioni
generali del 1904 l'onorevole Berenini, mi
pare, mi domandò di nuovo che cosa pensassi
del divorzio; e io risposi: constato che neppure
uno di quelli che seggono all'estrema sinistra
lo ha portato nel suo programma. (Vive
approvazioni, applausi a destra e al centro,
interruzioni all'estrema sinistra.) Era proprio
così.
Guido Marangoni: Noi siamo fautori del
libero amore. (Interruzioni, rumori.)
Giovanni Giolitti: La mia opinione è che si
tratta di una di quelle questioni che non si
possono risolvere se non quando l'opinione
pubblica sia a esse favorevole; credo che la
questione ha fatto molti passi e che ne farà
altri; ma non sono persuaso che in questo
momento la maggioranza degli italiani la
desideri... (Approvazioni a destra e al centro,
interruzioni all'estrema sinistra.)
Genunzio Bentini: Le dia una spinta lei! (Si
ride.)

24-6, 9 e 15-7-1920

Giovanni Giolitti, Presidente del


Consiglio: La gravità delle questioni della
finanza è stata esposta dal mio collega il
ministro del Tesoro. Quando si prevede un
disavanzo di 14 miliardi, credo che non ci sia
provvedimento che non debba essere adottato
per arrivare a colmare la massima parte.
Voci all'estrema sinistra: I beni della
Corona!
Giovanni Giolitti: Sono centesimi! Si è
parlato delle spese dell'esercito. Noi siamo
decisi a procedere alla smobilitazione il più
rapidamente possibile ed a trasformare...
Voce all'estrema sinistra: Bella frase!
Giovanni Giolitti: Che cosa vuol che le
dica?!... perché di fronte a una situazione quale
è quella che è stata constatata dal ministro del
Tesoro, non basta certamente mettere imposte,
bisogna ridurre le spese, anche quelle militari.
Voce all'estrema sinistra: Sciogliete la
guardia regia!
Giovanni Giolitti: Ma allora sostituirei
altre guardie sotto un'altra forma, non fosse
altro che per garantire la vostra sicurezza!
(Applausi vivissimi al centro e a destra,
rumori a sinistra.) Onorevole Barberis, il
giorno in cui ella sarà al Governo, costituirà
una guardia rossa più numerosa della guardia
regia. (Applausi.)

22-12-1920

Fabrizio Maffi: Ella, onorevole presidente


del Consiglio, sa che quando i fascisti
ritornano dalle loro delittuose imprese,
portando la rivoltella in tasca e portando con
sé bombe, e ritornano sui camion della
Pubblica sicurezza, essi non vengono
perquisiti, né arrestati. (Movimenti
dell'onorevole presidente del Consiglio.) In
una parola: il Governo è complice del
fascismo. (Interruzioni vivaci, rumori.)
Giovanni Giolitti, presidente del Consiglio
(con forza): Ma non è vero! Ella sa che questo
è falso! Ella sa di dire una cosa falsa!
(Vivissimi applausi.)
Fabrizio Maffi: Io contesto al presidente
del Consiglio il diritto di lanciarmi una frase
così ingiuriosa. (Rumori, interruzioni.) Io
debbo e posso ribatterla. (Interruzioni
vivacissime.)
Giovanni Giolitti: Io sono solito adoperare
parole convenienti. Se ella ritira l'asserzione
che io sono complice del fascismo, io ritiro le
mie parole di smentita.
Fabrizio Maffi (interrompendo): Non
equivochiamo. (Rumori.) Ho detto che il
Governo è complice del fascismo. (Rumori
prolungati, commenti.) Ella invece ha parlato a
me come individuo.
Giovanni Giolitti: Anch'io come individuo
ho diritto di essere rispettato.
Fabrizio Maffi: L'onorevole Giolitti,
equivocando sulle due cose, uomo ed ente
Governo, ha cercato un diversivo a una frase
infelice e offensiva (Rumori, interruzioni.)

17-1-1921

Giovanni Giolitti, presidente del Consiglio:


Nel 1904 vi fu un movimento di sciopero che io
pure giudicai non buono. Vi fu il primo sciopero
generale di carattere politico. Ricordo
perfettamente che allora telegrafai ai prefetti:
questo movimento non ha ragione di essere, non
muove da alcun grande interesse, non muove da
nessun sentimento profondo nella massa popolare,
quindi non vi preoccupate; durerà pochi giorni. E
realmente, durò pochi giorni, e scomparve.
Paolo Treves: E alcuni dei leader di quello
sciopero divennero ministri!
Giovanni Giolitti: Questa sua osservazione,
onorevole Trevis, dimostra che avevo ragione di
non preoccuparmi. (Approvazioni.)

Ciccio Nitti: Semper Idem


Non so se era stato così anche prima
dell'esilio (che si sforzò sempre di credere fosse
al termine e durò invece a lungo, con un periodo
anche di dura prigionia nazista), ma al ritorno
emerse di lui innanzi tutto l'attitudine a colpire gli
avversari con l'arma più del sarcasmo che
dell'ironia. Il suo bersaglio preferito era il
ministro Sforza, di cui contestava la contea,
dicendo che era stato un rimedio per non far
ricopiare un lungo decreto reale di diplomatici nel
quale il dottor Carlo Sforza era stato indicato
come conte.
Mi trovai anche io una volta sotto il suo tiro
quando (sottosegretario di De Gasperi) difendevo
in Senato la legge istitutiva dell'ordine al Merito
della Repubblica. Nitti parlò
contro, dicendo che le onorificenze sono un
mezzo di corruzione, che la Repubblica doveva
abbandonare gli orpelli della monarchia, ecc. ecc.
Con una telefonata alla Cancelleria della
vecchia Corona d'Italia mi documentai e nella
replica potei affermare che non sono negative le
onorificenze ma vanno conferite con obiettività e
giudizio. "Chi potrebbe ad esempio dire che
l'onorevole Nitti, nei suoi 352 giorni di guida del
Governo intese corrompere le migliaia di cittadini
e di stranieri cui fece conferire le distinzioni
cavalleresche?"
Nitti non disse parola, ma uscendo mi batté la
mano sulla spalla, dandomi bonariamente
l'onorificenza di "carognetta". Prese però proprio
da allora a benvolermi e mi commosse, pochi
giorni prima della sua morte, inviandomi un saluto
affettuoso per il tramite della mia piccola figlia,
incontrata al Pincio.

27-6-1905
Francesco Saverio Nitti: É notevole il
fatto che in uno stesso Paese una stessa
limitata zona di terra dia il direttore generale
della Sanità, il capodivisione del servizio
zoojatrico (laureato in agraria!), due medici
provinciali, altri sanitari, tutta una fioritura
sanitaria nel collegio del deputato
Santoliquido.
Felice Santini: Ma Gianturco è avvocato e
avvocato illustre.
Francesco Saverio Nitti: Gianturco è un
mio caro amico, a cui sono lieto di rendere
omaggio; ma non ha avuto agli occhi dei suoi
elettori tanti pregi quanti ne ebbe questo uomo
nuovo, che sei mesi prima non era riuscito
nemmeno a entrare in ballottaggio.
(Interruzioni. Bene!)

8-5-1907

Francesco Saverio Nitti: In Inghilterra i


più grandi pensatori come Darwin, Spencer,
Lublock sono stati privati studiosi e non
professori... Da noi la libera docenza si
concede con estrema facilità come un titolo
cavalleresco. E ciò che è peggio ancora si
cerca di creare nuove cattedre; si è giunti a
proporre una cattedra di ordinario con questo
titolo: ematologia, cioè studio del sangue. (Si
ride.) Ho pensato con raccapriccio all'uomo
che, come Macbeth, dovrà essere perseguitato
dal sangue... Vi sono facoltà come quelle di
Lettere e Filosofia di Roma che hanno
ecceduto oltre ogni limite di convenienza,
montando tutte le epigrafi, tutte le letterature
comparate, non so con quanta utilità della
scienza e degli studi.
Felice Santini: Sono quasi tutti deputati.
Francesco Saverio Nitti: Non mi pare che
il torto sia dei deputati! Del resto in altri tempi
(il fatto non è per fortuna recente) si è
conferita una libera docenza in analisi delle
urine e un'altra in filosofia hegeliana. Vi è
anche una libera docenza in sfragistica. Voi
sapete tutti che cosa sia la sfragistica?
Voci: No, no.
Francesco Saverio Nitti: É la scienza dei
suggelli. (Ilarità.)

8-5-1907

Francesco Saverio Nitti: Io desidero che


gli elefanti della Minerva (e ve n'è uno avanti
al ministero)...
Luigi Rava, ministro della Pubblica
Istruzione: Ma volta la schiena!

11-5-1907

Francesco Saverio Nitti: L'aritmetica non è


un'opinione. Forse non fu vera la tortura di
Galileo.

2-7-1907

Francesco Saverio Nitti: Da quando c'è la


legge sulla municipalizzazione non si
municipalizza più.
Felice Santini: E si è battuti nelle elezioni,
come a Roma.
Gaetano Rummo: Ah ecco, ha ragione.
Felice Santini: Ma non mi dà alcuna
amarezza.
Francesco Saverio Nitti: L'onorevole
Santini non si dorrà che io gli dia lode.
Felice Santini: Da lei la lode e il biasimo
mi sono cari egualmente.
Francesco Saverio Nitti: La ringrazio.
Felice Santini: Io reclamo la priorità della
protezione delle signorine.
Francesco Saverio Nitti: Argomento grato
al cuore dell'onorevole Turati. Ma mentre il
numero delle signorine per ogni 1100 abitanti
rimane a due e in qualche paese scende al di
sotto, a Venezia siamo arrivati a 3,7, cioè a
quattro signorine.
Felice Santini: Siamo arrivati a questo.
Che prima non mangiavano e adesso mangiano.
Francesco Saverio Nitti: Ma il numero è
esuberante! Ed è un piccolo saggio: cosa
accadrà con lo Stato?
Carlo Schanzer, ministro delle Poste e
telegrafi: Io ho fatto il riscontro per la mia
personale convinzione e quindi ho creduto di
presentarlo alle Camere.
Francesco Saverio Nitti: La sua
convinzione, onorevole ministro, è stata
sollicitée doucement.
Carlo Schanzer: No, no.
Francesco Saverio Nitti: L'onorevole
Turati sa quale ammirazione io abbia per lui.
Egli è uno dei più lucidi intelletti del
Parlamento. Io sono stato abituato per tanti
anni ad ammirarlo.
Felice Santini: É un po' una società di
mutuo incensamento. (Si ride.)

13-12-1907

Francesco Saverio Nitti: Ho imparato dai


libri di astronomia che vi sono astri tanto
lontani dalla terra che se da essi, in ipotesi,
fosse possibile vedere la terra, nonostante che
la luce viaggia con una velocità così estrema,
si vedrebbe ora, per esempio, il passaggio
degli ebrei nel mar Rosso. E vi sono astri più
vicini dai quali si potrebbero vedere cose
accadute quaranta anni fa.
Felice Santini: Il mar Rosso in Campidoglio.

26-5-1910

Francesco Saverio Nitti: L'onorevole


Luzzatti parlò un giorno della mia bonomia
arsenicale e applicò pochi giorni dopo la
stessa definizione all'onorevole Carmine
Luzzatti con maggiore dolcezza. (Ilarità.)

9-3-1911

Francesco Saverio Nitti: Cristoforo


Colombo credeva di trovare la via delle Indie
e scoprì l'America.
Luigi Luzzatti: Ma la scoperse! (Ilarità.)
Francesco Saverio Nitti: Ma per sapiente
caso.
9-3-1911

Francesco Saverio Nitti: Se dicessi: gli operai


di Milano sono frodati alla luce del sole...
Filippo Turati: Se fosse vero la
ringrazierei.
Francesco Saverio Nitti: Eppure è vero. I
telefoni andavano male e li abbiamo statizzati;
non vanno tanto meglio. Adesso le locande per
gli emigrati presentano alcuni inconvenienti; il
rimedio è pronto: le statizziamo.
Voci: E andranno peggio.
Francesco Saverio Nitti: La verità è che
noi amiamo tutti l'onorevole Luzzatti, ma lo
amiamo platonicamente. Come Platone amava
Omero che voleva riempire di fiori e portar
fuori dalla sua repubblica, così molti di noi
pensano, se non ora in più propizio evento, di
coronare di fiori l'onorevole Luzzatti e
mandarlo fuori.
Luigi Luzzatti: Una volta o l'altra la corona
me la farete.
Francesco Saverio Nitti: Come a Giulio
Cesare il Senato la darà forse a lei la Camera.
Di tutti gli onori, dice Svetonio, che il Senato
decretò a Giulio Cesare uno solo lo commosse
profondamente, quello che gli dava il diritto di
portare tutto il giorno la corona di lauro sul
capo; forse perché - aggiunge Svetonio - era
calvo. Ora, onorevole Luzzatti, nella comune
letizia decretiamo la corona di lauro che copra
tutta la calvizie e aspettiamo che maturino gli
eventi.

26-3-1912

Francesco Saverio Nitti, ministro


dell'Agricoltura: L'onorevole senatore Roux
dice: Che cosa sarà delle società attuali? É
come nella Carmen: c'è la garde montante e la
garde descendante. Verrà un'ora in cui le
società attuali, senza rancori, lasceranno il
territorio e opererà soltanto l'Istituto nazionale
delle assicurazioni.
20-6-1912

Francesco Saverio Nitti, ministro


dell'Agricoltura: Non si può ammettere che i
giovani escano da unistituto superiore di
cultura letteraria senza sapere chi sia
Shakespeare, senza aver letto nulla di Goethe.
Ma nelle scuole commerciali deve essere dato
non l'insegnamento della letteratura, bensì
quello della lingua. Esse debbono dare
l'insegnamento pratico della lingua e non
indagare in quale anno fu scritto il Paradiso
perduto di Milton.

28-3-1920

Francesco Saverio Nitti, presidente del


Consiglio: La divisione del latifondo viene
affermata come una cosa da nulla; pare che si
tratti diuna correzione di bozze di stampa. Non
va un periodo? Si sostituisce con un altro. La
minore difficoltà sembra fare una legge in
materia: quale sicurezza e quale convinzione!
Sono duemila anni che la questione è
controversa. Si può citare, senza far gridare i
colleghi, Publio Virgilio Marone? (Ilarità.)
Giuseppe Emanuele Modigliani: SPieghi ai
colleghi che non era un prefetto! (Viva ilarità,
commenti.)
Francesco Saverio Nitti: Certo non era un
nemico personale e nemmeno un ignoto.
Quando Virgilio venne a Roma, ed era già
poeta di una certa notorietà, venne per trattare
una questione agraria e familiare. Proprio
allora erano finite le grandi guerre di Augusto
e vi era da risolvere il problema di dare la
terra a quelli che tornavano dalla guerra.
(Commenti.)
Nino Mazzoni: Opera dei combattenti!
(Ilarità, interruzioni.)Francesco Saverio Nitti:
Proprio così! Il problema, dunque, anche
allora era di dare la terra a i contadini e,
soprattutto, di agevolarne il passaggio a essi.
Virgilio, che era mantovano come l'onorevole
Bonomi e l'onorevole Mortara, che aveva
avuto la disavventura di vedere suo padre,
vecchio agricoltore, messo fuori del fondo che
si voleva dividere appunto a quello scopo
(commenti); e venne dal primo ministro
Mecenate, egli, poeta, che aveva già scritto le
Bucoliche, per chiedergli aiuto e benevolenza
per la sua famiglia (commenti). E Mecenate lo
aiutò e trattò con lui il problema della terra e
lo incoraggiò non solo a studiare la questione
di oggi, ma a scrivere quel poema sull'arte
agraria, le Georgiche, nel quale proprio tutti
questi grandi problemi di aumentare la
produzione sono esaminati.

19-4-1947

Francesco Saverio Nitti: Un criminale può


essere grande. Tolstoj ci ha descritto con
vivaci colori la violenza terribile del grande
Czar. Io vidi a Parigi...
Una voce a sinistra: Chi? Pietro il Grande?
Francesco Saverio Nitti: Ignorate forse che
Pietro il Grande è morto già da secoli. Vidi
dunque lo storico esaltatore di Pietro il Grande
e mi intrattenni con lui a parlare non solo della
violenza e della crudeltà di Pietro, ma anche
del suo genio creativo e della sua immensa
opera per preparare e costruire la Russia
moderna.

Vittorio Emanuele Orlando: le


costituzioni della "Rinascente"
Poco meno di un secolo di storia italiana si
rifletteva nell'esperienza di Vittorio Emanuele
Orlando (classe 1860) che, riprendendo la vita
pubblica interrotta dalla dittatura, avrebbe dovuto
presiedere il primo Governo postfascista nel
luglio 1943, se non avessero prevalso le
pasticciate tendenze ostili alla politicizzazione ed
equivoche circa l'atteggiamento da assumere verso
la Germania. Il vecchio presidente era stato
officiato al riguardo e aveva persino aiutato a
redigere lo storico comunicato delle dimissioni -
in verità mai avvenute - di Mussolini, nel quale le
parole: "La guerra continua" dovevano avere solo
un ruolo di depistaggio per avere il tempo di
prendere i necessari contatti con gli anglo-
americani. Non so se Orlando avrebbe fatto
meglio di Badoglio, ma certamente era previsto
che presiedesse un Ministero se non con
espressione dei partiti, con un legame effettivo con
il popolo, tale da impedire il famoso vuoto che
portò al disastroso 8 settembre e alla temporanea
restaurazione mussoliniana.
Né Orlando riuscì a tornare alla presidenza del
Governo più tardi, quando Enrico De Nicola
giuocò letteralmente a rimpiattino con lui e con
Nitti, condizionando per ambedue l'incarico alla
collaborazione dell'altro che sicuramente avrebbe
rifiutato. Ho descritto altrove un dialogo al
capezzale di Orlando - politicamente ammalatosi -
tra lo stesso con Nitti e Benedetto Croce, nel corso
del quale volarono parole da far arrossire il
portuale più rissaiolo.
Con il fascino di presidente di Vittorio Veneto,
il prestigio di insigne costituzionale, la fama di
avvocato principe, una capacità oratoria
straordinaria, Orlando era qualcuno
indipendentemente dalle cariche ricoperte. E
anche se assunse nel dibattito sul Trattato di pace
un atteggiamento nazionalistico di critica che colpì
duramente De Gasperi, i rapporti tra i due
restarono sempre buoni. Per De Gasperi Orlando
rappresentava l'Italia redenta del 1918 e il vincolo
creatosi allora era incancellabile.
Nello studio di casa Orlando faceva bella
mostra un ritratto del presidente, opera del grande
Boldini, per cui aveva posato nello studio
parigino. In verità il quadro gli arrivò - lo appresi
anni dopo dalla vedova del pittore - come abile
dono di Mussolini, che l'aveva ricevuto in
omaggio insieme ad altre opere da destinare a
gallerie e musei. Perché abile? In quanto era un
omaggio al presidente e nello stesso si evitava
l'esposizione pubblica della sua immagine, che
poteva suscitare ricordi e nostalgie.
Morì a 92 anni e De Gasperi fece approvare
una legge per dargli sepoltura d'onore in Santa
Maria degli Angeli accanto agli artefici militari
della vittoria nella prima guerra mondiale.
2-7-1910

Vittorio Emanuele Orlando: L'educazione


paterna, secondo me, sfugge a ogni sindacato
coercitivo, e deve sfuggirvi. Io sono
perfettamente padrone di fare di un mio figlio
un sacrestano o un petroliere; in questo la
collettività non c'entra affatto, come...
(mormorii all'estrema sinistra) come la
collettività non è entrata nella produzione dei
miei figli. (Commenti animati e prolungati.)
Guido Podrecca: Padrone allora anche di
non istruirlo!
Vittorio Emanuele Orlando: No, io parlo
nel senso etico e politico; e a questo mi
riferisco e dico che, per questo riguardo,
l'autorità paterna,onorevole Podrecca, non è
sindacabile, ed è insindacabile perché è
incoercibile. Ma vuole mandare un ispettore in
ciascuna casa per
sentire quali discorsi tenga il padre?
(Interruzioni del deputato Podrecca, rumori a
destra e al centro.)
3-7-1917

Vittorio Emanuele Orlando, ministro


dell'Interno: É evidente che il ministro debba
essere assistito dalla sua burocrazia. Io non ho
preconcetti contro la burocrazia. Nei giorni
felici, in cui potrò riprendere le mie funzioni
pacifiche, spirituali, di conferenziere, mi
riprometto di fare l'elogio della burocrazia.
(Commenti.)
Guido Marangoni: Sarà la prima volta che
sarete fischiato!... (Si ride.)
Vittorio Emanuele Orlando: Inviterò anche
lei, e confido di persuaderla.
Guido Marangoni: Fischierò per il primo!
Aurelio Drago: L'onorevole Marangoni vuol
attuare il collettivismo senza burocrazia!...

16-1-1925

Benito Mussolini, presidente del


Consiglio: Mettete sui piatti della bilancia il
pro e il contro. Mettete tutte le violenze che si
consumano contro i fascisti. Mettete anche i
dodici morti fascisti assassinati in soli due
mesi! (Approvazioni, applausi.)
Dario Lupi: Quelli non contano!
Vittorio Emanuele Orlando: Non dica
questo, onorevole Lupi, ella non è autorizzata
ad attribuirmi coteste ferocie. Io deploro quei
morti quanto voi e più di voi.
Una voce: E allora?
Vittorio Emanuele Orlando: E allora io
credo che rimanga la distinzione tra il fatto non
mai abbastanza deprecabile e censurabile
dell'atto individuale e settario che può essere
persino omicida, e quella che è azione
premeditata di una moltitudine organizzata in
partito mentre questo partito è al Governo.
Luigi Federzoni: Saprò rispondere anche a
lei. (Commenti.)
Vittorio Emanuele Orlando: Del resto,
onorevoli signori, lasciatemelo dire
amichevolmente, voi siete proprio curiosi. (Si
ride.)
16-1-1925

Vittorio Emanuele Orlando: Il primo era un


nobilissimo programma di normalizzazione.
Benito Mussolini, presidente del
Consiglio: Che gli avversari non hanno
raccolto!
Vittorio Emanuele Orlando: E che colpa ci
ho io, onorevole Mussolini? (Ilarità,
commenti.) Io ammiro l'onorevole Mussolini
più come parlamentare che come dittatore! É
un gusto come un altro. (Si ride.)
Benito Mussolini: Ho due facce come
Giano!
Vittorio Emanuele Orlando: Ma come? Voi
enunciate qui un programma nella vostra alta
responsabilità di rappresentante di un grande
Paese - milioni di italiani -, voi questo
programma lo annunziate evidentemente perché
lo credete buono, perché lo credete giusto,
perché lo credete necessario alle fortune del
vostro Paese, e voi questo programma
sospendete - mi limito a dire questo -
sospendete per ritorsione...
Benito Mussolini: No!
Vittorio Emanuele Orlando: ...auna offesa,
sia pure la più atroce e sia pure la più
ingiustificata?
Benito Mussolini: Lei dimentica il terzo
elemento della contesa: la Nazione!
(Applausi.)
Vittorio Emanuele Orlando: La Nazione io
la dimenticavo tanto poco che credevo di
parlare per essa, sia pure modestamente.
(Interruzioni.)
Benito Mussolini: Tutti parliamo per essa!
Vittorio Emanuele Orlando: Come volete
che questo Paese possa lavorare...
Voci: Lavora! Lavora!
Vittorio Emanuele Orlando: ...che questo
Paese possa vivere di una vita civile, se vi
piace, che vale più ancora del lavoro...
(interruzioni) - certo vale più del lavoro -
oscillando fra una libertà pazza e una autorità
inferocita? (Commenti, interruzioni.)
10-3-1947

Vittorio Emanuele Orlando: Che si mettano


d'accordo De Gasperi, Togliatti e Nenni; in tal
caso essi sono padroni di fare quello che
vogliono. Non è facile, ma può essere... Non
solo Pompeo, ma anche Crasso che era il
finanziatore morì ammazzato. (Si ride.) E
quindi si generò la dittatura.

30-7-1947

Vittorio Emanuele Orlando: Vi prego, vi


scongiuro, onorevoli colleghi, al di là e al di
sopra di qualunque sentimento di parte - quale
stolto potrebbe attribuirmelo? - non mettete i
vostri partiti, non mettete voi stessi di fronte a
così paurosa responsabilità. Questi sono voti
di cui si risponde dinanzi alle generazioni
future; si risponde nei secoli di queste
abiezioni fatte per cupidigia di servilità.
(Vivissimi applausi a sinistra e a destra,
proteste vivaci al centro e al banco del
Governo, rumori vivissimi, scambio di epiteti
fra sinistra e centro, ripetuti richiami del
presidente, nuovi prolungati applausi a sinistra
e a destra, proteste e rumori vivissimi al
centro, scambio di apostrofi tra il centro e le
sinistre, viva agitazione.)
Presidente: Prego i colleghi di prendere
posto ai loro banchi.
Voci al centro: Deve ritirare! Deve
ritirare!
Presidente: Onorevoli colleghi! SUppongo
che non sia possibile chiarire nulla finché loro
non vorranno tacere. Onorevole Coccia, lei
ritiene con il suo chiasso di aiutare a chiarire
la situazione?
Vittorio Emanuele Orlando: Onorevoli
colleghi, io non avevo alcuna intenzione...
(Prolungati rumori al centro.) Queste sono le
ultime parole che pronunzierò qui dentro!
Presidente: Attenda un attimo, onorevole
Orlando: la prego. Onorevoli colleghi, basta!
Ogni manifestazione, anche se di giusta
reazione, perde il suo valore quando cessa di
stare nei limiti di un certo ordine. Permettano
dunque all'onorevole Orlando di riprendere la
parola e allora, da ciò che egli dirà a
chiarimento di quanto ha detto prima, risulterà
il valore del suo pensiero e, se sarà quello che
si è ritenuto che fosse, qualcuno potrà
replicare all'oratore. Onorevole Orlando, la
prego di parlare e di tenere presente che,
forse, sta spirando quel limite al quale ella
stessa accennava un'ora e tre quarti fa.
Vittorio Emanuele Orlando: Mi dispiace di
dover dare spiegazioni, e
le do solo per rispetto a lei! (Vivi applausi
a sinistra, commenti
vivaci e proteste al centro.)
FIlippo Guerrieri: RIcordatevi che avete
davanti l'uomo di Vittorio Veneto! (Applausi,
rumori al centro.)
Luigi Filippo Benedettini: É il presidente
della Vittoria! (Applausi a sinistra e a destra,
rumori al centro.)
Presidente: Onorevole Orlando, mi
perdoni, io le sono grato della deferenza
particolare che mi vuole dimostrare, ma sarei
lieto che le sue parole fossero non soltanto
udite da tutta l'Assemblea, ma fossero dirette a
tutta l'Assemblea. La prego di parlare.
Vittorio Emanuele Orlando: Io, rispettando
il presidente, rispetto l'Assemblea! (Commenti
al centro.) La parola "servilità" qualifica l'atto,
e non le persone. Io stesso, proprio in questo
mio discorso, ho detto di me di aver compiuto
un atto di umiliazione, che credetti necessario,
nell'interesse del Paese. L'atto in sé è servile,
ma poiché non vi risponde l'intenzione di
compierlo come tale, nessuno può restare
offeso. Ma, ad ogni modo, poiché, come vi
dicevo, ritengo che sia l'ultimo discorso che io
pronunzierò in quest'Aula...
Voci: No. No!
Vittorio Emanuele Orlando: ...io voglio
che, come è sempre accaduto nella mia lunga
vita parlamentare, il mio appello sia per la
concordia o, almeno, contro l'esasperazione
dei contrasti inevitabili e riunisca l'animo di
tutti. E dico ai colleghi di tutte le parti
dell'Assemblea: convenite con me,
obiettivamente, indipendentemente da ogni
giudizio politico, indipendentemente da ogni
preferenza verso questa o quella linea di
condotta, convenite con me, tutti, che questo
Trattato di pace è una solenne ingiustizia?
Voci da molti banchi: Sì!
Vittorio Emanuele Orlando: E allora non
ho null'altro da aggiungere. (Vivissimi
prolungati applausi a sinistra e a destra, molte
congratulazioni, commenti al centro.)
Presidente. Ha facoltà di parlare
l'onorevole presidente del Consiglio dei
ministri. (Applausi al centro, rumori a
sinistra.)
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Onorevole Orlando, il rispetto,
l'ammirazione che io ho sempre nutrito per lei,
la devozione che le ho sempre dimostrato, mi
permettono di dire una parola franca anche in
questo momento molto agitato. Io sono stato
colpito nel profondo dell'anima dalle ultime
frasi, che dovevano essere un giudizio, mentre
ella dichiarava che la proposta di ratifica era
un'abiezione fatta per mancanza di coraggio e
per cupidigia di servilità. No! onorevole
Orlando: si tratta di concezione diversa degli
interessi del Paese in questo momento. Domani
mi riservo di dimostrare tutte le ragioni e lo
farò senza offendere nessuno. (Approvazione
al centro.) Però le devo dire che sono
profondamente offeso e con me sono offesi tutti
coloro che hanno affrontato il nemico non
soltanto come combattenti sui campi di
battaglia, ma hanno affrontato il fascismo con
coraggio, soffrendo giorno per giorno.
(Vivissimi applausi al centro, rumori e
commenti a sinistra e a destra.) Ho anche la
coscienza e la consapevolezza, nei momenti
tristi, nei consessi internazionali, d'aver
rappresentato degnamente, fieramente il mio
Paese. (Interruzioni a sinistra, vivissimi
applausi al centro, scambio di apostrofi fra
sinistra e il centro.) Questo è stato constatato
da tutti, da molti giornali, anche avversi.
Una voce a sinistra: Avete i fascisti nel
Governo! (Rumori al
centro.)
Una voce a destra: Li avete voi i fascisti!
mettete fuori i vostri fascisti, prima di parlare!
(Proteste a sinistra.)
Alcide De Gasperi. A coloro che ci
chiedono un rinvio in nome dell'unità
nazionale, si può dire, però, che la premessa
indispensabile per qualsiasi... (rumori e
interruzioni a sinistra, ripetute interruzioni del
deputato Farini, richiami del presidente) la
premessa... (Rumori a sinistra.)
Presidente: Desidero sapere se devo
sospendere la seduta.
Carlo Farini: Sì! sì!
Presidente: Onorevole Farini, mi pare che
lei, nel suo entusiasmo, non si renda conto di
quello che significa la sospensione della
seduta. (Interruzione del deputato Farini.)
Onorevole Farini, non mi costringa ad
applicare il regolamento nei suoi confronti!
(Commenti.) Posso comprendere tutti gli
impeti di passione, ma non forme di vana
petulanza. Capisco perfettamente tutto, ma non
le grida che non hanno alcuna giustificazione,
da qualunque parte vengano. E prego
specialmente i colleghi più autorevoli, che in
certi momenti mi pare adoperino la loro
autorevolezza a suscitare maggiore tumulto, di
ricordarsi che io mi attendo da loro un
contributo a questa mia opera di dirigere i
lavori dell'Assemblea. (Approvazioni.)
Continui, onorevole presidente del Consiglio.
Alcide De Gasperi: Onorevole Orlando,
avrei aspettato dalla sua lealtà che ella avesse
dichiarato che le parole "cupidigia di
servilità" non si riferivano a coloro che
propongono in buona fede e con retta
coscienza di ratificare il Trattato. Avrei
preferito che lo avesse dichiarato.
Vittorio Emanuele Orlando: L'ho detto.
Alcide De Gasperi: Se questa è la sua
dichiarazione, io sono lieto di accettarla,
quantunque il linguaggio altrimenti doveva
essere interpretato. Tuttavia sono lieto di
accettarla per questo: perché la situazione è
molto difficile, la tensione degli animi è grave,
senza dubbio; ma quello che non si può negare
all'avversario è il coraggio, e molto meno si
può negare a chi come me e il Governo
sostiene in questa difficile situazione una
posizione che esige maggior coraggio civile di
qualsiasi rinvio e la sostiene perché crede di
doverla sostenere nell'interesse del Paese,
della pace e della collaborazione
internazionale! (Vivissimi, prolungati applausi
al centro, commenti.)

23-10-1947

Vittorio Emanuele Orlando: RIpugna a voi


stesso passare alcune notti a scrivere delle
Costituzioni su svariati modelli e poi metterle in
pubblico come vestiti confezionati dalla
"Rinascente". Le Costituzioni si creano con il
costume, con la lenta evoluzione, con successivi
adattamenti a bisogni nuovi, non per atti di una
volontà, capace, libera. Non c'è bisogno di
ricorrere ai cinesi antichissimi ricordati
dall'onorevole Codacci Pisanelli. Tutta la storia
delle Costituzioni dimostra che sono i popoli nella
loro storicità che le formano e il costume che le
consacra.

Di Vittorio lo zappatore
Il suo aspetto non era quello di un dandy: né
teneva a correggere la linea rude, che anzi
accentuava nelle uscite pubbliche. Unito
all'avversione che un sindacalista nato produce nei
ceti padronali e negli strumenti che li
riecheggiano; e sommato alla comprensibile
emozione per certi fatti di violenza avvenuti nella
sua Cerignola affollata allora da disperati
braccianti, ne derivava un cliché di antipatico,
prepotente, minaccioso.
Visto da vicino Giuseppe Di Vittorio era
completamente diverso dalla sua immagine
circolante. Intanto, a differenza di Togliatti che
usciva frettolosamente dall'Aula e non si fermava
a scambiar quattro chiacchiere neppure con i suoi
compagni (unica eccezione era con il giornalista
Emilio Frattarelli), Di Vittorio conversava
volentieri anche con gli avversari, sostava al bar
dei Passi perduti con i giornalisti, cercava il
dialogo e il colloquio, convinto che la bontà delle
sue tesi avrebbe suscitato il consenso.
Si dedicava, poi, con scrupolo alla
preparazione dei dibattiti, anche quelli lontani dai
suoi interesse confederali più pertinenti. E fu
proprio in occasione di mozioni sulla
cinematografia italiana che ci conoscemmo e in
qualche modo ci stimammo reciprocamente. Guido
Berardelli, allora segretario sindacale comunista
dei lavoratori dello spettacolo lo aveva
indottrinato a puntino; e fece un discorso
documentato, serio, con proposte concretissime. A
nome del Governo replicai dandogli punto per
punto soddisfazione dialettica (anche se senza
immediate conseguenze operative).
Nelle discussioni sul pubblico impiego solo
Renato Cappugi (Cisl) si dimostrava più
competente. Ma Di Vittorio sfoderava una capacità
straordinaria di persuasione, ripiegando su
richieste subordinate che fin dall'inizio
costituivano invece segretamente la sua
"principale". Così riusciva a strappare da Vanoni
e da Pella molto di più di quello che era il tetto
governativo di partenza.
Nel giorno drammatico dell'attentato a
Togliatti si trovava in America per una riunione
dei sindacati internazionali. Al telefono dette
istruzioni rigorose per non coinvolgere i lavoratori
in una reazione avventurosa e inviò Renato Bitossi
al Viminale ad assicurare il Governo. Rientrato a
Roma, a De Gasperi che lo ringraziava, spiegò che
il suo atteggiamento da pompiere era suscitato da
un timore che aveva sempre presente: quello di
cadere nelle provocazioni degli avversari della
democrazia.
Non lo sentii mai vantarsi delle sue
benemerenze di condannato e di esule. Altri lo
faceva a piè sospinto, forse esagerando anche il
patimento subìto. Era invece uno dei pochi a
continuare a parlare a nome del proletariato, come
nei primi tempi della sua milizia politica e della
sua vita di giovane parlamentare prefascista.

11-6-1923

Giuseppe Di Vittorio: É umanamente


impossibile che il lavoro dello zappatore
possa durare otto ore al giorno.
Giuseppe De Capitani, ministro
dell'Agricoltura: Il lavoro dello vanga è più
pesante di quello della zappa.
Giuseppe Di Vittorio: Onorevole ministro,
non so dove lei abbia letto una cosa simile.
Giuseppe De Capitani: Non l'ho letto, l'ho
visto nei fondi; io sono un pratico, e non un
teorico.
Giuseppe Di Vittorio: Lor signori sono
certamente più scienziati di me in tale
questione.
Giuseppe De Capitani: Agricoltori, non
scienziati.
Giuseppe Di Vittorio: Io non ho la pretesa
di aver studiato questi problemi quanto il
ministro dell'Agricoltura e i suoi colleghi...
Giuseppe De Capitani: Lo studio non
basta.
Giuseppe Di Vittorio: Ma io, onorevole
ministro, sono un contadino che ho lavorato
con la zappa e con la vanga e nessuno, credo,
può dire meglio di me quale dei due strumenti
richieda uno sforzo maggiore. E vi è un altro
fatto che conferma la mia affermazione: io
affermo che il lavoro con la zappa richiede
uno sforzo notevolmente superiore a quello
della vanga, e affermo ancora che il
rendimento del lavoratore è proporzionato allo
sforzo fisico rispettivamente richiesto dall'uno
e dall'altro strumento: contrariamente non si
potrebbe spiegare perché nel Mezzogiorno
d'Italia è ancora in uso la zappa che produce
questo fenomeno...
Giuseppe De Capitani: Dipende dalla
natura del terreno.
Giuseppe Di Vittorio: Io so che ella
recentemente è stato in Puglia.
Arturo Velia: In treno!
Giuseppe De Capitani: Non in treno.
Giuseppe Di Vittorio: Ebbene io non so se
ella in Puglia si sia peritato di visitare i
dormitori dei contadini e i contadini sul campo
di lavoro.
Giuseppe De Capitani: I contadini sì.

23-1-1946

Giuseppe Di Vittorio: É falso, avvocato


Sansoni, che siano morte mille vacche in una
provincia qualsiasi del nostro Paese per
abbandono di lavoro.
Attilio Sansoni. Lo confermo!
Giuseppe Di Vittorio: Credo che lei debba
sentire l'obbligo morale di fornire qui, alla
Consulta, al Governo, all'opinione pubblica la
prova della sua affermazione. (Rumori,
commenti.) Sin da ora io affermo che la sua
affermazione è completamente falsa. Attilio
Sansoni: Io la confermo!... E chiedo di parlare
per fatto personale. Mi si accusa di aver detto
il falso e mi si invita a portare oggi qui le
prove. Domando come possa fare a portare
oggi le prove della uccisione di mille
bergamine nella provincia di Brescia.
Voci: É falso.
Attilio Sansoni: La prova la do facendo il
nome della località, nella quale è accaduto il
fatto, in occasione dello sciopero dei salariati
di Brescia, organizzato dalla Confederazione
generale del lavoro, al quale sciopero si sono
opposti i proprietari del luogo. (Interruzioni,
rumori.)
Una voce: Una volta tanto, i proprietari
avrebbero potuto governare per un giorno le
vacche. Avrebbero potuto lavorare!
Attilio Sansoni: Affermo, contro quello che
oggi qui si è detto, che ai proprietari è stato
impedito l'accesso alle stalle per mungere le
vacche. É proprio il contrario di quello che
afferma l'onorevole Di Vittorio. E poiché io
affermo il fatto, invito la presidenza della
Consulta ad accertare se il fatto sia o non sia
vero.
Giuseppe Di Vittorio: Ma lei le munge le
vacche? (Commenti.)
Presidente: Basta! Il fatto personale è
esaurito!
Attilio Sansoni: Ha lasciato parlare gli
altri; lasci parlare pure me. (Commenti.)

8-6-1948

Giuseppe Di Vittorio: Ma il presidente del


Consiglio ha insistito sull'emigrazione. Si è
detto: poiché in Italia non abbiamo la
possibilità di assorbire tutta la
disoccupazione, bisogna battere la strada
dell'emigrazione. Ma anche l'emigrazione è
vista in senso unilaterale; e io temo che i
membri del Governo finiranno per essere
anchilosati, finiranno cioè per vedere da un
solo lato: il lato destro.
Amintore Fanfani: A sinistra: volgiamo a
sinistra. (Commenti.)
Giulio Pastore: Verso la Russia!
Giuseppe Di Vittorio: Volesse il Cielo!
Verso la Russia dove, signori, da vent'anni non
v'è più disoccupazione e non ve ne sarà mai
più (applausi all'estrema sinistra, commenti al
centro) perché in Russia le ricchezze del Paese
non sono più beni di pochi privilegiati, ma
sono ricchezze di tutto il popolo!
Una voce al centro: Lavori forzati! Li
mandano in Siberia i disoccupati!
Giuseppe Di Vittorio: Ai lavori forzati
furono inviati i vagabondi che non volevano
piegarsi al dovere di lavorare.
Una voce all'estrema sinistra: E voi siete
stati fascisti per vent'anni.
Giulio Pastore: Di Vittorio, ci siamo capiti
male; ho inteso dire: "L'emigrazione apriamola
verso la Russia". (Applausi al centro,
commenti all'estrema sinistra.)

10-3-1949

Fiorentino Sulla: Ma c'è il blocco degli


affitti.
Giuseppe Di Vittorio: Ma l'affitto,
onorevoli colleghi, non è una cosa decisiva nel
bilancio familiare. (Commenti al centro.) É un
elemento, ma non incide quanto
l'alimentazione, il vestiario e le calzature!

16-3-1949

Giuseppe Di Vittorio: Vorrei dire


all'onorevole Cappi che egli ha anche nel suo
aspetto esteriore una chiara impronta di onesto
uomo, di bravo padre di famiglia.
Una voce al centro. Ma è scapolo! (Viva
ilarità.)
Giuseppe Di Vittorio: Questa
considerazione non ha alcuna importanza.

24-11-1949

Pasquale Marconi: De Gasperi, Scelba,


Pacciardi, la riforma agraria, il Patto Atlantico
sono cose secondarie, che vengono dopo:
quello che ci divide è questo concetto
fondamentale di tutta quanta l'esistenza. Voi
avete della vita individuale e sociale una
concezione chimica: ecco perché siete infelici!
Giuseppe Di Vittorio: Ma non siamo
affatto infelici!
Pasquale Marconi: Gli acidi e i sali si
combinano, avviene un'azione e una reazione:
dialettica della vita, e l'amore non c'entra; voi
concepite tutto così. É qui la grande
differenza...

2-4-1950

Giuseppe Di Vittorio: Adesso, man mano


che si reazionarissa... (Commenti.)
Fiorenzo Cimenti: Un verbo nuovo.

6-8-1951

Eugenio Spiazzi: Sono venti anni che in


Russia scioperano.
Giuseppe Di Vittorio: Onorevoli colleghi,
noi il diritto di sciopero lo difenderemo; e vi
prego di considerare che questa è una cosa
sulla quale, sostanzialmente, siamo d'accordo
anche con l'onorevole Pastore.
Giulio Pastore: Vorrei che ella fosse
d'accordo con me nel denunziare la dittatura
russa come qualcosa che vieta lo sciopero!
Verrà il giorno in cui il proletariato russo
guiderà la nazione.
Giorgio Amendola: In Russia non vi è un
disoccupato e non vi sono padroni!
Giulio Pastore: Vada in Russia a fare
questi discorsi, onorevole Di Vittorio!
(Proteste all'estrema sinistra.)
Giuseppe Di Vittorio: Insomma, in
Russia...
Giulio Pastore: ...ci sono i campi di
concentramento.
Giuseppe Di Vittorio: Onorevole Pastore,
ella sa che insulti e improperi si possono
lanciare con relativa facilità da parte di tutti. É
un fatto, però, che in Russia, piaccia o non
piaccia, i padroni non esistono più.
Una voce dal centro. Ce n'è uno solo.
Giuseppe Di Vittorio: Quindi, i lavoratori
dovrebbero scioperare contro se stessi.
(Interruzione del deputato Pastore, proteste
all'estrema sinistra, commenti al centro e a
destra.)
Brunetto Bucciarelli Ducci: Questo sì che
è un argomento persuasivo!

28-9-1951

Leopoldo Rubinacci, ministro del Lavoro:


L'Italia non potrà mai avere da sola un esercito
in grado di difenderla; è sul terreno della
solidarietà con altri Paesi che è possibile una
difesa italiana.
Giuseppe Di Vittorio: Per una strana
falsificazione del vocabolario adesso si
chiamano "liberi" tutti i Paesi schiavi
dell'America, anzi dei miliardari americani.
(Applausi all'estrema sinistra.)
Leopoldo Rubinacci: Libero è ogni Paese
nel quale sia possibile all'opposizione parlare
in Parlamento.
31-1-1952

Giuseppe Di Vittorio: Quando si giuoca,


bisogna stare onestamente al giuoco.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Io non giuoco mai. (Commenti
all'estrema sinistra.)
Giuseppe Di Vittorio: Signor presidente
del Consiglio, parlo di giuoco in senso
figurato. Nemmeno io giuoco mai, e non mi
intendo di giuoco.

22-7-1954

Giuseppe Di Vittorio: I sindacati si sono


sviluppati in Italia e nel mondo attraverso una
lotta vigorosa, energica contro i padroni e
contro una politica governativa di protezione
al padronato in difesa degli interessi dei
lavoratori. É questo che fa sviluppare i
sindacati.
Vito Scalia: Di sindacati protetti dal
Governo nel mondo ce n'è uno solo, ed è
quello russo. (Proteste a sinistra.)
Giuseppe Di Vittorio: Io non so che
mestiere faccia l'onorevole Scalia, ma di
queste cose non capisce assolutamente niente.

17-11-1954

Renato Cappugi: É un'altra cosa. Qui


stiamo discutendo di una legge di delega. Noi
confermiamo anche il nostro convincimento:
gli ordini del giorno, per noi, sono un mezzo
idoneo a raggiungere lo scopo.
Giuseppe Di Vittorio: E se il Governo non
li accetta?
Renato Cappugi: Lo vedremo dopo.
Giulio Pastore: In ogni caso resta chiaro
che il permesso a voi non lo chiediamo.
Facciamo autonomamente ciò che vogliamo,
come siamo abituati a fare. É finito il tempo in
cui dettavate legge. Legge non la dettate più
neppure in campo sindacale. (Commenti al
centro, prolungati rumori a sinistra.)
Giulio Andreotti: Sta di fatto, però, che noi
abbiamo visto affacciare oggi una proposta, di
cui del resto si era parlato in commissione, nel
senso di rendere impegnativi in alcuni ordini
del giorno certi princìpi che il Governo deve
poi trasformare nei provvedimenti delegati.
Non rispettando un voto del Parlamento, il
Governo darebbe un esempio di poca
correttezza, o di scorrettezza. Ma noi vogliamo
rifiutarci di credere che una tale ipotesi possa
essere messa in atto.
Giuseppe Di Vittorio: Dovrebbe essere
così, ma abbiamo numerosi esempi che
provano il contrario.
Giulio Andreotti: In materia di legge-
delega, però, credo che possa esservi qualcosa
di più dell'impegno. Alla Assemblea
Costituente ricordo che tutti concordavano che
altra cosa è uno sciopero nel campo
dell'amministrazione dello Stato e in quello
dei pubblici servizi.
Giuseppe Di Vittorio: Non tutti.
Giulio Andreotti: Non vorrei ricordarle,
onorevole Di Vittorio, che anch'ella
concordava su questo.
Giuseppe Di Vittorio: Assolutamente no!
Giulio Andreotti: Me lo ricordo
perfettamente.
Giuseppe Di Vittorio: Ci sono gli atti
parlamentari.
Giulio Andreotti: Esattamente: li ho
consultati qualche tempo fa, in tempo utile per
ricordarmene. C'era un emendamento Clerici e
mio che voleva distinguere, già fin dalla
Costituzione, lo sciopero nelle pubbliche
amministrazioni dallo sciopero negli altri
campi di lavoro.
Giuseppe Di Vittorio: Che cosa avvenne
del suo emendamento?
Giulio Andreotti: Fu fatto ritirare. Però c'è
una sua dichiarazione in cui ella stesso
riconosceva la profonda differenza che esiste
fra questi diversi settori e quindi, se non vado
errato, la necessità di derivarne anche una
regolamentazione giuridica difforme da un
settore all'altro settore.
Giuseppe Di Vittorio: Mi permetta, data
l'importanza della questione, di precisare che
io ho affermato che noi pure come
organizzazione sindacale facciamo la
differenza, e perciò in materia di sciopero di
servizi pubblici v'è una disciplina particolare,
sanzionata nello statuto.
Giulio Andreotti: Si vede che in casa sua
si cucina col "Liquigas" e non col gas della
società erogatrice cittadina, che da tre giorni
manca nelle case di Roma. Questa
autodisciplina non so bene in che cosa
consista. (Commenti.)
Giuseppe Di Vittorio: E perché ella se la
prende coi gassisti? Se la prenda con le
società. Siamo pronti in ogni momento a
discutere, ma non a discutere un diritto storico
dei lavoratori.

23-3-1955

Giuseppe Di Vittorio: Se l'onorevole


Covelli continua a progredire in questo senso,
cioè nel suo amore per i monopoli americani,
probabilmente nei prossimi giorni o nei
prossimi mesi verrà a proporci la nomina di un
re americano, magari del re americano del
petrolio, che potrebbe diventare nello stesso
tempo re d'Italia.
Paolo Greco: Comunque sempre meglio
che un presidente! (Proteste al centro e a
sinistra.)

De Gasperi: "Mi dia del lei"

L'esperienza parlamentare di De Gasperi,


cominciata alla Dieta di Innsbruck, era proseguita
- prima della redenzione del Trentino - al
Parlamento di Vienna. Giunto a Montecitorio dette
subito una prova di concretezza e di senso dello
Stato, che poteva sembrare bizzarra o banale a chi
non conosceva il timore diffuso nelle nuove
province annesse che si perdesse il rigoroso senso
amministrativo che il zioni. Per questo una analisi
comparativa dei costi postali (fino al dettaglio
della ceralacca e dei punzoni) voleva essere
sintomatica per incoraggiare l'uso scrupoloso del
pubblico denaro.
Il Parlamento che nel 1921 mostrava Roma non
era peraltro nello stile comparabile con quello
viennese. La pattuglia fascista, che nel 1919 gli
elettori avevano lasciato a casa, mostrava
turbolenza appoggiata dall'esterno dai bastonatori
delle squadracce. A sinistra la scissione comunista
aveva indebolito i socialisti, non smorzandone
peraltro certi massimalismi esteriori che
rendevano ancor più impossibile una
collaborazione con i popolari di Sturzo, a sua
volta in polemica con il vecchio mondo del
collegio uninominale, sottovalutante l'involuzione
dittatoriale e fiducioso in un recupero di potere.
La parentesi aventiniana e la dichiarazione di
decadenza degli oppositori aprì la lunga parentesi
che si sarebbe chiusa soltanto a seconda guerra
mondiale terminata. Ma De Gasperi dal #'de al
#'ec fu uomo di governo e non intervenne nei
dibattiti nel ruolo di deputato, eccezion fatta per la
dichiarazione di voto sulla ricognizione dei Patti
Lateranensi nella Costituzione della Repubblica.
Dal banco ministeriale ebbe tuttavia frequenti
scontri oratori con l'opposizione (da cui ho tratto
le citazioni che seguono).
Non gli venne però meno in nessuna occasione
il rispetto generale non tenendo conto di qualche
manifestazione oratoria plateale di Togliatti,
quando si toglieva - per così dire - il vestito blu e
doveva fare il piazzaiolo per consolare le sue
genti delle sconfitte politiche.

4-12-1948

Pietro Nenni: ...Qui si tace sul Patto di


Bruxelles, sul Patto Atlantico, sul Patto
Mediterraneo, ma al Consiglio dei ministri su
queste cose c'è baruffa. Se avessimo bisogno
di una conferma ce la dà un giornale...
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Ma legge troppo i giornali anche
lei! A me ha consigliato di non farlo. (Si ride.)

14-2-1950
Giuseppe Calasso: Hai concordato il
discorso con Rodinò!
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Chi è costui?
Giuseppe Calasso: Non lo sai? É il
presidente della Confida. Alcide De Gasperi:
A lei, giovanotto, dico: non mi dia del tu. Non
l'accetto. (Vivi applausi al centro e a destra.
Commenti all'estrema sinistra.)
Mario M' Guadalupi: D'ora in poi le
daremo del "voi".

2-4-1950

Alcide De Gasperi, presidente del


Consiglio: Macché potenza! Ce la mette lei la
potenza!
Giuseppe Di Vittorio: L'ho letto sui
giornali. (Interruzioni, commenti.)
Alcide De Gasperi: Lo avrà letto
sull'"Unità".

3-7-1950
3-7-1950

Guido Russo Perez: ...Bisogna proprio


convenire che furono più intelligenti Hitler e
Mussolini, che si legarono a un patto militare
quando la Germania possedeva quella
formidabile forza che tutti conosciamo e che
probabilmente oggi molti rimpiangono...
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Io no.

11-7-1950

Alcide De Gasperi, presidente del


Consiglio: Stato e partiti devono anche
insistere sulla obbligatorietà per tutti di
accettare il principio democratico.
Palmiro Togliatti: La Costituzione!
Alcide De Gasperi: La Costituzione!
Onorevole Togliatti, da questo banco ho
sempre chiesto niente altro che la Costituzione.

17-4-1951
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Dopo le leali, esaurienti
dichiarazioni fatte dall'onorevole Paolo Rossi,
dovrei riferirmi alle dichiarazioni
dell'onorevole Saragat, relatore al congresso e
oggi ancora segretario e quindi capo del
gruppo del Partito socialdemocratico...
Giancarlo Pajetta: Capo di che cosa?
(Commenti.)
Alcide De Gasperi: Lo so, onorevole
Pajetta, che per lei non vi sono che due capi,
uno dei quali non è nemmeno entro l'ambito
delle frontiere nazionali! (Applausi al centro e
a destra, interruzioni del deputato Gaetano
Invernizzi.)

2-8-1951

Riccardo Lombardi: Noi chiediamo


all'onorevole De Gasperi che nella replica che
farà prima del voto ci assicuri che questa
materia non sarà sottratta al Parlamento.
Giorgio Amendola: Non vi sarà nessuna
risposta.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Sono così sicuro del vostro voto
che non mi preoccupo eccessivamente. O
vuole forse che risponda subito?
Gina Borelli: Non faccia lo spiritoso!
Alcide De Gasperi: Non lo faccia lei.

9-8-1951

Alcide De Gasperi, presidente del


Consiglio: Voi minacciate la "crisi
rivoluzionaria" (nuova frase con la quale
l'onorevole Togliatti evidentemente allude a un
fatto insurrezionale) se non troverete un
Kerenskij o un gruppo di parti che, in nome
della distensione, vi apra le porte.
Palmiro Togliatti: Kerenskij è lei.
(Commenti.)
Alcide De Gasperi: Onorevole Togliatti,
se posso con un'affermazione personale
contribuire alla distensione e al chiarimento
(perché conoscersi è sempre bene), per poter
arrivare a qualche conclusione, dirò che io
potrò essere qualunque cosa, ma né Kerenskij,
né Facta. Su questo non vi è dubbio! (Vivi
applausi al centro e a destra.)

30-1-1952

Alcide De Gasperi, presidente del


Consiglio: Io non ho mai pensato che voi siate
nemici della democrazia in quanto comunisti:
siete, tuttavia, nemici nel momento in cui
ricorrete anche voi alla violenza e alla
minaccia! (Applausi al centro e a destra.
Rumori all'estrema sinistra.)
Walter Audisio: Ma non faccia il
provocatore. Vergogna! (Vivissime proteste al
centro e a destra.)
Alcide De Gasperi: Come vergogna? Ho
forse bisogno di imparare da voi? (Vivissimi
applausi al centro e a destra, rumori
all'estrema sinistra.) Io sono più preoccupato
del pericolo fascista! ( Rumori all'estrema
sinistra, interruzioni dei deputati Giancarlo
Pajetta, Giuliano Pajetta e Audisio.)

28-7-1953

Alcide De Gasperi, presidente del


Consiglio: Ma il destino è evitabile se tutte le
coscienze saranno vigili, se il fumo delle
piccole questioni di parte non oscurerà la
nostra visione, se lavoreremo per il popolo e
le classi povere, respingendo ogni estremismo
di classe, ogni avidità di lucro, ogni
sfruttamento (commenti a sinistra) e creando
quella nuova classe dirigente...
Una voce (a sinistra): Campa, cavallo
mio...
Togliatti in Parlamento
Nei primi mesi dopo il ritorno del Governo
Bonomi da Salerno, Togliatti e De Gasperi ebbero
ambedue l'ufficio ministeriale nel Palazzo dei
Marescialli a piazza Indipendenza. E poiché
accompagnavo De Gasperi nelle riunioni
interpartitiche potei conoscere da vicino l'illustre
coinquilino. Mi appuntai, in una di queste
occasioni, una frase di Togliatti, di cui sedevo al
fianco. Un po' seccato dall'intervento, che si
prolungava, del repubblicano Oliviero Zuccarini
disse: "Piccoli partiti, piccole i dee". Gli chiesi
allora come conciliasse la riprovazione del
fascismo, in quanto monopolizzatore della
politica, con il suo attaccamento al sistema
sovietico. Mi rispose con cortesia un po'
professionale che del pluralismo democratico noi
abbiamo una visione troppo ristretta, limitata al
modello anglosassone; in Russia la volontà
politica si forma attraverso varie componenti (citò
i militari e i kolchosiani, a titolo esemplificativo)
dando luogo a un effettivo pluralismo.
Perché però non lo si considerasse un
ammiratore incondizionato della sua patria di
esilio, raccontò qualche giorno dopo un episodio
allucinante. In nome del Comintern era stato
inviato una volta a presiedere in Mongolia il
congresso di quel partito e aveva portato con sé
una lettera di saluto del fondatore del comunismo
mongolo, ricoverato in una clinica moscovita. Per
altre due volte successive gli era toccato lo stesso
incarico e aveva letto analoghi messaggi, molto
applauditi. Seppe poi per puro caso che lo
scrivente era morto da tempo, ma che le sue
missive servivano a galvanizzare la platea
congressuale.
La (relativa) conoscenza di allora servì
durante la Costituente per
qualche contatto ufficioso con De Gasperi. Il
più importante fu il 25 marzo 1947 quando mi
dette incarico con qualche ora di anticipo (anche
sulla... decisione del gruppo comunista) di
avvertire il presidente che avrebbe votato a favore
dei Patti Lateranensi. Sapeva che De Gasperi
avrebbe preso la parola e non voleva che un suo
discorso polemico lo facesse trovare in
imbarazzo. Ma dal maggio successivo - uscita dei
comunisti e socialisti dal Governo - all'estate
1953 i rapporti tra i due furono interrotti: né
quello della crisi ministeriale successiva al
mancato scatto della legge elettorale riformata fu
più che un dialogo tra sordi. Su Togliatti
pesavano, non personalmente, i sei anni di
astinenza governativa; su De Gasperi il ricordo di
alcune frasi sguaiate che l'altro gli aveva rivolto
ferendolo specialmente nello sforzo di
salvaguardare l'unità degli italiani in politica
estera.
Solo quando De Gasperi morì, Togliatti disse
e scrisse di lui cose rispettose e di alta
valutazione.
Nelle discussioni alla Camera Togliatti si
impegnava molto, mettendosi sempre in abito
scuro quando era iscritto a parlare e facendo non
di rado interruzioni, che il destinatario non
sgradiva anche se erano pungenti, in quanto segno
di attenzione. Vi furono però momenti di tensione
nei quali assumeva una grinta minacciosa, fino a
dare, con un colpo di tavoletta, il segnale ai suoi
di partire all'attacco. Da allora la presidenza fece
rimuovere i calamai che erano nello scanno di
ogni deputato; non si voleva che si facessero
prove di guerra chimica e vi era, per fortuna, la
giustificazione dell'uso ormai generalizzato delle
biro.
Gli "estratti interruttivi" di Togliatti sono
molto eloquenti per accertare un dato caratteristico
della sua personalità: era un riflessivo e anche le
sue reazioni che sembravano improvvisate non lo
erano mai.

24-7-1946

Palmiro Togliatti: Un risultato nazionale


degno di nota lo avremo raggiunto solo il
giorno in cui fossimo riusciti a Trieste a
trovare una soluzione che garantisca l'accordo
e la collaborazione permanente coi popoli
jugoslavi.
Una voce: La trovi lei.
Palmiro Togliatti: Non sono il ministro
degli Esteri. (Commenti.)
Una voce: É comodo. (Rumori, commenti.)

19-2-1947

Cesario Rodi: Onorevole Togliatti,


permette una parola? Nella mia posizione di
invalido di guerra esigo che si dia atto che
abbiamo vinto le battaglie e anche nelle
formazioni regolari dell'esercito italiano.
Palmiro Togliatti: Io rendo omaggio a tutti
coloro che hanno combattuto, ma qui si parla
di riorganizzazione e rinnovamento dei quadri
e, allora, io dico: largo anche a coloro che
hanno dimostrato nei combattimenti di saper
tener fede sempre alla causa della libertà e
della democrazia.
Cesario Rodi: Ci voleva però
quell'"anche".
Una voce a sinistra: Ma dove eravate voi?
Cesario Rodi: Noi non siamo andati
all'estero.
Emilio Sereni, ministro dei Lavori
pubblici: Noi eravamo in galera.
Emilio Patrissi: Taccia lei, che era in
galera come assassino di soldati italiani!
Emilio Sereni: Lei è mentitore! (Scambio
di invettive fra l'onorevole Sereni e
l'onorevole Patrissi, rumori, vivaci proteste,
agitazione.)
Presidente: Onorevoli colleghi, non mi
spiego questa improvvisa eccitazione.

23-4-1947

Palmiro Togliatti: Noi non abbiamo


chiesto il voto segreto e non ce ne importa
nulla, perché il nostro voto è pubblico;
l'abbiamo dichiarato. (Commenti.) Noi non
vogliamo il divorzio, ma non vogliamo
nemmeno che si includa la dichiarazione di
indissolubilità del matrimonio in questo
articolo della Costituzione.

29-7-1947
29-7-1947

Palmiro Togliatti: Credo di poter


affermare che l'unica iniziativa concreta, seria,
che è stata presa in questa direzione, allo
scopo di migliorare il Trattato in una delle sue
parti sostanziali, è quella che è stata presa dal
nostro partito quando ha incaricato me di
prendere contatto con il Governo di Belgrado.
(Commenti al centro.)
Voce al centro: Gorizia!
Stefano Jacini: Ci vuole un bel coraggio.
Palmiro Togliatti: Come andarono le cose
in seguito, voi lo sapete. Purtroppo, non si
riuscì a trovare un linguaggio comune per
utilizzare quello che vi era di utilizzabile ai
fini nazionali di quella iniziativa. Devo dire
che lo stesso presidente del Consiglio De
Gasperi, fino ad allora ministro degli Esteri,
non conobbe mai, e tuttora ignora, onorevoli
colleghi, quali furono i termini del mio
colloquio col maresciallo Tito... (COmmenti,
interruzioni al centro.)
Una voce al centro: Si vede che non glieli
ha comunicati.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Allora, il ministro degli Esteri era
l'onorevole Nenni.

29-7-1947

Palmiro Togliatti: Il nostro ministro degli


Esteri ci è andato con quello spirito che
l'onorevole Nitti chiamava afrodisiaco; ma che
io dal momento che si tratta del ministro di un
Gabinetto democristiano, vorrei chiamare
soltanto euforico (ilarità); e questo spirito ha
impedito al nostro ministro degli Esteri di
misurare le sue parole e i suoi gesti. Le sue
dichiarazioni sono state tutte al di là della
barriera di una corretta azione diplomatica
corrispondente agli interessi della Nazione.
Quello era il più bel giorno della sua vita; egli
accettava tutto; era pronto (l'Italia, non lui) a
tutti i sacrifici. Che cosa vuol dire tutto
questo?
Carlo Sforza, ministro degli Affari esteri:
É una citazione inesatta.
Palmiro Togliatti: Leggemmo persino
stranissime dichiarazioni del nostro ministro
degli Esteri che proponeva i propri candidati
alla carica di ministro degli Esteri dell'Unione
Sovietica: aspirazione per lo meno esagerata
da parte del ministro degli Esteri della
Repubblica italiana non ancora ratificatrice
del Trattato di pace, non ancora membro delle
Nazioni Unite e non ancora parte, soprattutto,
dell'Unione delle Repubbliche Socialiste
Sovietiche. (Ilarità, commenti.)
Carlo Sforza: Questa dichiarazione non
l'ho mai detta!
Palmiro Togliatti: Perché non l'ha
smentita? É troppo grave!
Carlo Sforza: No, perché era troppo
sciocca!

29-7-1947

Palmiro Togliatti: Onorevoli colleghi,


credo che questo non possa essere né nelle
intenzioni nostre, né nelle vostre. Non è per
questo che voi avete combattuto contro il
fascismo, insieme con noi, per la libertà
d'Italia, per dare all'Italia un regime...
(Interruzioni a destra.)
Una voce: Per darla alla Russia.
Palmiro Togliatti: ...un regime democratico
nuovo... (Interruzioni, rumori a destra.)
Una voce a destra: Quello dell'Ungheria.
Palmiro Togliatti: ...rinnovato nelle sue
strutture economiche, allo scopo di impedire la
prepotenza dei grandi monopoli industriali,
finanziari, latifondisti...
Una voce: Politici.
Palmiro Togliatti: ...politici, senza dubbio.
Voi avete combattuto insieme con noi per un
regime nel quale l'impiegato dello Stato possa
appartenere a qualsiasi partito politico.
Giuseppe Cappi: Come in Russia.
Palmiro Togliatti: Negli Stati Uniti oggi
non è possibile.
Giuseppe Cappi: In Russia sì.
26-9-1947

Palmiro Togliatti: É nella linea di quel


ridicolo allarme che venne lanciato non
appena costituito il quarto Governo De
Gasperi, come se in quella notte stessa noi
avessimo dovuto fare l'insurrezione, e persino
i telefoni di casa nostra vennero tagliati a
opera del ministero dell'Interno, mentre noi
tranquillamente dormivamo.
Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio:
Ho dormito anch'io tranquillamente.

30-9-1947

Palmiro Togliatti: L'oratore, che ha testé


parlato, di cui ignoro il nome e non mi importa
di saperlo... (Commenti.)
Gerolamo Bellavista: É Cortese; lei non lo
è.

4-10-1947
Palmiro Togliatti: Vi ho detto altra volta (e
qualcuno di voi ha finto di non capire cosa
dicessi) che veniamo da molto lontano. E vi ho
detto dove andiamo.
Una voce a destra: In Russia.
Palmiro Togliatti: Sì, collega, noi
vogliamo creare in Italia una società
socialista. In Russia esiste
una società socialista.

8-10-1947

Palmiro Togliatti: Chiedo di parlare sulla


questione sollevata dall'onorevole Dossetti.
Presidente: La prego, onorevole Togliatti,
tenga presente che questa non è la sede per una
discussione in tema di grammatica; e chiedo
anzi scusa per avervi io stesso dato l'avvio.
Palmiro Togliatti: Lo dico in due parole:
prego l'onorevole Dossetti di tener presente
che nella corretta lingua italiana, in casi come
questo, il "che", preceduto dal verbo potere,
regge sempre il congiuntivo. Spero che il
gruppo democristiano non pretenderà di farci
cambiare la grammatica italiana, col peso dei
suoi 207 voti. (Applausi a sinistra.)

13-12-1947

Palmiro Togliatti: Altra volta ho


pronunciato parole di critica verso il
presidente della Commissione dei Diciotto,
onorevole Ruini. Mi sembra però che
commetteremmo una grave scortesia verso di
lui se questa sera decidessimo la questione in
sua assenza. (Commenti al centro.) É vero che
l'onorevole Ruini un'ora fa era ancora presente
tra di noi.
Una voce al centro: Ha la febbre; si è
ammalato.
Palmiro Togliatti: Va bene, si è ammalato;
però egli stesso ha preveduto che domani
mattina alle undici il malore sarà passato, tanto
è vero che ha convocato per quell'ora il
Comitato di coordinamento.
16-12-1947

Palmiro Togliatti: L'onorevole De Gasperi


era tanto consapevole che questo problema
esisteva, che s'era preparato per iscritto gli
esempi per tentar di confutare la mia
argomentazione.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Non mi ero preparato affatto.
Palmiro Togliatti: L'onorevole De Gasperi
ha però commesso due sbagli. Prima di tutto ha
dimenticato di ricordare quali fossero i
mutamenti di fisionomia di governo che
avevano avuto luogo nelle occasioni da lui
ricordate. Egli non troverà infatti nella storia
parlamentare italiana un precedente di radicale
mutamento di fisionomia politica del Governo,
di un mutamento il quale portò il Governo a
spostare il proprio asse (è vero, onorevole
Pacciardi?) da destra a sinistra senza che sia
stato seguito il tradizionale metodo delle
dimissioni e delle consultazioni.
Randolfo Pacciardi, vicepresidente del
Consiglio: Quando vi fa comodo il Governo
sposta l'asse: quando non vi fa comodo non lo
sposta. (Commenti.)

18-12-1947

Palmiro Togliatti: Non c'è da ridere. La


ricerca di queste definizioni e la stessa
possibilità di esse indica il vizio del sistema.
Si è infatti ministri di qualche cosa:
dell'Interno, degli Esteri, della Giustizia; di
qualche cosa di cui si risponde. Non esistono,
in un regime parlamentare e costituzionale
bene ordinato, queste funzioni di ministri,
vicepresidenti, consiglieri, consulenti di capo
del Governo per questa o quella cosa. Non
esistono, non sono mai esistite nella nostra
Costituzione.
Randolfo Pacciardi, vicepresidente del
Consiglio: Lei non è stato ministro senza
portafoglio?
Palmiro Togliatti: Onorevole Pacciardi, io
ho criticato quel sistema; l'ho sempre
considerato come un sistema che
disorganizzava l'attività e il funzionamento del
Governo, e ho fatto tutto il possibile perché
quella figura politica, allora imposta da certe
circostanze, scomparisse.

18-12-1947

Palmiro Togliatti: A parte questo, nel


documento dell'onorevole Saragat è un po'
difficile orientarsi, data l'approssimativa
lingua italiana in cui è scritto. Vi si parla, per
esempio, di una "paralisi" in cui noi ci
saremmo "posti", e a un certo punto questa
"paralisi" diventa un "peso morto"! Scusi la
critica, onorevole Saragat; comprendo d'altra
parte che ella ha dovuto tradurre il suo testo
dall'inglese o dall'americano. (Rumori,
interruzioni)
Una voce all'estrema sinistra: Stia zitto,
professore di mistica!
Una voce al centro: Dice a Laconi?
Renzo Laconi: Onorevole presidente,
chiedo la parola per fatto personale.
Presidente: La prego, onorevole Laconi.
Renzo Laconi: C'è qualche imbecille che
sta parlando di me! (Rumori.)

18-12-1947

Palmiro Togliatti: La forza crescente delle


organizzazioni del nostro partito, le adesioni
sempre più numerose alla nostra idea e ai
nostri programmi di uomini e donne che
provengono da tutte le classi sociali, sono tali
e tante che noi stessi ne siamo meravigliati.
Questa è veramente la marcia del progresso.
(Commenti.)
Guido Russo Perez: É la marcia su Roma.
(Interruzioni. Commenti.)
Una voce al centro: É la marcia del rublo.
(Commenti.)
Palmiro Togliatti: No, questa è la
resurrezione del popolo italiano.
(Approvazione all'estrema sinistra.) É il
popolo italiano il quale si leva in piedi e si
organizza e lotta per scuotere dalle proprie
spalle il giogo di secoli di servitù e di
privilegi che hanno pesato su di esso.
(Applausi all'estrema sinistra.)

18-12-1947

Palmiro Togliatti: É quindi inutile,


onorevole Sforza, che ella venga qui con l'aria
del nobile decaduto in una Repubblica che ha
soppresso i titoli nobiliari a dirci, col tono
dell'uomo altero: "Da gentil schiatta torno",
dovete fidarvi di me.
Carlo Sforza, ministro degli Affari esteri:
Parli di cose serie! (Applausi al centro,
commenti all'estrema sinistra.)
Palmiro Togliatti: Onorevole Sforza, mi
rincresce che ella debba dirmi che parlo di
cose non serie, proprio quando parlo di lei.
(Ilarità all'estrema sinistra.) Forse è questa la
manifestazione di un residuo di autocoscienza
che è in lei rimasto; me ne compiaccio.
24-1-1948

Palmiro Togliatti: Comprendo che l'argomento


di cui mi servo, non serve per il Partito liberale,
data la scarsa efficienza numerica a cui l'hanno
ridotto i suoi dirigenti (viva ilarità) con la politica
che hanno seguito nel corso degli ultimi anni.
Guglielmo Giannini: Lo vedrete col blocco!
Palmiro Togliatti: Onorevole Giannini,
comprendo come ella ritenga che, con il suo aiuto,
le cose per il Partito liberale andranno meglio;
però, se devo giudicare dal modo in cui sono
andate le cose per il Fronte dell'Uomo Qualunque
da lei fondato e diretto, non se se possano esservi
prospettive migliori per il Partito liberale.
Guglielmo Giannini: Va benone, stia
tranquillo.
Palmiro Togliatti: Non so, insomma, se il
contributo che ella porta al Partito liberale sia
proprio quello di cui esso ha bisogno in questo
momento.
Guglielmo Giannini: Se ne accorgerà.
24-1-1948

Palmiro Togliatti: Perché ora volete far


colpa di averlo votato
soltanto a noi? Perché il voto favorevole
sarebbe stato da parte
vostra cosa buona e un servizio reso al
Paese, mentre per noi sarebbe
stato cosa indegna, di cui ci dovremmo
vergognare per tutti i secoli
della storia?
Roberto Lucifero: Chi l'ha detto?

8-6-1948

Ettore Viola: Io vivo del frutto del mio


lavoro. Mentre io, in Cile, lavoravo la terra,
molti di voi...
Palmiro Togliatti: Ci dica come si
coltivano i ravanelli. Ci dica come si
coltivano le carote!

10-6-1948
10-6-1948

Palmiro Togliatti: ...o sono serviti,


secondo certe dottrine che vedo professate a
proposito degli aiuti ÉR'P', come sussidio e
sostegno assegnati ai settori particolarmente
deboli, per esempio al suo partito, onorevole
Saragat, o a quello dell'onorevole La Malfa,
che particolarmente deboli si sono di fatto
rivelati nella consultazione elettorale?
Vorremmo saperlo. É un nostro diritto
elementare.
Giuseppe Saragat, vicepresidente del
Consiglio: Ma sa che ha una faccia di bronzo,
onorevole Togliatti? Accusa noi di prendere
denaro dallo straniero? Proprio lei!
(Commenti e interruzioni all'estrema sinistra.)

10-6-1948

Palmiro Togliatti: Per questi motivi credo


non sia ancora, oggi, la vostra ora, onorevoli
colleghi del Movimento sociale italiano; ed è
per questo che voi date su quei banchi la
lamentevole impressione di relitti, spettri di un
passato d'infamia e di vergogna...
Guido Russo Perez: Voi siete un presente
di vergogna e di infamia! (Vivi rumori
all'estrema sinistra.)
Palmiro Togliatti: Io non escludo, ad ogni
modo, che quelle intenzioni a un certo
momento nutrite da una parte del ceto dirigente
reazionario italiano e per il momento rientrate
nell'ombra non possano tornare a essere
seriamente accarezzate e alimentate da azioni
concrete. Per il momento la soluzione è però
stata un'altra. Per questo, colleghi di quella
parte, adattatevi a un altro periodo di
penitenza. Semmai, iscrivetevi all'Azione
cattolica... (interruzioni a destra.) Chissà che
in quei ranghi, o attraverso collegamenti palesi
o nascosti, non possiate servire ancora, come
riserva per un domani! Per ora siete in
penitenza voi!

10-7-1948
Palmiro Togliatti: Nonostante la differenza
dei sistemi economici e delle ideologie, la
coesistenza dei sistemi e il regolamento
pacifico delle divergenze esistenti tra l'Unione
Sovietica e gli Stati Uniti d'America non
soltanto sono possibili ma sono assolutamente
necessari nell'interesse della pace nel mondo.
Una voce al centro: Berlino insegni.
(Commenti.)
Palmiro Togliatti: A Berlino la parte
sovietica lotta per la pace, perché lotta contro
quella divisione in due della Germania che è
un atto di aperta preparazione alla guerra.

20-7-1949

Palmiro Togliatti: Tutto ciò di cui si fa


carico all'Unione Sovietica sono gli atti che
nei Paesi liberati dall'Unione Sovietica sono
stati compiuti per attuare quelle profonde
trasformazioni cui aspira la parte migliore del
genere umano.
Primo Romolo Pallenzona: Ma in America
gli operai viaggiano in automobile.
Palmiro Togliatti: Ma questo non ha nulla a
che fare con una sedicente politica estera
aggressiva; questi semmai sono atti di politica
sociale; questo è semmai il fatto dell'adesione
data all'idea e realtà del socialismo da popoli
nuovi attraverso forme nuove ed esperienze
nuove.

1-4-1950

Palmiro Togliatti: Eppure, le vittime di


questa infamia, le ho viste, sono serene, sono
tranquille, sono circondate dalla solidarietà
dei lavoratori della città, della regione, di tutta
l'Italia. Quando usciranno, saranno migliori
combattenti di prima. (Applausi all'estrema
sinistra.)
Giuseppe Cappi: Noi non siamo potuti
andare a visitare in carcere il cardinale
Mindszenty!
Giancarlo Pajetta: Nessuno ha sentito il
bisogno di venirci a trovare durante il periodo
fascista!

7-7-1950

Palmiro Togliatti: Non so se, dopo aver


ascoltato la documentazione che ho presentato,
continuerà a essere di questa opinione, che mi
sembra essere estranea e contraria alla realtà,
qualcosa di concreto, di serio, di vero.
Giuseppe Saragat: Ci sarebbe stata
l'aggressione alla Corea del Nord...
Palmiro Togliatti: Mi sono abituato, da
materialista, a ragionare di queste questioni,
prima di tutto, sulla base dei dati geografici.

7-7-1950

Palmiro Togliatti: Questo è il giudizio che


danno del nostro Paese e di noi gli americani,
questo è il destino che essi ci vorrebbero
preparare!
Giuseppe Saragat: Ma esiste il giudizio di
un senatore russo sul popolo italiano? Ci legga
qualche cosa!
Palmiro Togliatti: In Russia non ci sono
senatori.

6-3-1951

Palmiro Togliatti: Ma come vanno a finire


questi regimi nei quali la fiducia deve essere
sempre palese?
Enzo Giacchero: Ce lo dice lei che viene
dalla Russia! (Rumori all'estrema sinistra.)
Palmiro Togliatti: Vanno a finire come finì
il regime che noi tutti ricordiamo, vanno a
finire in un 25 luglio!

13-4-1951

Palmiro Togliatti: Per questa parte, quindi,


la politica di riarmo non ci presenta altre
prospettive che quella di un aggravamento e,
più in là, di catastrofi.
Alberto Consiglio: Ma è pur necessario un
esercito per la difesa nazionale!
Palmiro Togliatti: Non l'ho mai negato.
Anzi, desidero ricordare che, quando alla
Costituente venne avanzata la proposta che
l'Italia non avesse un esercito e un armamento,
noi votammo contro.

