Академический Документы
Профессиональный Документы
Культура Документы
JONES
VITA E OPERE
DI FREUD
I. GLI ANNI DELLA FORMAZIONE
E LE GRANDI SCOPERTE
(1856-1900)
Jfr.
IL SAGGIATORE
Il libro
In questo libro monumentale, che gli psicoanalisti chiamano «la biografia»
per eccellenza, jones, il più fedele forse ed equilibrato tra i discepoli di
Freud, racconta la vita del maestro e i drammatici sviluppi della sua dot
trina. Sul registro dei fatti, il primo volume allinea le vicende di Freud
dalla nascita alla laurea in medicina, presa un po' a malincuore nel 1885
da uno studente che si sentiva negato all'esercizio della professione e sem
brava non avere altro obiettivo che ,quello di guadagnarsi la vita. Vice
versa si rivela subito un clinico e un istologo di prim'ordine. Tra difficoltà
economiche, angolosità di carattere, crisi di gelosia pressoché nevrotiche,
Freud riesce frattanto, dopo 4 anni di fidanzamento, a sposare quella Martha
Bernays, che rimarrà la sua incomparabile compagna. Sono tratti che dànno
già l'idea delle contraddizioni e incompatibilità con se stesso da cui era af
flitto l'uomo destinato a guarire appunto questi «complessi». Tra il 1882
e il 1894, mentre lavorava nel campo neurologico, l'incontro e la collabo
razione con Breuer destano i suoi interessi per la psicopatologia.
Il punto di partenza era stato l'alleviamento delle manifestazioni morbose
attraverso la reviviscenza e la confessione, da parte del paziente, di ricordi
che costui ignorava. Ma il procedimento impiegato da Breuer per ottenere
quelle'reviviscenze era ancora l'ipnotismo. Esperienze più larghe permisero
a Freud di intuire la funzione dei processi inconsci e il partito che si poteva
trarne per il trattamento delle nevrosi; di giungere ad abbandonare l'ipno
tismo, sostituendolo col metodo delle associazioni libere e mettendo a par
tito il «materiale» dei sogni. L'altra, e più «scandalosa», scoperta era stata
quella dell'azione esercitata dalla sessualità per sprofondare nell'inconscio
i ricordi più traumatici. Ma ci voleva una psiche a suo modo insidiosissima
per giungere cosi a fondo nei problemi della psiche. Sigmund Freud in
persona è, in certo senso, il primo dei «casi» che egli sottopone al corag
gio della propria osservazione. Matura intanto, durante lo stesso periodo,
quella Interpretazione dei sogni (1900) che, passata dapprima quasi sotto silen
zio, doveva diventare una delle basi della nuova psicologia del profondo.
Storia, critica, testi LA CULTURA LVIII
L'Autore
Ernest Jones (1879-1958) studiò a Londra, Parigi, Monaco e Vienna, dove
incontrò Freud, negli anni in cui le linee maestre della psicoanalisi erano
ormai ~racciate. E della nuova scienza egli divenne uno dei seguaci più in
telligenti e fermi, tanto da salvarne la compagine di grande movimento
internazionale, anche in circostanze e tra polemiche che avrebbero potuto
comprometterla. Fu lui intanto a svolgere in America una efficace propa
ganda della psicoanalisi, durante il periodo (19°8-1913) in cui gli era affi
dato l'insegnamento della neuropsichiatria all'Università di Toranto. E su
bito, al suo ritorno in Inghilterra, fondò una società britannica e un «In
ternational J ournal» per la diffusione delle dottrine e della terapia freudiana.
Nel 192.7 divenne presidente della International Psycho-Ana(ytical Association.
Ma alle iniziative teoriche affiancò sempre l'esercizio e il perfezionamento
della pratica medica: ne sono prova la fondazione, a Londra, di un Istituto
di psicoanalisi e di una Clinica psicoanalitica. Oltre che a più specifiche ri
cerche sulla sessualità infantile, Jones si dedicò all'applicazione dei nuovi
criteri di indagine, al folklore, alla storia delle religioni, alla letteratura
(A Psycho-Ana/ytic Study of Ramlet, 1922; Ramlet and Oedipus, 1949).
