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Indice

1 I Teoremi di Incompletezza di Gödel 2


1.1 La vita di Kurt Gödel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Il Primo Teorema di Incompletezza . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2.1 Il sistema formale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2.2 La numerazione di Gödel . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.2.3 Dimostrazione e Sostituzione . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.2.4 Dimostrazione del Primo Teorema di Incompletezza . . 9
1.3 Il Secondo Teorema di Incompletezza . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4 Il formalismo dopo i teoremi di Gödel . . . . . . . . . . . . . . 12
1.5 Interpretazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.6 Il Platonismo matematico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.7 Gödel e le macchine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
1.8 Altri risultati di Gödel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
Osservazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

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Capitolo 1

I Teoremi di Incompletezza di
Gödel

di Luca Buoso
e Elena Busetti

1.1 La vita di Kurt Gödel


Kurt Friedrich Gödel nacque il 28 aprile 1906 a Brünn, in Moravia (che allora
faceva parte dell’impero austro-ungarico; oggi Brno in Repubblica Ceca). I
suoi genitori erano nativi di Brünn, ma facevano parte della locale comunità
tedesca, e Gödel frequentò scuole di lingua tedesca. Nel 1924 entrò all’Univer-
sità di Vienna, con l’idea di laurearsi in fisica, ma nel 1926 decise di trasferirsi
a matematica. La scelta del campo di ricerca di Gödel fu influenzata da alcune
conferenze di Carnap(1891 − 1970) sulla logica matematica e la pubblicazione
nel 1928 dei Grundzuge der theoretischen Logik da parte di David Hilbert e
Wilhelm Ackermann. In questo libro era presentato come problema aperto la
questione della completezza di un certo sistema di assiomi per il calcolo dei
predicati del primo ordine. Gödel ottenne una soluzione positiva del problema
della completezza e con questo successo, che costituı̀ la sua tesi di dottorato
nel 1929, all’età di ventitrè anni cominciò la sua carriera di ricerca.
All’inizio del secolo, per rispondere alla comparsa di contraddizioni all’interno
della teoria degli insiemi, David Hilbert aveva proposto dal 1904, la fondazio-
ne formalista della matematica. La sua proposta richiedeva in primo luogo la
formalizzazione di una porzione opportuna della matematica classica. Vale a
dire che tutti i procedimenti di costruzione di formule atte a esprimere propo-
sizioni matematiche, ogni assunzione matematica e ogni principio di logica da

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impiegarsi nella dimostrazione di teoremi, devono essere governati da regole
formulate esplicitamente. L’applicazione di tali regole richiederà soltanto di
operare meccanicamente sulla forma delle formule, senza tenere conto di ciò
che significano.
In secondo luogo il programma richiedeva di dimostrare che il sistema cosı̀
costituito era coerente. Per coerenza di un sistema si intende l’impossibilità
di dimostrare una formula e la sua negazione.
In precedenza, si erano ottenute dimostrazioni di coerenza relativa, con il
metodo di interpretare una teoria nuova in una teoria precedente accettata,
come nel caso delle geometrie non euclidee.
Nel programma di Hilbert c’era certamente l’ipotesi che la formalizzazione del-
la parte di matematica scelta fosse completa, ovvero ogni formula del sistema
avrebbe dovuto risultare dimostrabile o refutabile al suo interno.
Gödel rimase molto colpito dalle idee di Hilbert e cercò inizialmente di risolvere
il secondo problema da lui proposto. Ed é proprio cercando la soluzione a
questo problema che arrivò, a dimostrare che la dimostrazione di coerenza é
impossibile, nella forma in cui la immaginava Hilbert.
Nel periodo compreso tra il 1929 e il 1939, Gödel elaborò i suoi principali ri-
sultati nel campo della logica matematica. I Teoremi di Incompletezza furono
pubblicati nel 1931. Le conclusioni e i caratteri del tutto originali di questi
teoremi attirarono presto l’attenzione di molti intellettuali. Uno dei primi a
riconoscere il potenziale significato dei risultati di incompletezza ed a incorag-
giarlo a proseguire verso un loro sviluppo fu John von Neumann (1903−1957),
il quale si era già distinto per i brillanti risultati in teoria degli insiemi, teoria
della dimostrazione, analisi e fisica matematica.
Ufficialmente Gödel occupò la posizione Privatdozent dal 1933 al 1938. In
realtà, però, le sue lezioni presso l’Università di Vienna subirono numerose in-
terruzioni, sia per visite in America sia per episodi di malattia. Risulta di fatto
che Gödel tenne solo tre corsi: fondamenti dell’aritmetica, teoria assiomatica
degli insiemi, e argomenti scelti di logica matematica.
Il primo soggiorno in America é stato nel 1933 per alcune lezioni sul teorema
di incompletezza presso l’Institute for Advanced Study, un istituto di ricerca
teorica a Princeton, dove trascorse l’intero anno accademico.
Dopo il ritorno in Europa ebbe un collasso nervoso, ed entrò in clinica. Nel
frattempo iniziò le sue ricerche in teoria degli insiemi, e quando tornò all’I.A.S.
nell’ottobre del 1935, parlò a von Neumann della dimostrazione di coerenza
relativa dell’assioma di scelta che aveva trovato. Un mese più tardi improvvi-
samente dette le dimissioni, soffrendo di depressione e affaticamento da troppo
lavoro. Riprese l’attività di insegnamento a Vienna solo nel 1937.

