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Capitolo 1
I Teoremi di Incompletezza di
Gödel
di Luca Buoso
e Elena Busetti
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impiegarsi nella dimostrazione di teoremi, devono essere governati da regole
formulate esplicitamente. L’applicazione di tali regole richiederà soltanto di
operare meccanicamente sulla forma delle formule, senza tenere conto di ciò
che significano.
In secondo luogo il programma richiedeva di dimostrare che il sistema cosı̀
costituito era coerente. Per coerenza di un sistema si intende l’impossibilità
di dimostrare una formula e la sua negazione.
In precedenza, si erano ottenute dimostrazioni di coerenza relativa, con il
metodo di interpretare una teoria nuova in una teoria precedente accettata,
come nel caso delle geometrie non euclidee.
Nel programma di Hilbert c’era certamente l’ipotesi che la formalizzazione del-
la parte di matematica scelta fosse completa, ovvero ogni formula del sistema
avrebbe dovuto risultare dimostrabile o refutabile al suo interno.
Gödel rimase molto colpito dalle idee di Hilbert e cercò inizialmente di risolvere
il secondo problema da lui proposto. Ed é proprio cercando la soluzione a
questo problema che arrivò, a dimostrare che la dimostrazione di coerenza é
impossibile, nella forma in cui la immaginava Hilbert.
Nel periodo compreso tra il 1929 e il 1939, Gödel elaborò i suoi principali ri-
sultati nel campo della logica matematica. I Teoremi di Incompletezza furono
pubblicati nel 1931. Le conclusioni e i caratteri del tutto originali di questi
teoremi attirarono presto l’attenzione di molti intellettuali. Uno dei primi a
riconoscere il potenziale significato dei risultati di incompletezza ed a incorag-
giarlo a proseguire verso un loro sviluppo fu John von Neumann (1903−1957),
il quale si era già distinto per i brillanti risultati in teoria degli insiemi, teoria
della dimostrazione, analisi e fisica matematica.
Ufficialmente Gödel occupò la posizione Privatdozent dal 1933 al 1938. In
realtà, però, le sue lezioni presso l’Università di Vienna subirono numerose in-
terruzioni, sia per visite in America sia per episodi di malattia. Risulta di fatto
che Gödel tenne solo tre corsi: fondamenti dell’aritmetica, teoria assiomatica
degli insiemi, e argomenti scelti di logica matematica.
Il primo soggiorno in America é stato nel 1933 per alcune lezioni sul teorema
di incompletezza presso l’Institute for Advanced Study, un istituto di ricerca
teorica a Princeton, dove trascorse l’intero anno accademico.
Dopo il ritorno in Europa ebbe un collasso nervoso, ed entrò in clinica. Nel
frattempo iniziò le sue ricerche in teoria degli insiemi, e quando tornò all’I.A.S.
nell’ottobre del 1935, parlò a von Neumann della dimostrazione di coerenza
relativa dell’assioma di scelta che aveva trovato. Un mese più tardi improvvi-
samente dette le dimissioni, soffrendo di depressione e affaticamento da troppo
lavoro. Riprese l’attività di insegnamento a Vienna solo nel 1937.
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Gödel intendeva ritornare ancora a Princeton nell’autunno del 1939, ma inter-
vennero eventi della sua vita privata e nella politica generale. Nel settembre,
solo due settimane circa prima della partenza per l’America, aveva sposato a
Vienna Adele Nimburski. Per quanto la conoscenza con Adele risalisse dieci
anni prima, il matrimonio era stato rimandato per l’opposizione della famiglia
di Gödel. Nell’estate del 1939, Gödel viene richiamato per una visita militare
dal governo nazista, alla quale viene dichiarato abile per la milizia territoriale.
Per mantenere il diritto di insegnare all’Università di Vienna, fu obbligato a
fare domanda alle autorità naziste per il ruolo di Dozent neuer Ordnung, as-
soggettandosi quindi a un controllo politico e razziale. Alla fine la domanda
viene accolta, ma soltanto dopo la sua emigrazione in America.