3-8-1951

Palmiro Togliatti: Io comprendo tutte le


debolezze degli uomini! Comprendo che è
molto difficile, onorevole De Gasperi,
liberarsi dalla peste dell'adulazione, che tanto
mi dà fastidio quando si manifesta ai miei
danni. Temo però in questo caso che
l'onorevole De Gasperi commetta l'errore di
crederci.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Affatto!
Palmiro Togliatti: Onorevole De Gasperi,
le ho detto una volta di non prestar fiducia, di
non credere alle proprie bugie! Ora le dico di
non credere (e poi le darò anche un altro
consiglio) alle bugie dei suoi adulatori. Non ci
creda, perché questa può essere una strada
molto pericolosa per un uomo politico e
soprattutto per un uomo il quale voglia
mantenere una fisionomia anche solo di
lontano democratica. E un altro consiglio le
vorrei dare, ma non so se debbo darlo a lei o
ai suoi collaboratori. Quando ella ritiene sia
necessario dare la stura a questa ondata
stucchevole di adulazione personale, alla
invocazione di quelle dottrine che ho detto, e
così via, ebbene, lo faccia, ma non faccia
firmare queste cose proprio da Mario
Missiroli, per carità! (Si ride all'estrema
sinistra.) Perché questo disgraziato mercante
della penna ha scritto proprio le stesse cose
per Mussolini, ha dato sul patto tripartito
"anticomintern" gli stessi giudizi che dà oggi
sul Patto Atlantico, ha considerato ieri il
Partito nazionale fascista come barriera contro
il comunismo come oggi considera eguale
barriera contro il comunismo il vostro partito.
Cambiate, trovate un altro autore; non rendete
troppo evidenti alle persone che ricordano,
che sanno, che capiscono, le vostre magagne!
Alcide De Gasperi: Ho provato con
Ingrao, ma non va. (Applausi al centro e a
destra. Si ride.)
Palmiro Togliatti: Con Ingrao non poteva
andare, perché Ingrao è un buon democratico e
non sarà mai il servo di nessuno. (Applausi
all'estrema sinistra.)

3-8-1951

Palmiro Togliatti: Scusate se mi sono


lasciato trascinare dall'esame degli aspetti di
costume, degli aspetti morali di questi
problemi. Gli è che questi aspetti mi
interessano e toccano profondamente, come
uomo, anche prima che come dirigente
politico.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Veda un po' come mi descrivono e
mi disegnano i suoi giornali. Veda un po' come
mi disegna l'"Avanti!". Veda se non può
giocare alle carte anche con quelle figure. Io
ho il diritto di essere considerato povero come
voi! E non di essere descritto come
miliardario! (Vivi applausi al centro e a
destra, commenti all'estrema sinistra.)
Palmiro Togliatti: Signor presidente del
Consiglio, io non ho parlato di me. Io non ho
parlato del modo come vengo posto in
caricatura io, o come vengo preso in giro,
anche per le mie disgrazie e infermità, dai suoi
giornali e dai suoi manifesti murali. Questo
non mi interessa. Ho posto un problema di
costume politico e di moralità, e questo rimane
nel modo come l'ho posto! (Applausi
all'estrema sinistra, commenti al centro e a
destra.)

3-8-1951

Palmiro Togliatti: Questo è l'animo vostro.


I diseredati che ci seguono, la povera gente
che sta con noi, voi la odiate. Voi avete
nell'animo vostro l'odio dei signori contro il
diseredato, l'odio contro il povero...
(Vivissimi applausi all'estrema sinistra, vivaci
proteste al centro e a destra.)
Vittorio Pugliese: Questo è falso!
Maria Federici Agamben: Ella deve
ritirare questa affermazione, onorevole
Togliatti!
Palmiro Togliatti: Chieda la parola,
onorevole Federici!
Umberto Delle Fave: Questo è istrionismo,
onorevole Togliatti!
Palmiro Togliatti: Naturalmente, contro il
diseredato, contro il povero che non vuole più
essere tale, che non vuol venire più a prendere
la minestra alla porta del convento dove voi
state discutendo di alta politica, ma aderisce a
una dottrina di redenzione e di progresso
sociale, nutre una fede, spera in un suo domani,
lotta per avvicinarlo. Questo è il vostro
nemico perché non fa parte della classe
dominante e a essa non è prono.
3-9-1951

Palmiro Togliatti: ...ha inserito


l'affermazione leggiadra che ciascuno di noi,
uomo e anche donna, credo, non è persona
umana ma è un diavolo che si è rivestito di
queste parvenze umane per condurre la lotta
politica contro il presidente del Consiglio!
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Io ho detto questo? Ma quando? Ma
via! (commenti all'estrema sinistra.)
Palmiro Togliatti: Quando in questo modo
si impostano, onorevole De Gasperi,
campagne politiche di tanta importanza e si
bistrattano milioni di cittadini italiani, non si
ha il diritto di dolersi né di ingiurie né di
attacchi né di diffamazioni, i quali poi non ci
sono stati. Ella ha, se mai, quel che ha donato.
(Interruzioni al centro e a destra.)

20-11-1951

Alcide De Gasperi, presidente del


Consiglio: Direi che essi si ispirino soprattutto
a questa concezione, che è fondamentale e che
è il punto di partenza di qualsiasi lavoro in
comune: ritenere che gli avversari, anche se
sono al governo, sono uomini di buona fede,
amano il loro Paese, si sforzano veramente di
lavorare per il progresso del loro Paese.
Palmiro Togliatti: Anche se sono
all'opposizione.

27-7-1953

Palmiro Togliatti: Oggi si ragiona più


apertamente, si capisce meglio chi vuole la
pace e chi vuole la guerra. (Commenti al
centro.)
Aldo Moro: Perché non lo si era ancora
capito?
Palmiro Togliatti: Ella non lo aveva capito
ancora, per lo meno. Ma oggi è un grande
giorno, collega!

29-1-1954
29-1-1954

Palmiro Togliatti: Non so dove fosse, cosa


facesse, sotto quale uniforme fosse travestito,
l'onorevole Fanfani, quando noi dai luoghi del
lungo e penoso nostro esilio (rumori al centro),
attraverso tante difficoltà e a costo di tanti
sacrifici compivamo quest'opera di educazione
al servizio del nostro Paese.
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Avevo la divisa dell'esercito
italiano ed ero al servizio della patria!
(Applausi al centro, commenti a sinistra.)

13-6-1956

Palmiro Togliatti: Così si è andati avanti


fino alle ultime iniziative di disarmo compiute
esse pure con atto unilaterale, da una sola
delle parti, l'Unione Sovietica, prima con la
riduzione di 600 mila uomini delle sue forze
armate effettive e poi di un milione e
duecentomila soldati.
Giusto Geremia: Quanti ne restano?
Palmiro Togliatti: Lo vada a domandare là.
Una voce a sinistra: Quanti ne hanno gli
altri?
Palmiro Togliatti: Lo vada a domandare. Il
nostro Parlamento è investito della proposta
dell'invio di una delegazione nell'Unione
Sovietica. Solleciti dal nostro presidente
l'invio di questa delegazione e là potrà porre
la domanda (applausi a sinistra), ma non a me,
che non sono il ministro della Guerra
dell'Unione Sovietica.

15-10-1957

Palmiro Togliatti: L'onorevole Pacciardi


dà il braccio all'onorevole Cantalupo,
l'onorevole Saragat va d'accordo con gli
esponenti del Movimento sociale italiano.
Filippo Anfuso: É un po' esagerato!
Palmiro Togliatti: Siete atlantici e gli uni e
gli altri!
15-10-1957

Mariano Pintus: Ci parli del fallimento del


piano quinquennale. (Proteste a sinistra.)
Palmiro Togliatti: Se dovessi accogliere la
sua interruzione dovrei parlare del fallimento
della sua intelligenza. Gliene faccio grazia.
Mariano Pintus: Queste sono battute
gratuite, onorevole Togliatti. Il piano
quinquennale è stato cambiato tre volte in nove
mesi. (Proteste a sinistra.)

29-1-1958

Palmiro Togliatti: Per quel che riguarda le


basi di lancio di queste bombe, secondo una
rivista italiana, una di queste basi verrebbe a
costare cento milioni di dollari, pari a 62
miliardi e mezzo di lire.
Giusto Geremia: E quanti rubli?
Palmiro Togliatti: Non lo so. Faccia lei il
conto. Le faccio perciò osservare, egregio
collega, che io pongo il problema per tutti i
Paesi, anche per quelli che hanno come moneta
il rublo.

18-7-1958

Palmiro Togliatti: Ebbene, noi sentiamo


risorgere oggi, sotto l'ispirazione
dell'onorevole Fanfani, qualcosa del vecchio
indirizzo corporativistico. Siamo stati
favorevoli, per esempio, alla creazione
dell'Eni, però oggi constatiamo con sorpresa
che questo è diventato non un ente economico,
ma una potenza politica del nostro Paese.
Una voce: Ci potevate pensare prima.
Palmiro Togliatti: L'Eni ha i suoi giornali,
tiene sotto il suo patronato questo o quell'uomo
politico, questo o quel partito, questa o quella
corrente all'interno di un singolo partito.
Questa è degenerazione del costume
democratico e della vita economica.

6-12-1958
6-12-1958

Palmiro Togliatti: Su questo siamo


d'accordo, ma, a nostro avviso, non è questa la
sostanza. La sostanza è nella tendenza a
trasformare un regime democristiano e
parlamentare in un regime autoritario.
Una voce al centro: Senti chi parla!
Palmiro Togliatti: Parlo io e la prego di
ascoltarmi.

25-6-1959

Palmiro Togliatti: ...Oggi è ospite in Italia


l'uomo il quale ha soppresso le libertà
parlamentari del popolo francese, il quale è
responsabile di avere annullato quelle che
erano conquiste realizzate attraverso decenni e
decenni di lotta per la libertà. (Vivi applausi a
sinistra.)
Presidente: Onorevole Togliatti, la invito a
rendersi conto che, mentre si ospita un capo di
Stato, è opportuno non formulare certi giudizi.
(Vivissimi applausi al centro e a destra,
rumori a sinistra.)
Natale Di Giannantonio: Viva la Francia!
(Rumori a sinistra.)
Palmiro Togliatti: Signor presidente, prima
di pronunciare le mie parole ho riflettuto su di
esse e ho trovato che nel nostro regolamento
nulla vi è che le vieti.
Presidente: Ne sono convinto; ma io mi
sono richiamato a un motivo di indiscutibile
opportunità e di doverosa ospitalità.
(Approvazioni al centro.)

7-4-1960

Palmiro Togliatti: La necessità di un


superamento dell'oltranzismo atlantico è
risultata dallo stesso viaggio fatto a Mosca dal
presidente della Repubblica, accompagnato
dal ministro degli Esteri. Il nostro giudizio su
questo viaggio rimane positivo: riconosciamo
come fattori positivi il contatto,
l'avvicinamento, lo scambio di idee.
Giorgio Almirante: ...di scortesie!
(Commenti.)

5-8-1960

Palmiro Togliatti: Oh, avesse voluto la


sorte che fossimo ancora stati in grado nel
1921, nel 1922, di usare questo strumento
dello sciopero di massa per fermare l'avanzata
del fascismo!
Giulio Caradonna: Nessuno vi ha dato
retta. (Commenti a sinistra.)
Enrico Berlinguer: Questa è apologia!
Palmiro Togliatti: Tutta la vita italiana
avrebbe avuto uno sviluppo diverso. Quanti
lutti sarebbero stati evitati al nostro popolo!

20-4-1961

Palmiro Togliatti: Deploro nel modo più


aperto ed energico che siano state fatte dal
presidente della nostra Repubblica nel suo
viaggio in
America Latina critiche severe per ciò che
stava avvenendo a Cuba. (Applausi a sinistra,
vive proteste al centro e a destra.)
Presidente: É assolutamente inammissibile
che ella possa formulare rilievi sull'azione del
capo dello Stato, che per la Costituzione non
ha responsabilità politica. Tra l'altro, non
sappiamo neppure se quello da lei citato sia il
testo fedele delle dichiarazioni del capo dello
Stato. (Commenti a sinistra, scambio di
apostrofi fra i deputati Li Causi e Dante.) Ecco
perché deploro il suo intervento, onorevole
Togliatti.
Palmiro Togliatti: Signor presidente, la
mia memoria è ancora abbastanza tenace per
farmi ricordare che in differenti occasioni, da
esponenti di tutti i settori, sono state formulate
critiche all'operato del capo dello Stato.
(Applausi a sinistra, commenti al centro.)
Presidente: Alla inammissibilità delle sue
parole in linea di principio, ella ha aggiunto
una mancanza di correttezza egualmente
inammissibile. (Applausi al centro e a destra,
rumori a sinistra.) Con questo ritengo che si
possa considerare chiuso l'episodio,
nell'interesse stesso delle istituzioni.
Palmiro Togliatti: Non veniamo meno in
alcun modo al rispetto che dobbiamo alla
carica del capo dello Stato; e se le sue
dichiarazioni... (Vive proteste al centro.)
Presidente: Prego vivamente gli onorevoli
colleghi di accogliere il mio appello, perché
vi sia la riaffermazione del rispetto al capo
dello Stato e alle istituzioni. (Applausi al
centro.)
Palmiro Togliatti: ...che ho ricavato da tutti
i giornali, venissero dichiarate non autentiche,
non potrei che compiacermi di questo, in
quanto esse non esprimono il pensiero, l'animo
della maggioranza del popolo italiano.
(Applausi a sinistra.)
Nettuno Pino Romualdi: Esprimono il
pensiero degli italiani! (Proteste a sinistra.)
Presidente: Onorevole Romualdi, la prego
di tacere.
24-1-1963

Palmiro Togliatti: Rivolgiamo a questo


proposito un invito esplicito al presidente del
Consiglio a farci dichiarazioni precise. Ella è
stato negli Stati Uniti d'America; spero che non
ci sia stato soltanto per cercare, aggrappandosi
alle falde degli abiti del presidente Kennedy,
di accrescere un po' la propria statura. Dalle
fotografie non è risultato. (Commenti.)
Luigi Galli: Come se ella, onorevole
Togliatti, fosse un granatiere alto un metro e
novanta.
Presidente: Sono interessato anch'io perché
appartengo alla categoria degli uomini di
bassa statura. (Si ride.) Vedete quindi che non
vi è malizia nelle parole dell'onorevole
Togliatti.
Nenni: Vecchia e nuova
Romagna
Fu in tutta la sua vita un giornalista, ma credo
che nel subcosciente vi fosse una nascosta
vocazione di studioso di archivi e di
documentazioni. Doveva infatti ogni giorno
concepire il suo corsivo, da scrivere o da
pronunciare; e condensava in efficacissime battute
il messaggio che voleva indirizzare. La più nota e
apodittica fu: "La Repubblica o il caos".
A qualunque tipo di riunione partecipasse
prendeva costantemente appunti quasi stenografici.
Ritengo che, se sono stati conservati, potrebbero
riempire chilometri di scaffali. E vi devono essere
anche numerosi verbali di questioni tecniche, al
cui approccio arrivava sempre con un grande
rispetto per i funzionari. Un giorno, quando era
vicepresidente del Consiglio, Aldo Moro gli
aveva affidato, tra gli altri compiti, il risanamento
del bilancio delle Ferrovie. Lo incontrai all'uscita
da una commissione di esperti e mi permisi di
metterlo scherzosamente in guardia dallo sporgersi
troppo in un incarico comunque impossibile; se ne
ebbe quasi a male, e mi rispose che il direttore
generale gli aveva invece fornito una base di
lavoro dai risultati sicuri. Obbedì persino al
protocollo che gli intimava di indossare il frac in
una visita alla corte londinese; brontolò solo che
gli pareva di essere un orchestrale.
Entusiasta di temperamento, aveva ritenuto in
precedenza di abbracciare in pieno la causa della
pace in chiave di "partigiano di Mosca" tanto da
meritare il Premio Stalin. E andò a prenderlo
cercando di convincere lo stesso Stalin ad aver
fiducia nella lotta per un neutralismo italiano.
Restò maluccio - e lo venne a raccontare a De
Gasperi - quando il compagno successore degli
zar gli disse che era assurdo - politicamente e
geograficamente - pensare a un'Italia neutrale:
bisognava invece lavorare per evitare che entro il
patto occidentale prevalessero tendenze
ultrareazionarie. Ripiegò sulla campagna contro
l'oltranzismo atlantico.
I fatti ungheresi lo convinsero lealmente
all'autocritica verso i sovietici; ma lo aiutò anche
il suo vecchio amico Angelo Rizzoli che affrancò
il Partito socialista dal "sostegno" del Partito
comunista di cui Eugenio Reale dette poi conferma
pubblica dopo la sua uscita dal Pci (altrimenti non
ne avrei fatto cenno).
Verso di me non ebbe mai simpatia. Forse mi
attribuiva (ingiustamente) la paternità, o almeno
una corresponsabilità nelle prese in giro che gli
facevano ricordando la sua permanenza al
Laterano, insieme a tanti uomini politici, alimentati
pro tempore dalle mucche di Torre in Pietra che il
conte Carandini aveva trasferito in quell'angolo
extraterritoriale per sottrarle alle razzie dei
nazifascisti. Ma è più probabile che legasse la mia
persona ai momenti di scontro nel 1945, quando
per un attimo era stato vicino a raggiungere la
presidenza del governo. Io ero allora poco più di
un ragazzo, ma ero stato testimone in riunioni per
lui di poco grato ricordo. Penso questo perché
notai un particolare accanimento quando in
agrodolce fu costretto a votare un Governo da me
presieduto all'insegna della solidarietà nazionale.
Ma tra le sue movimentate stagioni politiche
mi piace ricordare il discorso di commento alla
Pacem in terris che andò a fare a New York in un
convegno promosso dal vicepresidente americano
Humphrey. Al ritorno, Paolo Vi lo invitò e gli fece
dono di un orologio che era stato di Giovanni
XXIII. Mi sembrò quel giorno autenticamente
commosso.

18-2-1947

Pietro Nenni: Tutta la vostra stampa da mesi


e mesi dimostra, signori di destra, totale
incapacità a valutare i problemi della politica
estera italiana.
Luigi Filippo Benedettini: Meno della
vostra. Al solito i capaci sono sono i sinistri.
Pietro Nenni: Anche la posizione della Dc ci
è causa di profonda inquietudine. (Commenti al
centro.)
Cesario Rodi: Siamo alle solite: soltanto la
sinistra ha il cervello.
Pietro Nenni: La fase della decadenza è
incominciata dopo la guerra del 1914-18 ed è
stata contrassegnata dal tradimento borghese
della libertà e della democrazia.
Antonio Capua: Hanno cominciato i
socialisti nel 1919.
Leonardo Miccolis: Mussolini era
socialista.
Pietro Nenni: Stiamo pagando a prezzo di
sofferenze e di sangue i delitti del fascismo e
dei Savoia.
Luigi Filippo Benedettini: I Savoia hanno
fatto l'unità d'Italia. Ricordatelo. (Interruzioni a
sinistra, rumori.)
Pietro Nenni: Se, per amore di contrasto, mi
piacesse dirmi monarchico, sarebbe forse in
difesa di un sistema di governo, non già di una
dinastia che ha lasciato l'Italia a Pescara nelle
condizioni che tutti conosciamo. (Applausi a
sinistra.)

19-6-1947
Pietro Nenni: Io metto in dubbio che
l'America protestante abbia un entusiasmo
delirante per il nostro Governo cattolico
apostolico e romano. (Commenti al centro.)
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Fa un bel servizio al Paese!
(Commenti a sinistra, applausi al centro.)

17-12-1947

Pietro Nenni: Siamo qui al nostro posto,


fedeli alla linea politica che è stata sempre
quella del socialismo del nostro Paese.
Umberto Calosso: Da Mussolini in là?
(Rumori all'estrema sinistra, scambio di
apostrofi.)

11-6-1948

Pietro Nenni: Voi non avete saputo


opporre che le illusioni del soprannaturale,
della religione, della metafisica chiamate a
sostegno dell'ordine borghese e capitalista.
Giuseppe Bettiol. Cose pazzesche.

16-7-1948

Pietro Nenni: Non potevano non


ravvicinare la situazione di oggi a quella del
1924.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Non per gli uomini. É un'infamia. É
stampato nei vostri comunicati del Fronte
popolare.
Pietro Nenni: Non per gli uomini, ma gli
uomini contano poco.
Alcide De Gasperi: COntano gli uomini e
le coscienze, soprattutto. (Vivissimi applausi
al centro.)

30-11-1948

Pietro Nenni: Parlo della disobbedienza


civile come inevitabile conclusione della
vostra politica... (Rumori al centro e a destra,
scambio di apostrofi tra l'estrema sinistra e il
centro.) ...A questo proposito tengo a dire
all'onorevole De Gasperi che se sente il
bisogno di accusarci di antipatriottismo lo
faccia personalmente e non per l'interposta
persona dell'onorevole Pacciardi.
Randolfo Pacciardi, ministro della Difesa:
Me lo prendo da me l'incarico. Siamo in un
regime libero adesso. Non è il regime fascista
questo. Quando l'onorevole Nenni era
repubblicano è andato in guerra anche sotto la
monarchia.
Pietro Nenni: Da Mazzini, a Eugenio
Chiesa, allo stesso Pacciardi (se valesse il
conto di invocarlo a testimone) molte volte i
repubblicani non hanno esitato a fare appello
alla diserzione e alla insurrezione.
Randolfo Pacciardi. Mai quando si trattava
di difendere l'Italia. (Vivi applausi al centro e
a destra.)
Pietro Nenni: Se dovessimo formulare
l'ipotesi che ci ripugna della terza guerra in
atto, la vostra politica farebbe dell'Italia la
Cina dell'Europa. I vostri alleati ci
chiederebbero uomini e sangue giacché da
grandi signori come sono amano far fare la
parte più dura della guerra agli altri.

4-12-1948

Pietro Nenni: Il presidente del Consiglio


ha ripetuto di bel nuovo la difesa del Patto di
Bruxelles, già fatta nel discorso di Trento.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: É per riguardo ai suoi colleghi
socialisti.
Pietro Nenni: Se fosse una cosa innocente,
un patto puramente difensivo gli direi di
firmarlo; ma perché il vicepresidente del
Consiglio Saragat si batte contro l'adesione al
Patto?
Giuseppe Saragat, vicepresidente del
Consiglio: Vi è un patto, pacifico, tra Svezia e
Norvegia; ma non vi aderisco perché non mi
riguarda.
Alcide De Gasperi: Il patto tra Svezia e
Norvegia è limitato ai Paesi renani.
Pietro Nenni: No. Il Patto di Bruxelles è
aperto a quanti vogliono aderirvi.
Giuseppe Saragat: Onorevole Nenni,
faccia la critica ai Patti che legano il blocco
orientale. La faccia qui. (Applausi al centro e
a destra.)
Pietro Nenni: Onorevole Saragat, si
risparmi una inutile sciocchezza.

11/12-3-1949

Pietro Nenni: É certamente una decisione


altrettanto grave di quella che il governo
fascista prese nel 1939 quando firmò il "patto
d'acciaio" e lo illustrò al Paese come tendente
a preservare la pace europea. (Proteste e
applausi.)
Silvio Geuna: De Gasperi non è Mussolini.
Giancarlo Pajetta: Lei era d'accordo anche
allora!
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Io non faccio l'aggressore come
Mussolini. (Applausi e rumori.)
Pietro Nenni: Onorevole De Gasperi, ci
sarà chi lo farà per conto vostro e voi vi
metterete al suo servizio.

9-5-1949

Pietro Nenni: ..."Se i partiti" ha scritto


Luigi Sturzo "continueranno a presentarsi nel
semplice dilemma di comunismo o
anticomunismo, non si arriverà mai a formare,
a creare quell'ambiente adatto a dare dottrina,
tradizione, personalità alla nuova classe
politica italiana e sarà un danno per il Paese."
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Sono d'accordo.
Pietro Nenni: Ne sarei lieto...
Alcide De Gasperi: Bisogna però essere in
due. (Si ride.)

17-11-1949
Pietro Nenni: La maggioranza è più forte
nel Parlamento che non nel Paese.
Giovanni Gasparoli: Questa è una
affermazione gratuita.
Pietro Nenni: Conoscendo gli uomini oso
prevedere che fra alcuni mesi vedremo
l'onorevole Romita ministro del Governo del
18 aprile e del Governo del Patto Atlantico.
Leone Marchesano: In ricompensa di
quanto egli ha fatto il 2 giugno! (Commenti.)

6-8-1951

Pietro Nenni: Onorevole De Gasperi,


saremmo arrivati a questa situazione se nel
1948 o al più tardi nel 1949 avessimo chiesto
l'applicazione dello statuto di Trieste?
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Saremmo in una situazione ben
peggiore.
Pietro Nenni: Prendo atto della sua
dichiarazione e gliene lascio la responsabilità.
17-6-1952

Alcide De Gasperi, presidente del


Consiglio: Comunque risponderò sia
all'onorevole Togliatti, sia all'onorevole Di
Vittorio, esponendo il mio pensiero sopra le
direttive politiche del Governo, da uomo
responsabile.
Pietro Nenni: Sovente non lo è... (Proteste
al centro e a destra.)

4-12-1952

Pietro Nenni: Ottenere il nostro consenso


nel constatare quanto sia deplorevole che alla
Camera dei deputati le discussioni finiscano in
una colluttazione è facile. Ma limitarsi a
deplorare un fatto e fingere di non vedere le
cause che l'hanno determinato è una ipocrisia.
Presidente: L'ipocrisia sarebbe mia?
Pietro Nenni: Non lo so. É delle cose,
signor presidente.
6-3-1953

Pietro Nenni: Nessuno fra i reggitori dei


popoli ha lasciato dietro di sé, morendo, il
vuoto che lascia Giuseppe Stalin. Da ieri sera
manca qualche cosa all'equilibrio del mondo.

2-3-1954

Luigi Preti: Siete stati voi che avete


parlato di alternativa socialista e poi non avete
ancora dimostrato nemmeno una volta, dall'8
giugno in poi, di comportarvi diversamente dal
Partito comunista.
Pietro Nenni: Che cosa abbiamo trovato
dall'altra parte? Scelba!

16-10-1957

Pietro Nenni: Onorevole Pella, nello


zucchero filato del suo discorso mi pare che
questo sia il solo elemento solido, ma è un
elemento difficile da inghiottire o da digerire.
Antonino Dante: Si prepara un altro premio
per lei, onorevole
Nenni. (Proteste a sinistra.)

5-2-1958

Pietro Nenni: Stia certo, onorevole


Fanfani, che noi voteremo il suo ordine del
giorno.
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Per questo non lo presento. (Si ride
al centro.)

16-7-1958

Pietro Nenni: Onorevole Fanfani, nel 1954


ella si rivolgeva ai monarchici e ai fascisti,
non ai socialisti. In verità emerge la tendenza a
vedere negli alleati che sollecita e invita dei
numeri soltanto; vale a dire che per lei
socialdemocratici, repubblicani, liberali,
monarchici, fascisti sono esattamente la stessa
cosa, purché concorrano a mantenere in vita un
Ministero.
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Ella ci ha parlato per un quarto
d'ora di numeri rispetto al 1952, quindi può
essere considerato un maestro in questo
campo.

12-7-1960

Pietro Nenni: Il neofascismo rappresenta


soltanto una minoranza assolutamente
trascurabile.
FIlippo Anfuso: Allora perché ci volete
sciogliere?
Pietro Nenni: Direi: la coda velenosa del
ventennio.
Filippo Anfuso: Allora sparate sulle
mosche.
Pietro Nenni: Quando agli agitatori una
assai lunga, ahimè, personale esperienza di
quando tiravo sassi che oggi non tiro più...
Arturo Michelini: Vecchio "balilla"!
Pietro Nenni: ...mi consente di dire che
essi oggi non significano nulla.

4-8-1960

Pietro Nenni: Non possiamo approvare la


presenza dell'onorevole Scelba al ministero
dell'Interno... Non ci soddisfa la presenza
dell'onorevole Pella al Bilancio... La presenza
al ministero degli Esteri dell'onorevole Segni
non ci sembra garanzia sufficiente... Non
potevamo pregiudicare una favorevole
congiuntura politica perché l'onorevole
Andreotti resta abbarbicato come un'ostrica
alla Difesa o perché all'onorevole Spataro non
è stata data licenza di tornare al suo paesello o
perché questo o quel ministro sono, a nostro
giudizio, di troppo o non sono al loro posto.
Giulio Caradonna (indica il banco del
Governo): Adesso vi epurano, state attenti.
Pasquale Schiano: Stia zitto. Non è questo
il posto dei fascisti.

20-9-1961

Pietro Nenni: L'orologio del nostro


ministro degli Esteri è rimasto fermo alla
ormai tramontata politica del binomio Foster
Dulles-Adenauer che tanto male ha fatto
all'Europa e al mondo. (Applausi a sinistra.)
Giuseppe Bettiol: Il suo orologio è sull'ora
di Mosca.
Pietro Nenni: Ma il presidente del
Consiglio contro chi ha dovuto difendersi
dall'accusa di tradimento sospesa su di lui per
essere andato a Mosca?
Giuseppe Bettiol: Ma questo è farneticare.
É fuori di ogni limite.

6-3-1962

Pietro Nenni: Di Fronte popolare si parla


in Francia dinanzi alle provocazioni e ai delitti
dell'Oas; se ne parla in Spagna come di un
modo per liquidare la dittatura di Franco; se ne
parla cioè dove vi è una situazione di estrema
destra.
Alberto Ferioli: E oltre cortina, dove vi è
il comunismo?
Pietro Nenni: Non si parla certo di Fronte
popolare.

19-10-1970

Lucio Libertini: ...Poiché è presente


l'onorevole Nenni, voglio approfittarne per
ricordargli un punto del documento economico
del Governo Moro-Nenni. É del 1964. É ormai
lontano quel tempo. Sono diventato vecchio
anch'io.
Pietro Nenni: Si figuri come lo sono
diventato io.
Tonengo il battitore
A esser sinceri, più che per le sue vivaci
interruzioni il deputato piemontese Matteo
Tonengo divenne noto per la forza fisica su cui il
gruppo parlamentare democristiano fu costretto a
far ricorso in una stagione parlamentare nella
quale le aggressioni in aula non erano solo
verbali. Avevamo costituito una piccola force de
frappe che prendeva posto strategicamente al
centro; e quando partivano gli esagitati di sinistra
li bloccava con molta... convinzione. Facevano
parte di questa pattuglia di nostri vigilantes, oltre
Tonengo, il ferroviere veronese Umberto Tomba,
il contadino Carlo Stella (il cui collo taurino
incuteva rispetto a distanza) e la medaglia
d'argento Eugenio Spiazzi, anch'egli deputato di
Verona. Quando l'urto avversario diveniva
massiccio, i quattro saltavano sul banco delle
commissioni e roteando le braccia disperdevano
la piccola orda inferocita. Una volta soltanto un
attaccante riuscì a superare la barriera e a
raggiungere con intenzioni ostili il banco del
Governo; fu bloccato dal partigianissimo Achille
Marazza al quale il siculo barbiere - tale era la
professione del soggetto - riuscì peraltro a
infliggere un morso abbastanza profondo alla
mano.
Tempi lontani, questi. Era giusto dare a
Tonengo un posto in Corte d'onore.

30-9-1947

Matteo Tonengo: Avete copiato da


Tonengo! (Commenti.)
Palmiro Togliatti: Ma se sono d'accordo
con lei, onorevole Tonengo, perché dovrei
vergognarmene? E perché ella dovrebbe
vergognarsi di essere d'accordo con noi?

30-10-1948

Presidente: Onorevole Tonengo, la prego di


abbandonare l'abitudine di intervenire ogni tanto
con le sue interruzioni.
Guido Russo Perez: Lo lasci fare, signor
presidente, tanto non sa fare altro!

30-11-1948

Pietro Nenni: Le due crisi del 1947


cambiarono fondamentalmente la fisionomia
del Governo repubblicano.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Siete stati voi che vi siete divisi.
Pietro Nenni: Una volta mi permisi di
definire l'onorevole
De Gasperi una specie di Pietro l'Eremita
della crociata antibolscevica.
Matteo Tonengo: Certo non ha mai vissuto
nei conventi come ci ha vissuto lei. (Si ride,
commenti.)
Pietro Nenni: Caro Tonengo, c'era anche
De Gasperi assai prima di me e fu allora che,
fosse disgrazia o fortuna, finimmo per crederci
amici.
Alcide De Gasperi: Siamo amici.
Pietro Nenni: Allorché leggo il discorso di
Trento sono tentato di vedere nel presidente
del Consiglio un padre Lombardi che ha
sbagliato vocazione. A Carrara parla come
presidente del Consiglio, ma a Trento si
insabbia in una polemica ideologica.
Matteo Tonengo: Ma è l'età: fra dieci anni
lo farà anche Nenni.

3-12-1948

Carlo Sforza, ministro degli Affari esteri:


...Sono gli unici documenti, sono le sole offerte
di impegni che noi abbiamo fatto. Lo confermo
solennemente a nome del Governo della
Repubblica.
Giancarlo Pajetta: E il resto l'ha detto
Gorresio.
Carlo Sforza: Impari dall'onorevole
Tonengo a fare delle interruzioni spiritose.

4-12-1948
Pietro Nenni: L'onorevole Mondolfo
avrebbe potuto parlare semmai, secondo i
vecchi schemi girondini o del socialismo
quarantottesco, di guerra rivoluzionaria (nella
quale io ebbi il torto di credere nel 1915).
Matteo Tonengo: Ma allora era più puro.

15-3-1949

Palmiro Togliatti: Ha ragione l'onorevole


Nenni: la questione che voi sollevate pone il
problema di una nuova consultazione popolare.
Matteo Tonengo: Anche sulla monarchia,
allora! (Si ride.)
Palmiro Togliatti: Onorevole Tonengo, si
auguri che con l'approvazione del Patto
Atlantico non venga approvata qualche
clausola segreta con la quale si imponga
persino a lei di bere la Coca-Cola anziché il
vino dei colli dell'Astigiano. (Si ride.)

10-7-1951
Giuseppe Di Vittorio: ...a liquidare la
monarchia e a dare una Costituzione
democratica al nostro popolo...
Matteo Tonengo: Il nostro appoggio è stato
uno sbaglio.
Una voce all'estrema sinistra: Bella
confessione!
Matteo Tonengo: Sono monarchico, anche
se sono democristiano. Sono uno degli undici
milioni di italiani che hanno votato per la
monarchia!

1-8-1951

Guido Russo Perez: Per certi estremismi


sono state approvate delle leggi speciali, e
altre ne sono state vagheggiate; per i comunisti
non avete avuto il coraggio - lasciatemi dire la
parola - di applicare neanche le leggi comuni.
Michele Sala: Ritorni a fare lo squadrista
come nel 1919!
Matteo Tonengo: Lo faceva Pietro Nenni,
allora.
4-8-1951

Giuseppe Saragat: Abbiamo avuto


l'impressione che questa sinistra democristiana
mirasse più che altro a questo: a fare una
concorrenza alle forze socialiste democratiche,
per sostituirsi a esse, nella speranza di poter
formare un governo monocolore, in cui essa
rappresentasse la sinistra.
Matteo Tonengo: Quelli della sinistra
democristiana sono dei pesci rossi che
guizzano nell'acqua santa! (Commenti, si ride.)

15-11-1951

Fausto Gullo: Sentite, voi gridate per il


gusto di gridare. Io domando a ciascuno di voi:
prima di ascoltare in questo momento il
ministro dell'Interno, chi di voi ha sentito
esporre qui alla Camera qualcosa che si possa
chiamare programma di attività per andare
incontro alle vittime delle alluvioni?
(Interruzioni al centro e a destra.)
Enrico Sailis: Tre o quattro volte ogni
giorno.
Fausto Gullo: Nessuno di noi lo ha sentito.
Signor presidente, domando al Governo se
esso crede opportuno o meno che il
Parlamento intervenga direttamente nel
predisporre i mezzi migliori per andare
incontro alle vittime delle alluvioni.
Gioacchino Quarello: Lo sta facendo.
Matteo Tonengo: Onorevole Gullo,
cominci a mettere a disposizione degli
alluvionati i suoi capitali! (Commenti.)

15-1-1952

Matteo Tonengo: Se anche metteremo la


palla bianca nell'urna bianca, non abbiamo
ancora portato il cervello all'ammasso, come
voi.
Giancarlo Pajetta: Il cervello bisogna
averlo per portarlo all'ammasso!
Gullo e l'abate Gioacchino
Non è per il suo curriculum ministeriale,
all'Agricoltura e alla Giustizia, che l'onorevole
Fausto Gullo entra in questa ... galleria. Altri
comunisti - Mauro Scoccimarro e Antonio Pesenti,
a esempio - emersero maggiormente nei governi
del Comitato di Liberazione Nazionale. Ma il
brillante avvocato cosentino fu alle Camere di una
particolarissima attività, anche interruttiva, di cui
avrei dovuto proprio io (e non so il perché) farne
le spese. Con altri calabresi, infatti, anche dello
stesso partito di Gullo o affini, ero in ottimi
rapporti: tra essi Francesco Spezzano ed Enrico
Molè, che portava sempre con sé il rosario che era
stato di sua madre e al quale - con mio grande
rammarico - furono negati i funerali religiosi in
applicazione di una severità canonica per il resto
quasi inapplicata.
Credo che Gullo fosse fino alle midolla
proteso verso quella intransigenza
antidemocristiana (la sua amicizia con Segni, che
aveva avuto come sottosegretario, era
un'eccezione sul piano personale) che non doveva
tralasciare occasione per cercar di colpire il
nostro partito. E io mi trovavo in prima fila,
suscitando anche qualche diffusa invidia per la
fiducia di cui godevo da parte di De Gasperi.
In una delle polemiche in cui si è cercato
ciclicamente di coinvolgermi - il caso Giuffrè - i
comunisti furono molto contrariati dal fatto che io
portassi in aula una memoria dell'autorevole
Massimo Severo Giannini secondo la quale per
violare la legge bancaria occorre l'abuso
congiunto nella raccolta del risparmio e nella
concessione di credito. Ma più di tutto li irritò la
esibizione, che feci, di un libretto di risparmio
emesso dalle cooperative emiliane. Quindi, posto
che fosse stato reato, il Giuffrè, da me prima e
dopo sconosciuto, sarebbe stato in buona
compagnia. E sembra che il collegio dei deputati
giuristi che aveva tentato incautamente l'affondo
fosse stato preso a male parole dai dirigenti del
gruppo comunista.
21-12-1948

Fausto Gullo: Come è stato detto


dall'amato presidente l'altro ramo del
Parlamento ha già approvato il disegno di
legge.
Presidente: Onorevole Gullo, ringrazio
dell'amato, ma sono costretto a dirle di
concludere.

21-4-1950

Fausto Gullo: Iivi allu fuoco pe li cucinare


a gatta mi pisciatte li carvuni (andai al
focolare per cucinare i piccioni, ma il gatto
aveva orinato sui carboni ardenti e li aveva
spenti). Sentite, onorevoli colleghi, quanta
tragedia è in questi versi di un canto popolare?
E tutti i canti della mia terra sono così: mai un
accento di letizia.

25-9-1957
Francesco G' Bettiol: Ai comuni
amministrati dalla Democrazia cristiana non le
fate mai le ispezioni, vero? (Commenti.)
Fausto Gullo: Il comune di Spezzano della
Sila, il mio comune, onorevole ministro...
Ferdinando Tambroni, ministro
dell'interno: É un residuale patriarcato: il
patriarca è lei. (Proteste a sinistra.)
Fausto Gullo: Stia tranquillo che non sono
un patriarca; sono un cittadino che vede questi
arbitrii e sente il preciso dovere di
denunziarli. Voglio augurarmi che ella pure
senta...
Una voce di sinistra: É una vergogna!
Ferdinando Tambroni: Non dica parole
grosse, perché io parlo sempre correttamente e
non le tollero. Signor presidente, se si continua
con parole ingiuriose, io abbandono l'aula. Io
non ingiurio mai: ho detto patriarcato e in
questa espressione non v'è nulla di ingiurioso.
Fausto Gullo: Mi spieghi allora che cosa
ha voluto dire, onorevole ministro. É una
parola senza senso quella che ella ha usato ed
è doloroso che un ministro dica parole senza
senso. Sono un cittadino che vede da vicino
questi arbitrii e che sente il dovere di
denunziarli. Se l'onorevole ministro non sente
quello di ascoltare, è altra cosa.

1-7-1959

Fausto Gullo: Rileggevo l'altro giorno in


questa ricorrenza centenaria del Risorgimento
un libro poco conosciuto dal titolo I Mille da
Genova a Capua, di Giuseppe Bandi,
livornese. In questo libro è descritto un
doloroso episodio accaduto proprio nel mare
di Paola, cittadina della mia provincia di
Cosenza. Era fermo in quel mare il piroscafo
in cui erano saliti, nella marcia verso Napoli, i
combattenti della spedizione dei Mille e
l'irruente Nino Bixio aveva dato ordine che
tutti dovessero stare in piedi. Ma quattro tra
essi erano così stanchi che si buttarono a terra.
Irruppe Bixio, vide che essi avevano
disobbedito e con il fucile preso dalle canne
diede dei colpi vigorosi che ne uccise uno e
ferì gravemente gli altri tre. Ella, onorevole
ministro, ha saputo che Nino Bixio sia stato
processato per questo?
Guido Gonella, ministro di Grazia e
giustizia: Secondo l'articolo 8 sarebbe
amnistiato. (Commenti a sinistra.)
Fausto Gullo: É un fatto tale per cui anche
il Bandi, uno dei Mille anche lui, compagno di
guerra e ammiratore di Nino Bixio, restò
perplesso e turbato. Con il codice di guerra al
quale ella, onorevole ministro, si è riferito,
Nino Bixio era punibile senz'altro. Ma sono
richiamabili queste norme in una guerra
partigiana? Ecco dove è la ragione
determinante di una particolare interpretazione
con la quale debbono essere accolti questi
fatti. Si dice: Moranino ha ucciso; dimostrateci
che si è riunito il tribunale di guerra, che quel
tribunale ha rispettato le particolari norme
segnate nel codice di guerra e cui il ministro fa
così opportuno richiamo. Tutto ciò non vi è
stato? Allora siamo di fronte a un delitto
comune! Ma questo è pazzesco, è antistorico,
questo lo può pensare soltanto chi nega le
profonde ragioni ideali che sono state alla
base della lotta partigiana. (Vivi applausi a
sinistra.)
Guido Gonella: Abbiamo fatto il nostro
dovere. (Applausi al centro.)
Fausto Gullo: Nessuno lo mette in dubbio.
Onorevole ministro, se il mio animo in questo
momento è pervaso da un'inquietudine di cui
ella forse non valuta tutta l'intensità, ciò deriva
dal fatto che se su quel banco fosse seduto un
fascista, non mi meraviglierei di ciò che
accade. (Applausi a sinistra.) Mi meraviglio
appunto perché non vi è seduto un fascista; è
strano che ella, non essendo stato fascista,
assuma ora un certo atteggiamento.
Guido Gonella: Ella vuole estendere il
provvedimento a tutti coloro che hanno
commesso reati. In questo disegno di legge i
partigiani hanno tutti i benefici, perché non vi è
il soggetto politico.
Fausto Gullo: Non è esatto; perché allora
mi dovrebbe spiegare per quali ragioni vi sono
stati provvedimenti di clemenza indubbiamente
più larghi, più estesi di questo che stiamo
discutendo, e ciò nonostante si sono potuti dare
casi che ella stessa giudica anormali, che ella
stessa giudica che siano da rimuovere...
Guido Gonella: Erano indulti, non erano
amnistie. Nel 1953, ad esempio, si è trattato
d'indulto.

26-5-1961

Fausto Gullo: Il presidente del Consiglio


ricordi che egli ha trovato onesta accoglienza
in una regione in cui è ancora vivo il dovere
dell'ospitalità. Ma ciò non toglie che il suo
viaggio sia stato perfettamente inutile, forse
anche dannoso. I viaggi, del resto, sono poche
volte necessari, anche nel campo
dell'elaborazione artistica. É stato giustamente
osservato che il grande artista, il grande poeta
non ha bisogno di muoversi dal suo studio per
descrivere un meraviglioso viaggio. La nostra
letteratura conosce il viaggio di Dante, il quale
ha descritto l'inferno senza essersi mai mosso
da casa sua...
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Dante, per la verità, viaggiò
moltissimo, anche se non andò all'inferno.
Fausto Gullo: Per conoscere, invece,
l'inferno della Calabria ella, onorevole
presidente, ha ritenuto necessario compiere un
viaggio, la cuiutilità davvero non comprendo.
Ella ha veramente pensato di poter conoscere i
problemi della regione trascorrendo in essa
cinque giorni e percorrendola in automobile, a
volo d'uccello, anzi a volo di Gagarin?