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Gödel intendeva ritornare ancora a Princeton nell’autunno del 1939, ma inter-
vennero eventi della sua vita privata e nella politica generale. Nel settembre,
solo due settimane circa prima della partenza per l’America, aveva sposato a
Vienna Adele Nimburski. Per quanto la conoscenza con Adele risalisse dieci
anni prima, il matrimonio era stato rimandato per l’opposizione della famiglia
di Gödel. Nell’estate del 1939, Gödel viene richiamato per una visita militare
dal governo nazista, alla quale viene dichiarato abile per la milizia territoriale.
Per mantenere il diritto di insegnare all’Università di Vienna, fu obbligato a
fare domanda alle autorità naziste per il ruolo di Dozent neuer Ordnung, as-
soggettandosi quindi a un controllo politico e razziale. Alla fine la domanda
viene accolta, ma soltanto dopo la sua emigrazione in America.
All’I.A.S. Gödel trovò, dal punto di vista professionale, una relativa sicurezza
di lavoro. Ebbe un incarico annuale, fino al 1946, quando infine diventò mem-
bro permanente. Solo nel 1953, venne nominato professore. In ogni modo,
l’Istituto dette a Gödel la libertà di portare avanti un’ampia sfera di interessi
intellettuali. All’inizio lavorò intensamente per dimostrare l’indipendenza del-
l’assioma di scelta e dell’ipotesi del continuo, ma quest’ultima in particolare si
rivelò inattaccabile e alla fine egli interruppe il tentativo. Si rivolse infine alla
filosofia. Segna la transizione il suo saggio del 1944: ”La logica matematica di
Russell”. Inoltre, Gödel scrisse un saggio sulla relatività, che fu elogiato da
Einstein, e permise un progresso significativo nella comprensione fisica e filo-
sofica della relatività. Gödel aveva di fatto scoperto una soluzione inaspettata
delle equazioni del campo gravitazionale di Einstein.
L’ultimo lavoro a stampa di Gödel apparve nel 1958. Esso presenta una dimo-
strazione di coerenza per l’aritmetica nella matematica intuizionista. Questo
lavoro rappresenta un ritorno a precedenti interessi matematici; tuttavia ha
un carattere decisamente filosofico e venne pubblicato nella rivista Dialectica.
Dopo il 1958 Gödel si dedicò alla revisione dei lavori precedenti, alla ricerca di
nuovi assiomi per risolvere l’ipotesi del continuo (alla luce delle dimostrazioni
di indipendenza di Cohen(1934 − 2007)) e a studiare la filosofia di Edmund
Husserl(1859 − 1938).
Gödel morı̀ il 14 gennaio 1978.

1.2 Il Primo Teorema di Incompletezza


1.2.1 Il sistema formale
Per comprendere il lavoro di Gödel, é necessario capire la struttura di un siste-
ma formale. Definiamo un sistema formale, che chiameremo P A (Aritmetica

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di Peano) e definiamo i segni da utilizzare, le formule, le regole di derivazione
e gli assiomi.

• Segni: abbiamo bisogno, prima di tutto, di segni che ci permettano


di descrivere i numeri naturali e di parlare delle operazioni su di essi.
Dunque introduciamo ”0” (lo zero), ”s” (successore di), ”+”(addizione),
”×” (moltiplicazione), ”(”, ”)” (parentesi), ”=”(uguale).
Per formulare delle proposizioni abbiamo, però, bisogno anche di con-
nettivi logici: ”&” (la congiunzione), ”∨” (la disgiunzione), ”¬” (la
negazione), ”→” (l’implicazione), ”∀” (il per ogni), ”∃” (l’esiste).
Ci servono dei simboli che rappresentino dei numeri (in pratica delle
variabili numeriche) e altri che, invece, rappresentino delle formule. In-
dichiamo i simboli per rappresentare i numeri con le lettere minuscole
”x”, ”y”, ”z”, ecc... Indichiamo i simboli per rappresentare le formule
con le lettere greche ”φ”, ”ψ”, ”ϕ”, ecc...

• Formule: le formule sono combinazioni di simboli accettabili nel sistema.


Dunque rispettano le regole formali legate ai simboli (per esempio il
segno + deve essere seguito e preceduto da numeri). Vale la regola che
se φ e ψ sono formule, allora anche ¬φ, φ&ψ, φ ∨ ψ e φ → ψ lo sono.
Espressioni come ”φ∨”, oppure ”φ¬ψ” invece non sono formule, perché
manca un termine nel connettivo logico oppure due termini sono legati
da un operatore (la negazione) che prende un solo argomento e non può
essere usato come connettivo.

• Regole di derivazione: sono le regole che ci permettono di ottenere una


formula da una o più formule che sono assiomi o a loro volta sono state
ottenute dagli assiomi.
Una prima regola è quella della sostituzione. Ad esempio, se abbiamo
precedentemente ottenuto la formula ”φ → φ”, possiamo sostituire le
formula φ con ψ ∨ ϕ e ottenere una nuova formula: ”(ψ ∨ ϕ) → (ψ ∨
ϕ)”. Un’altra regola che inseriamo nel nostro sistema è quella del modus
ponens, cioè date le formule ” φ” e ”φ → ψ”, possiamo dedurre la formula
”ψ”.
Si può introdurre ora anche il concetto di dimostrazione all’interno del
nostro sistema. Una dimostrazione altro non è che una sequenza finita di
formule, ricavate una dall’altra tramite le regole di derivazione a partire
dagli assiomi, che termina in una stringa che è esattamente il teorema
che è stato dimostrato. Dunque se, da una certa espressione φ, esiste una

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sequenza finita di formule, legate alle regole di derivazione, che termina
nell’espressione data, allora si dice che tale espressione è dimostrabile
all’interno di P A e si indica `P A φ.