All’I.A.S. Gödel trovò, dal punto di vista professionale, una relativa sicurezza
di lavoro. Ebbe un incarico annuale, fino al 1946, quando infine diventò mem-
bro permanente. Solo nel 1953, venne nominato professore. In ogni modo,
l’Istituto dette a Gödel la libertà di portare avanti un’ampia sfera di interessi
intellettuali. All’inizio lavorò intensamente per dimostrare l’indipendenza del-
l’assioma di scelta e dell’ipotesi del continuo, ma quest’ultima in particolare si
rivelò inattaccabile e alla fine egli interruppe il tentativo. Si rivolse infine alla
filosofia. Segna la transizione il suo saggio del 1944: ”La logica matematica di
Russell”. Inoltre, Gödel scrisse un saggio sulla relatività, che fu elogiato da
Einstein, e permise un progresso significativo nella comprensione fisica e filo-
sofica della relatività. Gödel aveva di fatto scoperto una soluzione inaspettata
delle equazioni del campo gravitazionale di Einstein.
L’ultimo lavoro a stampa di Gödel apparve nel 1958. Esso presenta una dimo-
strazione di coerenza per l’aritmetica nella matematica intuizionista. Questo
lavoro rappresenta un ritorno a precedenti interessi matematici; tuttavia ha
un carattere decisamente filosofico e venne pubblicato nella rivista Dialectica.
Dopo il 1958 Gödel si dedicò alla revisione dei lavori precedenti, alla ricerca di
nuovi assiomi per risolvere l’ipotesi del continuo (alla luce delle dimostrazioni
di indipendenza di Cohen(1934 − 2007)) e a studiare la filosofia di Edmund
Husserl(1859 − 1938).
Gödel morı̀ il 14 gennaio 1978.
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di Peano) e definiamo i segni da utilizzare, le formule, le regole di derivazione
e gli assiomi.
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sequenza finita di formule, legate alle regole di derivazione, che termina
nell’espressione data, allora si dice che tale espressione è dimostrabile
all’interno di P A e si indica `P A φ.
φ → φ ∨ ψ;
φ → ψ ∨ φ;
(φ → χ) → (ψ → χ) → (φ ∨ ψ → χ).
A questi aggiungiamo gli assiomi di Peano, più alcuni assiomi che defi-
niscono la somma e la moltiplicazione:
∀x (s(x) 6= 0);
∀x, y (s(x) = s(y) → x = y);
∀x (x + 0 = x);
∀x, y (x + s(y) = s(x + y));
∀x (x × 0 = 0);
∀x, y (x × s(y) = (x × y) + x);
(φ(0)&∀x (φ(x) → φ(s(x)))) → ∀x (φ(x)).
0 s + × ( ) & ∨ ¬ → ∀ ∃ =
1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25
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ad ogni variabile numerica viene assegnato un numero primo più grande
di 25:
x y z ...
29 31 37 ...
∃x(x = s(y)),
otteniamo:
∃ x ( x = s ( y ) )
↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓
23 29 9 29 25 3 9 31 11 11
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molto simile. Infatti, il numero di Gödel di una formula, una volta
fattorizzato, ha come esponenti i numeri corrispondenti ai simboli, che
sono tutti numeri dispari. Invece il numero di Gödel corrispondente ad
una dimostrazione, una volta fattorizzato, ha come esponenti i numeri
corrispondenti alle formule, che sono numeri pari, in quanto nel loro
calcolo il 2 compare con esponente almeno 1.
217 × 323 × 57 × 79 × 117 × 135 × 173 × 193 × 131 × 2925 × 3131 × 3711 .
17 23 7 9 7 5 3 3 1 25 31 11
↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓
¬ ∃ x ( x + s s 0 = y )
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grande numero primo presente tra i fattori di m, ricordando che una sequenza
è dimostrazione di una formula se e solo se la formula è l’ultimo passo della
sequenza. Questa relazione di essere esponente dell’ultimo fattore tra i numeri
m ed n, per quanto possa essere complessa da scrivere è comunque una rela-
zione aritmetica e quindi è possibile rappresentarla all’interno del linguaggio,
a cui possiamo associare un numero di Gödel. Noi scriveremo al posto della
formula che rappresenta questa relazione fra m e n, la formula Dim(m, n),
per ricordarci della proposizione metamatematica a cui corrisponde. Se invece
una certa sequenza di formule non è dimostrazione di una certa formula, si
scriverà ¬Dim(m, n).