10-3-1965

Fausto Gullo: L'onorevole Malagodi,


l'avallatore commosso dell'iniziativa privata
ha fatto un appello al Partito socialista.
Giovanni Malagodi: Perché riconosca
l'iniziativa privata, perché compia finalmente
una scelta definitiva.
Fausto Gullo: Siamo perfettamente
d'accordo. Ma il Partito liberale rappresenta
forze che sono ferme lì dove sono, che non
cedono per nessuna ragione...
Giovanni Malagodi: Per quelle del buon
senso.
Giancarlo l'interruttore
Mi domando talvolta come sarei stato io se
avessi passato in un carcere politico tutta la mia
giovinezza. Per questo non mi son mai sentito di
pensare con severità a Giancarlo Pajetta quando
nei primi tempi la sua virulenza oltrepassava i...
limiti del dialogo parlamentare. Ma c'è di più. Il
collaudo della prigione dimostra che le
convinzioni sono profonde e l'aver tenuto duro
così a lungo soffrendo conferisce a un uomo
rispettabilità morale assoluta.
Di buonissime letture e parlatore molto
efficace, Pajetta è tuttora in Parlamento uno degli
elementi di spicco, piuttosto temuto per la sua
incisiva causticità dagli avversari; e forse dai più
nuovi del suo partito visto come un valorosissimo
reperto archeologico.Non ha mai perduto una
marcata indipendenza di giudizio in qualsiasi
direzione, compresa l'Unione Sovietica nei tempi
più fideisti. Anticipò in un certo senso l'esigenza
del loro rinnovamento; e quando vennero in visita
a Roma alcuni membri del Soviet Supremo notai
che i suoi rapporti con il capodelegazione
Ponomarëv erano piuttosto freddi. In un'altra
occasione, sempre con i sovietici, avvenne un
episodio quasi divertente.
Si teneva a Roma nel settembre 1982 la
Conferenza dell'Unione interparlamentare e la
rappresentanza dell'Urss era guidata
dall'onorevole presidente del Soviet delle
Nazionalità, il baltico onorevole Ruben. Ai
margini dei lavori ufficiali tenemmouna riunione
informale di Commissione esteri iniziata con il
ringraziamento di Ruben per il "buon consiglio"
che io gli avevo dato al mattino. Si trattava della
partecipazione all'udienza pontificia, alla quale
nella precedente sessione romana i sovietici non
avevano partecipato. Ruben era preoccupato che il
papa potesse nel discorso fare cenni polemici
sulla situazione polacca; e io lo avevo rassicurato,
potendo essere più che certo che il pontefice non
avrebbe messo in difficoltà i suoi ospiti. Tutto era
andato benissimo in Vaticano e Giovanni Paolo II
aveva intrattenuto uno a uno i capi delegazione
parlando con Ruben in russo (che l'ambasciatore
Rijov definì "preciso, ma un po' classico").
Ruben mi aveva meravigliato sottolineando
con enfasi un passo del discorso del papa sulla
indissolubilità del concetto di libertà ("è un
prisma di cui la libertà religiosa non è che una
della facce; senza libertà non c'è libertà religiosa e
senza libertà religiosa non c'è libertà").
Nella riunione del pomeriggio Ruben illustrò
la situazione del suo Paese e, riferendosi alla
produzione agricola, disse per due volte che, dopo
anni di magra, per grazia di Dio si aveva una
stagione molto abbondante. Pajetta (che parla il
russo) lo interruppe con una battuta spiritosa:
"Dici per grazia di Dio per far piacere ad
Andreotti". Ruben non raccolse, ma quando fu il
momento di congedarsi mi disse: "Io sono luterano
e non un senza Dio come il compagno Pajetta".
Il 2 luglio scorso quando si è aperta la X
legislatura l'elenco, già striminzito, dei superstiti
del 1945-46 (COnsulta e Costituente) in cui siamo
Pajetta e io è risultato ancora più esiguo.
Dobbiamo tener duro. Possibilmente anche per le
legislature future, cui occorre augurare regolare
durata.
24-9-1948
Giancarlo Pajetta: Sono stati i suoi amici a
farci perdere le colonie.
Roberto Mieville: Noi però siamo andati a
difenderle.
Giancarlo Pajetta: Con un bel risultato.
Roberto Mieville: SI metta d'accordo con
l'onorevole Sforza; fate il paio.
Giorgio Almirante: Soltanto quando ve lo
ordina la Russia, attaccate. Siete dei
rinunciatari.
Giancarlo Pajetta: Vi abbiamo fatto
fuggire. L'unica colonia che avete conquistato
è stata Salò.
8-3-1949
Giuseppe Di Vittorio: Ella, onorevole
Semeraro, ha voluto rimproverare a De Sica,
Blasetti, Gino Cervi e a tanti altri loro colleghi
di essere andati a piazza del Popolo: ebbene
cosa c'è di strano se sono andati in piazza del
Popolo?
Giancarlo Pajetta: Hanno marinato piazza
San Pietro, quel giorno.
26-5-1949
Antonino Cuttitta: Quando l'Inghilterra
vede sorgere uno Stato continentale forte,
promuove una coalizione e riesce a dimostrare
che è interesse di tutti gli Stati europei
combattere questo Stato più forte: questo è il
secondo insegnamento del mio maestro di
quinta elementare!
Giancarlo Pajetta: L'ha promossa a fine
d'anno? (Si ride.)
22-11-1949
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: ...essendomi io recato a inaugurare
lavori di bonifica in Calabria, ove ho avuto
accoglienze molto simpatiche anche da elettori
comunisti...
Giancarlo Pajetta: Noi siamo educati.
26-5-1950
Giorgio Almirante: ...perché non abbiamo
avuto bisogno che passassero tanti anni per
comprendere quale fosse la missione storica
della nostra civiltà, né abbiamo da ricevere
lezioni in proposito.
Giancarlo Pajetta: Fate un annuncio
economico sul "Messaggero"!
7-7-1950
Eugenio Spiazzi: Ma l'avrebbero armata,
almeno la Corea del Sud! Ma che stiamo
dicendo! Se volevano condurre una tattica
così, l'avrebbero armata prima! (Rumori
all'estrema sinistra.) Voi quando c'è la guerra
andate in convento... (Proteste all'estrema
sinistra.)
Giancarlo Pajetta: E lei non è scappato
dalla Russia? (Proteste del deputato Spiazzi.)
Presidente: Onorevole Pajetta, la richiamo
all'ordine, perché non è corretto sollevare una
questione già decisa da una commissione della
Camera.
Giancarlo Pajetta: Volevo dire che non è
scappato da solo, ma che è scappato con
l'esercito, con tutti gli altri.
Presidente: Onorevole Pajetta, ciò le fa
ancor meno onore della sua inopportuna e
ingiusta interruzione.
8-12-1952
Presidente: Onorevole Pajetta, ella
impedisce all'onorevole Tesauro di mantenere
la promessa di essere breve.
Giancarlo Pajetta: É che non è abituato a
parlare in borghese. (Proteste al centro e a
destra.)
17-1-1953
Luigi Preti: ...Vorrei dire bonariamente
all'onorevole Nenni che, se l'onorevole
Saragat non esistesse, egli lo dovrebbe
inventare.
Giancarlo Pajetta: Sarebbe difficile farlo
meglio. (Si ride.)
7-10-1953
Alberto Folchi: ...seppur non sarà stata
questa la causa dello sfondamento di Sedan,
tuttavia è rimasto in me impresso il ricordo di
quel generale tedesco che attraversava a nuoto
la Mosa mentre il suo avversario, grave e
obeso, non riusciva neppure a curvarsi per
mettersi le mollettiere...
Giancarlo Pajetta: Ciò avrebbe dovuto
indurlo a restare sul posto...
19-12-1953
Giancarlo Pajetta: ...Si tratta soltanto di
progetti; ma perché dobbiamo ammettere che a
partecipare a questi progetti siano solo gli
architetti della maggioranza governativa? Io
credo che molti italiani non si fidino delle
capacità dell'onorevole La Malfa di disegnare
la nuova Europa: questo architetto che non è
capace nemmeno di progettare la costruzione
di una modesta casa per il Partito
repubblicano!
Randolfo Pacciardi: La smetta con questi
personalismi.
Giancarlo Pajetta: Onorevole Pacciardi,
ella e l'onorevole La Malfa hanno raggiunto il
non invidiabile privilegio di essere soli e male
accompagnati.
2-3-1954
Luigi Preti: Onorevole Pajetta, ella non
riesce a perdere il vizio di interrompere:
evidentemente, vuole che tutti i giorni il suo
nome compaia sui giornali borghesi...
Giancarlo Pajetta: Ma il suo nome ha
rischiato di non essere fra quelli dei deputati.
2-8-1954
Domenico Leccisi: Il Partito comunista
nell'Iri ha un suo ottimo campo tattico e
strategico, ha le sue cellule, ha perfino le sue
diramazioni rivoluzionarie come le ha nelle
municipalizzazioni.
Giancarlo Pajetta: Sì, come no!
Domenico Leccisi: Voi lo sapete
perfettamente, il ministero dell'Interno lo sa e
non interviene. Date pure l'autonomia,
concedete tutto quello che volete a questi
organismi, poi, un bel giorno, ella onorevole
Pastore, sarà costretto a imbarcarsi su un certo
battellino rosso che non so per dove salperà al
momento opportuno. Ma ella sicuramente si
salverà.
Giancarlo Pajetta: La vedo già trafugare la
salma dell'onorevole Pastore... (1)
30-9-1954
Mario Scelba, presidente del Consiglio:
...A distanza di quattro giorni dalla chiusura
del dibattito svoltosi al Senato sullo stesso
tema e ove la posizione del Governo è stata
ampiamente spiegata, sarebbe difficile dire
cose nuove.
Giancarlo Pajetta: E se ci parlasse di
Giuliano? (Proteste al centro.)
18-10-1954
Giuseppe Bettiol:... Per esempio, attacco
militare in Corea con offerte di distensione a
Parigi, attacco in Indocina con proposte di
riduzione di armamenti all'Onu, minaccia di
attacco a Formosa con proposte per il
regolamento pacifico sul problema triestino e
lettera di Vy`sinskij che accetta il
memorandum di intesa con l'intento unico di
rompere con il disorientamento, con la
blandizia, con l'intimidazione la solidarietà dei
popoli liberi, per far passare poi su di loro il
rullo compressore del totalitarismo politico.
Giancarlo Pajetta: Abbiamo lasciato Hegel
e siamo passati a Bettiol!
21-9-1955
Roberto Cantalupo: ...Il "Corriere della
Sera", che non è certamente un giornale nostro,
che per cinque anni si è battuto per la
federazione europea, per l'integrazione, per
l'unificazione del continente, per tutte le teorie
che voi ancora perseguite, e nelle quali noi
abbiamo avuto sempre scarsa fede, il
"Corriere della Sera", per la penna anonima,
ma facilmente riconoscibile del direttore
Missiroli, del vostro, del nostro, del loro
Missiroli, perché Missiroli è di tutti, e in
questo è veramente equanime... (Commenti.)
Giancarlo Pajetta: Nostro sarà nel futuro...
11-10-1955
Presidente: Onorevole Cavallari, voglia
adottare uno stile più cortese, tanto più che
l'onorevole Riccio è stato suo professore.
(Commenti, siride.)
Stefano Riccio: E l'ho anche promosso alla
laurea!
Giancarlo Pajetta: Ha fatto tutto male! (Si
ride.)
12-11-1955
Guido Secreto: L'onorevole Ariosto è da
avvicinarsi al vostro collega, presentatore di
un'altra proposta di legge ?l'onorevole
Capalozza*, che non sappiamo cosa dirà.
(Commenti a sinistra.)
Giancarlo Pajetta: Porti con sé anche una
dozzina di ascoltatori!...
14-3-1956
Giancarlo Pajetta: Noi avremmo votato la
legge Martino se l'onorevole Martino non
fosse espatriato (commenti) e se il suo partito
si incaricasse di rappresentarlo.
Giuseppe Saragat, vicepresidente del
Consiglio: L'onorevole Martino non è
espatriato, onorevole Pajetta, non si parla così
di un ministro!
Giancarlo Pajetta: Quando ella sedeva su
questi banchi, aveva il senso dello humour, che
sembra abbia perduto: gli anni le recano
danno. Dico, dunque, che prima che
l'onorevole Martino andasse all'estero, dove
noi gli auguriamo di rappresentare bene gli
interessi italiani (è contento così, onorevole
Saragat?), noi eravamo disposti a sostenere
questa battaglia.
Giuseppe Saragat: L'onorevole Togliatti è
espatriato.
Giancarlo Pajetta: L'onorevole Togliatti è
già tornato. E ha fatto un discorso molto
interessante. (Commenti al centro e a destra.)
Presidente: Cerchiamo di non chiamare in
causa persone autorevoli assenti.
3-10-1956
Roberto Cantalupo: Anche noi abbiamo
avuto i nostri episodi di conflitto con i popoli
arabi, ma abbiamo lasciato...
Giancarlo Pajetta: In Cirenaica avete
assassinato decine di migliaia di arabi.
(Proteste a destra.)
Presidente: Onorevole Pajetta, ella non ha
nessun diritto di rivolgere simili accuse ai
colleghi.
Giancarlo Pajetta: Hanno massacrato la
gente. (Rumori a destra.)
3-10-1956
Randolfo Pacciardi: Il prestigio di un
ministro è facile a conquistarsi in un Paese
ammalato di retorica.
Giancarlo Pajetta: Ella sarebbe già
presidente!.
10-4-1957
Giuseppe Calasso: Se è vero che il vino è
il latte dei vecchi, meglio distribuirlo alle
persone anziane, magari ai senza pensione,
piuttosto che gettarlo in mare...
Benedetto Cottone: In questo caso
nascerebbero problemi di carattere medico.
Giancarlo Pajetta: Ma il vino non fa male.
Benedetto Cottone: Parla per esperienza,
onorevole Pajetta?
Giancarlo Pajetta: Dicevo che non fa male
ai vecchi: e io non sono vecchio.
6-12-1958
Oronzo Reale: ...Però in materia di culto
della personalità (e non parlo della Russia, ma
dell'Italia) anche fisica, in materia di
iconografia, voi comunisti siete stati e siete
sempre maestri. Abbiamo visto infatti le mura
di tutta Italia coperte dalle effigi dei vostri
capi.
Giancarlo Pajetta: Non potevano certo
mettere la sua effigie!
Oronzo Reale: Certo non la mia, anche
perché, a quanto pare, non è molto
affascinante, onorevole Pajetta. Voi siete stati
maestri a tutti in questo e perciò non potete
proporre a noi repubblicani, che siamo un
piccolo partito, di quelli che non possono,
anche se ne avessero voglia, permettersi il
lusso di mettere le fotografie dei propri
dirigenti sulle cantonate.
Giancarlo Pajetta: Onorevole Reale, potete
fare una fotografia in gruppo, formato
gabinetto. (Si ride.)
Oronzo Reale: Per voi ci vuole un
gabinetto molto più grande. (Applausi al
centro.)
13-10-1960
Giancarlo Pajetta: ...Noi abbiamo
accertato, per esempio, che documenti segreti
che dovrebbero rimanere riservati negli
archivi della polizia furono messi in quella
occasione a disposizione di un pregiudicato
che mi pare fosse il marchese Montagna, che
era amico suo...
Mario Scelba, ministro dell'Interno: Era
amico mio quanto amico suo.
Giancarlo Pajetta: Onorevole Scelba, noi
le abbiamo mostrate una fotografia in cui ella
appare come testimone...
Mario Scelba: Sono stato fotografato anche
insieme a lei, e non sono certamente suo
amico.
2-7-1962
Mariano Trombetta: ...E quando dico
cittadino dico anche operaio; anzi nel caso
specifico mi riferisco soprattutto all'operaio.
Giancarlo Pajetta: Chissà com'è contento
quell'operaio!
2-7-1962
Carlo Donat Cattin: ...Non è accaduto nulla
che possa costituire piedistallo al ditirambo
prerivoluzionario che ci ha voluto ammannire
alla fine del suo intervento l'onorevole
Giancarlo Pajetta. Giancarlo Pajetta: Anche il
25 luglio 1943 è stata una giornata
tranquillissima.
Carlo Donat Cattin: Un po' meno. Non
vorrei si tentasse di far diventare storia anche
cose che hanno un significato minore e si
volesse ingrandire, attraverso il lancio di
nuovi culti della personalità, figure che hanno
un rilievo modesto.
Giancarlo Pajetta: Ella vuole percorrere la
strada della santità.
Carlo Donat Cattin: Piuttosto quella della
democrazia.
9-10-1963
Giovanni Roberti: Voi che sapevate tutto,
colleghi comunisti, sapevate anche che Stalin era
un brigante?
Giancarlo Pajetta: Sapevamo che Stalin
avrebbe messo a posto Hitler. (Applausi
all'estrema sinistra, commenti a destra.)
16-12-1963
Ugo La Malfa: Voglio dire francamente
che, a mio giudizio, il generale De Gaulle
avrebbe guadagnato grandi meriti storici se
avesse concluso la sua attività politica con la
liberazione della Francia.
Giancarlo Pajetta: Capita a molti di
peggiorare invecchiando.
2-4-1965
Fausto Gullo: Io ricordo un'opera
mediocrissima da un punto di vista letterario
come Quelle signore di Notari, che nessuno
avrebbe letto...
Giancarlo Pajetta: Gli unici ad averla letta
siete tu e Pietro Nenni.
Fausto Gullo: Hai ragione perché dopo
quel momento della cosa non si parlò più.
14-7-1967
Antonio Cariglia: ...Basterebbe riflettere (i
colleghi mi consentano questa breve
digressione) sull'abissale differenza che esiste
tra reddito pro capite annuo della Libia, per
esempio, che è pari a circa un milione di lire,
e quello dell'Egitto, che è pari a circa 70 mila
lire.
Giancarlo Pajetta: Il fatto che abbiano
trovato 60 milioni di tonnellate di petrolio, non
le dice niente?
20-12-1967
Roberto Tremelloni, ministro della Difesa:
...Il Parlamento sa che io non ho mai cercato
pretesti per eludere i miei doveri di ministro.
Giancarlo Pajetta: Non lo sappiamo.
23-7-1968
Alfredo Covelli: No, l'onorevole De
Lorenzo (onorevole Pajetta, deve sapere anche
questo) è stato in Giappone non per una
concessione del Governo, ma per incarico di
un ente parastatale e in virtù della sua
competenza in tema di cantieri. Egli è
ingegnere navale, oltre tutto.
Giancarlo Pajetta: É poi anche un silurato
oltre tutto. (Si ride.)
27-7-1968
Presidente: I ministri chiamati in causa
hanno in ogni momento il diritto di prendere la
parola.
Giancarlo Pajetta: Hanno anche il diritto di
tacere.
4-4-1973
Giorgio Amendola: Siete partiti con una
svalutazione che doveva essere del 5 per cento
e siete arrivati in poche settimane al 12 per
cento; e se vi troverete, e non vogliamo che sia
così, al congresso della Democrazia cristiana
con il 20 per cento?
Giancarlo Pajetta: Salta il quorum. (Si
ride.)
20-12-1982
Costantino Belluscio: ...Se questo è vero,
non dobbiamo stracciarci le vesti quando
constatiamo l'estrema facilità con cui i vari Ali
Agça di tutto il mondo approdano da noi per
commettere ogni genere di crimine.
Giancarlo Pajetta: Vengono perfino
dall'Argentina a organizzarci la massoneria!
Costantino Belluscio: Siamo in un regime
democratico, in cui la massoneria è ammessa.
Non siamo nell'Unione Sovietica! Giancarlo
Pajetta: Certo! Se fossimo stati in Unione
Sovietica tu non avresti fatto parte della P2!
16-12-1986
Giancarlo Pajetta: ...Ma questa è una pura
parentesi propagandistica: intanto, ognuno di
noi continuerà a votare per il suo partito.
(Applausi all'estrema sinistra.)
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Uno dei due citati da Sarti non era un
indipendente, era l'onorevole Barbi.
Giancarlo Pajetta: No, io ho detto che
avrebbe potuto, diventare indipendente di
sinistra nelle nostre file...
Giulio Andreotti: Anche Barbi?
Giancarlo Pajetta: Perché no?
Giulio Andreotti: Può essere un'offerta per
le prossime elezioni.
Giancarlo Pajetta: Vedo che tu riveli il
segreto delle mie intenzioni! (Si ride.)
NOTE:
(1) L'onorevole Leccisi aveva trafugato la
salma di Mussolini.
Marco (Polo) Pannella
L'abusato ricorso alla ben nota duplicità del
dottor Jekyll e di mister Hyde si può ben evocare
per Marco Pannella. Europeista convinto e tenace
assertore della lotta alla fame nel mondo, Pannella
convive con la sua controfigura che affida ad
atteggiamenti stravaganti una notorietà forzosa. Si
è incatenato alla stazione di Strasburgo per
richiamare invano l'attenzione di quel pubblico;
mentre il tentativo di trasferire in quella assemblea
le birichinerie romane fu stroncato rapidamente
affidando a due commessi l'incarico di portarlo
fuori in una sorta di sedia gestatoria tutt'altro che
trionfalistica.
É stato in prima linea nelle battaglie a favore
del divorzio e dell'aborto; anzi, può dirsi che
senza queste due campagne il Partito radicale
sarebbe forse rimasto al palo. Bloccata invece,
almeno per ora, è stata la propaganda per la
legalizzazione delle droghe leggere.
I radicali - di cui Pannella rivendica paternità,
maternità e baliatico - si sono trasformati in un
movimento, cui si può aderire anche militando in
altro partito. Le porte sono aperte. E a ogni
elezione vi è un ospite d'onore di varia tipologia:
Toni Negri, Tortora, Cicciolina, il difensore
civico autogestito Alberto Bertuzzi (con il quale
ora è in rotta). Che ci riserverà l'avvenire?
Nei cabaret e nelle vignette dei caricaturisti
politici Marco Pannella è stato spesso oggetto di
prese in giro per i suoi digiuni (talvolta totali,
altre volte tra un pasto e l'altro). Non mi sento di
seguirli. Sono testimonianze che hanno un loro
valore e che vanno rispettate. L'ho visto una volta
al terzo giorno di astensione dal bere ed era
veramente prosciugato e tesissimo. Non è materia
su cui scherzare.
28-9-1976
Vincenzo Balzamo: Non esprimiamo la
nostra protesta nei modi dell'onorevole
Pannella, ma sentiamo...
Raffaele Delfino: Lui digiuna!
20-1-1977
Marco Pannella: ...Se c'è la ragazzina, la
"bambina" della quale parlava Piccoli (e
qualche volta c'è, ed è già incinta)...
Una voce a destra: Lasciala partorire, se è
incinta!
Marco Pannella: ...noi, con la nostra legge,
dobbiamo spingerla dalla mammana che le
sfonderà, quasi certamente, l'utero, o
dobbiamo...
Erminio Pennacchini: Dobbiamo spingerla
a proseguire nel corso naturale della
gestazione!
27-1-1977
Marco Pannella: ...Prendiamo atto che tutti,
dai compagni comunisti ai liberali...
Mario Pochetti: Ma che compagni!
Marco Pannella: Pochetti, basta con questa
storia di "ma che compagni!". Almeno siano a
quando, per decreto-legge, questo Governo
non ve la darà in esclusiva...
Mario Pochetti: I compagni ce li scegliamo
noi.
22-2-1977
Luigi Preti: ...É stato detto qui che il
disagio nelle università è grave. Certo questo
disagio è autentico: la scuola facile - tra l'altro
-, con promozioni senza merito per tutti, ha
accresciuto il numero degli spostati; e poi le
difficoltà economiche, di cui tutti siamo
responsabili - partiti e sindacati -, hanno
evidentemente...
Marco Pannella: Lei parli per sé, che è
stato ministro!
16-3-1977
Luigi Preti: Mi permetta anzitutto, signor
presidente, di protestare per un'affermazione
dell'onorevole Pannella, il quale ha affermato
che io avrei criticato in passato la Biennale di
Venezia sotto l'aspetto politico. Io l'ho
criticata, e continuo a criticarla, sotto l'aspetto
artistico.
Marco Pannella: Anche Zavoli!
26-7-1977
Marco Pannella: ...penso che ancora una
volta la sinistra sarà in questo secolo battuta e
noi ci troveremo di nuovo uniti, non più a
guardarci in cagnesco, compagno Pochetti,
come è accaduto in altri momenti della storia,
ma invece uniti nella sconfitta.
Mario Pochetti: Non ci penso neanche!
21-4-1978
Presidente: Questa è la conclusione del suo
discorso, onorevole Pannella? Sembra un
personaggio verdiano: addio, addio, ed è
sempre lì.
Marco Pannella: Signor presidente, devo
dire che un richiamo così risorgimentale mi fa
piacere.
Presidente: L'ho detto molto
simpaticamente, onorevole Pannella.
3-5-1978
Presidente: Onorevole Pannella, la invito a
non ripetere la discussione fatta ieri. Lei sa
che, chiedendo di parlare sul processo
verbale, può soltanto chiarire il suo pensiero.
Quindi, cerchi di attenersi a una più esatta
interpretazione del terzo comma dell'articolo
32 del regolamento.
Marco Pannella: Stavo dicendo che vorrei
chiarire il motivo per il quale mi permettevo a
più riprese di interrompere il presidente su
questo tema...
Alessandro Natta: Chiarisce il termine
"squillo"!
Marco Pannella: Signor presidente, posso
farlo, ma...
Una voce a sinistra: Puoi farlo!
10-5-1978
Marco Pannella: ...Visto che certamente
oggi, per coloro che la combatterono quattro
anni fa, la legge Reale va benissimo...
Alessandro Natta: Va bene!
Marco Pannella: Va bene, come sento dire
dal compagno Natta.
Mario Pochetti: Quale compagno?
10-5-1978
Marco Pannella: ...che questa pregiudiziale
trovi accoglimento, se non nella maggioranza
della Camera, da parte almeno di alcuni
colleghi, i quali sanno che poi molto spesso
non è detto che gli ordini che ricevono sono i
migliori, anche ai fini per i quali vengono dati.
Paolo Guerrini: Gli ordini li ricevi tu dai
missini!
Emma Bonino: Ecco, non lo sapevamo!
Marco Pannella: Poi ti confesserò anche a
che ora Almirante mi ha dato l'ordine! Certo,
me lo hanno dato Almirante, Miceli, Maletti e
il Kgb! (Proteste all'estrema sinistra.)
25-7-1978
Marco Pannella: ...Voglio dire, in questo
che è l'ultimo intervento, signor presidente, che
il deputato che le parla farà sul bilancio della
Camera (non ci sarò, infatti, quando
discuteremo il prossimo)...
Carlo Molè: Speriamo però che ella sia
sempre in buona salute, onorevole Pannella!
4-1-1980
Marco Pannella:Signor presidente, volevo
soltanto dire che a me risulta che usualmente
alle ore 13 - chiedo ciò non solo per ottusa
tradizione, ma per garantire anche quel buon
andamento dei lavori che richiede anche un
minimo di riflessione e di riposo dei
parlamentari - siamo usi sospendere i nostri
lavori per colazione. Noi, come è noto, signor
presidente, ci teniamo particolarmente. Quindi
vorrei chiederle la cortesia...
Franco De Cataldo: Fa la battuta.
Mario Pochetti: Per la fame di Pannella.
23-1-1980 Marco Pannella: Certo, signor
presidente. Devo poi dire che, se
volessi divagare, forse troverei, per farlo,
soggetti migliori. (Si ride.)
Franco Evangelisti, ministro della Marina
mercantile: Ti basta uno specchio!
23-1-1980
Marco Pannella: ...il Cicciomessere non
violento che allora andava in carcere come
obiettore di coscienza, rischiando nelle carceri
militari l'isolamento, essendo considerato un
vile dai violenti "duri e puri".
Italo Briccola: No, anche lui! Marco: tu
quoque, fili mi! (Si ride.)
Marco Pannella: A me hanno detto figlio di
molte cose, ma figlio tuo no! (Si ride, applausi
al centro.)
Italo Briccola: Ti avrei ripudiato!
23-1-1980
Marco Pannella: ...E pensate a quante
riforme sono in sospeso da sette anni, perché
basta un Olcese qualsiasi, promosso, a dire di
no, perché esse non vengano neppure dibattute.
(Interruzione del deputato Lo Bello.) Lo Bello,
cos'hai da fischiare? (Si ride.) Parla!
COncetto Lo Bello: DIcevo: guarda che
così rischiano di crederti!
7-3-1980
Francesco Cossiga, presidente del
Consiglio: ...che voglia garantire la
correttezza, che voglia salvaguardare la
congruità dei comportamenti deve
coraggiosamente prendere conoscenza della
realtà dei fatti e della realtà giuridica a
operare sulla seconda per modificare la prima.
Marco Pannella: Cossiga-Saint-- Just!
Francesco Cossiga: No, onorevole
Pannella, io non sono aristocratico. Io faccio
parte...
Marco Pannella: Certo lei non ha fatto
fuori Robespierre, lei ha fatto fuori soltanto
Giorgiana Masi! (Richiami del presidente.)
18-12-1985
Massimo Teodori: ...Signor presidente...
pregherei anche il signor segretario generale di
consentire al presidente di ascoltare. Forse
sono questioni che la riguardano.
Marco Pannella: Non si danno le spalle
all'Assemblea, signor segretario generale. Le
chiedo scusa, ma ...
Presidente: Onorevole Pannella, scusi...
Marco Pannella: Signora presidente,
ritengo che noi parlamentari ci facciamo
carico di non girare le spalle né a lei, né
all'Assemblea quando saliamo sul banco della
presidenza per parlare con lei.
Presidente: Onorevole Pannella, le
assicuro che questa è un'affermazione del tutto
astratta. Mi dispiace, perché molto spesso il
numero delle schiene rivolte verso di me è
molto numerosa. Anche da parte sua,
onorevole Pannella.
21-5-1986
Francesco Loda: ...anche con un'adeguata
presenza in votazioni di tanto rilievo. Su
questo noi misuriamo il senso di responsabilità
con cui da parte di tutti i gruppi, in particolare
di quelli presenti nella Giunta per il
regolamento, viene perseguita una linea di
modifica regolamentare su cui in quella sede il
consenso si è espresso largamente e in modo
convinto. (Applausi all'estrema sinistra,
proteste dei deputati del gruppo di Democrazia
proletaria e radicale.)
Marco Pannella: Sì, papà.
III - Perché Matteotti?
Mussolini non amava di essere contraddetto. E
ancora meno i suoi fedeli ammettevano che si
potesse in qualsiasi maniera contrastare il "duce".
Nel breve periodo in cui l'opposizione poté
restare in Parlamento l'intolleranza verso la critica
arrivò a un parossismo micidiale. Anche un
personaggio che avrebbe poi fatto una brillante
carriera nella giustizia amministrativa, in quel
periodo non sembrava affatto servus legum se si
inginocchiava in aula dinanzi al dittatore gridando:
"Duce, scioglieteci le mani" (mi riferisco al
deputato Elia Rossi Passavanti, che conobbi come
reggente della Corte dei Conti).
L'illusione di ricondurre il fascismo nell'alveo
della tradizione costituzionale era durata poco più
dello spazio di un mattino; e la grande paura aveva
fatto approvare la legge maggioritaria con la quale
si voleva dare una parvenza di legalità al regime,
sembra per corrispondere a una esigenza (formale)
imposta dal sovrano. Ma quale valore avevano
elezioni celebrate sotto l'intimidazione e con una
"vigilanza" massiccia delle squadre di picchiatori
e di prepotenti distributori di olio di ricino?
Mentre alcune figure della vecchia democrazia
erano finite pedissequamente nel listone e si
trovavano quindi malamente compromesse - a Dio
spiacenti e ai nemici sui - altri leader sfogavano la
loro rabbia antifascista altrove, disertando le
sedute. Il carteggio tra Filippo Turati e la
Kuliscioff, pubblicato qualche anno fa, è
sintomatico in proposito.
Ma un giovane deputato socialista
appartenente alla piccola borghesia della bassa
del Po non si dette per vinto, affrontando la
disperata battaglia per fare annullare in blocco le
elezioni. Contava su un sussulto di coscienza e
intelligenza nei colleghi; sulla eco della sua
catilinaria nella stampa ancora non asservita; sul
possibile appoggio di una magistratura che
conosceva bene la situazione della periferia; su
uno scuotimento nell'appoggio pedissequo dato dal
Quirinale al Governo? Io non sono in grado di
dirlo. Può anche darsi che Giacomo Matteotti non
nutrisse alcuna illusione e fosse sceso in campo da
cavaliere solitario soltanto per corrispondere a un
impulso morale del suo animo.
E non era valso a scoraggiarlo la capillare
intimidazione perfidamente messa in atto contro i
suoi elettori, specie i contadini di Rovigo, né il
pensiero del rischio mortale di cui avrebbero
pagato le atroci conseguenze sua moglie e i piccoli
bambini.
L'atto di accusa, pronunciato in una Camera
minacciosa, in parte impaurita e per questo ancora
più convulsa, fu più volte interrotto dallo stesso
Mussolini e, sulla sua scia, da un coro di
zelantissimi seguaci. Non è immaginario pensare
che in quel clima Matteotti avesse ben capito di
guadagnarsi la morte; ma forse confidava che
l'effetto liberatorio che non riusciva a ottenere
parlando lo avrebbe suscitato la reazione contro il
suo sacrificio.
Mi è sembrato pertanto opportuno riprodurre
questa pagina di storia parlamentare (se l'aggettivo
può essere usato per quegli anni). Che poi
Mussolini avesse ordinato l'imboscata assassina o
si fosse limitato a dire - o a far capire - che
bisognasse dare una lezione al temerario
"provocatore", è analisi che non è stato mai
possibile fare con certezza di verità. Cesarino
Rossi, uno dei responsabili condannati per il
delitto, negli anni del dopoguerra frequentava la
sala stampa romana e lo conobbi anche io,
cercando a più riprese di sapere. Sia da quello che
pubblicò, sia da quel che ci diceva, non si è mai
andati al di là di una generica affermazione che "il
Palazzo" non era stato estraneo alla infame
vicenda.
La speranza di Matteotti di provocare, da vivo
o da morto, l'arresto dell'involuzione
antidemocratica non si realizzò. Anzi, per bloccare
l'approfondirsi della questione morale, Mussolini
puntò i piedi e soppresso ogni residuo lumicino di
democrazia. E purtroppo giuristi di chiara fama gli
dettero servilmente il supporto di una avvilente
legalità formalistica. Invano si attese uno stop dal
Senato, che anzi applaudì freneticamente - salvo
poche eccezioni - alle sprezzanti parole con cui
Mussolini liquidava l'altra Camera.
Per squarciare il buio sul Parlamento
sarebbero dovuti passare diciotto anni e la
tragedia di una guerra perduta.
21-12-1919
Giacomo Matteotti: Volete che vi parli
piuttosto delle migliaia di lire che il Ministero
Nitti ha dato per far trionfare le vostre liste
elettorali? (Rumori e proteste vivissime al
centro.)
Voci: SOno calunnie! Ritiri le sue parole!
Giacomo Matteotti: Non ritiro nulla, anzi
le mantengo! (Rumori vivissimi.)
Carlo Serrati: E non solo non le ritira, ma
ve le ripetiamo tutti. (Nuovi rumori e proteste
vivissime, scambio di apostrofi fra il centro e
l'estrema sinistra.)
Presidente: Onorevole Matteotti, non
faccia personalità! Continui lo svolgimento del
suo ordine del giorno.
28/30-3-1920
Giacomo Matteotti: Un onorevole
interruttore ha ragione: la guerra l'avete potuta
intraprendere appunto per l'ignoranza del
popolo italiano che non sapeva quello che
faceva... (Applausi all'estrema sinistra, vive
interruzioni a destra e al centro.)
Francesco Saverio Nitti, presidente del
Consiglio: Il popolo tedesco non era ignorante!
Giacomo Matteotti: Per questa sua
ignoranza voi l'avete potuto condurre al
macello... (vivi rumori a destra e al centro) ...e
se poi avete vinto, non fu per l'ignoranza, ma
nonostante l'ignoranza del nostro popolo, per
una serie di circostanze. Riassumendo: quale è
la cifra del debito pubblico che grava oggi
sull'Italia, e quali sono contemporaneamente le
necessità che sono imposte alla finanza italiana
in questo momento come vita ordinaria?
L'onorevole Nitti nella sua alta previsione di
governo diceva, poco più di un anno fa, che il
debito pubblico era di 63 miliardi e che erano
dei bolscevichi coloro che prevedevano un
debito pubblico sopra i cento miliardi...
Francesco Saverio Nitti: Allora!
Giacomo Matteotti: Spero che oggi ormai
anche l'onorevole Nitti sia diventato
bolscevico! (Ilarità, rumori.)
2-6, 9 e 15-7-1920
Giovanni Giolitti, presidente del
Consiglio: Per lei, onorevole Matteotti, è
molto facile, non avendo responsabilità di
governo, mettere innanzi una soluzione. Ma qui
si tratta di soluzioni che devono farsi mediante
accordi con altri popoli, e io intendo avere
piena libertà d'azione in queste trattative,
perché sono convinto che esse porteranno a
una soluzione utile per l'Italia e assicureranno
la pace tra noi e i popoli vicini. (Applausi
vivissimi, interruzione all'estrema sinistra.)
Giacomo Matteotti: Sono venti mesi che si
aspetta.
Giovanni Giolitti: Onorevoli colleghi, voi
non potete pretendere che un Governo venuto
da pochi giorni... (Interruzioni all'estrema
sinistra.)
Presidente (con forza): Lascino parlare! La
smettano di interrompere!
Giovanni Giolitti: Non ne parliamo più!
(Approvazioni, interruzioni all'estrema
sinistra.)
Ezio Riboldi: Ci parli di Alceste De
Ambri. Ella l'ha ricevuto!
Giovanni Giolitti: Ho visto De Ambri, ma
non ho trattato con lui di nessuna di queste
questioni. (Ilarità, commenti, interruzioni
all'estrema sinistra.)
Presidente: Ma facciano silenzio!
21-7-1920
Giacomo Matteotti: L'onorevole Camera ha
perfettamente ragione. (Interruzioni vivissime.)
É un costume della Giunta del bilancio, ogni
volta che si trova nell'imbarazzo, di ricorrere a
padron Giolitti.
Giovanni Camera: Ma non è una novità:
anche quando c'era al Governo l'onorevole
Nitti, la Giunta ha deliberato di sentire il
parere del Governo.
Giacomo Matteotti: Certo è che la
maggioranza, quando è posta un po' con le
spalle al muro e non sa cosa decidere, finisce
col decidere secondo quello che dirà padron
Giolitti. (Interruzioni dal banco della Giunta
del bilancio.)
31-1-1921
Giacomo Matteotti: L'amico onorevole
Storchi mi chiarisce un'arguzia dell'onorevole
Sarrocchi, che io non avevo udita. Egli
argomenterebbe, pare, che noi siamo diventati
agnelli da quando le prendiamo. (Si ride.)
Vuol dir questo? Ebbene non ci vuol molto a
risponderle, e il collega Storchi, che mi ha
suggerito il pensiero dell'onorevole Sarrocchi,
mi suggerisce anche la risposta. Il fascismo è
andato a esercitarsi anche in quelle regioni,
come Reggio Emilia, dove mai, mai una sola
parola di violenza fu lanciata, neppure in tono
generico, neppure riguardo alla rivoluzione
sociale; mai! E anche nella mia provincia di
Rovigo, che posso citare a titolo di onore, non
si sono quasi mai manifestati, o in minima
misura, fatti di violenze, e quei pochi furono
sempre repressi dalla nostra predicazione e
dalla nostra azione.
Luigi Corazzin: Mio fratello però lo hanno
bastonato!
Giacomo Matteotti: Codesti non sono fatti
della mia provincia; non confonda. Gli
onorevoli colleghi sanno che io in ogni
comizio, in ogni riunione... (Interruzioni.)
Paolo Mattei-Gentili: Infatti, senza il suo
intervento, l'onorevole Merlin correva rischio
d'essere ammazzato!
Giacomo Matteotti: Ah! quando vi
accomoda, io sono il rappresentante del
socialismo rodigino; quando non vi accomoda,
allora sono gli altri, quelli che razzolano male,
i rappresentanti del socialismo rodigino! E
notate ancora questo: i vostri giornali, il vostro
"Corriere della Sera" or ora, a proposito del
Congresso di Livorno, scriveva queste parole:
"Il socialismo" lascio la responsabilità
dell'interpretazione al "Corriere della Sera"
"che ha trionfato a Livorno, si caratterizza nel
ripudio della violenza come atto quotidiano di
lotta, e come forza operante delle
organizzazioni". Ora, proprio nel momento,
onorevoli colleghi, in cui voi dite che il nostro
partito non si mette sul terreno della violenza,
voi esercitate la violenza! E ciò non è, per lo
meno, coraggioso.
21-7-1921
Giacomo Matteotti: Ah, lo so! gli
industriali dicono: non è per noi, è per quei
poveri operai (commenti e rumori all'estrema
destra), perché tutto quello che fanno loro, lo
fanno per i poveri operai, e quando si
presentano al Governo si portano spesso
dietro, legato alla catena, qualche miserello
operaio che va a domandare che si tengano
aperti gli stabilimenti. A questo la briciola, a
loro il grosso pasto. (Rumori all'estrema
destra)
Giovanni Tofani: Parli dell'aumento del
valore delle sue terre! (Rumori all'estrema
sinistra.)
Giacomo Matteotti: Questo aumento
dipende in gran parte da quell'artificio
protezionistico che io qui combatto. (Applausi
all'estrema sinistra, interruzioni e commenti
all'estrema destra, scambio di apostrofi tra
estrema sinistra e estrema destra.)
Alberto De Stefani: Io, anche da questo
posto, sento il dovere di dire ai rappresentanti
della parte avversaria, e a coloro che essi
rappresentano, che quegli egregi cittadini, che
sono esuli dal Polesine, possono liberamente,
e con perfetta libertà di spirito, ritornare nella
loro regione. (Interruzioni, commenti
all'estrema sinistra.) Mi meraviglio che non
ritorni l'onorevole Matteotti, il quale l'altro
giorno affermava di avere dalla sua parte
centomila contadini! Ritorni con me nel
Polesine, e si accorgerà, forse con mestizia, di
non ritrovare più dietro di sé, ma dietro di noi,
i suoi centomila contadini.
Giacomo Matteotti: Ma li bastonate!
Alberto De Stefani: Senza bastonature! Noi
poniamo bensì un limite alla vostra azione, e
questo limite riguarda la propaganda
antinazionale. Quando la vostra propaganda si
mantiene nei limiti del presupposto nazionale,
noi l'accettiamo.
Voci all'estrema sinistra: Borghese, non
nazionale!
Alberto De Stefani: Non l'accettiamo
quando è rivolta contro la Nazione.
(Interruzioni, rumori all'estrema sinistra.) Il
compito del Governo in questi casi è ben
chiaro: è un errore politico il considerarci
come un partito che mina l'esistenza dello
Stato. (Interruzioni all'estrema sinistra,
approvazioni a destra.) Bisogna che il
Governo tenda ad assimilare il movimento
fascista, perché è sopra ogni altro in esso e da
esso la rinnovazione della coscienza nazionale
e politica del Paese. (Approvazione a destra,
rumori all'estrema sinistra.)
Antonio Casertano: Chiedo di parlare.
Presidente: Ne ha facoltà.
Antonio Casertano: Sui fatti di Rovigo
posso anche io affermare, e con soddisfazione,
che nulla è avvenuto, e che l'adunata, di cui
tanto ebbe a preoccuparsi la Camera l'altra
sera, che io annunziavo pacifica, è stata
effettivamente pacifica.
Una voce all'estrema sinistra: Quando il
Governo vuole, non accade nulla.
2-12-1921
Giacomo Matteotti: Orbene, il patto
ricordato ieri dall'onorevole Mussolini non
solo non fu applicato in fatto, non solo fu pochi
giorni fa disdetto dai fascisti, ma esso fu nelle
province sottoposte al terrore dichiarato nullo
fin dall'inizio dagli stessi agrario-fascisti.
Ottorino Piccinato: Per la tua mala fede.
Giacomo Matteotti: La prego di non darmi
del tu, perché non potrei avere nulla di comune
con lei. (Commenti all'estrema sinistra.) Il
patto di pacificazione fu quindi dichiarato
nullo non dopo i fatti di Roma, come racconta
ai suoi lettori il "Duce che precede". Il Duce
questa volta è arrivato con l'ultimo treno,
perché il patto di Roma era stato dichiarato
nullo da moltissimi mesi, prima ancora della
sua applicazione, dal gruppo più grosso di tutti
i suoi seguaci. Nella nostra provincia il partito
agrario fascista, le bande criminali e i pagatori
delle bande... (Interruzione del deputato
Edoardo Torre, scambi di apostrofi tra
l'estrema sinistra e l'estrema destra.)
Presidente: Facciano silenzio!
Giacomo Matteotti: Se i colleghi mi
offriranno un miglior nome per colui che
uccide, io allora cambierò le mie parole.
(Apostrofi del deputato Piccinato, vivissimi
rumori.)
Presidente: Onorevole Piccinato, taccia!
La richiamo all'ordine.
Giacomo Matteotti: Furono arrestati, sì,
pochi giorni fa una squadra di giovanetti che
da Abano tornavano a Padova, senza usare
violenza ad alcuno e che solo erano andati per
impedire che le abituali violenze si
esplicassero...
Voci a destra: Colle bombe a mano!
Giacomo Matteotti: Quelli furono arrestati
subito, ma le bande armate permanenti e
militarmente organizzate... (Rumori, commenti,
interruzione del deputato Gallani.)
Presidente: Onorevole Gallani, taccia!
Aldo Finzi: Torneremo sull'argomento.
Giacomo Matteotti: Le squadre di azione
pubblicano i loro bollettini di guerra per le
strade; le bande vanno attorno armate di
bastoni, con la divisa della morte, con
revolver, moschetti, bombe e benzina pronte a
ogni momento a esercitare violenza, di giorno
e di notte, ma di codeste bande si è mai avuto
un solo caso, onorevole Bonomi, di denuncia
come di associazioni a delinquere, quali esse
sono in realtà? Non un solo caso!
(Interruzioni.)
Voci a destra: Hanno salvato l'Italia queste
associazioni (Rumori.)
Giacomo Matteotti: Non una sola riunione
di organizzazioni nostra è stata possibile in
questi mesi. Dimostrare bisogna, non con
ingiurie, ma con fatti che questo non è vero!...
Voci all'estrema destra: Sì, sì! Coi fatti!...
E nel 1919?...(Rumori.)
Giacomo Matteotti: Nel 1919 e nel 1920 le
associazioni agrarie del Polesine hanno tenuto
tutte le loro riunioni. Sfido a dimostrare il
contrario!... (Rumori.) E tutto questo perché?
In nome forse della Patria? Nel Polesine, fra i
nostri contadini non ci sono disertori da
punire. Vi erano invece molti imboscati di
parte agraria, esonerati durante la guerra.
(Commenti.) Dei nostri non v'è nessuno che,
dove fu chiamato, non abbia compiuto il
proprio dovere. Ma dalla parte che assale,
dalla parte fascista agraria, vi è qualcuno di
cui i giornali ebbero a narrare come egli in
tempo di guerra avesse rubato alla cassa del
reggimento, e ne avesse accusato falsamente il
tenente del reggimento sperando che fosse
morto in battaglia... (Rumori a destra,
commenti.)
Voci dall'estrema destra: Chi è? Dica i
nomi!
Giacomo Matteotti: Per conoscerne il
nome non v'è che da aprire gli atti che sono
stati mandati alla Giunta delle elezioni; vi è la
sua firma, in un biglietto diretto al "caro
Mussolini". (Commenti.)
Roberto Farinacci: Credevo che ve ne
fosse uno di Mussolini a lui!...
(Commenti, interruzioni.)
Giacomo Matteotti: O in nome forse
dell'economia nazionale e della produzione?
Potrei ricordare anzitutto che il segretario
degli pseudosindacati fascisti è un ex
comunista che ha predicato la rivoluzione e le
bombe contro la borghesia. (Commenti,
interruzioni.) Ma obbiettivamente l'azione
fascista nelle nostre campagne è riuscita
soltanto a questo: a sgravare gli agrari
dall'obbligo di impegnare la mano d'opera
durante l'inverno, cioè a far lavorare meno i
terreni: questa è stata l'opera vostra.
(Commenti, interruzioni all'estrema destra.)
Presidente: Onorevoli deputati, posso
ammettere una interruzione, ma interruzioni
sistematiche, continue, no!
Giacomo Matteotti: I fascisti hanno aiutato
l'agraria a svincolarsi dagli obblighi verso i
lavoratori e verso la Nazione, e l'hanno aiutata
quindi, onorevole Bonomi, a domandare che
quello che essa non fa come impiego di mano
d'opera sui terreni, ricada invece sullo Stato.
(Commenti.) Questo hanno fatto i fascisti per
la produzione e per la Nazione; oppure hanno
fatto ribassare i salari ai lavoratori, nonostante
che i profitti degli agrari aumentino anziché
diminuire. L'onorevole Mussolini ha voluto
ieri qui fare il conto dei morti. Macabro conto!
Ma se anche esso dovesse dare a voi, quel che
non è, cioè la più lunga lista delle vittima, è
certo evidente che tra i delinquenti, tra gli
assalitori di case e gli assalitori di uomini...
(Interruzioni dei deputati De Vecchi,
Caradonna e altri, vivissimi rumori.)
Voci all'estrema destra: É ora di finirla!...
(Rumori.)
Presidente: Onorevole Matteotti, la prego
di accogliere il mio invito e di non fare
apprezzamenti.
Giacomo Matteotti: Questi sono fatti. Se
per caso c'è stata dall'altra parte una vittima,
essa fu quasi sempre ritrovata in un altro
villaggio, lontanissimo dalla sua abitazione,
sotto la casa che aveva assalito a colpi di
mitraglia o di fucile, o in altro villaggio dove
era andata a fare la spedizione punitiva.
Voci a destra: Non è vero.
Giacomo Matteotti: Sono fatti e
documentati. I nostri sono morti invece o tutti o
quasi tutti nei loro villaggi, sulla soglia della
loro casa, o nei loro letti, dove furono
assassinati. (Vive interruzioni all'estrema
destra.)
Voci a destra: É tutto falso!
Giacomo Matteotti: É qui documentato, non
nei giornali nostri, ma in quelli fascisti e
agrari. Nei giornali fascisti è scritto per
esempio (questo non è della provincia di
Rovigo, ma di quella del collega che ha
parlato prima di me): "Nella nostra provincia
il trattato non fu mai applicabile se non nei
paesi, da noi dominati col terrore". Così scrive
"La Voce", giornale fascista.
Voci a destra: Non è vero!
22-5-1922
Giacomo Matteotti: Volete la riprova che
non si trattava di una manifestazione di
amicizia e di simpatia, come afferma
l'onorevole De Stefani, ma di ricatto e di
intimidazione contro la Giunta delle elezioni?
Eccola; il "Corriere del Polesine", organo
agrario, scrive: "É di ieri la concessione di
finanziamento agli affamati di Ferrara, ottenuta
grazie all'intervento risoluto dei Fasci... Così
oggi i Fasci scendono compatti per la
reintegrazione del diritto criminosamente
violato" dalla Giunta delle elezioni!
Alberto De Stefani: Mi dispiace di non
avere la collezione dell'"Avanti!". Giacomo
Matteotti: Comunque io non ho affermato fatti
che non siano documentati nei vostri giornali.
Volete la dimostrazione che si trattava di forze
armate e non pacifiche? Ecco sempre il
"Corriere del Polesine" il quale scrive: "Da
oggi" cioè da venerdì "ore 14 cessano tutte le
funzioni dei direttori dei Fasci per lasciare
ogni funzione al Comando della legione
militare fascista polesana". La legione militare
è evidentemente adatta per una dimostrazione
pacifica.
Alberto De Stefani: Ma se sono disarmati!
É la milizia della volontà che voi non avete.
(Interruzioni, rumori.)
Giacomo Matteotti: Il giornale agrario
riproduce inoltre il seguente bollettino di
guerra: "Comando generale della zona. Dal
Padovano arrivano continuamente grossi
pattuglioni...".
Alberto De Stefani: Avete paura delle
parole.
Giacomo Matteotti: Allora siete dei
millantatori!
30-6-1922
Giacomo Matteotti: Così parlavano gli
agrari!
Nicola Bombacci: Così parlano quelli che
vogliono continuare lealmente a fare la lotta di
classe che professano e propagandano. Questo
è un tranello in cui voi fate cadere i lavoratori!
Giacomo Matteotti: Così parlano gli agrari
oggi!
Nicola Bombacci: Voi siete dei legalitari e
avete ragione. É Mingrino che dice di essere
rivoluzionario! Rivoluzionario di cartone!
(Rumori.)
15/20-5-1923
Giacomo Matteotti: Noi non abbiamo
voluto seguire il metodo dei nostri colleghi
estremisti che hanno disertato i lavori della
commissione, o vi hanno partecipato senza una
parola, senza una osservazione, senza
provocare un solo voto. Noi vi siamo andati
invece a compiere tutta la nostra opera, anche
rischiosa, di partecipazione positiva ai lavori,
in difesa del consumatore-lavoratore.
(Approvazioni, applausi all'estrema sinistra.)
Fabrizio Maffi: E i risultati?
Giacomo Matteotti: I risultati, egregio
Maffi, non sono misurabili sul complesso della
tariffa, perché noi non siamo al Governo,
perché la tariffa è opera del Governo, e la
revisione definitiva è opera della
maggioranza... I nostri risultati si misurano dai
miglioramenti da noi proposti e ottenuti e
quelli che noi abbiamo ottenuti te li potrò
enumerare fra poco, purché tu abbia un po' di
pazienza.
Fabrizio Maffi: Questo è l'elogio del
faticone.
Giacomo Matteotti: Se ci vantiamo anche
di questa fatica fatta giorno per giorno, e che
contraddice alla vostra inerzia mentale di far
aspettare il popolo nella illusione della grande
palingenesi della rivoluzione. (Applausi a
sinistra.)
30-5-1924
Giacomo Matteotti: Noi abbiamo avuto da
parte della Giunta delle elezioni la proposta
convalida di numerosi colleghi. Nessuno,
certamente, degli appartenenti a questa
Assemblea, all'infuori credo dei componenti la
Giunta delle elezioni, saprebbe ridire l'elenco
dei nomi letti per la convalida; nessuno, né
della Camera né delle tribune della stampa.
(Vive interruzioni alla destra e al centro.)
Dario Lupi: É passato il tempo in cui si
parlava per le tribune!
Giacomo Matteotti: Certo la pubblicità è
per voi un'istituzione dello stupidissimo secolo
Xix. (Vivi rumori, interruzioni alla destra e al
centro.) Comunque, dicevo, in questo momento
non esiste da parte dell'Assemblea una
conoscenza esatta dell'oggetto sul quale si
delibera. Soltanto per quei pochissimi nomi
che abbiamo potuto afferrare alla lettura,
possiamo immaginare che essi rappresentino
una parte della maggioranza. Or contro la loro
convalida noi presentiamo questa pura e
semplice eccezione: cioè, che la lista di
maggioranza governativa, la quale
nominalmente ha ottenuto una votazione di
quattro milioni e tanti voti... (Interruzioni.)
Voci al centro: E anche più!
Giacomo Matteotti: ...questa lista non li ha
ottenuti, di fatto e liberamente, ed è dubitabile
quindi se essa abbia ottenuto quel tanto di
percentuale che è necessaria (interruzioni,
proteste) per conquistare, anche secondo la
vostra legge, i due terzi dei posti che le sono
stati attribuiti! Potrebbe darsi che i nomi letti
dal presidente sieno di quei capilista che
resterebbero eletti anche se, invece del premio
di maggioranza, si applicasse la proporzionale
pure in ogni circoscrizione. Ma poiché nessuno
ha udito i nomi, e non è stata premessa nessuna
affermazione generica di tale specie,
probabilmente tali tutti non sono, e quindi
contestiamo in questo luogo e in tronco la
validità della elezione della maggioranza.
(Rumori vivissimi.) Vorrei pregare almeno i
colleghi, sulla elezione dei quali oggi si
giudica, di astenersi per lo meno dai rumori, se
non dal voto. (Vivi commenti, proteste,
interruzioni alla destra e al centro.)
Maurizio Maraviglia: In contestazione non
c'è nessuno, diversamente si asterrebbe!
Giacomo Matteotti: Noi contestiamo...
Maurizio Maraviglia: Allora contestate
voi!
Giacomo Matteotti: Certo sarebbe
meraviglia se contestasse lei! L'elezione,
secondo noi, è essenzialmente non valida, e
aggiungiamo che non è valida in tutte le
circoscrizioni. In primo luogo abbiamo la
dichiarazione fatta esplicitamente dal
Governo, ripetuta da tutti gli organi della
stampa ufficiale, ripetuta dagli oratori fascisti
in tutti i comizi, che le elezioni non avevano
che un valore assai relativo, in quanto che il
Governo non si sentiva soggetto al responso
elettorale, ma che in ogni caso - come ha
dichiarato replicatamente - avrebbe mantenuto
il potere con la forza, anche se... (Vivaci
interruzioni a destra e al centro, movimenti
dell'on' presidente del Consiglio.)
Voci a destra: Sì, sì! Noi abbiamo fatto la
guerra! (Applausi alla destra e al centro.)
Giacomo Matteotti: Codesti vostri applausi
sono la conferma precisa della fondatezza del
mio ragionamento. Per vostro stessa conferma
dunque nessun elettore italiano si è trovato
libero di decidere con la sua volontà...
(Rumori, proteste e interruzioni a destra.)
Nessun elettore si è trovato libero di fronte a
questo quesito...
Maurizio Maraviglia: Hanno votato otto
milioni di italiani!
Giacomo Matteotti: ...se cioè egli
approvava o non approvava la politica o per
meglio dire il regime del Governo fascista.
Nessuno si è trovato libero, perché ciascun
cittadino sapeva a priori che se anche avesse
osato affermare a maggioranza il contrario,
c'era una forza a disposizione del Governo che
avrebbe annullato il suo voto e il suo
responso. (Rumori e interruzioni a destra.)
Una voce a destra: E i due milioni di voti
che hanno preso le minoranze?
Roberto Farinacci: Potevate fare la
rivoluzione!
Maurizio Maraviglia: Sarebbero stati due
milioni di eroi!
Giacomo Matteotti: A rinforzare tale
proposito del Governo, esiste una milizia
armata... (Applausi vivissimi e prolungati a
destra e grida di "Viva la milizia".)
Voci a destra: Vi scotta la milizia!
Giacomo Matteotti: ...esiste una milizia
armata... (Interruzioni a destra, rumori
prolungati.)
Voci: Basta! Basta!
Presidente: Onorevole Matteotti, si attenga
all'argomento. Giacomo Matteotti: Onorevole
presidente, forse ella non m'intende; ma io
parlo di elezioni. Esiste una milizia armata...
(Interruzioni a destra) la quale ha questo
fondamentale e dichiarato scopo: di sostenere
un determinato capo del Governo bene
indicato e nominato nel capo del fascismo e
non, a differenza dell'esercito, il capo dello
Stato. (Interruzioni e rumori a destra.)
Voci a destra: E le guardie rosse?
Giacomo Matteotti: Vi è una milizia
armata, composta di cittadini di un solo
partito, la quale ha il compito dichiarato di
sostenere un determinato Governo con la forza,
anche se a esso il consenso mancasse.
(Commenti.) In aggiunta e in particolare...
(interruzioni) mentre per la legge elettorale la
milizia avrebbe dovuto astenersi, essendo in
funzione o quando era in funzione, e mentre di
fatto in tutta l'Italia specialmente rurale
abbiamo constatato in quei giorni la presenza
di militi nazionali in gran numero...
(Interruzioni, rumori.)
Roberto Farinacci: Erano i balilla!
Giacomo Matteotti: É vero, onorevole
Farinacci, in molti luoghi hanno votato anche i
balilla! (Approvazioni all'estrema sinistra,
rumori a destra e al centro.)
Voce al centro: Hanno votato i disertori
per voi!
Enrico Gonzales: Spirito denaturato e
rettificato!
Giacomo Matteotti: Dicevo dunque che
mentre abbiamo visto numerosi di questi militi
in ogni città e più ancora nelle campagne
(interruzioni), gli elenchi degli obbligati alla
astensione depositati presso i comuni erano
ridicolmente ridotti a tre o quattro persone per
ogni città, per dare l'illusione dell'osservanza
di una legge apertamente violata, conforme
allo stesso pensiero espresso dal presidente
del Consiglio che affidava ai militi fascisti la
custodia delle cabine. (Rumori.) A parte
questo argomento del proposito del Governo
di reggersi anche con la forza contro il
consenso, del fatto di una milizia a
disposizione di un partito che impedisce
all'inizio e fondamentalmente la libera
espressione della sovranità popolare ed
elettorale e che invalida in blocco l'ultima
elezione in Italia, c'è poi una serie di fatti che
successivamente ha viziate e annullate tutte le
singole manifestazioni elettorali. (Interruzioni,
commenti.)
Voci a destra: Perché avete paura! Perché
scappate!
Giacomo Matteotti: Forse al Messico si
usano fare le elezioni non con le schede, ma
col coraggio di fronte alla rivoltelle. (Vivi
rumori, interruzioni, approvazioni all'estrema
sinistra.) E chiedo scusa al Messico, se non è
vero! (Rumori prolungati.) I fatti cui accenno
si possono riassumere secondo i diversi
momenti delle elezioni. La legge elettorale
chiede... (interruzioni, rumori) ...dicevo che il
primo momento elettorale è quello per il quale
ogni partito presenta con 300 o 500...
(Interruzioni, rumori.)
Paolo Greco: É ora di finirla! Voi
svalorizzate il Parlamento!
Giacomo Matteotti: E allora sciogliete il
Parlamento!
Paolo Greco: Voi non rispettate la
maggioranza e non avete il diritto di essere
rispettati.
Giacomo Matteotti: Ciascun partito
doveva, secondo la legge elettorale, presentare
la propria lista di candidati... (Vivi rumori.)
Maurizio Maraviglia: Ma ella deve parlare
sulla proposta dell'onorevole Presutti.
Giacomo Matteotti: Richiami dunque lei
all'ordine il presidente! La presentazione delle
liste - dicevo - deve avvenire in ogni
circoscrizione mediante un documento notarile
a cui vanno apposte dalle 300 alle 500 firme.
Ebbene, onorevoli colleghi, in sette
circoscrizioni su quindici le operazioni
notarili che si compiono privatamente nello
studio di un notaro, fuori della vista pubblica e
di quelle che voi chiamate "provocazioni",
sono state impedite con violenza. (Rumori
vivissimi.)
Giuseppe Bastianini: Questo lo dice lei!
Voci dalla destra: Non è vero, non è vero!
Giacomo Matteotti: Volete i singoli fatti?
Eccoli: a Iglesias il collega Corsi stava
raccogliendo le 300 firme e la sua casa è stata
circondata... (Rumori.)
Maurizio Maraviglia: Non è vero. Lo
inventa lei in questo momento.
Roberto Farinacci: Va a finire che faremo
sul serio quello che non abbiamo fatto!
Giacomo Matteotti: Fareste il vostro
mestiere!
Emilio Lussu: É la verità, è la verità!
Giacomo Matteotti: A Melfi... (Rumori
vivissimi, interruzioni.) A Melfi è stata
impedita la raccolta delle firme con la
violenza. (Rumori.) In Puglia fu bastonato
perfino un notaio. (Rumori vivissimi.)
Gino Aldi-Mai: Ma questo nei ricorsi non
c'è! In nessuno dei ricorsi! Ho visto io gli atti
delle Puglie e in nessuno dei ricorsi è
accennato il fatto di cui parla l'onorevole
Matteotti.
Roberto Farinacci: Vi faremo cambiare
sistema! E dire che sono quelli che vogliono la
normalizzazione!
Giacomo Matteotti: A Genova (rumori
vivissimi) i fogli con le firme già raccolte
furono portati via dal tavolo su cui erano stati
firmati.
Voci: Perché erano falsi.
Giacomo Matteotti: Se erano falsi,
dovevate denunciarli ai magistrati!
Roberto Farinacci: Perché non ha fatto i
reclami alla Giunta delle elezioni?
Giacomo Matteotti: Ci sono.
Una voce dal banco delle commissioni:
No, non ci sono; li inventa lei.
Presidente: La Giunta delle elezioni
dovrebbe dare esempio di competenza! I
componenti della Giunta delle elezioni
parleranno dopo. Onorevole Matteotti,
continui.
Giacomo Matteotti: Io espongo fatti che
non dovrebbero provocare rumori. I fatti o
sono veri o li dimostrate falsi. Non c'è offesa,
non c'è ingiuria per nessuno in ciò che dico; c'è
una descrizione di fatti.
Attilio Teruzzi: Che non esistono!
Giacomo Matteotti: Da parte degli
onorevoli componenti della Giunta delle
elezioni si protesta che alcuni di questi fatti
non sono dedotti o documentati presso la
Giunta delle elezioni. Ma voi sapete benissimo
come una situazione e un regime di violenza
non solo determinino i fatti stessi, ma
impediscano spesse volte la denuncia e il
reclamo formale. Voi sapete che persone, le
quali hanno dato il loro nome per attestare
sopra un giornale o in un documento che un
fatto era avvenuto, sono state immediatamente
percosse e messe quindi nella impossibilità di
confermare il fatto stesso. Già nelle elezioni
del 1921, quando ottenni da questa Camera
l'annullamento per violenze di una prima
elezione fascista, molti di coloro che
attestarono i fatti davanti alla Giunta delle
elezioni furono chiamati alla sede fascista,
furono loro mostrate le copie degli atti
esistenti presso la Giunta delle elezioni
illecitamente comunicate, facendo a essi un
vero e proprio processo privato perché
avevano attestato il vero o firmato i
documenti! In seguito al processo fascista essi
furono boicottati dal lavoro o percossi.
(Rumori, interruzioni.)
Voce a destra: Lo provi.
Giacomo Matteotti: La stessa Giunta delle
elezioni ricevette allora le prove del fatto. Ed
è per questo, onorevoli colleghi, che noi
spesso siamo costretti a portare in questa
Camera l'eco di quelle proteste che altrimenti
nel Paese non possono avere alcuna altra voce
ed espressione. (Applausi all'estrema sinistra.)
In sei circoscrizioni, abbiamo detto, le
formalità notarili furono impedite colla
violenza, e per arrivare in tempo si dovette
supplire malamente, e come si poté, con nuove
firme in altre province. A Reggio Calabria, per
esempio, abbiamo dovuto provvedere con
nuove firme, per supplire quelle che in
Basilicata erano state impedite.
Una voce dal banco della Giunta: Dove
furono impedite?
Giacomo Matteotti: A Melfi, aIglesias, in
Puglia... devo ripetere? (Interruzioni, rumori.)
Presupposto essenziale di ogni elezione è che i
candidati, cioè coloro che demandano al
suffragio elettorale il voto, possano esporre in
contraddittorio con il programma del Governo,
in pubblici locali, le loro opinioni. In Italia,
nella massima parte dei luoghi, anzi quasi da
per tutto, questo non fu possibile.
Una voce: Non è vero! Parli l'onorevole
Mazzoni. (Rumori.)
Giacomo Matteotti: Su ottomila comuni
italiani, e su mille candidati delle minoranze la
possibilità è stata ridotta a un piccolissimo
numero di casi, soltanto là ove il partito
dominante ha consentito per alcune ragioni
particolari o di luogo o di persona.
(Interruzioni, rumori.) Volete i fatti? La
Camera ricorderà l'incidente occorso al
collega Gonzales.
Attilio Teruzzi: Noi ci ricordiamo del
1919, quando buttavate gli ufficiali nel
Naviglio. Io, per un anno, sono andato a casa
con la pena di morte sulla testa!
Giacomo Matteotti: Onorevoli colleghi, se
voi volete contrapporci altre elezioni, ebbene
io domando la testimonianza di un uomo che
siede al banco del Governo, se nessuno possa
dichiarare che ci sia stato un solo avversario
che non abbia potuto parlare in contraddittorio
con me nel 1919.
Voci: Non è vero! Non è vero!
Aldo Finzi: Non è così!
Giacomo Matteotti: Porterò i giornali
vostri che lo attestano.
Aldo Finzi: Lo domandi all'onorevole
Merlin che è il più vicino a lei! L'onorevole
Merlin cristianamente deporrà.
Giacomo Matteotti: L'onorevole Merlin ha
avuto numerosi contraddittori con me, e
nessuno fu impedito o stroncato. Ma lasciamo
stare il passato. Non dovevate voi essere i
rinnovatori del costume italiano, non dovevate
voi essere coloro che avrebbero portato un
nuovo costume morale nelle elezioni (rumori)
e, signori che mi interrompete, anche qui
nell'Assemblea? (Rumori a destra.)
Attilio Teruzzi: É ora di finirla con queste
falsità.
Giacomo Matteotti: L'inizio della
campagna elettorale del 1924 avvenne dunque
a Genova con una conferenza privata e per
inviti da parte dell'onorevole Gonzales.
Orbene, prima ancora che si iniziasse la
conferenza, i fascisti invasero la sala e a furia
di bastonate impedirono all'oratore di aprire
nemmeno la bocca. ( Rumori, interruzioni,
apostrofi.)
Una voce: Non è vero, non fu impedito
niente. (Rumori.)
Giacomo Matteotti: Allora rettifico? Se
l'onorevole Gonzales dovette passare otto
giorni a letto, vuol dire che si è ferito da solo,
non fu bastonato. (Rumori, interruzioni.)
L'onorevole Gonzales che è uno studioso di
san Francesco, si è forse autoflagellato! (Si
ride, interruzioni.) A Napoli doveva parlare...
(Rumori vivissimi, scambio di apostrofi fra
alcuni deputati che siedono all'estrema
sinistra.)
Presidente: Onorevoli colleghi, io deploro
quello che accade. Prendano posto e non
turbino la discussione. Onorevole Matteotti,
prosegua, sia breve; e concluda.
Giacomo Matteotti: L'Assemblea deve
tener conto che io debbo parlare per
improvvisazione, e che mi limito...
Voci: I fatti non sono improvvisati!
(Rumori.)
Giacomo Matteotti: Mi limito, dico, alla
nuda e cruda esposizione di alcuni fatti. Ma se
per tale forma di esposizione domando il
compatimento dell'Assemblea... (rumori) non
comprendo come i fatti senza aggettivi e senza
ingiurie possano sollevare urla e rumori.
Dicevo dunque che ai candidati non fu lasciata
nessuna libertà di esporre liberamente il loro
pensiero in contraddittorio con quello del
Governo fascista e accennavo al fatto che
l'onorevole Gonzales, accennavo al fatto
dell'onorevole Bentini a Napoli, alla
conferenza che doveva tenere il capo
dell'opposizione costituzionale, l'onorevole
Amendola, e che fu impedito... (Oh! oh!,
rumori.)
Voci a destra: Ma che costituzionale!
Sovversivo come voi! Siete d'accordo tutti!
Giacomo Matteotti: Vuol dire dunque che
il termine "sovversivo" ha molta elasticità!
Paolo Greco: Chiedo di parlare sulle
affermazioni dell'onorevole Matteotti.
Giacomo Matteotti: L'onorevole Amendola
fu impedito di tenere la sua conferenza per la
mobilitazione, documentata, da parte di
comandanti di corpi armati i quali intervennero
nella città...
Errico Presutti: Dica bande armate, non
corpi armati!
Giacomo Matteotti: Bande armate, le quali
impedirono la pubblica e libera conferenza.
(Rumori.) Del resto, noi ci siamo trovati in
queste condizioni: su 100 dei nostri candidati
circa 60 non potevano liberamente circolare
nella loro circoscrizione! Voci di destra: Per
paura! Per paura! (Rumori, commenti.)
Roberto Farinacci: Vi abbiamo invitati
telegraficamente!
Giacomo Matteotti: Non credevamo che le
elezioni dovessero svolgersi proprio come un
saggio di resistenzainerme alle violenze
fisiche dell'avversario, che è al Governo e
dispone di tutte le forze armate! (Rumori.) Che
non fosse paura poi lo dimostra il fatto che,
per un contraddittorio, noi chiedemmo che a
esso solo gli avversari fossero presenti e
nessuno dei nostri; perché, altrimenti, voi
sapete come è vostro costume dire "qualcuno
di voi ha provocato" e come "in seguito a
provocazioni" i fascisti "dovettero"
legittimamente ritorcere l'offesa, picchiando su
tutta la linea! (Interruzioni.)
Voci di destra: L'avete studiato bene!
Orazio Pedrazzi: Come siete pratici di
queste cose voi!
Presidente: Onorevole Pedrazzi!
Giacomo Matteotti: Comunque, ripeto, i
candidati erano nell'impossibilità di circolare
nelle loro circoscrizioni!
Voce a destra: Avevano paura!
Filippo Turati: Paura! Sì, paura! Come
nella Sila, quando c'erano i briganti, avevamo
paura! (Vivi rumori a destra, approvazioni a
sinistra.)
Una voce: Lei ha tenuto il contraddittorio
con me ed è stato rispettato!
Filippo Turati: Ho avuto la vostra
protezione a mia vergogna! (Applausi a
sinistra, rumori a destra.)
Presidente: Concluda, onorevole Matteotti.
Non provochi incidenti!
Giacomo Matteotti: Io protesto! Se ella
crede che non gli altri mi impediscano di
parlare, ma che sia io a provocare incidenti,
mi seggo e non parlo! (Approvazioni alla
estrema sinistra, rumori prolungati.)
Presidente: Ha finito? Allora ha facoltà di
parlare l'onorevole Rossi...
Giacomo Matteotti: Ma che maniera è
questa! Lei deve tutelare il mio diritto di
parlare! Io non ho offeso nessuno! Riferisco
soltanto dei fatti! Ho diritto di essere
rispettato! (Rumori prolungati, conversazioni.)
Antonio Casertano: Chiedo di parlare.
Presidente: Ha facoltà di parlare
l'onorevole presidente della Giunta delle
elezioni. C'è una proposta di rinvio degli atti
alla Giunta.
Giacomo Matteotti: Onorevole
Presidente!...
Presidente: Onorevole Matteotti, se ella
vuol parlare, ha facoltà di continuare, ma
prudentemente.
Giacomo Matteotti: Io chiedo di parlare
non prudentemente, né imprudentemente, ma
parlamentarmente! Presidente: Parli, parli.
Giacomo Matteotti: I candidati non
avevano la libera circolazione... (Rumori,
interruzioni.)
Voci: Lasciatelo parlare!
Presidente: Facciano silenzio! Lascino
parlare!
Giacomo Matteotti: Non solo non potevano
circolare, ma molti di essi non potevano
neppure risiedere nelle loro stesse abitazioni,
nelle loro stesse città. Alcuno, che rimase al
suo posto, ne vide poco dopo le conseguenze.
Molti non accettarono la candidatura, perché
sapevano che accettare la candidatura voleva
dire non aver più lavoro l'indomani o dover
abbandonare il proprio Paese e emigrare
all'estero. (Commenti.)
Una voce: Erano disoccupati!
Giacomo Matteotti: No, lavoravano tutti, e
solo non lavoravano quando voi li boicottate.
Voci da destra: E quando li boicottavate
voi?
Roberto Farinacci: Lasciatelo parlare!
Fate il loro giuoco!
Giacomo Matteotti: Uno dei candidati,
l'onorevole Piccinini, al quale mando a nome
del mio gruppo un saluto... (Rumori.)
Voci: E Berta? Berta!
Giacomo Matteotti: ...conobbe cosa voleva
dire obbedire alla consegna del proprio
partito. Fu assassinato nella sua casa, per
avere accettata la candidatura nonostante
prevedesse quale sarebbe stato per essere il
destino suo all'indomani. (Rumori.) Ma i
candidati - voi avete ragione di urlarmi,
onorevoli colleghi - i candidati devono
sopportare la sorte della battaglia e devono
prendere tutto quello che è nella lotta che oggi
imperversa. Io accenno soltanto, non per
domandare nulla, ma perché anche questo è un
fatto concorrente a dimostrare come si sono
svolte le elezioni. (Approvazioni alla estrema
sinistra.) Un'altra delle garanzie più importanti
per lo svolgimento di una libera elezione era
quella della presenza e del controllo dei
rappresentanti di ciascuna lista, in ciascun
seggio. Voi sapete come erano nella massima
parte dei casi i seggi, sia per disposizione di
legge, sia per interferenze di autorità, anche in
seguito a tutti gli scioglimenti di consigli
comunali imposti dal Governo e dal partito
dominante. Quindi l'unica garanzia possibile,
l'ultima garanzia esistente per le minoranze,
era quella della presenza del rappresentante di
lista al seggio. Orbene, essa venne a mancare.
Infatti nel 90 per cento, e credo in qualche
regione fino al 100 per cento dei casi, tutto il
seggio era fascista e il rappresentante della
lista di minoranza non poté presenziare le
operazioni. Dove andò, meno che in poche
grandi città e in qualche rara provincia, esso
subì le violenze che erano minacciate a
chiunque avesse osato controllare dentro il
seggio la maniera come si votava, e la maniera
come erano letti e constatati i risultati. Per
constatare il fatto, non occorre nuovo reclamo
o documento. Basta che la Giunta delle
elezioni esamini i verbali di tutte le
circoscrizioni e controlli i registri. Quasi
dappertutto le operazioni si sono svolte fuori
della presenza di alcun rappresentante di lista.
Veniva così a mancare l'unico controllo,
l'unica garanzia, sopra la quale si può dire se
le elezioni si sono svolte nella legalità. Noi
possiamo riconoscere che in alcuni luoghi, in
alcune poche città e in qualche provincia, il
giorno delle elezioni, vi è stata una certa
libertà. Ma questa concessione limitata della
libertà nello spazio e nel tempo, e l'onorevole
Farinacci che è molto aperto me lo potrebbe
ammettere, fu data a uno scopo evidente:
dimostrare, nei centri più controllati dalla
opinione pubblica e in quei luoghi nei quali
una più densa popolazione avrebbe reagito
alla violenza con un'evidente astensione
controllabile da parte di tutti, che una certa
libertà c'è stata. Ma, strana coincidenza,
proprio in quei luoghi dove fu concessa a
scopo dimostrativo quella relativa libertà, le
minoranze raccolsero una tale abbondanza di
suffragi da superare la maggioranza - con
questa conseguenza, però, che la violenza che
non si era avuta prima delle elezioni si ebbe
dopo le elezioni. E noi ricordiamo quello che
è avvenuto specialmente nel milanese e nel
genovesato e in parecchi altri luoghi, dove le
elezioni diedero risultati assai poco
soddisfacenti in confronto della lista fascista.
Si ebbero distruzioni di giornali, devastazioni
di locali, bastonature alle persone. Distruzioni
che han portato milioni di danni... (Vivissimi
rumori al centro e a destra.)
Una voce a destra: Ricordatevi delle
devastazioni dei comunisti.
Giacomo Matteotti: Onorevoli colleghi, a
un comunista potrebbe essere lecito, secondo
voi, di distruggere la ricchezza nazionale, ma
non ai nazionalisti, né ai fascisti, come vi
vantate voi! Si sono avuti, dicevo, danni per
parecchi milioni, tanto che persino un alto
personaggio che ha residenza in Roma, ha
dovuto accorgersene, mandando la sua
adeguata protesta, e il soccorso economico. In
che modo si votava? La votazione avvenne in
tre maniere: l'Italia è una, ma ha ancora diversi
costumi. Nella valle del Po, in Toscana e in
altre regioni che furono citate all'ordine del
giorno dal presidente del Consiglio per l'atto
di fedeltà che diedero al Governo fascista, e
che prima erano state organizzate presso i
contadini del Partito socialista, o del Partito
popolare, gli elettori votavano sotto controllo
del Partito fascista, con la regola del tre. Ciò
fu dichiarato e apertamente insegnato, persino
da un prefetto, dal prefetto di Bologna: i
fascisti consegnavano agli elettori un bollettino
contenente tre numeri o tre nomi, secondo i
luoghi (interruzioni) variamente alternati, in
maniera che tutte le combinazioni, cioè tutti gli
elettori di ciascuna sezione, uno per uno,
potessero essere controllati e riconosciuti. In
moltissime province, a cominciare dalla mia,
dalla provincia di Rovigo, questo metodo
risultò eccellente.
Aldo Finzi: Evidentemente lei non c'era!
Questo metodo non fu usato!
Giacomo Matteotti: Onorevole Finzi, sono
lieto che, con la sua negazione, ella venga
implicitamente a deplorare il metodo che è
stato usato.
Aldo Finzi: Lo provi!
Giacomo Matteotti: In queste regioni tutti
gli elettori...
Francesco Ciarlantini: Lei ha un trattato;
perché non lo pubblica?
Giacomo Matteotti: Lo pubblicherò quando
mi si assicurerà che le tipografie del Regno
sono indipendenti e sicure (vivissimi rumori al
centro e a destra) perché, come tutti sanno,
anche durante le elezioni i nostri opuscoli
furono sequestrati, i giornali invasi, le
tipografie devastate o diffidate di pubblicare
le nostre cose. (Rumori.) La regola del tre, cui
prima accennavamo, diede modo al partito
dominante di controllare personalmente
ciascun elettore, e applicare il giorno seguente
ai ribelli la sanzione col boicottaggio dal
lavoro e con le percosse. (Rumori.)
Voci: No, no!
Giacomo Matteotti: Nella massima parte
dei casi però non vi fu bisogno delle sanzioni,
perché i poveri contadini sapevano inutile ogni
resistenza e dovevano subire la legge del più
forte, la legge del padrone, votando, per
tranquillità della famiglia, la terna assegnata a
ciascuno dal dirigente locale del sindacato
fascista o del fascio. (Vivi rumori,
interruzioni.)
Giacomo Suardo: L'onorevole Matteotti
non insulta me rappresentante; insulta il popolo
italiano e io per la mia dignità esco dall'Aula.
(Rumori, commenti.) La mia città in ginocchio
ha inneggiato al Duce Mussolini, sfido
l'onorevole Matteotti a provare le sue
affermazioni. Per la mia dignità di soldato,
abbandono quest'Aula. (Applausi, rumori,
commenti.)
Attilio Teruzzi: L'onorevole Suardo è
medaglia d'oro! Si vergogni, onorevole
Matteotti. (Rumori all'estrema sinistra.)
Presidente: Facciano silenzio! Onorevole
Matteotti, concluda!
Giacomo Matteotti: Io posso documentare
e far nomi. In altri luoghi invece furono
incettati i certificati elettorali, metodo che in
realtà era stato usato in qualche piccola
circoscrizione anche nell'Italia prefascista, ma
anche dall'Italia fascista ha avuto l'onore di
essere allargato a larghissime zone del
meridione; incetta di certificati, per la quale,
essendosi determinata una larga astensione
degli elettori che non si ritenevano liberi di
esprimere il loro pensiero, i certificati furono
raccolti e affidati a gruppi
di individui, i quali si recavano alle
sezioni elettorali per votare con diverso nome,
fino al punto che certuni votarono dieci volte e
che giovani di venti anni si presentarono ai
seggi e votarono a nome di qualcheduno che
aveva compiuto i sessanta anni. (Commenti.)
Si trovarono solo in qualche seggio pochi, ma
autorevoli magistrati, che, avendo rilevato il
fatto, riuscirono a impedirlo. Edoardo Torre:
Basta, la finisca! (Rumori, commenti.) Che
cosa stiamo a fare qui? Dobbiamo tollerare
che ci insulti? (Rumori, alcuni deputati
scendono nell'emiciclo.)
Presidente: Onorevoli deputati, li invito
alla calma, sgombrino l'emiciclo!
Edoardo Torre: Per voi ci vuole il
domicilio coatto e non il Parlamento!
(Commenti, rumori.)
Voci: Vada in Russia!
Presidente: Facciano silenzio! E lei,
onorevole Matteotti, concluda!
Giacomo Matteotti: Coloro che ebbero la
ventura di votare e di raggiungere le cabine,
ebbero dentro le cabine, in moltissimi comuni
specialmente della campagna, la visita di
coloro che erano incaricati di controllare i
voti. Se la Giunta delle elezioni volesse aprire
i plichi e verificare i cumuli di schede che
sono state votate, potrebbe trovare che molti
voti di preferenza sono stati scritti sulle schede
tutti dalla stessa mano, così come altri voti di
lista furono cancellati, o addirittura letti al
contrario. Non voglio dilungarmi a descrivere
i molti altri sistemi impiegati per impedire la
libera espressione della volontà popolare. Il
fatto è che solo una piccola minoranza di
cittadini ha potuto esprimere liberamente il suo
voto; anzi noi abbiamo potuto avere il nostro
voto il più delle volte, quasi esclusivamente,
da coloro che non potevano essere sospettati
di essere socialisti. I nostri furono impediti
dalla violenza; mentre riuscirono più
facilmente a votare per noi persone nuove e
indipendenti, le quali, non essendo credute
socialisti, si sono sottratte al controllo o hanno
esercitato il loro diritto liberamente. A queste
nuove forze che manifestano la reazione della
nuova Italia contro l'oppressione del nuovo
regime, noi mandiamo il nostro ringraziamento.
(Applausi all'estrema sinistra, rumori dalle
altre parti della Camera.) Per tutte queste
ragioni, e per le altre che di fronte alle vostre
rumorose sollecitazioni rinuncio a svolgere,
ma che voi ben conoscete perché ciascuno di
voi ne è stato testimonio per lo meno (rumori)
...per queste ragioni noi domandiamo
l'annullamento in blocco della elezione di
maggioranza.
Voci alla destra: Accettiamo! (Vivi
applausi a destra e al centro.)
Giacomo Matteotti: Riconosciamo che i
ricorsi non potevano, per la stessa esistenza
del regime di violenza, essere documentati. Ma
è appunto una investigazione che solo la
Giunta nella sua discrezione, nella sua
coscienza potrebbe compiere, investigando da
per tutto, in ogni documento, luogo per luogo.
Noi domandiamo che sia compiuto tale esame,
domandiamo alla Giunta che essa investighi
sui metodi usati in quasi tutta Italia. É un
dovere e un diritto, senza il quale non esiste
sovranità popolare. Noi sentiamo tutto il male
che all'Italia apporta il sistema della violenza;
abbiamo lungamente scontato anche noi pur
minori e occasionali eccessi dei nostri. Ma
appunto per ciò, noi domandiamo alla
maggioranza che essa ritorni all'osservanza del
diritto. (Rumori, interruzioni, apostrofi dal
centro.) Voi che oggi avete in mano il potere e
la forza, voi che vantate la vostra potenza,
dovreste meglio di tutti gli altri essere in grado
di fare osservare la legge da parte di tutti.
(Interruzioni a destra.)
Voci a destra: E la rivoluzione dov'è?
Giacomo Matteotti: Voi dichiarate ogni
giorno di volere ristabilire l'autorità dello
Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in
tempo; altrimenti voi, sì, veramente rovinate
quella che è l'intima essenza, la ragione morale
della Nazione. Non continuate più oltre a
tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi,
poiché questo sistema certamente provoca la
licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data,
ci possono essere errori, eccessi momentanei,
ma il popolo italiano, come ogni altro, ha
dimostrato di saperseli correggere da se
medesimo. (Interruzioni a destra.) Noi
deploriamo invece che si voglia dimostrare
che solo il nostro popolo nel mondo non sa
reggersi da sé e deve essere governato con la
forza. Molto danno avevano fatto le
dominazioni straniere. Ma il nostro popolo
stava risollevandosi ed educandosi, anche con
l'opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro.
Noi difendiamo la libera sovranità del popolo
italiano al quale mandiamo il più alto saluto e
crediamo di rivendicarne la dignità,
domandando il rinvio delle elezioni inficiate
dalla violenza alla Giunta delle elezioni
(Applausi all'estrema sinistra, vivi rumori.)
4-6-1924
Giacomo Matteotti: L'amnistia ai disertori
è stata approvata dai giornali fascisti! Dal
"Popolo d'Italia"! (Vivi rumori.)
Benito Mussolini, presidente del
Consiglio: Non è vero! Era per quelli che non
avevano disertato al nemico! Lei mentisce
sapendo di mentire! (Applausi a destra e al
centro.) La sfido a documentare la sua
asserzione!
Giacomo Matteotti: L'abbiamo data la
documentazione e la ripeteremo!
(Approvazioni all'estrema sinistra, rumori
vivissimi.)
Benito Mussolini: Durante il discorso
dell'onorevole Facchinetti l'onorevole
Matteotti ha accennato a certi atteggiamenti che
avrebbe preso il "Popolo d'Italia" durante il
1919. Quali essi siano questi atteggiamenti, io
ne rivendico intera la responsabilità; ma io
temo che l'onorevole Matteotti mi voglia
giocare un brutto tiro, che consisterebbe nel
riesumare i discorsi violentissimi che io ho
pronunciato, in svariate occasioni, contro
l'amnistia ai disertori, discorsi nei quali forse
andavo oltre certi limiti, che oggi non potrei,
per debito di coscienza, mantenere. Del resto
ricordo che nel 1919, quando tutta l'Italia era
imbestiata dalle pubblicazioni che si facevano
sull'inchiesta di Caporetto, l'unico giornale e
l'unico uomo politico che abbia avuto il
coraggio di difendere, a viso aperto, quel
generale che voi chiamavate il fucilatore -
parlo del generale Graziani - sono stato io ed è
stato il mio giornale. (Applausi.) Questo
volevo dirvi perché, vi ripeto, nel 1919, e
l'onorevole Facchinetti lo sa, io ero
perfettamente al mio posto. (Vivi applausi.)
Giacomo Matteotti: Ho ascoltato volentieri
le dichiarazioni del presidente del Consiglio
sulla questione del decreto di amnistia ai
disertori. Trovo in esse una leale accettazione
del fatto che io ho enunciato.
Benito Mussolini: Dimostrerò il contrario.
Giacomo Matteotti: L'apprezzamento di
quelle frasi stampate nel 1919 sul "Popolo
d'Italia" può essere poi fatto dal pubblico. Noi
abbiamo pubblicato sul nostro giornale il testo.
Benito Mussolini: Non i miei discorsi.
Giacomo Matteotti: Non vorrà certo che
noi pubblichiamo l'edizione completa dei suoi
lavori!
Benito Mussolini: Lo fate tanto spesso!
Vivete ancora su quello. (Approvazioni.)
Riportate sempre i miei articoli dopo dieci
anni. Persino il #,o maggio!
Giacomo Matteotti: Abbiamo pubblicato
solamente, si intende, la parte che ci
interessava come avversari e cioè
l'approvazione dell'amnistia data nel vostro
giornale nel febbraio e nel settembre del 1919.
Le pubblicazioni restano non smentibili; e
ognuno ha i suoi errori, sui quali poi il
pubblico formula il suo apprezzamento. Perciò
questo incidente è chiaramente liquidato!
(Rumori, interruzioni.)
Benito Mussolini: Io dimostrerò la vostra
malafede. (Commenti.)
Sei giorni più tardi Giacomo Matteotti
veniva rapito e assassinato.
IV - Fior da fiore (tutti i
deputo-interruttori da A a Z)
A
12-12-1969
Tullio Abelli: ...Del resto, le ragioni che
vorrebbero i comunisti e Donat Cattin sono
delle strane ragioni, perché sono quelle stesse
ragioni che serviranno ai comunisti per
impiccare Donat Cattin.
Alfredo Pazzaglia: L'hanno già impiccato
in effigie i metalmeccanici, quando sono sfilati
per le vie di Roma.
1-2-1983
Franco Bassanini: ...Neppure crediamo che
sia un irresponsabile il più giovane e il più
rampante ministro delle Partecipazioni statali
(Interruzione del deputato Minervini). Il più
ruspante, suggerisce il collega Minervini.
Aldo Ajello: Rampante, rampante...
25-11-1955
Mariano Pintus: ...Il vostro relatore ha
voluto, invece, assumersi la funzione del
modesto medico che, anziché ispirarsi alle
grandi dottrine, studiare dei grossi volumi...
Adelio Albarello: Dà a tutti,
indistintamente, l'olio di ricino!
22-1-1970
Giorgio Almirante: ...Se in quest'aula la
battaglia è cominciata, immaginatevi che cosa
sarà la stessa battaglia fuori.
Vittorio Badini Confalonieri: Il Partito
repubblicano è scomparso.
Gennaro Alfano. É l'esercito di
Franceschiello.
21-4-1950
Pietro Nenni: ...Oggi dico ciò che dicevo
da ministro.
Giorgio Almirante: Soltanto che da
ministro non le riusciva di fare ciò che diceva,
perché l'onorevole Togliatti faceva il ministro
per conto suo. (Applausi al centro e a destra si
ride.)
28-1-1954
Giorgio Almirante: Perché, quanto più
saranno designati uomini ritenuti di sinistra a
presiedere governi democristiani, tanto più
quegli uomini ritenuti di sinistra, quando si
presenteranno al giudizio del Parlamento,
saranno costretti ad affermazioni rigidamente
anticomuniste, filo-atlantiche e filo-
europeistiche.
Amintore Fanfani, presidente del
COnsiglio: Immagini cosa farebbe l'onorevole
Nenni.
Giorgio Almirante: L'onorevole Nenni
farebbe tutt'altro. E credo che non starei qui a
vederlo.
Giancarlo Pajetta: Quello di scappare è un
vizio che non avete dimenticato.
Giorgio Almirante: Onorevole Pajetta, un
po' per uno. Voi siete scappati per venti anni,
noi potremo scappare in seguito. Ci sono dei
turni.
Giancarlo Pajetta: Ella sa che non è vero.
5-10-1955
Giorgio Almirante: ...invece di imparare
cose così strane, potevano andare a imparare
come fa la Germania a non avere nemmeno un
comunista al Parlamento.
Mario Angelucci: Questo segreto non lo sa
neanche Adenauer.
Giorgio Almirante: Se non lo sa, vuol dire
che è ancora più bravo di quello che io
credessi.
22-11-1956
Riccardo Lombardi: ..."Per tutto questo noi
continueremo a sostenere questo Governo"
come diceva l'onorevole Nenni "con una spinta
e un'azione propulsiva."
Giorgio Almirante: Le spinte non
sostengono; abbattono.
6-2-1967
Giorgio Almirante: ...E, se ci si mette di
mezzo un quasi fra virgolette, il quasi assume
veramente l'aspetto di una di quelle ironiche o
sarcastiche battute con le quali, se vogliamo,
possiamo anche rallegrare i nostri tediosi
dibattiti, ma che certo non aggiungono nulla
alla perspicuità degli argomenti. Giacinto
Bosco, ministro del Lavoro: Non è merito dei
democristiani ma dei romani, che hanno
introdotto nel diritto il quasi-contratto.
Giorgio Almirante: I romani? Me ne
compiaccio.
Giacinto Bosco: Mi riferisco al diritto
romano!
Giorgio Almirante: Credevo che ella si
riferisse ai romani "for de porta" dei tempi
nostri. (Si ride.)
Alberto Folchi: Eccoci qui.
2-5-1967
Francesco Lami: ...Figuratevi, ad esempio,
quanti dossier del Sifar avranno esaminato
attentamente al Pentagono e all'ambasciata
americana in Italia; per esempio, quello di
Pietro Nenni prima della sua entrata nel
Governo.
Giorgio Almirante: Si vede che era un
dossier favorevole a Nenni, se l'hanno fatto
entrare nel Governo di centro-sinistra!
17-10-1967
Veniero Accreman: É per questo,
onorevoli colleghi, che faremo appello in sede
di voto a tutti i componenti la Camera e
vedrete che il nostro gruppo sarà compatto.
Giorgio Almirante: La sola qualità che
nessuno vi nega è la compattezza.
5-3-1969
Eugenio Scalfari: ...Io non ho la abitudine
di interrogare i morti. Io di solito, quando
faccio il mio mestiere di giornalista, interrogo
i vivi.
Giorgio Almirante. Ma poi muoiono.
20-2-1976
Giuseppe Niccolai: ...Nel libro citato ci
sono le attività e gli scopi di quell'ufficio del
Sifar denominato Rei, il cui responsabile, il
colonnello Rocca, uomo di Taviani, che penso
sia stato assassinato...
Giorgio Almirante: É stato "suicidato".
23-2-1984
Sisinio Zito: Per vedere come è possibile
piegare i bilanci di tutti i ministeri - compresi
quelli che sembrano più lontani dalle questioni
della Calabria, penso, per esempio, al
ministero del Turismo e dello spettacolo - in
direzione di un intervento privilegiato...
Fortunato Aloi: Siamo alla buona azione,
alla politica dei boy-scouts!
12-7-1985
Adolfo Battaglia: ...Esprimo, pertanto, un
certo disappunto per la mancanza di
spiegazioni in relazione all'inazione del
Governo, che è durata nove mesi.
Giuliano Amato: Nove mesi sono il tempo
di una gravidanza.
Stefano Rodotà: Purché non arrivi a quella
elefantesca!
21-11-1986
Giuliano Amato: ...Perché destinazione
Iran, che è frequente per gli F'104 e anche per
gli altri, non vuol dire destinazione in quel
Paese chiamato Iran, ma è la sigla di
Inspection and repair as necessary (Iran), cioè
destinato all'ispezione e al controllo così come
necessario. (Applausi, si ride all'estrema
sinistra.)
Mario Pochetti: Queste cose Reagan non le
sapeva!
Giuliano Amato: Non lo so, io mi sono
limitato a fornirvi un dato di fatto reale.
Guido Alborghetti: E "destinazione Iraq"
che cosa vuol dire?
Giuliano Amato: Siamo tutti bravi a dire
battute, ma io ora purtroppo devo fare la parte
del Governo, se non ne avrei in mente tante
anch'io. (Applausi.) Non è questo il problema.
Franco Servello: Quel "purtroppo" vale un
Perù!
17-11-1966
Giorgio Amendola: ...Ma quando ella ci
invita a rivolgere un plauso alle forze armate
noi lo diamo sì agli ufficiali e ai soldati, ma
non ai generali che ci hanno portato alla
sconfitta, questa pletora di generali ben pagati,
che impegnano tanta parte delle spese militari
e che rappresentano un peso e ancora una volta
la tragedia dell'esercito! (Applausi all'estrema
sinistra.)
Aldo Moro, presidente del Consiglio:
Siete dei bugiardi!
Giorgio Amendola: Noi non siamo
accecati da spirito fazioso; per fortuna in Italia
vi è brava gente capace in tutti i ranghi, anche
tra i generali.
Aldo Moro: Voi affermate il falso.
Giorgio Amendola: Ho vissuto la tragedia
dell'8 settembre, onorevole Moro, e ho visto in
quei giorni, attorno ai soldati e agli ufficiali
che non volevano essere portati in Germania,
la solidarietà del popolo italiano.
Aldo Moro: Controllatevi per non dovervi
smentire; ella ha detto che i generali non
valgono e poi ha dichiarato che qualcuno va
bene.
Giorgio Amendola: L'organizzazione
militare italiana non ha funzionato anche
perché imbarazzata dai generali che dovevano
andare in pensione.
Aldo Moro: Poi domani leggeremo una
smentita.
29-1-1968
Luigi Anderlini: ...ella sa anche che
costituisce infrazione disciplinare proporre un
reclamo ripetutamente o manifestamente
infondato.
Giorgio Amendola: Per questo si
preferisce inviare lettere anonime!
2-8-1962
Giovanni Palazzolo: Non penso che possa
accadere oggi all'onorevole Fanfani quello che
accadde all'onorevole Giolitti che, presa
l'influenza, la esagerò per ritirarsi, lasciando
l'onorevole Fortis a togliere la castagna dal
fuoco...
Luigi Anderlini: Consiglieremo
all'onorevole Fanfani di prendere degli
antibiotici.
6-12-1984
Franco Calamida: ...Questo provvedimento
ha un titolo che si richiama a misure di
sostegno dell'occupazione. Io sfido la
maggioranza e chi voterà a favore a dimostrare
da dove uscirà la occupazione. Sfido quella
maggioranza silenziosa rappresentata
dall'onorevole Arisio, dalla marcia dei 40
mila a Torino... (Commenti, rumori.)
Luigi Arisio: Svegliati! Le cose stanno
cambiando! Tu stai dormendo sul #'fh!
(Rumori, richiami del presidente.)
27-3-1956
Mario Assennato: É diminuito nel
Mezzogiorno anche il consumo dell'energia
elettrica per uso di illuminazione.
Adone Zoli, ministro del Bilancio: Per un
solo anno. É una cosa incomprensibile.
Mario Assennato: É comprensibile, invece,
perché, se diminuisce il consumo del pane e
della pasta, è naturale che diminuisca anche
quello della luce elettrica.
Adone Zoli: Ma è aumentato il consumo
della carne e dello zucchero.
Una voce: Per i ricchi.
Giulio Andreotti, ministro delle Finanze:
Quanta carne e quanto zucchero avrebbero
consumato queste persone?
23-1-1969
Franco Franchi: ...Abbiamo assistito allo
spettacolo del ministro del Lavoro che si reca
dai lavoratori dell'"Apollon" di Roma e dice
loro: sono con voi e tanti auguri per l'anno
nuovo.
Giuseppe Avolio: Che cosa dovrebbe dire
se è ministro del Lavoro?
25-11-1953
Fausto Gullo: ...Ora, ella si preoccupa
dell'offeso dal reato di diffamazione in quanto
evidentemente pensa a colui che non si
accontenta di chiamar ladro il prossimo
(offesa generica, come dire "porco" o altra
parola offensiva), ma lancia un'accusa precisa:
tu sei ladro perché ti ho visto nel momento in
cui l'altra sera levavi il portafoglio dalla tasca
del ministro di Grazia e giustizia.
Antonio Azara, ministro di Grazia e
giustizia: Non sarebbe un grande bottino! (Si
ride.)
20-1-1983
Orazio Santagati: ...mi dispiace che
proprio a lei, come ministro del Tesoro,
potrebbe toccare il destino di Romolo
Augustolo e non vorrei che questo avvenisse.
Giovanni Goria, ministro del Tesoro: Qual
è il destino di Romolo Augustolo?
Orazio Santagati: L'ultimo imperatore di
Roma e quindi l'ultimo ministro di un Governo
di questa Repubblica ormai boccheggiante!
Giuseppe Azzaro: Aveva 18 anni quando è
morto!
B
17-10-1967
Francesco De Martino: ...Desidero in
primo luogo rilevare che le destre, le quali
probabilmente all'inizio della loro battaglia
ostruzionistica avevano confidato sugli
eventuali dissensi della maggioranza, oggi
sono costrette a ripiegare su espedienti e
cavilli, senza avere la possibilità di trarre
altro risultato politico da questo dibattito che
quello di constatare il loro isolamento in
Parlamento e nel Paese.
Vittorio Badini Confalonieri: Meglio soli
che male accompagnati. (Commenti a sinistra.)
10-1-1975
Enrico Manca: ...D'altra parte se non
dovesse esservi questo isolamento
dell'ostruzionismo fascista non potrebbe non
comportare per il Partito socialista un'attenta
riflessione sulla situazione che verrebbe a
crearsi.
Francesco Giulio Baghino: Ecco la
minaccia, il ricatto!
Enrico Manca: Siamo convinti che vi sono
tutte le condizioni per giungere a una posizione
che, sconfiggendo l'opposizione che,
sconfiggendo l'opposizione fascista...
Carlo Tassi: Leggi malissimo, sai?
Enrico Manca: ...offra la prova del senso
di responsabilità delle forze politiche e porti a
compimento questa importante riforma, che
salutiamo come una significativa conquista
democratica...
Carlo Tassi: Tempo!
Enrico Manca: ...dalla quale traiamo nuova
fiducia, pur nella fredda consapevolezza
dell'acutezza dello scontro in atto nel Paese e
nell'esatta valutazione delle forze in campo...
Giovanni Roberti: Ma dove sono i suoi
colleghi? Perché l'hanno lasciato solo?
Enrico Manca: ...per la realizzazione di
quel nuovo corso politico di cui il Partito
socialista si fa portatore, e di cui la riforma
democratica della Rai è una tappa importante e
decisiva. (Applausi a sinistra e all'estrema
sinistra.)
Francesco Giulio Baghino: Tutti applausi
dei comunisti, perché i socialisti sono andati a
mangiare.
20-6-1984
Francesco Giulio Baghino: ...Lei ha fatto
entrare altri deputati... Dunque, la sua
decisione non è regolare! Questa non è una
controprova, ma una nuova votazione!
Giuseppe Azzaro: presidente della
Camera: No, onorevole Baghino!
Francesco Giulio Baghino: Eh, sì!
Giuseppe Azzaro: Non possiamo dire tra
noi "eh, sì". Intanto lei ha preso la parola
abusivamente!...
Francesco Giulio Baghino: Sarò abusivo,
ma sono per la verità!
Giuseppe Azzaro: Onorevole Baghino, la
richiamo all'ordine!
8-4-1987
Roberto Barontini: ...Proprio per questo
dal 1978 abbiamo presentato un disegno di
legge, di cui era primo firmatario il nostro
segretario politico, per il numero chiuso nelle
università. Se questo provvedimento non è
stato adottato, se di fatto dal 1978 fino a ora la
disoccupazione giovanile è esplosa, la colpa è
certamente di qualcuno che non ha voluto
portare avanti questo tipo di problema, ma non
è sicuramente di coloro che premono alle
porte.
Angiolo Bandinelli: Magari con 110 e
lode!
6-4-1973
Paolo Barbi: ...La situazione triestina, però
(mi sia permesso di rilevarlo proprio io, che
sono triestino, ma vivo da tanti anni nella ben
diversa situazione economica di Napoli e del
Mezzogiorno)...
Giuseppe D'Alema: La scuola di Gava!
Paolo Barbi: Questo non c'entra. Tra
l'altro, anche l'onorevole Gava è veneto.
Giuseppe D'Alema: Appunto.
21-12-1968
Ugo La Malfa: ...E vorrei spingermi anche
al di là: se noi entrassimo in grave crisi, amici
comunisti, cosa ne sarebbe della Jugoslavia?
Vi siete posto questo problema?
Luciano Barca: Starebbe dov'è: al di là
dell'Adriatico.
8-11-1961
Giorgio Bardanzellu: ...Stalin fu additato,
anche in quest'Aula, alla venerazione del
mondo come il padre di tutti gli oppressi,
come il difensore di tutti gli innocenti, come un
generoso eroe
dell'umanità; e ora sappiamo, per bocca di
Chru`s`cev e dei suoi adepti, che era un tiranno
sanguinario, un criminale massacratore di
innocenti.
Una voce al centro: Lo sapevamo anche
prima.
Giorgio Bardanzellu: Ma quando lo
dicevamo noi nessuno ci credeva. É migliore
Chru`s`cev di Stalin? Vorremmo che lo fosse e
che avesse ascoltato, non dico la voce degli
Stati della Nato e di quelli neutrali, non dico la
parola del presidente Fanfani o del ministro
Codacci-Pisanelli, ma almeno quella di La
Pira, che dicono sia un santo!
Una voce al centro: É un pettegolezzo! (Si
ride.)
10-11-1982
Gerardo Bianco: Signor presidente, a me
sembra davvero singolare che si stia parlando
di una crisi che allo stato attuale non mi pare si
sia nel modo più assoluto aperta.
Alessandro Tessari: Bravo, originale! La
crisi non esiste!
Franco Bassanini: Gerardo Bianco, detto
"cappuccetto rosso"!
12-7-1985
Paolo Emilio Ciofi degli Atti: ...C'è un
ministro, come quello del Tesoro, che ogni
giorno che passa dà cifre diverse sull'entità del
debito pubblico e c'è un contrasto sul livello
della pressione fiscale nel Paese.
Franco Bassanini: Danno i numeri!
1-12-1977
Adolfo Battaglia: Si compie un passo
nell'ambito di un processo politico di cui gli
ultimi sintomi sono rappresentati dai recenti
discorsi degli onorevoli Fanfani e Aldo Moro.
Raffaele Delfino: Sempre preceduti da Ugo
La Malfa, naturalmente!
Adolfo Battaglia: Effettivamente, abbiamo
il difetto di anticipare le posizioni politiche di
altri partiti: è un nostro difetto per il quale
vorrà perdonarci, onorevole Delfino!
Raffaele Delfino: É l'onorevole Bozzi che
non aveva compreso...
Aldo Bozzi: É quindi la provvidenza...
Luigi Preti: Ugo La Malfa è la
provvidenza!
28-9-1981
Costantino Belluscio: ...Osservanti dei
diritti dell'uomo e del cittadino, gelosi della
dignità della persona umana, irreprensibili - se
si è veri massoni - nel comportamento privato
e sociale, democratici come lo sono stati
Mozart, Voltaire, Carducci, Pascoli...
Giuseppe D'Alema: Licio Gelli!
Costantino Belluscio: ...Cavour, Andrea
Costa, Franklin, Washington, Churchill,
Roosevelt per non citarne che solo alcuni.
Questa è la massoneria che è nei nostri ideali,
e la difenderemo contro chiunque, per
opportunismo o viltà...
Massimo Teodori: Perché non parli mai di
quell'altro?
5-7-1948
Pietro Nenni: Io posso ammettere,
onorevoli colleghi, che in altra sede noi
discutiamo della responsabilità della presente
situazione. Il quesito dell'onorevole Bettiol "di
chi è la colpa" ha il suo valore, la sua
importanza, interessa gli storici, interessa la
politica...
Giuseppe Bettiol: Onorevole Nenni, la sua
politica è la politica dell'asino di Buridano;
noi non vogliamo morire di fame.
16-7-1948
Mario Montagnana: ...Vi è l'onorevole
Giuseppe Bettiol, per esempio, che da qualche
anno si è messo a far persino il mestiere di
"triestino", lui che, da quanto risulta, non è più
triestino di quanto lo sia io stesso!
Giuseppe Bettiol: Ma taccia! Ella si è
messo a fare il "moscovita"!
27-9-1948
Carlo Cremaschi: ...Vorrei che anche
l'onorevole Nenni, che con fare da nonno...
Giuseppe Bettiol: Da bisnonno. (Si ride.)
27-7-1965
Giuseppe Bettiol: State ben tranquilli che
in quest'aula non trovate, su questi banchi,
delle povere canne sbattute dal vento; sappiate
che abbiamo le nostre radici saldamente
piantate nei nostri convincimenti morali che
sfidano ogni tempesta. (Vivi applausi al
centro.)
Giovanni Roberti: Mi pare che ella
esageri! Sta a vedere che adesso gli accusati
diventiamo noi! (Vivaci commenti.)
Giuseppe Bettiol: E veniamo all'abuso
innominato d'ufficio.
Giovanni Roberti: Ohhh!
Giuseppe Bettiol: Questo è il suo ruggito.
Ella non sa esprimersi in altro modo.
1-3-1968
Aldo Natoli: ...La versione che il ministro
dell'Interno prima e il ministro della Pubblica
Istruzione poi (e non per caso ho chiamato in
causa quest'ultimo) hanno dato dei fatti
avvenuti ieri e oggi all'università è falsa dalla
prima parola all'ultima...
Michele Magno: Lo sanno bene che è falsa.
Aldo Natoli: ...perché l'onorevole Taviani,
il quale ha affermato di parlare come ministro
dell'Interno di uno Stato di diritto, ha in realtà
parlato come ministro dell'Interno di uno Stato
di polizia. (Proteste al centro.)
Francesco Bova: Si aspettava l'applauso,
onorevole Natoli?
Vittorio Naldini: Andate a parlare con gli
studenti, andate a sentire quello che dicono!
Francesco Bova: Dicono che non hanno
potuto fare gli esami a febbraio!
Lorenzo Biasutti: Io ho tre figli
all'università: quelli che hanno figli
all'università tremano!
Vincenzo Raucci: Ma lei c'è mai stato in
mezzo agli studenti? (Commenti al centro.)
Clemente Manco: Governo di polizia!
15-3-1967
Flavio Orlandi: ...L'onorevole Bignardi ha
ricordato le origini dei consorzi agrari. Nel
1892 sorse il primo a Piacenza. É davvero una
strana coincidenza: il 1892, anno nel quale si
costituiscono i consorzi agrari attraverso
un'opera di cooperazione, è anche quello di
nascita del Partito socialista.
Agostino Bignardi: Non vi è alcun nesso
tra i due fatti.
Flavio Orlandi: Sono avvenuti comunque
in un certo periodo di impegno e di fervore,
nel quale i consorzi agrari hanno avuto uno
sviluppo quanto mai notevole.
Gennaro Miceli: Ella confonde due cose
completamente diverse, cioè la nascita del
Partito socialista e quella dei consorzi agrari.
Pietro Nenni, vicepresidente del
Consiglio: Non ha confuso proprio niente,
onorevole Miceli.
Francesco Principe: Onorevole Miceli, la
sua ironia è proprio fuori luogo.
4-12-1979
Alfredo Biondi: ...Questi sono i motivi per
cui esprimiamo il nostro voto favorevole e le
ragioni per le quali abbiamo partecipato
responsabilmente al consenso del Parlamento
su di questo importante provvedimento
legislativo. (Applausi dei deputati del gruppo
liberale.)
Marco Boato: Pessimo intervento.
Presidente: Onorevole Boato, ognuno ha un
giudizio personale.
Alfredo Biondi: La ringrazio, professore,
verrò a ottobre.
Marco Boato: Pessimo intervento, per un
liberale.
Alfredo Biondi: Per uno di Lotta continua
cosa ci vorrebbe? Un tascapane con qualche
bomba dentro.
23-2-1984
Alfredo Biondi, ministro senza portafoglio:
Il ministro ha il potere che gli attribuisce la
Costituzione.
Fortunato Aloi: Prendiamo atto che il
ministro per l'Ecologia non può avere
nemmeno poteri di stimolo.
Alfredo Biondi: Ognuno ha lo stimolo che
ha; tu tieni i tuoi, io mi tengo i miei!
25-11-1986
Francesco Macis: Su questo
provvedimento, i liberali si sono dissociati.
Del resto, non è la prima volta che lo fanno.
Alfredo Biondi: Dissociati in senso
politico, non mentale!
4-2-1981
Marco Boato: ...Sa, presidente, che sono
proprio stufo di parlare di fermo di polizia?
Comunque andiamo avanti.
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Lei può concludere quando vuole.
Marco Boato: No, no, presidente; la
ringrazio, so che ho questa facoltà. Mi astengo,
per il momento, dall'esercitarla.
Oscar Luigi Scalfaro: Le cinque del
mattino sono un'ora molto simpatica, per
concludere.
26-9-1980
Mario Catalano: ...che il solo modo
possibile per aprire un discorso in direzione di
questo nuovo esercito costituito dai giovani...
Alessandro Tessari: Hai sgomentato il
Governo! Non c'è più nessuno sul banco del
Governo!
Presidente: Onorevoli colleghi, il
sottosegretario ha fatto presente alla
presidenza di dover assentarsi un attimo per
telefonare al ministro.
Emma Bonino: Forse perché butti la pasta,
visto che è mezzogiorno!
28-10-1958
Giuseppe Vedovato: ...Come mai mentre i
tecnici assaporano i
trionfi dello sputnik, i poeti cercano la
morte?
Giovanni Bottonelli: Ce lo spieghi!
Giuseppe Vedovato: Mentre in Occidente
gli scienziati maggiori (Planck, Einstein,
Carrel) si proclamano profondamente
spirituali, il materialismo dilaga nel mondo
sovietico. E questo è il morbo morale che ha
portato alla tomba Esenin, Majakovskij,
Sologub, Fadeev e che ha irrimediabilmente
travolto il simbolico dottor Zivago del recente
romanzo di Pasternak. E se ella, onorevole
collega, attende ancora una risposta a questo
interrogativo gliela do appunto con una pagina
di Pasternak.
Giovanni Bottonelli: Buono quello.
27-5-1969
Luigi Barzini: ...Ed è contro questo piano,
che l'onorevole La Malfa ha chiamato di
"lottizzazione" della Rai-Tv...
Aldo Bozzi: Ma anche lui ha preso qualche
lotticello!
31-7-1985
Aldo Bozzi: ...Con la mia mentalità, ho
creduto di doverle criticare, in quanto non
conformi allo Stato di diritto; mi sembravano
iniziative un po' affrettate, anche di stile
goliardico.
Marco Pannella: Viva la goliardia, viva la
goliardia, finalmente!
Aldo Bozzi: Caro Pannella, alla mia età,
capisci, non posso fare il goliardo...
Marco Pannella: Ah, se ci provassi!
23-1-1980
Marco Boato: ...Lei ride, caro collega
democristiano...
Italo Briccola: Io rido perché in un Paese
serio tu non parleresti nemmeno! Sei un
buffone!
4-2-1981
Marco Boato: ...Prendiamo atto della
speranza che, con il passare del tempo, magari
qualche evoluzione ci sarà, perché nessuno
rimane immobile tutta la vita.
Italo Briccola: Onorevole Boato, visto che
lei mi ha detto che sono un rappresentante del
popolo italiano, quando la smette di prendere
in giro il popolo italiano?
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: É una domanda retorica, perciò la
invito a non dare alcuna risposta, onorevole
Boato.
Italo Briccola: Sono sedici ore che mi
prende in giro!
Oscar Luigi Scalfaro: Va bene, ma lei
scomoda tutto il popolo italiano! Risponda lei,
personalmente. Onorevole Boato!
Marco Boato: Sono qui, presidente. Sono
qui, vivo, vegeto, e pronto a soddisfare le
esigenze dei colleghi che vogliono
approfondire l'argomento.
Oscar Luigi Scalfaro: Veda di non
accogliere proprio tutte le richieste.
8-6-1954
Giacomo Brodolini: ...Anche se la crisi
economica che ha investito gli Stati Uniti
d'America crea delle difficoltà obiettive, non
dobbiamo venir meno, a mio avviso, al
compito di fare ogni sforzo per rimuovere gli
ostacoli che è in nostro potere di rimuovere e
per cercare di riguadagnare, nei limiti del
possibile, le posizioni precedentemente tenute
sul mercato nordamericano. Bisogna cercare di
sanare la situazione di disordine e di caos nei
prezzi che su quel mercato la nostra stessa
industria ha contribuito a determinare.
Mario Martinelli, ministro del Commercio
con l'estero: Manderemo i discorsi
dell'opposizione insieme con le fisarmoniche
sul mercato americano!
Giacomo Brodolini: Vedete intanto di
mandare le fisarmoniche!
11-3-1966
Antonio Cuttitta: ...L'onorevole Colombo
approfitta di tutte le occasioni per invitare i
risparmiatori e gli imprenditori a investire.
Liberato Bronzuto: Magari con
l'automobile. (Si ride.)
28-10-1968
Giovanni Elkan: ...Si consideri poi, a
riprova delle molte inesattezze della stampa,
che su alcuni giornali ("Paese sera" di Roma,
"Il Resto del Carlino" di Bologna) sono state
scambiate le persone del capo d'istituto e del
padre dell'alunno punito: sotto una fotografia
dell'avvocato Poscia era il nome del preside
De Tullio.
Liberato Bronzuto: Questo è
imperdonabile! (Si ride.)
20-4-1950
Antonio Capua: ...ed è perciò che ne parlo
in questa sede discutendo una legge che tende a
migliorare le condizioni economiche della
Calabria.
Giovanni Bruno: Ella lo venderà meglio
l'olio quest'anno, stia tranquillo.
5-12-1956
Bruno Corbi: Se vi è qualcuno che in quei
giorni ha profondamente e sinceramente
sofferto, primi fra tutti questi siamo stati noi
comunisti italiani e di tutto il mondo.
Giusto Geremia: Gridando "Viva l'esercito
russo!".
Bruno Corbi: Nostro è stato, e profondo, il
travaglio, perché sentiamo essere quella una
pagina triste e dolorosa per il movimento
operaio e per il socialismo. Ha sofferto chi ha
legato la propria esistenza, il proprio onore, a
questa causa, alla quale rimane fedele non chi
in quei tragici avvenimenti ha visto un facile
motivo propagandistico...
Giusto Geremia: ...il fallimento del
comunismo, piuttosto.
Bruno Corbi: ...non gli uomini che
costruiscono la propria fortuna sulle disgrazie
dei popoli.
Giusto Geremia: E le 30 mila donne
ungheresi di ieri?
Brunetto Bucciarelli Ducci: Domandi agli
ungheresi che cosa pensano. É una vergogna
solidarizzare con gli assassini sovietici.
30-9-1970
Salvatore Frasca: ...E siamo confortati, in
questa nostra visione, dalla presenza al
Governo di un nostro compagno, il compagno
Principe, sottosegretario per le Partecipazioni
statali.
Pietro Buffone: Lui salva l'Italia.
Salvatore Frasca: Non sarà l'onorevole
Principe a salvare l'Italia.
Pietro Buffone: Facciamolo governatore
della Calabria e il problema è risolto.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: E ringrazio anche l'opposizione, per
la parte oggettiva che essa ha avuto nelle
commissioni. Direi che l'opposizione, vista nei
settori delle commissioni, ha un aspetto più
costruttivo di quello che si possa vedere
nell'Assemblea.
Francesco Cacciatore: Anche la
maggioranza.
6-5-1966
Francesco Cacciatore: ...in un secondo
luogo nella norma di cui all'articolo 2 che,
riaffermando il valore dei diritti naturali di
libertà civile e politica contenuti nelle carte
costituzionali delle prime democrazie liberali,
vincola altresì l'intero ordinamento dello Stato
alla tutela dei diritti sociali (diritto al lavoro,
al riposo, all'assistenza), senza dei quali la
libertà e l'indipendenza della persona non sono
effettivamente garantite.
Raffaello Russo Spena: Ha parlato
Zarathustra!
Francesco Cacciatore: Per me è un uomo
rispettabile!
Raffaello Russo Spena: Su questo sono
d'accordo.
4-3-1947
Pietro Calamandrei: Non crediate che per
questo io morirò di crepacuore. Ma se non
sarà la Corte Costituzionale a dare tale
giudizio, chi lo darà?
Una voce a sinistra: Pilotti. (1)
Pietro Calamandrei: Sì, Pilotti, se non ci
sarà un altro organo più sereno.
7-3-1952
Chiaffredo Belliardi: ...Gli alti valori
ideali della Resistenza bisognava porli al di
sopra dei partiti, per additare a tutti gli italiani
e in ispecie alla gioventù come luce
orientativa, per la ricostruzione della
democrazia cui ci accingemmo dopo la
Liberazione.
Umberto Calosso: Abbiamo messo Padre
Lombardi... (Commenti.)
23-9-1952
Celestino Ferrario: ...Signor ministro, ella
ha tante benemerenze. Si dice (non so, perché
io non sono bene informato) che siamo in
articulo mortis... Faccia che prima della fine
della legislatura le Camere di commercio
abbiano questa legge, che sarà la legge della
loro vita!
Pietro Campilli, ministro dell'Industria e
del commercio: Se è prima di morire, aspetto a
farlo... (Si ride.)
5-11-1985
Mario Capanna: ...Questa è, dunque, la
situazione ed ecco perché, detto senza iattanza,
quando Spadolini, Pannella, assumono
determinate posizioni, in realtà esprimono
giudizi di uomini piccoli piccoli che, non a
caso, sono amici di Piccoli. Le cose non
avvengono mai a caso.
Gianfranco Spadaccia: Tu sei quello della
violenza: violenza armata e violenza di
Ramelli.
Franco Russo: Non dire fesserie,
Spadaccia.
Mario Capanna: Che egli le dica,
compagno Franco Russo.
Aldo Aniasi, presidente della Camera:
Onorevole Spadaccia, per cortesia.
Mario Capanna: No, presidente, non lo
reprima. Quando un radicale ha la parola più
veloce del pensiero ci rende sempre un
servigio. Lo lasci dire.
Massimo Teodori: Peggio è quando si ha
la parola senza pensiero.
6-11-1985
Bettino Craxi, presidente del Consiglio:
...nessuno potrebbe avere la forza militare di
minacciare l'esistenza e la sicurezza dello
Stato di Israele.
Giancarlo Pajetta: Qualche volta la
subiscono.
Bettino Craxi: Ebbene, Israele occupa da
18 anni territori arabi, abitati da popolazioni
arabe.
Mario Capanna: Lui è ancora alla guerra di
Troia! É chiuso nel cavallo. (Proteste del
deputato Pollice.)
18-2-1987
Mario Capanna: ...Oh, ma non importa, il
presidente del Consiglio è uscito, è in giro per
i corridoi a tramestare una dichiarazione
televisiva e una provocazione al Parlamento.
Franco Piro: Ma che tramestare!
Mario Capanna: Piro, taci! Vergognati di
far parte della maggioranza! Vergognati!
Vergognati!
Leonilde Iotti, presidente della Camera:
Onorevole Piro, la prego, lasci parlare,
onorevole Piro, lasci parlare.
Mario Capanna: No, ma c'è il nuovo
presidente del Consiglio; c'è lo "staffettaro",
c'è il nuovo presidente del Consiglio.
Leonilde Iotti: Ma certamente il presidente
del Consiglio rientrerà in Aula.
Francesco Rutelli: C'è già la staffetta.
Onorevole Andreotti, cambi posto!
Mario Capanna: La prego, onorevole
Andreotti, così abbreviamo le procedure.
Leonilde Iotti: Ma, onorevole Capanna,
non dica fesserie, suvvia. Mi scusi se non è
linguaggio parlamentare. Intanto continui.
Mario Capanna: Presidente, la parola
fesserie se la metta in tasca.
Leonilde Iotti: Intanto continui, continui!
Mario Capanna: Però la parola fesseria,
come presidente...
Leonilde Iotti: L'ho detta, l'ho detta...
27-4-1987
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: E, proprio a conferma della
sovranità decisionale del popolo, la
Costituzione riserva al capo dello Stato il
potere di decidere se e quando l'invitare i
cittadini ad anticipate elezioni costituisca
estremo rimedio alla non piena funzionalità
delle Assemblee parlamentari che si fossero
rese incapaci, come nei mesi scorsi è
avvenuto, di costituire un'organica e stabile
maggioranza.
Mario Capanna: La Costituzione non è un
materasso, presidente!...
Amintore Fanfani: Non avendoci mai
dormito sopra, non sono in grado di
risponderle. (Si ride.)
27-2-1957
Achille Corona: É strano che a determinare
il parere di una maggioranza che conta o
dovrebbe contare circa 300 rappresentanti in
questa Camera sia un gruppo di 14 o forse 13
deputati.
Enrico Fogliazza: Quattro gatti.
Antonio Capua: I gatti sono persone libere
però. Non hanno il cervello all'ammasso.
22-5-1967
Giulio Caradonna: ...L'ambasciata
americana è stata protetta dai marines giunti
appositamente da Napoli, poiché si temeva che
le forze di polizia, dopo aver lasciato
tranquillamente circolare i manifestanti stessi,
non sarebbero tempestivamente intervenute.
Amintore Fanfani, ministro degli Affari
esteri: Mi dispiace contraddirla, ma le cose
non stanno così.
Giulio Caradonna: Le ha confermate lo
stesso onorevole Ingrao. É risaputo che
nell'ambasciata americana, e non da oggi, vi
sono i marines americani. Chiunque li vede.
Amintore Fanfani: Si vede che si vogliono
proteggere dalle sue visite. Che vuol che le
dica?
18-10-1948
Fausto Gullo: ...Questo esercito di
contadini del Mezzogiorno, che marcia in
questo momento, e che voi non arresterete, che
si muoverà nonostante voi... (Applausi
all'estrema sinistra, interruzioni al centro.)
Antonio Carcaterra: Perché, nonostante
noi? Si muoverà con noi. Voi non ce li avete
portati, li porteremo noi!
Fausto Gullo: ...ciò si deve, sia pure in
piccola parte a me che andai incontro ai
contadini con i miei anche troppo noti
decreti...
Antonio Carcaterra: E i decreti Segni?
31-7-1954
Antonio Cuttitta: L'articolo 16 della
Costituzione dice: "Ogni cittadino può
circolare e soggiornare liberamente".
Nunzio Caroleo: Salvo che a Roma nel
"quadrilatero di scorrimento"! (Ilarità.)
23-11-1956
Nunzio Caroleo: ... Tanto più che
l'onorevole Zoli, mentre faceva questa mattina
quelle dichiarazioni...
Adone Zoli, ministro del Bilancio: Non ho
mai dichiarato niente a nessuno. Non ho aperto
bocca.
Nunzio Caroleo: Lo dirà, onorevole Zoli.
Adone Zoli: Ella prevede quello che dirò?
Nunzio Caroleo: Immagino che lo ripeterà.
Adone Zoli: Le ripeto che non ho aperto
bocca.
Nunzio Caroleo: Ha parlato qualcuno per
lei.
Giorgio Almirante: Onorevole Zoli, oltre
l'asola, si è cucita anche la bocca?
Adone Zoli: Quella è sempre aperta. (Si
ride.)
18-7-1959
Ferdinando Truzzi: ...Ricordo di aver
parlato cinque anni fa di programmi o piani
culturali. Qualche collega allora mi disse: ella
è un corporativista.
Venerio Cattani: Ma questo non è
corporativismo.
Ferdinando Truzzi: Oggi parlerò del piano
verde...
Venerio Cattani: Speriamo che quel colore
non rappresenti miseria.
17-10-1967
Guido Ceccarini: Vi mettete a giocare a
tennis fra oratori dell'opposizione!
Ernesto De Marzio: Non possiamo giocare
a tennis con voi della maggioranza.
Nettuno Pino Romualdi: Ella, da buon
sportivo, potrebbe far da arbitro.
8-3-1968
Ennio Bonea: Abbiamo letto sui giornali,
abbiamo sentito perfino dire alla radio e alla
televisione, che sono i canali monopolistici
dell'informazione governativa, che le
opposizioni avrebbero la colpa della mancata
realizzazione della riforma universitaria che
oggi si vorrebbe portare fino in fondo, ma che
si è ridotta a una riforma in bikini.
Gaetano Illuminati: In minigonna.
Claudio Cianca: Con buona pace
dell'onorevole Agostino Greggi. (Si ride.)
4-4-1962
Alberto Jacometti: ...L'emendamento del
ministro Folchi all'articolo 2 introduce nella
commissione due magistrati. Perché due
magistrati e non uno solo? E perché due
magistrati a riposo? I magistrati a riposo
avranno circa 70 anni!
Carlo Cibotto: É gente savia!
4-2-1981
Roberto Cicciomessere: ...Chiedo scusa,
ma devo assolutamente soffiarmi il naso...
Presidente: Forse, onorevole
Cicciomessere, se avesse indossato un
pullover sotto la giacca avrebbe evitato di
raffreddarsi.
5-11-1984
Franco Bassanini: ...Leggendo questi passi
della Relazione previsionale e programmatica
sembrerebbe che tra i pessimisti - dal lato del
pessimismo della ragione - si debbano
annoverare anche gli estensori della Relazione
previsionale e programmatica, in contrasto con
i banditori dell'ottimismo di maniera che
vediamo annunciato tutti i giorni sulle nostre
piazze.
Giorgio Napolitano: Gli estensori, ma
anche i ministri che hanno firmato, perché la
responsabilità della Relazione è anche loro.
Pier Luigi Romita, ministro del Bilancio:
Questo è realismo!
Giorgio Napolitano: Lo dico in trasparente
riferimento al presidente del Consiglio e ai
miracoli di sant'Antonio!
Paolo Cirino Pomicino: Di sant'Ambrogio,
nel caso specifico!
14-1-1966
Raimondo Milia: ...Vorrei chiedere
all'onorevole presidente del Consiglio: ma
questo professor La Pira, conosciuto per aver
dilapidato miliardi del comune di Firenze,
celebre soltanto per aver sprecato denari per
tavole rotonde e convegni di tutti i generi...
Franco Coccia: Per caso lei non è di
Napoli, dove è stato sindaco Lauro?
5-10-1967
Francesco Cocco Ortu: ...E appena al
liberalismo italiano fu possibile tendere al
mano la tese lealmente e onestamente.
Giorgio Almirante: Il liberalismo spara
sempre a salve.
Francesco Cocco Ortu: Ha fatto male a non
sparare nel 1922.
Giorgio Almirante: Le cartucce del
liberalismo sono ancora bagnate.