• Assiomi: inseriamo innanzitutto degli assiomi logici, dove φ, ψ, χ sono


delle formule.

φ → φ ∨ ψ;
φ → ψ ∨ φ;
(φ → χ) → (ψ → χ) → (φ ∨ ψ → χ).

A questi aggiungiamo gli assiomi di Peano, più alcuni assiomi che defi-
niscono la somma e la moltiplicazione:

∀x (s(x) 6= 0);
∀x, y (s(x) = s(y) → x = y);
∀x (x + 0 = x);
∀x, y (x + s(y) = s(x + y));
∀x (x × 0 = 0);
∀x, y (x × s(y) = (x × y) + x);
(φ(0)&∀x (φ(x) → φ(s(x)))) → ∀x (φ(x)).

1.2.2 La numerazione di Gödel


Gödel elabora un metodo per associare ad ogni simbolo, formula e dimostra-
zione un numero naturale tramite una corrispondenza iniettiva, che però non
è l’unica possibile. I numeri naturali in questione vengono chiamati numeri di
Gödel.

• I simboli: prima di tutto vengono assegnati dei numeri ai simboli. Ai


simboli costanti vengono assegnati i numeri dispari dall’1 al 25, secondo
la seguente regola:

0 s + × ( ) & ∨ ¬ → ∀ ∃ =
1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25

Passiamo poi alle variabili. Mentre i simboli costanti da utilizzare erano


in numero finito, le variabili non lo sono, per cui seguiremo la regola che

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ad ogni variabile numerica viene assegnato un numero primo più grande
di 25:

x y z ...
29 31 37 ...

Si vede chiaramente che non ci sono sovrapposizioni tra numeri di Gödel


di simboli diversi.

• Le formule: una volta assegnato un numero ad ogni simbolo si può passa-


re ad assegnare un numero ad ogni formula. Per prima cosa è necessario
trovare per ogni singolo termine della formula il corrispondente numero
di Gödel. Per esempio, data l’espressione

∃x(x = s(y)),

otteniamo:

∃ x ( x = s ( y ) )
↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓
23 29 9 29 25 3 9 31 11 11

Adesso costruiamo il numero di Gödel della formula prendendo i primi


n numeri primi, dove n è la lunghezza della formula (nel nostro esempio
10), ed assegnando ad ognuno un esponente in questo modo: all’i-esimo
numero primo viene dato come esponente il numero di Gödel dell’i-esimo
termine della formula. Per esempio, il numero di Gödel della formula
vista prima sarà:

223 × 329 × 59 × 729 × 1125 × 133 × 179 × 1931 × 2311 × 2911

In questo modo gli esponenti ci dicono qual è il simbolo e le basi ci dicono


qual è la posizione che occupa. Si vede chiaramente che questi numeri
possono avere valori molto elevati.

• Le dimostrazioni: abbiamo visto prima che le dimostrazioni altro non


sono che sequenze di formule. Per numerare le dimostrazioni usiamo un
procedimento simile a quello usato per le formule. Troviamo il numero di
Gödel per ogni formula e assegniamo il numero corrispondente all’i-esima
formula come esponente dell’i-esimo numero primo.
Non c’è rischio di confusione tra numeri di Gödel associati alle formule
e numeri di Gödel associati alle dimostrazioni, nonostante il calcolo sia

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molto simile. Infatti, il numero di Gödel di una formula, una volta
fattorizzato, ha come esponenti i numeri corrispondenti ai simboli, che
sono tutti numeri dispari. Invece il numero di Gödel corrispondente ad
una dimostrazione, una volta fattorizzato, ha come esponenti i numeri
corrispondenti alle formule, che sono numeri pari, in quanto nel loro
calcolo il 2 compare con esponente almeno 1.

L’iniettività della corrispondenza appena esposta è dovuta all’unicità della


fattorizzazione di un numero in fattori primi. Tale corrispondenza non risulta
però suriettiva, infatti il numero 35 × 72 non é un numero di Gödel perchè
non compaiono tutti i numeri primi minori di 7. Oppure, anche il numero
25 × 37 × 518 non é un numero di Gödel in quanto 18 è un esponente pari.
Vediamo ora come dato un numero di Gödel possiamo risalire alla formula a
cui è associato. Consideriamo il numero con fattorizzazione

217 × 323 × 57 × 79 × 117 × 135 × 173 × 193 × 131 × 2925 × 3131 × 3711 .

Chiaramente non si tratta del numero di Gödel di un simbolo perché non è


un numero primo, nè un numero dispari. Non si tratta neppure del numero
di Gödel di una dimostrazione, perché in quel caso gli esponenti sarebbero
tutti pari. Dunque a questo numero corrisponderà ad una formula. Troviamo
i simboli associati a ciascuno degli esponenti:

17 23 7 9 7 5 3 3 1 25 31 11
↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓
¬ ∃ x ( x + s s 0 = y )

Dunque la formula è : ¬∃x(x + ss0 = y). Che equivale a ¬∃x(x + 2 = y), se


sostituiamo la stringa sso con il simbolo 2 (che fa parte della nostra notazione
comune, ma non dei simboli utilizzabili all’interno del nostro sistema formale).
Per essere precisi bisogna adottare una convenzione per poter rappresentare
un numero naturale con il simboli del nostro sistema. Ad esempio il numero
2 può essere scritto come ss0, oppure come ss(0). Se non viene presa questa
decisione, il numero di Gödel di una formula non è più unico.