Avendo definito questa relazione, vediamo brevemente cosa significhi essere un
teorema nel nostro sistema. Una certa formula con numero di Gödel n è un
teorema se ne esiste una dimostrazione, cioè ∃x(Dim(x, n)). Al contrario una
formula non è un teorema nel sistema P A se non esiste alcuna dimostrazione,
cioè ∀x(¬Dim(x, n)).
Definiamo ora la sostituzione nel nostro sistema. Sappiamo che l’operazione
di sostituzione di una variabile all’interno di una certa formula consiste nello
scrivere al posto della variabile, in tutte le posizioni in cui questa compare nella
formula, il termine con cui la sostituiamo. La funzione Sost compi proprio
questo, restituendo infine il numero di Gödel della formula che si ottiene da
questa sostituzione.
In pratica Sost(m, n, p) rappresenta il numero di Gödel della formula che si ot-
tiene sostituendo, all’interno della formula con numero di Gödel n, il numerale
p.
Naturalmente è possibile, usando Sost, sostituire all’interno di una formula il
suo stesso numero di Gödel. Per esempio scrivendo Sost(m, 31, m), si sosti-
tuisce nella proposizione con numero di Gödel m, al posto della variabile y, il
numerale m.
Tale formula ci dice che non esiste una dimostrazione per la formula con nu-
mero di Gödel y a cui ho sostituito, ad ogni occorrenza della variabile y, il
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numerale y. La formula (G) è esprimibile con i simboli del nostro linguaggio,
quindi è ben definito il suo numero di Gödel, che indichiamo con n.
Il prossimo passo è quello di sostituire nella formula (G), la variabile y con il
numerale n, ottenendo cosı̀ la formula (γ):
Per come è definita Sost, in numero di Gödel di γ è Sost(n, 31, n), che indi-
cheremo con nγ .
La formula (γ) afferma la propria indimostrabilità.
Supponiamo ora che la formula (γ) sia dimostrabile, cioè P A ` (γ). Riscri-
vendo il suo enunciato abbiamo che P A ` ¬∃n(Dim(n, nγ )). Ma avendo sup-
posto (γ) dimostrabile, esiste n̄ per cui P A ` Dim(n̄, nγ ). Dunque è possibile
dimostrare la formula ∃n(Dim(n, nγ )). Riassumendo:
Nel 1936 il matematico Barkley Rosser (1907 − 1989) propose una dimostra-
zione alternativa a quella appena esposta in cui è possibile indebolire l’ipotesi
di ω coerenza con quella di coerenza semplice.
In sostanza abbiamo dimostrato che non esiste una dimostrazione della for-
mula (γ), nè della formula ¬(γ) all’interno di P A. Dunque la formula (γ) é
indecidibile, se il sistema P A é coerente.
Potrebbe sembrare che questa dimostrazione dipenda dal nostro sistema in
particolare, ad esempio per la presenza di un numero insufficiente di assiomi.
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Costruiamo allora un sistema P A1 aggiungendo agli assiomi di P A la formula
(γ), cosa lecita in quanto (γ) è indipendente dagli altri assiomi e non è in
contraddizione con essi. Il nuovo sistema P A1 è in grado di esprimere l’arit-
metica. Analogamente definire la relazione DimP A1 , e costruire una formula
(γ1 ) simile a (γ), ma che utilizza la relazione DimP A1 .
Dunque possiamo finalmente enunciare il Primo Teorema di Incompletezza:
∃y(∀x(¬Dim(x, y)))
Chiamiamo (A) questa espressione. Con il primo teorema abbiamo visto che
se un sistema è coerente allora la formula (γ) non è dimostrabile all’interno.