11-5-1964
Raffaele Delfino: ...Per anni avete
promesso l'istituzione di università statali nelle
regioni povere, e poi proprio da sinistra
vengono i maggiori ostacoli, in base a
pregiudiziali teoriche che non hanno alcun
riscontro nella realtà. Ora la realtà di regioni
povere, che danno all'emigrazione non solo le
braccia, ma anche i cervelli, impone di
risolvere con urgenza questi problemi. Né
potete risolverli con i colleges come propone
l'onorevole Codignola.
Tristano Codignola: Si iscriva alla scuola
elementare! (Proteste a destra, richiami del
presidente.)
Raffaele Delfino: DI fronte a un
personaggio così eminente nel campo della
cultura, sono molto indeciso se continuare o se
andarmi a iscrivere alla prima elementare o
alla sesta!
Tristano Codignola: Alla scuola materna.
17-9-1962
Domenico Colasanto: ...Ritorno a insistere,
onorevole ministro, su quello che ho detto altre
volte a lei e ad altri suoi colleghi su questa
grave questione del coordinamento, per evitare
sperperi e aumentare la redditività dell'intero
sistema.
Giuseppe Bogoni: Sono sordi!
Domenico Colasanto: Non sono solo sordi,
ma non vogliono neanche comprarsi
l'apparecchio acustico come ho fatto io (si
ride): e questo è grave.
17-10-1963
Domenico Colasanto: ...Il predecessore del
ministro Corbellini affermò, rispondendo a una
mia interrogazione, che la costruzione di
questa invocata metropolitana spettava al
comune di Napoli. É vero; ma tutti sanno che il
comune di Napoli è povero e non ha mezzi
adeguati. Noi napoletani consumiamo molto;
ma i profitti relativi a tali consumi finiscono,
in gran parte, nelle tasche degli industriali del
Nord, che pagano le tasse, per quello che
pagano, nei loro comuni, non a Napoli.
Onorio Cengarle: E l'oro di Napoli?
Ennio Bonea: Era meglio, allora, il regno
delle Due Sicilie!
Domenico Colasanto: L'oro di Napoli lo
vorremmo regalare agli amici del Nord:
saremmo loro grati se lo accettassero. Il regno
delle Due Sicilie fu un gran male, ma non è
stato bene il trattamento usatoci dopo l'unità
d'Italia.
28-1-1969
Emilio Colombo, ministro del Tesoro:
...Nessuna forza politica, ma solo l'anarchia e
la contestazione globale possono trarre
alimento da un rapporto tra maggioranza e
opposizione che non sia quello proprio di una
costruttiva dialettica parlamentare.
Lucio Libertini: Forse l'anarchia andrebbe
bene.
Emilio Colombo: Per lei può darsi, per me
no.
Lucio Libertini: Un uomo che non ha questa
stella polare è un uomo a metà.
Sandro Pertini, presidente della Camera:
Adesso lasci stare la stella polare, onorevole
Libertini. Io le auguro di andare nello spazio,
così rimarremo un po' tutti tranquilli. Poi ci
manderà a dire che cosa succede lassù.
(Ilarità.)
24-11-1970
Aldo Natoli: ...La filatelia, cioè, oggi non è
soltanto la debolezza del collezionista, non è
soltanto l'hobby di determinate persone (parlo,
naturalmente, della filatelia degli adulti, non di
quella che interessa i ragazzi); la filatelia,
invece, è ormai un'attività che vive di un
sottofondo economico rilevante. Forse anche
ella, onorevole presidente del Consiglio, è un
filatelico?
Emilio Colombo, presidente del Consiglio:
Ho delle collezioni. Aldo Natoli: Mi spiego
allora la sua presenza in questo momento.
Emilio Colombo: Però, in ogni caso, sono
impenetrabile ai suoi argomenti.
Aldo Natoli: Io credo che per lei si tratti
soltanto di un hobby.
Emilio Colombo: Certo è un hobby. Niente
altro.
25-9-1975
Sandro Pertini, presidente della Camera:
Ringrazio lei, onorevole Piccoli, e il ministro
Colombo. Credo che i compleanni siano per
tutti, per ciascuno di noi l'occasione per fare
un bilancio della nostra vita; e il bilancio della
mia vita lo ha fatto lei, onorevole Piccoli. É
stato un cammino molto lungo quello che ho
percorso. Il ministro Colombo mi ha aggiunto
un anno in più (si ride), ma alla mia età, ormai,
un anno in più o in meno, non conta nulla.
Emilio Colombo, ministro del Tesoro: Li
porta così bene!
Sandro Pertini: Grazie. Non ne ho perduto
neppure uno lungo il cammino, onorevole
ministro. (Si ride.)
19-4-1955
Cesare Degli Occhi: ...Non vi furono che
esperimenti di libero amore, tanto è vero che
si è mutato letto, dopo gli amorazzi del 1945,
del 1946, e di parte del 1947; tra gli amorazzi
del 2 giugno 1946! Noi non abbiamo alcuna
intenzione di impalmare la signorina
Democrazia cristiana!
Franco Concas: Non è più vedova.
17-10-1963
Giuseppe Di Vagno: ...Ma perché ci si
decida a intervenire è necessario che i treni
vadano a cozzare tra di loro alla stazione di
Bari?
Guido Corbellini, ministro dei Trasporti:
Anch'io ho fatto delle esperienze del genere,
andando a finire fuori dei binari.
Francesco Albertini: Ella intende fare
dell'umorismo!
Guido Corbellini: Niente affatto. Io facevo
il macchinista allora.
Giuseppe Di Vagno: E i dirigenti di allora
si comportavano verso di lei come si
comportano quelli di oggi nei confronti degli
attuali macchinisti.
Guido Corbellini: Io facevo allora il
macchinista e il dirigente esperimentatore
nello stesso tempo e sono andato fuori binario
a oltre cento chilometri all'ora per un difetto
che non era conosciuto da nessuno.
Qull'incidente mi fu in seguito utile per la
libera docenza.
25-9-1948
Paolo Treves: ...Lei è forse abituato a
seguire una politica per cui, da servo
volontario, non può dir male dei suoi padroni.
Bruno Corbi: In questo può esserci
maestro.
Giuseppe Calasso: É la voce di Londra che
parla.
Umberto Calosso: É una viltà parlare così.
(Scambio di apostrofi fra l'estrema sinistra e la
sinistra.)
13-7-1977
Franco Franchi: ...Nel momento in cui i
cittadini e lo Stato sono colpiti duramente, lei
afferma che vi sono stati successi, ma gli altri
avanzano.
Francesco Cossiga, ministro dell'Interno:
Se siamo ancora qui vuol dire che non hanno
vinto, come in altri tempi! (Commenti a
destra.)
8-8-1979
Gianluigi Melega: ...Io mi sento di
rappresentare una fetta di elettorato che chiede
la decapitazione politica della Democrazia
cristiana; non siamo ovviamente dei giacobini,
anche se ho citato Saint-Just, e quindi non
intendo ovviamente riferirmi a una
decapitazione fisica.
Francesco Cossiga, presidente del
Consiglio: Anche perché fu poi lui a essere
decapitato.
Italo Briccola: In questo caso
soccombereste voi, siamo più di duecento!
Gianluigi Melega: Avremmo l'appoggio
dei carabinieri, caro collega!
Bruno Fracchia: Teniamo la testa a posto!
17-4-1980
Luca Cafiero: ...Noi, onorevole Cossiga,
non abbiamo mai scritto il suo cognome col K,
ma non mi meraviglierei se qualche radicale
conseguente, d'ora in avanti, si accingesse al
disegno grafico di scrivere col K il nome di
qualche suo leader carismatico. Noi, vogliamo
ribadirlo, riteniamo che questa sia solo una
delle questioni morali che già si addensano su
questo Governo.
Francesco Cossiga, presidente del
Consiglio: Ho grande stima della fantasia dei
radicali, ma mi riesce difficile capire come
potrebbero
usare il K.
Luca Cafiero: Un esercizio grafico
problematico, ma i colleghi radicali paiono
addestrati a risolvere questioni più difficili.
Giuseppe Pisanu: Kannella!
Alessandro Tessari: Cafiero col K.
17-12-1963
Ugo La Malfa: L'onorevole Gaetano
Martino ricordava l'autarchia e il
protezionismo. Ma noi prima del Mercato
comune europeo, abbiamo aperto il mercato
per combattere il monopolio, l'autarchia e il
protezionismo allignati proprio sotto l'egida
del Partito liberale prefascista. Perché noi
conosciamo la storia del nostro Paese, né ce la
lasciamo contrabbandare.
Benedetto Cottone: La conosce molto male,
invece: oppure non l'ha capita.
18-10-1966
Luigi Preti, ministro delle FInanze: Quindi,
anche ammesso che potessimo superare le
obiezioni costituzionali per quanto riguarda il
1966, non daremo la copertura per il 1967 e
tanto meno per gli anni seguenti. Che
accadrebbe se nel 1967 riscuotessimo di meno
di quanto previsto?
Benedetto Cottone: Se continua ad
arrampicarsi sugli specchi, può cadere e farsi
male!
27-10-1971
Benedetto Cottone: ...L'immagine
dell'università italiana che emerge dalle
maglie di questi 106 articoli è quella di un
organismo centralizzato, macchinoso e, in
fondo, anche poco funzionale. É l'immagine di
un organismo tristo (stavo per dire "Tristano").
Una voce: ...Codignola! (Si ride.)
6-6-1952
Paolo Rossi: Signor presidente, se ella mi
permette, dirò alcune cose di fronte alle quali
sono perfettamente sicuro che l'onorevole
Covelli starà zitto come un pesce.
Alfredo Covelli: Ella è troppo
presuntuoso.
3-5-1971
Eugenio Scalfari: Onorevole Covelli,
potrei tenerla qui fino a domani leggendole
questa vergogna.
Alfredo Covelli: Quale?
Eugenio Scalfari: Questa: le contraddizioni
di ufficiali superiori e generali dinanzi a una
commissione del nostro Parlamento.
Alfredo Covelli: Meno male, dobbiamo
mandare lei allo Stato Maggiore!
Eugenio Scalfari: Ella non mi manda allo
Stato Maggiore perché non ne ha alcuna facoltà
e io non ho alcuna voglia di andarci.
Alfredo Covelli: Deve vergognarsi di
parlare così di ufficiali dei carabinieri!
Eugenio Scalfari: Leggo i testi della
relazione della Commissione di inchiesta, il
che ella evidentemente non ha letto.
Alfredo Covelli: Non è stato certo il
colonnello Mingarelli a essere tenero con il
generale De Lorenzo. É quindi una doppia
vergogna! Onorevole presidente, ella non
dovrebbe consentirlo: si tratta di ufficiali in
servizio! Vergognatevi!
Presidente: Onorevole Covelli, le ho già
detto che, se ella lo ritiene, può iscriversi a
parlare. La prego di non interrompere.
18-11-1969
Bettino Craxi: ...Difficilmente e raramente
sono nella posizione del lavoratore
dipendente; generalmente, come i colleghi
sanno, i capi o gli esponenti più influenti
appartengono a ceti altolocati, quel certo tipo
di gioventù borghese che Carlo Rosselli
definiva rivoluzionaria a 20 anni, radicale a 30
e forcaiola a 40. Sappiamo di avere sotto gli
occhi fenomeni di questa natura.
Giancarlo Pajetta: Ella che età ha?
Presidente: Onorevole Craxi, ella è
giovane per fortuna; quindi, non raccolga
l'interruzione.
6-11-1985
Bettino Craxi: presidente del Consiglio:
...Onorevoli colleghi, la maggioranza si è
ripresentata dopo aver ricomposto le sue
difficoltà. (Commenti a destra e all'estrema
sinistra.)
Mirko Tremaglia: Lo abbiamo visto!
Guido Pollice: É proprio una bella battuta!
Bettino Craxi: Carta canta, villan dorme!
(Si ride. Commenti.)
D
2-10-1957
Giancarlo Pajetta: ...Sicché bisogna
garantire due anni di potere, altrimenti quei
milioni sarebbero male impiegati per
comprare un consigliere alla vigilia delle
elezioni, in modo che l'affitto abbia almeno un
ciclo biennale!
Antonino Dante: Voi siete affittati per tutta
la vita! (Commenti.)

5-2-1958

Giancarlo Pajetta: ...Io davvero non


capisco il sangue freddo - ma forse è un
eufemismo - dell'onorevole Pella...
Antonino Dante: Ella comprende soltanto il
russo!

1-7-1954

Raffaele De Caro, ministro senza


portafoglio: ...Posso assicurare l'onorevole
interrogante che nulla verrà tralasciato affinché
vengano acquisite all'erario le imposte evase e
le relative penalità.
Pietro Ingrao: Ci dica quanto paga di
imposta di famiglia al Comune di Roma.
Una voce al centro: Questo deve saperlo il
consiglio comunale.
Pietro Ingrao: Ha pagato per 300 mila lire
di reddito. Non ne è informato?
Raffaele De Caro: Sono in grado di esserle
ancora più preciso, perché la prima
dichiarazione fatta dal Montagna fu di 90 mila
lire di reddito. Se volete ancora aggiungere
una manifestazione più allegra, potete prendere
atto che chiese anche la detrazione di 50 mila
lire, dichiarandosi possessore di una macchina
1500 che deteneva per uso di lavoro. Il che
significa che restavano tassabili 40 mila lire.
Giancarlo Pajetta: Lavorava per il
Governo: per accompagnare l'onorevole
Aldisio durante la campagna elettorale!

21-2-1979
Franco De Cataldo: Mettetevi d'accordo
perché recentemente alcuni vostri colleghi
hanno ritenuto che i digiuni di Marco Pannella
siano estremamente seri e motivati. (Commenti
all'estrema sinistra.) D'altra parte, queste
forme di esercizio di protesta non violenta
probabilmente non entrano nella mente e nella
comprensione di molti. (Proteste all'estrema
sinistra.)
Presidente: Onorevoli colleghi, vi prego,
cerchiamo di procedere rapidamente!
Franco De Cataldo: Donde, signor
presidente, si ha l'audacia - perché tale è - di
affermare che il compagno Pannella si nutre
durante i cosiddetti digiuni di protesta di
abbondanti brioches e di cappuccini... (Si ride,
generali commenti.)

30-7-1957

Cesare Degli Occhi: Noi abbiamo votato


per il Governo, perché pensavamo che
finalmente si uscisse dall'equivoco del
tripartito o del quadripartito e che questo
Governo, costituito da galantuomini...
Adone Zoli, presidente del Consiglio:
Volevate fargli fare quello che intendeva fare!
(Proteste a destra.)
Cesare Degli Occhi: Onorevole Zoli, io
vado alle sue interruzioni come alle braccia di
arridente sposa, per quanto ella sia
sicuramente
Adone, ma non arridente sposa! (Si ride,
commenti.)

20-10-1957

Carlo Delcroix: Nulla da obiettare ai


repubblicani, ai quali mi permetterò solo di
dire due cose: la prima è che Mazzini nel suo
innegabile spirito religioso dichiarò più volte
di non essere né cattolico, né cristiano, e
quindi il problema di Roma non sollevava
alcuna opposizione nella sua coscienza. La
seconda è che la vostra Repubblica è così
diversa da quella di Mazzini...
Ugo La Malfa: Lo sappiamo!

8-2-1983

Olindo Del Donno: ...Ci auguriamo che le


nostre parole non cadano sulla roccia, ma sul
terreno fecondo, perché coloro che debbono
provvedere possano farlo. Finché si è in
tempo... (Applausi a destra, congratulazioni.)

27-8-1985

Olindo Del Donno: E invece di trovarsi di


fronte la strada, ci si trova di fronte lo spettro
nudo, tetro, nero della morte! E tante vole
viene davvero!
Silvano Labriola: Stai affascinando il
sottosegretario!
Olindo Del Donno: Grazie, sei sempre un
simpaticone!
Filippo Fiandrotti: Del Donno, come ha
fatto Dante a insegnarti un intervento così bello
in materia economica?
Olindo Del Donno: In Dante c'è tutto: è la
somma teologica in poesia.

25-7-1953

Massimo Del Fante: Dobbiamo, onorevoli


colleghi, incamminarci su una via più
spaziosa, più luminosa.
Una voce a sinistra: Chi ha scoperto
l'America?
Presidente: Non metta in essere problemi
molto delicati a quest'ora! (Ilarità.)

4-4-1962

Raffaele Delfino: Ora io vi leggerò


soltanto quello che sembrava (non dico quello
che era, perché sono meno categorico di voi),
per esempio, a qualcuno che nel 1942 così
scriveva in un articolo intitolato: "Duce,
principe di giovinezza": "Dirti che ti
ubbidiremo più di sempre, che ci hai tutti nel
pugno, duri e compatti e ci puoi scagliare a
fare breccia o a frangere dove tu vuoi, dirti che
siamo strumenti del tuo lavoro che non ha fine
e non ha confini, dirti che la fede è la più cieca
che mai in te solo, dirti che la vita più di
sempre ci pare una cosa appena degna
d'offrirti, dirti che ci conquisti con uno
sguardo, con un segno, con una parola, non è
retorica, e tu leggilo negli occhi, tu che sai
scrutare anche il mistero delle coscienze".
Ecco quando scriveva l'onorevole Lajolo,
attuale relatore di minoranza del gruppo
comunista sul provvedimento in esame. (Ilarità
a destra, proteste all'estrema sinistra, scambio
di apostrofi tra l'estrema sinistra e la destra).
Mario Angelucci: Che cosa avere scritto
voi? Voi dicevate di voler morire con lui, ma
non siete morti. Ridicoli!

15-1-1970

Orazio Santagati: ...Che cosa si vuole fare,


infatti, con le entrate tributarie?
Raffaele Delfino: La danza delle ore.

16-5-1973

Guido Bodrato: ...In questa esclamazione


di responsabilità politiche e pratiche tra il
comportamento di Avanguardia nazionale a
Reggio Calabria e l'indicazione politica che
viene dal Movimento sociale italiano in quella
stessa città e in questo Parlamento.
Raffaele Delfino: In Calabria i guai sono
cominciati con i piemontesi.

23-9-1971

Gaetano Cingari: ...Richiamo il Governo


alle sue responsabilità. Non è momento di
studi, di ricerche, è il momento del fare,
dell'azione politica trasformatrice. Non solo
gli impegni vanno rispettati, ma è tempo di
passare alle realizzazioni concrete.
Ferruccio De Lorenzo: Ma voi fate parte
del Governo. Allora perché parlate così? Vi
appellate al Governo quando siete già al
Governo.
Gaetano Cingari: Anche se siamo una
componente del Governo, ci battiamo, anche
attraverso la mia modesta voce, perché certi
impegni siano realizzati. (Interruzioni del
deputato Gennaro Papa.)
Ferruccio De Lorenzo: É la politica del
doppio binario che fate tutti i giorni.

13-12-1952

Luigi Longo: ...Quando voi oggi parlate di


difendere la libertà, intendete difendere la
libertà dei grandi monopoli, dei grandi agrari,
degli speculatori, dei parassiti...
Giorgio Amendola: ...dell'onorevole
Carmine De Martino. (Proteste al centro e a
destra.)
Carmine De Martino: Risponderò domani
al suo collega. Per voi l'umanità è formata solo
di mendicanti e di grandi agrari.

11-4-1957

Fernando De Marzi: Voi, onorevoli


colleghi della sinistra, avete paura che arrivi
per esempio in casa del lavoratore un giornale,
come quello dell'Enal, che non sia da voi
diretto. Se non aveste paura che un lavoratore
leggendo un giornale non vostro possa
cambiare idea, non sareste qui a protestare.
Ma voi avete paura. (Proteste a sinistra.) Ma
perché vi arrabbiate tanto? Chi ve lo fa fare?
Ada Del Vecchio Guelfi: É un pomeriggio
di amenità!
Fernando De Marzi: ALlora non
arrabbiatevi!
Americo Clocchiatti: Infatti stiamo
ridendo.

17-3-1971
Domenico Ceravolo: Ella, signor ministro,
si è deciso a informare il Parlamento su
un'operazione che data fin dal dicembre 1970
solo in seguito a indiscrezioni di stampa e alla
conseguente presentazioni di interrogazioni.
Franco Restivo, ministro dell'Interno: Il
dovere del ministro dell'Interno è di riferire i
fatti che ritiene configurino reati all'autorità
giudiziaria. Questo è il mio dovere e questo
dovere l'ho assolto. (Applausi al centro.)
Domenico Ceravolo: Ma ella stesso,
signor ministro, ci dice che i dati iniziali
risalgono al dicembre 1970...
Franco Restivo: Ma le operazioni di
polizia richiedono un complesso di indagini.
Domenico Ceravolo: ...e che l'operazione
di polizia è in atto da una settimana. D'altra
parte, signor ministro, ci sembra che la stessa
operazione che ella denuncia sia abbastanza
limitata: 32 perquisizioni in tutto: 13 a Roma,
11 a Genova, 3 a Milano, 2 a Napoli, 3 a Bari,
11 chili di esplosivo rintracciati in una casa di
campagna...
Ernesto De Marzio: Un colpo di Stato si fa
con 11 chili di esplosivo?

16-10-1973

Gustavo De Meo: ...Se ella esamina il


conto consuntivo interno per l'anno 1971, ad
esempio, troverà che a fronte di una previsione
di 544 milioni di lire a titolo di trattenuta per
la previdenza dei deputati sono stati invece
registrati 944 milioni.
Giuseppe Niccolai: Non ci siamo intesi. Il
nostro, onorevole De Meo, è un dialogo fra
sordi...
Gustavo De Meo: Io non sono sordo!
Giuseppe Niccolai: Dimostrerò che ella è
sordo... (Commenti.)

23-6-1964

Giovanni Grilli: ...Devo sottolineare il


vuoto che si registra anche oggi sui banchi del
settore socialista. Dopo un bel gesto compiuto
nella votazione sul bilancio della Pubblica
Istruzione nell'altro ramo del Parlamento,
ritengo che registreremo oggi soltanto il
silenzio del Partito socialista.
Luciano De Pascalis: Il silenzio è d'oro!

8-2-1967

Clemente Manco: ...L'interrogazione


poteva considerarsi sin d'allora in diretto
rapporto con questo concetto previsto nel
programma, in quanto mi permettevo di
chiedere se la responsabilità di quella prova
fallimentare del calcio italiano fosse solo di
natura tecnica o se vi fosse anche una
responsabilità di altra natura, che investisse la
presidenza della Federazione nella sua
conduzione del calcio italiano. Il Governo non
mi rispose e forse non mi risponderà.
Luciano De Pascalis: Lo Stato non si può
preoccupare della gestione di una nazionale di
calcio.
29-7-1957

Luigi Di Mauro: Nella legge vi sono cose


buone, ma vi sono anche cose cattive. Noi
vogliamo appunto eliminare le cose cattive.
Benigno Zaccagnini: Tutto il bene è vostro
e tutto il male è nostro!

1-3-1968

Orazio Santagati: ...e non sia successo a lei


l'infortunio che successe a Fanfani quando, nel
corso di una sua visita ufficiale, gli facevano
vedere le stesse mucche che aveva già visto.
Natale Di Piazza: É quello che succedeva
a Mussolini!

29-10-1971

Luigi Pintor: ...Quando è cominciata a


esplodere questa vicenda ci sono stati contatti,
di cui si è parlato sulla stampa e che nessuno
ha mai smentito, contatti ad altissimo livello,
tra Umberto Agnelli e altissime autorità! E
queste cose non sono state mai smentite.
Carlo Donat Cattin, ministro del Lavoro e
della previdenza sociale: Quello è Giovanni,
impari a chiamare le persone con il loro nome.
Luigi Pintor: Ho già detto che non ho un
forte servizio...
Adolfo Sarti: Chi è quello che prepara il
colpo di Stato, Umberto o Giovanni?

28-10-1955

Paolo Cappa: ...La situazione dei bilanci


delle aziende elettriche dimostra che le
aziende municipalizzate elettriche hanno
compiuto, in questi ultimi anni, degli
ammortamenti assolutamente insufficienti; che
le aziende municipalizzate non corrispondono
interessi sugli investimenti comunali o
provinciali; che i dividendi delle società
cosiddette private sono dell'ordine solo del sei
o sette per cento sui capitali sociali, i quali
inoltre non sono stati ancora
rivalutati di 40 volte come la legge loro
consentirebbe.
Giovanni Grilli: Se facessimo una colletta
per le società elettriche?
Noverino Faletti: Magari!
Paolo Cappa: Credo che l'amico Faletti
accetterebbe!
Mario Dosi: Non fatela, se no vi prendono
in parola!

E
16-10-1958

Giovanni Elkan: ...Arriviamo a poter


distinguere, alla periferia della nostra città,
presso le tastiere dei campanelli, delle
crocette segnate. Il distributore domenicale è
così facilitato a riconoscere, arrivando in
quella casa e vedendo le crocette, chi prende e
chi non prende l'"Unità", "La Lotta". Però, la
crocetta è un'indicazione esteriore, può avere
anche degli altri significati, oltre che quello di
indicare al distributore domenicale quali siano
gli appartamenti dove può tranquillamente
andare. (Commenti a sinistra.) Onorevoli
colleghi della sinistra, è inutile che cerchiate
di contraddirmi: vi sono le fotografie.
Una voce a sinistra: Lo faranno per
risparmiare tempo.
Ferdinando D'Ambrosio: Ma fateci
ascoltare queste cose interessanti!
Giovanni Elkan: Fanno per risparmiare
tempo: ma siccome sono degli emeriti
vagabondi che hanno tempo, questi
distributori, quanto ne vogliono, noi non
consentiamo...
Leonilde Iotti: Non sono vagabondi. Si
vergogni!
Giovanni Elkan: Quelli che distribuiscono
l'"Unità", che hanno solo il compito di
distribuirla domenicalmente sono degli emeriti
vagabondi.
Mario Angelucci: Si vergogni di usare
simili termini! (Proteste al centro.)
Ferdinando D'Ambrosio: Signor
presidente, non possiamo tollerare questi
insulti!

29-4-1964

Alessandro Natta: ...E per chiarire, per


spiegare sino in fondo il mio pensiero, le dirò
che ho letto in una delle mozioni congressuali
della Democrazia cristiana, quella delle
sinistre...
Giuseppe Ermini: Non me ne intendo. (Si
ride.)
Alessandro Natta: Non mi dirà, onorevole
Ermini, che io sono informato più di lei. Ho
letto tutte e quattro le vostre mozioni:
immagino che anche ella non avrà letto solo
quella di "centrismo popolare".
Giuseppe Ermini: Quella l'ho scritta.

F
18-7-1956

Silvio Messinetti: ...tanto è vero che per i


calabresi Opera valorizzazione Sila significa...
"Opera vagabondi sistemati".
Arnaldo Fabriani: Anche questa è opera
meritoria.

3-8-1982

Adele Faccio: ...Io chiedo allora come sia


possibile, nel 1982, pensare ancora che vi
possa essere gente che veste in uniforme, gente
che vive con la sola preoccupazione delle
scarpe o dei bottoni lucidi, che non ha altro
interesse nella vita. Per questo diventano
nevrotici, persone incapaci di avere rapporti
con i figli.
Tarcisio Gitti: Chi te lo ha detto?
Adele Faccio: Ma tu non hai mai
conosciuto il figlio di un ufficiale?
Tarcisio Gitti: Sì, ho conosciuto
Cicciomessere!

9-12-1959

Paolo Emilio Taviani, ministro delle


Finanze: Sul problema di Marx ho una certa
competenza per ragioni di studio, perché le
mie ricerche universitarie hanno avuto per
oggetto particolarmente il socialismo e il
marxismo.
Guido Fallera: Non ne ha tratto molto
profitto però.

2-12-1986

Giovanna Bosi Meramotti: ...A lei compete


di valutare e verificare, di non dare spazio a
richieste parziali o portatrici di strascichi e
ripensamenti e correzioni.
Franca Falcucci, ministro della Pubblica
Istruzione: Ma come, io subisco i franchi
tiratori perché mi oppongo ai precari e lei mi
viene a dire che il precariato è colpa mia!
Giovanna Bosi Meramotti: Quella dei
franchi tiratori, signor ministro, è tutta un'altra
cosa.
Rosanna Minozzi: Ma allora lei sa chi
sono i franchi tiratori!
Franca Falcucci: Lei sta attribuendo a me
la responsabilità di leggi sul precariato che
sono venute dal Parlamento! Io non ne ho mai
proposta una, mi sono anzi sempre opposta e
per questo sono stata
attaccata dai franchi tiratori!

3-12-1986

Gianni Tamino: ...Basta pensare al


problema dell'aggiornamento, al problema
della legge di modifica del calendario
scolastico e alla circolare che vietava le gite
scolastiche. Questa è stata poi modificata; ma,
signor ministro, lei sa benissimo che su di essa
c'è stata una enorme protesta non solo da parte
degli insegnanti. Non stiamo parlando della
legge: stiamo parlando delle circolari e delle
ordinanze.
Franca Falcucci, ministro della Pubblica
Istruzione: Nessuna circolare! ...É un insieme
di menzogne!
Gianni Tamino: Signor ministro, lei sa
benissimo che su questo è stato pubblicato un
dossier da parte non solo e non tanto delle
organizzazioni sindacali, non solo e non tanto
degli studenti, non solo e non tanto dei docenti,
ma delle organizzazioni di categoria che si
occupano di turismo nel nostro Paese.
Franca Falcucci: Pure le linee aeree
giapponesi hanno protestato...

7-4-1987

Alessandro Tessari: ...Cosa vuol dire


articolare didattica ricerca? Non sarei, quindi,
così enfatico, come alcuni colleghi in
commissione, nell'affermare che, se passa
l'aggancio, arrivano i
barbari ed è la fine della civiltà. Per
carità, che succede se passa l'aggancio!
Franca Falcucci, ministro della Pubblica
Istruzione: Ne sono passati tanti barbari e
siamo ancora qui!

17-7-1958

Amintore Fanfani, presidente del


Consiglio: Preciso però che quanto ho detto
circa il nostro dovere di non fare
discriminazioni nel campo del lavoro non vuol
dire che in posti di lavoro riguardanti la difesa
e la sicurezza dello Stato possiamo mettere o
mantenere cittadini che non danno alcun
affidamento ai fini della sicurezza e della
difesa del Paese. (Vivi applausi al centro,
vivissime proteste all'estrema sinistra.) Voci
all'estrema sinistra: Fascista!
Amintore Fanfani: Un giorno verrò qui con
l'elenco di tutti i fascisti che sono tra di voi.
(Proteste dei deputati Silvestri e Giancarlo
Pajetta.)
19-7-1958

Giovanni Malagodi: ...Su questo credo che


ella, onorevole Fanfani, dovendo io sostenere
un esame, mi darebbe quanto meno ventuno...
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Le darei diciassette! (Si ride.)

25-10-1958

Aldo Cucchi: Sono stati anche inviati dei


disoccupati provenienti da Massa Carrara con
la qualifica di muratori e cementisti mentre
sono dei marmisti... e non conoscono gli altri
mestieri.
Amintore Fanfani, ministro del Lavoro:
Dipende dal vizio che hanno molti italiani di
dire bugie...

5-12-1958

Bruno Storti: Se voi presto o tardi (ed è


nella vostra logica, ma è una logica
assolutamente contraria) poteste fare anche del
sindacato non già una struttura democratica
all'interno di una società pluralistica, ma una
struttura rivoluzionaria della politica per
raggiungere gli obiettivi della creazione dello
Stato comunista, voi ve ne infischiereste di
tutti i lavoratori di questo mondo, perché,
secondo la vostra logica, prima dovreste
servire il Partito comunista e poi la classe
lavoratrice, strumento del Partito comunista.
Luciano Lama: Ella sta dicendo una serie
di sciocchezze!
Bruno Storti: Le chiamate sciocchezze
perché vi bruciano.
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Sono le sciocchezze che diceva
anche Marx. (Applausi al centro.)

6-12-1958

Giovanni Malagodi: Ella non ne ha ancora


trattato; ma è ben sicuro che il problema non
sia stato trattato in sede politica e che non sia
in corso il baratto fra Alto Adige e la
clericalizzazione del Trentino?
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Vorrei rassicurarla, onorevole
Malagodi, dato che è in vena di fare il profeta:
ella non è affatto sicuro di quello che dice, e io
lo sono meno di lei.

14-1-1966

Amintore Fanfani: ...Dopo che, in un


riservatissimo colloquio, il 22 dicembre
eravamo tornati a Washington a parlare del
Vietnam e di Hanoi quando il colloquio si
allargò (erano presenti anche l'ambasciatore
d'Italia Fenoaltea e altri) il segretario di Stato
Rusk mi disse: "Ma che vogliono da lei i suoi
critici italiani?".
Arturo Michelini: Che se ne andasse.
Amintore Fanfani: Lui non poteva dirmelo.
(Si ride.)
17-1-1966

Achille Cruciani: ...La "É7" (ho qui pagine


di elementi) è una strada di grande importanza:
può diventare una delle arterie più importanti,
dal punto di vista nazionale e internazionale, in
considerazione del fatto che da Ravenna a
Venezia prosegue per Vienna e Varsavia, e in
Polonia si allaccia a una certa strada
internazionale - la "Asia 1" che, nientedimeno,
dovrebbe andare a finire ad Hanoi. Non è che
noi umbri vogliamo andare ad Hanoi...
Dario Valori: Di questi tempi, non è
consigliabile.
Amintore Fanfani: Non bisogna farlo
sapere all'onorevole La Pira!

31-3-1966

Renzo Pigni: ...La vicenda di Palomares ha


posto all'ordine del giorno questo problema; e
non credo, onorevole Fanfani, che da parte
nostra si tratti di accertarsi se qualche ministra
del Governo italiano stia frequentando un
corso di nuoto, visto il precedente del ministro
spagnolo delle Informazioni che, per
tranquillizzare la popolazione, si è tuffato nelle
acque del Mediterraneo...
Amintore Fanfani, ministro degli Affari
esteri: Non so nuotare! (Si ride.)

14-7-1967

Randolfo Pacciardi: Lei, onorevole


Fanfani, che è stato il presidente
dell'Assemblea dell'Onu, lei che ha avuto
l'onore in quel periodo di concedere
addirittura la parola non soltanto a capi di
Governo, a re, ma anche al papa (e credo che
sia un ricordo della sua vita che le farà sempre
piacere), ha acquisito una specie di
deformazione professionale per la quale crede
sempre che l'Onu risolva tutto.
Amintore Fanfani, ministro degli Affari
esteri: Dopo l'esperienza che ho fatto, non lo
credo.

24-6-1949

Vincenzo Bavaro: ...allora, senta: le


propongo, al cospetto della Camera, di fare a
cambio fra quello che possiede lei e quello
che possiedo io!
Vannuccio Faralli: Non ha importanza.
(Commenti al centro.) Ella difende i
capitalisti.

1-3-1957

Athos Valsecchi: In queste condizioni,


l'unificazione appare a noi nient'altro che un
comodo sistema per dare modo all'onorevole
Nenni e ai suoi amici di tenere i piedi in due
diverse scarpe...
Vannuccio Faralli: Ma no!
Athos Valsecchi: ...all'insegna di un
opportunismo che è troppo palese per poter
avere una qualsiasi forza di suggestione.
Tarcisio Longoni: Calzate una scarpa e una
pantofola.
Vannuccio Faralli: Noi abbiamo una
scarpa sola. Voi siete pantofolari.

11-12-1951

Presidente: Bisogna ascoltare, onorevoli


colleghi: è utile per tutti ascoltarsi a vicenda.
Maria Federici: Sarà doveroso, ma non
sempre utile.

21-11-1984

Luigi Dino Felisetti: Sentite, facciamo


prima a far così. Chiedo a ognuno di noi qui
dentro di alzare la mano e scagliare il sasso
se, per qualsiasi lettera di raccomandazione
(applausi al centro), per una nomina bancaria,
per una qualsiasi cosa (i deputati Pajetta,
Calamida, Pochetti e Spagnoli alzano la mano,
commenti all'estrema sinistra) ...ho detto
ricevuto, non spedito... ho detto ricevuto...
Giancarlo Pajetta: Ti dico subito che io
alzo la mano!
Ugo Spagnoli: Se vuoi, l'alziamo tutti!
Luigi Dino Felisetti: Ne prendo atto, ma,
come vedi, sei un'eccezione. (Commenti
all'estrema sinistra.) Ho detto ricevuto, non
spedito, una lettera, intendiamoci bene. Mi
riferisco a ciò che solitamente accade e voi lo
sapete bene... (Commenti all'estrema sinistra e
al centro.)
Presidente: Onorevoli colleghi, vi prego!
Luigi Dino Felisetti: Vorrei che alzassero
la mano anche quelli che non l'hanno spedito
una lettera, proprio per andare fino in fondo al
ragionamento.
Giancarlo Pajetta: Guardati vicino!
Luigi Dino Felisetti: Mi guardo intorno. Se
un bel giorno, abbiamo avuto bisogno di
avanzare delle raccomandazioni, vuol dire che
questa era la situazione. (Interruzione del
deputato Tassi, proteste al centro, commenti
all'estrema sinistra.)
Presidente: Onorevole Felisetti, prosegua
il suo intervento.

24-11-1965

Spartaco Beragnoli: ...Onorevole


Foderaro, nei Paesi socialisti e nell'Unione
Sovietica, a parte il fatto che il sistema dei
trasporti e degli insediamenti urbani è molto
diverso, esistono strade che certamente
possiamo invidiare. Se non le ha viste, vada a
vederle!
Salvatore Foderaro: ...chi mi garantisce il
ritorno?

8-11-1971

Alberto Giomo: ...abbiamo l'esempio di


due uomini politici che
hanno onorato il nostro partito nel campo
della scienza senza avere un titolo di studio:
Benedetto Croce non è mai stato laureato in
filosofia ed Epicarmo Corbino non è mai stato
laureato in economia. Benedetto Croce è stato
uno dei più grandi filosofi ed Epicarmo
Corbino è stato professore di scienza delle
finanze.
Salvatore Foderaro: Ma quanti Benedetto
Croce ed Epicarmo Corbino abbiamo in Italia?

15-11-1983

Giovanni Ferrara: ...Con tutto il rispetto


per il sottosegretario Corder, non è possibile
questa diserzione. Mi accorgo adesso che è
entrato un ministro...
Francesco Forte, ministro senza
portafoglio: Mi scusino i colleghi, ma sono
dovuto venire a piedi perché il mio autista
doveva andare a colazione.
Mario Pochetti: La Camera è condizionata
dal fatto che il suo autista deve andare a
colazione? Ne scelga un altro di autista!
Giovanni Ferrara: La colazione
dell'autista? Va bene...
Francesco Forte: Potevo ordinargli di non
mangiare, cosa che non ho voluto fare;
comunque chiedo scusa del ritardo.

23-7-1981

Loris Fortuna: ...Se dovessi sapere,


onorevole presidente, che i due terzi degli
italiani disprezzano "quelli del Parlamento"...
Franco Franchi: Anche di più! É una causa
persa la tua!
Loris Fortuna: ... non potrei - in coscienza
- stare qui...
Franco Franchi: ALlora vattene! Dimettiti!

15-7-1955

Nicola Foschini: Abbiamo sentito una


serie di amorosi messaggi rivolti a lei dalla
sinistra, abbiamo sentito delle espressioni che
non erano semplicemente quelle attestazioni di
stima alle quali potremmo anche noi
associarci, abbiamo sentito qualcosa che
riguardava il futuro, delle ipoteche si
mettevano sulla sua persona, abbiamo sentito
qualcosa che poteva rappresentare una
simpatia nascente, un fidanzamento...
Antonio Segni, presidente del Consiglio:
Ho già moglie!

13-7-1977

Franco Franchi: ...Le bande chiodate? Ma


ce ne sono tre (come mi suggerisce il collega
Rauti) in tutta Italia!
Marco Pannella: Rauti ne vorrebbe
tremila...
Franco Franchi: Forse anche di più,
onorevole Pannella!
Marco Pannella: ...ma per uso privato!
Franco Servello: Tu appartieni ad altre
bande, non chiodate!

26-11-1969
26-11-1969

Alfredo Covelli: La crisi delle famiglie e


degli strati più alti della società deriva dalla
dispersione delle coscienze e dal
corrompimento dei costumi e non sarà certo il
divorzio a porvi riparo.
Salvatore Frasca: Come l'ex famiglia
reale!

16/23-12-1978

Domenico Pinto: Il nostro ministro Pedini


è sempre pronto e arguto, reduce dai grossi
successi della trasmissione televisiva
Acquario; forse, vista la tarda ora, se i
commessi ci portano anche il pianoforte, il
ministro farà la replica suonata.
Presidente: Onorevole Pinto, ella è fuori
tema, la invito ad attenervisi.
Salvatore Frasca: No, signor presidente, il
pianoforte è tutta una cosa con il ministro.
Domenico Pinto: COme possiamo affidarci
a una efficienza...
Silvano Labriola: La viola, la viola!
Salvatore Frasca: Il clavicembalo!
Presidente: Onorevoli colleghi, vi prego!

G
26-10-1965

Antonino Cuttitta: Il nostro relatore dice


che fa suo quello che ha scritto il "Popolo", il
giornale della Democrazia cristiana, a questo
proposito, là dove, parlando della legge al
nostro esame, afferma: "Essa cura le migliori
premesse e le migliori condizioni per il
risanamento del nostro cinema e per il suo
progressivo sviluppo e affermarsi in Italia e
nel mondo, ma le fortune del nostro cinema
sono affidate agli uomini e non a una legge;
sono affidate ai produttori, ai registi, agli
autori": coloro cioè che hanno protestato
contro il ministro Corona, onorevole
Gagliardi!
Vincenzo Gagliardi: E a chi vorrebbe
affidare le fortune del cinema se non a
costoro? Alle massaie, forse?

20-2-1969

Ugo Spagnoli: Che cosa può essere


sottratto alla conoscenza del Parlamento in un
regime nel quale il Parlamento è al centro di
tutti i poteri?
Giovanni Galloni: Il segreto militare.

21-12-1951

Vittorio Pugliese: Del resto, gli onorevoli


Miceli e Pajetta avrebbero potuto
approfondire il loro esame nei loro frequenti
viaggi in Russia, domandando ai loro
accompagnatori le cifre del bilancio militare
dell'Unione Sovietica.
Vincenzo Cavallari: In Russia fanno delle
opere civili quali ella nemmeno immagina!
Giuseppe Garlato: Andateci, per non più
tornare! (Rumori alla estrema sinistra.)

24-5-1949

Lodovico Benvenuti: ...L'amico Marconi


diceva l'altro giorno nel suo caldo e commosso
discorso: "v'è stato un mezzadro nella mia
provincia che bastonava il suo padrone
sciancato...".
Gennaro Miceli: Tutti i giorni, ha aggiunto.
Lodovico Benvenuti: Tutti i giorni.
Enzo Giacchero: Era un tipo preciso. (Si
ride.)

18-11-1949

Giancarlo Pajetta (rivolgendosi


all'onorevole Giannini): ...Ed ella può
dimostrare quel che significhi non riuscir più a
ottenere quattrini. (Applausi all'estrema
sinistra, commenti.)
Guglielmo Giannini: Ma io ho dimostrato
che si può fare a meno della Confindustria.
Giancarlo Pajetta: Riconosco che ella è
senza quattrini, ma anche senza il partito
dell'Uomo Qualunque.
Guglielmo Giannini: Non importa, se tutta
l'Italia è qualunquizzata.

17-6-1952

Gerardo De Caro: La discussione che si è


svolta finora si può definire un patto d'azione
suggerito dalla preoccupazione che hanno
suscitato nella maggioranza governativa gli
indiscutibili trionfi delle forze nazionali, un
patto d'azione fra comunisti e democristiani,
con questa differenza che quelli sono coerenti
nelle loro azioni - e noi che siamo leali
avversari dobbiamo riconoscerlo - mentre voi
non siete coerenti.
Guglielmo Giannini: Io vorrei sapere quali
sono le forze nazionali. Poiché non ho l'onore
di essere monarchico, né neofascista, desidero
sapere se io sono deputato nazionale o se devo
pigliare la porta e andarmene in quanto
rappresento qui la Cocincina o la Nuova
Zelanda... (Ilarità.)

18-5-1982

Adele Faccio: ...Il pressapochismo è il


risultato, prima di tutto, della non chiarezza di
idee, e poi di poca cultura e di poco interesse;
è sul pressapochismo che si è andati avanti in
questi trenta anni di governo democristiano.
Tarcisio Gitti: Sta' tranquilla, ché dura
altri trent'anni!

17-5-1984

Franco Bassanini: ...Lo confermiamo, ma


riteniamo in questo momento che la posizione
della questione di fiducia da parte del
Governo, dopo il ritiro massiccio degli
emendamenti...
Giovanni Goria, ministro del Tesoro: A me
piacerebbe farvi lo scherzo di non parlare!
Franco Bassanini: Mi auguro che il
ministro Goria...
Giovanni Goria: Solo per fare uno scherzo
all'opposizione!
Eugenio Peggio: Sarebbero scherzi graditi!

24-7-1984

Marcello Crivellini: ...Se poi voi riuscite a


farlo non il 31 dicembre, ma nelle prime ore
del nuovo anno, alle 2 del #,o gennaio, questo
non lo so...
Giovanni Goria, ministro del Tesoro:
Spero di avere altro da fare!

13-5-1977

Massimo Gorla: ...Ho avuto modo di


verificarlo quando un capitano di polizia e un
tenente dei carabinieri, in un momento in cui
non si prospettava alcuna minaccia all'ordine
pubblico, dopo che mi ero chiaramente
qualificato come parlamentare, hanno
brutalizzato e insultato anche me.
Franco Franchi: Peccato!
Giuseppe Rauti: Troppo poco!

6-7-1972

Ugo La Malfa: ...La nostra proposta non è


stata accettata, e subito dopo ci è stata
sottoposta la formula a quattro con i liberali.
Abbiamo, a questo riguardo, posto il problema
della sinistra democristiana, che, in molti
convegni, aveva convenuto con noi sulla
necessità di una profonda revisione della
politica di centro-sinistra. In concreto, quando
la sinistra democristiana ha dovuto fare la sua
scelta, ha proposto il vecchio schieramento di
centro-sinistra senza nessuna revisione.
Luigi Granelli: L'arca di Noè è uno
schieramento?
1-7-1954

Giovanni Gronchi, presidente della


Camera: Onorevole Gaspari! (Scambio di
apostrofi fra i deputati Gaspari e Spallone.)
Onorevole Gaspari, ho detto!
Ettore Viola: Signor presidente, c'è
bisogno di bromuro da questa parte, in questo
momento.
Giovanni Gronchi: Io sarei imbarazzato
nella scelta della distribuzione.

9-11-1966

Bruno Romano: ...contenere i profitti,


contenere i prezzi, assicurare la massima
espansione ai salari, anche per ottenere la
massima capacità di risparmio al fine di
mantenere alto il livello degli investimenti
produttivi senza deprimere quello dei consumi.
Antonio Guarra: Voi volete la botte piena e
la moglie ubriaca!
20-1-1967

Alberto Guidi: ...per il contributo che


costui aveva dato al regime fascista (parole
queste che sono state riportate da tutti i
giornali), è evidente che Silvio Tavolaro non
poteva più ignorare la natura della
manifestazione. Ecco perché è davvero
inaccettabile la sua versione.
Veniero Accreman (indica a destra):
ALfredo Rocco è stato un criminale e voi siete
quelli che lo difendono! (Vive proteste a
destra, scambio di apostrofi tra i deputati
Caradonna e Accreman, richiami del
presidente.)
Antonio Guarra: Voi comunisti nemmeno
ve lo sognate un giurista simile! (Proteste
all'estrema sinistra.)
Antonino Tripoldi: Il vostro giurista si
chiama Moranino. (Proteste all'estrema
sinistra, scambio di apostrofi fra i deputati
della destra e dell'estrema sinistra.)
5-10-1967

Randolfo Pacciardi: ...L'articolo 37


prescrive norme per i balilla e per gli
avanguardisti: non mi pare che esso possa
essere ancora applicato...
Antonio Guarra: Si potrebbe adattare ai
boy-scouts.

17-10-1967

Ignazio Pirastu: Non si riesce a scovare i


banditi? Ebbene si scovino con i gas. Questo
scrive Augusto Guerriero su "Epoca".
Antonio Guarra: É un grande democratico,
Guerriero.

17-10-1967

Angelo Nicosia: ...Cosa state facendo


adesso? Le regioni, soltanto ed esclusivamente
guidate da partiti.
Remo Gaspari: Il partito unico le piace
allora di più?
Angelo Nicosia: Quando c'era il partito
unico lei era fascista e io ero bambino. Qui
stiamo fra ex fascisti e fascisti.
Antonio Guarra: Se dichiariamo che gli ex
fascisti non sono eleggibili, qui non rimane
nessuno; solo il presidente si salva.

7-4-1984

Famiano Crucianelli: Vedo che si richiama


in modo superficiale il problema della
produttività della pubblica amministrazione.
Giuseppe Azzaro, presidente della
Camera: Onorevole Crucianelli, le ricordo che
mancano soltanto cinque minuti al termine del
suo intervento.
Famiano Crucianelli: Lei sa benissimo che,
tanto, questo dibattito ha una sua soluzione.
Giuseppe Azzaro: Nonostante quello che
lei dice, bisogna rispettare le regole.
Antonio Guarra: Guai a violare la forma!
La sostanza sì, ma la forma no!

22-11-1949

Giuseppe Grassi, ministro di Grazia e


giustizia: Noi siamo favorevoli alla riforma
agraria. (Commenti all'estrema sinistra.) Ma,
poi, anche lei è un grande proprietario,
onorevole Gullo.
Fausto Gullo: Non è vero che io sia un
grande proprietario; ella continua a insistere su
una menzogna. Io ho già risposto su questo mio
preteso patrimonio. Ora, questa è una sciocca
menzogna e se lei, onorevole ministro, la
ripete non è in buona fede.
Giuseppe Grassi: Io ho scritto una lettera
personale all'onorevole Togliatti dopo il
discorso di Castellammare dicendogli che ero
disposto a fare un'ampia esposizione sulla
consistenza della mia proprietà.
Fausto Gullo: Ella può sempre sincerarsi
che io non sono né piccolo né grosso
proprietario terriero.
I
24-6-1950

Guglielmo Giannini: ...Io mi prendo il


biscotto della Cassa del Mezzogiorno e spero
che ella vorrà considerare tutto quanto di non
declamatorio c'è nel mio brevissimo
intervento, e aggiunga al biscotto...
ANgelo Raffaele Iervolino: Il Campari
soda.

25-1-1971

Giulio Andreotti: Ho ascoltato oggi


l'onorevole Ingrao mentre diceva bene perfino
dell'onorevole Bonomi: questo ci riempie il
cuore di gioia, perché non capita di frequente...
(Commenti.) Anzi, abbiamo spesso ascoltato
severe critiche nei confronti dell'onorevole
Bonomi...
Pietro Ingrao: Non dubiti, onorevole
Andreotti, che continueremo a dir male
dell'onorevole Bonomi.

3-4-1984

Ugo Intini: ...Sono un passo saliente


dell'organo ufficiale del Pcus, ma fino a che
domande come quelle posta sopra avranno una
risposta non facile da parte dell'uomo della
strada, Mosca avrà di che essere soddisfatta
della propria offensiva politica.
Franco Russo: Sei tu che stai sotto
l'ombrelloamericano!
Ugo Intini:Guarda che nonsiamo alla
Statale. (1) Qui non ci sono i katanghesi e
quindi c'è libertà di parola! (Proteste del
deputato Franco Russo e del deputato
Calamida.)

26-11-1969

Alfredo Covelli: ...Possiamo citare persino


l'Unione Sovietica, il Paese che quarant'anni fa
era detto del "libero amore", dove si studiano
regolamenti severissimi per rendere il
divorzio quasi impossibile. (Commenti
all'estrema sinistra.)
Leonilde Iotti: Li ha sempre avuti, questi
regolamenti.

11-10-1979

Leonilde Iotti, presidente della Camera:


...Vi ringrazio, onorevoli colleghi, di avermi
prestato attenzione, e possiamo passare al voto
sul bilancio della Camera. (Vivi, generali
applausi.)
Enzo Tarantino: In attesa delle strutture,
qui dentro piove.
Leonilde Iotti: In attesa che si ripari il
tetto, cambi di posto. (Si ride.) La ringrazio di
avermelo segnalato.

L
13-2-1984

Ettore Masina: ...ma devo dire che questo


Governo, che usa tanto brutalmente la clava
del voto di fiducia o dei decreti-legge, quando
deve affrontare i grandi temi ideali mostra la
pudicizia di una di quelle ragazze
dell'Ottocento che lasciavano cadere un
fazzolettino profumato, e scappavano via...
Silvano Labriola: Perché dell'Ottocento?
Anche del Novecento!

10-12-1964

Paolo Rossi, presidente della Camera:


Riprendiamo la discussione del disegno di
legge n' 1846. É iscritto a parlare l'onorevole
Maldini. Ne ha facoltà.
Luigi Borsari: Vogliamo che i colleghi
fermati siano rilasciati!
Mauro Tognoni: Al Senato la seduta è stata
sospesa quando si sono presentati in Aula dei
senatori insanguinati, in seguito all'aggressione
della polizia.
Paolo Rossi: Appena giungeranno gli
onorevoli sottosegretari sospenderemo la
discussione e inizieremo lo svolgimento delle
interrogazioni presentate. Però bisogna che
prendiate posto nei settori.
Una voce all'estrema sinistra: La polizia
deve imparare a rispettare i deputati!
Renzo Laconi: Onorevole presidente, noi
sappiamo che alcuni nostri colleghi sono stati
fermati illegalmente. Le chiediamo di
accertare questa circostanza. É la prima volta,
in diciotto anni di vita parlamentare italiana,
che vi sono deputati fermati illegalmente e
trattenuti dalla polizia. Questo è un fatto di una
gravità inaudita, che non può consentire il
normale proseguimento del lavori
parlamentari. (Vivissime proteste al centro e a
destra.)
Paolo Rossi: In questo momento mi giunge
notizia che non vi è alcun deputato arrestato o
trattenuto. (Vivissimi rumori all'estrema
sinistra, proteste al centro e a destra, richiami
del presidente.)
Renzo Laconi: Ciò significa solo che la
polizia ha rilasciato i deputati fermati.
(Vivissime proteste al centro e a destra.)
Paolo Rossi: Comunque, non vi sono
motivi per interrompere la seduta.

17-6-1964

Ugo La Malfa: Il riferire l'azione


rivendicativa agli indici che commisurano
l'equilibrio economico generale è frutto
dell'evoluzione spontanea della tecnica
sindacale e non implica l'intervento di alcuna
autorità. É un fatto che trae origini dalle attuali
condizioni in cui opera il mondo del lavoro.
Luciano Lama: Ho prima citato il giudizio
di un sindacalista repubblicano sulla esistenza
in Italia di questi modelli tecnici intorno ai
quali cominciare un discorso. É evidente che
finché le calcolatrici elettroniche saranno
manovrate da forze che non sono le nostre...
Ugo La Malfa: Manovratele! Il fatto è che
voi siete succubi del processo di sviluppo; non
ne volete essere gli artefici.
Luciano Lama: Siamo tanto succubi che
non vogliamo accettare l'aggravamento della
situazione!
Ugo La Malfa: Allora fate la rivoluzione,
non fate i sindacalisti!

6-5-1965

Alberto Ferioli: ...Nel suo intervento di


ieri non ho sentito mai una volta adombrare,
onorevole Lama, il precetto costituzionale di
cui all'articolo 39; perché, se l'articolo 39
fosse stato attuato, in questo momento
sarebbero state risolte una infinità di questioni
e questo accordo, invece di essere un accordo
privato - come ella lo definiva -, sarebbe già
automaticamente acquisito e avrebbe forza di
legge a tutti gli effetti.
Luciano Lama: La mancata attuazione
dell'articolo 39 non è imputabile a noi.
26-2-1965

Ugo La Malfa: ...Il Governo è stato


prudente, perché il ministro del Tesoro ha
parlato di necessità di mantenere la
stabilizzazione monetaria, di impedire il
fenomeno inflazionistico, ma non ha chiesto la
tregua salariale. Quindi da oggi in poi il solo
doroteo esistente nella maggioranza sono io.
(Si ride.)
Emilio Colombo, ministro del Tesoro:
Verso la fine del mio discorso però vi era un
chiaro accenno.
Claudio Cianca: Quindi non è solo!
Emilio Colombo: Voglio tenergli
compagnia.

13-10-1965

Ugo La Malfa: Se io avessi la stessa vena


polemica, le direi che noi in materia di
subordinazione alla politica americana non
abbiamo mai dato lo spettacolo che ella
personalmente ha dato nella subordinazione
alla politica dei vari padroni del Cremlino.
(Applausi al centro, proteste all'estrema
sinistra.) L'onorevole Pajetta usa argomenti
impropri per una discussione parlamentare.
Non è facile a me ricorrere a questi motivi
polemici.
Giancarlo Pajetta: Non è vero che non sia
facile per lei: ci riesce invece molto bene. Ella
parla in un modo indecente!
Ugo La Malfa: Quando ascolto lei,
onorevole Pajetta, penso che una delle
disgrazie del Partito comunista è di avere lei
per oratore. (Applausi al centro, proteste del
deputato Pajetta, richiami del presidente.) Ho
finito, signor presidente: quello che avevo da
dire l'ho detto.

14-2-1949

Mario M' Guadalupi: ...Naturalmente mi


sia concesso non di dichiararmi soddisfatto,
ma di dichiararmi insoddisfatto, per essere
preciso...
Giorgio La Pira: Parzialmente non
soddisfatto. (Si ride.)

29-7-1955

Salvatore Foderaro: ...Molte volte è un


vecchio cancelliere che scrive, scrive e non
può tener dietro al presidente che detta. Ore
intere vanno perdute per raccogliere tre o
quattro deposizioni testimoniali, mentre...
Giovanni Leone, presidente della Camera:
...e spesso saltano le parole più importanti. (Si
ride.)

20-2-1960

Venerio Cattani: Anche gli oratori del mio


gruppo sono disposti a rinunciare a parlare, se
il Governo è disposto a rispondere oggi.
Giovanni Leone, - presidente della
Camera: Non credo che si possa imporre al
Governo di rispondere, se non è tecnicamente
preparato.
Mario Alicata: Ma non dica assurdità!
Giovanni Leone: Onorevole Alicata, la
richiamo all'ordine! Certi apprezzamenti li
tenga per il suo cameriere! (Interruzione del
deputato Alicata.) Se intende giustificarsi, lo
faccia subito.
Mario Alicata: Ho pronunciato quelle
espressioni, signor presidente, soprattutto
perché sono profondamente indignato per il
concetto espresso poco fa dall'onorevole Gui,
secondo il quale in sostanza il potere
predominante nel nostro Stato sarebbe
l'esecutivo.
Giovanni Leone: Prendo atto, onorevole
Alicata, che ella ha operato un'abile
diversione verso il presidente del gruppo
democratico cristiano, onorevole Gui.
(Commenti.)

24-6-1960
Giovanni Malagodi: ...Vorrei ricordare
cioè che in Somalia l'Italia non è andata con la
violenza, è andata con pacifiche trattative,
acquistando i territori, se la memoria non
m'inganna, dal sultano di Zanzibar, di quella
parte della Somalia che si chiamava Benadir...
Giancarlo Pajetta: Se ella conosce la storia
coloniale...
Giulio Caradonna: Abissino! (Rumori a
sinistra.)
Giovanni Leone, presidente della Camera:
Non posso ritenere che la parola abissino
offenda, anche per rispetto alla nazione
etiopica.

24-6-1960

Giovanni Leone, presidente della Camera:


Onorevoli colleghi, in relazione all'episodio
parlamentare che ha dato luogo all'interruzione
della seduta, il presidente dichiara che non può
formulare un giudizio sugli avvenimenti.
Giorgio Amendola: Ma come?
Giovanni Leone: Mi lasci concludere.
Una voce a sinistra: Vi è un deputato con la
testa rotta.
Giovanni Leone: Ma sento di esprimere il
vivo rammarico e il profondo rincrescimento
per gli episodi di oggi, durante i quali alcuni
colleghi sono rimasti feriti, con l'augurio per
essi di una sollecita guarigione. (Applausi a
sinistra.)
Giancarlo Pajetta: Viva i deputati che si
battono in mezzo al popolo e lottano nelle
piazze! (I deputati della sinistra si levano in
piedi e applaudono.)
Giovanni Leone: Ho riunito i capigruppo ai
quali ho enunciato nella sostanza questa mia
dichiarazione e quindi prego di non
interrompere: pancta sunt servanda.

9-7-1963

Ludovico Corrao: ...L'onorevole Scelba


l'ha preceduto a quel posto, onorevole Leone.
Meridionali come lei. A nulla valsero i loro
governi per la nostra terra, essi lasciarono un
ricordo triste nella nostra storia.
Giovanni Leone, presidente del Consiglio:
La prossima volta le daremo un settentrionale
per accontentarla. (Commenti.)
Ludovico Corrao: Ella trova modo di
ridere su cose molto serie.
Giovanni Leone: É lei che ha trovato il
modo di cominciare a far ridere.

24-9-1969

Giuseppe Pellegrino: ...Quel pugno -


perché secondo l'onorevole sottosegretario si è
trattato di un pugno e di uno schiaffone - ha
prodotto al ragazzo, che è stato medicato al
pronto soccorso di via Roma, a Palermo, e
curato dal dottor Galante, "valida contusione
ed ecchimosi all'emitorace destro, valida
contusione ed ecchimosi alla regione
zigomatica sinistra, contusione alle spalle ed
escoriazioni multiple, guaribili in una
settimana salvo complicazioni".
Lucio LIbertini: Era Cassius Clay. (Si
ride.)

24-11-1970

Lucio Libertini: ...Ieri sera sono venuti da


noi i rappresentanti della Lega italiana per il
divorzio. In verità io attribuisco molta
importanza alla questione del divorzio, ma non
attribuisco alcun peso a questi signori...
Aldo Amadeo: E poi si sono indeboliti con
il digiuno...
Lucio Lambertini: Un "digiuno" a base di
pasta asciutta. (Commenti.)

15-2-1967

Gerardo Chiaromonte: ...L'onorevole


Bonomi è veramente ingeneroso verso di lei,
onorevole Moro, quando critica il Governo.
Come tutti i prepotenti è ingeneroso!
Aldo Moro, presidente del Consiglio: Voi
invece siete generosi!
Pasquale Maulini: Non siamo suoi amici.
Girolamo Li Causi: L'onorevole Moro non
è prepotente, è molliccio!

22-11-1956

Riccardo Lombardi: ...A mio avviso


l'onorevole Gava a un certo punto, tra questi
due... volatili (l'usignolo e il civettone), ha
fatto il salto della quaglia e si è collocato nella
posizione più favorevole per una immediata e
futura indicazione.
Giorgio Almirante: Quello che ha fatto
l'onorevole Togliatti nei confronti del vostro
atteggiamento al Senato. É la stessa cosa.
Riccardo Lombardi: Noi non siamo qui a
discutere di ornitologia.
Giorgio Almirante: Voi ne state
discutendo.
Riccardo Lombardi: Se si diletta di
uccelli, faccia pure; l'importante è che non si
diletti di aquile...
Giorgio Almirante: Quelle eranoaquile,
questi sono altri volatili.
Riccardo Lombardi: Quelle aquile,
onorevole Almirante, gliele abbiamo spennate.

23-7-1953

Mario Alicata: É andato indietro, con


queste attrezzature, l'indice della produzione
industriale del Mezzogiorno; è andato indietro
l'indice della produzione agricola, come
risulta dai dati pubblicati dall'Istituto centrale
di statistica, diretto dal professor Canaletti
Gaudenti, che è uno dei vostri...
Roberto Lucifredi: É il professor Maroi.
Ella è in arretrato di un paio d'anni!