1.2.3 Dimostrazione e Sostituzione


Consideriamo una sequenza di formule con numero di Gödel m e una formula
con numero di Gödel n. Per come sono costruiti i numeri di Gödel, il nu-
mero m è il numero di una dimostrazione di n se n sarà l’esponente del più

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grande numero primo presente tra i fattori di m, ricordando che una sequenza
è dimostrazione di una formula se e solo se la formula è l’ultimo passo della
sequenza. Questa relazione di essere esponente dell’ultimo fattore tra i numeri
m ed n, per quanto possa essere complessa da scrivere è comunque una rela-
zione aritmetica e quindi è possibile rappresentarla all’interno del linguaggio,
a cui possiamo associare un numero di Gödel. Noi scriveremo al posto della
formula che rappresenta questa relazione fra m e n, la formula Dim(m, n),
per ricordarci della proposizione metamatematica a cui corrisponde. Se invece
una certa sequenza di formule non è dimostrazione di una certa formula, si
scriverà ¬Dim(m, n).
Avendo definito questa relazione, vediamo brevemente cosa significhi essere un
teorema nel nostro sistema. Una certa formula con numero di Gödel n è un
teorema se ne esiste una dimostrazione, cioè ∃x(Dim(x, n)). Al contrario una
formula non è un teorema nel sistema P A se non esiste alcuna dimostrazione,
cioè ∀x(¬Dim(x, n)).
Definiamo ora la sostituzione nel nostro sistema. Sappiamo che l’operazione
di sostituzione di una variabile all’interno di una certa formula consiste nello
scrivere al posto della variabile, in tutte le posizioni in cui questa compare nella
formula, il termine con cui la sostituiamo. La funzione Sost compi proprio
questo, restituendo infine il numero di Gödel della formula che si ottiene da
questa sostituzione.
In pratica Sost(m, n, p) rappresenta il numero di Gödel della formula che si ot-
tiene sostituendo, all’interno della formula con numero di Gödel n, il numerale
p.
Naturalmente è possibile, usando Sost, sostituire all’interno di una formula il
suo stesso numero di Gödel. Per esempio scrivendo Sost(m, 31, m), si sosti-
tuisce nella proposizione con numero di Gödel m, al posto della variabile y, il
numerale m.

1.2.4 Dimostrazione del Primo Teorema di Incompletezza


Abbiamo visto come la formula ∀x(¬Dim(x, m)) indica che la formula con
numero di Gödel m non è dimostrabile all’interno del sistema e che la funzione
Sost(y, 31, y) restituisce il numero di Gödel della formula ottenuta sostituendo
nella formula con numero di Gödel y, la variabile y con il numerale y.
Consideriamo la seguente formula, che indichiamo con (G):

∀x(¬Dim(x, Sost(y, 31, y))).

Tale formula ci dice che non esiste una dimostrazione per la formula con nu-
mero di Gödel y a cui ho sostituito, ad ogni occorrenza della variabile y, il

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numerale y. La formula (G) è esprimibile con i simboli del nostro linguaggio,
quindi è ben definito il suo numero di Gödel, che indichiamo con n.
Il prossimo passo è quello di sostituire nella formula (G), la variabile y con il
numerale n, ottenendo cosı̀ la formula (γ):

∀x(¬Dim(x, Sost(n, 31, n))).

Per come è definita Sost, in numero di Gödel di γ è Sost(n, 31, n), che indi-
cheremo con nγ .
La formula (γ) afferma la propria indimostrabilità.
Supponiamo ora che la formula (γ) sia dimostrabile, cioè P A ` (γ). Riscri-
vendo il suo enunciato abbiamo che P A ` ¬∃n(Dim(n, nγ )). Ma avendo sup-
posto (γ) dimostrabile, esiste n̄ per cui P A ` Dim(n̄, nγ ). Dunque è possibile
dimostrare la formula ∃n(Dim(n, nγ )). Riassumendo:

P A ` ¬∃n(Dim(n, nγ )), e P A ` ∃n(Dim(n, nγ )).

Questo non è possibile se supponiamo che P A è un sistema coerente.


Prima di proseguire introduciamo il concetto di ω incoerenza. Un sistema
si dice ω incoerente se per una formula del linguaggio è contemporaneamente
possibile provare ∃x(φ(x)) e ¬φ(0), ¬φ(1), ¬φ(2), ... Cioè é possibile dimostrare
che esiste un numero che rende vera φ, ma tale numero non è 0, non è 1, non
è 2...
L’ω coerenza è più forte della coerenza semplice.
Supponiamo che il sistema formale P A sia ω coerente. Supponiamo inoltre di
poter dimostrare la formula ¬(γ), il cui enunciato corrisponde a ∃n(Dim(n, nγ )).
se avessimo che per ogni n valesse P A ` ¬Dim(n, nγ ), il sistema sarebbe ω
incoerente. Allora necessariamente esiste n̄ tale che P A ` Dim(n̄, nγ ). Ciò
significa che esiste una dimostrazione della formula (γ). Riassumendo, anche
in questo caso abbiamo:

P A ` ¬∃n(Dim(n, nγ )), e P A ` ∃n(Dim(n, nγ )).

