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Audio Production

Diploma Modulo AP102

Elettronica
Lezioni di elettronica - AP102

L’elettronica moderna si basa sull’uso dei semiconduttori. In elettronica sono usati il silicio e
il germanio. Entrambi questi elementi hanno quattro elettroni nello strato esterno e si
legano in cristalli in cui possono essere presenti elettroni liberi e lacune.
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Se nel cristallo di semiconduttore introduciamo delle impurità a livello atomico di elementi o


pentavalenti (tipo l’arsenico) o trivalenti (tipo l’alluminio), si hanno rispettivamente più
elettroni liberi o più lacune e il semiconduttore risulta così drogato rispettivamente di tipo
n o di tipo p.
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L’applicazione più semplice che concerne i semiconduttori è la creazione di una giunzione,


una linea immaginaria che divide una zona drogata di tipo n da una drogata di tipo p. Con una
sola giunzione si realizza un diodo a giunzione.

Simbolo del diodo

giunzione

passaggio di corrente
giunzione

non passa corrente


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Nel diodo a giunzione il rapporto fra la tensione applicata e la corrente non è formalizzabile
con una formula tipo la legge di Ohm. Invece è visualizzabile in una curva caratteristica che in
modo grafico illustra tale rapporto, sia con tensione diretta che inversa.

Retta di
carico
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Se inseriamo due giunzioni in un cristallo otteniamo un transistor bipolare a giunzione. Il


BJT può esistere in due versioni: n-p-n e p-n-p, a seconda del drogaggio delle due zone
esterne (emettitore e collettore).
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Nel BJT è necessario che per il suo funzionamento scorrano correnti in tutti e tre gli
elettrodi. La corrente di collettore Ic è proporzionale a quella di base IB per un fattore β che
si chiama fattore di amplificazione di corrente del transistor.
Il fattore β può variare da circa 1 ad un numero molto maggiore di 1
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Il transistor BJT basa il suo funzionamento sull’incrocio della retta di carico con le curve
caratteristiche di uscita. Il punto di lavoro, spostandosi sulla retta di carico, fa cambiare la
corrente Ice e la tensione Vce, le quali, sul carico, producono l’effetto di amplificazione
desiderato. Tali variazioni riflettono l’andamento della corrente di base Ib.
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Per rendere i transistor più simili ai dispositivi a vuoto che li avevano preceduti, si è prodotto
un transistor unipolare ad effetto di campo, che prende il nome di FET. I FET possono essere
di due tipi: JFET (o più comunemente FET) e MOSFET.
Sia FET che MOSFET si dividono in canale p e canale n.
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Anche sul FET abbiamo le curve caratteristiche di uscita che si incrociano con la retta di
carico, determinando le variazioni di Ids e Vds. Da notare che nel FET tali variazioni dipendono
dal parametro Vgs, una tensione, anziché una corrente come nel BJT. Per questo il FET è un
dispositivo comandato in tensione ed ha una ZIN elevata al contrario del BJT.
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Il MOSFET ha il gate isolato dal semiconduttore da uno strato di ossido; può esistere nelle
versioni ad arricchimento (enhancement) e a svuotamento (depletion). Ha quattro elettrodi,
source, drain, gate,e base; quest’ultimo viene comunemente messo al potenziale del source.

n
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svuotamento
Le caratteristiche di uscita di un
MOSFET sono assai simili a quelle di
un FET; nel caso di un MOS ad
arricchimento si vede che, come nel
FET, la tensione Vgs (o Vgb) deve
assumere valori di un solo segno.
Nel MOS a svuotamento invece la
tensione Vgb può essere sia positiva
che negativa, contribuendo così a
gestire segnali con maggiore
dinamica.
arricchimento
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Prima dei transistor i dispositivi erano dei tubi a vuoto che sfruttano l’effetto termoelettronico
ossia la capacità che hanno certi elementi, una volta scaldati a dovere, di emettere elettroni.
L’elemento emissivo si trova su un elettrodo detto catodo, mentre gli elettroni vengono
raccolti da un altro elettrodo denominato anodo.
All’interno del tubo c’è un vuoto molto spinto per evitare collisioni degli elettroni con gas
residui; da qui il nome.
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Il tubo più semplice è costituito da due soli elettrodi, anodo e catodo. Tale tubo viene
chiamato diodo (a vuoto) e, come l’equivalente a semiconduttore, permette il passaggio
della corrente in una sola direzione di scorrimento.
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Se introduciamo un elettrodo fra anodo e catodo che riesca a frenare il movimento di alcuni
elettroni verso l’anodo (chiamato griglia), otteniamo un dispositivo che può amplificare un
segnale. Tale tubo prende il nome di triodo ed è stato il primo amplificatore elettronico
della storia.
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Le curve caratteristiche di uscita di un triodo sono molto diverse da quelle che di solito si
vedono sui transistor; sono inclinate verso l’alto, il che significa una forte dipendenza della
corrente anodica dal carico.
Tuttavia, proprio la loro particolarità fa sì che il triodo sia considerato da alcuni audiofili un
dispositivo con una timbrica unica e particolarmente accattivante.
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Per rendere le caratteristiche di uscita più simili a quelle che abbiamo visto per i transistor, si
introducono degli elettrodi aggiuntivi fra griglia e anodo (schermo e soppressore),
trasformando così il triodo in un tetrodo (quattro elettrodi) e in un pentodo (cinque
elettrodi).
Questi nuovi tubi sono più simili nel comportamento ai moderni transistor FET e,
soprattutto il pentodo è uno di quelli più utilizzati nelle applicazioni valvolari odierne.