7-3-1947

Emilio Lussu: ...Giovedì 13 e venerdì 14


dalle 15 alle 16'30 si terranno gli esercizi
spirituali in preparazione al precetto pasquale:
è un controllo sia per le famiglie che per la
scuola su quanto i ragazzi faranno in questi tre
pomeriggi.
Presidente: Onorevole Lussu, forse lei si
allontana troppo...
Emilio Lussu: Nella sua carriera lei,
onorevole presidente, non è dalla parte della
ragione. (Si ride.)

M
22-10-1953

Clemente Maglietta: ...Quando io mi sono


qualche volta trovato di fronte a uno di quei
pasticci futuristi in cui si vede un triangolo
rosso con un cerchio giallo in mezzo e si dice
che è una bella ragazza... (Si ride.)
Umberto Delle Fave: Picasso!
Clemente Maglietta: NOn mi importa
niente che sia Picasso: anche se è Picasso, non
lo capisco.
19-12-1962

Giorgio Almirante: Ora, onorevoli


colleghi, non come modestissimo professore di
scuola media, ma come vecchio alunno, vorrei
ricordare a me stesso e a qualcuno di voi
quelle che reputo forse le più belle pagine di
Machiavelli, le pagine in cui lo statista
racconta a se stesso, cosa che non di frequente
gli accadeva, date le vicissitudini della sua
vita, come uscito verso sera, al crepuscolo,
dalle fatiche e dagli avvenimenti dell'esistenza
così ardua che conduceva in quegli anni, si
chiudesse nella sua camera, si rivestisse
spiritualmente della toga curule ed entrasse in
conversazione con i grandi spiriti
dell'antichità...
Domenico Magrì: Veramente usciva da una
partita di tric-trac e non dalle fatiche della
giornata.

16-2-1968
Giuseppe Speciale: ...E non è tollerabile
nemmeno il tentativo che viene fatto
pervicacemente di ripetere il vecchio stolido
ritornello del tutto va bene. Niente invece va
bene.
Domenico Magrì: Proprio niente?
Giuseppe Speciale: Proprio niente,
onorevole Magrì! Venga con noi a visitare le
zone terremotate!
Domenico Magrì: Posso andarci da solo
perché conosco la strada.

3-8-1954

Giovanni Malagodi: Sotto questo aspetto,


le interruzioni e le constatazioni, per quanto
infondate, mi hanno fatto grande piacere, mi
hanno dato il senso dell'accendersi del dubbio
in menti e in coscienze che forse fino a questo
momento avevano ciecamente seguito
determinate tendenze.
Una voce a sinistra: Inventi l'ombrello!
Giovanni Malagodi: L'ombrello, se posso
raccogliere questa scherzosa interruzione, è
apparecchio utilissimo, anche se inventato da
qualche tempo.
Giancarlo Pajetta: Esiste l'impermeabile,
adesso.

6-6-1957

Giovanni Malagodi: ...Ella ha mandato ieri


il ministro De Bo alla riunione dei capigruppo
della Camera a domandare alla presidenza
della Camera che i patti agrari fossero discussi
con urgenza; ella stamane, interrompendo mi
pare l'onorevole Macrelli, ha ripetuto questo
suo desiderio di urgenza e ha dichiarato che
entro questa legislatura la legge dovrà essere
approvata e approvata in quei termini.
Nunzio Caroleo: Delitto perfetto!
(Commenti.)

19-1-1962
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: ...Quella legge prevede un certo
sistema di controlli da parte del Governo sulle
società a partecipazione statale e di libertà
delle società. Il ministro delle Partecipazioni
statali, in occasione della discussione annuale
del bilancio, viene al Parlamento ed espone i
progetti e gli investimenti che in genere... Mi
ascolti, onorevole Malagodi, poi mi criticherà.
Giovanni Malagodi: Ma io non ho detto
niente.
Amintore Fanfani: Ho veduto fare al suo
ciuffo un movimento di dissenso.
Giovanni Leone, presidente della Camera:
Allora bisognava dirgli non di stare zitto ma di
stare fermo. (Si ride, commenti.)

11-3-1965

Giovanni Malagodi: ...Ella immagina oggi


il proprietario agricolo il quale, anche
avendoli, va a investire i propri denari per
facilitare ai tori e alle vacche la loro funzione
in favore del centro-sinistra? Io francamente
non lo vedo.
Veniero Accreman: Le vacche e i tori si
congiungono più o meno spesso a secondo
dell'occhio che li guarda!
Giovanni Malagodi: Ah, sì? E quando li
guarda lei si congiungono più spesso? (Ilarità.)

15-7-1977

Giovanni Malagodi: ...Una delle radici


fondamentali della disoccupazione giovanile è
proprio quella della insufficienza di nuove
iniziative e di nuovi investimenti nell'ambito
delleiniziative già esistenti.
Giancarlo Pajetta: Per gli anziani un posto
si trova sempre.
Giovanni Malagodi: Tu e io ne siamo la
prova, siamo seduti qui da tanti anni!
Giancarlo Pajetta: Si è visto che un
chimico può entrare alla Montedison. Dovrei
studiare chimica, ma non mi restano
abbastanza anni.
Giovanni Malagodi: Prendo nota delle tue
aspirazioni...
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Non è indispensabile, onorevole
Pajetta, basta la cultura generale.

25-6-1964

Alcide Malagugini: ...Non è drammatizzare


questo: sono annotazioni dette con un sorriso
benevolo sulle labbra, anche perché
l'onorevole ministro sa che i miei rapporti
personali con lui sono sempre stati ottimi.
Quindi non ho alcuna voluttà di vedere la sua
testa rotolare nel paniere parlamentare...
Luigi Gui, ministro della Pubblica
Istruzione: Immagine piuttosto lugubre!
Alcide Malagugini: ...perché tanto va via
lui e ne viene un altro!

12-10-1978
Orazio Santagati: ...Sappiamo che la
Comunità europea preme. Sappiamo che siamo
stati dei tenaci evasori, non certo nel senso
fiscale, ma nel senso legislativo, delle norme
euro- pee. Però, non strappiamoci tanto i
capelli, signor ministro. Poi, lei ne ha un po'
meno; quindi, se li conservi...
Franco Maria Malfatti, ministro delle
FInanze: Li ho tagliati questa mattina.

6-2-1973

Fausto S. Quilleri: ...L'onorevole Manca,


che è stato alto dirigente della Rai-Tv (e penso
che lo sia ancora: sarà in aspettativa e non so
se gli venga corrisposto lo stipendio)...
Enrico Manca: Sono in aspettativa dal #,o
luglio.
Fausto S. Quilleri: Senza stipendio?
Enrico Manca: Sì.
Fausto S' Quilleri: Ne prendo atto con vivo
piacere.
Mario Ferri: Salti pagina!
10-9-1963

Mario Berlinguer: Ed è ancora in vigore


l'articolo 553, che punisce la propaganda
antiprocreativa, frutto della follia fascista per
l'incremento demografico, al fine di costituire
un fattore giustificativo di sciagurate guerre di
espansione.
Clemente Manco: La sua, onorevole
Berlinguer, è una follia malthusiana.

16-10-1963

Ennio Bonea: Respingo quello che ha detto


ieri l'onorevole Speciale, e aggiungo che, se
abbiamo oggi ragione di dolerci del modo in
cui vengono congegnate le informazioni
radiotelevisive, a ciò non possiamo neppure
trovare conforto nella vacuità di alcuni
programmi di varietà, vorrei dire nella loro
stupidità. Perfino i piccoli intervalli, che
durano secondi o minuti, sono insulsi.
Clemente Manco: SOno la parte migliore
dei programmi. (Si ride.)

15-10-1948

Guido Gonella: ...Lei, onorevole Marchesi,


che ha combattuto con quella rettitudine che
tutti conosciamo e io ho avuto l'onore di averla
a mio maestro nell'Università di Padova.
Concetto Marchesi: L'onore è mio di avere
avuto un tanto allievo!

21-7-1966

Vasco Palazzeschi: ...Ma, come ho già


accennato, il disegno di legge non si pone
veramente questo obiettivo, perché non basta
cancellare, con tanto ritardo, dal nostro
ordinamento giuridico un Consiglio centrale
razzista e autoritario quale quello che nel 1938
fu sancito per l'Omni. Ora è necessario, se ci
vogliamo aggiornare, superare anche ogni
concezione burocratica, per evitare di cadere
dalla padella nella brace paternalistica tanto
cara ai conservatori di posizioni di potere,
interessati al mantenimento di carrozzoni
incontrollati. La composizione del COnsiglio
centrale quale è proposta dalla maggioranza
governativa a nostro avviso va proprio in
questo senso. Anche il metodo che si propone
per la formazione della stesso Consiglio
centrale si discosta di poco da quello stabilito
dalla legge del 1938.
Luigi Mariotti, ministro della Sanità: La
padella di cui ella parla è la padella coi
buchi...
Una voce all'estrema sinistra: Per cadere
nella brace socialista, che è peggio.

29-4-1967

Orazio Santagati: ...In sostanza i socialisti


in questa legge volevano fare la parte dei galli
e sono diventati capponi; e la Democrazia
cristiana voleva fare la mantide religiosa, o
per lo meno l'ape regina, ed è diventata un'ape
operaia. Quindi non vi è, né per l'uno né per
l'altro dei due settori più massicci della
maggioranza, il soddisfacimento delle istanze
considerate primarie.
Luigi Mariotti, ministro della Sanità: Non
ci auguri di essere dei capponi, perché si
avvicina il Natale!

29-4-1967

Salvatore Valitutti: ...Non le auguro, signor


ministro, di pianificare l'assistenza
ospedaliera con un rigore e con uno zelo tali
da esigere via via di pianificare anche le
malattie per poi porre, alla fine, la sua
candidatura a ministro della morte.
Luigi Mariotti, ministro della Sanità: Non
mi impressionerebbe il fatto di essere ministro
della morte.
Salvatore Valitutti: Io al suo posto me ne
preoccuperei moltissimo.
12-2-1985

Aldo Aniasi, presidente della Camera: La


invito a concludere, onorevole Martinat.
Ugo Martinat: La ringrazio, presidente, di
avermi ricordato che manca ancora un minuto.
Aldo Aniasi: Trenta secondi, sulla base
del cronometro che ho davanti.
Ugo Martinat: Bisognerebbe verificare se
il cronometro è stato attivato nel momento in
cui mi sono alzato o quando ho cominciato a
parlare.
Aldo Aniasi: L'ho attivato quando lei ha
pronunciato la prima parola.
Ugo Martinat: Spero che il suo orologio
sia buono come il mio.
Aldo Aniasi: Sì, anche perché non è mio,
ma della Camera.

23-1-1980

Roberto Cicciomessere: ...sulla legge


Merli per la quale noi siamo venuti a dirvi:
"Noi ve la approviamo"; col cavolo! Siamo
andati lì con degli emendamenti precisi, siamo
andati lì con una posizione dura mettendo sul
piatto della bilancia... (Commenti.) Che c'è?
Maria Eletta Martini, presidente della
Camera: C'è che l'espressione "col cavolo"
non è forse molto idonea.

3-10-1956

Gaetano Martino, ministro degli Affari


esteri: ...comunque si giudichi dal punto di
vista del puro diritto la nazionalizzazione del
canale di Suez, certo è che la procedura e la
forma adottate sono sbagliate e che con una
forma e con una procedura diverse l'atto
compiuto dal Governo egiziano sarebbe più
legittimo.
Giancarlo Pajetta: Più legittimo, vuol dire
che è legittimo.
Una voce al centro: Meno illegittimo.
Gaetano Martino: L'onorevole Pajetta ha
già questa sera spezzato per me il piccolo pane
della scienza, insegnandomi gli elementi della
dottrina marxista. Non vorrei che spremesse
ancora le sue meningi fino a insegnarmi anche
la lingua italiana...

31-1-1973

Aldo Masullo: ...Nella relazione, invece,


figurano informazioni non controllate e non
controllabili, addirittura vi si scorgono vere e
proprie opacità, dei vuoti; gli stessi dati ci
vengono sottoposti in una loro bruta rozzezza,
con discrepanze di cui l'illustre e competente
relatore non ci fa grazia, nel fornirci gli
strumenti di interpretazione.
Stefano Vetrano: Ella si è lasciato sfuggire
che il ministro Tanassi voleva prendere la
parola?
Aldo Masullo: Io sono molto distratto;
soprattutto poi quando si tratta di ministri, ho
proprio una sorta di allergia.
7-3-1955

Michele De Pietro, ministro di Grazia e


giustizia: ...Io non so fino a qual punto i calcoli
fatti dall'una e dall'altra parte in ordine
all'incidenza della misura dell'aumento sui
bilanci familiari siano esatti, poiché
allorquando mi imbatto in cifre, superata la
tavola pitagorica, non me ne intendo più.
Giorgio Matino Del Rio: Anche Cicerone
era nella stessa condizione.

7-11-1950

Pietro Nenni: Il capitolo dei rischi non è


solo di ordine politico e militare, ma anche
sociale, ed è sottolineato dalla
compromissione in atto di tutte le posizioni
democratiche in Europa: le inglesi, le
scandinave, le francesi, le nostre...
Antonino Maxia: Stiamo benissimo.

26-5-1969
26-5-1969

Crescenzo Mazza, ministro della Poste e


telecomunicazioni: ...Non vorrei ricordarle,
onorevole Almirante, che io ho assunto la
responsabilità del dicastero quando il
pacchetto era già stabilito.
Giorgio Almirante: Ella è un ministro di
vaglia...
Crescenzo Mazza: Io sono un ministro di
lettere; quelle, almeno, ora cominceranno a
camminare. Ma di vaglia no: non ho denaro da
mandare in alcun posto...
Giorgio Almirante: Intendevo dire che è un
ministro di valore.
Crescenzo Mazza: Credevo alludesse ai
vaglia postali...

2-2-1965

Giuseppe Medici, ministro dell'Industria:


...L'onorevole Sacchi pone un complesso di
richieste cui il Governo ha già risposto con il
suo programma, formulando una politica non
occasionale in tema di investimenti, di
controllo pubblico, di modifiche
all'organizzazione generale della previdenza e
dell'assistenza e in merito a una serie di altri
aspetti generali trattati dall'onorevole
interrogante.
Pietro Ingrao: Ma il collega Sacchi vuole
un Governo nuovo.
Giuseppe Medici: Onorevole Ingrao,
poiché governare non è sempre una lieta fatica,
non è male che ciascuno di noi parlamentari
abbia la possibilità di sperimentare le
difficoltà.
Ignazio Pirastu: Il vostro è un sacrificio
che dura da troppo tempo! (Commenti.)
Giuseppe Medici: E io continuo a
sacrificarmi. (Commenti.)

4-2-1981

Gianluigi Melega: ...Ora io non auspico


certo un abbraccio del collega Di Giulio al
collega Pannella. Pannella, tra l'altro, non c'è
più, e il collega Di Giulio lo potrebbe al
massimo abbracciare in Transatlantico, se lo
volesse: ma può sempre abbracciare Aglietta,
se pensa che valga la pena di farlo.
Tina Anselmi: Non sei molto gentile nei
confronti della collega Aglietta!
Italo Briccola: Stai combinando degli
strani matrimoni!

30-9-1981

Franco Servello: Ora basta, Melega,


concludi: dobbiamo andare a vedere la partita!
Gianluigi Melega: Caro Servello, se vuoi
proporre un'inversione dell'ordine del giorno,
puoi anche...
Franco Servello: No, era un'interruzione e
basta.
Presidente: Onorevole Servello,
l'onorevole Melega tiene conto delle esigenze
sue e di quelle degli altri sportivi; infatti si sta
avvicinando alla conclusione del suo
intervento.
Franco Servello: Altrimenti diventa
impopolare presso gli ascoltatori di Radio
radicale.
Presidente: Ma potrebbe anche perdere
voti se prolungasse oltre il suo intervento.
Quindi, intelligentemente lo concluderà da qui
a poco.

23-3-1979

Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:


Una esperienza, dimostratasi efficace, di
coordinazione è stata attuata dall'estate scorsa
con una attività congiunta di carabinieri e di
uomini della pubblica sicurezza agli ordini del
generale Dalla Chiesa...
Mauro Mellini: Buono, quello!

28-1-1981

Mauro Mellini: ...Questi articoli - di cui si


propone la soppressione con la modifica
dell'articolo unico di conversione in legge -
sono un po' come i famosi cavalieri
dell'Ariosto, che "andavan combattendo ed
eran morti".
Sandro Pertini, presidente della Camera: Il
verso è del Boiardo!

8-10-1982

Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse: ...


che il nome del governatore della Banca
d'Italia e il suo personale figurerebbero tra gli
iscritti e gli aderenti alla cosiddetta loggia
riservata o "superloggia" di Montecarlo:
quello del governatore della Banca d'Italia tra
i fratelli esecutivi e il suo, signor ministro, fra
i fratelli attivi.
Egidio Sterpa: Almeno è attivo!
Mauro Mellini: Quello di Calvi tra i
fratelli esecutati!

21-10-1971
21-10-1971

Angelo Nicosia: ...Ecco perché abbiamo


assegni e presalari concessi a studenti
proprietari di lussuose vetture Porsche, che
sono poi i cosiddetti esponenti della
contestazione maoista.
Stefano Menicacci: E anche ai figli di
presidenti di regione... (Commenti.)

24-5-1973

Luigi Anderlini: ...Una sola opinione non è


ammessa; quella di chi vuol distruggere
l'opinione altrui e impedirgli di parlare, così
come storicamente ha fatto il fascismo nel
corso degli anni compresi tra il 1922 e il
1945, così come storicamente e politicamente
tentate di fare oggi voi.
Stefano Menicacci: Nel 1942 lei scriveva
le poesie a Mussolini.
5-4-1960

Cesare Degli Occhi: ...ed è appunto la


Cassazione che ha giudicato dicendo: "Sì, tutte
buone ragioni, ma il testo non è questo". E il
testo non era quello che la Camera aveva
votato. Ad ogni modo, la cosa si vedrà e
confido in lei. Sono sicuro che toglierà il
"pretesto" all'espressione che ho testé inteso.
Angelina Merlin: Colpa della legge Merlin
anche la crisi? (Commenti.) Già: riapriamo le
case e non ci saranno più crisi. (Commenti, si
ride.)

27-10-1962

Giuseppe Bettiol: Ringraziate Dio che vi è


Adenauer in Europa: è una garanzia anche per
voi. Adenauer non è hitleriano: è un
democratico cristiano. (Commenti all'estrema
sinistra.)
Angelina Merlin: Troppo spesso si abusa
della parola democratico. Dovreste ricordarvi
quello che hanno fatto i tedeschi.
Giuseppe Bettiol: Questo è un altro
discorso.
Angelina Merlin: I tedeschi sono sempre
gli stessi: sono razzisti.

3-12-1964

Giovanni Messe: ...La protesta era fondata


su una sola ragione e così si estrinsecava: "Ma
come, voi togliete questo film dalla
programmazione quando è dimostrato che nella
graduatoria degli incassi esso occupa il
settimo posto!" Film di cassetta dunque, e
basta. Evidentemente un buon incasso
giustifica alla coscienza di certa gente il
vilipendere e l'infangare le forze armate.
Giuseppe Matarrese: Io ho visto il film e
non mi sembra affatto che vilipenda le forze
armate!
Giovanni Messe: Le dico subito perché c'è
vilipendio. I nostri soldati non hanno mai fatto
quello che il film mostra che abbiano fatto.
Qualche citazione: fucilare prigionieri e
partigiani; violentare donne; impiccare un
partigiano; incendiare e saccheggiare un
villaggio; portar via l'orologio a un russo e poi
ucciderlo, eccetera.
Giuseppe Matarrese: Ma nel film non c'è
alcun episodio di questo genere.
Giovanni Messe: Ma lo vada a vedere il
film!
Giuseppe Matarrese: L'ho visto!
Giovanni Messe: E allora non l'ha capito!

21-2-1964

Mario Ferrari Aggradi, ministro


dell'Agricoltura: ...Un altro dei problemi
sollevati, relativamente al personale, è quello
che riguarda un certo numero di elementi del
personale d'ordine: si trattava di alcune
dattilografe che erano state richieste per le
esigenze del ministero. A questo proposito
debbo dirle, onorevole Avolio, che fin dal
dicembre scorso volli accertare se il personale
di questo tipo prestasse ancora la sua opera
presso il ministero, disponendo che esso
rientrasse immediatamente nelle sedi di
provenienza.
Gennaro Miceli: Con il rientro delle
dattilografe la patria è salva. (Commenti.)

29-4-1967

Maria Alessi Catalano: ...E in certe


occasioni avere un certo coraggio è molto
difficile. Io riconosco al ministro di avere
avuto il coraggio di resistere fino a un certo
punto; andare oltre, forse, è chiedere troppo a
un uomo.
Luigi Mariotti, ministro della Sanità: Chi è
don Rodrigo?
Gennaro Miceli: Non lo sappiamo, ma i
bravi li conosciamo!

6-4-1965
Giacomo Mancini, ministro dei Lavori
pubblici: Ciò è stato deliberato dal consiglio
di amministrazione dell'Anas, e non ha nulla a
che vedere con il decreto del 15 marzo. Si è
solo usato dei normati poteri ministeriali per i
casi di assoluta urgenza; e qui l'urgenza c'era,
perché si rischiava che tutta una montagna
franasse.
Rocco Minasi: Legga l'"Avanti!",
onorevole Mancini.
Giacomo Mancini: Come ministro, guardo
più alle cose che a quanto riferiscono i
giornali.

19-7-1967

Francesco Cacciatore: In queste condizioni


devo dire che, nonostante gli studi da lei
compiuti e la sua ormai lunga permanenza al
ministero della Giustizia, ella non ha ancora il
senso della giustizia. Mi perdoni questo
apprezzamento.
Riccardo Misasi: Avrò il senso della
grazia, speriamo. (Si ride. )

16-7-1949

Mario Montagnana: D'altra parte, io non mi


vergogno di dichiarare che nella mia prima
gioventù ho applaudito Mussolini e ho gridato
Viva Mussolini. Però Mussolini allora era
socialista.
Giuseppe Bettiol: Era sempre Mussolini.

13-7-1956

Aldo Moro, ministro di Grazia e giustizia:


Ho difeso, come dovevo, la continuità...
Fausto Gullo: Se ella avesse già creato il
Consiglio superiore della magistratura (al
quale, come ella sa, va assegnato il compito di
provvedere alle promozioni, ai trasferimenti,
eccetera), non avrebbe avuto a che fare con il
caso Giallombardo, perché essa sarebbe stato
affrontato e risolto dall'organo competente.
Questo perché è avvenuto? Perché il ministro,
nonostante la Costituente, ancora arroga a sé i
poteri che non deve più avere e che è bene non
abbia.
Aldo Moro: Si divertiranno altri coi
trasferimenti!

25-7-1967

Giorgio Almirante: ...ancor più a disagio


ci troviamo quando leggiamo sui giornali
indiscrezioni, che riteniamo ufficiose - quindi
più che indiscrezioni -, da cui si apprende
addirittura il numero delle cartelle - mi pare
42 - del discorso del presidente del
Consiglio...
Aldo Moro, presidente del Consiglio: Non
le conosco neppure io.

26-2-1971

Alfredo Covelli: ...Lo smentisca ai


giornali, non a me. Io ne prendo atto, anche se
è facile commentare che probabilmente non
avrebbe smentito se io non avessi sollevato
qui l'argomento.
Aldo Moro, ministro degli Affari esteri:
Onorevole Covelli, l'ho smentito varie volte, e
poiché non posso smentire tutti i giorni, ma
ella così autorevolmente mi attribuisce una
agenzia, mi permetto di smentirlo in questo
momento come atto di personale deferenza
verso di lei.
Alfredo Covelli: Onorevole Moro, le sono
grato di questa personale deferenza, che però
non può rappresentare, almeno per ora, motivo
di completa assoluzione dei suoi amici, dal
momento che i giornali in questione parlano di
"corrente degli amici dell'onorevole Moro". E
voglio sperare che la sua smentita si riferisca
tanto all'agenzia degli amici dell'onorevole
Moro che all'agenzia dell'onorevole Moro.
Aldo Moro, ministro degli Affari esteri:
Non c'è l'agenzia dell'onorevole Moro né degli
amici dell'onorevole Moro. Io ho un'agenzia
che ha il pregio di non uscire.

23-7-1971

Franco Servello: ...L'onorevole Moro ha


così confermato, in pratica, che non esiste una
posizione del Governo di Roma sullo scottante
problema maltese.
Aldo Moro, ministro degli Affari esteri:
Chi le ha raccontato tutte queste buffonate che
sta leggendo?
Franco Servello: Fanno parte addirittura
dei comunicati ufficiali, onorevole ministro.
Aldo Moro: Non l'ascolto, perché sono
delle sciocchezze. (Proteste del deputato De
Marzio.)

N
22-7-1957

Sergio Scarpa: Ammasso del grano. Sono


state applicate delle drastiche riduzioni nella
nostra provincia, addirittura nella misura del
30-40 per cento nel contingente di ammasso
dell'anno scorso previsto per quest'anno. Nella
mia provincia si propone, malgrado l'alluvione
e il disastro delle gelate, di passare da 100
mila a 65 mila quintali.
Lorenzo Natali: Ma non aveva detto che
l'alluvione ha distrutto tutto il raccolto?
Sergio Scarpa: Questo non è serio!
Mario Gomez d'Ayala: Voi dite a noi: siate
più obiettivi. Noi vi diciamo: siate più
intelligenti!
Lorenzo Natali: Ella ha il monopolio
dell'intelligenza.

24-10-1969

Massimo Caprara: ...Non hanno taciuto gli


studenti che, nel novembre 1968, contestarono
e sciolsero, proprio a Napoli, il congresso
dell'Istituto nazionale di urbanistica a Palazzo
Reale, nella sede fastosa dei Borboni; lo
contestarono e lo sciolsero con il dileggio e
con l'attacco ai cattedratici corrotti e falliti.
Lorenzo Natali, ministro dei Lavori
pubblici: Per avervi partecipato posso dirle
che il convegno non si è svolto nella cornice
fastosa del Palazzo Reale, ma alla Mostra di
oltremare.
Antonio D'Auria: Ma il fatto rimane. Ella
bada solo alle cose secondarie.
Liberale Bronzuto: I Borboni erano al
convegno!

6-12-1972

Orazio Santagati: Verrò anche alle


dichiarazioni, onorevole De Leonardis; faccio
l'avvocato da 26 anni, e anche per ragioni
della mia professione devo sempre sforzarmi
di interpretare le cose.
Lorenzo Natali, ministro dell'Agricoltura:
Questo è il guaio! Alcuni avvocati hanno
l'abitudine di citare le cose che fanno loro
comodo trascurando le altre che non sono utili
ai loro fini dialettici.
Benigno Zaccagnini, presidente della
Camera: Onorevole ministro, forse non solo
gli avvocati agiscono in tal modo.
Orazio Santagati: Onorevole ministro, lei
fa l'avvocato come me, e critica un metodo che
non uso solo io, essendo caratteristico invece
di tutta la classe forense.

1-12-1971

Alessandro Natta: É possibile che tali


norme presentino degli inconvenienti: li
elimineremo, li correggeremo, ma oggi occorre
essere netti e fermi nello stabilire un principio.
(Interruzione del deputato Greggi.)
Giorgio Napolitano: Lei, onorevole
Greggi, viene a difendere gli interessi di
affaristi della politica e della scuola!
Agostino Greggi: Ma taccia! Voi avete
interrotto per venticinque anni: ho imparato da
voi a interrompere! (Commenti all'estrema
sinistra.)
Alessandro Natta: Ha imparato male.

13-12-1973

Flaminio Piccoli: ...Voglio per ora rilevare


che non sfugge a nessuno di noi che, sotto la
lucida superficie del silenzio,
dell'unanimismo, egli stesso è chiaramente
portavoce di vistose differenze di tono, di
valutazione, di impostazione, all'interno del
suo partito (e questo ci fa piacere) che noi ci
auguriamo vengano alla luce, un giorno, non
solo nei lineamenti e negli argomenti di attacco
alla Democrazia cristiana...
Alessandro Natta: Voi siete unanimi nel
tenere il potere!

4-4-1984

Giovanni Giadresco: ...Signor ministro, il


collega Natta chiedeva se c'era armonia tra
tutti i partiti democratici cristiani ieri sera
all'Opera di Roma.
Alessandro Natta: Chiedevo se avete
cantato in coro!
Oscar Luigi Scalfaro, ministro dell'Interno:
Non è un argomento all'ordine del giorno!

18-5-1984

Sergio Soave: ...Mi riferisco al rapporto


fra il comitato interministeriale prezzi e i
comitati provinciali e le regioni. Il ministro De
Michelis, con la grinta un po' sbrigativa che lo
contraddistingue (ma in buona compagnia)...
Alessandro Natta: Sono i capelli che lo
contraddistinguono!

16/23-12-1978

Domenico Pinto: ...riteniamo di dover


sottolineare alcuni punti per indicare quello
che, ovviamente a nostro avviso, potrebbe
rappresentare...
Giuseppe Noberasco: Onorevole Pinto,
hanno telefonato per sapere se "possono
buttare la pasta"!
Domenico PInto: Signor presidente, o lei in
quest'aula richiama certi individui...
Maria Eletta Martini, presidente della
Camera: Onorevoli colleghi, ho detto basta!
Onorevole Pinto, qui siamo tutti individui.

P
22-5-1967

Luigi Anderlini: ...É probabile che ella,


onorevole Fanfani, agli occhi di ambasciatori
come Fenoaltea o di taluni uomini politici
americani passi per una "colomba".
Randolfo Pacciardi: Meglio un pulcino!

13-10-1950

Giuliano Pajetta: ...Qualche volta, come


grande argomento sulla necessità di difesa, si
dice che bisogna difendersi da questi Paesi
perché hanno una cortina di ferro attraverso la
quale non passa nessuno.
Alessandro Coppi: No, ci passate voi...
(Commenti.)

16-10-1954

Giuliano Pajetta: ...ma in Italia vi erano


centinaia di migliaia di operai, di contadini, di
impiegati, di intellettuali, che gli articoli del
trattato lo conoscevano uno per uno, anche se
non avevano avuto in regalo, sottobanco,
quegli stampati, fatti a spese dello Stato, e
regalati ai "federalisti" dell'onorevole Badini
Confalonieri, il quale per la verità ne ha
passato 50 copie anche a me...
Vittorio Badini Confalonieri: Non sapevo
che ella fosse diventata federalista!
Giuliano Pajetta: Europeo e anticedista!

31-10-1970
31-10-1970

Pietro INgrao: ...Ma quale schieramento


alternativo può promettere oggi il gruppo del
Manifesto, se esso punta dichiaratamente alla
crisi e alla frantumazione del Partito comunista
e del Psiup? E che cosa potrebbe uscire da una
tale via se non, prima di tutto, rovine e una
sconfitta storica della classe operaia? Io
concedo un'attenuante al gruppo del Manifesto.
Giuliano Pajetta: La seminfermità mentale.
(Proteste del deputato Natoli.)

3-9-1964

Giovanni Palazzolo: Adesso consentitemi


una breve e cortese polemica con il relatore
per la maggioranza, che porta il nome di una
illustre dinastia di scopritori: si chiama infatti
Colombo. Cristoforo Colombo, come sapete,
scoprì l'America, anche se la scoprì per caso.
Pietro Sponziello: Non vorrà leggerci
Pascarella! (Si ride.)
3-9-1964

Giovanni Palazzolo: ...Ma spero che


questo tentativo rimarrà sulla carta o nelle
intenzioni dell'onorevole Moro e che le famose
leggi-quadro di cui l'onorevole Moro parla,
sempre a proposito delle regioni, saranno
messe in artistiche cornici-ricordo che il
presidente del Consiglio porterà con sé a Bari
per ammirarsele al ritorno dalle lezioni
all'università.
Ennio Bonea: Guardi che l'onorevole Moro
insegna all'Università di Roma.
Giovanni Palazzolo: Meglio, così
risparmierà le spese per il trasporto dei
quadri.

24-10-1953

Carlo Farini: ...Spese pazze furono quelle


per l'organizzazione del terzo programma. Ma
oltre a ciò la Rai si comporta come un'azienda
commerciale qualsiasi, impiegando ingenti
capitali per lanciare annualmente concorsi
propagandistici per l'aumento del numero dei
radioabbonati. Citerò solo due casi: il primo e
l'ultimo. Per esempio Radio Fortuna, del 1948,
è stato dotato di premi per 70 milioni di lire;
Anie 1954, che sarà lanciato fra breve, sarà
dotato di vistosissimi premi e fra questi di 30
automobili da 500 cavalli vapore...
Modesto Panetti, ministro delle Poste e
delle comunicazioni: 500 cavalli vapore è
forse sbagliato.

17-11-1954

Renato Cappugi: ...Quante volte ci


sentiamo colpiti da insulti che, in coscienza,
assolutamente non meritiamo!
Giulio Pastore: Poi se li rimangiano...
Renato Cappugi: A parte poi, come mi
suggerisce l'onorevole
Pastore, che molte volte gli insulti e le
prese di posizione drastiche vengono ritirati.
(Commenti a sinistra.)
Giulio Pastore: Poi li rimangiate! La
faccenda dei mezzadri è fresca, come pure è
fresca la faccenda Inam di Milano. Porteremo
alla Camera tutte le dichiarazioni con le quali
vi rimangiate tutte le calunnie!...
Giuseppe Di Vittorio: Se dovessi elencare
le sue calunnie!...
Giulio Pastore: Io non rimangio niente, al
contrario confermo perché ho le prove.
Faremo una collezione delle vostre
dichiarazioni.
Giuseppe Di Vittorio: Anche noi delle
vostre.
Una voce a sinistra: E gli interessi degli
statali?
Giulio Pastore: Lasci stare gli interessi
degli statali. Per fortuna ci siamo noi.
(Commenti a sinistra.) A voi premono altri
interessi, che non quelli degli statali.

9-4-1965
Giuseppe Pella: ...Penso che, ricorrendo a
una semplice, opportuna annotazione in calce,
si potrebbe accelerare la presentazione quanto
meno del conto al 31 dicembre 1964.
Antonio Guarra: Vi è il "tesoro" nascosto!
Giuseppe Pella: No, onorevole collega,
tutti i ministri che si sono avvicendati al
dicastero del Tesoro in realtà non hanno mai
trovato il "tesoro".

9-8-1972

Giovanni Roberti: ...In proposito,


onorevole Pertini, quando da ambienti di
sinistra ci si rivolge a lei come presidente
della Camera, sarebbe di miglior gusto che ci
si rivolgesse al presidente Pertini e non al
compagno Pertini, come è stato scritto nel
telegramma che ho letto sull'"Avanti!". É molto
più autorevole la posizione di presidente
dell'Assemblea, in uno Stato parlamentare
come il nostro.
Sandro Pertini, presidente della Camera:
Onorevole Roberti, mi perdoni, io non posso
impedire, né può dispiacermi, che i miei
compagni dell'"Avanti!" mi considerino ancora
compagno. (Applausi dei deputati del gruppo
del Psi.)

23-5-1973

Giorgio Almirante: Resta il fatto, signor


presidente, che tutta la stampa quotidiana,
mentendo ai suoi danni, ha attribuito a lei
questa accelerazione delle procedure. Ella
quindi avrebbe dovuto rettificare ciò che la
stampa ha detto, ripeto, mentendo ai suoi
danni: come vede, provvedo a rettificare io,
visto che ella non ha voluto farlo...
Sandro Pertini, presidente della Camera:
Ho già rettificato io...
Giorgio Almirante: Visto che certa stampa
non l'ascolta neanche...
Sandro Pertini: Che cosa posso fare, se
non ho la stampa a mia disposizione? Ella,
onorevole Almirante, ce l'ha, io no...
Giorgio Almirante: Gliela metto a
disposizione... (Commenti.)
Sandro Pertini: No, no grazie! (Applausi a
sinistra e all'estrema sinistra.)

2-10-1974

Sandro Pertini, Presidente della Camera:


Pongo in votazione la proposta della Giunta di
negare l'autorizzazione a procedere contro
l'onorevole Biamonte. (É approvata, applausi
a destra.) Anche qui l'applauso non ci vuole.
Giancarlo Pajetta: Noi abbiamo avuto
sempre un trattamento diverso.
Sandro Pertini: Onorevole Pajetta, ella era
assente quando si era levato un accenno di
applauso da quelle parte, che ho subito spento.
(INterruzione del deputato Pajetta.) Onorevole
Pajetta, la conversazione con lei mi è tanto
cara, mi creda. É un pezzo che non converso
più con lei, ma facciamolo nel Transatlantico.
Onorevole Pajetta, essa sa quanto io le voglia
bene...
Una voce a destra: Amori politici.
Sandro Pertini: Sì, sono gli amori politici,
e io sono orgoglioso di essere amico
dell'onorevole Giancarlo Pajetta! (Applausi
all'estrema sinistra.)

12-11-1976

Flaminio Piccoli: ...Signor presidente,


onorevoli colleghi, in questi giorni una certa
polemica di stampa su di noi cerca i
presentare, nel momento in cui esprimiamo la
fiducia al nostro Governo, la Democrazia
cristiana come un partito sfilacciato e diviso.
(Vivi commenti a sinistra e all'estrema
sinistra.)
Giovanni Berlinguer: Ce l'ha la tessera?
Pietro INgrao, presidente della Camera:
Onorevoli colleghi, vi prego di lasciar parlare
l'onorevole Piccoli.
Flaminio Piccoli: Diceva Togliatti, a
proposito del suo partito, che era ed è il
massimo partito comunista dell'Europa
occidentale: "Qualche pidocchio nella criniera
di un grande cavallo ci può anche stare". E lo
diciamo anche noi. (Si ride, commenti
all'estrema sinistra.)

26-2-1958

Guido Bernardi: ...Voi, signori del


Governo, siete dei venditori di fumo...
Gaspare Pignatelli: Ed ella, onorevole
Bernardi, è la nostra pipa. (Proteste a sinistra.)

10-5-1978

Domenico Pinto: Si chiamano compagni


anche i brigatisti, per cui io cerco di non
inflazionare l'uso di questo termine, ricorrendo
a esso con il contagocce, anche perché in
questo periodo sto cercando di pensare
molto...
Francesco Mazzola: Ti fa male!

20-11-1978
20-11-1978

Gerardo Bianco: ...Voglio ricordare che in


quest'aula, non molto tempo addietro, si levò
forte e pacata la voce di Aldo Moro (applausi
al centro) che, dinanzi alla sconsideratezza di
un parlamentare, ammonì che...
Una voce al centro: Pinto!
Gerardo Bianco: ...non ci lasceremo
processare...
Virginiangelo Marabini: Moro è morto e
Pinto è li, vivo!
Domenico PInto: Sparami!

16/23-12-1978

Domenico Pinto: Signor presidente, se lei


riterrà che illustrando un emendamento noi
toccheremo anche materie diversi concernenti
altri nostri emendamenti, possiamo andarcene
tutti a casa.
Alberto Spigaroli: Sarebbe ora!
2-10-1979

Domenico Pinto: Certamente, io non parlo


a nome delle grandi masse; se non parlo a
nome dei grandi partiti, parlo a nome...
Raffaello Rubino: Di Prima li-
nea!

15-10-1979

Raffaele Costa: ...Per il settore dei lavori


pubblici, il problema del risanamento
idrogeologico della zona potrà trovare
soluzione nella normativa di cui al disegno di
legge sulla difesa dei suoli, nuovamente
proposto il 4 luglio 1979 alla presidenza del
Consiglio dei ministri, nel quale sono stati tra
l'altro previsti adeguati stanziamenti per il
compimento di opere di imbrigliamento, di
arginamento dei corsi d'acqua e di
sistemazione dei suoli.
Pier Luigi Romita, presidente della
Camera: L'onorevole Baghino ha facoltà di
dichiarare se sia soddisfatto per la sua
interpellanza.
Domenico Pinto: Accontentati, Baghino, ha
fatto le previsioni del tempo.

10-2-1982

Emma Bonino: ...La disinformazione della


vostra Rai di Stato, lottizzata e partitizzata, in
cui abbiamo Spadolini tutti i giorni, le
telefonate di Craxi con Piccoli, i sospiri di
Longo, l'85 per cento dell'informazione
riservata alla maggioranza, come se
l'opposizione fosse cancellata dal Paese!
Domenico Pinto: Ormai, Spadolini fa
anche i caroselli!

23-11-1970

Liberato Bronzuto: Nelle regioni del Nord,


nei periodi invernali un bicchierino di grappa
non può definirsi voluttuario, perché serve a
vincere il freddo, spesso ad aiutare la
digestione e a correggere il caffè di prima
mattina. Nel Mezzogiorno, a questo scopo, è
più usato l'anice; anche questo è forse un
consumo voluttuario?
Luigi Pintor: É un peccato correggere il
caffè napoletano con l'anice!

17-10-1967

Alberto Giomo: ...E per che cosa? Per una


legge che, come vi ho dimostrato e come
dimostra validamente l'articolo 5, è priva di
concretezza.
Ignazio Pirastu: Concretezza? Guardi che il
ministro Andreotti si offende! (1)

31-5-1985

Oscar Mammì, ministro senza portafoglio:


...Si è chiesto che cosa intenda fare il Governo
per le vittime. Com'è noto, il Governo inglese
ha deciso un primo stanziamento di 250 mila
sterline...
Franco Piro: Che avarizia, signor ministro:
mandiamogliele indietro!

3/11-3-1977

Emma Bonino: ...Del senatore Gui si dice


che non ha preso soldi o che forse, secondo le
vostre vertiginose scale di valori, ne ha presi
troppo pochi.
Giuseppe Pisanu: Bada ai tuoi sottoscala!
Le nostre scale di valori ce le guardiamo noi!

13-12-1972

Giorgio Bogi: ...Il vero problema è quello


della azienda in sé, che coinvolge la
responsabilità di molti di noi. Non ricordo
quale collega abbia detto che anche noi
repubblicani portiamo al riguardo delle
responsabilità. Lo pregherei, allorché
interverrà per dichiarare di essere o meno
soddisfatto, di precisarmi a che cosa
intendesse riferirsi, per mettermi in grado di
rispondere a tali insinuazioni.
Mario Pochetti: Avete detto di esservi
dimessi da alcune cariche in seno all'azienda:
ma per far ciò dovevate farne parte!

21-12-1972

Luciano Barca: ...Per quanto è detto - e


concludo - nella mia relazione circa la
necessità (su questo punto, vi sono stati molti
consensi) di un'accelerazione della spesa
pubblica e del reperimento dei mezzi necessari
a tal fine, debbo dire che da alcune parti si è
troppo insistito sulla capacità taumaturgica di
un asserito bilancio di cassa, nel quale io non
credo.
Mario Pochetti: Ma non crede proprio in
niente!

30-9-1977
30-9-1977

Luciana Castellina: ...Questo pasticcio


delle filiere, che sottolinea la discontinuità al
di sotto di una certa soglia della costruzione
delle centrali nucleari, illumina di ridicolo -
devo dire, compagno Berlinguer - questa scelta
cosiddetta di "buon senso", e cioè questa sorta
di compromesso storico nucleare compiuto con
l'accordo di sei partiti.
Giovanni Berlinguer: Non vedo perché si
rivolga a me, che non ho ancora parlato!
Mario Pochetti: Perché sa quello che dirai.
Giovanni Berlinguer: Questo non è neppure
un processo alle intenzioni, è un processo alle
idee presunte!
Luciana Castellina: Colgo allora questa
affermazione come l'anticipazione...
Mario Pochetti: Ha capacità previsionali
superiori a quelle di Bernacca!

7-4-1978
Marco Pannella: ...Perché ci sono le
Brigate rosse e i radicali che fanno perdere
tempo con il Concordato, con le leggi fasciste,
con tutte...
Mario Pochetti: Voi fate perdere tempo, le
Brigate rosse sparano!
Marco Pannella: Pochetti, ci trattate in
fondo come dei sussidiari di poco conto
rispetto a quelli che sparano e vi mettono in
crisi.
Virginio Rognoni, presidente della
Camera: Onorevole Pannella, la prego di
continuare, lasci stare questi riferimenti.
Marco Pannella: Signor presidente, mi dia
atto che oggi le interruzioni del compagno e
collega Pochetti sono così simpatiche...
Virgilio Rognoni: Mi riferisco al contenuto
del suo riferimento, onorevole Pannella.

26-10-1978

Marco Pannella: ...Dal 1971 non ho il


passaporto, non ho voluto ritirare questo
nostro, signor presidente, perché voglio che gli
altri sessanta imputati anch'essi un giorno lo
riabbiano. La legge Rocco quindi c'è.
Mario Pochetti: Il digiuno in Spagna come
lo hai fatto, senza passaporto?

24-7-1981

Mauro Mellini: ...Lo sottolineo io, che di


bilanci non capisco niente (e non solo di
bilanci non capisco nulla), ma non sono
nemmeno solo in quest'Aula a non capire
niente di bilanci, anche se forse molti sono
meno disposti di me ad ammetterlo...
Mario Pochetti: Fortuna che abbiamo i
radicali!

17-5-1984

Franco Bassanini: ...perché continuiamo a


credere che l'ordinamento che oggi ci regge
non si traduca in applausi o in acclamazioni se
si vuole esprimere consenso né fischi se si
vuole esprimere dissenso; ma in voti. E noi
cercheremo di provocare questi voti.
Mario Pochetti: Per Craxi siamo ormai al
plebiscito: "sì" o "no" a Craxi!

14-11-1984

Marco Pannella: ...Aggiungo che da questo


momento le mie firme andranno a coloro che
confermeranno, nei giorni successivi, il
comportamento tenuto oggi in quest'aula, con
lo stesso rigore e con la stessa coerenza con
cui ho onorato gli impegni del mese di marzo.
Mario Pochetti: Pannella, tu dici che io ho
acidità di stomaco, ma tu hai il mal di testa!...
Marco Pannella: Mario, è finito il tempo in
cui potevate tagliarla: dunque, la mia testa sta
bene dove sta!
Aldo Aniasi, presidente della Camera:
Onorevoli colleghi! Onorevoli colleghi!

20-9-1966
20-9-1966

Angelo Nicosia: ...A me non piace affatto


questa discriminazione tra banditi siciliani o
calabresi e banditi sardi o torinesi, anche
perché la Costituzione ci fa uguali in tutta
Italia, sia se siamo galantuomini, sia se siamo
banditi.
Pasquale Poerio: Ma i mafiosi sono
diversi dai banditi.

3/11-3-1977

Claudio Pontello: ...Senatore Galante


Garrone, è inutile che lei scuota il capo...
Carlo Galante Garrone: Ci sarà la libertà
di scuotere il capo!
Claudio Pontello: Certo, lo può scuotere
quanto vuole. Tuttavia io affermo che lei lo
scuote inutilmente. (Applausi al centro.)
Antonino Macaluso: Non è lei che può
decidere sull'inutilità di questo. (Commenti al
centro.)
23-7-1959

Luigi Preti: Ella ha commesso un


fondamentale errore: il paragone non va fatto
tra l'Alfa Romeo e la Fiat, ma fra l'Alfa Romeo
e la Lancia, perché si tratta di piccole industrie
che operano nel mercato automobilistico. Non
vorrà negare che l'Alfa Romeo vada molto
meglio della Lancia: ella probabilmente
comprerebbe la "Giulietta" e non l'"Appia".
Alberto Ferioli: Infatti, ho la "Giulietta"!
(Commenti, si ride.)
Luigi Preti: Ella ha così confermato che
l'azienda di Stato va meglio dell'azienda
privata.

22-2-1977

Luigi Preti: ...Mentre l'onorevole Cossiga -


per quanto egli stesso confessa - non si
preoccupava affatto di questi rivoltosi, Lama
si è messo in movimento; può avere sbagliato
l'impostazione della sua iniziativa, ma
comunque ci siamo trovati di fronte a questo
assurdo: il sindacato ha dimostrato la sua
presenza laddove, viceversa, lo Stato ha
dimostrato la sua assenza.
Emma Bonino: Il ministro Cossiga doveva
fare un comizio, secondo lei?
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Onorevole Bonino, ella ha presentato
un'interrogazione e quindi ha la possibilità di
intervenire in sede di replica.
Luigi Preti: Mi meraviglio che, mentre io
do atto che l'onorevole Lama ha fatto qualcosa,
ella, onorevole Bonino, difenda l'onorevole
Cossiga, che non ha fatto niente. (Si ride.)
Oscar Luigi Scalfaro: Onorevole ministro,
come vede le difese vengono dalle parti più
impensate!

Q
22-10-1948
Gioacchino Quarello: Ho detto e confermo
che la classe industriale è stata pavida.
Gaetano Invernizzi: La voleva ancora più
reazionaria? Lo vada a dire agli operai di
Torino!
Gioacchino Quarello: Già, perché uno di
noi che si fa rispettare è reazionario; uno di
voi che fa il prepotente difende la libertà
democratica!
Renzo Laconi: Non è questo il modo di
parlare alla Camera. Lo faccia nel varietà.
(Proteste al centro.)
Gioacchino Quarello: Ella è colto e sa
molte cose più di me. Però, se ha fatto
attenzione a quanto ho detto, qualche cosa avrà
imparato anche lei.

7-5-1954

Lucio M' Luzzatto: Tutte queste


osservazioni noi intendiamo fare per ispirare
l'attività futura. Tali cose diciamo in questo
caso non per fare un'opposizione al Governo,
ma per collaborare a un'attività di
decentramento che ci dovrebbe trovare tutti
concordi.
Gioacchino Quarello: Se per dire "sì"
occorre mezz'ora, per realizzare la riforma ci
vorranno almeno cent'anni! (Si ride.)

26-7-1974

Fausto S' Quilleri: ...Oggi la tendenza è


quella di scivolare verso una specie di fattoria
degli animali così come l'ha descritta Orwell,
dove tutti gli animali sono uguali, tranne alcuni
che, come per esempio gli onorevoli Achilli e
Todros, sono più uguali degli altri e perciò
possono possedere una dacia nella quale
pensare mentre gli altri lavorano.
Mario Pochetti: Quanto è spiritosa la cosa!
Carlo Tassi: Purtroppo è drammatica.
Fausto S' QUilleri: É una cosa vera: in
Russia agli animali come lei forse danno una
dacia, ma agli altri danno sei metri quadrati a
testa. Voi siete solo capaci di gestire quello
che gli altri producono.
Mario Pochetti: Vada a vedere che cosa
succede lassù.
Fausto S' Quilleri: Lo sappiamo, lo
sappiamo, non occorre andarci, sono sei metri
quadrati a testa. Vuole che le dica che a
Togliattigrad gli operai dormono ancora nei
containers? Saranno degli eroi del lavoro
sovietico, ma in Italia i lavoratori non li
facciamo dormire nei containers.
Mario Pochetti: Il giudizio che sta
esprimendo di quella società è di una grettezza
incredibile.
Fausto S' Quilleri: Prendo atto che ella fa
il difensore d'ufficio di quella società.
Mario Pochetti: É un giudizio gretto il suo
e mi meraviglio fra l'altro che un uomo come
lei dica queste cose.

NOTE:

(1)Massimo Pilotti, procuratore generale


della Corte di
Cassazione, andato in disgrazia per
sospetta tiepidezza repubblicana.
(1)Riferimento alla, per qualche tempo,
turbolenta università di Milano.
(1)Si riferisce alla rivista "Concretezza"
da me diretta dal 1955 al 1976.

26-1-1970

Franco Servello: ...Sull'argomento, e cioè


sulla necessità di mantenere così com'era la
legge del 1953 e di non modificarla, come
viceversa è stato fatto dalla commissione,
anche i comunisti, qui assenti oggi, a eccezione
dell'onorevole Raucci...
Vincenzo Raucci: É presente anche
l'onorevole Gastone. Vi è sempre un comunista
a questo banco.
Giorgio Almirante: Può darsi che sui vostri
banchi ve ne siano ventiquattro di troppo.

17-7-1958
Oronzo Reale: ...Ciò malgrado, onorevole
Nenni, giudica questa astensione nient'altro che
il prezzo con il quale nientemeno abbiamo
fatto cambiare la politica estera del Governo.
Pietro Nenni: Non parlavo per il Partito
repubblicano, se non le dispiace, specialmente
per quanto riguarda la politica estera.
Oronzo Reale: I contrasti non sono
sconosciuti neanche al suo partito, onorevole
Nenni. Sono cose che accadono nelle migliori
famiglie.

15-7-1960

Oronzo Reale: ...E, se le mie reminiscenze


non m'ingannano, siamo già prossimi al diritto
imperiale romano, con la scelta del successore
fatta mediante adozione. (Proteste al centro.)
Leopoldo Rubinacci: Ma che ridicolaggini,
sia più serio, onorevole Reale! Queste sono
stupidaggini. (Rumori a sinistra.)
Giovanni Leone, presidente della Camera:
Onorevole Rubinacci, moderi i termini!
Oronzo Reale: Caro interruttore, avrei
potuto risponderle che fra noi due, in fatto di
stupidità, vi è lo stesso rapporto di peso che
passa fra me e lei. (Applausi a sinistra.)
Leopoldo Rubinacci: Un rapporto inverso!
Giovanni Leone: Si vuole arrivare alla
introduzione della bilancia nell'aula
parlamentare per pesare i deputati? (Si ride.)

18-2-1975

Giorgio Spitella: ...Per quanto riguarda,


infine, la versione degli incidenti del 5
febbraio data dalla Rai nel telegiornale della
notte, si precisa che il notiziario televisivo ha
riportato, sulla base di comunicati diffusi alla
stampa dall'agenzia Ansa, sia la versione dei
fatti data dalla questura di Roma, sia quella
data dal gruppo degli universitari coinvolti
negli scontri.
Alessandro Reggiani: É molto seria questa
equidistanza, che equipara gli organi ufficiali
dello Stato a un'agenzia di stampa!
Ernesto De Marzio: Vedrà che cosa
succederà dopo la riforma!

27-5-1947

Matteo Rescigno: Ve l'immaginate voi che


per regolare la pratica di un familiare infermo
o folle si debba andare da Sapri a Napoli?
Tommaso Angelo Tonello: Ha ragione.
Avete fatto un pasticcio.

9-12-1969

Franco Restivo, ministro dell'Interno: ...Se


i dirigenti dell'azienda non richiedono
l'intervento della polizia, noi non possiamo
essere onniscienti e onnipresenti!
Nettuno Pino Romualdi: Se in una casa
entra un ladro, e non è denunciato da nessuno,
la polizia non interviene?
Franco Restivo: Se ella, proprietario di
quella casa, chiama la polizia, la polizia
interviene.

19-11-1980

Francesco Roccella: ...Noi ci teniamo a


spiegare le nostre ragioni, quando riteniamo di
aver ragione. Mario Pochetti: Ma se per
spiegare un'idea è necessario tanto tempo e
dovete intervenire in due o tre, vuol dire che
questa idea è poco
chiara anche nella vostra mente!
Francesco Roccella: Avevo un direttore di
giornale il quale sosteneva che Kant si può
spiegare in una colonna: lo ritenevo un
imbecille!
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Onorevole Roccella, lei sa che io ho
il dovere di dirigere la discussione senza
entrare nel merito; ma se voi giornalisti, che
avete (o avevate) la possibilità di scrivere
ogni giorno tante pagine, traducete questa
abitudine nella vita parlamentare, diventano
necessarie le edizioni straordinarie! La
pregherei, allora, di concludere prima che esca
la ultimissima edizione della notte: avrà anche
la mia gratitudine!

28-6-1962

Raffaele Delfino: ...Un collega ha detto che


l'onorevole Rocchetti non comprende i
problemi della regione Friuli-Venezia Giulia
perché è abruzzese. L'Abruzzo non c'entra,
abbiamo avuto un abruzzese come D'Annunzio
che li ha capiti molto bene!
Ercole Rocchetti: Ma ella mi vuole per
forza paragonare a D'Annunzio! Se ci si vuole
paragonare lei, è affar suo; ma ella non può
pensare di paragonare me a D'Annunzio.

27-11-1986

Stefano Rodotà: ..."Infine, la Camera


produce tonnellate al giorno di carta straccia
che viene recuperata solo in parte e solo con
difficoltà. Il recupero è fatto dal signor
Michele che lavora con il figlio in un
sottoscantinato, senza aria né luce. In
condizioni malsane, egli, per conto di un
appaltatore e per poca paga, separa la carta
dalla plastica, dalle cicche delle sigarette e
dai rifiuti di ogni genere, che vengono gettati
nei cestini insieme alla carta usata. In molti
casi la presenza di rifiuti non cartacei
impedisce il recupero della carta." Non sono
dettagli, perché dal Parlamento deve ancora
venire qualche indicazione di paragone.
Presidente: Quanto da lei citato, onorevole
Rodotà, se non sbaglio è tratto dal libro La
ragazza dei passi perduti.
Stefano Rodotà: No, presidente. É un brano
di una lettera del collega Nebbia, che io mi
permetterò di farle avere.
Presidente: Però è identico.
Stefano Rodotà: Non so se sia identico,
onorevole presidente. Se è identico...
Presidente: É assolutamente identico.
Stefano Rodotà: ...Non ho alcun dubbio...
21-5-1980

Alessandro Tessari: ...Forse operiamo tutti


con margini di fantasia di fronte a questa
strategia che il ministero dell'Interno ha messo
in essere contro l'ordine pubblico.
Virginio Rognoni, ministro dell'Interno: Il
suo margine è infinito.

22-7-1955

Renato Quintieri: ...É sufficiente che questa


messa in fase si realizzi una volta; che alle
cooperative - e qui spezzo una lancia in loro
favore - si dica: ti ho dato il contributo e ti do
anche il mutuo.
Giuseppe Romita, ministro dei Lavori
pubblici: Se le cooperative ottenessero
rapidamente il mutuo, avremmo un milione di
domande e io sarei indotto al suicidio.
Giovanni Leone, presidente della Camera:
Questo non lo auguriamo davvero al ministro,
noi vogliamo che viva a lungo, "che Catone si
concerta e viva...". (Approvazioni, si ride.)

25-7-1955

Giuseppe Romita, ministro dei Lavori


pubblici: Si è parlato delle cooperative. É la
mia croce...
Una voce a destra: ...e delizia!
Giuseppe Romita: Delizia no: le
cooperative veramente le regalerei tutte a lei!

31-1-1968

Randolfo Pacciardi: ...Infatti, se vi è una


specie di rotazione nei comandi del Sifar,
evidentemente quello che è nuovo
dell'ambiente, come è successo con
l'ammiraglio Henke, "rivede le bucce" agli
altri. Così si realizza una garanzia per il
ministro. Altrimenti, si ha una specie di
cooperativa, fatta in famiglia, che si
distribuisce le cariche del Sifar.
Nettuno Pino Romualdi: Bisogna accertare
chi ha dato il mutuo! (Si ride.)

9-12-1969

Lucio Libertini: Certo voi avete sostituito


la coscienza con lo Statuto albertino - questa è
la verità - e con i dieci princìpi del fascismo.
Noi invece crediamo che la coscienza operaia
non sbagli su questo terreno!
Giuseppe Avolio: Il motto "credere,
obbedire e combattere" è passato e non torna
più.
Nettuno Pino Romualdi: Lei ha creduto,
non ha combattuto ed è arrivato fin qui.

15-7-1977

Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:


...Il Governo sta studiando i modi e le forme
più indicati per superare gli ostacoli
all'esercizio del voto all'estero da parte dei
connazionali emigrati.
Nettuno Pino Romualdi: Sono venticinque
anni che il Governo studia! Speriamo che
abbia finito...

13-4-1970

Orazio Santagati: ...In fondo, a pensarci


bene, dall'onorevole Rumor i suoi amici della
Democrazia cristiana e i consoci del centro-
sinistra pretendono che egli si dimostri
insieme un Colleoni, un Machiavelli, un
Cavour, un Giolitti (senior)...
Mariano Rumor, presidente del Consiglio:
Troppa grazia!

19-7-1973

Raffaele Delfino: ...In questi giorni,


onorevole presidente del Consiglio, si
rievocano gli avvenimenti di trent'anni fa, e
cioè del luglio del 1943. Ebbene, onorevole
Rumor, ho l'impressione che le sue
dichiarazioni programmatiche potranno
passare alla storia come il "discorso del
bagnasciuga economico"...
Mariano Rumor, presidente del Consiglio:
Guardi, onorevole Delfino, che non siamo sul
bagnasciuga...
Raffaele Delfino: Ella, onorevole
presidente del Consiglio, ha dichiarato che non
siamo all'ultima spiaggia: evidentemente ella
sta sul bagnasciuga...
Mariano Rumor: Ella sa che usare il
termine "bagnasciuga" rappresenta un errore di
vocabolario navale...

14-3-1947

Guido Russo Perez: ...e il Paese non


reagisce o reagisce debolmente, vuol dire che
il Paese è diventato sordo e grigio...
(Interruzioni a sinistra.)
Girolamo Li Causi: É la frase di
Mussolini! Lei è sordo e grigio.

14-3-1947

Guido Russo Perez: Dica un poco,


onorevole Li Causi: quando parla di guerra
fascista, non potrebbe rivolgersi al suo
portiere?...

7-12-1966

Raffaello Russo Spena: ...cioè ritiene che


la responsabilità per quello che fa un usciere,
per quello che fa l'ultimo elemento di periferia
risale ai vertici dello Stato e alla classe
politica dirigente? Io questo non lo capisco.
Una voce all'estrema sinistra: L'usciere no!
Raffaello Russo Spena: Altre volte avete
addebitato ai ministri anche quello che aveva
fatto l'usciere.
Emanuele Macaluso: Quello che faceva
Ippolito, non l'usciere!
17-10-1967

Pietro Sponziello: ...Ma ella, a una


osservazione che sto facendo e a uno sforzo
che, come vede, sto compiendo nello
svolgimento del mio dovere, nella ricerca di
qualche suggerimento concreto, dondola la
testa.
Raffaello Russo Spena: É un tic normale,
onorevole SPonziello.

16-12-1986

Francesco Rutelli: ...É il momento in cui


questo si deve fare, ed è il momento di dare
non un segnale...
Giancarlo Pajetta: Si fa a tempo ad andare
a prendere il caffè prima che lei finisca?
Francesco Rutelli: Se prende un caffè
ristretto, lei fa in tempo; se il caffè è lungo, no!
Giancarlo Pajetta: ALlora prendo quello
ristretto!
S
28-10-1964

Armando Sabatini: Non si tratta quindi di


librarsi in quel voli astratti di cui il
comunismo è veramente un campione e di cui
abbiamo la testimonianza diretta oggi in
Russia, ove Chru`s`cev credeva di poter
confrontare il suo sistema con il mondo e ha
dovuto riconoscere che aveva sognato e che la
realtà politica è più forte dei suoi sogni, come
più forte delle astrazioni del comunismo è la
realtà politica mondiale.
Una voce all'estrema sinistra: Gli è
accaduto quello che è successo a Fanfani nel
convento delle suore dorotee.

15-6-1954

Eugenio Gatto: ...Quando si vede una


capitaneria scalcinata, che opinione ci si può
fare di tutta la città? Diamo quindi alle nostre
città di mare una portineria decente, decorosa.
Michele Sala: Soltanto la portineria:
indipendentemente, poi, da tutto il resto?

14-10-1970

Alberto Giomo: ...Ogni tanto ci vediamo


arrivare, alla commissione Pubblica Istruzione
della Camera, una leggina che ha per titolo:
"Provvedimenti urgenti sulla università"
(credo siano già due o tre).
Carlo Sanna: Su proposta del senatore
Codignola, che è immortale! (Si ride.)

1-5-1954

Luigi R. Sansone: Riporto qui le dieci


proposizioni nelle quali il senatore Medici ha
condensato il suo pensiero: 1. denutrizione con
tipiche malattie; 2. alto tasso di mortalità.
Giuseppe Medici, ministro dell'Agricoltura
e foreste: Onorevole Sansone, quella relazione
si riferisce a tutti i popoli del mondo a
economia contadina, con particolare riguardo
all'Asia. La relazione l'ho scritta io!
Antonio Capua: Preso in castagna,
onorevole Sansone! Luigi R' Sansone: Non
sono stato preso in castagna. Ella, onorevole
Medici, faceva la relazione a Stresa sulla
situazione del mondo, compresa l'Italia.
Giuseppe Medici: La relazione di Stresa
portava il seguente titolo: "Patologia della
proprietà contadina del mondo".
Luigi R. Sansone: D'accordo, e quindi si
riferiva anche all'Italia! Se poi ella crede che
siamo fuori dal mondo, allora è meglio non
discutere più.

17-10-1967

Orazio Santagati: ...e se volessi abbondare


in citazioni, potrei risalire ai tempi della
Grecia o dell'antica Roma. (Proteste a sinistra
e al centro.)
Una voce a sinistra: La Grecia no!
Orazio Santagati: Già a voi interessa
soltanto la Grecia attuale! Non avete
assimilato nulla dello spirito classico: siete
dei materialisti.
Pietro Buffone: Perché non ci parla della
Magna Grecia?
Orazio Santagati: Dovrei farlo: voi però
capite più il "magna" che il Grecia.

5-2-1971

Antonino Tripodi: ...Da chi sono state


lanciate le bombe contro la sede del
Movimento sociale italiano del Portonaccio,
con i nostri iscritti all'interno, se non dalle
forze eversive di sinistra, onorevole
presidente del Consiglio?
Orazio Santagati: Sono bombe
democratiche...

1-3-1967
Pietro Ingrao: ...Ma non è certo la prima
volta, durante questa discussione, che il banco
del Governo è deserto, o al massimo vi siede
un solo ministro.
Giovanni Battista Scaglia, ministro senza
portafoglio: Guardi gli altri banchi!

25-3-1969

Giulio Andreotti: Ognuno usa gli strumenti


che crede. (Vivi applausi al centro.) E ritengo
che qualche volta, forse, lo strumento del
silenzio sia più costruttivo e utile, quanto meno
perché non crea determinati cataclismi come
questo.
Eugenio Scalfari: Quello del silenzio ella
l'ha usato sempre.

23-9-1969

Eugenio Scalfari: ...cioè, per la prima


volta dopo vent'anni di "amicizia" (lo direi
proprio fra virgolette) del Governo nei
confronti non dirò soltanto della
Confederazione generale dell'industria
italiana, ma - dirò - in modo specifico della
Fiat, che è sempre stata la pupilla dell'occhio
destro dei governi italiani...
Clemente Manco: É amica del Partito
socialista la Fiat, è amica vostra.

7-4-1971

Eugenio Scalfari: ...A che cosa tende


questa mozione, onorevole presidente del
Consiglio? Tende a quella operazione che, se
ella mi consente, definirò ormai alla Sangrilà,
cioè a esibire il cadavere, in modo che ci si
pianga su e sia fatta la necessaria operazione
di sepoltura.
Emilio Colombo, presidente del Consiglio:
Perché non ci presenta immagini più allegre?

7-4-1971
Eugenio Scalfari: ...Cioè la Chiesa
cattolica ha scoperto una cosa che da molti
secoli non aveva più: le è nata cioè dentro la
opinione pubblica. (Interruzione
dell'onorevole Andreotti.) Prima non c'era,
onorevole Andreotti, l'opinione pubblica, era
com'è oggi nell'Unione Sovietica: anche lì ce
n'è poca. Sta nascendo; e così sta nascendo
anche nella Chiesa. Parlo dell'opinione
pubblica non dei credenti, non delle pecore,
ma dei pastori, i quali oggi discutono. Quando
il cardinale primate d'Olanda dice al papa che
certe cose le può fare perché non è d'accordo,
bene, questa è opinione pubblica ecclesiastica.
Giulio Andreotti: Se legge gli atti del I
Concilio Vaticano si renderà conto che la
minoranza capeggiata dal vescovo di Orléans,
monsignor Dupanloup, diceva cose assai più
ardite di quelle che si dicono oggi.
Eugenio Scalfari: Ero convinto, onorevole
Andreotti, che toccando questi tasti avrei
suscitato una sua dotta osservazione. Ma io
sono molto sprovveduto, ed ella mi perdonerà!
Ferdinando Russo: Deve studiare di più la
storia della Chiesa!

20-4-1971

Anselmo Boldrini: ...Sa ella, onorevole


sottosegretario, per esempio che l'"O'a's'"
(orientato a sinistra) è non solo un documento
che segue sempre il soldato, ma contiene una
perla che è veramente impressionante e
preoccupante: "L'iscritto di leva e la sorella
non si interessano di politica, mentre i genitori
sono decisamente orientati verso il Partito
comunista". Si tenga presente: "orientati", non
"iscritti". Con questo tipo di discriminazione i
giovani che sono su queste posizioni politiche
vengono messi in condizione di non poter dare
il contributo politico, morale e culturale che
potrebbero dare.
Eugenio Scalfari: Ma questo è un
vantaggio.

3-5-1971
3-5-1971

Eugenio Scalfari: ...Infatti, non a caso il


generale Lombardi, che ha visto questo
documento, ha detto: è fuori da ogni normativa,
fuori da ogni regola, fuori da ogni concetto di
quello che deve essere il compito istituzionale
dell'Arma dei carabinieri.
Alfredo Covelli: Meno male che Lombardi
non è Zarathustra!
Eugenio Scalfari: No, Lombardi è una
delle tante fonti.
Alfredo Covelli: Non delle più attendibili.
Eugenio Scalfari: Non lo so, lo valuteremo
noi, quando voteremo.
Alfredo Covelli: Lo hanno valutato già in
sede giudiziaria.
Eugenio Scalfari: No, onorevole Covelli.
In sede giudiziaria no.
Alfredo Covelli: La condanna di cui ella è
vittima è in relazione alla scarsa efficacia che
ha avuto la Commissione Lombardi.
Eugenio Scalfari: No, onorevole Covelli.
La condanna di cui io - ella ha detto bene -
sono vittima, è stata pronunciata prima della
relazione Lombardi.
Alfredo Covelli: Non è così.
Eugenio Scalfari: É stata pronunciata
prima, onorevole Covelli. Si documenti. Io
sono stato condannato nel febbraio 1968,
mentre la relazione Lombardi è uscita nel
luglio. (Interruzione del deputato Giuseppe
Niccolai.) Dopo, vedi caso, c'è stato un
secondo processo e siamo stati assolti.
Alfredo Covelli: Ce ne vorrà!
Eugenio Scalfari: Visto che ella mi chiede
delle precisazioni, gliele do. (Interruzioni del
deputato Covelli.) So benissimo che siamo
tutti soggetti all'impero della legge applicata
giustamente dal magistrato! Io le dico, però,
che sono stato condannato prima della
relazione Lombardi; poi c'è stato il secondo
processo, in base al quale noi siamo stati
assolti.
Alfredo Covelli: Dove c'erano dei giudici
che andavano a fare i comizi con i comunisti.
(Vive proteste dei deputati Amendola e
Bertoldi.)
Presidente: Onorevole Covelli!

20-4-1971

Giuseppe Arata: Noi diciamo bene della


magistratura, per cavalleria; sta a lei dirne
male.
Oscar Luigi Scalfaro, ministro della
Pubblica Istruzione: A questa cavalleria
appiedata credo poco.

12-12-1972

Oscar Luigi Scalfaro, ministro della


Pubblica Istruzione: ...Se non ricordo male, il
senatore Valitutti parlando al Senato ha citato
l'Università di Siena, nella quale il rettore
aveva usato la stessa facoltà che la legge gli
riconosce.
Gabriele Giannantoni: Il fatto è che per
molti studenti, figli di dipendenti dello Stato,
la tredicesima è l'unico modo di pagare le
tasse universitarie.
Oscar Luigi Scalfaro: Sono statale e figlio
di statale, onorevole collega, e se non mi fossi
guadagnato l'esonero dalle tasse e borse di
studio ogni anno, non avrei mai potuto
conseguire una laurea. E di questo ringrazio la
Provvidenza e ringrazio mio padre, che
lavorava alle poste giorno e notte affinché i
figli potessero conquistare un avvenire. Non
credo di rappresentare il capitalismo milanese.
Mario Pochetti: Non faccia la mozione
degli affetti, onorevole ministro.
Oscar Luigi Scalfaro: Non è una mozione
degli affetti. Sul capitalismo milanese io non
ho affetti. Se li ha lei...

5-10-1977

Luigi Preti: ...Quando l'onorevole


Corvisieri dice che la stragrande maggioranza
degli italiani è contraria, probabilmente
confonde la stragrande maggioranza degli
italiani con i piccoli gruppi che seguono il suo
partito.
Luciana Castellina: Onorevole Preti,
quando dovrete fare le centrali nucleari
comprenderà quale sia la maggioranza!
Luigi Preti: Lei, onorevole Castellina, non
è una profetessa e io non sono obbligato ad
ascoltarla.
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Onorevole Preti, lei non sarebbe
obbligato ad ascoltarla neanche se lo fosse!

19-9-1979

Aldo Ajello: ...Mi scusi, signor presidente,


ma a causa della scomodità di questi banchi mi
sono caduti gli appunti.
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Sono stati fatti quando i parlamentari
parlavano a braccio.
Aldo Ajello: Sto parlando a braccio: mi
avvalgo solamente di appunti. Probabilmente
allora non si usavano neanche questi.
Oscar Luigi Scalfaro: Può darsi che
parlassero senza braccia.

23-1-1980

Marco Boato: Io poi, personalmente, ho


una struttura dialogica, per cui se volessi
parlare della Resistenza, ne parlerei
volentieri.
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: É che i colleghi non resisterebbero!

9-1-1981

Orazio Santagati: Sto concludendo, signor


presidente. So che ella è rigorosa vestale del
regolamento della Camera...
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Preferirei non mutare sesso,
onorevole Santagati, anche perché manca la
maggioranza per decidere in tal senso.
Orazio Santagati: Naturalmente, intendevo
"vestale" in senso simbolico.

4-2-1981

Alessandro Tessari: ...Forse che ai nostri


grandi detenuti, ai Gramsci, ai Terracini, ai
Saragat, ai Pertini, la durezza del carcere
fascista...
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Il fermo di polizia, onorevole
Tessari! Del sistema carcerario discuteremo in
altra occasione.
Alessandro Tessari: Ammiro la sua
fantasia capace di non vedere il collegamento
che esiste... (Si ride al centro.)
Oscar Luigi Scalfaro: Lei vorrebbe
costringermi a vedere il fermo di polizia
collegato anche con le guerre puniche! Sul
piano personale sono disposto a tutto, ma
quando presiede le assicuro che ciò non è
possibile!
Alessandro Tessari: Chi lo sa se facendo
una lettura un po' più seria e meno dottrinale
delle guerre puniche potremmo trovarvi un
valido insegnamento.
Oscar Luigi Scalfaro: Quando la Camera
farà delle sedute serali voi, che siete docenti, e
avete questa cultura, potrete anche trovare
questo raccordo. Comunque, per ora, parli del
fermo di polizia.

9-12-1981

Francesco Roccella: La mia dichiarazione


di voto sarà di una brevità telegrafica.
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Mai come quando si tace. (Si ride,
applausi.)

18-5-1982

Giuseppe Tatarella: ...Su alcune tesi noi


oggi siamo gli Scalfaro di ieri.
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: É la prima volta che un commemorato
è presente e ringrazia!

13-9-1948

Mario Scelba, ministro dell'Interno: ...Noi


abbiamo ricevuto dal bandito Giuliano due
lettere autografe. (Commenti all'estrema
sinistra.) Giuliano non le ha inviate a me.
Preciso questo perché vedo l'onorevole Nenni
sorridere pensando forse a oscuri legami fra il
ministro Scelba e il bandito Giuliano.
Pietro Nenni: Non credevo che il bandito
Giuliano fosse in corrispondenza con lei.
Mario Scelba: Vi sono, nei confronti del
ministro, complimenti che possono venire in
mente soltanto a un fervido lettore dell'"Unità",
perché soltanto l'"Unità" trova epiteti e
aggettivi simili. (Applausi al centro.)

14-9-1948

Mario Scelba, ministro dell'Interno:


Onorevole Di Vittorio, io sono pienamente
d'accordo con lei.
Giuseppe Di Vittorio: Vorrei che lo fosse
anche con i fatti.
Mario Scelba: Anche lei, onorevole Di
Vittorio! Sono pienamente d'accordo con lei
che l'abbandono della faziosità e il ritorno al
metodo democratico possono assicurare una
stabile, duratura, cordiale collaborazione fra
le forze sindacali e il Governo attuale. É, ella,
in grado di darci questa assicurazione?
Una voce al centro: Rispondete. Perché
non rispondete?
Mario Scelba: É ella in grado di spogliarsi
della sua anima di comunista...
Giorgio Amendola: Perché si deve
spogliare?
Mario Scelba: É ella in grado di spogliarsi
della sua anima di comunista per vedere i
problemi del lavoro al di fuori di interessi
particolaristici di partito?
Una voce all'estrema sinistra: Cosa
c'entra?
Mario Scelba: Io ne dubito, perché sono
convinto - e la realtà e la manifestazioni di
ogni giorno lo dimostrano - che il miglior
comunista d'Italia è l'onorevole Di Vittorio.
Non sono io a dirlo. L'ha detto un sindacalista
socialista. Ha detto che il miglior comunista
d'Italia è l'onorevole Di Vittorio, l'uomo che
con la sua politica e con la sua organizzazione
meglio contribuisce alla politica del Partito
comunista...
Giuseppe Di Vittorio: Chi l'ha detto?
Mario Scelba: Faccio mio il giudizio, non
vorrei scoprire un suo compagno; giudizio che
peraltro è molto lusinghiero per lei. Faccio
mio questo giudizio, avvalorandolo con la
conoscenza dei fatti, che testimoniano
dell'asservimento al Partito comunista della
più grande organizzazione operaia italiana.

14-10-1949

Mario Scelba, ministro dell'Interno: Ne


avete fatta di scuola di mistica comunista!
Giovanni Bottonelli: Si vergogni!
Presidente: Onorevole Bottonelli, deploro
vivamente questa sua espressione!
Giovanni Bottonelli: L'onorevole Scelba
ha interrotto l'oratrice senza neppure guardarla
in viso!
Presidente: Non v'è alcuna norma di
regolamento che obblighi il ministro a
guardare in faccia l'oratore. (Si ride.)

18-2-1954

Mario Scelba, presidente del Consiglio: Il


compito che ci siamo prefissi è grave e
immensa è la nostra responsabilità.
Personalmente sento tutta la insufficienza delle
mie forze... (Commenti e applausi a destra e a
sinistra.)
Presidente: Onorevoli colleghi, vi prego!
Si vede che non siete abituati alla modestia,
evidentemente. (Applausi, commenti, si ride.)

31-7-1954
31-7-1954

Alberto Jacometti: Lo Stato democratico


per l'onorevole Scelba (egli ci tiene alla
parola democrazia; nella prima parte della sua
presentazione alla Camera, un terzo circa del
discorso, l'ha ripetuta ben tre volte)...
Mario Scelba, presidente del Consiglio:
Apprezzo la minuziosità!

1-8-1954

Stefano Cavaliere: Fu così che, in quattro


anni di amministrazione, non si erano erogati
tanti sussidi in Terlizzi quanti ne furono erogati
in quegli ultimi cinque giorni.
Umberto Bonino: Meno male!
Mario Scelba, presidente del Consiglio:
Chi è senza peccato scagli la prima pietra!

21-10-1953

Anna De Lauro Matera: ...Vorrei per inciso


chiedere all'onorevole ministro se egli ritenga
sia stato opportuno bandire nuovi concorsi a
maggio, con dei concorsi ancora in via di
espletamento e per i quali le prove orali si
stanno svolgendo in questi giorni. Ora le
confesso umilmente che a quel tempo
pensammo che quel bando di concorso
rientrasse in tutta la campagna elettorale.
Antonio Segni, ministro della Pubblica
Istruzione: Si vede che ella non mi conosce!
Anna De Lauro Matera: Glielo ho
confessato, sono stata leale.
Antonio Segni: Allora il peccato è
perdonato.
Anna De Lauro Matera: La ringrazio.