Nel 1936 il matematico Barkley Rosser (1907 − 1989) propose una dimostra-
zione alternativa a quella appena esposta in cui è possibile indebolire l’ipotesi
di ω coerenza con quella di coerenza semplice.
In sostanza abbiamo dimostrato che non esiste una dimostrazione della for-
mula (γ), nè della formula ¬(γ) all’interno di P A. Dunque la formula (γ) é
indecidibile, se il sistema P A é coerente.
Potrebbe sembrare che questa dimostrazione dipenda dal nostro sistema in
particolare, ad esempio per la presenza di un numero insufficiente di assiomi.

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Costruiamo allora un sistema P A1 aggiungendo agli assiomi di P A la formula
(γ), cosa lecita in quanto (γ) è indipendente dagli altri assiomi e non è in
contraddizione con essi. Il nuovo sistema P A1 è in grado di esprimere l’arit-
metica. Analogamente definire la relazione DimP A1 , e costruire una formula
(γ1 ) simile a (γ), ma che utilizza la relazione DimP A1 .
Dunque possiamo finalmente enunciare il Primo Teorema di Incompletezza:

Teorema 1. Se un sistema formale in cui è possibile esprimere l’aritmetica è


coerente, allora esiste al suo interno una proposizione indecidibile, cioè tale che
non può essere dimostrata e non si può dimostrare neppure la sua negazione.

In sostanza dato un insieme qualsiasi di assiomi aritmetici, vi sono delle pro-


posizioni aritmetiche le quali non possono essere dedotte dall’insieme. Inoltre
se anche gli assiomi dell’aritmetica fossero aumentati di un numero indefinito
di altri assiomi veri, vi sarebbero altre verità aritmetiche formalmente non
deducibili dall’insieme più ampio.

1.3 Il Secondo Teorema di Incompletezza


Come abbiamo visto, il primo teorema fornisce un controesempio della comple-
tezza di un sistema formale coerente in cui è possibile esprimere l’aritmetica;
Gödel infatti esibisce una proposizione aritmetica né dimostrabile né confuta-
bile nell’aritmetica di Peano.
Cerchiamo ora di capire come questo possa portarci a vedere che un tale si-
stema non può dimostrare la sua stessa coerenza.
Ricordiamo che un sistema si dice coerente se al suo interno non è possibile
dimostrare contemporaneamente una proposizione e la sua negazione.
Notiamo in particolare che all’interno di sistemi non coerenti sarebbe dimo-
strabile qualunque cosa; infatti, per le regole di deduzione logica, da una
contraddizione è possibile derivare qualunque cosa. Ma allora dimostrare la
coerenza di un sistema equivale a dimostrare che esiste almeno una proposi-
zione non dimostrabile. Dunque la proprietà di un sistema di essere coerente
può essere formalizzata nella seguente espressione del sistema:

∃y(∀x(¬Dim(x, y)))
Chiamiamo (A) questa espressione. Con il primo teorema abbiamo visto che
se un sistema è coerente allora la formula (γ) non è dimostrabile all’interno.
Ma poiché (γ) afferma la sua stessa indimostrabilità, affermare che (γ) non è
dimostrabile equivale ad affermare (γ) stessa. Dunque abbiamo che la coerenza
di un sistema implica necessariamente (γ):

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(A) → (γ)
Supponiamo ora che (A), cioè la coerenza del sistema, sia dimostrabile.
Allora avremmo a nostra disposizione una prova di (A) ed anche una prova
di (A) → (γ), che abbiamo visto essere equivalente al primo teorema già
dimostrato. Ma allora, per la regola del modus ponens anche (γ) sarebbe
dimostrabile. E invece abbiamo visto con il primo teorema che se il sistema è
coerente, (γ) non può essere dimostrata al suo interno. Siamo giunti ad una
contraddizione e dunque abbiamo, necessariamente, che:
Se PA è coerente allora la sua coerenza non può essere dimostrata al suo
interno.
E dunque, generalizzando:
Teorema 2 (Secondo Teorema di Incompletezza). Dato un sistema formale in
cui sia possibile esprimere l’aritmetica, se questo sistema è coerente, allora non
è possibile dimostrare al suo interno la sua coerenza usando metodi finitari.

1.4 Il formalismo dopo i teoremi di Gödel


Hilbert voleva realizzare un piano per mettere al sicuro tutta la matematica
esistente, dimostrandola libera da contraddizioni. Egli aveva congetturato che
il metodo assiomatico fornisse i mezzi non solo per formulare, ma anche per
risolvere ogni problema matematico. Questo è possibile solo se le teorie formali
con cui la matematica ha a che fare sono complete.
Ma, come abbiamo visto, nel 1931 Gödel dimostrò che ogni teoria formale che
estenda la teoria standard PA dell’aritmetica non può essere completa, dato
che esistono nella teoria delle proposizioni indecidibili che il sistema non è in
grado né di dimostrare né di confutare.
Inoltre Gödel mostrò che ogni proposizione della metamatematica è equivalen-
te ad una proposizione aritmetica, traducibile in una formula nel linguaggio
dell’aritmetica.
In particolare, alla proposizione di consistenza (o coerenza) di una teoria T
corrisponde una formula aritmetica Con(T ). Gödel dimostra che ogni teoria T
che estenda la teoria standard dell’aritmetica non dimostra la formula Con(T ).
Ne segue l’impossibilità di dimostrare con metodi finitistici la consistenza del-
l’aritmetica e, a maggior ragione, la consistenza di una teoria all’interno della
quale è possibile sviluppare l’aritmetica, quale quella degli insiemi.
In realtà l’intento di Gödel non era quello di criticare il lavoro di Hilbert; egli
infatti, subito dopo aver enunciato e dimostrato il secondo teorema, “mette le
mani avanti” affermando:

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Deve essere precisato che la Proposizione XI1 (e i corrispondenti risultati per M
ed A2 ) non rappresenta alcuna contraddizione con il punto di vista formalista
di Hilbert. Perché questo punto di vista presuppone solo l’esistenza di una
prova di consistenza effettuata con metodi finitari, e potrebbero esserci prove
finitarie che non possono essere espresse in P3 (o in M o in A).

