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Verso la risalita dei tassi

di Maurizio Mazziero
Copyright ©2010 – Tutti i diritti riservati

Che le maggiori banche centrali (Fed, Bce, Boe, e Boj) siano impegnate nelle misure di
stimolo dell’economia e che non abbiano la minima intenzione di seguire i passi di quella
cinese è un dato di fatto; la banca centrale cinese ha alzato settimana scorsa i tassi di un
quarto di punto (0,25%).

La manovra cinese è volta a contenere il surriscaldamento dell’economia interna, mentre


per le economie mature di surriscaldamento economico non se ne parla e anche
l’inflazione, con la sola eccezione del Regno Unito, resta al di sotto degli obiettivi di politica
monetaria.

Ne consegue che il rialzo dei tassi non lo si vedrà prima di un semestre; ma tale
considerazione potrebbe essere di importanza relativa in quanto sono riscontrabili alcuni
importanti segnali nel mercato interbancario e nel reddito fisso.

Primo aspetto: la curva dei tassi di interesse nell’eurozona rispetto a una settimana fa e a
un mese fa è cresciuta su tutta la gamma delle scadenze da un mese a 20 anni; dove
raggiunge ormai il 3% per la Germania e ben oltre il 4,33% per l’Italia (per il nostro paese il
tasso è riferito alla scadenza di 15 anni).

Secondo aspetto, collegato al primo: l’Euribor a 3 mesi, il tasso interbancario sui depositi a
termine, dopo aver raggiunto il minimo a 0,634% a fine marzo, ha ripreso a salire
dapprima lentamente e poi con maggiore forza nell’ultima decade; tanto da superare l’1%
e trovarsi attualmente all’1,029%.

Terzo aspetto: il contratto future sul Bund, quotato all’Eurex, che traccia l’andamento di un
bond tedesco a cedola del 6% della durata di 10 anni, dopo aver raggiunto quota 133 si
trova a ridosso di 129, livello di supporto significativo. Va qui ricordato che la diminuzione
del valore del Bund equivale a una salita dei tassi di interesse.

Tutti questi aspetti mostrano lo stesso panorama osservandolo da angolazioni differenti e


ci presentano il medesimo dato di fatto: i tassi di interesse stanno salendo.

Questo aspetto presenta un’indicazione importante per chi detiene parte degli investimenti
in obbligazioni, indipendentemente dal fatto che si tratti di titoli, fondi comuni o Etf: la salita
dei rendimenti comporta una perdita in conto capitale. Senza dubbio alcuni avranno già
notato il ridimensionamento dei prezzi di alcuni degli strumenti obbligazionari posseduti.

Occorre ricordare che l’investimento obbligazionario non preserva da perdite e il rialzo dei
rendimenti comporta sempre dei ridimensionamenti di valore che sono tanto più ampi
quanto lo è la durata del titolo di Stato o la durata media del portafoglio posseduto dal
fondo.
Come è possibile difendersi? Il miglior modo di difendersi è ridurre la durata media dei titoli
in portafoglio e inserire titoli a tasso variabile, in modo da diversificare quelli a tasso fisso.

Opposta strategia, invece, per chi deve accendere nuovi mutui, la scelta di un tasso
variabile, anche se più conveniente al momento di quello fisso, potrebbe rivelarsi una
scelta molto costosa nel tempo.

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Vanzago, 25 ottobre 2010

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