3-10-1956

Giancarlo Pajetta: ...É vero che il


presidente Segni, che è uomo che ama stare al
Governo...
Antonio Segni, presidente del Consiglio:
Non amo starci.
1-8-1962

Vittorio Emanuele Marzotto: ...Infatti tra le


giustificazioni che corrono nei corridoi per
questo provvedimento vi è quella secondo la
quale la sinistra democristiana ha l'Eni e per
riequilibrare le cose bisogna dare al
centrodestra, cioè, un altro ente.
Franco Servello: Ente per ente! (Si ride.)

2-7-1948

Carlo Sforza, ministro degli Affari esteri:


Niente, nulla è stato mai detto al Governo
italiano. E con ciò si chiarisce tutto.
Palmiro Togliatti: O per lo meno lei non se
ne è mai accorto. (Commenti al centro.)
Carlo Sforza: Le dico che non c'è mai stato
nulla. Lei forse crede che il "sì" e il "no" siano
dei sinonimi, ma per me il "sì" è una cosa e il
"no" un'altra cosa.

26-5-1949
26-5-1949

Antonino Cuttitta: ...La stampa continua ad


attaccare ora questo ora quest'altro dei nostri
uomini politici, ma non ve ne date per inteso.
Una voce al centro: Siamo in democrazia.
Antonino Cuttitta: Non è democrazia,
questa. Quando un ministro viene attaccato od
offeso pubblicamente ha il dovere di
difendersi. Carlo Sforza, ministro degli Affari
esteri: Non contro le menzogne.

26-3-1962

Giuseppe Sinesio: Un altrettanto vivo e


deferente ringraziamento mi è del pari
doveroso rivolgere al ministro Macrelli, che
ha voluto, sia pure nella sua tarda età,
sposare...
Cino Macrelli, ministro della Marina
mercantile: Sono scapolo. (Si ride.)
Giuseppe Sinesio: Tarda età per altre
nozze... Dicevo: che ha
voluto sposare i problemi, la causa dei
marittimi e dei pescatori italiani in questa
nuova atmosfera, che ha un significato
profondo...
Cino Macrelli: É un curioso matrimonio
per uno scapolo.
Giuseppe Sinesio: Ma la marina mercantile
è femmina...

24-7-1984

Giorgio Macciotta: Ma questo all'Eni


gliel'ha ordinato il Governo!
Giuseppe Sinesio: Ma il Governo può
ordinare e può... disordinare!
Giorgio Macciotta: INfatti in questo caso
ha disordinato!

29-7-1986

Oddo Biasini, presidente della Camera:


Onorevole Spadaccia, le rimane ancora un
minuto per concludere il suo intervento.
Gianfranco Spadaccia: Secondo il mio
orologio ho ancora un certo numero di minuti.
Sono quindici.
Oddo Biasini: Lei ha un minuto, onorevole
Spadaccia, e la prego di non mettere in dubbio
quello che dico! Allo scadere del sessantesimo
secondo le toglierò la parola. (Si ride al
centro.)
Giovanni Motetta: C'è l'orologio radicale,
adesso!

13-11-1982

Agostino Greggi: ...ma soprattutto, prima


ancora di un patto a lunga scadenza (quale
premessa per un programma di uscita dalla
crisi), a mio giudizio occorre un patto di natura
morale.
Giovanni Spadolini, presidente del
Consiglio: Lo aspetterà a lungo!

30-8-1982
30-8-1982

GIovanni Spadolini, presidente del


Consiglio: ...Ogni impegno dovrà essere
perciò dispiegato dal Governo per sbloccare
l'attuale situazione nel quadro del
contenimento della dinamica dell'inflazione ai
ritmi prefissati (16 per cento nel 1982, 13 per
cento nel 1983, 10 per cento nel 1984), validi
anche per la dinamica salariale e il costo del
lavoro.
Paolo Correale: Sulla ruota di Napoli.

3-5-1971

Ugo Spagnoli: ...Onorevole Buffone, il


generale Zinza, parlando di un uomo con la
barba bianca che era deceduto, lo ha
identificato con l'onorevole Alcide
Malagugini; e quando voi, nella relazione di
maggioranza, affermate che poteva trattarsi di
omonimia, dite una cosa di cui neppure voi
potete essere convinti. É assurdo pensare a un
Malagugini, con la barba bianca, che nel 1967
era deceduto da un anno...
Giulio Tedeschi: E che si chiamava
Alcide.
Ugo Spagnoli: ...e affermare che si tratta di
omonimia!

16-2-1951

Giuliano Pajetta: Soltanto quando è


unanime nei cittadini la sensazione che il
Governo fa il possibile per la pace, che prende
iniziative di pace, vi può essere unità. Su altre
cose si potrà anche non essere d'accordo, ma
questa è essenziale.
Eugenio Spiazzi: Scrivete "pace" sui muri
e nascondete le armi nelle officine. Questa è la
vostra pace. (Proteste all'estrema sinistra.) La
verità brucia.

7-2-1950
Giuseppe Di Vittorio: ...per difendere con
tutta l'energia necessaria il pieno diritto di
sciopero per tutti i lavoratori, compresi quelli
dei servizi pubblici.
Eugenio Spiazzi: Compresi quelli russi!
(Commenti.)
Giuseppe Di Vittorio: Se ella capisse
qualche cosa...
Eugenio Spiazzi: Capisco meglio di lei! Mi
spieghi lo sciopero in Russia!

14-2-1978

Orazio Santagati: Sa che giorno è oggi, 14


febbraio? É san Valentino, il santo dei
fidanzati. Diremo, dunque, oggi, che, pronubo
il ministro Stammati, Democrazia cristiana e
Partito comunista si sono fidanzati...
Clelio Darida: Da un pezzo!
Orazio Santagati: ...Mi auguro che tale
fidanzamento non si voglia concludere con un
matrimonio, perché, se così fosse, sarebbe
necessario qualche don Rodrigo che dicesse a
qualche don Abbondio che tale matrimonio
"non s'ha da fare"!
Gaetano Stammati, ministro del Tesoro:
Essere prosseneta non è mia abitudine!
Orazio Santagati: Essere pronubo per un
fidanzamento non è un'offesa! Poi, si tratta di
un fidanzamento politico...
Gaetano Stammati: Mezzano, insomma.

5-12-1958

Bruno Storti: ...Non neghiamo


all'onorevole Nenni di essere un
rappresentante di lavoratori italiani, ma
assolutamente gli neghiamo il diritto di
pensare per un solo momento, non dico di
rappresentarli tutti, ma nemmeno di
rappresentarne una parte che possa qualificarsi
maggioranza relativa.
Cesare Degli Occhi: Ma l'onorevole Nenni
non era il vostro sognato amore?
Bruno Storti: Ella, onorevole Degli Occhi,
ami chi vuole e mi lasci libero dei miei amori
in Parlamento, amori che fino a questo
momento non ho espresso.

20-2-1960

Giuseppe Speciale: Qui si illuminano di


nuova luce i fatti già denunciati nel passato, la
superpolizia, i controlli, lo spionaggio
organizzato tra ministri, tra deputati... (Proteste
al centro.)
Bruno Storti: Vi è solo un piccolo
particolare: che tutto questo non è vero.
(Proteste a sinistra.)

T
5-12-1956

Virgilio Failla: ...Alla difesa delle sedi


comuniste non ha poi preso parte la polizia,
giacché queste sedi sono state difese dai
contadini, dal popolo, dagli operai, dai
lavoratori, i quali in quelle giornate...
Ferdinando Tambroni, ministro
dell'Interno: Non dica sciocchezze!
Virgilio Failla: Onorevole ministro, ella
non è autorizzato a usare questo linguaggio.
Presidente: Intendevo dire: cose inesatte.
Ferdinando Tambroni: Ripeto:
sciocchezze.
15-10-1958

Alberto Jacometti: Si impedì l'ingresso in


Italia del complesso dell'Opera di Pechino,
dell'Orchestra sinfonica di Praga, del coro di
voci bianche di Brno, di un gruppo di cantanti
di Praga, del complesso di professori del
Conservatorio di Praga e del corpo di ballo
del Teatro di Praga...
Ferdinando Tambroni, ministro
dell'Interno: Quando Radio Praga smetterà di
occuparsi delle cose di casa nostra le voci
bianche verranno in Italia.

3-4-1986

Mario Pochetti: Signor presidente, le


faccio osservare che nella terzultima fila del
secondo settore della destra risultano espressi
due voti senza che vi siano deputati nei banchi
corrispondenti!
Carlo Tassi: É stata una "toccata e fuga"!
10-6-1960

Antonio Cremisini: ...D'altro canto,


l'essere riusciti a inserire così strettamente il
sistema economico italiano nella più vasta e
più florida economia del Paesi dell'Occidente,
attraverso un così denso sviluppo degli scambi
internazionali, e l'averlo inserito con una
struttura robusta e una funzione equilibratrice,
non costituisce di per se stesso un successo
rilevante per la nostra politica economica?
Paolo Emilio Taviani, ministro del Tesoro:
É tanto vero questo, che si diceva che un
raffreddore in
America o in Inghilterra sarebbe stato una
polmonite qui. É stato, invece, il contrario.

17-10-1967

Paolo Emilio Taviani, ministro


dell'Interno: ...è facile l'obiezione: ecco volete
l'Italia divisa in pillole, le venti regioni
politiche... (Interruzione del deputato
Almirante.) Qui tra noi almeno, a un certo
livello sul piano...
Giorgio Almirante: Lo ha detto l'onorevole
Nenni.
Paolo Emilio Taviani: Quando non c'erano
ancora! Si è convertito. Si è convertito come
Paolo sulla via di Damasco; evidentemente,
qui, non sulla via di Damasco...
Giorgio Almirante: Egli è un san Paolo del
centro-sinistra.

28-2-1967

Clemente Manco: ...che dovete spiegare le


differenze fra il passato e il presente e che
dovete spiegare perché trent'anni fa, durante il
fascismo, non si verificavano tanti delitti come
oggi.
Giulio Tedeschi: Trent'anni fa i delinquenti
stavano in Parlamento.

23-1-1980
23-1-1980

Massimo Teodori: ...É una responsabilità


storica, oltre che politica, che sarà una
macchia nella vostra storia, compagni
comunisti!
Giovanni Gino Torri: Voi siete una
macchia sola!
Massimo Teodori: Forse siamo una
macchia sola, ma siamo qui a presidio di
valori...
Aldo Tozzetti: Una macchietta!

31-5-1960

Giuseppe Terragni: ...Ho trovato sul


Petrocchi l'etimologia della parola "equo":
"giustizia fatta indulgente".
Aldo Bozzi: Era meglio che leggesse il
Fanfani! (Si ride, commenti.)

6-4-1982
Alessandro Tessari: É inutile che mi dici:
"bravo", caro Belluscio. Fallo sapere ai tuoi
amici pensionati che li hai "fottuti" un'altra
volta (proteste dei deputati del gruppo del
Psdi), come già avevi fatto nella Commissione
bilancio e in altre occasioni; perché voi,
spudoratamente, utilizzando tutti gli strumenti
dell'informazione...
Presidente: Onorevole Alessandro Tessari,
lei usa con facilità un linguaggio per caserme
prima del Risorgimento! (Applausi al centro.)

31-8-1982

Emma Bonino: ...Signor presidente, lei


vede la Tv di Stato anche quando non trasmette
- raramente - la sua immagine?
Giovanni Spadolini, presidente del
Consiglio: La vedo poco!
Emma Bonino: Noi invece sfortunatamente
ci vediamo poco, vediamo spesso lei!
Alessandro Tessari: Potrebbe farsi la
barba davanti al televisore, tanto è fedele e
costante la riproduzione della sua immagine!
Giovanni Spadolini: Non faccia réclame ai
televisori, onorevole Tessari!

22-12-1920

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: Come ho detto incidentalmente
parlando dell'altro disegno di legge,
comprendo che il nome di domicilio coatto
possa turbare alcune menti, per il ricordo di
tempi in cui esso serviva a scopi politici; ma
ora, però, esso non serve che per la
delinquenza comune. Sono tuttavia disposto a
rinunziare al capoverso dell'articolo I. Quanto
alle bombe debbo rilevare che ce ne sono nei
magazzini militari conservate a scopo di
guerra. Ora non è forse giustificato il motivo
per cui si custodiscono queste bombe? E
d'altra parte è ammissibile che chi porta una
bomba fuori di questi casi possa fuggire alla
pena? Né è possibile che egli riesca a provare
che ha un giustificato motivo, tranne il caso in
cui si tratti di un deposito di bombe.
(Interruzioni, commenti.)
Tommaso Angelo Tonello: Nei nostri paesi
vi sono magazzini abbondanti, dove sono
bombe che l'autorità militare non ha ancora
raccolto.
Giovanni Giolitti: Non mi so spiegare
come sia stato possibile costruire
clandestinamente una quantità di bombe quale
è quella che già di fatto è stata sequestrata. É
vero invece, come osserva l'onorevole
Tonello, che queste bombe sono bombe
militari; dunque vuol dire che dai magazzini
militari ne escono. (Interruzione al centro.)
Francesco Ciccotti-Scozzese: E quelle
lanciate contro l'"Avanti!"?...
Giovanni Giolitti: Siamo d'accordo; anche
quella è stata un'azione infame; quella come
tutte le altre. (Interruzioni, commenti.)
Presidente: Ma vogliono far silenzio?
Lascino parlare!
Giovanni Giolitti: COmprendo le
interruzioni di quelli che non vogliono la
legge, ma non comprendo che si impedisca di
parlare, a me che la difendo. L'osservazione
fatta dall'onorevole Ciccotti, relativa a quel
lancio di bombe all'"Avanti!", dimostra,
proprio, efficacemente la necessità di questa
legge. Se non ci fossero stati dei detentori di
quelle bombe, quel fatto, che tutti gli uomini
civili hanno deplorato, non sarebbe avvenuto.
Questa legge non ha carattere di partito sotto
nessun punto di vista. É una legge di difesa
sociale, di incolumità sociale.

13-3-1947

Tommaso Angelo Tonello: Studiate bene la


storia. (Commenti.)
Vincenzo Riccio: La prego di ascoltare e
vedrà la risposta alle sue osservazioni.

7-6-1946

Giovanni Conti: Grandi uomini sono stati


alla Camera italiana, gli uomini ricordati con i
busti marmorei lassù al primo piano. Ripeterò
il verso di Pascarella: "Ma quelli busti prima
d'esse busti& so' stati tutti quanti ommini veri".
(Ilarità.)
Tommaso Angelo Tonello: Voi non siete
stati mai in mezzo ai contadini ad affrontare i
loro problemi. (Rumori.) Voi siete vissuti
sempre di sante memorie.

27-6-1947

Emilio Lussu: ...pure nella vostra


Costituzione questa parola Regione...
Crescenzo Mazza: Nostra, nostra.
Tommaso Angelo Tonello: Più vostra che
nostra.

24-10-1947

Tommaso Angelo Tonello: Infatti se vale


per un ministero, poniamo per un Ministero De
Gasperi, domani potrebbe valere per il
Ministero Tonello. (Si ride.)

20-11-1986

Aldo Bozzi: ...Questo è il rapporto


Governo-pentapartito.
Giuseppe Torelli: Separati in casa!
Aldo Bozzi: Questa è una strana formula,
che mi ricorda - sempre ricordi scolastici - un
gigante di cui parla la mitologia, quello che
ogni volta che nella lotta toccava terra
riacquistava vigoria.
Alfredo Biondi: Anteo!

7-4-1952

Epicarmio Corbino: Io credo dunque che,


considerato da tutti i punti di vista, il
provvedimento meriti l'approvazione unanime
della Camera e - consentitemi di dirlo - anche
un elogio al ministro delle Finanze, il quale,
per una volta tanto, rinunzia - diciamo così -
alle sue funzioni di feroce tassatore, per essere
un tassatore più blando, un tassatore più
dolce...
Renato Tozzi Condivi: Il tassator
cortese!... (Si ride.)

19-4-1955

Guido Merizzi: ...Ieri notte, poi,


l'onorevole Marzano ha fatto questa
insinuazione: che l'appoggio che noi diamo a
questa legge corrisponde a un regalo di nozze
che ci fa la Democrazia cristiana...
Renato Tozzi Condivi: Seconde nozze,
però! (Si ride.)

10-4-1957

Giuseppe Calasso: Il piccolo produttore di


vino deve pagare finanche
una tassa per il cane che gli serve per la
guardia alla bisaccia, alla bicicletta, al traino.
Renato Tozzi Condivi: Distillano pure il
cane?
Giuseppe Calasso: Onorevole collega, non
so quale spirito o quale alcole vi sia nella sua
interruzione.
Renato Tozzi Condivi: L'ho fatto in quanto
stiamo discutendo della distillazione del vino.

6-11-1985

Bettino Craxi, presidente del Consiglio:


...Mi sono sentito chiedere perentoriamente per
quale ragione ci occupiamo dei Paesi arabi e
abbiamo una così grande attenzione nei loro
confronti. Cosa abbiamo da dirci? ha chiesto
questo illustre intellettuale dei miei stivali. (Si
ride.) Cosa abbiamo da dirci? Il petrolio è più
difficile da vendere che da comprare.
Franco Servello: Vogliamo sapere il nome.
MIrko Tremaglia: Gli stivali di chi sono?

8-8-1986
8-8-1986

Bettino Craxi, presidente del Consiglio:


...Parlando insieme al collega Andreotti, ormai
più di un anno fa, una sera in una casa di
Tunisi con il leader dell'Olp, alla fine di una
lunga discussione sui problemi della crisi
palestinese, Yasser Arafat ci disse: vi
manderò...
Mirko Tremaglia: Abbas! (Si ride.)

1-2-1968

ALdo Bozzi: Le ha riferito il dottor Lugo il


contenuto di questi colloqui, l'ultimo dei quali,
ripeto, per dichiarazione del giornalista
Jannuzzi, riguardava materia attinente al
processo?
Roberto Tremelloni, ministro della Difesa:
No.
Danilo De Cocci: Ma il dottor Lugo poteva
andare dove voleva!
Ennio BOnea: Ma è consigliere del
ministro, non è uno qualunque!
Aldo Bozzi: Ella, signor ministro, ha detto
che non sapeva. Allora mi permetta la
domanda: il dottor Lugo le ha riferito qualcosa
in ordine a questi colloqui? Non si tratta
evidentemente di fatti privati.
Roberto Tremelloni: Mi scusi, onorevole
Bozzi, il suo è un interrogatorio o è una
dichiarazione di voto? (Commenti.)

30-9-1970

Franco Restivo, ministro dell'Interno:


...Noi abbiamo ricevuto, dalla lunga tradizione
del pensiero politico meridionale, una
concezione regionalistica che ha alla base
certamente l'istanza di autonomia, ma nella
quale è tanto sentita e viva la necessità di
valutazioni, decisioni e interventi su scala
nazionale, che la stessa dimensione regionale è
configurata come una articolazione necessaria
dell'unità dello Stato.
Antonino Tripodi: Giustino Fortunato era
contrario alle regioni!
Emilio Colombo, presidente del Consiglio:
Giustino Fortunato non era il Verbo!

5-3-1952

Giancarlo Pajetta: ...Noi siamo anche


preoccupati perché questo tentativo si
accompagna a gravi dichiarazioni ufficiali di
uomini del vostro partito nella sua battaglia
propagandistica. Quando noi sentiamo parlare
un uomo come il professor Gedda, che sostiene
la necessità di tornare cinque secoli indietro
nella nostra storia, abbiamo il diritto di
preoccuparcene. (Interruzioni al centro e a
destra.)
Giorgio Tupini: Si informi sulla
distinzione tra Azione cattolica e Democrazia
cristiana.

V
17-12-1986

ALfredo Pazzaglia: Onorevole Baraccetti,


se voi siete d'accordo che la Repubblica
debba essere una e indivisibile, dovete anche
essere d'accordo sull'unità linguistica.
Altrimenti, che Nazione sarebbe?
Arnaldo Baraccetti: L'Italia è casa comune
di tutti!
Alfredo Pazzaglia: Quello che lei esprime,
onorevole Baraccetti, è un'espressione
geografica dell'Italia. Lei non ha una
convinzione nazionale! Peraltro, non è un fatto
che possa collocarla fuori del suo partito.
Arnaldo Baraccetti: Il presidente della
Repubblica lo ha detto nel messaggio alle
Camere!
Alfredo Pazzaglia: É un fatto: lei non ha
una concezione nazionale dell'Italia, ma una
concezione geografica!
Raffaele Valensise: Ha una concezione
condominiale.
22-5-1967

Tullio Vecchietti: ...la seconda volta come


ministro degli Esteri proprio nello scorso
dicembre (sembra che il mese di dicembre sia
per lei poco fortunato, perché ogni volta che
nel dicembre prende iniziative esse hanno
sempre un esito alquanto sconsolante).
Amintore Fanfani, ministro degli Affari
esteri: Questa volta ho risparmiato la gamba.
Tullio Vecchietti: Questo è un bene per lei,
ma purtroppo le gambe degli italiani sono 55
milioni di paia e quindi dobbiamo stare attenti
anche a esse.
Amintore Fanfani: Vuole che ci rimetta
anche quell'altra?

28-11-1956

Ruggero Villa: Sono lieto che finalmente si


affrontino gli argomenti legali della questione.
Luigi Preti: Visto che ella parla tanto di
pensioni, dica anche di quale pensione gode.
(Vive proteste, commenti.)
Ruggero Villa: Sono onorato di dirlo.
(Applausi.) E chiamo a testimone tutta la
Camera.

6-11-1975

Orazio Santagati: ...Delle due, allora,


l'una: o si elimina il cumulo fiscale, o si
stabilisce che esso vale anche per le coppie
unite senza il vincolo giuridico, cioè le coppie
di fatto.
Bruno Visentini, ministro delle Finanze:
Anche occasionali? Perché allora i cumuli
potrebbero essere molti. (Si ride.)

7-2-1985

Enzo Trantino: Signor presidente, se il


ministro non stesse per uscire gli direi che mi
è simpatico per due motivi.
Bruno Visentini, ministro delle FInanze:
Spero di esserlo, anche se debbo uscire.

7-2-1985

Lodovico Boetti Villanis Audifredi:


...Signor primo ministro, mi dicono - io non
sono un tecnico - che in Italia esiste
un'economia sommersa pari al 30 per cento del
prodotto interno lordo; mi dicono di una quota
che oscillerebbe fra il 25 e il 30 per cento.
Lei, signor ministro, fa una smorfia; mi dica se
sia vero o no, ma il dato è abbastanza certo.
Bruno Visentini, ministro delle Finanze: Io
non faccio smorfie.

Z
20-7-1957

Luigi Di Mauro: Onorevole Zaccagnini,


ella è medico: mi risponderà, forse, che in
questi tre anni si sono realizzati tanti progressi
nel campo medico ed è tanto diminuita la
mortalità nelle campagne da consigliare
l'aumento dell'età pensionabile. Ma questo
vostro mutamento di atteggiamento, onorevoli
Gui e Zaccagnini, non è nuovo. Anche
l'onorevole Segni, sostenitore, nella scorsa
legislatura, della giusta causa permanente, ora
ha cambiato parere. Questi i guai nei quali
incorrono i deputati e ministri democristiani.
Benigno Zaccagnini: I ministri comunisti,
invece, vanno a dirigere le centrali elettriche
in Siberia!

11-10-1960

Benigno Zaccagnini, ministro dei Lavori


pubblici: ...Convengo con il collega Bonino
che è necessario dare maggiore diffusione alla
conoscenza del codice della strada.
Guido Ceccherini: Anche il ministro è
incorso in due contravvenzioni. (Si ride. )
Gerardo Bianco: E le ha pagate.
Benigno Zaccagnini: Questo è la prova
dell'esattezza di quanto dico.

17-12-1963

Benigno Zaccagnini: ...Vi è, per chi ancora


non ci avesse conosciuto, alle origini del
nostro partito una vocazione democratica
autentica e sincera che nessuno può in buona
fede misconoscere o disconoscere perché ha le
sue radici nella sofferta resistenza dei nostri
uomini al fascismo e si sintetizza, con licenza
dell'onorevole Pajetta, nei nomi di don
Minzoni e di Giuseppe Donati; nella gloriosa
partecipazione alla lotta partigiana, con i
nostri martiri e con i nostri caduti. (Vivi
applausi al centro.)
Giorgio Amendola: Noi li ricordiamo
sempre.
Benigno Zaccagnini: I vostri.
Giorgio Amendola: Anche i vostri martiri.
Benigno Zaccagnini: Qualcuno dei nostri è
caduto per colpa delle vostre formazioni
partigiane. (Applausi al centro.)
Giancarlo Pajetta: Ella ha fatto
un'affermazione di cui stasera stessa sentirà il
rimorso.
Giorgio Amendola: Ella ci ha risposto con
un insulto.
Benigno Zaccagnini: La sua interruzione,
onorevole Amendola, era un insulto.
Clemente Manco: I caduti vanno posti tutti
sullo stesso piano, al di sopra delle differenze
ideologiche.

15-2-1952

Renzo Laconi: ...Mi dispiace per


l'onorevole Zoli, ma...
Adone Zoli, ministro di Grazia e giustizia:
La dispenso da questi dispiaceri.
Renzo Laconi: Mi dispiace per la parte che
fa.
Adone Zoli: Lasci stare. Faccio la parte
che in coscienza credo di dover fare, non se ne
preoccupi. Quando voi ci chiamate sbirri mi
fate ridere.

27-3-1956

Mario Assennato: Onorevole ministro


Andreotti, ella sa che nel lontano 1916 venne
istituito il monopolio statale dei fiammiferi.
Giulio Andreotti: ministro delle Finanze:
La concessione al consorzio scade quest'anno.
Mario Assennato: É appunto questa
scadenza che ci interessa, ma nel bilancio
ancora non se ne parla.
Adone Zoli, ministro del Bilancio: Non
pretenderà che il bilancio parli anche dei
fiammiferi.

6-6-1957

Adone Zoli, presidente del Consiglio:


Quanti consigli mi sono stati dati in questi
giorni.
Giorgio Almirante: I nostri consigli sono
tutti disinteressati.
Adone Zoli: Sono tutti sprecati.

7-6-1957

Giuseppe Codacci Pisanelli: Signor


presidente, onorevoli colleghi, al termine del
dibattito, che si è svolto con tanta passione e
che vede i partiti ancora impegnati a riflettere
sulle posizioni da assumere, sembra aleggiare
in questa aula lo spirito del grande romano
Publio Decio Mure che, per salvare il suo
popolo, non esitò a gettarsi nella voragine.
Adone Zoli, presidente del Consiglio: Non
mi chieda questo, però.

14-9-1983

Carlo Casini: ...ma perché per Toni Negri


sì e per tanti altri che, poveretti, non hanno
avuto la possibilità, che giacciono nel fondo
delle nostre prigioni, non dobbiamo fare un
decreto legge che li metta fuori?
Marco Pannella: Dicci perché!
Michele Zolla: Ascolta, ayatollah! Impara
ad ascoltare qualche volta!
V - Tematiche
Non sono convinto io stesso che le materie che
ho enucleato siano le più importanti in assoluto.
Mi è sembrato soltanto di segnare una traccia che
se si vuole può essere ampliata e perfezionata, per
ricerche metodiche sugli argomenti indicati:
l'Europa comunitaria, che tuttora stenta a essere
sentita dal Parlamento anche come limite alla
universalità della legislazione nazionale; il
fenomeno regionale, anch'esso imperfetto per la
mancanza di un coordinamento effettivo tra le
singole realtà di questa grande riforma; gli
strascichi delle polemiche elettorali, con una
costanza singolare, nonostante i radicali
cambiamenti intervenuti nella società italiana e
nelle stesse specifiche leggi per le consultazioni; il
problema delle donne, dopo aver reso
effettivamente universale il suffragio dando a esse
il diritto di voto e registrando un crescendo di
partecipazione - attiva e passiva - che ha avuto nel
giugno 1987 punte inattese, il cui messaggio
sarebbe da politici miopi ignorare nel vicino e
lontano futuro.

Undici spunti regionali


7-3-1947

Francesco Saverio Nitti: Si vuole


inventare persino la regione Emilia Lunense,
che sarebbe piuttosto una cosa lunatica. (Si
ride.)
Giuseppe Micheli: Lunense, viene da Luni.
Francesco Saverio Nitti: Ma è proprio il
momento di avere aspirazioni di questo
genere?
Giuseppe Micheli: Noi le abbiamo anche
in questo momento.
Francesco Saverio Nitti: Non possiamo
lanciarci in una avventura di cui non possiamo
immaginare la gravità.
Attilio Piccioni: É tutto il contrario,
semplicemente. Il problema di staccare le
regioni è inesistente, è immaginario.
Renato Tozzi Condivi: Onorevole Nitti,
questa è la sua opinione; vi sono altre opinioni
autorevoli.
Francesco Saverio Nitti: Queste cose si
discutono tecnicamente e con serenità di
spirito. Signori, io avrei ancora troppe cose da
dire.

27-5-1947

Matteo Rescigno: Dicevo, quando questo


Molise ha una superficie di chilometri quadrati
?...*.
Pietro Mancini: Questo non è esatto.
Magari!
Ludovico Sicignano: Le state dicendo
troppo grosse.
Matteo Rescigno: Se ha modo di
contrastare, contrasti pure. Mi dispiace per
l'onorevole Sicignano il quale è cittadino del
Salernitano.
Tommaso Angelo Tonello: Abbasso la
regione! É una invenzione vostra. (Si ride.)

28-5-1947

Giovanni Uberti: Regione rossa


nell'Emilia, regione bianca nel Veneto...
Una voce: Sì, e una verde. (Si ride.)
Giovanni Uberti: Sì, anche di un altro
colore, verde se volete... I confronti
gioveranno a cimentare le rispettive dottrine.

29-5-1947

Salvatore Mannironi: Il Partito


repubblicano, fedele sempre alle sue teorie e
alle origini mazziniane... (Interruzioni)
Giovanni Conti: Sissignore, anche
mazziniane.
Salvatore Mannironi: ...con pochi
aggruppamenti politici sostiene la istituzione
delle autonomie regionali.
Una voce: Allora ditelo che siete
federalisti.
Filippo Micheli: Non ce n'è bisogno.
Questa è la nostra origine.
Tommaso Angelo Tonello: Non per disfare
l'Italia in regioni.

30-5-1947

Enrico Carboni: Sono convinto che il


progetto regionalista della Costituzione non
corrisponde all'interesse generale del Paese.
(Commenti.)
Giovanni Conti: É in errore.
Enrico Carboni: Questa è la mia opinione,
caro Conti, convinta e sicura.
Una voce: Lei conosce solo l'opinione dei
romani.
Enrico Carboni: I romani generalmente se
ne disinteressano.
4-6-1947

Nino Mazzoni: Se fosse esistito


l'ordinamento regionale in Italia non ci sarebbe
stato il fascismo.
Cino Macrelli: Non conosce la storia di
quel periodo.

6-6-1947

Francesco Saverio Nitti: Gli amici


democristiani hanno voluto prendere la regione
come una loro figlia naturale. (Interruzioni,
commenti.)
Una voce: Legittima.
Francesco Saverio Nitti: Sturzo era nella
economia astrale, non era alla Camera.
Nessuno mi ha mai parlato di regione se non
letterariamente.
Una voce: ...occorrerebbe un po' di riposo.
Francesco Saverio Nitti: Io sono
rassegnato anche a non riposarmi, perché per
tutta la vita non ho mai riposato.

29-10-1947

Francesco Saverio Nitti: Avremo le


regioni e saranno la rovina dell'Italia.
(Commenti e proteste.)
Una voce: Questa volta, onorevole Nitti,
lei è pessimista.
Francesco Saverio Nitti: Lo vedremo. Ma
la questione non è esaurita.

25-1-1963

ALdo Moro: ...Anche noi crediamo che le


regioni siano una cosa importantissima,
veramente la più grande riforma nella vita
dello Stato democratico.
Gelasio Adamoli: Solo che non le fate!
Aldo Moro: Le faremo quando sarà giunto
il momento opportuno, quando voi non potrete
approfittarne. (Vivi applausi al centro, proteste
all'estrema sinistra.)

17-10-1967

Angelo Nicosia: Se i repubblicani di La


Malfa, per esempio, presentano nel
contrassegno la figura di Mazzini, essi truffano
l'elettorato perché Mazzini era antiregionalista.
Paolo Emilio Taviani, ministro
dell'Interno: Questo è un errore storico.
Mazzini era regionalista.
Angelo Nicosia: Adesso sono diventati
tutti regionalisti!
Paolo Emilio Taviani: Glielo assicuro io,
avendo studiato a fondo la materia. Mazzini
era antifederalista, ma era regionalista.
Angelo Nicosia: Il regionalismo è stato
inventato successivamente e se ne hanno
notizie nel discorso del ministro Minghetti nel
1861.
Paolo Emilio Taviani: Anche Mazzini
parla dell'autonomia delle regioni con
l'enunciazione: "Comune, regione, nazione".
21-12-1983

Guido Alborghetti: ...Se questo può essere


un misuratore di efficienza, bisogna dire che
l'efficienza del ministro Nicolazzi è
estremamente bassa e prossima allo zero.
Renzo Nicolazzi, ministro dei Lavori
pubblici: E quella delle regioni?

L'Europa
10-6-1947

Silvio Geuna: Petkov, onorevole Togliatti!


Palmiro Togliatti: Ma sì, sto parlandole di
Petkov. Stia attento a quello che dico, e si
risparmierà inutili interruzioni.
Silvio Geuna: Ho fatto attenzione.
Palmiro Togliatti: La vostra Europa in
pelle di zigrino diventa sempre più piccola.
Giuseppe Bettiol: La nostra Europa è un
continente; la vostra è una penisola dell'Asia,
non soltanto materialmente, ma anche
spiritualmente. (Applausi al centro.)
Palmiro Togliatti: Onorevole Bettiol,
perché ci parla di Asia e di civiltà occidentali
proprio lei che è di un partito il quale professa
una religione che proviene precisamente
dell'Oriente? (Commenti all'estrema sinistra.)
Una voce a destra: Questo l'ha già detto
Mussolini. Lei sta plagiando il duce.

11-7-1952

Giuseppe Di Vittorio: Ma Marx ed Engels


hanno esaltato Mazzini! (Commenti al centro e
a destra.)
Randolfo Pacciardi, ministro della Difesa:
Una delle idee madri del Risorgimento
nazionale, quando l'Italia non era ancora nata,
era proprio la costituzione della federazione
europea, ed è veramente lacrimevole che voi
vi rifugiate in un rancido nazionalismo per
contrastare quello che è un anelito dei popoli
moderni: superare le frontiere e avere una più
grande patria ?...*.
Giuseppe Di Vittorio: Per una unità
europea garibaldina siamo anche noi!
(Commenti al centro e a destra.)

14-7-1955

Giancarlo Pajetta: ...A proposito della


situazione internazionale (alla quale voglio
accennare soltanto di sfuggita), le devo
confessare, onorevole Segni, che al riguardo
non ho trovato nel suo discorso proprio niente,
al di fuori di quel rilancio dell'europeismo.
Onorevole Segni, mi permetta, non adoperiamo
questi neologismi tanto brutti, abbandoniamoli.
Antonio Segni, presidente del Consiglio:
Me ne dia un altro!

25-6-1959

Giuseppe Pella, ministro degli Affari


esteri: ...Posso anticipare che verrà
prossimamente presentata in sede
internazionale la proposta di una formula
concreta per studiare tale problema. E
desidero riconfermare questa nostra posizione
europeistica in un momento in cui (e
sembrerebbe difficile negarlo) l'europeismo
appare in fase di raccoglimento.
Giancarlo Pajetta: Raccoglimento?! Vorrà
dire funerale!
Giuseppe Pella: Può darsi, onorevole
Pajetta, che tra qualche settimana ella abbia
motivo di dire che non di funerale si è trattato.
Giancarlo Pajetta: Gli stanno facendo la
respirazione artificiale, forse?
Giuseppe Romanato: Spiritoso!

16-12-1986

Adolfo Sarti: ...Vi sarà anche, come è stato


osservato, un europeismo retorico, ma siamo
in molti a ricordare che in quest'Aula è stata
proprio la passione europeistica ad accendere
i momenti di più alta idealità.
Giancarlo Pajetta: É un fascino molto
discreto!

Le donne in Parlamento
25-5-1912

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: Ho inteso che l'onorevole Sonnino
giudicò che quella commissione era composta
di parrucconi; ma, per esempio, al mio collega
Nitti credo che non si possa attribuire questa
qualifica... (Si ride.)
Giorgio Sidney Sonnino: Il voto agli
analfabeti certo non l'avrebbe concesso la
commissione.
Giovanni Giolitti: Questo non lo so.
L'onorevole Treves disse che il Governo, se
concedesse questo, darebbe prova di un grande
coraggio. Veramente non comprendo che
coraggio ci voglia per dir di sì a tutte le donne
italiane; mi pare che ci voglia molto più
coraggio a dire di no! (Viva ilarità.)

26-4-1918

Vittorio Emanuele Orlando, presidente del


Consiglio: La donna del tipo patriarcale (in
questo non mi pento, in questo io resto codino
reazionario, poiché si resta sempre attaccati
alla figura incorniciata dai capelli bianchi
della propria madre) (bravo!), questa antica
figura della donna incapsulata nella famiglia,
in cui poteva spendere tutto un tesoro di
attività mirabile, non aveva bisogno del voto
elettorale; essa non aveva alcun interesse
sociale ed economico di protezione che
corrispondesse a questa forma specifica di
voto.

5-9-1919

Francesco Saverio Nitti, presidente del


Consiglio: Alcuni oratori, come l'onorevole
Monti-Guarnieri con la sua vibrante facondia,
hanno parlato del pericolo delle donne
elettrici. Dovremmo discutere troppo a lungo
su questa questione? Le donne, si dice, devono
rimanere in casa. Ma le donne sono uscite
dalla casa!
Stanislao Monti-Guarnieri: E questo è il
male! (Si ride, commenti.)Francesco Saverio
Nitti: Onorevole Monti-Guarnieri, la donna
nelle famiglie del popolo e di gran parte della
borghesia non rappresenta più un onere
patrimoniale della casa; essa rappresenta una
forza di
produzione e deve tutelare la propria
energia di produzione. Non vi è nessuna
ragione che, mutate le condizioni della
produzione, le donne non debbano essere
tutelate nel loro patrimonio in quanto hanno di
più vivo e di più sacro. Perché dobbiamo
volere quello che ora non accade più, cioè che
le donne rimangano nella casa? Milioni di
donne partecipano all'agricoltura e al
commercio o si occupano di professioni
intellettuali. La scuola si può dire sia per la
maggior parte in mano alle donne; facciamo
educare i nostri figli alle donne, e poi non le
crediamo adatte a votare?
Stanislao Monti-Guarnieri: NOn le
analfabete.
Francesco Saverio Nitti: E veniamo alle
donne analfabete. Credete, prima di tutto, che
le donne finora non abbiano votato? Ma chi ha
agito più delle donne nei collegi? (Commenti.)
Posso garantire che nel mio collegio mi sono
sempre occupato di sapere se la parte
femminile mi fosse favorevole. (Si ride.) Le
donne agiscono profondamente nelle nostre
famiglie. L'onorevole Monti-Guarnieri ha
detto: che cosa può sapere una povera donna
delle montagne della Calabria? Ora questa
abitudine di citare il Mezzogiorno...
Stanislao Monti-Guarnieri: Ho citato la
Calabria per portare un esempio.

29-6-1920
Vittorio Emanuele Orlando: Lasciatemi
dire! Ascoltatemi!... dicendo che c'era questa
merce, che si vendeva, e il cui ricavato andava
a beneficio dei profughi, poiché questo somme,
aumentate del 20 per cento, andavano ad
aumentare il fondo profughi, disse: Sa, le altre
mogli di impiegati sono venute; perché non
viene anche lei? Mia moglie non mi disse
nulla. Se me ne avesse parlato, l'avrei
sconsigliata di farlo. Ma con ciò non intendo
stabilire alcuna superiorità etica sulla
compagna di trenta anni della mia vita, sulla
madre dei miei figli! (Vivissimi e prolungati
applausi.) L'avrei sconsigliata, perché il mio
senso morale è pervertito dalla vita pubblica,
perché noi non consideriamo più se l'atto sia in
se stesso buono o cattivo, onesto o disonesto,
ma dobbiamo invece considerarlo in rapporto
a tutta la potenza di malignità della vita
pubblica! (Vivissimi applausi.) Essa ha
acquistato per 300 o 400 lire di roba.
Giudicate voi di ciò, onorevoli colleghi. Io
non ho altro da dire! (Vivissimi, generali,
prolungati e reiterati applausi, moltissimi
deputati si recano a stringere la mano
all'oratore.)

29-5-1947

Emilio Lussu: Il preferito di Nitti è


Tucidide. Capo del partito conservatore in
Atene in quell'epoca repubblicana. Come lui
ex presidente del Consiglio e come lui in
esilio, con in più il conforto di grosse rendite
di certe miniere. Non c'è niente da fare contro
la realtà. Le femmine sono femmine e non
maschi. La storia è a loro favore. (Si ride.)

8-2-1950

Giuseppe Giulietti: Sull'articolo 1


richiamo l'attenzione del ministro Campilli
verso il quale ho, se mi permette, della...
Una voce al centro: ...della simpatia!
Giuseppe Giulietti: La simpatia veramente
la ho per...
Una voce al centro: ...Per La Malfa...
Giuseppe Giulietti: ...per l'altro sesso... (Si
ride.)

4-7-1950

Pasquale Marconi: Vorrei fare un rilievo


di natura tecnica. Quando si dice che la donna,
appena si accorge di essere in stato
interessante, presenta un certificato medico, si
dice una cosa che non ha senso, perché nessun
medico potrà rilasciare un certificato che
attesti la gravidanza certa se questa non è
giunta al quarto mese e mezzo circa.
(Commenti all'estrema sinistra.)
Giuseppe Di Vittorio: Questo lo vedrà il
medico. Perché lo vuol vedere lei?
Una voce al centro: L'onorevole Marconi è
medico!
Pasquale Marconi: Io mi rivolgo a tutti i
colleghi medici: l'unico segno oggettivo, certo,
è dato dai movimenti fetali e dal battito
cardiaco fetale che si possono constatare
soltanto al quarto mese e mezzo circa.

12-12-1951

Giovanni Palazzolo: Questa si può dire la


legge dei ragazzi, che ha avuto per
appassionate protagoniste le donne e che ora
sarà decisa dagli uomini.
Maria Federici: Se permette, anche da noi!

12-5-1954

Alberto Jacometti: Questo non perché le


montanare non siano affette da tubercolosi, ma
perché la nascondono, non la curano, fanno
come i gatti che quando sono colpiti a morte si
ritirano in disparte, e muoiono isolati senza
lamentarsi. Queste donne, a 30 anni, sono
vecchie.
Giusto Geremia: Se ella le guarda con gli
occhiali affumicati, posso ammetterlo.
Ubaldo Lopardi: Nelle montagne di
Abruzzo, le donne a 30 anni sono vecchie.
Giovanni Sampietro: La miseria
invecchia!...

6-7-1954

Michela De Pietro: ...Non creda la donna,


che aspira a tale funzione, che il giudizio sia
una cosa allegra che si può affrontare a cuor
leggero. É la più grave responsabilità che ci si
possa assumere; e meglio è che la donna se ne
dispensi, che vi rinunci.
Sandro Pertini: Anche fare la madre è una
cosa grave e difficile.

15-10-1954

Gino Beltrame: ...Vi sono spose le quali


non hanno la possibilità di convivere con il
compagno prescelto come sposo per oltre un
mese, o due mesi al massimo, ogni anno; vi
sono bambini i quali finiscono con il
considerare il proprio padre come un ospite di
passaggio in casa nel periodo invernale.
Gaetano Martino, ministro degli Affari
esteri: Come i miei!

20-1-1957

Leonilde Iotti: A mio avviso, perciò


dovrebbe essere modificato l'articolo del
provvedimento nel senso che invece di
"reggitore" si parli di rappresentante della
famiglia stesso: uomini e donne, giovani e
adulti; e perciò anche le donne potranno
essere, se ne sono degne e capaci, reggitrici e
quindi rappresentanti della famiglia.
Pietro Germani: Ci sono!
Leonilde Iotti: Ci sono. Ma la reggitrice
non è il reggitore; ed ella lo sa meglio di me.
Quando si parla di queste questioni è facile
urtare molte suscettibilità...
Pietro Germani: Ho l'impressione che non
abbiate capito niente di
questo articolo.
Franco Aimi: Noi siamo contro il
matriarcato e contro le reggitrici! (Si ride.)

13-3-1957

Benigno Zaccagnini: Vi sono Paesi che da


un punto di vista
biologico prevedono una eguale età di
pensionamento per gli uomini e per le donne e
fra questi Paesi ve ne sono a sistema
occidentale e a sistema orientale. Per parte
mia dico che da un punto di vista fisiologico
non mi risulta giusta questa differenziazione
che troverei giusta soltanto nel caso che, dalle
tabelle di speranza di vita, risultasse per le
donne una durate di vita minore, cosa che
invece non è, in quanto la speranza di vita è
superiore per le donne che sono più longeve.
Giuseppe Di Vittorio: Bisogna assodare se
a questa longevità corrisponde una eguale
capacità di lavoro.
22-10-1962

Arturo Viviani: ...Un altro problema di


grande importanza riguarda
la materia dei rapporti familiari. Esistono
proposte di legge che tendoo a sovvertire
l'ordinamento matrimoniale. Vi è la proposta
di legge Laura Diaz, la quale propone di
attribuire a entrambi i coniugi la direzione
della casa chiedendo la modifica dell'articolo
144 del codice civile, che recita: "Il marito è
il capo della famiglia".
Giuseppina Re: Che scandalo!
Arturo Viviani: La proposta Diaz non è
affatto scandalosa: essa è conforme alla
dottrina marxista e io ne rispetto la coerenza.
Giuseppina Re: É conforme al dettato
costituzionale.
Arturo Viviani: La Costituzione non dice
quello che afferma l'onorevole Diaz, ma dice
un'altra cosa: è necessario leggere tutto
l'articolo. Non bisogna, come usano fare certi
avvocati di pretura, leggere soltanto la prima
parte.

7-12-1966

Giovanni Palazzolo: ...firmo una deroga in


favore della signora Elvira Martorana (forse
perché era una bella donna) per una
costruzione in via Dante che aveva superato i
limiti...
Nettuno Pino Romualdi: ...di età. (Si ride.)
Giovanni Palazzolo: ...di altezza.

18-7-1968

Giuseppe Medici: ...signor presidente,


onorevoli deputati, mi si consenta ora di
rispondere agli onorevoli Michelini e De
Marzio, i quali hanno presentato una
interpellanza sul tema della recente visita in
Italia di una delegazione femminile nord-
vietnamita.
Lucio Libertini: Viva le donne del
Vietnam!
Giorgio Almirante: Viva le donne in
generale. (Si ride.)

13-4-1977

Emma Bonino: ...Non vi è nessun'altra


legge che riguardi gli uomini o le donne del
nostro Paese che inviti nessuno e in nessuna
condizione a soprassedere per sette giorni. É
l'instaurazione del "pensamento" di Stato,
obbligatorio peraltro, e non si sa perché
circoscritto all'aborto che evidentemente...
Alessandro Natta: Di Stato
..."interessante"!

29-6-1977

Adriana Fabbri Seroni: ...purché con tale


affermazione non si intenda rifiutare l'idea di
una coppia che cambia e di una famiglia che
cambia, che in parte è già cambiata e potrà
ulteriormente cambiare; purché non si pretenda
di imporre (cara collega Boffardi) con la forza
della legge e la coercizione dello Stato il
modo in cui i coniugi debbano ripartire tra
loro le proprie responsabilità verso i figli.
Ines Boffardi: Fino a prova contraria, chi
allatta è la donna e non l'uomo! (Commenti.)

17-6-1980

Ines Boffardi: ...pertanto non vedo perché


un'assistente o un'ispettrice con la laurea non
possa accedere ai livelli superiori. (Applausi
al centro.)
Maria Luisa Galli: La collega Boffardi ha
ragione: è un'ingiustizia!
Alfredo Biondi: Gli opposti femminismi!

7-11-1980

Olindo Del Donno: ...L'estetica ha un suo


valore: si paga tanto - e ora hanno imposto
anche l'obbligo della ricevuta fiscale - per il
parrucchiere, perché l'estetica dei capelli
appartiene al coronamento della persona...
Maria Luisa Galli: Solo le donne!...
Olindo Del Donno: Per ora, ma presto
anche gli uomini pagheranno questo balzello...
Maria Luisa Galli: Mi sembra giusto: ci
andate tutti i giorni!

16-2-1982

Gerardo Bianco: Desidero fare una


brevissima dichiarazione di voto per dire che
quando dei provvedimenti debbono essere
votati dalla Camera, ciò deve avvenire nella
più totale serenità di coscienza; ciò non accade
quando di fronte a quest'Aula, anzi al di fuori
del palazzo, si determinano delle forme di
pressione e di piazza che non sono accettabili
per una corretta impostazione dialettica...
(Vive proteste dall'estrema sinistra, applausi
al centro.)
Angela Maria Rosolen: Hai paura delle
donne e hai ragione!
Eriase Belardi Merlo: Maschilista!
Milena Sarri Trabujo: Vai con Cappugi!

Polemiche elettorali
31-3-1909

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: Io ho osservato, come fenomeno
costante, che da quando si fanno elezioni
generali in Italia è sempre successo che i
candidati respinti non vogliono essere stati
respinti dalla volontà degli elettori, ma dalle
violenze del Governo. (Viva ilarità a destra e
al centro, clamori alla estrema sinistra.) Le
mie parole, evidentemente, non si riferiscono
ad alcuno che sia in questa Aula, perché ho
parlato dei respinti e non degli eletti. (Viva
ilarità, interruzione del deputato De Felice-
Giuffrida, clamori a destra e al centro).
Giuseppe De Felice-Giuffrida: Se ne
abbiamo le prove!
Giovanni Giolitti: Una questione di grande
importanza è stata trattata da parecchi oratori
e, oggi, specialmente dall'onorevole Treves:
quella del suffragio universale. Ma, in Italia, il
suffragio universale che cosa significa? Dare il
voto agli analfabeti: perché quelli che sanno
leggere e scrivere oggi sono elettori. (No! No!
dall'estrema sinistra, Sì! Sì!, da destra e dal
centro, interruzione del deputato Piero Chiesa,
clamori da destra e dal centro.)

18-12-1913

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: Io che, come deputato, ho preso
l'iniziativa della legge pel suffragio universale,
dichiaro che ho sempre in questo suffragio
universale la più completa fiducia; e questa
fiducia non verrà meno, anche se il primo atto
di esso sarà quello di collocarmi a riposo...
(Ilarità.) La verità è questa: che io resto al mio
posto, finché è mio dovere restarci; non un
giorno di più. (Approvazioni.)
Giuseppe De Felice-Giuffrida: E i limiti di
età? (Ilarità, commenti.)
Giovanni Giolitti: Se fossi militare, li
avrei raggiunti. (Si ride.)

16-1-1925

Giovanni Giolitti: É possibile immaginare


che in queste condizioni il risultato delle
elezioni rappresenterebbe la vera, sincera
volontà del Paese? (Commenti.)
Benito Mussolini, presidente del
Consiglio: Ma le sue elezioni l'hanno
rappresentata? (Commenti.)
Giovanni Giolitti: Quale carattere
assumerebbe in questo ambiente una lotta
elettorale?
Benito Mussolini: Non è imminente la
lotta. Si discute della legge.
Giovanni Giolitti: Speriamo anche che sarà
ristabilita in pieno la libertà.
Benito Mussolini: Se no, lei avrà un altro
motivo di opposizione. (Si ride, applausi,
commenti.)
Giovanni Giolitti: Onorevole presidente,
se ella attendesse a ristabilire la libertà il
giorno stesso in cui cominciasse la lotta
elettorale, avrei tutto il diritto di dire che la
preparazione è stata impossibile e che dalla
lotta elettorale non risulterebbe la volontà del
Paese.
Benito Mussolini: Vengo a scuola da lei in
fatto di elezioni! (Si ride, applausi, commenti
prolungati.)
Giovanni Giolitti: Troppa modestia,
onorevole presidente del Consiglio! Perché le
elezioni fatte da lei hanno portato qui una
maggioranza che io non ho mai sognato di
avere. (Viva ilarità, commenti.)
Luigi Federzoni: Onorevole Giolitti, lei
dice all'onorevole Mussolini oggi esattamente
le stesse cose che l'onorevole Turati diceva a
lei nel 1921. (Commenti, ilarità.)

19-2-1947
Palmiro Togliatti: Occorre collaborare;
occorre unire le forze progressiste della
Democrazia cristiana, per creare una grande
unità di forze democratiche progressive
repubblicane, la quale abbia la capacità di
saldamente reggere le sorti del Paese e
guidarlo nella sua rinascita.
Luigi Benedettini: Il popolo è stufo del
comunismo! (Interruzioni, rumori a sinistra.)
Palmiro Togliatti: Il popolo è così stufo
del comunismo, che ha nominato sindaco di
Torino un comunista, come di Bologna, di
Firenze, di Livorno, di Pisa e potrei continuare
per un quarto d'ora. (Applausi a sinistra.)
Gennaro Patricolo: Ci rivedremo alle
prossime elezioni.
Emilio Patrissi: Le elezioni le avete fatte
col Governo nelle vostre mani.

11-11-1947

Alfonso Rubilli: Mi pare che non vi sia


dubbio che eguale debba essere il numero dei
deputati e dei senatori. Perché infatti questo
numero dovrebbe essere minore?
Una voce a sinistra: Perché l'aula del
Senato è più piccola.
Alfonso Rubilli: Bella ragione! Se l'aula è
piccola andranno magari all'aperto.

11-6-1948

Pietro Nenni: C'è la faccenda dei quattro


milioni di dollari che l'America ha speso in
Italia per le elezioni.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Dovete dirlo voi, perché non
abbiamo mai visto questi quattro milioni. É
una menzogna cheavete messo in circolazione.
(Rumori all'estrema sinistra.)

6-9-1951

Pietro Nenni: In Francia i partiti di terza


forza hanno ridotto la Francia senza governo
dalle elezioni del 17 giugno in poi.
Giuseppe Saragat: Preferiva De Gaulle al
governo?
Pietro Nenni: No, onorevole Saragat; per
tenere De Gaulle lontano dal potere sarebbe
bastato e basterebbe che socialisti e
democratici non considerassero figli di
nessuno i cinque milioni di elettori comunisti.
(Applausi all'estrema sinistra.) In verità la
crisi della Francia comincia adesso con la
Camera introuvable.
Ettore Viola: Onorevole Nenni, se si
toccherà la legge elettorale faremo le
barricate. Provatevi a fare una legge elettorale
come quella francese e poi vedremo quel che
succederà in Italia.
Antonio Pecoraro: Mi pare che l'onorevole
Viola abbia dimenticato di essere stato eletto
con il "listone" nel 1924.
Ettore Viola: Questo non c'entra.

15-10-1959
Palmiro Togliatti: Ricordo i tempi in cui si
parlava del primo Paese socialista come di un
paese di barbari. Immediatamente dopo la
guerra leggevamo sui vostri giornali, onorevoli
colleghi democratici cristiani, la storiella del
soldato sovietico che non conosce l'orologio o
del russo che ha la coda. Con queste favole si
fece persino la propaganda elettorale, in un
collegio che ella certamente conosce, signor
presidente Leone...
Giovanni Leone, presidente della Camera:
A me questo fatto non è mai risultato. Pensi,
onorevole Togliatti, che questa storiella fu
attribuita persino a me: ciò dimostra quanto
favolosa sia essa.
Palmiro Togliatti: Non mi riferivo a lei,
signor presidente.
Giovanni Leone: Eppure quella storiella fu
attribuita a me, in Parlamento, da una giovane
collega napoletane. A che punto arriva la
favola!
Palmiro Togliatti: Le confermo, signor
presidente, che non mi riferivo a lei, ma a un
collega che non fu più rieletto.

24-1-1963

Giovanni Malagodi: ...Ora, gli elettori nel


1958 si sono sentiti raccontare una certa storia
di una diga, per poi sentirsi raccontare al
principio del 1961 un'altra storia, quella
edificante del "buco nella diga", autore
dell'una o dell'altro apologo - forse apologo è
la parola più giusta - il toscano e immaginifico
nostro presidente del Consiglio. Ma questa
volta mi pare difficile che si possa ricorrere
ancora alla storia della diga, e
successivamente a quella del "buco nella
diga".
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Incominceremo dal buco questa
volta. (Commenti.)

25-5-1969
Francesco Cattanei: L'elettore vota per il
partito a cui appartiene.
Antonio Giolitti: Ma di partiti organizzati,
caro collega, non ne esistono nei quattro quinti
d'Italia. (Commenti, si ride.)

21-11-1984

Vincenzo Trantino: Raccolgo la sfida che


ha lanciato Casini. Andreotti resta debitore di
inadempienza e non con il ragionier Esposito
di Napoli, ma con il vicario di Roma; e
quando si diceva di Andreotti che quando
andavano in chiesa De Gasperi e Andreotti, De
Gasperi parlava con Dio, Andreotti parlava
col prete; egli in fatto di preti e cardinali ne sa
una più del diavolo.
Giulio Andreotti, presidente degli Affari
esteri: Ma sa che il Cardinal Vicario non vota,
perché è cittadino vaticano.
Vincenzo Trantino: Sì, non vota, ma
procura tanti voti, tanto prestigio politico,
procura soprattutto tante coperture, onorevole
Andreotti. (Applausi a destra.) Ecco perché è
una carta di credito importantissima, ma
perché lei ne avesse bisogno, ma sa, per
soddisfare la vanità di superare i centomila
voti, ogni elemento è buono. E lei, a quel
punto, doveva solo battere i suoi primati. E
proprio per questo Poletti era prezioso!
Giulio Andreotti: Anzi, se avessi meno
voti, avrei meno noie!
Vincenzo Trantino: Ma, sa, dipende da lei,
onorevole Andreotti.

I superstiziosi
12-10-1948

Palmiro Togliatti: Chi avrà cercato di


porre questa barriera pagherà le spese,
inevitabilmente, delle situazioni nuove che in
tal modo si vengono a determinare.
Vito Monterisi: Crepi l'astrologo!

16-2-1951
16-2-1951

Antonio Cuttitta: In queste condizioni non è


fare lo stratega da caffè si dice che, in otto
giorni di guerra, noi possiamo aver perduto la
pianura padana, e sarà un grande miracolo se
potremo fermarci sulla cosiddetta Linea gotica.
Silvio Geuna: Crepi l'astrologo!

12-12-1952

Alberto Giovannini: Ma se fu arrestato don


Albertario, come si può dire questo?
Giuseppe Di Vittorio: Onorevole
Giovannini, non capisco la sua indignazione
per l'arresto di don Albertario, prima di tutto
perché l'ho ammesso, poi perché ciò dimostra
che la reazione, col pretesto di colpire
determinate ideologie, in realtà mira a colpire
tutti coloro che difendono gli interessi del
popolo.
Alberto Giovannini: Anche se domani
fosse arrestato lei, noi protesteremmo!
(Commenti.)
Giuseppe Di Vittorio: La ringrazio e tocco
ferro! (Si ride.)

7-6-1957

Giuseppe Codacci-Pisanelli: ...Il partito


dell'Uomo qualunque votò a favore della
Democrazia cristiana e, nelle successive
elezioni, perse ogni rappresentanza
parlamentare.
Giancarlo Pajetta: Onorevole Covelli,
tocchi ferro!

4-10-1961

Vittorio Marangone: ...Ebbene, fu votato


all'unanimità in commissione un ordine del
giorno presentato dall'onorevole Franceschini
e da me, accolto con entusiasmo dal ministro,
patrocinato dall'attuale sottosegretario
onorevole Maria Badaloni nella sua relazione;
per due anni ci si è presi in giro chiedendoci
di indicare i nomi dei componenti di quella
commissione. É caduto quel Ministero e la
commissione non si è fatta. Nel luglio scorso
abbiamo votato un ordine del giorno presentato
da me...
Giacinto Bosco, ministro della Pubblica
Istruzione: É un ordine del giorno che porta
male! (Si ride.)

7-3-1962

Gaetano Martino: ...Avremo poi,


inevitabilmente, anche la presenza dei
comunisti (insieme con i socialisti) nel
Governo, cioè torneremo alla situazione di
prima del 1947. Non faccia gesti di diniego,
onorevole presidente del Consiglio!
Amintore Fanfani, presidente del
Consiglio: Gli occhiali, che le fanno vedere
cose stravaganti in giro, gliele fanno vedere
anche sulla mia faccia. Io non mi sono mosso!
Gaetano Martino: Rilegga, rimediti il
salmo quarantunesimo! Abissus abissum
invocat! Se questo avverrà, il suo nome, signor
presidente del Consiglio, resterà legato alla
distruzione di tutto quello che il suo partito ha
costruito nel nostro Paese, con la
collaborazione degli altri partiti democratici,
dal 1947 in poi.
Amintore Fanfani: Ho qui un elefante: lo
tocco subito!

17-5-1965

Francesco Cocco-Ortu: ...Anche per queste


ragioni abbiamo voluto far sentire la nostra
voce in questo dibattito nel quale sono
intervenuti da una parte colleghi democristiani
che da sedici anni detengono il governo
dell'isola (e per questo non avrebbero
nemmeno il diritto di parlare, pur se lo hanno
fatto con molto garbo e senza nascondere le
loro perplessità) e dall'altra i comunisti, che a
ragione possono contare su questo stato di
cose per attendere alle prossime elezioni altri
regali di voti.
Ignazio Pirastu: Ce li prendiamo...
Francesco Cocco-Ortu: Se ciò dovesse
avvenire, non sarebbe però perché vi siano
ancora altri sardi che vogliano finire al di là
del muro che divide gli uomini liberi da quelli
del bastone, ma in quanto troppe volte è la
disperazione che induce certi nostri
concittadini a votare per i comunisti. Il loro
non è un voto di scelta ideale, ma un voto di
disperazione!
Ignazio Pirastu: Grazie dell'auspicio,
comunque...
Giovanni Malagodi: É uno scongiuro...

6-7-1972

Giovanni Roberti: Ebbene, questo


quotidiano così conclude la sua analisi
dell'attuale Governo: "In un Governo che sarà
soprattutto affidato alle capacità dei suoi
ministri - e l'onorevole Bergamasco ne è uno -
i liberali si ritroveranno a combattere
sull'ultima spiaggia. Nei mesi dell'autunno, che
speriamo non caldo, essi dimostreranno la loro
validità e restituiranno agli italiani la fiducia
nei valori tradizionali di un liberalismo che si
aggiorna, oppure si cancelleranno per sempre
dalla scena politica". Tertium non datur.
Agostino Bignardi: Tocchiamo legno!''

3-3-1987

Presidente: ...Come i colleghi hanno


ascoltato, nel calendario dei lavori della
prossima settimana è stato inserito un punto
relativo alla elezione di tre segretari di
presidenza. Poiché abbiamo dato luogo a una
novella regolamentare, espressione di uno
degli interna corporis, mi sembra opportuno
tener fede alla riforma che abbiamo fatto.
Mario Pochetti: In limine mortis!
Presidente: Forse ci porterà fortuna.

Latine loquere
Il ricorso a citazioni latine non è frequente a
Montecitorio. E non si può dire che le poche
riscontrate brillino per qualità e tanto meno per
originalità.
1. Frustra petis quod intus habes (Vittorio
Emanuele Orlando, 6 marzo 1919)
2. Neque iudaeus, neque graecus, neque
masculus, neque foemina (Francesco Saverio
Nitti, 28 marzo 1920)
3. "Mi è accaduto di sfogliare un testo
autorevolissimo di diritto delle Decretali,
manuale d'insegnamento nella Pontificia
Università Gregoriana in Roma, e a proposito
dei concordati, delle condizioni e del momento
in cui la Santa Sede li conclude ho trovato una
affermazione assai sintomatica che mi permetto
di citare:
...Sede apostolica, ne evidenti ludibrio
exponatur conventiones in forma solemni inire
non solet, nisi gubernium civile necessitate
petendi consensus comitiorum publicorum non
sit adstrictum..." (Palmiro Togliatti, 11 marzo
1947)
4. Non bisogna mai commentare per
absurdum (Umberto Tupini, 13 marzo 1947)
5. Mater certa, pater incertus (Umberto
Merlin, 18 aprile 1947)
6. Res sacra puer. Maxima debetur pueris
reverentia (Interruzione dell'onorevole Uberti)
...E chi ha detto che debba essere proprio io il
convertito dell'ultima ora? Non me ne faccia
dubitare, onorevole Uberti, con questa
excusatio non petita (Alcide Malagugini, 21
aprile 1947)
7. Timeo danaos et dona ferentes (Una
voce, 10 giugno 1947)
8. Superior stabat... agnus (Palmiro
Togliatti, 20 giugno 1947)
9. Navigare necesse est (Umberto Calosso,
16 ottobre 1948)
1 0 . É meglio abundare che deficere
(Umberto Tupini, 2 aprile 1949)
11. Teneo te, Africa (Palmiro Togliatti, 2
ottobre 1953)
12. America docet (Gennaro Miceli, 14
maggio 1954)
13. Parce sepulto (Lionello Matteucci, 29
settembre 1954)
14. Sapientis est mutare consilia
(Francesco Concetti, 3 marzo 1955)
15. Parturiunt montes nascitur mus (Cesare
Degli Occhi, 7 marzo 1956)
16. Usque tandem con tutto questo latino?
(Giancarlo Pajetta, 7 marzo 1956)
17. Delenda (Gennaro Miceli, 25 ottobre
1961)
18. Quando ella dice delenda scopre le sue
batterie. (Mariano Rumor, 25 ottobre 1961)
19. Absit iniuria verbis(Alcide
Malagugini, 25 ottobre 1962)
20. Amice carissime et colendissime sit
tibi venia latine loquendi (Paolo ROssi, 14
dicembre 1962)
21. Scripta manent (Ennio Bonea, 6
febbraio 1964)
22. Ex ore tuo te iudico (Giancarlo Pajetta,
5 marzo 1964)
23. Ipse dixit (Luciano Lama, 6 maggio
1965)
24. Nemo propheta in patria (Randolfo
Pacciardi, 14 gennaio 1966)
25. Medice cura te ipsum (Giancarlo
Pajetta, 31 marzo 1966)
26. Vetita quia mala (Umberto Breganze,
20 luglio 1966)
27. Quis custodiet ipsos custodes?
(Alberto Tedeschi, 20 luglio 1966)
28. Pulsate et aperietur (Giovanni Roberti,
#,o dicembre 1966)
29. Pro nobis (Mariano Trombetta, 12
dicembre 1966)
30. Rari nantes in gurgite vasto (Sandro
Pertini, 22 giugno 1967)
31. Ad maiorem russiae gloriam (Giovanni
Malagodi, 13 luglio 1967)
32. Sincerum est nisi vas, quidquid
infundis ace scit (Mario Pochetti, 21 febbraio
1974)
33. Repetita non iuvant (Roberto Lucifredi,
15 luglio 1974)
34. Ite missa est (Raffaele Delfino, 2
dicembre 1974)
35. Vox clamans in deserto (Silvano
Labriola, 26 luglio 1977)
36. Brevis in fundo (Luigi Spaventa, 7
febbraio 1978)
37. Res iudicata facit de albo nigrum
(Mauro Mellini, 4 ottobre 1979)
38. Nondum matura est (Nicola Vernola,
10 ottobre 1979)
39. Repetita iuvant (Carlo Sangalli, 23
gennaio 1980)
40. Tot tempora tot sententiae (Raffaele
Valensise, 16 settembre 1983)
41. Iudicabo (Bartolo Ciccardini, 2 marzo
1984)
42. Quod differtur non aufertur (Silvano
Labriola, 16 luglio 1984)
43. Nascetur ridiculus mus (Mario
Pochetti, 14 novembre 1985)
44. In corruptissima republica ubi plurima
sunt leges (Olindo Del Donno, 15 luglio 1986)
Vi - Uno sfondo religioso
Spigolature
Spigolature

É incredibile il numero dei riferimenti a a


sfondo religioso ed ecclesiastico che trovo
nelle mie note su quanto ascoltato in
Parlamento (ho letto negli atti precedenti la
mia anzianità, che pur essendo notevole non
copre l'intero arco delle istituzioni, prima
monarchiche e ora repubblicane).
É vero, alcune frasi sono divenute di uso
comune e non indicano più una specifica
ispirazione, favorevole o contraria. Quando ad
esempio Enrico De Nicola parla della
"catinella pilatesca" (22 novembre 1924) e
Giancarlo Pajetta dice: "Onorevole Piccoli,
guardi che quello che si lavava le mani si
chiamava Ponzio Pilato" (2 marzo 1965), non
penso volessero fare una citazione evangelica.
Analogamente quando Mario Pochetti (4
luglio 1984) obietta all'onorevole Franco
Russo che si era appoggiato a una tesi
accademica: "Maranini non è il Vangelo",
riecheggiando la tacitiana interruzione che il
18 ottobre dell'anno precedente l'onorevole
Novello Pallanti aveva fatto al ministro De
Michelis enunciante una misura di separazione
tra assistenza e previdenza: "É Vangelo!".
Così pure hanno più un valore culturale
che religioso certi richiami biblici, di cui il
più dotto mi sembra quello sacro-profano di
Francesco Saverio Nitti (26 maggio 1910): "Il
grande figlio di David, il re Salomone, dice il
libro sacro che pronunziò tremila sentenze, e i
suoi cantici furono in numero di mille e
cinque: ella onorevole presidente del
Consiglio ha avuto la fortuna di pronunziarne
quantità assai maggiore".
Viceversa è pallidamente umoristico
l'invito del compianto collega Ugo Bartesaghi
a non confondere con il Profeta maggiore
l'onorevole Geremia, definendolo: "molto
meno generoso dell'omonimo del Vecchio
Testamento" (24 luglio 1957).
Singolare fu il 25 marzo 1983 la reazione
del vicepresidente
Scalfaro all'onorevole Italo Briccola che,
interrompendo Francesco
Roccella, aveva gridato: "Basta applicare i
criteri della Genesi, che
impone a ciascuna cosa il suo proprio
nome". Scalfaro si fece
applaudire per la prontezza dell'esatta
citazione: "...e vide che ciò era buono"; ma
Roccella non fu buono perché accusò Briccola
di essere rimasto piccolo in tutto nella sua
vita. Non venendo però l'irrisione da un
longilineo fu lasciata correre dall'apostrofato.
Per il resto, a parte tematiche più
ricorrenti, abbiamo:
- un cenno malagodiano (12 marzo 1966)
al vino comunista aggiunto a un po' di acqua
democristiana, che Francesco Cattani
ridefinisce acqua benedetta;
- due menzioni dello Spirito Santo
(Saragat, 24 settembre 1953:
"Quando si parla della Russia sembra che
si parli dello Spirito Santo"; Michele Del
Vescovo, 10 dicembre 1977: "Non si
meravigli, onorevole Pajetta, ha funzionato lo
Spirito Santo facendomi prevedere quello che
fuori tema avrebbe detto contro il Sommo
Pontefice, con sacrilega polemica, l'onorevole
Gullo");
- due passi ecumenici (12 gennaio 1967,
quando Renato Dell'Andro risponde a Oronzo
Reale che lo aveva chiamato ecumenico: "Se
lei è reale, io sono papalino"; 26 aprile 1982,
essendosi Mario Pochetti lamentato per i
troppi missionari - colleghi in missione - la
Iotti lo consolò definendolo: "un fatto
ecumenico");
- un bel "Nolite iudicare" evangelicamente
citato da Fausto Gullo (13 aprile 1967);
- la tesi di Carlo Tassi (19 febbraio 1987)
secondo cui: "Il buon Dio quando volle
rovinare il mondo non mandò il diluvio; mandò
la torre di Babele con la confusione delle
lingue", rettificata dal vicepresidente Azzaro
fermo nella prima ipotesi;
- accenni a santi: san Sebastiano e persino,
con ironia non irriverente, san Gilberto
Bonalumi (Ettore Masina e Francesco Rutelli,
13 ottobre 1986), e alla Madonna Pellegrina
(che Alfredo Reichlin - #,o ottobre 1970 -
riteneva un rito del passato, ma Eugenio
Scalfari, esperto anche in questo, assicurò che
era ancora in uso);
- un libero apprezzamento del nominato
Gilberto Bonalumi (20 novembre 1979) che
interruppe un pomposo intervento di Gianluigi
Melega con un: "É arrivato il novello Gesù
Cristo; dobbiamo seguire te";
- tre evocazioni di Tertulliano e di testi
agostiniani: di Alcide Malagugini (25 ottobre
1962), di Dino Limoni (23 ottobre dello stesso
anno) commentato da Adriana Seroni con un
"Sant'Agostino, in quali mani sei finito", e di
Mario Pochetti (14 gennaio 1986);
- una singolare aspirazione di Giancarlo
Pajetta perché l'onorevole Bettiol dal concetto
di "popolo aristotelico e non tolemaico"
arrivasse almeno a san Tommaso (14 luglio
1955);
- l'obbligo per un buon cristiano di
perdonare le offese, proclamato da Sandro
Pertini il 18 maggio 1965. Lo stesso Pertini il
23 marzo 1974 avrebbe detto a Flaminio
Piccoli: "Lei non è l'Agnus Dei";
- la connessione tra l'amnistia e lo spirito
cristiano (Fausto Gullo, 6 ottobre 1949) e
l'amnistia e l'Anno Santo (lo stesso Gullo il 13
luglio 1956);
- l'invito ad andare "a insegnare socialismo
all'Università Cattolica" rivolto all'onorevole
Bruno Orsini da Marco Pannella (18 gennaio
1977);
- un "pace e bene" a prendere in giro
rivolto da Mauro Bubbico a Maria Luisa Galli
che aveva parlato della dignità della religione
cattolica e di tutti i credenti dal Concilio
Vaticano primo al secondo (29 aprile 1980);
- due accenni alle Acli (Dino Penazzato a
Giuseppe Di Vittorio il 16 luglio 1957: "Se le
Acli avessero il potere di scegliere i
lavoratori da collocare, avrei meno gente che
chiede lavoro" e Giuliano Pajetta subito dopo:
"Voi democristiani cercate di fare scissioni
persino nelle Acli" cui rispose Bartolo
Ciccardini: "La fate voi la scissione nelle
Acli");
- la meraviglia (Alessandro Tessari, 25
gennaio 1983) perché i cattolici non abbiano
beatificato Sigmund Freud, avendo questi dato
legittimazione scientifica alla dottrina morale
secondo cui la repressione sessuale sarebbe
generatrice di civiltà. Gli rispose la onorevole
Mariapia Garavaglia: "Non lo abbiamo fatto
perché non ci crediamo";
- spunti sul Sacro Collegio. Paolo Rossi
(24 settembre 1955): "Solo i cardinali sono
nominati a vita"; Maria Luisa Galli e Giorgio
Amendola (6 marzo 1958): "L'osceno
fariseismo del cardinal Siri", "Non vi è
l'infallibilità dei cardinali";
- allargamento di interesse verso i
protestanti: Orazio Santagati, Donato De
Leonardis e Raffaele Valensise hanno
disputato il 6 dicembre 1972 sulla vera
dottrina di Lutero riassunta in "pecca fortiter,
sed crede firmiter"; mentre il 26 luglio 1973
Marco Pannella poneva al presidente Cossiga
il quesito se puntasse su Calvino o su Lutero;
- varianti sul tema delle sagrestie (ricordo
per incidens che nel 1945 comparve su un
muro romano la scritta: "Nenni al governo e
De Gasperi in sagrestia" che Leo Longanesi
fotografò per farne la copertina del primo dei
miei libri). Pajetta senior il 30 giugno 1954
obiettò a Paolo Cappa che si era espresso in
latino - per altro facile: "procedo per ignes" -
che "non tutti vanno in sagrestia"; mentre
Pajetta junior pretendeva che il sottosegretario
Giovanni Elkan parlasse "delle sagrestie e
della Gioventù Italiana" (16 ottobre 1958).
Più cattivello era stato il 16 luglio 1949
uno scambio di battute tra Gaspare Pignatelli e
non identificati colleghi di sinistra che lo
accusavano di essere stato antifascista di
sagrestia. Si era inserito Filippo Guerrieri
pregando di... non offendere Pietro Nenni.
L'anno precedente (15 luglio 1948) a un non
troppo originale "andate in Russia" di Eugenio
Spiazzi, avendo il compagno Angelucci
replicato con un "andate in Vaticano", due
democristiani si inserirono: Stefano Reggio
d'Aci ("Anche voi siete stati al Vaticano, non
lo dimenticate") e Francesco Chieffi ("Nenni è
andato al Vaticano a nascondersi"). Per
esattezze di cronaca, durante l'occupazione
nazista Pietro Nenni non era ospitato in
Vaticano in senso stretto, ma al Laterano con il
nome provvisorio di don Porta.
Un capitoletto meriterebbero gli accenni
polemici, di varia natura, collegati al filone
storico dell'anticlericalismo, da cui, in tesi
generale - il 5 giugno 1957 - Palmiro Togliatti
aveva dichiarato che i comunisti volessero
restare lontani. Ciò nonostante l'idea che
gruppi di statali si recassero insieme in
udienza dal Santo Padre non andò giù
all'onorevole compagno Fausto Gullo: "Il
clima che purtroppo si è creato in Italia grava
da tempo come un'ombra su tutta la vita della
Nazione. Rimane ancora ingiustificabile e
incredibile il fatto che il ministro Tambroni si
sia fatto tempo addietro seguire, come da un
gregge, da mille suoi dipendenti del ministero
dell'Interno e si sia recato in Vaticano per
rendere ossequio al pontefice. Noi non
troviamo nulla da ridire per il fatto che un
cattolico vada a ossequiare il capo della
cristianità, perché si tratta di un atto normale e
doveroso per un cattolico; ma diverso è il caso
di un ministro che costringe mille suoi
dipendenti ad andare in processione in
Vaticano. É, questa, una abdicazione dello
Stato di fronte al potere della Chiesa; a parte il
fatto che forse tra quei mille dipendenti ve ne
erano cento che non avrebbero avuto alcuna
intenzione di andare a ossequiare il pontefice e
che pure furono costretti a farlo perché il
ministro così voleva. (Proteste al centro.) Ma
non siamo ipocriti; come si vuole che un
impiegato dica di no!" (22 gennaio 1959).
Divertirono la Costituente alcune battute
dell'onorevole Tonello a commento di una
frase di Paolo Rossi che aveva pregato (14
marzo 1947) di non costringerlo a essere
confessionale nell'anticlericalismo: "Tuo
padre era anticlericale e anche socialista". E
avendo Rossi dichiarato che vi erano nel
socialismo compagni non anticlericali, Tonello
tagliò corto: "Specialmente quando si tratta di
strappare voti".
Anche la Pontificia commissione di
assistenza - le cui attività erano normalmente
molto ben viste dalle famiglie (colonie) e dai
lavoratori (Onarmo, Opere per i pastori, per i
pescatori, eccetera) - non sfuggì allo stesso
onorevole Gullo e al suo correligionario
politico Gennaro Miceli
Gennaro Miceli: Intendiamoci, noi non
siamo dolenti che la Pontificia commissione
vada a offrire qualche aiuto - vorremmo anzi
che potesse offrire miliardi -, ma la Pontificia
commissione amministri e dia ai cittadini cose
proprie. Ma è veramente straordinario che
debba distribuire il denaro dello Stato, quando
lo Stato ha organi suoi! Ma se è lo Stato
stesso, che comincia a non avere fiducia nei
suoi organi di distribuzione, non si sa dove si
può arrivare!
Teodoro Bubbio: Se ella mi dice il comune
ove è avvenuto il fatto cui accenna, possiamo
precisare.
Gennaro Miceli: É uno stato di fatto
generale! (12 novembre 1951)
Sull'organizzazione di monsignor
Ferdinando Baldelli ebbi anche io un educato
battibecco con la collega Luciana Viviani,
evocando una gestione statale che non era stata
priva di censure politiche.
Luciana Viviani: Oggi abbiamo letto, su un
quotidiano di Roma, la notizia che a Barletta i
pacchi della Pontificia opera di assistenza
sono stati distribuiti dietro condizione di
iscriversi a un determinato partito politico.
Giulio Andreotti, ministro delle Finanze:
Pettegolezzi!
Mario Assennato: Come fa a dire che si
tratta di pettegolezzi? É una realtà; ed ella
difende una realtà che conosce.
Giulio Andreotti: Ricordo certi sistemi
della Postbellica, che, grazie a Dio, sono
scomparsi. Conosco bene la realtà attuale,
onorevole Assennato. (24 marzo 1956)
Sconcertante fu il periodare della
onorevole Adele Faccio nella seduta del 30
novembre 1976: Adele Faccio: ...per quella
mostruosa assistenza all'infanzia cosiddetta
abbandonata che è causa di tanto danno alla
crescita e allo sviluppo fisico, intellettuale,
morale e psichico della massa dei bambini
ricoverati in quei lager di dolore, di abiezione
e di sfruttamento che sono i brefotrofi, i
Cottolengo, i collegi e i convitti cattolici, dove
si fa a mani basse la compravendita dei
bambini.
Pietro Zoppi: Ma portatela al Don Orione!
Ben più gentile la deputata Emma Bonino,
anche se (seduta del 25 aprile 1980) disse che
non riusciva a capire perché i cappellani, e
cioè l'assistenza spirituale, dovessero avere un
costo.
L'inesauribile onorevole Fausto Gullo fu
invece spiritoso, motteggiando sul senso di
colpa e sul peccato originale (14 dicembre
1961):
Fausto Gullo: Un grande umorista
dell'Ottocento ora quasi dimenticato,
Gandolin, diceva che il peccato è chiamato
originale perché se ne sono tirate e se ne tirano
tuttora milioni e milioni di copie! In realtà
pone questo peccato all'origine del genere
umano, che non esisterebbe se non vi fosse
quel peccato...
G. Battista Migliori: Si occupi di quello
che conosce! (Rumori a sinistra.) Aspra
l'invettiva dell'onorevole Massimo Teodori,
pur essendo stato - se non erro - docente
all'Università Pro Deo, che se la prese con
l'Istituto vaticano per le opere di religione,
invitato alla moderazione dal reverendo
onorevole Del Donno:
Massimo Teodori: Non dimentichiamo che
i presidenti e i responsabili dello Ior, negli
ultimi dieci anni, dal 1974 in poi, sono finiti in
galera! Se non sono finiti in galera, si sono
rifugiati nei palazzi vaticani! Forse era il caso
di parlare di questo grande centro di
criminalità che è lo Ior!
Olindo Del Donno: Non esagerare! (18
marzo 1985)
In fondo era stato meno crudele (e forse
soltanto esagerato) l'onorevole Francesco
Cacciatore quando se l'era presa per un certo
traffico di tabacco proveniente dallo Stato
Città del Vaticano:
Francesco Cacciatore: ...A Roma sa da
dove filtra il contrabbando? Dalla vicina Città
del Vaticano: sono sigarette che sono vendute
a metà prezzo. Quindi è chiaro che il cittadino
comperi queste sigarette e non viceversa
quelle del monopolio.
Giuseppe Trabucchi, ministro delle
Finanze: Le vorrei dire che quello che ella ha
affermato non è possibile, perché il Vaticano
non ha una propria regìa e prende soltanto un
certo contingente di sigarette.
Francesco Cacciatore: Non vi è oggi
cittadino a Roma che non fumi sigarette
provenienti dalla Città del Vaticano.
Natalino Di Giannantonio: Noi per
esempio non le fumiamo.
Francesco Cacciatore: Può darsi che si
tratti di una eccezione. Nemmeno io le fumo,
perché non ho conoscenze. Però è facile avere
queste conoscenze, specialmente nel vostro
ambiente, perché le sigarette sono vendute su
rilascio di buoni ed è chiaro che un prete può
darli e lei e non a me.
Giuseppe Trabucchi: Non si sa mai quali
siano le arti per carpire gli avversari. (30
novembre 1962)
Quasi a far da contrappeso, il comunista
Amerigo Clocchiatti, avendo l'onorevole
Angelo Priore criticato la presenza di navi
sovietiche nell'Adriatico (20 luglio 1956),
disse con soddisfazione che i russi, nei giorni
precedenti, avevano anche "visitato San Pietro
e salutato il papa". Del resto l'illustre
compagno Concetto Marchesi (11 maggio
1951) non aveva sottolineato che il Partito
comunista "si era fatto più rispettoso della
fede religiosa e aveva spalancato le porte ai
cattolici" meravigliandosi che la Chiesa
invece di gioire mostrasse ostilità rabbiosa?
Merita di essere trascritto questo
divertente interludio (18 dicembre 1952) in
replica a una presa in giro della fertile
dialettica nenniana:
Giuseppe Bettiol: Mi sia permesso,
onorevoli colleghi, di riprendere in termini
scherzosi una frase pronunciata dall'onorevole
Pietro Nenni nel suo discorso, perché qui vi
parla uno della "confraternita della buona
morte". Se non che l'onorevole Nenni ha
dimenticato che compito dei membri di questa
benemerita confraternita non è già quello di
scendere nel sepolcro, bensì quello di cantare
agli altri l'ufficio funebre. (Applausi e ilarità
al centro e a destra, interruzioni all'estrema
sinistra.)
Eugenio Dugoni: Lo canti all'onorevole
Saragat!
Giuseppe Bettiol: Anche l'onorevole
Saragat fa parte di questa confraternita, e
anch'egli canterà con noi l'ufficio funebre.
(Interruzioni all'estrema sinistra.)
Presidente: Onorevole Bettiol, resti
all'argomento della chiusura.
Non ci costringa a fare scongiuri. (Ilarità.)
Lo stesso onorevole Bettiol, all'ironia di
Filippo Anfuso sul suo discorso sulla necessità
cristiana di armarsi (24 ottobre 1958),
controbatté che bisogna armarsi anche di
pazienza. Mentre Giorgio La Pira in più
occasioni - la prima il 23 settembre 1949 -
ricordò a tutti gli oppositori che è la divina
provvidenza ad animare la storia. A sua volta
Roberto Lucifredi (20 dicembre 1957) reagì
alla sorpresa di Giovanni Grilli perché
leggesse l'"Unità" nonostante la scomunica
dicendo di farlo solo per dovere d'ufficio.
Noterò, per concludere su queste citazioni
tematico-religiose che il 15 luglio 1972,
avendo l'onorevole Pio Baldelli detto che
"oggi i ragazzi ne sanno assai più del
confessore e del pedagogo e hanno piene le
scatole di intrattenimenti del genere", il
presidente di turno Oscar Luigi Scalfaro lo
invitò a usare una terminologia "un briciolo
più parlamentare". L'interrotto si meravigliò
che non fosse lecito parlar di scatole a
Montecitorio, ma promise di non farlo più.
Alla mitologia pagana si rifece il dotto
Benedetto Cottone il 17 ottobre 1967,
provocando una divertente parentesi:
Benedetto Cottone: ...A decidere
l'assoluzione di Oreste dal reato di matricidio
fu la dea stessa che intervenne a deporre la sua
pallina nell'urna di quell'epoca, come a
dimostrare che la volontà delle maggioranza è
la volontà di Dio.
Giorgio Almirante: Beati i tempi in cui al
posto di Moro c'era una dea!
Presidente: Meno male che non ci sono dèi
che mettano di contrabbando palline nelle
urne. (Si ride.)

