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Ayxo Y. Gennaio 1902. N. 37. ATENE £ ROMA BULLETTINO DELLA SOCTETA ITALIANA PER LA DIFFUSIONE E L'INCORAGGIA DIREZIONE | AvDonamento annuale « Firenze — 2 Piuszn S Marco | Un fascicolo separato . A. Vanni, Ta profecia di Gani N. Toraaghi, Di una pittara ‘inplacn Enpiroieh: tante le sacre nozze. . = MENTO DEGLI STUDI CLASSICI Be danersisTRAZONE > 1. Vinlo Principe Bugenio-A, Firenze 3 vati in dono LA PROFEZIA DI CAPI (dai « Canti di Roma antica » di T. Macautay) (Questo canto fu caniato al bancheto in Campidogli il giorno in cai Manio Curio Dentto, per la secouda volta consol, ttenera il tronfo su Ro Pirro o i Tarntni, Pano dell Urbo COCCLYXIN. I. Il re Amulio é spento! Amulio, Dello stipite divino, Cho regnd con Silvio in Alba Sopra il trono d’Aventino. B Camerto giaco spento! Lianatema ei proferiva: S'abbia il Tevere i Gemelli, E sia Rea sepolta viva. 1. Oggi dentro al lago d’ Alba Rete pescator non getta. Dentro la foresta cupa Non echeggia suon daccetta, [Al presope il giogo pondes Nel fieno Ia falco giace. Pei villaggi d’Alba tutti Di lavoro ogni opra tace. Atene ¢ Roma V, 37 qr. Bal ogni uomo in Alba indossa Oggi Ia pitt bianca vesta. 0; in Alba d’agil pioppo Tneoronasi ogni testa, Gai di ramoscelli e fiori Stan gli stipiti adornati; Poi che i morti oggi son vivi, Fi porduti ritrovati. Iv. Li dannd cradele un Sire, ‘Li dannd mondace un Prete; Lrinsoguian ne le ingorde acque Belvo ingorde ed inquicte. Han Ia belve, od hanno Vacqne T Gemelli risparmiati Ha i morti oggi son vivi, 37 427 Axxo V. N. 87. v. Li conobbe il Fiume, e ’irte Gialle spume dispiand; E la oulla ov'era il fato Di Roma lieve oulld. Li conobbe anche la Lu E lambiva, e rilambiva; E did i latte, eui feroce Fer) Venti aprili poi fiorirono, Da cho all’ onda fiir gottati. Bal i morti oggi son vivi, Bi porduti ritrovati. VI. Bel vedere i due Gemelli, Baldi e validi garzoni, Via mareiare da Alba Longe Del lor avo alle magioni. Sovra il lor passaggio fresea Ogni ram ha una corona. Li precede il flauto stridulo, B gioioso un inno intuona. vit. Sangue ai bracci © sangue ai gomiti, Viene Romolo a man dritta, Sulla spada ch’ alto ei leva Una testa tienvi infitta. Ghinsa in grande elmo di ferro, Con pendente equin cimiero, E spettrale irsuta testa Fisa in un eipiglio fiero B la testa di re Amulio Dello stipite divino, Che regnd con Silvio in Alba Sopra il trono d’Aventino. vo. Dita e polsi insanguinato, A man manca Remo viene. Sullo spiedo ch’alto oi leva Una testa infitin tiene, # rugosa © veechia, argenteo Colla barba il erin disconde, Qual s’addice ad un Pontefice La ravvolgon sacre bende, Ela testa di Camorte. ‘L’anatoma ci proferiva: §abbia il Tevere i Gemelli, E sia Rea sepolia viva. IX, Dietro a loro due a due Seguon schiera di fidati. Son quaranta e quattro prodi Diarchi, souri e clave armati. D’ ogni lato allegra folla villaggi versan fuori Garzoncelli, cani, bimbi; B son gridi, abbai, clamori. Cosi vanno i due Gemelli. ‘YVeechi miran lacrimanti; E fanciulle in orror gridano, E pur spingonsi in avanti. 0 Cosi vanno Iungo il Iago; Attraversan mandrioni, Greggi, messi e vigne; e sono Del lor avo alle magioni. ed Sulla soglia stava Capi; Capi il cieco, Yindovino. -Dassi a tremar tutto appena Sente Romolo vicino. Ritti i fini capei nivei, D'uno strano fuoco accese Le sbarrate sue caverne, In grand’ impoto a dir prese: — Salve, o di meravigliose ‘Mamme pargolo allattato! Salve, o di meraviglioso Some figlio generato! perch’ tu qui dell’ayo Al tranquillo ¢ queto lare? Cerca Paquilotto gabbia? Corea il toro stabulare? ‘Se qui ridon mille grappoli, E trabocoano i granai; _ Se qui mille greggi belano, Non perd tu ne godrai. XI. _ Non per te Tartosso nutro ‘Lioro no’ suoi mont ascoso; Non per to sui mar’ di Libia Muove carico prezioso, Non fia mai tu beva in ambra, ‘Né a te piuma il sonno appresti; 0 dia Arabia i swoi profumi, O Sidone lo sue vesti, XIV. Lascia mira e gemme ed oro, Ricea mensa ¢ molle letto A chi nacque d’ uman seme, E di donna suechid al potto. Non tu nato pel piacere, Pel guadagno o Vozio, no; ‘Ti fu padro un forte Iddio E una Lupa tallatts. Xv. Di 1A dove il sole sorge A Ii dove il sole cade, Griderd il tuo nome nuova Che tu fondorai Cittade, Qual di Vesta il snero fuoeo, Vivo in lei lo spirto andr. Della Lupa e dol Dio Marto Alle pit Iontane eta. XVI. Al bifolco che lo punge Docil trae Varatro il bove. Lasinel sotto la soma Su pel duro sentier muove. Del padrone al fischio il braccor Salta 6 magola di gioia; E la pecora s'umilia Alla forrea aspra cosdia, XVI. 7 tatacste Boas Gi eat Tua Nutrice seppe mai, Guai chi tenti di tosarla! Guai chi la pungesse, guai! La Iatrante muta il suo Sanguinoso speco aggira; Ell, taoita mordendo, ‘Tra i morenti cani spira, XVII. Ama Libero i suoi oolli, E Pomona gli orti suoi. Palo i rustiei capanni Caldi det respir de’ buoi, Ama Venere d’amanti Coppice il favellio gentile, Dei castagni all’ombra, al nitido Plenilunio a aprile, xix. Ma tuo Padre ama il fragore Di cozzanti sendi © spade; E''1 vapor bevo che osala Su da la recente clade. Ei sorride d’un sorriso Pitt del suo cipiglio fiero, Quando da Ia citté vinta Guarda il fumo ascender nero. zx, B qual’ chi ti fu Padre, La Nutrice tua qual’ é Sii tu pure; © tntti i tnoi, Quanti naseeran da te. Lascia a la Campania mole T suoi bagni, i suoi unguenti; Al Fenicio avaro i sozai ‘ini ed i telai stridenti;

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