tetrodo pentodo
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tetrodo
Le caratteristiche di uscita di un
tetrodo o di un pentodo sono
molto simili fra loro.
Il pentodo è stato introdotto per
limitare il fenomeno dell’emissione
secondaria a cui il tetrodo va
particolarmente soggetto. Bisogna
ricordare tuttavia che alcune
gloriose valvole come le classiche
6L6, finali dei MesaBoogie, sono dei
tetrodi a fascio.
pentodo
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Il tubo a vuoto rispetto al componente analogo a semiconduttore presenta comportamento
differente quando il punto di lavoro si trovo ad entrare nella zona della saturazione. In questo
caso le armoniche che si generano nei due dispositivi tendono ad essere diverse in numero e
ampiezza, conferendo generalmente al dispositivo valvolare una distorsione meno percepibile
e più piacevole dal punto di vista acustico.

Compressore valvolare

Compressore a transistor
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Per un qualsiasi amplificatore, e in particolare per un finale di potenza, devono essere tenute
in considerazione le seguenti caratteristiche:
-Risposta in frequenza
-THD e ID
-Damping factor
-Slew rate
-Rumore equivalente
-Potenza RMS su carico
-Classe di funzionamento
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Il grafico della risposta in frequenza


descrive la linearità dell’amplificatore.
THD e ID danno rispettivamente la
percentuale di distorsione armonica e
di distorsione da intermodulazione.

ID
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Il “Damping factor” è il rapporto tra l’impedenza d’ingresso dell’altoparlante e l’impedenza


d’uscita dell’amplificatore. Descricve la capacità dell’amplificatore di controllare
elettricamente il movimento del cono.
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Lo “Slew rate” descrive la velocità di risposta dell’amplificatore, e cioè quanto rapidamente è


in grado di far salire la tensione. Si misura in Volt su microsecondi.
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Il “Rumore equivalente” esprime il livello di segnale


presente in uscita in assenza di segnale in ingresso.
La “potenza su carico” descrive la potenza che
l’amplificatore riesce a trasferire su diversi carichi.

Power output with 1kHz test signal

* 8-ohm load at 1% THD: 300W

* 4-ohm load at 1% THD: 520W


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Un amplificatore è da considerarsi in classe A se, dato un ciclo di sinusoide in ingresso,


amplifica l’intero ciclo di sinusoide utilizzando un solo dispositivo attivo.
Gli amplificatori in classe A sono quelli che hanno la maggiore linearità ma il minor
rendimento, potendo arrivare solo teoricamente ad un massimo del 50%.

Amplificatore finale in classe A


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Un amplificatore si dice in classe B se, dato un ciclo di sinusoide in ingresso, si amplifica solo
mezzo ciclo con un singolo dispositivo. La classe B richiede quindi un circuito di push-pull con
due dispositivi per poter amplificare correttamente la forma d’onda.
La classe B ha un rendimento maggiore della classe A (80% teorico) ma presenta una forma
di distorsione ogni volta che si debba passare da un dispositivo all’altro per tracciare la forma
d’onda.
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Il relativo basso rendimento delle classi A e B fa sì che amplificatori potenti richiedano grosse
dimensioni e sviluppino molto calore. La classe D, chiamata anche “switching”, risolve il
problema comparando il segnale audio con un dente di sega a frequenza supersonica; dalla
comparazione si genera, attraverso due transistor portati o in saturazione o in interdizione,
un’onda quadra modulata in durata (PWM) che, una volta filtrata passa-basso a 20KHz,
restituisce il segnale audio amplificato.

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