Interferenze o diritti?

Anche in anni lontani la polemica per le


interferenze - tali o ritenute tali - del clero nelle
vicende elettorali italiane è stata vivace. Ho
ricostruito un excursus dei relativi riflessi
parlamentari, compreso un campione del periodo
giolittiano.

1. Mugugno sui prefetti

1-6-1909

Giovanni Giolitti, presidente del


Consiglio: Il partito costituzionale, il partito
liberale ha come dogma assoluto la supremazia
dello Stato su tutti, ma ammette in pari tempo
la piena libertà di tutti.
Italo Pozzato: É l'intervento ufficiale del
clero!... (Clamori e interruzioni dall'estrema
sinistra.)
Una voce: E i prefetti perché non
intervengono?
Giovanni GIolitti: É curioso questo fatto:
quando, in qualunque maniera, un prefetto
interviene in cosa che riguarda
l'amministrazione della giustizia, viene
presentata interpellanza per deplorare questo
intervento; e ora l'onorevole Chiesa mi
raccomanda di servirmi dei prefetti a questo
scopo... (Clamori dall'estrema sinistra.)
Eugenio Chiesa: No; ho detto che i prefetti
vanno da monsignori, da vescovi, a
domandarne l'appoggio; questo è avvenuto nel
collegio di Massa! (Clamori da destra e dal
centro.)
Giovanni Giolitti: Parliamo pure del
collegio di Massa. In quel collegio i candidati
erano due: uno repubblicano e uno socialista.
Non so quale dei due sia andato dal vescovo a
raccomandarsi. (Viva ilarità, vive
approvazioni e applausi da destra e dal
centro.)

2. Monarchici scomunicati

20-7-1956

Stefano Cavaliere: Dopo le elezioni,


saputo che a Sant'Agata di Puglia i monaci si
rifiutavano di dare l'assoluzione o di
confessare chi aveva votato per "stella e
corona", quella vecchietta, siccome ci teneva a
comunicarsi, quando il confessore le chiese
per chi avesse votato, rispose pronta: "Ho
votato per la Democrazia cristiana". E il
monaco: "Dite i vostri peccanti, buona donna".
La vecchietta, come primo peccato, confessò
di aver detto bugie. Credette, così, di mettersi
a posto con la coscienza.
Fernando Tambroni, ministro dell'Interno:
É venuta a dirlo a lei!
Umberto Sampietro: Ma non aveva il
segreto della confessione?

3. Milioni di suore di clausura

9-6-1948

Fausto Gullo: Penso che De Gasperi non


volesse rievocare il mito di Atlante che
sostiene il mondo; innanzi tutto perché i 16
milioni di elettori che sostengono la Dc non
sono proprio da paragonare ad Atlante, se si
pensa che gran parte di essi sono suore di
clausura... (Commenti.)
Gabriele Semeraro: É gente rispettabile.
Fausto Gullo: ...preti, beghine, paralitici
(interruzioni al centro), tutta gente che ha poco
a che fare con Atlante.
Renato Cappugi: Cosa c'entrano le suore e
i preti? Sono soltanto 125 mila. Non è serio
quello che lei dice.
Giuseppe Lazzati: Questo dimostra che in
Italia siamo cristiani.
Renato Cappugi: Ci teniamo noi ai voti dei
preti; sono qualificati quei voti. In Russia non
votano perché sono stati uccisi.
Fausto Gullo: Sarebbe opportuno ricordare
che le suore hanno messo da parte il voto di
clausura per il voto elettorale. I mezzi usati da
voi si inseriscono saldamente nella coscienza
degli uomini. (Rumori, proteste.)
Matteo Rescigno: Non vi credono più.
Una voce: Ci parli di Benes.
Fausto Gullo: Io stesso ho sentito dire dai
sacerdoti alle donne che erano in chiesa: "Voi
dovete costringere i vostri mariti a piegarsi
alla necessità".
Una voce: Fuori i nomi.
Virgilio Nasi: In tutte le parrocchie.
Giorgio Amendola: Avete impedito di
ascoltare la verità. Fausto Gullo: I preti hanno
financo consigliato nelle chiese alle loro fedeli
lo sciopero notturno. (Vivissimi rumori al
centro, applausi all'estrema sinistra.)
Una voce: Ci parli delle elezioni in
Cecoslovacchia. Questo è il traviamento della
verità.
Fausto Gullo: I democristiani sanno in
quale campo manovrare. Umberto Tomba:
ANche voi sapete in quale campo manovrare;
fra i pregiudicati e le sgualdrine. (Scambi di
invettive, scontri nell'emiciclo, seduta sospesa
per un'ora.)
Fausto Gullo: Ho qui una lettera di un
seminarista di Arezzo: ricorda che questa volta
la lotta non è politica, ma religiosa.
Matteo Tonengo: Questo è il buon senso di
tutti gli italiani.
Fausto Gullo: Ed ecco un'altra lettera.
Viene dall'Opera della Divina Provvidenza; e
sono tutte autentiche.
Renato Cappugi: Ma sono bellissime
quelle lettere. (Rumori.) Fausto Gullo: Voi
stessi siete convinti di avere fatto scempio del
Concordato e della legge.
Salvatore Scoca: Ci vorrebbe la
dimostrazione che queste lettere hanno violato
il Concordato.
Fausto Gullo: Oltre a ciò le lettere
dall'America. Ne ho qui una diretta anche a
me.
Renato Cappugi: Si sbaglia l'indirizzo
qualche volta.
Fausto Gullo: A Vibo Valentia per
disturbare un comizio di Pietro Mancini si
organizzò una processione, ma Mancini
neppure se ne accorse. Nel giornale ho letto
invece che la folla abbandonò la piazza del
comizio e seguì la processione.
Crescenzo Mazza: Sembra riportato
dall'"Unità"!.
Fausto Gullo: Onorevole presidente del
Consiglio, i 16 milioni di voti da lei esaltati
sorreggono soltanto un mondo tarlato, logoro,
ingiusto, quello della vecchia Italia del
prerisorgimento. Noi siamo qui ad affermare
che la Repubblica nata con il popolo deve
vivere con il popolo.

4. Vescovi sovrani

23-7-1953

Arturo Viviani: Vada in Russia da Berija!


Presidente: Onorevole Viviani, veda di
non inaugurare così la sua
attività parlamentare, la prego.
Fausto Gullo: Vorrei domandare al collega
interruttore: ma quando noi saremo andati in
Russia, queste azioni diventano oneste? É
questa la risposta che noi vi chiediamo:
diventano oneste queste azioni quando noi
saremo andati in Russia? Mi dica! Nelle
elezioni del 18 aprile il metodo di difesa
clericale fu diverso. Alle nostre denunzie di
abusi del clero, alle nostre denunzie di
illegittima propaganda elettorale fatta dai
sacerdoti, servendosi del loro ministero, alle
nostre denunzie, anche se provatissime e
dimostratissime, si rispondeva allora con una
categorica negativa: "Non è vero, non è
assolutamente vero; quel certo sacerdote ha
potuto, sì, avere un suo determinato pensiero
politico ed egli ha così esercitato un suo
diritto, ma non è vero che si sia avvalso del
suo ministero per la propaganda elettorale". La
cosa ora si svolge in termini diversi. Da parte
clericale non si ha più alcun ritegno di
ammettere che sono veri i fatti, che parroci e
arcivescovi hanno la precisa volontà di
prendere parte diretta alla lotta elettorale. É
vero tutto questo; ma essi affermano che, così
facendo, sanno di esercitare un pieno diritto.
L'"Osservatore romano", premesso che i
vescovi, come successori degli apostoli e in
comunione, sotto l'autorità eminente del
sommo pontefice, sono veri e propri sovrani
delle rispettive diocesi, premesso ciò ne trae
le conseguenze che "alle nostre autorità
giudiziarie è costituzionalmente" badate: sono
le parole precise "impedito di prendere in
considerazione le denunce contro i vescovi,
quegli atti cioè che tenderebbero a far
processare e condannare come delinquenti i
legislatori canonici ancorché i loro precetti
fossero contrari alle leggi dello Stato".
Onorevole De Gasperi, ella che ha giurato
fedeltà alla Costituzione e che sa che la legge,
seguendo una tradizione ininterrotta dello Stato
italiano, punisce e definisce come delittuosa la
condotta dei ministri religiosi i quali si
avvalgono del loro ministero per far
propaganda elettorale, onorevole De Gasperi,
ella approva o non approva le parole
dell'"Osservatore romano"?

5. Comitati civici
19-12-1957

Fausto Gullo: Dunque, il cardinale


Pizzardo dice che l'organizzazione dei
Comitati civici deve difendersi dal comunismo
non soltanto con le parole, ma con i fatti. Che
cosa vuol dire? Purtroppo qui non è spiegato
che cosa intende dire precisamente.
Vittorio Pugliese: Non con i carri armati!
Fausto Gullo: Una delle due: o si tratta del
lecito esercizio di un diritto, ma allora non vi è
ragione di
usare una frase così sibillina: "non soltanto
con le parole ma con i fatti".
Domenico Colasanti: Con i missili!
Fausto Gullo: Con quali fatti? Ma vediamo
che cosa può significare una frase simile
specialmente non illustrata convenientemente.

6. Senza miracoli

5-7-1972
Luigi Bertoldi: ...Sappiamo che i miracoli
non li può fare nessuno; non li avete fatti
nemmeno voi, colleghi della Democrazia
cristiana, che per tanti anni siete stati protetti
dal Sant'Uffizio e dai santi del paradiso che
venivano invocati per la vostra passata
propaganda, non oggi. (Commenti al centro.) É
una battuta scherzosa, onorevoli colleghi!
Michelangelo Dall'Armellina: É di
pessimo gusto!

7. Gerarchia silenziosa

5-10-1967

Nicola Galdo: Come si comporterà esso -


si domanda l'onorevole Sullo - quando la
gerarchia rimarrà silenziosa?
Giulio Goehring: Voterà per voi!
Arturo Michelini: In nome del SInodo
voterà piuttosto per Malagodi.

8. La Pira il corriere
8. La Pira il corriere

11-3-1965

Giovanni Malagodi: ...É questa forza


dirompente della contraddizione che porta il
Vaticano, in uno sforzo disperato per
conservare la forza della Democrazia
cristiana, a moltiplicare i suoi interventi,
interventi in verità piuttosto a zigzag da quando
nella primavera del 1960 l'onorevole Moro
ammonì a non levare il velo, dietro il quale vi
era la realtà del veto al centro-sinistra tentato
allora dall'onorevole Segni e poi
dall'onorevole Fanfani (un tocco pittoresco, e
amerei sapere se è vero: che il veto
all'onorevole Fanfani, ci si disse allora, glielo
portò l'onorevole La Pira. Sembra troppo bello
per essere vero).
Amintore Fanfani, ministro degli Affari
esteri: Onorevole Malagodi, si raccontano
tante storie.
Giovanni Malagodi: Se ne raccontano
tante, ma qualcuna qualche volta è vera.
Amintore Fanfani: Quelle che non si
raccontano sono vere.
Giovanni Malagodi: Questa non l'aveva
raccontata nessuno fino a questa sera.

9. Attenti ai simboli

17-10-1967

Angelo Nicosia: A nostro avviso, è


necessario essere assolutamente rigidi; è
necessario quindi dire che i simboli devono
essere chiari e tali da non sollecitare ricordi di
natura storica o religiosa.
Raimondo Milia: Possiamo mettervi le
nature morte!
10. Pio XII e Mosca

13-10-1948

Concetto Marchesi: ...della Chiesa romana,


la quale da secoli, nella sua esigenza di
dominio spirituale e, quindi, anche temporale,
ha mantenuto la sua massiccia e indissolubile
coerenza, per cui l'onorevole De Gasperi, che
oggi è ministro sotto il pontificato di Pio XII...
Eugenio Spiazzi: E voi sotto la Russia.
(Rumori all'estrema sinistra.)
Una voce all'estrema sinistra: Il guaio è
che la Russia sta a Mosca e Pio Xii a Roma.
(Proteste al centro.)

Stato laico
Non solo per finalità... difensive elettorali, ma
in generale, la preoccupazione della laicità dello
Stato è stata sempre comprensibilmente presente
nella vita pubblica italiana, anche se è frequente e
non casuale la confusione tra laicità e laicismo.
Anche qui giova un "precedente" giolittiano.

1. Siamo forse preti?


31-3-1909
Giovanni Giolitti, presidente del
Consiglio: L'onorevole Treves ha sollevato
una questione che con mia grande meraviglia
non era stata messa in termini così espliciti, la
questione ecclesiastica e quella dei rapporti
dello Stato con la Chiesa. (Segni di
attenzione.) In questa materia io ho una teoria
dalla quale non intendo assolutamente
allontanarmi. Io non voglio né che lo Stato si
ingerisca nella Chiesa, né che la Chiesa si
ingerisca nello Stato. (Commenti, interruzioni
all'estrema sinistra.) Voglio però la
supremazia dello Stato. Lo Stato deve essere
sovrano in modo assoluto; ma deve rispettare
tutte le credenze e mantenere la massima
libertà per tutti. (Approvazioni.)
Giuseppe De Felice-Giuffrida: Sarà laico
o no?
Giovanni Giolitti: Ma siamo preti forse?
(Si ride.)
Giuseppe De Felice-Giuffrida: Laico o no?
(Rumori.)
Giovanni Giolitti: Non v'è nemmeno
bisogno di dirlo, perché lo Stato italiano è
stato e sarà sempre laico. (Commenti,
interruzioni all'estrema sinistra.)

2. Date a Cesare...

6-3-1958

Raimondo Manzini: ...Anzi, se noi


avessimo qui il tempo e il modo di
abbandonarci a delle scorribande storiche o di
principio, che non sono ora possibili,
dovremmo ricordare che, se mai, il principio
della distinzione dei poteri è proprio un
principio portato dal cristianesimo nella
storia...
Giancarlo Pajetta: Quando governavano gli
altri, sì!

3. "Proprio a me..."
19-3-1985

Francesco Roccella: ...Sono scontate per


tutti, tranne che per i cosiddetti cattolici laici,
cattolici liberali.
Emilio Colombo: Noi siamo cattolici laici.
Francesco Roccella: Laico perché non
veste l'abito talare, onorevole Colombo.
Emilio Colombo: No, no!
Francesco Roccella: Laico vuol dire
un'altra cosa.
Emilio Colombo: Proprio a me non me lo
può dire, questo!

4. Gli angeli custodi

25-9-1957

Ugo La Malfa: ...Si è detto che per salvare


le ragioni dello Stato laico, i partiti laici
debbono stare necessariamente accanto ai
cattolici. Io non accetto più questa
impostazione perché essa è avvilente: per voi
e per noi. Non facciamo gli angeli custodi di
nessuno.
Raimondo Manzini: Noi non abbiamo
bisogno di angeli custodi.

5. Sturzo e lo Stato etico


22-6-1984

Olindo Del Donno: ...di quell'etica da noi


sempre rivendicata quando abbiamo parlato
dello Stato etico, e sempre naturalmente
professata, tale dottrina dell'eticità dello Stato,
dall'onorevole don Sturzo il quale ha pensato
sempre, creando un partito cattolico, di attuare
le norme fondamentali della dottrina cristiana!
Mauro Mellini: Lo Stato etico di don
Sturzo, mi pare un po...'
Presidente: Onorevole Mellini, non
apriamo un discorso sullo Stato etico, andiamo
avanti...

Il Concordato aggiornato
Il 25 marzo 1947 l'Assemblea Costituente
recepiva i Patti Lateranensi nella Magna Charta
della Repubblica, stabilendo che solo
consensualmente con la Santa Sede potessero
modificarsi le norme del Concordato. Iniziava un
lungo lavoro di sondaggi, contatti, verifiche che si
attestò alla fine - anche se un po' discutibile
l'equiparazione - sulla necessità di prendere atto
delle profonde modificazioni intervenute nella
Chiesa (Concilio Vaticano Ii) e nello Stato (fine
della monarchia). Il negoziato diplomatico è
durato a lungo e non a caso si è concluso sotto il
Governo Craxi, superando i socialisti le
perplessità precedenti. Visti da vicino i problemi
assumono spesso colori più essenziali. Vediamo
alcune menzioni in materia. Per fortuna lo
stenografo non raccolse alla Costituente
l'esplosione poco parlamentare ("Che schifo!") del
bollente onorevole Tommaso Angelo Tonello
quando l'onorevole Palmiro Togliatti annunciò il
voto favorevole dei comunisti. Figura solo la
segnalazione di una anodina "interruzione".

1. La pace religiosa

9-2-1950
Pietro Nenni: É inutile cercare misteriosi
agenti del Cominform laddove sono in gioco le
responsabilità del Governo e della
maggioranza. Noi abbiamo assunto con piena
coscienza la responsabilità di fare quanto
potremo per impedire che il nostro Paese sia
travolto in una politica di guerra o in una
guerra che non faremo.
Eugenio Spiazzi: E noi vi manderemo in
Russia. (Rumori all'estrema sinistra.)
Oreste Lizzadri: E lei è fuggito dalla
Russia, eh?! (Proteste al centro.)
Eugenio Spiazzi: Lei è scappato! (Rumori
all'estrema sinistra, commenti al centro e a
destra, scambio di apostrofi tra il deputato
Spiazzi e l'estrema sinistra, richiami del
presidente.)
Pietro Nenni: L'onorevole De Gasperi
assunse il tono e
l'atteggiamento del crociato pronto a
morire per la Chiesa e per la religione.
Uno voce dal centro: Non si può fare?
Luigi Renato Sansone: Come cittadino sì,
non come presidente del Consiglio.
Pietro Nenni: Egli concluse il suo discorso
con accenti drammatici: "tengo a scongiurarvi
di non buttarvi in questa battaglia; ma, se voi
la volete, l'avrete". Onorevole De Gasperi,
fino a prova del contrario ella è o dovrebbe
essere tutore degli interessi dello Stato e non
di quelli della Chiesa, la quale non manca di
difensori, dall'Azione cattolica alla stampa
cattolica, dal Vaticano all'"Osservatore
romano". Nel secolo scorso abbiamo visto la
Chiesa tentare di trasferire sul piano dei dogmi
la lotta che Cavour conduceva contro i vecchi
diritti ecclesiastici. Essa poteva farlo. Non è
ammissibile che assuma un atteggiamento del
genere il presidente del Consiglio dei ministri
dello Stato italiano e repubblicano, non dello
Stato del Vaticano.
Alcide De Gasperi, presidente del
Consiglio: Ho il dovere di difendere la pace
religiosa in Italia. Per questo sono intervenuto.
(Vivi applausi al centro.)
Luigi Renato Sansone: Ma a beneficio di
una sola parte!
Pietro Nenni: Onorevole De Gasperi, la
pace religiosa è uno degli elementi della pace
civile del Paese. Ma, per l'appunto, in quel
convegno non avevamo attaccato la religione
come tale, cosa del resto di cui rivendico il
pieno diritto per tutti gli italiani. Sulla
religione, noi marxisti abbiamo la nostra
opinione. La prima è di non avere religione, la
seconda è di considerare la religione non come
una rivelazione soprannaturale ma come il
riflesso del mondo reale. Tuttavia non su
questo il convegno laico socialista intese
richiamare l'attenzione del Paese, ma sulla
esecuzione del Concordato e sul Concordato
stesso. Ora, che cosa c'è da eccepire a tale
nostro indirizzo? Il fascismo concepì il
Concordato come un tentativo di utilizzare la
forza della Chiesa ai fini dello Stato, inteso
come principe, cioè come dittatura. Oggi i
termini si sono rovesciati ed è la Chiesa che
tiene al guinzaglio lo Stato.
Tommaso Leone-Marchesano: Non
potrebbe essere diversamente...

2. Sepolture

5-10-1967

Francesco Cocco-Ortu: E quando


Mussolini disse di aver lasciato al Vaticano,
con i Patti lateranensi, tanta terra per
seppellirne in essa, quando lo avesse voluto, il
cadavere?
Renato Tozzi Condivi: Intanto è stato
seppellito lui.

3. I lasciti

7-2-1968

Maria Alessi Catalano: ...Noi anteponiamo


gli interessi dello Stato italiano a quelli dello
Stato della Città del Vaticano anche per altre
questioni, perché non discende dal
Concordato, come voi invece avete sostenuto
in commissione, la sospensione accordata per
il pagamento dell'imposta cedolare dovuta
sugli utili delle azioni di proprietà del
Vaticano, sospensione che un ministro, che
afferma di essere socialista, ha voluto
prorogare fino al 31 dicembre 1968, come non
discende dal Concordato la esenzione dalle
tasse di successione per l'acquisizione di beni
che i cittadini italiani lasciano in eredità al
Vaticano.
Beniamino De Maria: Quale nesso c'è tra
questo e gli ospedali?

4. Le crociate

24-3-1969

Aldo Natoli: ...Io oso dire che, se vi è stata


in questi anni una minaccia alla pace religiosa,
questa è venuta esclusivamente dalla Chiesa
cattolica nel periodo pacelliano, nel periodo
della crociata anticomunista. Questo è stato
l'unico accenno di minaccia che si sia avuto
nel nostro Paese in questi anni, che non dico
abbia avuto come obiettivo, ma avrebbe potuto
avere come conseguenza un pericolo per la
pace.
Giorgio Almirante: Secondo questa sua
teoria, i crociati minacciano la Terra Santa.

5. Il prenegoziato

7-4-1971

Aldo Bozzi: ...Però è un timido passo,


perché il valore delle consultazioni unilaterali
non ha evidentemente il valore di una
commissione. Nelle commissioni si incontrano
e si scontrano le idee, v'è una maniera
dialogica, una maniera dialettica. Ma nelle
consultazioni unilaterali ognuno non sente
l'altro...
Renato Ballardini: Le commissioni sono
più... concordatarie!

6. Candore einaudiano

7-4-1971

Eugenio Scalfari: ...Pertanto, un secondo


motivo che, a mio parere, si potrebbe
ravvisare in questa urgente disponibilità della
Santa Sede, è di incassare preventivamente lo
stesso tipo di prezzo dal Partito comunista
1971. Questa potrebbe essere una intenzione
della Santa Sede: sta poi al Partito comunista
vedere se anche questa volta si può pagare o
meno quel tipo di prezzo. Lo vedremo dal
comportamento che voi, colleghi comunisti,
terrete in questa Aula tra poche ore.
Vincenzo Raucci: Perché il giudizio non lo
dà sulle posizioni che noi esprimiamo in
quest'Aula? Le nostre posizioni hanno una
motivazione. Contesti quella motivazione che
noi abbiamo dato.
Eugenio Scalfari: Io contesto i
comportamenti, onorevole Raucci, mi guardo
bene dal fare il processo alle intenzioni.
Giulio Andreotti: L'articolo 7 fu approvato
nel marzo 1947, ma due mesi dopo il Partito
comunista era fuori del Governo.
Eugenio Scalfari: Questo, onorevole
Andreotti, è lo stesso tipo di candore che ebbe
l'onorevole Einaudi. Non è affatto detto che i
comunisti siano sempre furbi: mi auguro che
adesso abbiano appreso dall'esperienza, ma
questo riguarda loro e non me.

7. Pannella e l'articolo 7

3-12-1976

Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:


...L'attuale Governo, utilizzando ovviamente il
lavoro preparatorio compiuto in precedenza, si
è trovato nella condizione di far tradurre in
termini concreti uno schema di ipotesi di
soluzione riscontrandone la possibilità di
accoglimento da parte della Santa Sede, senza
di che il nostro odierno dibattito sarebbe stato
intempestivo e privo di necessari riferimenti.
Marco Pannella: Abbiamo bisogno del
placet della Santa Sede! (Proteste al centro.)
Giulio Andreotti: Onorevole Pannella,
l'articolo 7 della Costituzione parla di
revisione attraverso trattative bilaterali. La sua
interruzione è quindi fuori luogo. Oscar Luigi
Scalfaro, presidente della Camera: Onorevole
Pannella, non facciamo discussioni in Aula.
Lasci parlare il presidente del Consiglio.

Gesuiti
1. Difesa di Orlando

22-5-1909

Eugenio Chiesa: Per quanto riguarda i


gesuiti, v'è l'articolo 4 della legge del 1873,
che non li riconosce.
Angelo Muratori: Sicuro! Quest'ordine non
fu riconosciuto; vi fu in proposito una lunga
discussione, in occasione della legge del 1873.
Vittorio Emanuele Orlando, ministro di Grazia
e giustizia: Non sono d'accordo con loro.
L'articolo 4 della legge del 1873 dice: "La
facoltà data al Governo col n' 4 dell'articolo 2
(cioè la facoltà di pagare quella rendita per
provvedere al mantenimento delle
rappresentanze degli ordini religiosi esistenti
all'estero e che hanno rappresentanza in Italia)
non si estende a rappresentanze dell'ordine dei
gesuiti". Ora questo significa che non si
doveva dare il denaro, ma non già che si
doveva espellere l'ordine; e allora io vi
ricordo l'argomento, perché ricordo l'articolo
10 della legge delle guarentigie, che assicura
al pontefice la facoltà di tenere presso di sé
rappresentanti ecclesiastici di tutti gli ordini,
che da lui dipendono.
Angelo Muratori: Esclusi però i gesuiti.
Vittorio Emanuele Orlando: No, questo
l'articolo 10 della legge sulle guarentigie non
lo dice affatto: esso parla di tutti gli ordini e
non fa alcuna eccezione nemmeno per i gesuiti.
Legga l'articolo 10 e se ne persuaderà.
Eugenio Chiesa: Lasciamo andare.
Sentiamo i suoi propositi.

2. Uso deformato

4-12-1952

Presidente: Onorevole Nenni, mi consenta


che io protesti per il fatto che ella ha chiamato
in causa il presidente della Camera. Questo
non è mai accaduto.
Umberto Calosso: Gesuiti! Gesuiti!
Pietro Nenni: Non ho messo in causa il
presidente della Camera, ma il presidente e il
comitato direttivo del gruppo democristiano.

3. Insegnamenti
25-7-1949

Attilio PIccioni: Spiegherò le mie e le


vostre contraddizioni. Fausto Gullo: In sede di
interpretazione delle parole vi è un campo
sterminato specie per un partito che trae
insegnamenti dalla dottrina gesuitica.
Giovanni Bottonelli: I fatti danno ragione
all'onorevole Gullo.

Diritto canonico (matrimoniale e


altro)
1. Repubblica fiorentina

9-11-1961

Roberto Lucifero: ...Questo personaggio,


così elogiato dall'onorevole Pajetta e che
preoccupa tanto noi, che ha creato la maschera
di Giorgio La Pira (il che è nella migliore
tradizione del recitare a soggetto del nostro
Paese), che ha costituito a Firenze una specie
di repubblica autonoma (già abbiamo avuto
occasione di dire che a Firenze non vige più il
codice penale né quello civile)...
Giancarlo Pajetta: Il codice canonico è
rimasto in vigore. (Si ride.)

2. Avvocati d'ufficio

25-11-1969

Giulio Andreotti: ...L'avere un avvocato


d'ufficio, cioè, mette in una condizione
negativa quasi di inferiorità, come qualche
volta, riconosciamolo, accade nel nostro
ordinamento! Basta infatti entrare in una
qualunque aula giudiziaria del nostro Paese (e
i provvedimenti che stiamo portando avanti,
giustamente, tendono a correggere questo stato
di cose) per poterlo constatare agevolmente.
Alfredo Biondi: Vedo che ella preferisce
la giustizia canonica. Giulio Andreotti:
Onorevole Biondi, da molti anni non ho più
una esperienza diretta della realtà giudiziaria
del nostro Paese; mi ricordo però di aver visto
moltissime volte l'avvocato d'ufficio alzarsi e
rimettersi alla giustizia; faceva quindi una
fatica davvero esigua. (Interruzione del
deputato Biondi.) Veda, onorevole Biondi, la
sua osservazione sarebbe sottile se io avessi
sollevato di mia iniziativa un tema che altri
non avesse sollevato.
Alfredo Biondi: É più sottile di lei di me!

3. Insuccessi matrimoniali

24-11-1970

Ugo Spagnoli: ...C'è tutta una serie di


vescovi - il vescovo di Exeter - e di uomini
della Chiesa canadese, che hanno sostenuto il
concetto di insuccesso del matrimonio. Non è
che io voglia rilanciare la palla della
legislazione polacca...
Angelo Castelli: Le vorremmo
consigliare... di chiedere il parere della Cei!

4. Rito civile

24-11-1970

Giulio Anreotti: Penso che si debba essere


lontani dal considerare solo un'unione di fatto
il matrimonio civile, ma bisognerà camminare
in senso inverso. Se avessimo avuto il tempo
di procedere alla riforma del diritto di
famiglia e di revisionare nello stesso tempo il
diritto canonico...
Giuliano Pajetta: Aspettiamo le leggi dello
Stato vaticano!

5. Doppio rito

4-2-1981
Marco Boato: ...mi sono sposato prima
civilmente e poi religiosamente, per non fare
un matrimonio concordatario (scusate questo
inciso personale).
Calogero Mannino: É interessante, per noi,
sapere che ella ha contratto matrimonio
religioso!

6. Presunzioni

10-2-1983

Olindo Del Donno: ...Noi stessi siamo i


primi, quando abbiamo bisogno di qualcosa, a
cercare il medico piùesperto, il professionista
migliore, il tecnico più bravo. Ciò significa
che nella nostra coscienza vi è ancora stima
per l'altezza dell'ingegno e remuneriamo - e mi
servo delle parole del diritto canonico...
Salvatore Gitti: Adesso lo hanno cambiato
il codice canonico!
Olindo Del Donno: Senta, impari queste
cose, che le fa bene. (Interruzioni del deputato
Gitti.) L'hanno migliorato per lei. É uscito il
nuovo codice, riveduto e corretto, dove si
afferma che la persona onesta e intelligente,
quale suppongo che anche...
Presidente: É una presupposizione iuris et
de iure.

Venti confessioni
1. Giorgio La Pira: Da ragazzo facevo
l'anticlericale anchÉio. (11 marzo 1947)
2. Francesco Saverio Nitti: Nel Medio Evo
si perdonavano molto spesso dalla Chiesa i
peccati contro il Padre e contro il Figlio, ma
non si perdonavano i peccati contro lo Spirito
Santo. Ora, chi offende alcuni interessi
individuali del pubblico insulta lo Spirito
Santo. (29 giugno 1911)
3. Francesco Saverio Nitti: Non
addoloriamoci del nostro dovere. I fedeli
dicono che Dio è grande e che spesso si serve
delle umili persone e dei piccoli per compiere
grandi cose. Fu per Adamo (siamo in materia
di agricoltura) che rovinò tutta l'umanità. Dio
si servì di una pastorella di Orléans per
liberare la Francia dagli inglesi. (6 maggio
1908)
4. Ferdinando Truzzi: Il Vangelo è uno
solo, onorevole Sponziello. (8 novembre
1972)
5. Pietro Sponziello: I Vangeli sono
quattro, onorevole Truzzi. ( 8 novembre 1972)
6. Emilio Colombo: Nemmeno nel Vangelo
l'ingenuità è considerata come una virtù. (7
luglio 1960)
7. Luigi Luzzati: Seguirò il
rimboschimento, onorevole Nitti, dall'altra
vita. Io ci credo nell'altra. In questa se ne
sentono tante. (8 marzo 1910)
8. Dino Felisetti: La speranza è una virtù
teologale. (21 marzo 1979)
9. Giancarlo Pajetta: Dopo la settimana di
passione vi è sempre la consolazione di
pensare alla resurrezione. (4 aprile 1960)
10. Pietro Nenni: Per la questione triestina,
onorevole Baresi, bisogna rimettersi alla
misericordia divina, come ha fatto il suo
collega!
11. Eugenio Dugoni: Sappiate perdere! Chi
è senza peccato scagli la prima pietra. (25
settembre 1947)
12. Vittorio Emanuele Orlando: Anche
l'idea di Dio, anche l'idea divina s'incarnò per
agire, per vincere con la sofferenza gli
ostacoli! Che cosa, invece, fate voi per queste
idee? Voi le considerate come il vostro sole
dell'avvenire; e nella notte buia e paurosa
andate a letto, aspettando che sorga il domani e
che il sole si levi. Voi onorate l'idea, ma non
la servite, e con una ideologia vana la
indebolite. (23 febbraio 1918)
13. Cesare Degli Occhi: Sto parlando del
Vangelo vero: quello secondo Mattei sarebbe
apocrifo. (22 novembre 1956)
14. Carlo Tassi: Non temo certamente
avversari in termini di eziologia morale e di
tutto quanto riguarda il Vangelo. (8 novembre
1973)
15. Nettuno Pino Romualdi: Malgrado
sembri che vi sia un solo partito di cattolici, io
sono cattolico. (18 luglio 1957)
16. Umberto Tupini: Il catechismo, caro
Tonello, è sempre il libro insuperato e
insuperabile della più alta sapienza dei secoli.
17. Vittorio Emanuele Orlando: I pagani
dicevano che l'avvenire è nel grembo di
Giove; noi diciamo che è nella mente di Dio.
(22 maggio 1909).
18. Giuseppe Di Vittorio: Settimo
comandamento: non rubare. (13 dicembre
1952)
19. Roberto Lucifero: Classificare
lavoratrici le suore ai fini giuridici non mi
pare esatto. Vi sono quelle destinate alla vita
contemplativa. Per i miei peccati ci vogliono
molte monache, ma questa non è la sede
competente. (4 marzo 1947)
20. Agostino Greggi: Amerei essere
classificato indipendente cattolico, nel senso
che sono un deputato che crede fortemente
nella dottrina sociale della Chiesa. (2 ottobre
1981)
VII - La parolaccia
Sembra che in Inghilterra per definire un
linguaggio compassato e di stile lo si chiami
parlamentare. Può valere questa regola in Italia?
Direi di sì, anche se ci sono eccezioni e talvolta
eccezioni abissali.
Va detto che in qualche caso si pretende che il
movente politico cambi il significato di una
parola. Ricordo una volta la onorevole Gina
Borellini che, richiamata all'ordine per aver dato
dell'assassino a De Gasperi, credette di
alleggerirsi dicendo che si trattava appunto di un
giudizio politico sul Governo e non - bontà sua -
di una accusa personale di omicidio.
Sono stato incerto se pubblicare questo
capitoletto di "parolacce", ma non me la son
sentita di fare un'autocensura. Del resto rapportato
alla totalità degli atti parlamentari rappresentano
sì e no una percentuale di uno a cinquecentomila.
Guai quindi alle generalizzazioni.
Il resoconto stenografico non dice se al
momento del turpiloquio fosse effettivamente
presente il pubblico in tribuna, specialmente le
scolaresche che a turno si recano a visitare il
palazzo. Già le scandalizziamo con i vuoti, spesso
quasi totali mentre un oratore parla, magari
gesticolando e alzando la voce.
É vero. Il commesso-guida spiega che tutti gli
altri sono in commissione o a lavorare
durissimamente altrove; ma non se se i ragazzi si
convincano. Dar loro il cattivo esempio nel
linguaggio sarebbe certamente più grave.
Posso ricordare che non portai più il mio
figlio piccolo alle partite nel recinto d'onore
perché qualche collega si lasciava andare a
invettive e maledizioni da suburra? Agli stadi però
valgono regole speciali. Degli arbitri, ad esempio,
si contesta la fedeltà del coniuge anche se sono
scapoli.
Il Parlamento, comunque, non è uno stadio.

Orsi e dollari
10-7-1948

Antonio Pesenti: Voi avete scelto un


blocco.
Giuseppe Bettiol: Voi siete incatenati
all'orso russo. (Proteste
all'estrema sinistra.)
Oreste Lizzadri: Voi siete legati ai dollari
americani.

"Faccia di bronzo"

25-2-1949

Mario Scelba, ministro dell'Interno: Io non


posso, onorevoli colleghi, in sede di
interpellanza seguire la casistica che viene
denunziata attraverso le interruzioni...
Giovanni Bottonelli: Faccia di bronzo!
(Vivissime proteste al
centro e a destra. Rumori. Commenti.)
Presidente: Onorevole Bottonelli, la richiamo
all'ordine.
Giovanni Bottonelli: Faccia di bronzo
un'altra volta. (Vivacissime proteste al centro
e a destra.)

Chiacchierone-istrione

24-10-1949

Gaspare Pignatelli: Lei è un chiacchierone.


Agilulfo Caramia: Lei è un agente di
Gaslini; lei non è un uomo con il cervello a
posto se dice questo...
Gaspare Pignatelli: Lei è un istrione!

Criminale assassino

1-12-1949

Mario Scelba, ministro dell'Interno: Non


sono i lavoratori i responsabili. I responsabili
sono quelli che da una comoda poltrona...
(Proteste all'estrema sinistra, rumori.)
Renzo Laconi: Criminale, assassino, ha le
mani sporche di sangue! (Vivissime proteste al
centro e a destra.)

L'unica lingua

22-4-1950

Giancarlo Pajetta: ...Ma siccome ella non


sa leggere molto bene nei nostri giornali e ieri
aveva attribuito al nostro comunicato contenuto
e parole che non aveva, credevo che almeno
oralmente potesse capire quello che noi
diciamo.
Giorgio Almirante: Traduca in italiano.
Giancarlo Pajetta: Potrei parlare anche in
tedesco, l'unica lingua che lei capisce. Stia
zitto, fascista!

Lustrascarpe
30-4-1952

Ugo La Malfa, ministro del Commercio


con l'estero: ...Finché trattiamo con l'Unione
Sovietica, ci troviamo di fronte a un Paese che
difende i suoi interessi; e noi abbiamo il
dovere di difendere i nostri interessi. E poi
venite a dirmi che quel Paese ci offre questo e
quello!
Giancarlo Pajetta: Nelle trattative ella
difende gli interessi americani, non quelli
italiani.
Ugo La Malfa: Io non perdo mai la
pazienza, ma questo contegno è inqualificabile!
(Applausi al centro e a destra.)
Giancarlo Pajetta: La finisca di fare il
primo della classe! Ci ha annoiati!
Giorgio Amendola: Impudente! (Rumori al
centro e a destra.)
Giancarlo Pajetta: Non fa forse il
lustrascarpe di ogni ambasciatore americano?
(Vive proteste a sinistra, al centro e a destra.)
Presidente: Onorevole Pajetta, non posso
tollerare un simile linguaggio!

Schiavetto

2-10-1953

Giuseppe Togni: ...Occorre liberarsi da


questa sorta di tattica prudenziale che ha
suggerito, certo in buona fede e sotto la spinta
di necessità contingenti, ma con scarsi risultati,
di immettere nel corpo della nostra diplomazia
persone rispettabilissime, ma estranee alla
carriera. Non soltanto estranee, ma qualche
volta in ritardo e in contrasto (forse a causa di
una ventennale disposizione d'animo a
criticare ogni passo di Palazzo Chigi)...
Filippo Anfuso: Molto bene!
Giuseppe Togni: ...con le intuizioni, la
sensibilità e la "linea" dei diplomatici di
carriera...
Giancarlo Pajetta (indica il deputato
Anfuso): Vi metteremo anche lui, agente del
Sim.
Filippo Anfuso: Anche i funzionari russi ci
metteremo.
Giuseppe Togni: Forse l'onorevole Pajetta
aspira ad andare ambasciatore a Madrid.
Giancarlo Pajetta (indica il deputato
Anfuso): Lei era un sorvegliante di Palazzo
Chigi! (Proteste del deputato Anfuso.) Venduto
ai tedeschi!
Filippo Anfuso: Venduto ai russi!
Presidente: Onorevole Pajetta, si volga
verso il presidente!
Giancarlo Pajetta: Io mi volgo verso il
presidente, ma quando sento che un criminale...
(Applausi a sinistra, proteste a destra.)
Filippo Anfuso: Schiavetto dei russi!
Giancarlo Pajetta: Agente del Sim! Mettiti
l'uniforme! (Scambio di vivaci apostrofi fra i
deputati della sinistra e della destra, rumori,
agitazione, tumulto.)
Presidente: La seduta è sospesa.

Vice Hitler
18-11-1953

Nettuno Pino Romualdi: Questo è davvero


un magnifico contributo alla difesa di Trieste!
(Proteste a sinistra.)
Giancarlo Pajetta: Taci, assassino!
(Rumori a destra.) É il vicesegretario del
partito di Hitler! Applausi a sinistra, proteste a
destra.)

Senza cervello

18-10-1954

Randolfo Pacciardi: Non faccio appello


alla sua nobiltà in questo caso, perché so che
non ne ha, ma faccio appello al fatto di
discutere senza guardare il numero dei
deputati, perché noi i cervelli all'ammasso non
li abbiamo portati ancora! (Applausi al
centro.)
Giancarlo Pajetta: Perché il cervello non
l'avete!

Figlio di Stalin

20-3-1956

Matteo Gaudisio: Lo Stato, alla stessa


maniera come si comportò al Fucino e con i
Torlonia, bonifica a sue spese oltre duemila
ettari, e quindi li rimette nelle mani del
principe Trabia, consentendo a questi di poter
ancora una volta eludere la legge. Ecco quali
sono le lontane cause di queste tragiche
situazioni. Ora finalmente si è provveduto con
una particolare legge, che è stata sollecitata da
noi.
Antonino Dante: Non è vero. (Proteste a
sinistra.)
Luigi Di Mauro: A Lentini c'è un
provocatore, qui ve ne è un altro.
Antonino Dante: Zitto, figlio di Stalin.
(Commenti.)
Servo di Hitler

3-7-1956

Giovanni Roberti: Io desidero a nome dei


deputati del Msi e dei lavoratori della Cisnal
farmi eco dei sentimenti di simpatia e di
solidarietà che dal banco del Governo sono
stati levati nei confronti di quei lavoratori e di
quei patrioti polacchi (interruzione del
deputato Giancarlo Pajetta) che si sono battuti
per la difesa dei loro diritti, per la difesa dello
spirito contro il materialismo marxista, per la
difesa soprattutto, e io amo credere, della
libertà della loro patria contro l'oppressione
straniera che grava su di essa...
Giancarlo Pajetta: Servo degli hitleriani!

Ladroni notissimi

5-12-1956
Angelo Nicosia: ...sono stati fermati
ragazzi iscritti alla Democrazia cristiana,
monarchici, missini, repubblicani, ma sono
stati rilasciati soltanto i democristiani, i
repubblicani e i monarchici, mentre i missini
sono rimasti dentro alcuni giorni.
Claudio Cianca: Perché avevano rubato.
(Proteste a destra.) Angelo Nicosia: Ha rubato
lei e il suo collega Audisio. Ladri! (Proteste
all'estrema sinistra.)
Nettuno Pino Romualdi: Siete stati dei
notissimi ladroni!
Presidente: Basta! Non tollero queste
ingiurie nelle discussioni parlamentari!

Cornuti e...

19-7-1958

Randolfo Pacciardi: ...ella sa quanto sono


rispettoso nel linguaggio parlamentare, ma
proprio brucia in corpo, lo devo dire - per
dichiararsi d'accordo con voi bisognerebbe
essere proprio, come dicono a Napoli, "cornuti
e mazziati". (Applausi al centro.)
Giovanni Leone, presidente della Camera:
Come presidente non ammetto l'espressione.
Come napoletano... è diverso! (Si ride.)

Gesuita

5-8-1960

Aldo Moro: ...A difesa della libera


determinazione del suo programma e contro il
valore formalmente determinante dei voti del
Movimento sociale, il partito non ha esitato a
mettere in crisi un Governo presieduto da uno
dei suoi uomini migliori e altamente stimato e
amato dentro e fuori della Democrazia
cristiana.
Clemente Manco: Ipocrita, gesuita!
Domenico Leccisi: Fariseo! (Proteste al
centro.)

Scaccìno

5-8-1960

Aldo Moro: ...Il Movimento sociale


italiano in questi due anni si è inserito
pesantemente nel giuoco politico, ai cui
margini per tanto tempo era rimasto, si è
inserito fin nella maggioranza di governo per
divenire in esso anche formalmente
determinante. (Vivissime e prolungate proteste
a destra.)
Antonio Grilli: Perché non protestaste due
mesi fa?
Clemente Manco: Gesuita! Scaccìno!

Necrofilo

12-2-1963
Domenico Leccisi: ...Siamo sicuri che in
Italia esistono ancora giovani che possono
sentire la bellezza di servire la Patria.
(Applausi a destra.)
Mario M. Guadalupi: Lei non ama la
Patria, ma i cimiteri!
Domenico Leccisi: Non si permetta più di
parlare così.
Mario M. Guadalupi: Sto tremando dalla
paura. (Apostrofe del deputato Leccisi, che il
presidente richiama, scambio di apostrofi fra i
deputati Giuliano Pajetta e Leccisi, ripetuti
richiami del presidente.)

Ladri

10-10-1963

Giancarlo Pajetta: Quando noi vi abbiamo


accusato più volte a proposito dei mille volte
mille milioni, Bonomi ha risposto che non si
poteva sapere nulla e questo perché non avete
presentato i conti. Noi vi abbiamo chiesto i
conti! (Vive proteste al centro.)
Giuseppe Belotti: Alla televisione ella,
onorevole Pajetta, ha detto che erano stati
rubati mille miliardi. Le commedie non
servono qui per cambiare le carte in tavole.
Giancarlo Pajetta: Non vi basta ancora?
Eppure sono dieci minuti che state gridando
perché vi dico che siete dei ladri. (Vivissime,
prolungate proteste al centro, agitazione,
ripetuti richiami del presidente.)
Presidente: Onorevole Pajetta, la richiamo:
l'espressione che ella ha usato è inammissibile
nell'aula parlamentare.

Stupido

2-4-1965

Renato Quintieri: A questo punto,


onorevole Alicata, mi consenta di chiederle
che ella giustifichi la soppressione di tutta la
stampa ebraica nell'Unione Sovietica
(Commenti al centro, vive proteste
all'estrema sinistra.)
Mario Alicata: Onorevole Quintieri, in
questo momento ella mi ispira solo un
sentimento di pietà (proteste al centro), perché
non compie nemmeno quel piccolo sforzo di
aggiornamento delle argomentazioni politiche
che la possano rendere accettabile come
compartecipe di un dibattito che si svolge nel
1965. (Vivaci proteste del deputato Quintieri,
commenti all'estrema sinistra.) Lasciatemi
parlare, colleghi di gruppo; non fate vedere
che per rispondere a uno stupido vi sia
bisogno di cinquanta deputati. (Vivissime
proteste al centro.)
Presidente: Onorevole ALicata, la invito a
non usare termini offensivi.

Ipocrita

14-1-1966
Flaminio Piccoli: ...vi è una sensibilità
dolorosa in tutti noi che non diviene però mai,
per noi, speculazione politica (interruzione del
deputato Pajetta) e che si contiene nella
ricerca della verità su cui è fondata la pace.
Tale sensibilità, signor presidente del
Consiglio, era espressa nel suo discorso.
Giorgio Amendola: Non si sentiva!
Flaminio Piccoli: Chi ha voluto qui
definire quel discorso con parole di dispregio
non sa che ormai l'unica cosa certamente
squallida di questo dibattito è il livore con cui,
in taluni momenti del suo intervento,
l'onorevole Pajetta si è voluto esprimere su
temi tanto delicati e angosciosi. (Proteste
all'estrema sinistra.) Nell'approvare le
dichiarazioni del presidente del Consiglio e
l'ordine del giorno, intendiamo anzitutto
riconfermare all'onorevole Fanfani il pieno
apprezzamento dell'opera da lui svolta.
Giancarlo Pajetta: Ipocrita.
Presidente: Onorevole Pajetta!
Servo maldestro

12-3-1966

Mario Tanassi: Gli Stati Uniti sono un


Paese democratico, dove i lavoratori contano
sul serio; perciò hanno un freno democratico
che altri Paesi non hanno. Senza le
organizzazioni sindacali non è possibile fare
un governo negli Stati Uniti. Quella americana
è quindi una politica democratica, pur senza
essere evidentemente una politica socialista.
Giorgio Amendola: Nessuno ha osato dire
finora che gli Stati Uniti difendono la libertà
del Vietnam!
Mario Tanassi: Difendono la libertà contro
l'aggressione! (Proteste all'estrema sinistra.)
Potrei risponderle che ella è un servo più di
quanto lo sia io.
Giorgio Amendola: Ella è un servo
maldestro!

Vile e presuntuoso
2-5-1967

Alfredo Covelli: Questo appellarsi alla


magistratura ed esautorare il Parlamento è
sistematico. É una vergogna!
Ugo La Malfa: Onorevole Covelli, ella non
ha mai capito niente.
Alfredo Covelli: Lei è un vile.
Ugo La Malfa: Io la disprezzo.
Brunetto Bucciarelli Ducci, presidente
della Camera: Onorevole Covelli, ascolti i
richiami del presidente, al quale solo spetta di
dirigere il dibattito.
Clemente Manco: Onorevole La Malfa,
ella è un presuntuoso.
Brunetto Bucciarelli Ducci: Onorevole
Manco, la richiamo all'ordine.
Ugo La Malfa (rivolto ai deputati della
destra): Vi ho scoperto gli altarini. (Proteste
del deputato Covelli.)

Traditori
26-6-1967

Pietro Ingrao: ...cioè che le frontiere uscite


dalla seconda guerra mondiale, dalla guerra
antifascista in Europa, non si toccano, né
quelle dell'Oder-Neisse che, altrimenti,
scoppierà un'altra guerra mondiale, né quella
italiana, né quella della Cecoslovacchia.
Giorgio Almirante: Questo è un falso
storico: la frontiera del Brennero è del 1918.
Questo è tradimento dell'interesse italiano!
Pietro Ingrao: Non parlate di tradimento,
perché voi avete venduto quella parte d'Italia
ai tedeschi. Con voi non discutiamo di questo!
Giorgio Almirante: Siete degli ignobili
traditori, spie dei russi. (Proteste all'estrema
sinistra, richiami del presidente.)

Servo

13-7-1967
Aldo Moro, presidente del Consiglio: ...Lo
facciamo commossi dagli orrori della guerra e
spinti dalla pietà verso tutte le vittime del
conflitto, ma senza che ci sfuggano la
complessità della situazione vietnamita e la
molteplicità e gravità delle conseguenze che
possono derivare dall'evolvere di questa
guerra, sia sull'equilibrio globale del mondo,
che è garantito in così notevole misura dal
nostro più grande alleato, anche se il conflitto
è fuori dell'area coperta dall'alleanza atlantica.
(Vive proteste all'estrema sinistra, richiami del
presidente.)
Giancarlo Pajetta: Lei è un servo!

Fesserie

17-10-1967

Nettuno Pino Romualdi (rivolto ai deputati


dell'estrema sinistra): Siete a favore della
maggioranza!
Una voce all'estrema sinistra: Fesserie!
Giovanni Malagodi: Colleghi comunisti,
gli argomenti degli altri, quando non
piacciono, sembrano sempre fesserie, e tanto
più non piacciono quanto più sono efficaci. A
parte questo, domando al presidente se la
parola "fesserie" sia una parola parlamentare e
lascio al presidente il giudizio sul
comportamento del collega.
Presidente: Io deploro chi l'ha pronunciata.

Livelli morali

15-2-1968

Domenico Magrì: Riferisca quello che ho


detto. Non mi faccia dire quello che non ho
detto. Sia leale e corretto.
Emanuele Macaluso: Leale, non è sua
abitudine esserlo!
Domenico Magrì: Quanto a questo ella è
ben lontano dal mio livello morale! (Proteste
del deputato Boldrini.)

Ignoranza baggiana

19-1-1970

Eugenio Scalfari: Non ci si può trincerare,


onorevole sottosegretario, dietro il segreto
istruttorio, perché allora viene meno la
responsabilità politica del ministro, la cui
esistenza ella ha giustamente riconfermato
dinanzi alla Camera.
Nicola Romeo: E il segreto dov'è, allora?
Antonino Tripodi: Ignoranza baggiana!

Gauleiter

11-3-1971

Gian Mario Vianello: ...Venezia non


dimentica chi sono stati i fascisti, servi degli
oppressori tedeschi nelle persecuzioni contro i
patrioti e i lavoratori, veri carnefici del
popolo italiano, complici dei razzisti tedeschi
e del loro disegno contro gli ebrei, per il
dominio del mondo.
Clemente Manco: Questo non è vero!
Antonello Trombadori: Gauleiter!

Senso di pena

2-5-1975

Flaminio Piccoli: ...É stato con un senso di


pena che ho ascoltato poco fa l'onorevole
Almirante introdurre qui... (Vivissime proteste
dei deputati del gruppo del Msi-Destra
nazionale.)
Sandro Saccucci: Provocatore!
Giovanni Roberti: Buffone!
Presidente: Onorevole Roberti!
Michele Marchio: Cialtrone!
Giovanni Roberti: É lei che fa pena,
onorevole Piccoli!
Gennaro Alfano: Dovevano rapire lei!
Presidente: Onorevoli colleghi, consentano
all'onorevole Piccoli di proseguire la sua
replica.
Flaminio Piccoli: É stato con un senso di
pena... (Vivi applausi al centro, a sinistra,
all'estrema sinistra, vivissime proteste a
destra.) che ho ascoltato poco fa...
(Interruzione del deputato Cradonna.)
Presidente: Onorevole Caradonna, la
richiamo all'ordine! (Interruzione del deputato
Roberti.) Onorevole Roberti, la richiamo
all'ordine!
Flaminio Piccoli: ...che ho ascoltato
l'onorevole Almirante... (Vive, prolungate
proteste a destra, scambio di apostrofi tra i
deputati della destra e del centro, agitazione,
tumulti, il presidente ordina lo sgombero delle
tribune.)

Buffoni

13-8-1974
Giorgio Almirante: A un dibattito sulla
sicurezza dello Stato noi riteniamo - e credo di
potervelo serenamente dimostrare - di poter
portare oggi un contributo di informazioni, di
considerazioni...
Alberto Todros: Rauti! Ordine nero!
Renato Ballarin: Servi dei nazisti!
Clemente Manco: Buffoni!

Cialtro-buffone

21-4-1977

Marco Pannella: ...quando si è giunti ad


accertare giudiziariamente - di rado - la verità,
queste dichiarazioni di potere sono state
individuate come false, perché nei casi più
gravi dietro queste stragi emergeva in
trasparenza la grave complicità ad altissimo
livello dello Stato. (Vivissime, prolungate
proteste al centro e a destra.)
Francesco Cossiga, ministro dell'Interno:
La prego, onorevole Pannella!
Remo Gaspari: Buffone!
Virginiangelo Marabini: Cialtrone!

Idiota

21-11-1977

Giuseppe Rauti: ...Non interrompo mai


nessuno in quest'Aula, e non voglio essere
interrotto da quel cialtrone!
Domenico Pinto: Nazista!
Francesco Giulio Baghino: Idiota!
Domenico Pinto: Assassino!
Francesco Giulio Baghino: Non
permettetevi di dire assassini a noi. Noi le
mani le abbiamo pulite, voi le avete sporche!
Porci!

Spogliarello

22-11-1978
Marco Pannella: ...Non è possibile, ma se
noi per un istante ci spogliassimo da una
visione di parte...
Annamaria Ciai Trivelli: No, Pannella, non
ti spogliare qui!
Marco Pannella: Può anche darsi che un
giorno noi ci si spogli qui; sarebbe, comunque,
molto meno grave di quello spogliarello
continuo che voi fate della verità, sia
attraverso la Rai-Tv sia sul vostro giornale.
Capisci, perché quello spogliarello lì è
veramente osceno.
Annamaria Ciai Trivelli: Sei un buffone!

Fesso al cubo

20-11-1979

Gianluigi Melega: ...Nel vostro partito, nei


trenta e passa anni della libertà democratica,
c'è stata una somma di categorie kantiane della
criminalità.
Gerardo Bianco: Parla delle cose che sai!
Non sai nemmeno chi sia Kant!
Gilberto Bonalumi: Melega, sei un fesso
elevato al cubo!

Imbecille

6-12-1979

Giancarlo Pajetta: A voi dispiace anche


questo, lo so! A noi non piacciono i Pershing
né i Cruise... (Vive proteste a destra.)
Olindo Del Donno: Vi piacciono gli SS.20!
Giancarlo Pajetta: Se tu non fossi un
imbecille...
Presidente: Onorevole collega!
Giancarlo Pajetta: ...mi avresti lasciato
finire! (Vivaci proteste a destra, rumori.
Giulio Caradonna: Vattene in Russia!
Giancarlo Pajetta: Questa è l'unica cosa
sulla quale possiamo convenire tutti: sei un
imbecille! (Prolungati rumori a destra.)
Una voce a destra: É finito il tempo che ci
mettevate paura!

Primo ciarlatano

23-1-1980

Roberto Cicciomessere: ...se i risultati ci


sono stati... (Segni ironici di zittìo al centro,
nei banchi al centro ci si invita ironicamente
all'attenzione.)
Presidente: Non giochiamo. Onorevole
Cicciomessere, prosegua.
Roberto Cicciomessere: Pensavo di
trovarmi improvvisamente a scuola. (Si ride.)
Presidente: Infatti, il clima è quello.
(Commenti al centro.)
Giuseppe D'Alema: Sei il primo ciarlatano
d'Italia!
Presidente: Onorevoli colleghi, per favore!
(Vivi commenti.)
Roberto Cicciomessere: Tu sei un
mascalzone, innanzi tutto. (Scambio di
apostrofi, agitazione, richiami del presidente.)
Una voce all'estrema sinistra: Tu non ti
puoi permettere di dire mascalzone a nessuno;
hai capito? (Proteste dei deputati del gruppo
radicale.)
Presidente: Lui ha sbagliato, e lei
altrettanto; avete sbagliato tutti e due.

Frustrato

16-4-1980

Roberto Cicciomessere: ...Ma io credo che


queste frustrazioni siano dovute...
Giovanni Torri: Frustrato sei tu!
Tommaso Sicolo: Frustrato sei tu,
Cicciomessere, tu e tutto il tuo gruppo!

Buffone
21-5-1980

Giuseppe Costamagna: ...Mentre niente si è


raccontato dei figli, numerosi, di altri uomini
politici, che hanno avuto cariche maggiori di
quella di Donat Cattin e che hanno fatto cose
incredibili, che avrebbero suscitato scalpore
se non avessero trovato, dall'altra parte, un
Partito comunista deciso a conservare il
silenzio.
Mario Pochetti: Buffone!
Giuseppe Costamagna: Sì, sono un buffone,
ma è la verità!
Mario Pochetti: Sei un buffone e un
cialtrone!
Oscar Luigi Scalfaro, presidente della
Camera: Onorevole Pochetti, la prego!

Mascalzone

20-9-1983
Marco Pannella: ...Non so, cosa mi
rimproveri, Pajetta?
Giancarlo Pajetta: Ti rimprovero di non
votare!
Leonilde Iotti, presidente della Camera:
Onorevole Pajetta, la prego!
Marco Pannella: Senti Pajetta,
rimproverarmi di non votare? Devo dire che
sei un po' presuntuoso...
Giancarlo Pajetta: Io sono presuntuoso, tu
sei un mascalzone! (Applausi all'estrema
sinistra.)

Cambronne

9-1-1981

Roberto Cicciomessere: C'è un individuo


squallido che mi sta insultando. (Interruzioni
del deputato Pugno.)
Presidente: Vi prego di non interrompere.
Emilio Pugno: L'ho solo onorato dandogli
dello "stronzo"! (Proteste dei deputati
radicali.)
Presidente: Onorevoli colleghi! onorevoli
colleghi! Richiamo all'ordine l'onorevole
Pugno per le frasi che ha pronunciato
assolutamente irrispettose, che in quest'Aula
non si devono sentire!

Faccia di tolla

27-2-1981

Carlo Vizzini: ...Il dato di fatto


fondamentale è che il disegno di legge
finanziaria, presentato originariamente dal
Governo senza nessuna previsione di
miglioramenti per i pensionati, sarà invece
approvato da questo ramo del Parlamento con
gli aumenti dei minimi di pensione e la scala
mobile quadrimestrale, anziché semestrale
come è stata sino a oggi.
Alessandro Tessari: Sei una faccia di
tolla!
Alessandro Reggiani: Ma pigliati un po' di
camomilla, un po' di bromuro!

Cervelli ammassati

8-7-1982

Giorgio Macciotta: Vorrei concludere


dicendo che ho sentito riecheggiare in
quest'aula, da parte di un deputato non so bene
se della maggioranza o della minoranza...
Giuseppe Costamagna: Sono della
maggioranza!
Giorgio Macciotta: Benissimo: della
maggioranza, anche se ho sentito che avresti
votato contro.
Giuseppe Costamagna: Non ho versato il
cervello all'ammasso come hai fatto tu!

Ascaro
3-4-1984

Marco Pannella: ...Ma tacete voi, dopo che


per sette anni siete stati i lustrascarpe della
maggioranza!
Mario Pochetti: Questa è la cartina di
tornasole! Sei un ascaro!
Aldo Aniasi, presidente della Camera:
Onorevole Pochetti, onorevole Pannella, vi
prego!
Marco Pannella: Parli tu, dopo che per
trent'anni avete lustrato lo zerbino della
maggioranza!

Bottegaio australiano

12-2-1985

Bruno Visentini, ministro delle Finanze:


...Ma se Alfredo Rocco in politica
rappresentava quello che rappresentava (il
codice, il tribunale speciale e tutto il resto) da
cui vi erano netto dissenso e opposizione, era
tuttavia una mente forte e aveva una forte
concezione dello Stato.
Ludovico Boetti Villanis Audifredi: Anche
lei rimpiange il passato!
Bruno Visentini: Io non rimpiango il
passato!
Marco Pannella: Certo è sempre meglio
rispetto al vostro presente!
Carlo Tassi: Tu sei sempre fuori gioco,
Pannella!
Mirko Tremaglia: Buffone, smettila!
Marco Pannella: Tremaglia, vai ad aprire
bottega in Australia!
Mirko Tremaglia: Stai al tuo posto,
Pannella!
Presidente: Onorevoli colleghi, onorevoli
colleghi!

Presuntuoso e altro

28-3-1985
Massimo Teodori: ...Di cosa trattiamo,
signor presidente, in questo disegno di legge,
se non dei legami temporali, del rafforzamento
e della creazione di un sistema di legami
temporali?
Nello Balestracci: Non lo sai nemmeno tu,
presuntuoso?
Italo Briccola: Parla delle cose che
conosci! Parla degli omosessuali!

Quadrupedi

6-3-1986

Mario Pochetti: Da quando hai preso a


nitrire, Pannella?
Marco Pannella: Da quando ti sento
ragliare; per solidarietà di specie.