Quindi Gödel non esclude che ci possano essere prove di coerenza di un tale
sistema, ma afferma che in tal caso si debba necessariamente fare ricorso a
qualche principio non contenuto in esso. Quindi se si cerca una dimostrazione
finitaria della coerenza di tale teoria, si deve estendere l’ambito della mate-
matica finitaria oltre ciò che è esprimibile nell’aritmetica formale. Questo
effettivamente è stato fatto da Gerhard Gentzen che, nel 1936, trovò una di-
mostrazione di coerenza per l’aritmetica formale che fa uso dell’induzione fino
ad un particolare numero ordinale transfinito, chiamato epsilon-zero. Se poi
dall’aritmetica si passa all’analisi matematica, cioè ad una teoria formale per
i numeri reali, la dimostrazione di coerenza deve attendere il 1970 e richiede
l’induzione fino ad un ordinale infinitamente più grande di epsilon-zero.
Anche la teoria ZF non è in grado di dimostrare la propria coerenza, quindi
per farlo abbiamo bisogno di un principio non dimostrabile in ZF stessa, che
però attualmente non si è ancora in grado di concepire.

Tornando al programma di Hilbert, bisogna constatare quindi che era irrea-


lizzabile, almeno cosı̀ come lui l’aveva concepito.
Nonostante questo, il formalismo si impose nella pratica matematica come
fondazione dominante: oggi, gran parte della comunità matematica utilizza
una teoria assiomatica, la teoria degli insiemi di Zermelo-Fraenkel con assioma
di scelta (ZFC), come fondamento per il proprio lavoro.
Il successo del metodo assiomatico formale è probabilmente da attribuirsi al
fatto che esso rimane ad oggi l’unica maniera in cui è possibile sviluppare in
modo completamente chiaro e finitistico teorie transfinite, quali la teoria degli
insiemi e l’analisi, preservandone tutti i risultati.
1
All’interno del suo articolo, Gödel aveva enunciato una serie di proposizioni. Quello che
noi abbiamo chiamato Primo Teorema di Incompletezza era nel suo articolo la Proposizione
VI, mentre il Secondo Teorema di Incompletezza era indicato come la Proposizione XI.
2
M indica il sistema formale costruito sugli assiomi della teoria degli insiemi, mentre A
su quelli della matematica classica.
3
è il sistema usato da Gödel ma abbiamo già visto che il sistema PA che abbiamo preso
andava ugualmente bene.

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1.5 Interpretazioni
I teoremi di Gödel sono stati oggetto di discussione per molto tempo e le
interpretazioni su di essi sono parecchie, talvolta anche in campi con i quali in
realtà non hanno nulla a che fare.
Ad esempio consideriamo il seguente brano preso dalla Critica della ragione
politica dello scrittore e filosofo francese Régis Debray (1940-vivente):

L’enunciato del segreto dei disagi collettivi, cioè della condizione a priori di
ogni storia politica passata, presente e a venire, consiste in alcune parole sem-
plici, quasi infantili.[...] Questo segreto ha la forma di una legge logica, ge-
neralizzazione del teorema di Gödel : non esiste sistema organizzato senza
chiusura e nessun sistema può chiudersi grazie ai soli elementi del sistema.

In pratica, sulla base del teorema di Gödel che dice che un sistema formale è
incompleto perché esiste sempre una formula indimostrabile, Debray afferma
che le società non sono complete in se stesse e per organizzarsi hanno bisogno
di fondarsi su qualcosa di esterno.
Vediamo un’altra citazione:

Le persone religiose sostengono che tutte le risposte si trovano nella Bibbia


o in qualsiasi testo adoperino. Questo vuol dire che la Bibbia è un sistema
completo, cosı̀ Gödel sembra indicare che ciò non può essere vero. E lo stesso
si potrebbe dire di qualsiasi religione che affermi (cosa che fanno tutte) un
insieme definitivo di risposte.

Ovvero, nessuna religione può dare delle risposte ad ogni cosa. Indipenden-
temente dalla verità o meno di tale affermazione, dovrebbe risultare evidente
che non può certo essere considerata una conseguenza dei teoremi di incom-
pletezza.
Questi sono solo alcuni esempi di un utilizzo “improprio” dei teoremi di in-
completezza. Bisogna quindi fare alcune precisazioni: i teoremi di Gödel si
applicano a sistemi che sono in grado di esprimere l’aritmetica al loro interno.
Inoltre vanno applicati a sistemi formali. Per riprendere l’esempio sopra, la
Bibbia, cosı̀ come qualunque altro testo sacro, non può essere considerato un
sistema formale: innanzitutto è scritta in un linguaggio ordinario, che non
potrebbe essere tradotto in un linguaggio formale senza snaturarla; in secondo
luogo in testi di questo tipo non sono definiti concetti come quello di assioma,
teorema e dimostrazione, che sono fondamentali in un sistema formale. Infine
sarebbe decisamente insensato estendere il concetto di completezza: infatti, un
sistema è completo quando, per ogni formula esprimibile nel sistema, si può

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dimostrare o la formula stessa o la sua negazione; ma non è per nulla chiaro
quali siano le formule espresse nella Bibbia.