Ma poiché (γ) afferma la sua stessa indimostrabilità, affermare che (γ) non è
dimostrabile equivale ad affermare (γ) stessa. Dunque abbiamo che la coerenza
di un sistema implica necessariamente (γ):
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(A) → (γ)
Supponiamo ora che (A), cioè la coerenza del sistema, sia dimostrabile.
Allora avremmo a nostra disposizione una prova di (A) ed anche una prova
di (A) → (γ), che abbiamo visto essere equivalente al primo teorema già
dimostrato. Ma allora, per la regola del modus ponens anche (γ) sarebbe
dimostrabile. E invece abbiamo visto con il primo teorema che se il sistema è
coerente, (γ) non può essere dimostrata al suo interno. Siamo giunti ad una
contraddizione e dunque abbiamo, necessariamente, che:
Se PA è coerente allora la sua coerenza non può essere dimostrata al suo
interno.
E dunque, generalizzando:
Teorema 2 (Secondo Teorema di Incompletezza). Dato un sistema formale in
cui sia possibile esprimere l’aritmetica, se questo sistema è coerente, allora non
è possibile dimostrare al suo interno la sua coerenza usando metodi finitari.
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Deve essere precisato che la Proposizione XI1 (e i corrispondenti risultati per M
ed A2 ) non rappresenta alcuna contraddizione con il punto di vista formalista
di Hilbert. Perché questo punto di vista presuppone solo l’esistenza di una
prova di consistenza effettuata con metodi finitari, e potrebbero esserci prove
finitarie che non possono essere espresse in P3 (o in M o in A).
Quindi Gödel non esclude che ci possano essere prove di coerenza di un tale
sistema, ma afferma che in tal caso si debba necessariamente fare ricorso a
qualche principio non contenuto in esso. Quindi se si cerca una dimostrazione
finitaria della coerenza di tale teoria, si deve estendere l’ambito della mate-
matica finitaria oltre ciò che è esprimibile nell’aritmetica formale. Questo
effettivamente è stato fatto da Gerhard Gentzen che, nel 1936, trovò una di-
mostrazione di coerenza per l’aritmetica formale che fa uso dell’induzione fino
ad un particolare numero ordinale transfinito, chiamato epsilon-zero. Se poi
dall’aritmetica si passa all’analisi matematica, cioè ad una teoria formale per
i numeri reali, la dimostrazione di coerenza deve attendere il 1970 e richiede
l’induzione fino ad un ordinale infinitamente più grande di epsilon-zero.
Anche la teoria ZF non è in grado di dimostrare la propria coerenza, quindi
per farlo abbiamo bisogno di un principio non dimostrabile in ZF stessa, che
però attualmente non si è ancora in grado di concepire.
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1.5 Interpretazioni
I teoremi di Gödel sono stati oggetto di discussione per molto tempo e le
interpretazioni su di essi sono parecchie, talvolta anche in campi con i quali in
realtà non hanno nulla a che fare.
Ad esempio consideriamo il seguente brano preso dalla Critica della ragione
politica dello scrittore e filosofo francese Régis Debray (1940-vivente):
L’enunciato del segreto dei disagi collettivi, cioè della condizione a priori di
ogni storia politica passata, presente e a venire, consiste in alcune parole sem-
plici, quasi infantili.[...] Questo segreto ha la forma di una legge logica, ge-
neralizzazione del teorema di Gödel : non esiste sistema organizzato senza
chiusura e nessun sistema può chiudersi grazie ai soli elementi del sistema.
In pratica, sulla base del teorema di Gödel che dice che un sistema formale è
incompleto perché esiste sempre una formula indimostrabile, Debray afferma
che le società non sono complete in se stesse e per organizzarsi hanno bisogno
di fondarsi su qualcosa di esterno.
Vediamo un’altra citazione:
Ovvero, nessuna religione può dare delle risposte ad ogni cosa. Indipenden-
temente dalla verità o meno di tale affermazione, dovrebbe risultare evidente
che non può certo essere considerata una conseguenza dei teoremi di incom-
pletezza.