Buffone

29-1-1987
Franco Russo: Noi vogliamo invece che
nel Südtirol si sviluppi una comunità pacifica
e democratica. (Commenti del deputato
Tremaglia, vive proteste a destra.)
Presidente: Onorevole Tremaglia!
Mirko Tremaglia: Mascalzoni!
Presidente: Onorevole Tremaglia, la
prego!
VIII - Un onorevole
minimassimario
Quando Carlo De Benedetti acquistò le azioni
della Perugina gli suggerii nel "Bloc Notes"
settimanale di ridar vita alle figurine che hanno
rappresentato negli anni della mia giovinezza una
borsa-valori più ramificata e conosciuta di quelle
di cui ora si occupa la Consob. Il massimo della
felicità si raggiungeva trovando in una tavoletta di
cioccolato o nella pasta Buitoni il cartoncino con
il Il Feroce Saladino, che, se mal non ricordo,
valeva quaranta punti. É vero: forse erano tempi
sotto questo aspetto più bonari e meno ambiziosi;
quando non esisteva la possibilità di vincere dieci
milioni e oltre in una delle televisioni indovinando
quanti chicchi di riso entrano in un pacchetto da
cento grammi o quale sia la capitale della Grecia
(almeno Giuliana Longari divulgava la letteratura
latina sotto la guida del professor Bongiorno; e
guadagnava molto meno).
Voglio tuttavia dare ora un altro consiglio allo
stesso gruppo. Rinnovino il repertorio dei
messaggi contenuti nel fogliettino che vivacizza i
Baci Perugina, sostituendo alle languide e
polivalenti frasette sentimentali qualcuna di queste
minimassime espresse nel Parlamento nazionale.
Al cioccolato o no, queste brevissime frasi
hanno il merito di concentrare in poche parole -
talvolta improvvisate - il contenuto potenziale di
un lungo discorso, che sarebbe letto solo dagli
addetti ai lavori. Non so più chi con poca eleganza
disse che noi politici non di rado ci parliamo
addosso.
Nel mettere insieme la selezione non ho
seguito un criterio sistematico. Mi è sembrato più
fedele dare un'immagine della illimitata varietà
dei temi di cui i deputati sono costretti a occuparsi
o comunque si occupano. Vi sono i minuziosi per
cui l'assegnazione di un segretario al comune
vicino mentre il proprio è da più tempo vacante, è
considerata una disfunzione pubblica che va
censurata con interrogazioni e interpellanze; al
polo opposto si trovano quanti invece (minoranza
assoluta) per portare studio e attenzione a un
argomento richiedono almeno dimensioni
internazionali, in attesa dell'ascensione nelle sfere
spaziali. Tra la serie alfa e la serietta omega vi
sono tanti tipi diversi, che in fondo rappresentano
bene la policromia del popolo che li elegge.
Durante il fascismo vi era un solo produttore
di massime, ma in compenso venivano ripetute a
grandi caratteri agli angoli delle strade, nei libri di
scuola e in qualche caso persino sul denaro
corrente (ricordo la grande moneta argentea da
venti lire con un altisonante "Meglio vivere un
giorno da leone che cento anni da pecora"). In
democrazia si sta più attenti a non pronunciare
frasi solenni. Chi lo dimentica rischia brutto.
Quando ad esempio il ministro Pella per fermare
la spesa pubblica disse per tre anni di fila che
eravamo giunti in fondo al barile, invece del giusto
allarme suscitò commenti ironici. E peggio ancora
fu quando - costretto ad abbandonare l'immagine
del barile - ricorse a parametri idro-patriottici,
dicendo che la lira era ormai sulla linea del Piave.
Pochi mesi dopo, aggravatosi ulteriormente il
deficit, gli chiedevano divertiti se si fosse arrivati
al Garigliano.
Per questo ho definito "minimassime" queste
pillole di individuale saggezza parlamentare tra le
quali spero che ciascun lettore troverà qualcosa di
interessante.
Giovanni Giolitti, 24 novembre 1893:
"Onorevole Imbriani, per quanto ella si sforzi,
non riuscirà mai a gettar fango nemmeno sui
miei stivali!"
Francesco Saverio Nitti, 30 gennaio 1905:
"Io ho una gran paura dei meridionali al
Governo."
Francesco Saverio Nitti, 13 maggio 1911:
"Voltaire dice che Zoroastro ha sentenziato che
i servizi resi restano spesso nell'anticamera e i
sospetti entrano nel Gabinetto. Io spero che
Zoroastro mi lasci in pace e che, se renderò
qualche servizio, mi sia sinceramente
riconosciuto."
Francesco Saverio Nitti, 15 maggio 1911:
""Tout chemin mène à Rome": è scritto anche
sui piatti del Grand Hôtel."
Giovanni Giolitti, 8 luglio 1911: "Il fare
l'interesse generale dello Stato e più liberale
che fare quello di pochi capitalisti."
Arturo Labriola, 16 dicembre 1913:
"Vogliamo abolire la lotta di classe, come
vogliamo abolire la guerra."
Giovanni Giolitti, 16 dicembre 1913:
"Anche quando vi fosse il socialismo, senza il
capitale non si produrrebbe!"
Filippo Turati, 16 dicembre 1913: "La
lotta di classe vogliamo abolirla nell'avvenire:
ma intanto dobbiamo praticarla!"
Giovanni Giolitti, 19 giugno 1921: "Le
verità generalmente soddisfano poco."
Vittorio Emanuele Orlando, 22 novembre
1924: "Onorevole Mussolini, non mi domandi
cos'è la libertà. La libertà non si definisce, si
sente."
Pietro Calamandrei, 4 marzo 1947: "Il
vivere di rendita non sarà un'attività, ma è
certamente una funzione."
Mario Cevolotto, 6 marzo 1947: "Gli
amici della Dc hanno fra le loro idee quella
che la famiglia preesiste allo Stato."
Emilio Lussu, 6 marzo 1947: "La
democrazia moderna o è socialista o non è
democrazia."
Emilio Lussu, 6 marzo 1947: "La stessa
domanda mi fece l'altro giorno il mio
barbiere."
Girolamo Li Causi, 14 marzo 1947: "La
guerra fascista e la guerra di Liberazione: qual
è giusta e quale ingiusta?"
Palmiro Togliatti, 25 marzo 1947: "Sono
convinto che in un consesso di prelati romani
sarei stato ascoltato sino alla fine con più
sopportazione."
Giuseppe Abozzi, 3 giugno 1947: "Alla
mia coscienza penso io."
Giovanni Porzio, 12 giugno 1947: "NOn ho
la fortuna di aver dietro le spalle un gruppo
forte, valido, battagliero. Sono solo; e chi è
solo è forte, dice Ibsen. Io vengo da una città
grande, sventurata e bella come Desdemona e
come Desdemona soffocata dalla gelosia. Però
questa città è stata la culla, la forza operante
dell'unità italiana! Ha ragione Heine: come
corrono i morti!"
Vincenzo La Rocca, 12 settembre 1947:
"L'energia spirituale e morale tante volte
illumina il cielo tumultuoso della nostra
storia."
Giuseppe Codacci Pisanelli, 16 ottobre
1947: "Anche dinanzi all'ingresso di
Montecitorio stanno marziali le sentinelle."
Roberto Lucifero, 17 ottobre 1947: "Il
pane quotidiano è quella cosa che uno mangia
senza accorgersene."
Gustavo Ghidini, 21 ottobre 1947:
"Saranno evitate almeno le amnistie che si
succedevano a ogni lieto evento della Casa
reale."
Emilio Lussu, 29 ottobre 1947: "Il Molise
non può gravitare su
Benevento: non fosse altro perché i sanniti
le hanno date sode ai romani." Guido Russo
Perez, 30 ottobre 1947: "Dante stesso che
chiama bastardi i romagnoli li chiama tuttavia
romagnoli. Non c'è che dire."
Pietro Nenni, 17 novembre 1949:
"Fortunatamente Bonn non è tutta la
Germania."
Fausto Gullo, 11 dicembre 1951: "Quando
la mamma dà il latte al bambino, non lo
sottopone forse a una costrizione? Quando gli
rincalza le coltri, non lo sottopone forse a una
costrizione?"
Adone Zoli, 15 febbraio 1952: "Io non ho
mai avuto fiducia nelle conferenze."
Gaspare Ambrosini, 12 giugno 1952: "Il
mondo si è perduto e molti si sono perduti
credendo di essere troppo furbi."
Epicarmo Corbino, 9 dicembre 1952: "Un
partito conta per le idee che esso rappresenta,
per la tradizione che ha alle sue spalle, per
l'avvenire che ha nel suo programma, non per
tre o quattro o cinque uomini di più che esso
possa portare alla Camera."
Ezio Vanoni, 15 dicembre 1952:
"Spingiamo l'esame anche a qualche anno
precedente. Quando si tratta di sincerità noi
siamo disposti a essere tediati."
Cino Macrelli, 20 gennaio 1953: "Io dico
che il rapinatore di strada merita più
comprensione di colui che tenta di rapinare
l'onore e la dignità del cittadino, specialmente
dell'uomo politico."
Amintore Fanfani, 28 gennaio 1954: "I
depositi di armi non sono ideologici!"
Giuseppe Bettiol, 23 settembre 1955:
"Cavour ricorse alla marchesa di Castiglione;
ma Nenni non è la marchesa di Castiglione."
Giuseppe Bettiol, 13 giugno 1956: "Non è
l'atomica, ma è la libertà il problema di
fondo."
Adone Zoli, 7 giugno 1957: "Il cristiano
perdona tutto, ma non dimentica."
Aldo Moro, 17 ottobre 1957: "Qualche
volta anche i sovversivi possono dire delle
verità e i non sovversivi delle sciocchezze."
Giorgio Amendola, 25 settembre 1958:
"Ogni regime ha i suoi "Petacci"!"
Pietro Nenni, 5 dicembre 1958: "Se
qualcuno non è in correlazione di sentimenti
con il Paese, questo qualcuno è la Democrazia
cristiana."
Giuseppe Terragni, 5 aprile 1962: "Sono
andato al cinema per vedere La dolce vita.
Bisognava pagare: ho detto: no! Io per vedere
un film difficilmente sono disposto a pagare."
Giovanni Roberti, 5 dicembre 1962: "Le
vie del Signore sono insondabili!"
Giorgio Amendola, 8 aprile 1964: "La
politica del minor male ha sempre dato frutti
avvelenati."
Luigi Preti, 28 febbraio 1967: "In Italia
siamo tutti avvocati."
Maria Catalano Alessi, 29 aprile 1967:
"Noi italiani siamo tutti toscani. La toscanità è
generale."
Benedetto Cottone, 13 ottobre 1967:
"L'autocritica è figlia della libertà, cioè è
proprio liberale."
Fiorentino Sullo, 6 marzo 1969: "Tutti
siamo uomini d'ordine: chi di "ordine nuovo",
chi di ordine vecchio."
Giulio Tedeschi, 11 marzo 1969: "Sui
cromosomi non c'è ancora il potere della
Democrazia cristiana."
Giulio Tedeschi, 11 marzo 1969:
"Pirandello appartiene a tutto il mondo."
Fiorentino Sullo, 11 marzo 1969: "Io non
sono siciliano."
Luigi Preti, 10 novembre 1970: "Quello
che dice l'onorevole Libertini è una
barzelletta."
Aldo Bozzi, 24 novembre 1970: "Caro
onorevole Roberti, ella per andare avanti
dovrebbe cominciare a tornare indietro. Ella
non ha avvenire!"
Giovanni Musotto, 13 ottobre 1971: "Non
tutti i siciliani sono mafiosi."
Mario Pochetti, 30 novembre 1972: "Il Cip
?Comitato italiano prezzi* potremmo
chiamarlo la "foresta umbra" tante sono le zone
d'ombra."
Giuseppe D'Alema, 30 novembre 1972: "Il
Cip è il vuoto assoluto."
Fiorentino Sullo, 19 febbraio 1973:
"Poiché sono napoletano, sono anche
borbonico."
Alberto Todros, 26 settembre 1974: "Se
sei fascista, non puoi essere stupido."
Alessandro Reggiani, 3 maggio 1978: "Il
nostro Paese era definito culla del diritto:
questa definizione - dobbiamo dirlo
francamente - ormai sta cadendo in
prescrizione."
Maria Eletta Martini, 10 agosto 1979:
"Ognuno è fatto a modo suo. Io non sono un
presidente robot."
Leonilde Iotti, 15 settembre 1980: "Faremo
un corso d'ironia."
Francesco Giulio Baghino, 26 novembre
1980: "Per me il fascismo non è patologico,
ma fisiologico."
Vincenzo Trantino, 26 novembre 1980:
"Ognuno ha il Rocco (1) che si merita: per
l'onorevole Lo Bello c'è Nereo Rocco."
Mimmo Pinto, 9 gennaio 1981: "Uno dei
miei grossi drammi, quando vado nelle
carceri, è di incontrare vecchi amici, che oggi
non mi sono più amici."
Aldo Bozzi, 4 novembre 1981 ?Alla
onorevole Aglietta*: "Ma studia prima,
figliuola!"
Giancarlo Pajetta, 26 aprile 1982: "Un
ministro di meno che parla non fa mai male."
Nino Cristofori, 13 maggio 1982: "Tu,
Tessari, mi assicuri che non tornerò facilmente
alla Camera. Vedremo se tornerai tu." (2)
Marco Pannella, 11 agosto 1983: "Ho
dovuto andare a crearmelo il partito; non l'ho
ereditato e non l'ho consumato."
Mauro Mellini, 16 settembre 1983: "Gli
assenti hanno sempre torto!"
Antonio Gava, 25 luglio 1985: "Riconosco
la supremazia della Svizzera in materia di
cioccolato, ma non in materia di televisione!"
Francesco Onorato Alici, 21 novembre
1985: "Noi siamo iscritti a votare!"
NOTE:
(1)Si riferisce al professor Alfredo Rocco,
autore del Codice Penale del 1930.
(2)Nelle elezioni del 1983 l'onorevole
Alessandro Tessari fu rieletto.
IX - Autobiografica
Ho sempre risposto, a chi mi chiede di
scrivere una autobiografia o di consentire ad
altri di descrivere la mia vita, che non è
ancora venuto il momento. Oltre a un minimo
senso delle proporzioni che giustamente mi
sconsiglia in proposito, vi è la constatazione
frequente che alla luce dei fatti nuovi devo
rettificare valutazioni e atteggiamenti..., mentre
per altri aspetti il tempo conferma posizioni e
mette a nudo certe altrui meschinità polemiche.
In fondo non porto rancore verso chi mi vuol
male. Ho cominciato tanto presto il mio cursus
honorum che è quasi legittimo che qualche...
concorrente non ne possa più e macini
irritazioni e delusioni per il mio "permanere".
Il giorno della morte di De Gasperi un
ministro, invece di condolersi, disse alla sua
segretaria che finalmente ci si sarebbe levati
Andreotti dai c.... Oltre a mancar di riguardo
terminologico verso una signora, il
personaggio non sapeva che la giovane aveva
lavorato con me e si sarebbe precipitata a
venirmelo a dire. Dovetti faticare per
convincerla a non dimettersi, assicurandola
che il tempo è galantuomo e il suo provvisorio
capo, da tempo tornato alla Casa del Padre,
non brillava almeno per senso di opportunità.
Per il momento, dunque, niente biografia.
Ma in una descrizione di vita parlamentare non
posso cancellare del tutto quello che mi
riguarda, anche perché si presta a qualche utile
precisazione su un paio di sassolini che
ancora, oltre ad altri, ho nelle scarpe. La mia
prima interruzione registrata è del 14 ottobre
1948 ed è diretta a Giancarlo Pajetta, che
aveva detto: "Noi non vi accusiamo di quello
che farete ma di quello che fate; e non basta
aver fatto delle azioni oneste per annullare
tutte le altre. Del resto l'onorevole Andreotti
queste cose le conosce meglio di me". Gli
risposi: "Cerchi piuttosto lei di farne almeno
una". Conosciuto meglio Pajetta, non gli avrei
però rivolto una frase del genere.
Due anni dopo (il 2 aprile 1950) si
discuteva di teatro. Rammento che la materia
faceva allora capo al sottosegretario alla
presidenza; e l'onorevole Egidio Ariosto - uno
specialista in materia - partendo dalla eterna
crisi del settore riconosceva che era
impossibile chiedere più fondi al Tesoro. Gli
osservai: "Bisognerebbe sovvenzionare il
pubblico, ma sarebbe un po' troppo".
Più volte si parlò di cinema a
Montecitorio. A Bruno Corbi non era piaciuto
un mio cenno al poco gradimento dei film
sovietici nel pubblico italiano. Lo
contrattaccai (29 settembre 1953) dicendo
"che comunque si proiettavano più film
sovietici in Italia, che film italiani in Russia".
E poiché Corbi criticava il premio governativo
dato al film Vulcano notai che questa era una
sua opinione, provocando una curiosa difesa
d'ufficio dell'onorevole Eugenio Ugoni: "Non
si può dir male di Garibaldi", al che risposi:
"Sì, ma specificate chi è Garibaldi". Nella
stessa tornata interruppi la deputata Luciana
Viviani, che rimproverava la non
pubblicazione degli elenchi delle sovvenzioni
allo spettacolo, invitandola a comprarsi il
bollettino della Presidenza del Consiglio,
"tanto più che costava solo cento lire".
Nel 1954 - in una delle parentesi dal
Governo - presi la parola per parlare a favore
della giunta valdostana.
Walter Audisio: Soprattutto da quando
hanno mandato via i democristiani.
Giulio Andreotti: Mi pare che sia passato
troppo poco tempo per poter trarne un
consuntivo da questo lato.
Il 17 novembre 1954 dissi a Di Vittorio
che lodava l'autodisciplina dei lavoratori nello
sciopero dei servizi pubblici:
"Si vede che in casa sua si cucina col
"Liquigas" e non col gas della società
erogatrice cittadina, che da tre giorni manca
nelle case di Roma. Questa autodisciplina non
so bene in che cosa consista".
Nel 1956, mentre ero alle Finanze,
l'onorevole Guido Faletra si lamentò perché il
Governo non presentava i rendiconti. Fu facile
reagire: "I consuntivi che sono stati presentati
non sono stati letti da nessuno. Stanno lì a
prendere polvere". Seguì un noioso scambio
tecnico di battute e si ebbe invece un accenno
politico di una qualche importanza.
Guido Faletra: Un tentativo di ricatto al
partito della Democrazia cristiana, che opererà
sul singolo deputato, sui voti di preferenza, per
influenzare dal di dentro la vita del partito
democristiano, con la speranza di indurlo a
ricostruire quel fronte reazionario del 18
aprile che, si badi bene, fu scompaginato dalle
lotte popolari per la riforma di struttura, e,
prima di tutto, dalle lotte dei lavoratori
meridionali per la terra.
Giulio Andreotti, ministro delle Finanze:
Intanto quel fronte del 18 aprile è l'unico che
ha fatto delle riforme, per ora. (Commenti a
sinistra.)
Guido Faletra: Onorevole Andreotti, non
mi inviti a nozze, a rispondere su questo
tema...
Una voce a sinistra: Melissa!
Girolamo Li Causi: Alla riforma agraria
siete stati costretti.
Adone Zoli, ministro del Bilancio: Ma se
voi avete votato contro quella riforma!
Più avanti (2 ottobre 1957):
Francesco De Vita: Onorevole Andreotti,
non ci trascini sul terreno dell'imposta di
consumo.
Giulio Andreotti, ministro delle Finanze:
Ci vada! Non sono mica un appaltatore. 1-10-
1957
Giuseppe Calasso: Un parlamentare non
può ignorare quello che dice la stampa: anzi,
in una situazione come questa il deputato deve
raccogliere anche i "si dice" e riportarli in
Parlamento...
Giulio Andreotti, ministro delle Finanze: In
galleria Colonna, forse, non in Parlamento...
Il 10 agosto 1958 si accese una disputa sui
bilanci dei partiti e feci un po' d'ironia:
Giorgio Amendola: Dove trova i fondi la
Democrazia cristiana?
Luigi Bima: E voi dove li prendete?
Giorgio Amendola: Ci dica, onorevole
ministro, dove prende i fondi la Democrazia
cristiana.
Bernardo D'Arezzo: I nostri bilanci sono
italiani.
Vincenzo Scarlato: Dei nostri bilanci si
occupa il Parlamento italiano.
Giulio Andreotti, ministro del Tesoro: Io
penso che gli operai che dite siano con voi,
abbiano un reddito più elevato di tutti gli altri
se vi consentono tutte le spese di partito.
(Applausi.)
Gentile - anzi lusinghiero - fu, a parte le
interpretazioni dei sogni, l'onorevole
Ferdinando Targetti il 22 gennaio 1959 nei
miei confronti:
Ferdinando Targetti: Onorevole Andreotti,
se aspettava ancora un istante a entrare in
Aula, sarei stato più libero nel parlar... male
di lei! (Si ride.)
Presidente: Questo è un miracolo di
evocazione: l'ho evocato ed è arrivato. (Si
ride.)
Ferdinando Targetti: L'abbiamo visto
arrivare alla Costituente, dicevo, quando egli
era, per la sua giovane età, alle prime armi e ci
siamo accorti subito che era ben armato, e via
via i vari incarichi che ha avuto hanno del tutto
confermato questa generale impressione. Non
solo, ma l'onorevole Andreotti ha una qualità
che non voglio dire che qualche suo collega
non abbia: quella di non irritare. Eppure è
intransigente. Per esempio, non credo che
l'onorevole Andreotti sogni mai una apertura a
sinistra. (Si ride.)
In quel giorno (22 gennaio 1959) la
Camera si stava occupando della questione
Giuffrè, il bancario romagnolo che aveva
organizzato una raccolta di fondi a risparmio,
corrispondendo interessi bancari abnormi ed
elargendo le somme raccolte a opere benefiche
mettendo in piedi un castello di debiti che non
poteva che esplodere un giorno
clamorosamente. Perché io fossi chiamato in
causa tardai a capirlo, non avendo mai avuto a
che fare con il personaggio né venuto a
conoscenza delle sue tessiture. Purtroppo fu il
combinato disegno di un avversario politico e
del sottobosco dei servizi segreti a stilare un
memoriale nel quale si inventava che il Giuffrè
fosse venuto a mettersi sotto la mia protezione
alle Finanze. La commissione d'inchiesta
smascherò il falso e lo stesso direttore del
"L'Espresso" che aveva pubblicato il
memoriale si scusò per l'inganno in cui era
caduto...
Ciò nonostante l'onorevole Gullo
(specialista in attacchi alla mia persona) cercò
di non perdere l'occasione, anche se costretto,
per così dire, a camminare sugli specchi.
Fausto Gullo: La sua affermazione non può
vincere una stranezza dichiarata tale da una
commissione d'inchiesta parlamentare, che
sarebbe sempre tale nella valutazione di
ognuno di noi. Ripeto, quale prova ha dato lei,
onorevole Andreotti, che questa stranezza,
questa inverosimiglianza, nonostante ciò...
Giulio Andreotti, ministro del Tesoro: A
parte la relazione, ha letto gli atti?
Fausto Gullo: Certo che li ho letti. Ma mi
basta rimanere alla relazione. L'affermazione
che sia strano che il ministero non sapesse
nulla è scritta nella relazione.
Alfonso Tesauro: La relazione parla in
genere di ministri.
Fausto Gullo: L'onorevole Andreotti non è
forse un ministro? Che cosa è?
Giulio Andreotti: Mi può dare la prova che
ella non ha ucciso la donna di via Vetulonia?
Che modo di ragionare è il suo?
Fausto Gullo: Di fronte all'uccisione di
quella sventurata io non sono dinanzi a una
stranezza, ma dinanzi a un fatto vero: la
poveretta è morta. Ma qui mi trovo di fronte a
una stranezza che ella può vincere soltanto
quando mi darà la prova provata del contrario.
Giulio Andreotti: É una prova negativa, una
probatio diabolica.Fausto Gullo: Mi industrio,
per quella scarsissima conoscenza che ho
dell'arte della parola, alla quale del resto ho
chiesto per tanti anni il pane quotidiano, di
seguire un certo crescendo. Vi è, infatti, una
cosa molto grave.
Giulio Andreotti: Se ella mi dimostra che
la mia affermazione è esatta, sono pronto a
dimettermi non solo da ministro, ma anche da
deputato, perché nessuno al mondo può
dimostrare che io venni a conoscenza
dell'affare Giuffrè quando ero ministro alle
Finanze. (Applausi al centro, interruzioni a
sinistra.)
Fausto Gullo: Dunque, dicevo, io seguo un
ordine di importanza nell'esporre le mie
argomentazioni. Una prima argomentazione è
quella da me ora fatta, e lascio a voi di farne il
conto che credete. Ma ve ne sono altre. Poco
fa, parlando della attività o dell'inattività del
ministro dell'Interno, ho preso le mosse da un
punto accertato dalla commissione, secondo il
quale nell'aprile del 1917...
Giulio Andreotti: Nel 1917 non ero ancora
nato.
Fausto Gullo: Accetto la esopiana battuta
di spirito. Volevo evidentemente dire che
nell'aprile del 1957 l'autorità finanziaria si
trovò di fronte a un fatto così grave (anche se
soltanto dal lato finanziario) da ritenere che il
rapporto del maggiore Poli della guardia di
finanza dovesse arrivare al ministro
dell'Interno, cioè a un ministro cui il maggiore
Poli non era legato da alcun rapporto di
dipendenza. É possibile credere come ella
vuole sostenere, onorevole Andreotti, che quel
rapporto che si riteneva necessario far
pervenire al ministro dell'Interno non sia stato
mandato anche a lei?
Giulio Andreotti: Sì che lo sostengo!
Fausto Gullo: Ma in che mondo viviamo?
Come è possibile pensare che quel rapporto
non sia stata trasmesso anche a lei, diretto
superiore di quella autorità che ritenne il fatto
così grave da informare direttamente persino il
ministro dell'Interno? Ed ella viene a dire...
Giulio Andreotti: Sì che le vengo a dire!
Fausto Gullo: ...che non ne sapeva niente.
Del resto, non è questo il primo caso. Vi sono
imputati raggiunti da prove ferme e
indubitabili che pur continuano a dire di non
essere colpevoli. Del
resto questo è un loro diritto: l'imputato ha
diritto di mentire.
Giulio Andreotti: Questi sono ragionamenti
da avvocati di preture, non argomenti da
addurre in Parlamento.
Presidente: Onorevole Gullo, la prego di
non dire cose assurde.
Fausto Gullo: Cosa ho detto di offensivo?
Ho affermato che i delinquenti possono
mentire.
Giulio Andreotti: Questa è, semmai, la
posizione di un imputato.
Fausto Gullo: Ella, onorevole ministro, in
questo momento, sia pure sul terreno
parlamentare, è un imputato.
Alfonso Tesauro: Macché imputato!
Presidente: Onorevole Gullo, la prego di
non fare affermazioni del genere.
Giulio Andreotti: Mi sono rimesso alla
commissione nell'agosto scorso e non mi pare
che ella, onorevole Gullo, ora pecchi di
eccessiva onestà; di fronte a un atto che anche i
suoi colleghi politici hanno sottoscritto viene a
fare degli arzigogoli per provare una cosa
inesistente. É una cosa, questa, né logica, né
onesta.
Fausto Gullo: Se avessi tratto i miei
argomenti per discutere la sua affermazione da
fonti estranee, ella avrebbe ragione, onorevole
Andreotti. I miei argomenti, però, sono stati
tratti dalla stessa
relazione della commissione. Il fatto di
avere definito strano che un ministro non
conoscesse la vicenda - è sempre la relazione
che parla -, il fatto che il rapporto del
maggiore Poli sia stato mandato al ministro
dell'Interno (come risulta dalla stessa
relazione) sono tutti argomenti che non
vengono sostenuti per scuotere le affermazioni
del ministro Andreotti usando fonti diverse da
quelle della relazione. Ella forse vorrebbe
negarmi il diritto di avvalermi della relazione?
Giulio Andreotti: Voglio vietarle di
fantasticare. É molto calabrese questa sua
filosofia! (Proteste a sinistra.)
Fausto Gullo: Perché calabrese, signor
ministro? Io qui non difendo solo me stesso,
ma la mia terra. Ella è uno sconsiderato
quando dice questo e non voglio aggiungere
altro. (Applausi a sinistra, proteste al centro.)
Ma cosa crede di essere? Ella non ha diritto di
ingiuriare una intera regione. (Proteste al
centro.)
Presidente: Onorevole Gullo, il ministro
sente fare delle illazioni gravissime sul suo
conto: come può pretendere che non reagisca?
Giulio Andreotti: Non ho inteso ingiuriare
nessuna regione. Ella, onorevole Gullo, usa la
filosofia dell'abate Gioacchino. In questo
senso ho detto "filosofia calabrese".
Fausto Gullo: La verità che si può toccare
con mano nella relazione della commissione di
inchiesta, per quanto riguarda l'attività o
l'inattività degli uffici finanziari nel nostro
Paese, è la seguente: negli alti gradi vi è stata
una inadempienza continua, dal ministro a tutti
gli alti ufficiali della guardia di finanza.
Una inadempienza voluta e ingiustificata.
Al contrario, nei bassi gradi, come ho avuto
agio di notare poc'anzi, vi è stato, se non altro,
il tentativo di compiere il proprio dovere.
Ripeto, signor presidente, che io ho cercato di
leggere la relazione con occhio sereno e debbo
dire ai commissari, compresi quelli del mio
partito, che mi sorprende come, dopo aver
accertato tutto ciò, la commissione abbia
ritenuto necessario unanimemente di
manifestare la propria stima e riaffermare la
propria fiducia al corpo delle guardie di
finanza che tanti servizi ha reso o rende alla
Patria. La questione Amici-Fiumicino fu
liquidata dalla Camera con un voto, ma il
gruppo comunista (e Fausto Gullo in persona)
sembravano desiderosi di una rivincita.
Pensarono di poterla avere tre anni dopo sulla
"questione Fiumicino".
Il 22 gennaio 1959 la Camera si stava
occupando delle polemiche sulla costruzione
dell'aeroporto Leonardo Da Vinci. Era un
dibattito che si protraeva da tempo - con
previsioni tecniche catastrofiche che il tempo
ha smentito - ma al quale ero estraneo
trattandosi di vicende precedenti al mio
incarico alla Difesa. Tuttavia trovandomi a
Palazzo Madama mentre il senatore Umberto
Terracini attaccava violentemente in materia
un certo colonnello Giuseppe Amici, avevo
creduto mio dovere (e lo avrei fatto anche se si
fosse trattato di un aviere o di un commesso
civile) di alzarmi a difendere fino a prova
contraria la persona censurata.
Continuo a non ritenere giusto che uno di
noi parlamentari possa dal suo banco, senza
addurre prove, mettere alla gogna un
qualunque cittadino che per di più non può
nemmeno chiamarci a rispondere in giudizio di
quel che affermiamo nelle sedi della Camera o
del Senato.
Trasferito l'argomento a Montecitorio
l'onorevole Gullo mi attaccò
duramente.
19-1-1962
Fausto Gullo: Per quanto riguarda
l'onorevole Andreotti, vi è da porsi una
domanda, alla quale alcuni dicono che sia ben
facile rispondere. Non conosco molto da
vicino l'onorevole Andreotti e confesso che
questa domanda mi pone in difficoltà. Ecco la
domanda: l'onorevole Andreotti è un malizioso
o un ingenuo? Alcuni dicono che sia addirittura
un pozzo di malizia. Non mi permetto di
condividere, né di smentire questa
affermazione, perché - ripeto - non lo conosco
a fondo. Anche l'Aretino non diceva male di
Cristo, appunto perché non lo conosceva. Io
sono nelle stesse condizioni. Ma la domanda
resta. L'onorevole Andreotti ha tenuto a
esaltare la figura del
colonnello Amici nel suo discorso al
Senato. Ho con me il resoconto stenografico di
quella seduta. Posso anche ritenere che
l'onorevole Andreotti non conoscesse nulla
della vita e dei precedenti di questo
colonnello. La cosa sarebbe veramente strana,
per quello che dirò tra poco. Ad ogni modo,
posso anche ammetterlo. Quello che però non
posso ammettere è il capovolgimento delle
parti, il rovesciamento delle posizioni. Ella,
onorevole Andreotti, al Senato ha chiamato
disonesti coloro che denunciavano queste
cose. É questa la sua colpa, la sua gravissima
responsabilità. Noi non siamo disposti a
cambiare le parti: se vi è qualcuno che ha il
diritto e forse il dovere di dire ad altri che
sono disonesti siamo proprio noi. (Applausi a
sinistra.) Non possiamo riconoscere
all'onorevole Andreotti il diritto di chiamare
disonesto l'onorevole Terracini nel momento
in cui questi, esplicando la propria doverosa
funzione di controllo, denuncia le malefatte del
colonnello Amici. Ma perché ella, onorevole
Andreotti, ha voluto in quel momento assumere
la veste del difensore? Non le era doveroso,
invece, assumere la veste del ministro che
raccoglieva tutto ciò che gli oppositori
dicavano? Perché aprioristicamente doveva
affermare che tutto ciò che le veniva detto non
rispondeva a verità, e giurava su questo fino al
punto di chiamare disonesti coloro che
denunciavano questi fatti?
Giulio Andreotti, ministro della Difesa:
Vuol farmi la cortesia di leggere quel passo
del mio intervento?
Fausto Gullo: Senz'altro. Ritenevo di
poterne fare a meno, perché pensavo che ella
lo ricordasse bene.
Giulio Andreotti: Io lo ricordo bene, ma
ella no.
Fausto Gullo: "Ella esclude" domandava il
senatore Terracini, e la domanda doveva avere
un valore per lei, ministro, che fra gli altri
doveri ha anche quello di sorvegliare e
controllare la condotta dei suoi dipendenti:
non vorrà negarmi questo, almeno in linea
teorica "che questo colonnello avesse
direttamente o indirettamente delle
interessenze in ditte appaltatrici?". Un ministro
che avesse la consapevolezza precisa dei suoi
doveri e dei limiti di questi doveri avrebbe
detto: "Onorevole Terracini, mi lasci un
momento di tempo prima di rispondere. Vedrò
quanto possa esservi di vero in quello che ella
mi dice". E ciò anche perché la sua fatica
sarebbe stata brevissima: sarebbe bastato
consultare la Guida monaci come ha osservato
giustamente la commissione d'inchiesta. Ella,
invece, come ha risposto? Non un'ombra di
dubbio: "Lo escludo". Deve almeno convenir
che quest'affermazione netta, che forma di per
sé un periodo solo, non corrisponde a verità.
Vuole ammettere che si è ingannato? Mi
risponda: sì o no.
Giulio Andreotti: Le rispondo in base ai
risultati raggiunti dalla commissione
d'inchiesta: tutta la discussione al Senato era
imperniata su un'accusa precisa di peculato
mossa al colonnello Amici, addirittura per un
miliardo. Dalle risultanze delle indagini della
commissione sono emersi fatti gravi, cioè
l'esercizio abusivo di una professione da parte
dell'Amici, ma non si è assolutamente parlato
più di un peculato, tanto è vero che l'accusa è
caduta.
Fausto Gullo: Mi avvedo che coloro che
dicono che ella è un pozzo di malizia dicono la
verità. (Commenti.) Ma sul serio pensa di
cavarsela con un gioco di parole? Ella
risponde al Senato in maniera categorica: "Lo
escludo". Ma continua: "Ho già riferito che
dalle indagini condotte risulta che non vi sono
responsabilità di sorta per chicchessia della
nostra amministrazione e quindi anche per il
colonnello Amici". Mantiene anche questa sua
affermazione? Vorrei saperlo, perché non c'è
niente di strano che un galantuomo riconosca
di essersi ingannato. (Commenti.)
Giulio Andreotti: Legga sino alla fine del
periodo.
Fausto Gullo: Guardi che un avvocato
pagato dall'Amici non avrebbe
con tanta diligenza esposto le ragioni
difensive a favore del suo imputato: "Escludo,
cioè, che esistano delle correlazioni dirette o
indirette. É chiaro che potrebbero esserci dei
prestanome". Guardi, onorevole Andreotti, che
cosa accade quando si è più realisti del re.
Giulio Andreotti: Lo aveva detto anche il
senatore Spezzano un poco prima. Ho
dichiarato: non posso sapere se vi sono dei
prestanome.
Fausto Gullo: L'onorevole Andreotti
afferma dunque in questo momento di potere
escludere che il colonnello Amici abbia alcun
rapporto diretto né indiretto; e precisa tra
parentesi "perché vi potrebbero essere dei
prestanome", e su questo siamo d'accordo.
Guardi, onorevole Andreotti, neanche a farlo
apposta vi è tra i documenti dell'inchiesta un
fascicolo di oltre cento pagine sul colonnello
Amici, della candida innocenza del quale ella
era sicuro, che può intitolarsi: "Storia del
colonnello Amici" (perché è veramente una
"storia"). In questo volume, onorevole
Andreotti, i carabinieri elencano non una, ma
quindici società, dico quindici, in cui il
colonnello Amici è direttamente o
indirettamente interessato: quello, cioè, che
ella negava, non so con quanta aderenza ai
fatti. Ma come faceva a essere così sicuro?
Giulio Andreotti: Negavo che fosse
interessato con le ditte appaltatrici di
Fiumicino. Il rapporto dei carabinieri è
successivo.
Fausto Gullo: Le dico un'altra cosa. Questo
Amici costituì anche una società cui dette il
nome di Lamar. Sa chi fa parte di essa?
Intendiamoci: non penso nemmeno
lontanamente cosa che suoni non dirò ingiuria,
ma anche solo mancanza di considerazione per
determinate categorie; comunque risultano soci
di questa società nove manovali, dico nove
manovali: evidentemente bravissime persone,
ma uomini di paglia in quella società, ossia
che assumevano quel carattere indiretto che
ella con tanta sicurezza negava di fronte al
Senato affermando: "Questo allo stato delle
cose io devo escluderlo; e non lo escluderò
così leggermente...". Ma notare queste parole!
Mi lasci dire, onorevole Andreotti: perché ella
non vuole che io accolga la tesi della sua
buona fede incommensurabile, anziché la
opposta tesi? Come si fa a dire: "e non lo
escluderò così leggermente"? Questo vorrebbe
significare che ella è passato a esami
scrupolosi, a valutazioni intelligenti e
diligenti. Riprendo a leggere: "...ma in base a
documenti che tengo anche ora a disposizione
di coloro che vogliono vederli". Ce li faccia
vedere questi documenti!
Giulio Andreotti: Sono tutti agli atti della
commissione d'inchiesta.
Fausto Gullo: Da essi dovrebbe dunque
venir fuori l'innocenza del colonnello Amici.
Anch'io ho consultato i documenti
dell'inchiesta ora depositati nella sala della
Commissione dei lavori pubblici: li vada a
vedere, onorevole Andreotti, non perderà del
tempo.
Giulio Andreotti: Mi dica onestamente
(vive proteste all'estrema sinistra) se ha letto
la relazione depositata agli atti.
Una voce all'estrema sinistra: Sempre
onestamente!
Fausto Gullo: Io dico all'onorevole
Andreotti che questo avverbio non lo deve
usare mai, non ha diritto di usarlo. (Applausi
all'estrema sinistra.)
Giulio Andreotti: La relazione De
Martino...
Fausto Gullo: Ma lasci stare! Io sono
vecchio e sono più povero di prima! (Applausi
all'estrema sinistra.)
Presidente: Onorevole Gullo,
"onestamente" è detto nel senso di "lealmente".
Fausto Gullo: Io non ammetto che
l'onorevole Andreotti, rivolto a
me, possa dire "onestamente"! Giulio
Andreotti: Cortesemente. Posso domandarle
cortesemente se ella ha letto la relazione? Vi è
una conclusione che dice esattamente il
contrario di quel che ella ha detto.
Anche la questione Fiumicino fu decisa nel
senso giusto dalla Camera, scoraggiando -
almeno lo speravo - il ricorso a certi tipi di
polemica. E così fu per un certo tempo.
Quando accade una pubblica calamità i
deputati cercano di ottenere per le zone che
rappresentano benefici che vanno oltre la
riparazione del danno. Il Governo è costretto a
resistere. Così il 24 luglio 1968:
Edoardo Marino: ...Mi risulta, onorevole
Andreotti, che il suo ministero ha emanato
delle disposizioni restrittive in materia vigente
nel senso che zona colpita dal terremoto è
soltanto quella
danneggiata materialmente dal disastro e
non anche quella nella quale, come le onde del
mare, si sono ripercosse le influenze negative
del sisma.
Giulio Andreotti, ministro dell'Industria:
Che le onde si propaghino nel mare, va bene,
ma oltre il mare...
In quei giorni si evocò in Parlamento Pier
Paolo Pasolini:
Giulio Andreotti, ministro dell'Industria:
...Non deve essere assolutamente consentito
che si attenti alla libertà e alla sicurezza di
chicchessia e in particolare - come ho già detto
- delle assemblee democratiche.
Emanuele Macaluso: Pasolini fa scuola.
Giulio Andreotti: Pasolini farà scuola a
lei. A me non l'ha mai fatta.
Sulla utilità di incentivare le industrie, le
opinioni oscillano a slalom:
7-10-1968
Francesco Malfatti: ...Citerò ancora
l'onorevole Donat Cattin: "Noi tutti sappiamo
che è necessario investire un certo numero di
miliardi in tale settore" (quello tessile). "Tale
investimento non determinerà certo una
maggiore occupazione nel settore, anzi,
probabilmente avverrà il contrario."
Giulio Andreotti, ministro dell'Industria:
Senza l'investimento avverrà il peggio: questo
è il guaio!
Anche sui rapporti Dc-Pci il discorso è
eternamente ricorrente:
25-3-1979
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
...Siccome ella ha parlato del docente unico e
delle rappresentanze degli studenti, vorrei dire
che, se esistesse veramente quella Repubblica
conciliare che mi sembra venga
quotidianamente smentita, il Governo avrebbe
preso il vostro testo e sarebbero guai.
(Interruzione del deputato Natta.)
Sandro Pertini, presidente della Camera:
Onorevole Natta, la sta citando, cosa vuole di
più? (Si ride.)
Giulio Andreotti: Capisco che questa
citazione possa essere fastidiosa per
l'onorevole Natta, ma si tratta di atti
parlamentari.
Non meno cicliche le dispute retrospettive
sui diversi governi del
dopoguerra:
10-8-1969
Giulio Andreotti: ...infatti, dopo qualche
settimana, la ripresa della collaborazione tra i
partiti democratici fu un fatto consolidato.
(Commenti all'estrema sinistra.) Io credo che i
risultati non siano stati poi tanto malvagi.
Emanuele Macaluso: É durata un anno!
Giulio Andreotti: Un po' di più: durò un
anno e mezzo il Governo Scelba; poi ci furono
i governi Segni. Se ella prende l'annuario,
potrà forse rendersi meglio conto delle cose.
Emanuele Macaluso: E poi vi fu anche
Tambroni!
Giulio Andreotti: Anche per le intese
politiche, onorevoli colleghi (e non avrei osato
fare una citazione latina se, poche settimane or
sono, l'onorevole Luzzatto non ci avesse
lungamente intrattenuto con una lettura di
alcuni brani delle "Decretali" perfettamente
pronunciati e assolutamente pertinenti); anche
per le intese politiche, dicevo, vale l'oraziano
"multa renascentur quae iam cecidere". E cito
questa frase con quello che segue, che può
essere di grande attualità: "cadentque quae
nunc sunt in honore vocabula". I vocaboli che
dovranno cadere - e senza rimpianto, almeno
da parte nostra - sono quelli attribuiti al
secondo Ministero Rumor per tentare di
definirlo: "di parcheggio", "di passaggio",
"provvisorio", "di decantazione" e così via.
Una voce all'estrema sinistra: Di "sbando".
Giulio Andreotti: No, lo "sbando" era
attribuito ad un altro monocolore. Anche in
questo non è aggiornato, onorevole collega.
In questo finale degli anni Sessanta, quale
capogruppo dc dovevo difendere quasi
quotidianamente il mio partito. Uno degli
slogan dell'opposizione di sinistra era che noi
fossimo i ricchi e loro i
poveri:
19-11-1969
Giulio Andreotti: ...Certo debbo rilevare
l'assurdo che in molte città abbiamo visto
chiusi dei grandi negozi di lusso, i proprietari
dei quali sono proprietari di case; e se sono
convinti che i fitti sono alti, potrebbero non
aspettare che noi facciamo delle leggi:
potrebbero diminuirli essi nei confronti dei
loro inquilini. Tutta questa solidarietà che è
forse...
Giancarlo Pajetta: Lo dica al confessore,
non a noi. Noi facciamo le leggi.
Pietro Ingrao: Noi facciamo le leggi. Il
nostro mestiere è fare le leggi.
Giulio Andreotti: Onorevole Ingrao e
onorevole Pajetta, forse il giorno in cui si
discuterà a fondo (e spero che venga il giorno)
di proprietari di case, di proprietari
immobiliari, si vedrà che queste distinzioni
non passano attraverso le distinzioni abituali
dei partiti politici. (Commenti al centro.)
Curioso fu uno scambio di battute sul
valore dei referendum. Il fronte divorzista non
aveva gradito il ricorso a tale appello, fatto
peraltro non dalla Democrazia cristiana ma da
un gruppo di cattolici generosamente in errore
sulle possibilità effettive di cancellare la
legge. Così il 24 novembre 1969:
Aldo Bozzi: ...Questo argomentare è la
denuncia pubblica della non rappresentatività
del Parlamento. E ciò vuol dire ferire a morte
la funzione del Parlamento.
Giulio Andreotti: Il referendum è sempre
un appello avverso le decisioni del Parlamento
In materia di divorzio le differenze di
pareri non passavano solo all'esterno dei vari
partiti.
25-11-1969
Giulio Andreotti: ...Noi ci sentiamo di
rappresentare anche quelle donne che non
vogliono il divorzio. (Applausi al centro,
proteste all'estrema sinistra.)
Mario Pochetti: Le manderemo la tessera
dell'Udi.
Giulio Andreotti: Non vi aspiro, perché,
grazie a Dio, appartengo a un altro sesso. (Si
ride.)
Le elezioni anticipate sono un "rimedio"?
Ecco un quesito di attualità, non solo in quel
12 agosto 1970:
Giulio Andreotti: ...Del resto, su un
giornale autorevole, molto stimato anche nel
nostro Paese, il
"Times", pochi giorni fa è apparsa questa
precisa frase, in un servizio di un
corrispondente che conosce bene la situazione
italiana: "Non c'è da supporre che elezioni
anticipate diano una soluzione ai problemi
politici dell'Italia, probabilmente accadrebbe
il contrario".
Raffaello Delfino: In Inghilterra è accaduto
il contrario.
Giulio Andreotti: In Inghilterra fra l'altro
hanno sciolto il Parlamento, ma non mi pare
con grande acume dal punto di vista di chi lo
ha sciolto. (1) (ilarità, applausi.)
Di minor portata un momento di ping-pong
sulle lottizzazioni:
5-10-1970
Alberto Giomo: ...Siamo a questo punto:
Qui c'è un basista e là ci metteremo un
doroteo; qui c'è un moroteo e là ci metteremo
un...
Giulio Andreotti: Un liberale.
Alberto Giomo: Un liberale mai, con molta
probabilità un ex "primavera", onorevole
Andreotti. Comunque liberali non ce ne vanno;
ci vanno i democratici cristiani. In questo caso
sono proprio posti riservati alla Democrazia
cristiana, al partito di maggioranza relativa.
Giulio Andreotti: Ci sopravvaluta.
Talvolta per smorzare la vena polemica di
qualche collega è utile intervenire con una
battuta:
10-11-1970
Lucio Libertini: Il nostro compito è dunque
quello di estendere lo sviluppo democratico in
direzione dell'autogoverno, della
partecipazione, della estinzione dello Stato
come organizzazione repressiva. Il grande
interrogativo della società moderna è questo.
Massimo Alessi: Che cosa vuole sostituire
alla classe borghese?
Lucio Libertini: Una società in cui tutti
sono lavoratori. So che è sgradevole.
Giulio Andreotti: E pensa di farlo con un
decreto-legge?
Durante la discussione della legge Fortuna-
Baslini la preoccupazione del presidente
Pertini era di evitare improvvisazioni
procedurali; ed ebbe da parte nostra tutta la
collaborazione. Dovevamo però utilizzare ogni
circostanza che ci facesse lealmente
guadagnare tempo per una approvazione che
non eravamo alla fine in grado di evitare, ma
che ci colpiva duramente. Ecco uno dei
momenti ritardatari (16 novembre 1970):
Giulio Andreotti: ...Propongo che domani
si tenga seduta unica e che sia iscritta al primo
punto dell'ordine del giorno la discussione
dell'altro provvedimento e al secondo punto la
discussione della proposta di legge Fortuna-
Baslini. É questo un atto di riguardo nei
confronti dei colleghi che sono iscritti a
parlare nella discussione generale sul disegno
di legge di conversione, che disporranno di
tutto il tempo necessario per i loro interventi;
non avremmo avanzato questa proposta, se non
ci fossimo trovati nella condizione di voler
concludere entro domattina la discussione
generale sul disegno di legge di conversione
del decreto-legge n' 745.
Aldo Natoli: Chiedo di parlare.
Presidente: Ne ha la facoltà.
Aldo Natoli: La proposta dell'onorevole
Andreotti ha il sapore di una facile ritorsione;
niente di più facile che operare una ritorsione
di questo tipo, quando è un microgruppo di
pochi deputati ad avanzare una proposta
relativa all'ordine del giorno delle sedute di
domani, nell'assenza totale di tutte le altre
forze di sinistra.
Massimo Caprara: In assenza delle forze
divorziste.
Bartolo Ciccardini: Avremmo potuto
approfittarne.
Massimo Caprara: Per fortuna è
l'onorevole Andreotti che esercita la sovranità
dello Stato.
L'onorevole Aldo Natoli abbandona il
Partito comunista e costituisce il gruppo del
Manifesto:
16-11-1970
Aldo Natoli: Questo è il punto che io
volevo chiarire. Cioè, risulta che (per
ritornare alla sua immagine, onorevole
Andreotti) noi siamo, se non orfani, per lo
meno figliastri.
Giulio Andreotti: Siete un gruppo
nascituro.
Lo stesso Natoli doveva cercare di
prendere qualche iniziativa un poco eccentrica
perché i giornali si occupassero di lui (ed era
ingiusto perché si trattava di un collega attivo
e intelligente).
20-11-1970
Aldo Natoli: ...Il presidente Pertini l'altro
ieri sera disse con molta chiarezza che la notte
è fatta per dormire e accennò anche ai
sonni tranquilli e pacifici che il principe di
COndé faceva prima della bttaglia di Rocroi.
Riferendomi quindi a questa precisa
indicazione dataci dal presidente della
Camera, la vorrei pregare, signor presidente,
essendo appunto le 21, di rinviare il seguito
dei lavori a lunedì mattina e, quando ella
proporrà l'ordine del giorno della seduta
successiva, le chiederò la parola per la
formazione dell'ordine del giorno.
Giulio Andreotti: Chiedo di parlare.
Presidente: Ne ha la facoltà.
Giulio Andreotti: Sono contrario alla
proposta di sospensione, anche perché la
storia non ha mai detto che il principe di
Condé andò a dormire alle 21. (Si ride.)
Persino ai parlamentari più attenti
sfuggono talvolta le pubblicazioni della
Camera, anche quando sono riprese dalla
stampa.
Si è sempre tentato di polemizzare a torto o
a ragione contro il segreto:
24-11-1970
Aldo Bozzi: ...Evidentemente la cosa
procede con una lentezza esasperante, se pur
procede.
Giulio Andreotti: I lavori sono conclusi da
più di un anno.
Aldo Bozzi: Onorevole Andreotti, che i
lavori siano stati conclusi ma che non siano
stati resi noti i risultati è un fatto grave. Io mi
congratulo con lei che sa queste cose tanto
riservate.
Giulio Andreotti: Legga "Il Messaggero".
La vecchia frequentazione del diritto
canonico mi ispirava talvolta frasi di quel
settore giuridico:
24-11-1970
Giulio Andreotti: ...ella, onorevole
ministro Reale, non è certo in una posizione
invidiabile, in questa specie di impotentia
coeundi - giuridicamente e politicamente
parlando - fra il Governo e il Parlamento. (Si
ride.)
Oronzo Reale, ministro di Grazia e
giustizia: Meno male che è solo in questa
accezione!
Altre volte è utile esser "pignoli" e non
lasciar passare inesattezze. Mi capitò nella
stessa giornata del 24 novembre.
Orazio Santagati: ...Qui innanzi tutto
notiamo che, quando le cose si fanno in un solo
ministero, si fanno meglio che quando c'è il
concerto di vari ministeri. Qui, anche dal punto
di vista lessicale, e l'onorevole Andreotti che
è un ottimo cultore, oltre che della storia anche
del lessico e della lingua italiana, penso che
almeno su questo non mi darà torto: è scritta
una volta sola la frase "è stabilita".
Giulio Andreotti: É detto due volte in due
righe.
Un tentativo per limitare l'impatto della
proposta divorzista lo facemmo cercando di
restringerne l'ambito soltanto ai matrimoni
celebrati con il rito civile. Era un rimedio
romanticamente discutibile - per il bivio che
veniva a esser posto agli sposi al momento del
loro sì -, ma si evitava una palese violazione
del Concordato, innovando unilateralmente
nella disciplina relativa.
Guido Gonella aveva formalizzato
l'ipotesi, ma a Flavio Orlandi che la riteneva
una novità chiarii: "L'abbiamo sempre detto".
Cercai poi - sempre nella seduta del 24
novembre - di sostenere la tesi gonelliana:
Giulio Andreotti: ...Penso tuttavia che
debba dirsi succintamente qualche parola a
sostegno dell'emendamento presentato
dall'onorevole Gonella per il quale
l'onorevole Bozzi ha avuto cortesi espressioni
di rispetto. Osservo però che l'onorevole
Gonella vuole non fiori, ma... opere di bene (si
ride), cioè un'adesione in sede di voto e non
semplicemente parole di rispetto.
Alfredo Biondi: Non lo consideriamo una
salma, ma un uomo vivo. L'argomento divorzio
faceva allontanare alcuni colleghi da regole
che per il resto consideravano insuperabili.
Citerò un passo di qualche mese più tardi.
20-1-1971
Aldo Bozzi: Ieri, nel corso della
discussione sulle affittanze agrarie, si è
introdotto lo strano principio per il quale,
quando non si tratti di un disegno di leggo
governativo, anche se riguardi materia di
estrema importanza, come quella delle
affittanze agrarie, il Governo assume un
atteggiamento di neutralità, diventa il Governo
della rimessione alle Assemblee, laddove, per
i princìpi della nostra Costituzione, esso deve
invece prendere posizione su ogni problema,
sia che questo sia sollevato dalla sua
iniziativa, sia che sia sollevato dall'iniziativa
parlamentare.
Giulio Andreotti: Anche per il divorzio?
É producente per il Parlamento inquisire
sulle guerre del passato? Ne dubito; tanto più
che le indagini fatte se non arrivano a
fustigazioni si dimenticano presto:
20-4-1971
Arrigo Boldrini: ...Onorevole Andreotti,
da questo punto di vista vorrei aprire una
cordiale parentesi polemica con lei: vede
quanto ci costa non aver fatto l'inchiesta su
come è stata condotta la guerra 1940-43 e sui
fatti dell'8 settembre 1943? Alcuni suoi
colleghi non hanno ricordato nemmeno più il
nome del generale Valle come uno dei
responsabili del conflitto, e hanno dato la
propria adesione, così ingenua, innocente, non
tenendo conto di un retroscena estremamente
importante.
Giulio Andreotti: Sull'8 settembre 1943 c'è
la relazione del senatore Palermo.
Sempre controverso il problema
universitario sul quale più che altrove vale la
regola del tot capita tot sentetiae. Forse
andrebbero messi in congedo quando se ne
discute i colleghi docenti negli atenei. Sta di
fatto che tra una riforma e l'altra abbiamo
sempre più complicato le cose. Anche i
beneficiari della avvenuta moltiplicazione
delle cattedre non di rado sono scontenti
perché mancano loro attrezzature e allievi.
3-3-1971
Alessandro Natta: ...e infine sorge il
dubbio se valga poi la pena di fare qualche
cosa che sembra scontentare tutti, come mi
pare di avere inteso dire dall'onorevole
Andreotti nei confronti della legge
sull'università.
Giulio Andreotti: Anche lei, dunque, è
scontento di quella legge.
Alessandro Natta: Certo, ma la voglio,
mentre ella dice che tutti sono scontenti, e per
questo conclude che non si deve fare.
Giulio Andreotti: Io la voglio, ma non così.
Sempre sull'ordinamento universitario si
fissò - velleitariamente - un plafond di 20 mila
studenti per ogni ateneo.
10-11-1971
Giulio Andreotti: ...Ma credo che
obiettivamente nessuno di noi possa fare altre
critiche a quella università, tant'è vero che
ognuno di noi - e credo anche ognuno di voi -
riceve una serie di pressioni quando questi
ragazzi debbono entrare all'Università
Cattolica perché veramente lì possono
studiare, vedere degli ammalati ciò che è
invece impossibile, in molti casi, nelle
università dello Stato. (Vive proteste
all'estrema sinistra.)
Gabriele Giannantoni: E di chi è la colpa?
Giulio Andreotti: Se noi continuiamo in
questa demagogia qualunquistica di vedere
dall'alto, con tanta sufficienza, la cosiddetta
proliferazione, mentre poi abbiamo
giustamente fissato in questa legge che non
possano esservi in ogni università più di 20
mila unità di studenti in regolare corso di
studi, credete forse che, da un punto di vista
pratico...
Pietro Ingrao: Onorevole ministro Misasi,
perché sta zitto? Non vede che si sta
teorizzando la proliferazione? (Commenti
all'estrema sinistra.)
Di tanto in tanto i lavori parlamentari sono
ispirati a enfasi e ne derivano conclusioni
meramente teoriche. L'esempio più clamoroso
fu dato dal Programma economico nazionale
votato articolo per articolo, compreso
l'obiettivo ("chi è favorevole alzi la mano") di
creare nel quinquennio un milione di nuovi
posti di lavoro. Fanfani, isolato, definì il
documento un libro dei sogni.
27-4-1971
Giulio Andreotti: ...I nostri colleghi del
comitato ristretto lavorano molto seriamente
per porre la Camera in condizione di
formulare norme che siano realmente attuabili;
perché - voglio dirlo con chiarezza - non
vogliamo ripetere l'errore commesso in sede
di approvazione del Programma economico
nazionale, a riguardo del quale abbiamo visto
di fatto disattendere (proprio perché ora tutti
hanno scoperto che era impossibile attuarle)
quelle norme che noi con tanta solennità
abbiamo reso legge dello Stato.
Vincenzo Raucci: Prendiamo atto
dell'autocritica!
Giulio Andreotti: Certamente è una
autocritica, un po' per tutti. Ma la migliore
autocritica sta nel non ripetere gli errori
commessi.
Luciano Barca: Il comitato ristretto sta
lavorando bene, onorevole Andreotti. Bisogna
che l'Assemblea non crei difficoltà. Anche nei
complimenti non bisogna esagerare.
Nelle elezioni del 1972 avevo accettato -
una tantum - la candidatura anche nel collegio
di Napoli e Caserta.
6-7-1972
Giovanni Roberti: ...E nel complimentarmi
con lei, onorevole Andreotti, del successo
veramente lusinghiero che ella ha riportato
nella nostra circoscrizione, devo notare che
doveva essere veramente forte il timore che il
nostro schieramento politico incuteva alla
Democrazia cristiana di Napoli, se il
presidente del Consiglio, massimo leader del
partito, era stato costretto a muoversi per la
prima volta dalla sua roccaforte romana per
venire a capeggiare la lista di Napoli. Noi ne
siamo stati lieti, onorevole presidente del
Consiglio...
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Lieti forse no...
Nel corso del medesimo dibattito Luciano
Barca aveva creduto di prendermi in fallo per
un abbinamento tra sgravi fiscali e
potenziamento delle biblioteche (si pensi a
quale impulso culturale è arrivata l'America
con il sistema delle detassazioni!).
6-7-1972
Luciano Barca: Mi consenta allora rilevare
che ella ha approfittato dell'argomento delle
biblioteche per dire che possiamo congiungere
a questo il problema degli sgravi fiscali.
Anche qui la piccola manovretta: d'accordo
per la biblioteca, ma contemporaneamente gli
sgravi fiscali...
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Non c'è nessuna manovretta, onorevole Barca.
C'è la manifestazione dell'anno del libro: se
non si fa niente, ci si rimprovera di non far
niente; se si fa qualcosa, ci si rimprovera di
fare qualche cosa.
Il giorno seguente continuò il dibattito sul
Governo e ricevetti ineleganti attacchi dalla
sponda opposta.
7-7-1972
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
...Come è stato più volte e ripetutamente
chiarito, tale memorandum è sempre in vigore
e nessun altro accordo o progetto di accordo al
riguardo è in discussione. (Vivi commenti a
destra.)
Nettuno Pino Romualdi: C'è un preliminare
d'accordo del 28 febbraio.
Giulio Andreotti: Onorevole Romualdi,
quando le dico che nessun progetto d'accordo
esiste, lei di queste cose deve prendere atto,
perché tra l'altro è finita la campagna
elettorale, e quindi non devono più essere
messe in discussione certe cose. (Applausi al
centro.)
Nettuno Pino Romualdi: Lo vedremo!
Giorgio Almirante: Scenda piuttosto lei da
cavallo!
Giulio Andreotti: Non ci sono, onorevole
Almirante, né aspiro ad andare a cavallo;
preferisco far politica qui dentro e molto
sommessamente. (Commenti a destra.)
Giorgio ALmirante: Anche lei ha il suo
cavallo bianco, onorevole Andreotti! Anzi lei
ha un somaro, non un cavallo!
Il Governo "Andreotti-Malagodi" ebbe una
vita difficilissima. I socialisti si erano rifiutati
non solo di entrare nel Ministero, ma anche di
partecipare a una riunione di partiti nella quale
sedessero i liberali stessi (solo più tardi
avrebbero restituito al Pli la dignità
democratica e la nobiltà risorgimentale).
I franchi tiratori erano in quotidiano
agguato e soltanto un senso di responsabilità ci
tenne al nostro posto per quasi un anno.
24-5-1973
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
In ogni caso, ritengo fin troppo chiaro il
movente politico generale delle interpellanze
in argomento.
Giancarlo Pajetta: Il Governo deve
dimettersi!
Giulio Andreotti: Questo significa parlar
chiaro, onorevole Pajetta. Mi consentirà però
di nutrire al riguardo intenzioni diverse dalle
sue.
Giuseppe D'Alema: Queste cose deve dirle
ai suoi colleghi democristiani!
L'opposizione prendeva spunto da ogni
grande o piccolo motivo per infierire. Persino
le critiche della Corte dei Conti, in altri
momenti respinte con scandalizzato vigore,
erano riprese in toni di farisaico scandalo.
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
...La Corte è considerata, per alcune cose,
sacra e inviolabile dal Parlamento; per altre
no, a seconda che essa abbia o no dato ragione
alla tesi che in quel momento il Governo
sostiene.
Aldo Tortorella: É lei che non la
considera! É lei che è stato censurato dalla
Corte!
Giulio Andreotti: Anche su questo
argomento, onorevole collega, credo che il
discorso sia stato fatto molto a caldo. Quando
si rifarà "a freddo" il discorso generale
sull'argomento della registrazione con riserva
dei decreti legislativi, ritengo che vi saranno
anche spostamenti di posizione. Questa è la
mia opinione.
Aldo Tortorella: Per adesso, il censurato è
lei.
Giorgio Napolitano: Avrà tempo di
riscriverne tra breve!
Giulio Andreotti: Onorevole Napolitano,
vedo che ella fa e disfà molto. Finché si tratta
di interruzioni come questa, va benissimo; ma
quando ha svolto la sua interpellanza ha
parlato con una tracotanza che, mi permetta,
ella non è autorizzata ad avere.
Giorgio Napolitano: La tracotanza è quella
del ministro Gioia che le siede accanto. É
silenziosa, ma assai peggiore!
A metà del 1976, andato in crisi il
Governo Moro nel quale erano a me affidati il
Bilancio e il Mezzogiorno, tornai a Palazzo
Chigi alla testa di un Ministero monocolore
democristiano, ravvivato dalla presenza di un
tecnico di autentica chiara fama, Rinaldo
Ossola. La situazione era così compromessa in
tutti i campi che potei ottenere quasi dall'intero
schieramento parlamentare una non
belligeranza (Luigi Cappugi definì argutamente
come non sfiducia il rapporto relativo) che si
tramutò l'anno successivo in appoggio
multilaterale all'insegna della solidarietà
nazionale. Restaurato l'equilibrio finanziario e
fronteggiato con fermezza l'assalto brigatista
che costò la vita ad Aldo Moro, i partiti
tornarono a dividersi provocando l'ennesimo
scioglimento anticipato delle Camere.
La ricordata linea della fermezza verso i
terroristi non si confuse mai con il nervosismo
di chi voleva la reintroduzione della pena di
morte.
18-5-1978
Enzo Trantino: ...oggi la pena di morte
poteva significare, o, per dirla con Dracone, il
rimedio più lieve che sappiamo immaginare.
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Guardi che nello Stato pontificio, dove c'era la
pena di morte, la delinquenza, compresa la
criminalità assassina, era molto più alta di
quanto non sia oggi.
Da destra si cercava di metterci in
difficoltà, accreditando sotterranee manovre
con i comunisti:
19-5-1978
Giorgio Almirante: ...gli italiani - non dico
i parlamentari, per carità, non abbiamo nessun
diritto come parlamentari di ricevere
tempestive informazioni - fossero informati
che era una stupidaggine quello pubblicato da
parecchi giornali circa un colloquio a tre,
Andreotti, Cossiga e Pajetta, nell'ufficio del
presidente del Consiglio. Se ella lo avesse
smentito, sarebbe stato indubbiamente bene.
Ad ogni modo...
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Ci vorrebbe un ufficio smentite, che
lavorerebbe troppe ore al giorno.
Sul finire del 1978 la marcia di
allontanamento dei diversi partiti prese una
fisionomia ben precisa. Ogni circostanza era
propizia. Anche la difficile gestione
dell'adesione italiana al Sistema monetario
europeo si prestò allo scopo. Lucio Magri se
ne rese interprete il 15 dicembre.
Lucio Magri: Onorevole Andreotti, ieri ho
litigato con un suo collega di maggioranza che
diceva: "Ma non è così abile". Io non le
riconosco una grande abilità strategica, però
trovo geniale dal punto di vista tattico il modo
nel quale si è comportato.
Giulio Andreotti, presidente del Consiglio:
Non vorrei...
Lucio Magri: A mio parere, lei è troppo
esperto per non sapere che, se avesse firmato a
Bruxelles l'adesione allo Sme, l"Unità"
avrebbe scritto che c'erano perplessità
qfall'interno della maggioranza e, dopo, non
sarebbe successo quasi niente di più. Il modo
nel quale si è sviluppata la vicenda, ha messo
in una obiettiva difficoltà il Partito comunista
il quale poteva aprire subito una crisi di
governo su di un tema controverso, come
quello dell'immagine europeista, non dopo
aver limitato la critica all'ammontare dei
fondi. Per questo si è deciso di prepararla su
nuovi e più rilevanti temi.
Giulio Andreotti: Non vorrei che la mia
presenza la portasse fuori tema. Forse è meglio
che io me ne vada.
Per tutta l'VIII legislatura (1979-1983) non
feci parte del Governo e presiedetti la
Commissione esteri della Camera. A nuove
elezioni avvenute assunsi la responsabilità
della Farnesina. Le questioni di politica estera
sono legate di frequente a quelle militari. Per
questo dovetti occuparmi anche di un
movimento che stava sorgendo - con qualche
isolata benedizione ecclesiastica - favorevole
alla detrazione arbitraria di una quota delle
imposte dovute, in percentuale, alle spese di
bilancio per la Difesa.
15-11-1983
Gianluigi Melega: ...proponiamo
l'obiezione fiscale, cioè di non pagare a un
Governo che fa queste scelte militari una quota
delle imposte pari alla percentuale delle spese
militari rispetto al bilancio dello Stato. L'anno
scorso questa percentuale era del 5,5 per
cento, quest'anno probabilmente cambierà, ma
il Partito radicale fa questa proposta come
mossa politica. Comunque, molti militanti
radicali, molti cattolici, signor ministro degli
Esteri, persino alcuni vescovi hanno già fatto
questa scelta.
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Onorevole Melega, l'obiezione fiscale
molti la fanno motu proprio, senza legarla a
fatti importanti!

NOTE:
(1)Il governo laburista fu sconfitto con
largo margine (227 contro 330 conservatori e
6 liberali).

La questione Giudice
Nel 1984 affrontai uno dei ricorrenti attacchi
di chi, non potendolo fare per le vie dirette, cerca
di "farmi fuori" con subdole manovre. Anni prima,
con una pratica amministrativa di tutta normalità,
era stato inviato a comandare la guardia di finanza
il generale Raffaele Giudice che più tardi ebbe a
che fare con la giustizia. Di qui l'accusa al
ministro della Difesa del tempo che aveva
presentato una terna al ministro delle Finanze,
comprendente al secondo posto il generale
Giudice. La terna era stata elaborata non da me,
ma dagli stati maggiori e non avrebbe valore se vi
fosse l'obbligo di sceglier sempre il primo
nominativo. L'attacco fu feroce, aiutato anche dalla
intervista di un magistrato (che, deferito per questo
a procedimento disciplinare, dichiarò peraltro che
era stato il giornalista a montare la pubblicazione,
abusando di virgolette e di contenuto).
Per due giorni del novembre 1984 le Camere
riunite si occuparono di questo mio presunto
misfatto. E in qualche momento non potei esimermi
dal ribattere le affermazioni di qualche
parlamentare. Ecco qualche esempio:
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Pensavo che lei avesse più rispetto del
capo dello Stato Maggiore dell'esercito, che,
fino a prova contraria, è un galantuomo.
Quando questi propone una terna, il ministro,
se non ha argomenti in contrario che non siano
delle chiacchiere, non può dire di no!
Enzo Trantino: No, onorevole Andreotti!
Lei ha avuto un pessimo difensore, allora!
Infatti, Casini ha detto qualcosa di più: ha
detto che c'è la discrezionalità tecnica. Lei non
è un passacarte; lei doveva indagare su quella
terna; lei doveva a quel punto valutare la terna
proposta, che, come lei sa, è una terna che
parte a forbice e si allarga, perché il terzo è un
nome aggiunto! Lì non si trattava di nominare il
maresciallo di Poggibonsi, ma il capo della
guardia di finanza!
Giulio Andreotti: Questo è un falso
documentato! La terna è nata come terna: non
vi è stato un nome aggiunto! Voi continuate a
ripetere questa storia - in buona fede, non
discuto -, ma la terna è nata come terna!
Enzo Trantino: Quindi, il generale Viglione
che inserisce questo nome nella terna è
soltanto un'invenzione nostra, non fa parte
della storia processuale?
Giulio Andreotti: Non fa parte!
Enzo Trantino: Il che significa che
dobbiamo ricominciare da zero. Questi atti
devono tornare alla commissione parlamentare
perché apprendiamo che il generale Viglione
non ha mai sostenuto il nome di Giudice, e
apprendiamo che Giudice non era ottavo! Ma
queste, onorevole Andreotti, sono delle realtà
oggettive! Io capisco che in questa vicenda si
ha a volte il disagio di parlar male di
sottoposti, di collaboratori; ma questo cose le
dice Maletti quando riferisce non pettegolezzi
da caserma, ma la voce corrente nell'ambiente!
E Giudice viene scelto proprio per questa
voce corrente; proprio perché è una "chioccia"
- aggiungo - e fa le uova d'oro, come è stato
dimostrato dai petrolieri!
Giulio Andreotti: Legga quello che ha detto
Maletti nell'interrogatorio di Johannesburg!
Enzo Trantino: Ma questo è l'interrogatorio
di Johannesburg!
Giulio Andreotti: Legga del perché non
riferivano a nessuno queste cose!
Enzo Trantino: Onorevole Andreotti, io mi
sono permesso di leggere l'interrogatorio di
Maletti, che non è una mia invenzione! Ho letto
tra virgolette la sostanza delle cose dette da
Maletti! Continuerei ancora questo nostro
amabile colloquio, per la ricerca della verità:
non è gusto polemico che ci anima. Ognuno di
noi cerca di fornire più contributi possibili...
Giulio Andreotti: Maletti dice il perché
non riferirono a nessuno quelle voci! Se lei
deve citare alcune dichiarazioni, per favore le
citi per intero. Si eccepì anche sul tempo
impiegato dal dispaccio della Difesa per
arrivare al ministero delle Finanze.
Pier Luigi Onorato: Peraltro, se ci fosse
stato il preavviso per l'urgenza, la lettera
sarebbe arrivata il 3 o il 4 o il 5 al massimo.
Non sarà, onorevole ministro Andreotti, che in
questi cinque giorni si mette a punto, per così
dire, una motivazione per giustificare questo
cattivo gusto del potere discrezionale, che
mira a nominare Giudice anziché il più titolato
Bonzani?
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Non ha mai notato le date della
corrispondenza che arriva per motociclista! Le
confronti! La posta Roma per Roma, tra i
ministeri o dai ministeri al Parlamento - che
viene spedita per motociclista -, va per così
dire a catasta e, a volte, impiega anche dieci
giorni.
Tra gli onorevoli interruttori non
mancarono l'onorevole Mario Capanna e il suo
gruppo.
Giulio Andreotti, ministro degli Affari
esteri: Sono, queste mie, affermazioni gravi...
Franco Russo: Sì. (Proteste al centro.)
Presidente: Onorevole Capanna, la prego!
Giulio Andreotti: Onorevole Capanna,
sono molto lieto di averla come collega.
Ricordo quando ero presidente, nel 1972, i
guai che mi dava! Stia buono, adesso.
Guido Pollice: Ce ne volevano di più!
(Proteste al centro)
Giulio Andreotti: Se non lo avete fatto non
è stato certo per mancanza di volontà da parte
vostra. (Applausi al centro.) Sono, queste mie,
affermazioni gravi ma documentate.
A scrutinio segreto il Parlamento fece
giustizia di questa assurda vicenda, la cui
pretestuosità fu confermata quando, dovendosi
nominare un nuovo comandante delle fiamme
gialle, il ministro delle Finanze scelse, senza
che alcuno eccepisse, il secondo e non il
primo dei nominativi compresi nella terna
della Difesa.
Per il resto in aula non si discute spesso di
politica estera e ho avuto quindi poche
occasioni per interloquire nei dibattiti.
Vedremo nella decima edizione.
X - La decima: inizio poco
castigato
La nuova Camera ha riaperto il 2 luglio 1987
in modo emblematico (a parte le "novità"
femminili). Dopoché i deputati verdi avevano
offerto in gradevole preludio con un quasi balletto
vivificato da nastri multicolori, nel settore missino
veniva srotolato un grande striscione invocante la
liberazione del detenuto politico professor
Signorelli, mentre dalla tribuna sovrastante
venivano lanciati manifestini dello stesso tenore.
Al richiamo all'ordine del presidente provvisorio
Aldo Aniasi, faceva eco un sonoro "Me ne frego"
di Mirko Tremaglia (Aniasi lo rintuzzava
definendolo: "Linguaggio da piazza di altri
tempi"). Era la prima interruzione della X
legislatura. La seconda è stata un non troppo
originale "Vergogna" dell'onorevole Franco
Russo.
Passavano quattordici giorni e si aveva un
pacifico scambio tra Francesco Giulio Baghino,
convinto che "il peggio non è mai morto", e Enzo
Trantino, rassegnato invece alla tesi che "al peggio
non c'è fine".
Si arriva al 4 agosto. Il neodeputato Gianni
Lanzinger esprime al Governo la sfiducia, notando
che il partito del ministro delle Regioni Gunnella
ha in Alto Adige una percentuale dell'1,16 (e tutti
insieme i partiti governativi arrivano al 16,6 per
cento). Stelio De Carolis lo rimbecca: "É un
partito italiano".
Il giorno successivo Luigina Bernocco
Garzanti (più conosciuta come Gina Lagorio, la
scrittrice) lancia un "Bravo Zevi! Era ora" quando
l'architetto radicale invita ala Camera a prendere
qualche iniziativa per ricordare Carlo Ludovico
Ragghianti morto a Firenze due giorni prima. Oltre
a essere stato un illustre culture di critica dell'arte
Ragghianti fece parte del primo Governo dopo la
liberazione di Roma e partecipò anche con grande
intelligenza alla consulta nazionale.
Successivamente ha ripreso il ruolo
interrompente Marco Pannella: per attaccare
Almirante circa la strage di Peteano, suscitando la
reazione del capogruppo Msi-Dn Alfredo
Pazzaglia; per accettare l'invito rivolto a
Domenico Modugno da Giovanni Battista Bruni di
visitare l'ospedale psichiatrico di Bisceglie, non
molto caro alle correnti alla moda; per criticare il
tono del discorso di investitura del Governo; per
lamentarsi che il presidente Goria stesse
ascoltando un collega e non lui che parlava.
Goria ha avuto una battuta scherzosa,
giuocando sull'aggettivo dimesso che l'onorevole
Giovanni Russo Spena aveva usato per
classificare in basso il Ministero: "Dimesso? Già
dimesso?".
Un altro attivista dell'interruzione ha ripreso
a... lavorare: Mauro Mellini, che il 4 agosto ha
contestato che il Governo sia neutrale in fatto di
referendum, in quanto recependo la legge Rognoni
si sarebbe messo dalla parte dei togati. Poco dopo
lo stesso Mellini interrompeva Filippo Caria in
tema di penta-partito: "Santagati parlò per un'ora e
tre quarti sulla differenza tra cinque anni e un
quinquennio. Ci fosse stato, ci avrebbe spiegato
tutto..." e raccolse una frase del professor Luciano
Guerzoni - che ipotizzava la bocciatura di
Formigoni se fosse stato suo allievo: "Troppa
gente dovrebbe esser bocciata per le cose che dice
in questa Assemblea".
Ultima oratrice - dopo che un collega aveva
protestato perché il presidente di turno l'aveva
chiamata relatore (bravissima!) - è stata Adele
Faccio che, avendo iniziato con un dubbio retorico
se fosse il dulcis in fundo o il venenum in cauda,
non ha affatto apprezzato l'interruzione del
presidente che si rimetteva al di lei buon cuore.
L'onorevole Marco Boato che, alla guisa degli
assistenti al soglio era andato a sedersi sui gradini
vicini all'oratrice, è stato richiamato all'esistenza
degli scanni normali.
Della breve tornata prima delle vacanze il
momento più teso è stato a causa di una accusa di
mafia rivolta dall'onorevole Mario Capanna a due
ministri, Calogero Mannino e Aristide Gunnella.
La replica di ambedue è stata decisa: il deputato
repubblicano ha esordito definendo l'ex leader
sessantottino persona "di cui è indiscussa la
disonestà intellettuale radicale e pervicace",
mentre Mannino ha contrattaccato definendo la
denuncia del Capanna "una manovra di fatto
mafiosa che copre un'azione mafiosa". Ne è
seguita un agguerrita risposta capannea, a
complicar la quale è intervenuto anche - non
poteva restar fuori da un verbale così dialogato -
Marco Pannella. Il tutto è finito con preannunci di
querele, giurì d'onore e altri mezzi di
accertamento. Per intanto ognuno è rimasto della
sua opinione.
Dopo qualche irrilevante interruzione al
discorso di replica del presidente Goria si è avuto
- come nei fuochi d'artificio - un finale mosso,
suscitato dalla dichiarazione di voto favorevole
dell'onorevole Alberto Bertuzzi eletto nelle liste
radicali, ma disobbediente a un ordine di partito di
dimettersi per far posto a chi lo segue nella
graduatoria; a sua volta il Bertuzzi -
conosciutissimo per essere da anni uno spietato
difensore civico volontario - era emerso dal
tourbillon delle candidature e opzioni dei leader
del Pr. Poiché una macchina non la si giudica dal
catalogo, ma provandola, così anche il Governo
deve essere giudicato dal suo operato, di cui non
può essergli negato l'inizio: questo il modus
opinandi del battagliero industriale della
Lombardia.
Vale la pena di trascrivere la pagina dello
stenografico, perché in percentuale si batte il
record quarantennale delle interruzioni:
Presidente: Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Bertuzzi. Ne ha
facoltà. Onorevoli colleghi, un po' di silenzio!
Alberto Bertuzzi: Ottimismo!
Presidente: Ha facoltà di parlare,
onorevole Bertuzzi.
Alberto Bertuzzi: Onorevole presidente
della Camera, onorevole presidente del
Consiglio, onorevoli colleghi...
Marco Pannella: Hai scritto che non si
deve dire: "onorevole"!
Presidente: Onorevole Pannella, la prego,
non interrompa! Non posso permetterlo!
Alberto Bertuzzi: Non a caso ho scelto
questa parola, perché ritengo che, dopo tante
critiche sulla composizione e sui programmi di
questo Governo, valga la pena di ricordare,
come immagine metaforica, che per giudicare
un'automobile bisogna prima provarla. Non è
sufficiente leggere le caratteristiche riportate
nel catalogo. Perciò annunzio il mio voto di
fiducia a questo Governo. (Applausi polemici
del deputato Francesco Rutelli.)
Marco Pannella: Bravo il truffatore civico!
Alberto Bertuzzi: Desidero richiamare
l'attenzione del presidente del Consiglio sui
due interventi svolti in questa Assemblea il 2
luglio scorso da parte del presidente
provvisorio Aldo Aniasi e da parte dello
stesso onorevole presidente della Camera.
Presidente: Onorevole Bertuzzi, per
cortesia, interrompa un attimo il suo
intervento. Onorevoli colleghi, mi rivolgo a
voi che siete in piedi nei corridoi. Per favore,
uscite o state seduti e possibilmente in
silenzio. Altrimenti sarò costretta a sospendere
la seduta.
Francesco Rutelli: Visto lo spettacolo,
varrebbe la pena.
Presidente: Onorevoli colleghi, vi prego di
uscire o di riportare un poco d'ordine in aula.
Onorevole Napolitano, la prego, non si
soffermi nell'emiciclo. Vuole riprendere il suo
intervento, onorevole Bertuzzi?
Alberto Bertuzzi: Vorrei, dicevo,
enucleare dagli interventi che ho prima
ricordato due riflessioni di particolare
importanza. Dal discorso di Aldo Aniasi
desidero enucleare il richiamo all'articolo 67
della Costituzione e da quello della onorevole
Iotti una riflessione di fondamentale
importanza e precisamente quella relativa alla
priorità che in ogni attività umana ha
un'importanza singolare. É prioritario, signor
presidente del Consiglio, l'esercizio...
Marco Pannella: L'esercizio della truffa!
Alberto Bertuzzi: ...del diritto di voto, che
nel testo unico delle leggi elettorali viene
negato agli italiani all'estero, forse perché
nelle sei proposte di legge della Vii e Ix
legislatura non si è discriminato il cittadino
che è definitivamente emigrato all'estero da
quelli iscritti nelle liste elettorali dei comuni
di residenza. La distinzione tra democrazia e
dittatura è proprio questa. In democrazia si
esercita il diritto di voto. Ebbene, credo sia
prioritaria una iniziativa per rimuovere
finalmente questo impedimento dal testo unico
delle leggi elettorali. Un altro tema di assoluta
priorità ritengo sia quello dell'insegnamento...
Marco Pannella: Della truffa! Di come si
truffa!
Alberto Bertuzzi: ...della educazione
civica nelle scuole, incluso l'insegnamento
della Costituzione. Dobbiamo lamentare una
ignoranza diffusa in merito alla nostra
Costituzione. Sono certo che proprio in questa
Assemblea ben pochi hanno approfondito la
conoscenza sulla materia costituzionale, sul
diritto costituzionale e sulla giurisprudenza
costituzionale.
Francesco Rutelli: Ce la dai tu, la lezione!
Alberto Bertuzzi: Credo che pochi
sappiano quanti sono gli articoli della nostra
Costituzione. Ebbene, la scuola, che altro non
è che una fabbrica addetta a produrre cittadini,
se non insegna l'educazione civica, se non
insegna la Costituzione, fabbrica dei sudditi
servili. Un'ultima considerazione che devo fare
è quella che riguarda la nostra posizione.
Troppo spesso noi sentiamo parlare di potere
legislativo, di potere esecutivo, di potere
giudiziario. Onorevoli colleghi, questi non
sono poteri, sono semplicemente delle funzioni
al servizio del popolo che la commissione
all'articolo 1 ha definito sovrano. L'unico
potere in democrazia è quello dei cittadini; noi
dobbiamo, quindi, essere rispettosi di questa
nostra dipendenza dalla Nazione e dai singoli
cittadini. COncludo augurando a questo
Governo un pieno successo. Presidente
Giovanni Goria, vai avanti con ottimismo, ti
sarò vicino affettuosamente. (Applausi
polemici dei deputati del gruppo federalista
europeo, congratulazioni.)
Marco Pannella: Goria, attento alle tasche!
Sergio Stanzani Ghedini: Auguri! Se gli sta
vicino lui...
Presidente: Onorevole Stanzani Ghedini, la
prego! Un po' di correttezza!
Francesco Rutelli: Sei rovinato, Goria! Il
braccio della morte!
Va sottolineata la tecnica del Bertuzzi che
non ha raccolto neppure una delle interruzioni
dei suoi ex compagni di cordata, che miravano
con evidenza ad accendere una disputa
pubblica o forse a creare un incidente con il
disobbediente.
Nel dibattito del 5 agosto mentre parlava
l'altoatesino Johann Benedikter, che ha
commentato in chiave negativa il successo
elettorale missino lassù, protestando per una
frase di Giorgio Almirante secondo cui il
fascismo è dinanzi a noi e non dietro di noi, ha
reagito Gastone Parigi con alcune battute
intermittenti: "Ti faremo il monumento della
vittoria in casa", "Ma dove credi di essere: in
un lager?", "Tu ce l'hai di dietro il fascismo",
"Buffone".
Il neoeletto Msi-Dn Andrea Mitolo ha
apprezzato invece accenni di buona volontà di
Benedikter, dispiacendo forse a Mirko
Tremaglia che non accetta la dizione Sud
Tirolo.
Prima di sciogliere la seduta preferiale si è
avuto un coretto piuttosto "spinto", suscitato
dall'ennesimo riferimento di Pannella
all'uccisione di carabinieri - addebitata a
destra - a Peteano.
Presidente: Ha facoltà di parlare
l'onorevole Tremaglia.
Mirko Tremaglia: Signor presidente,
signor presidente del Consiglio...
Marco Pannella: Parlaci di Peteano.
Presidente: Che cosa dice, onorevole
Pannella? Marco Pannella: Ho chiesto al
collega Tremaglia di parlarci di Peteano.
(Proteste al centro.)
Mirko Tremaglia: Ma non fare il cretino!
Non fare l'imbecille! Provocatore cafone!
Coglione!
Presidente: Onorevole Tremaglia, la
prego! Inizi il suo intervento!
Mirko Tremaglia: Non dipende da me,
dipende da lui!
Presidente: Inizi, onorevole Tremaglia!
Mirko Tremaglia: É uno schifoso!
Pannella, perché non ci parli di Toni Negri?!
Filippo BOrselli: ...e di Cicciolina!
Mirko Tremaglia: Schifoso!
Presidente: Inizi il suo intervento,
onorevole Tremaglia! La prego!
E Tremaglia iniziava senza più
interruzioni, mentre i colleghi rimasti in aula
guardavano nervosamente l'orologio.
Dovevano ancora parlare Claudio Martelli,
Mino Martinazzoli, Renato Zangheri, Giulio
Camber e Peppino Sinesio. I treni e gli aerei
non aspettano e l'attrazione delle vacanze
oltrepassa ogni distinzione di gruppo e di
partito.
La "chiama" per l'appello nominale è stata
rapidissima nonostante fossero solo ventidue
gli assenti. Il Governo ha vinto 371 a 237.
L'unico a non aver fretta sembrava Marco
Pannella, che ha aggiunto al suo No la
motivazione ("Perché ci sono due ministri
mafiosi").
E su questo stakanovismo del Pannella è
calata provvisoriamente la tela. Vero è che il
giorno successivo vi è stata ancora seduta per
accelerare i referendum, ma
centosessantacinque deputati avevano già
lasciato Roma (tra questi, Craxi, De Mita,
Altissimo, Natta, per non parlare che dei
segretari di partito). I referendum: ma perché
dar loro tante importanza? Prima delle elezioni
lo si poteva comprendere, ma ora...
Mentre licenzio le bozze i referendum sono
ormai alla vigilia della anticipata
celebrazione. Il potenziale esplosivo che si era
voluto dare, o temere, nella primavera scorsa,
si è talmente attenuato fino a scomparire. Non
penso che questo sia un male, perché tutte le
volte che la febbre sale l'organismo rischia
complicazioni, e viceversa.
Le Camere dovranno aggiustare
successivamente il tiro su ambedue i problemi,
vorrei quasi dire indipendentemente dal
risultato della consultazione popolare. E lo
dico non per sottovalutare l'importanza, ma
perché credo che comunque debbano essere
ricercate strade globali di risposta efficace
alle esigenze energetiche e di
contemperamento tra la sacrosanta
indipendenza dei giudici e la impossibilità che
si riconosca a una qualsiasi categoria di
cittadini di poter dire, senza pagare un piccolo
pegno, che il bianco è nero e viceversa.
In quanto all'energia. la spinta contro la
polluzione, per sistemi sempre più garantiti,
per standard internazionali liberati da ogni
condizionamento politico o di interessi
particolari a me sembra giusta e invincibile. E
come a Cuba - me lo spiegava in questi giorni
quel collega ministro - le difficoltà finanziarie
hanno indotto a produrre l'energia nelle
campagne bruciando dopo la lavorazione la
canna da zucchero, così queste e altre
difficoltà possono spingerci anche a riflessioni
più incisive sulle fonti alternative e sul
rinvenimento ulteriore di altri spazi
idroelettrici e simili.
Ci sono tanti campi per bisticciare, che
dovremmo lasciar questi che davvero
interessano, senza eccezione, a tutti i cittadini.

Вам также может понравиться