1.6 Il Platonismo matematico


All’epoca in cui Gödel formulò il suo teorema, la distinzione tra verità matema-
tica e dimostrabilità non era cosı̀ chiara. Ad esempio il programma formalista
continuava ad identificare i due concetti, e in particolare escludeva l’esistenza
di verità inattingibili dal punto di vista formale. Il concetto di verità oggetti-
va, in contrapposizione a quello di dimostrabilità, era guardato con il massimo
sospetto ed era in generale rifiutato come privo di senso; questo indusse Gödel
a eliminarlo dai suoi risultati principali. Eppure, come osservò lui stesso molti
anni dopo, era stata proprio la percezione di tale concetto a guidarlo e a per-
mettergli di concepire i suoi teoremi. Egli, volendo chiarire i motivi che non
permisero al formalismo di pervenire all’idea che alcuni enunciati matematici
risultassero indecidibili, affermò:

I formalisti [infatti] consideravano la dimostrabilità formale come un’analisi


del concetto di verità matematica, e quindi si trovavano chiaramente in una
posizione che non consentiva loro di distinguere i due concetti. Vorrei aggiun-
gere che c’era un’altra ragione che impedı̀ ai logici di applicare alla metamate-
matica non solo il ragionamento transfinito, ma il ragionamento matematico
in generale [e soprattutto, impedı̀ di esprimere la metamatematica nella ma-
tematica stessa]. La ragione è questa: la metamatematica per lo più non era
considerata una scienza che descrive stati di fatto matematici oggettivi, ma
piuttosto una teoria relativa all’attività umana che si occupa di maneggiare
dei simboli.

Da queste righe emerge il pensiero filosofico di Gödel ovvero il cosiddetto pla-


tonismo matematico: si tratta di una branca della filosofia della scienza che
considera i numeri e gli oggetti matematici come entità astratte esistenti indi-
pendentemente da noi. A differenza dei formalisti, dunque, Gödel credeva che
la verità matematica fosse una verità oggettiva e non una mera costruzione
della mente umana. Secondo questo spirito, quindi, un matematico non può
inventare o costruire nuovi oggetti matematici, in quanto questi già esistono in
sè, anche se non se ne era a conoscenza. Il lavoro di un matematico consiste,
dunque, nello scoprire questi oggetti e ciò che li riguarda.

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Per comprendere a fondo queste idee, pensiamo ad un altro esempio di pro-
posizione indecidibile, ovvero la congettura di Goldbach: ogni numero pari
maggiore di 2 può essere scritto come somma di due numeri primi. Tale
congettura non è mai stata dimostrata, ma non si è neppure trovato un con-
troesempio. Eppure si tratta di un’affermazione sensata e che ha sicuramente
un suo valore di verità, può essere vera o falsa, indipendentemente dal fatto
che lo si sia dimostrato. Dunque la verità può oltrepassare la dimostrazione.
Le conclusioni tratte da Gödel sono quindi che se una certa cosa non è dimo-
strabile all’interno di un sistema, vuol dire che l’insieme dei suoi assiomi non
è sufficiente a dimostrarla, e che se anche aggiungessimo dei nuovi assiomi per
dimostrare tale proposizione, avremmo comunque un sistema formale che cade
sotto l’influsso del teorema di Gödel e perciò si potrebbe trovare una nuova
affermazione indimostrabile.

1.7 Gödel e le macchine


I teoremi di incompletezza hanno avuto un riscontro anche nell’ambito della
computabilità e dell’intelligenza artificiale. Ad esempio il matematico inglese
Alan Turing (1912-1954), nel 1936, trasportò sul computer i risultati di Gödel
e dimostrò che è impossibile costruire un computer che possa stabilire la verità
o la falsità di tutti i problemi matematici. Data una congettura non possiamo
essere sicuri che esista un programma in grado di verificarla in un numero
finito di passi. Questo scaturı̀ una discussione sul confronto computer-mente
umana: su questo tema si scontrano scienziati come il fisico matematico ingle-
se Roger Penrose (1931-vivente), che difendeva la tesi della superiorità della
mente umana, contro chi riteneva invece che fosse possibile costruire un com-
puter in grado di scoprire metasistemi identici a quelli trovati dall’uomo. La
verità matematica, afferma Penrose, è qualcosa che va al di là del mero for-
malismo. Il nostro cervello non ragiona come un computer, abbiamo sempre
bisogno del nostro ”intuito matematico”, e non soltanto nella fase iniziale, per
la costruzione di un sistema formale di riferimento. Gödel però non riteneva
affatto che il suo teorema escludesse uno sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Affermava infatti:

Resta la possibilità che esista (e possa persino essere scoperta empiricamente)


una macchina dimostrativa che di fatto è equivalente all’intuizione matema-
tica (alla mente umana), anche se non è possibile dimostrarlo, né è possibile
dimostrare che essa fornisce solo teoremi corretti della teoria finitistica dei
numeri.