Questi sono solo alcuni esempi di un utilizzo “improprio” dei teoremi di in-
completezza. Bisogna quindi fare alcune precisazioni: i teoremi di Gödel si
applicano a sistemi che sono in grado di esprimere l’aritmetica al loro interno.
Inoltre vanno applicati a sistemi formali. Per riprendere l’esempio sopra, la
Bibbia, cosı̀ come qualunque altro testo sacro, non può essere considerato un
sistema formale: innanzitutto è scritta in un linguaggio ordinario, che non
potrebbe essere tradotto in un linguaggio formale senza snaturarla; in secondo
luogo in testi di questo tipo non sono definiti concetti come quello di assioma,
teorema e dimostrazione, che sono fondamentali in un sistema formale. Infine
sarebbe decisamente insensato estendere il concetto di completezza: infatti, un
sistema è completo quando, per ogni formula esprimibile nel sistema, si può
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dimostrare o la formula stessa o la sua negazione; ma non è per nulla chiaro
quali siano le formule espresse nella Bibbia.
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Per comprendere a fondo queste idee, pensiamo ad un altro esempio di pro-
posizione indecidibile, ovvero la congettura di Goldbach: ogni numero pari
maggiore di 2 può essere scritto come somma di due numeri primi. Tale
congettura non è mai stata dimostrata, ma non si è neppure trovato un con-
troesempio. Eppure si tratta di un’affermazione sensata e che ha sicuramente
un suo valore di verità, può essere vera o falsa, indipendentemente dal fatto
che lo si sia dimostrato. Dunque la verità può oltrepassare la dimostrazione.
Le conclusioni tratte da Gödel sono quindi che se una certa cosa non è dimo-
strabile all’interno di un sistema, vuol dire che l’insieme dei suoi assiomi non
è sufficiente a dimostrarla, e che se anche aggiungessimo dei nuovi assiomi per
dimostrare tale proposizione, avremmo comunque un sistema formale che cade
sotto l’influsso del teorema di Gödel e perciò si potrebbe trovare una nuova
affermazione indimostrabile.
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In altre parole, l’idea di Gödel è che se mai riusciremo a costruire un computer
intelligente non lo potremo capire. Sarebbe troppo complesso per noi.
• Nel 1938 esibı̀ un modello di ZFC in cui l’ipotesi del continuo è vera,
dimostrando quindi che l’ipotesi del continuo non è confutabile in ZFC.
Più tardi, nel 1963, il matematico statunitense Paul Cohen (1934-2007)
trovò invece un modello di ZFC in cui l’ipotesi del continuo è falsa;
detto in altre parole, l’ipotesi del continuo non è dimostrabile in ZFC.
Mettendo assieme i risultati di Gödel e Cohen si ha quindi la prova che
l’ipotesi del continuo è indipendente da ZFC.
Osservazioni
• Non abbiamo testimonianze scritte, ma con molta probabilità Gödel,
nel 1928, assiste ad una conferenza fondamentale tenuta da Brouwer a
Vienna. È probabile che questa conferenza abbia influenzato Gödel nei
teoremi di incompletezza.
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• Viene sottolineato che Gödel è ritenuto, dalla maggior parte dei mate-
matici, il più “grande” logico della storia.
• È importante fissare:
– linguaggio;
– assiomi;
– regole di derivazione.
• Gli assiomi elencati nella slide (i primi tre) sono solo quelli relativi alla
∨; in realtà ci sono tutti gli altri: quelli relativi alla ∧,. . .
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• Il professore ha fatto un appunto sul fatto che la definizione di completez-
za e di coerenza possono essere scritte con simboli matematici, evitando
però i simboli dei quantificatori e scrivendo a mano “per ogni formula si
ha...”.
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Bibliografia
[2] Boyer Carl B., Storia della matematica, Arnoldo Mondadori Editore,
2009.
[6] Lolli G., Tavoli, sedie, boccali di birra. David Hilbert e la matematica del
Novecento, Raffaello Cortina, 2016.
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