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In altre parole, l’idea di Gödel è che se mai riusciremo a costruire un computer
intelligente non lo potremo capire. Sarebbe troppo complesso per noi.

1.8 Altri risultati di Gödel


Gödel va ricordato, oltre per i suoi teoremi di incompletezza, anche per altri
importanti risultati.

• Nel 1929 dimostrò la completezza semantica del calcolo dei predica-


ti del primo ordine: in pratica affermava che le regole di deduzione
permettevano di dimostrare tutte le formule logicamente valide.

• Nel 1933 esibı̀ un modello intuizionista della logica classica, provando


cosı̀ che se la logica intuizionista fosse inconsistente, lo sarebbe anche
quella classica.

• Nel 1938 esibı̀ un modello di ZFC in cui l’ipotesi del continuo è vera,
dimostrando quindi che l’ipotesi del continuo non è confutabile in ZFC.
Più tardi, nel 1963, il matematico statunitense Paul Cohen (1934-2007)
trovò invece un modello di ZFC in cui l’ipotesi del continuo è falsa;
detto in altre parole, l’ipotesi del continuo non è dimostrabile in ZFC.
Mettendo assieme i risultati di Gödel e Cohen si ha quindi la prova che
l’ipotesi del continuo è indipendente da ZFC.

• Sempre nel 1938 Gödel dimostrò che se ZF è consistente, anche ZFC


lo è; quindi anche l’assioma di scelta non è confutabile in ZF. Ancora
una volta con il contributo di Cohen, che nel 1963 dimostrò che se ZF
è consistente, l’assioma di scelta non è derivabile in ZF, si conclude che
l’assioma della scelta è indipendente da ZF.

• Gli interessi di Gödel spaziarono anche in fisica e in particolare nella


relatività generale: nel 1948 elaborò un modello di “universo rotante”,
in cui il tempo è ciclico e dunque è possibile fare un “viaggio nel tempo”,
in particolare nel passato.

Osservazioni
• Non abbiamo testimonianze scritte, ma con molta probabilità Gödel,
nel 1928, assiste ad una conferenza fondamentale tenuta da Brouwer a
Vienna. È probabile che questa conferenza abbia influenzato Gödel nei
teoremi di incompletezza.

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• Viene sottolineato che Gödel è ritenuto, dalla maggior parte dei mate-
matici, il più “grande” logico della storia.

• Notiamo che la regola di sostituzione vale nel seguente senso:


se la formula
χ −→ χ
vale per una generica χ, allora possiamo sostituire a χ qualsiasi altra
formula e la formula cosı̀ ottenuta risulta ancora valida.

• È importante fissare:

– linguaggio;
– assiomi;
– regole di derivazione.

• Gli assiomi elencati nella slide (i primi tre) sono solo quelli relativi alla
∨; in realtà ci sono tutti gli altri: quelli relativi alla ∧,. . .

• Non usiamo i numeri 1, 2, 3, . . . per quale motivo?


Perché lo scopo è quello di riuscire a vedere ciò che è possibile far fare
ad una macchina, in quanto si vuole controllare tutto. Quindi, per sem-
plicità dell’analisi che successivamente si deve fare, si deve ridurre tutti
i numeri ai soli simboli zero e successore.
L’idea geniale di Gödel è la seguente: noi vediamo il sistema formale al
di fuori di noi, nel senso che la macchina la stiamo costruendo proprio
noi. Abbiamo fissato il linguaggio, gli assiomi e le regole di derivazione
ed ora dobbiamo operare con questi.
Si va ad associare ad ogni segno un numero dispari (da 1 a 25) e ad ogni
lettera un numero primo maggiore di 25. In questo modo ottengo una
numerazione per le formule. Noto che la corrispondenza è iniettiva (per
la fattorizzazione in primi), ma non suriettiva. Ed il numero ottenuto
(quello associato ad una particolare formula) sarà un numero pari, detto
numero di Gödel di quella formula. Quel numero ottenuto è un numero
molto grande, ma facile da calcolare con una macchina.
Allo stesso modo, si possono numerare anche le dimostrazioni; si vede
che è chiaramente una relazione tra numeri, e quindi è possibile scriverla
nel linguaggio adottato.

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• Il professore ha fatto un appunto sul fatto che la definizione di completez-
za e di coerenza possono essere scritte con simboli matematici, evitando
però i simboli dei quantificatori e scrivendo a mano “per ogni formula si
ha...”.

• Infine abbiamo più volte osservato la necessità di attenersi ad un ra-


gionamento matematico serio e parlare dei contributi matematici e non
legati all’ideologia dell’autore.

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Bibliografia

[1] Berto F., Tutti Pazzi per Gödel, Laterza, 2008.

[2] Boyer Carl B., Storia della matematica, Arnoldo Mondadori Editore,
2009.

[3] Gödel Kurt, Scritti scelti, Bollati Boringhieri, 2011.

[4] Hilbert David, Ricerche sui fondamenti della matematica, a cura di


V.Michele Abrusci, Bibliopolis, 1984.

[4] Lolli G., Incompletezza. Saggio su Kurt Gödel, Il Mulino, 1992.

[5] Lolli G., Sotto il segno di Gödel, Il Mulino, 2007.

[6] Lolli G., Tavoli, sedie, boccali di birra. David Hilbert e la matematica del
Novecento, Raffaello Cortina, 2016.

[7] S.G. Shanker, I teoremi di Gödel , Muzzio Scienze, 1991.

[8] Relazioni degli anni precedenti

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