Efficacissimo divulgatore, ha consegnato i risultati di questa sua attività
a un'opera giustamente famqsa, Psycho-Ana(ysis (192.8), e tradotta anche in
italiano (Che cos'è la psicoanalisi?, Firenze 1952.). Accanto ai tre volumi
sulla Vita e opere di Freud, comparsi a Londra e a New York tra il 1953 e
il 1957, e considerati il suo capolavoro, vanno ancora ricordati, trai suoi
numerosi lavori: Papers on Psycho-Ana(ysis (<<Documenti sulla psicoana
lisi», Londra 1913 e 1939); Essays in Applied Psycho-Ana(ysis (<<Saggio di
psicoanalisi applicata», ivi 192.4 e 195 I); Social Aspects of Psycho-Ana
(ysis (<<Aspetti sociali della psicoanalisi», ivi 192.4); Zur Psychoana/yse· der
christlichen Religion (<<Sulla psicoanalisi della religione cristiana», 192.8).
Ernest Jones
1856-1900
Il Sa88iatore
7
Introduzione
17 Prefazione
25 I Le origini (1856-1860)
4 84 Indice analitico
Introduzione
Jones); ma sia l'uno che l'altro rifuggivano dai compromessi; nessuno dei
due avrebbe mai accettato di dire o scrivere o porre in atto se non ciò cui
fermamente credeva.
La sua fondamentale onestà, e potremmo quasi dire pignoleria di biografo,
fa si che l'opera di Jones abbondi di particolari preziosi, relativi a tratti
intimi e personalissimi sia di Freud, sia delle varie e cospicue individualità
che lo attorniarono - a cominciare naturalmente dai suoi immediati disce
poli. Di questa ricchezza d'informazione, qualsiasi lettore della biografia
deve e dovrà essere grato a Jones, anche se non sempre e non in tutto si
troverà d'accordo con le sue valutazioni e con i suoi giudizi. Taluni aned
doti, che Jones fedelmente e impassibilmente riferisce (come i silenzi di
Freud commensale, certe sue candide e taglienti risposte, la sua non meno
mordace autoironia), rivelano l'umanità di Freud assai più che molte pagine
di dissertazione e di analisi.
La indefettibile devozione a Freud non ha, dunque, offuscato in Jones
il proposito e il dovere della sincerità. Perciò il Freud che egli ci presenta
non è «idealizzato» se non molto limitatamente. Le sue esitazioni, i suoi
tratti nevrotici (non totalmente risolti neppure attraverso quel tour de
torce che fu la sua autoanalisi), il contrasto fra il suo fondamentale pes
simismo e una certa curiosa fiducia in persone che sicuramente non la
meritavano, la sua perenne e non sempre controllata inclinazione per il
pensiero speculativo, la sua strana - e per buona sorte erronea - idea di
dover morire prima del tempo ... : tutti questi aspetti della poliedrica per
sonalità di Freud sono menzionati, o risultano evidenti, nell'esposizione di
Jones, cosi come vi appaiono, e con ben altro rilievo, la fertilità creativa
di Freud, la sua saldezza nei legami familiari e nelle amicizie, il coraggio
dell'autocritica, l'austerità persino eccessiva della sua vita privata, l'incredi
bile capacità lavorativa, la ripugnanza per ogni dittatura materiale o mo
rale, lo stoicismo nella sofferenza e il disprezzo della morte - il tutto, spesso
accompagnato da una forma lievemente amara di humour (non dimenti
chiamo che Freud ha scritto una delle sue opere più acute proprio sul
motto di spirito e sull'umorismo), che gli permise di ironi~zare persino sul
suo inguaribile male (fu travagliato da un cancro alla mandibola dall'età
matura sino alla fine dei suoi giorni) e di postillare un documento, che i
nazisti l'obbligarono' a firmare prima di lasciarlo partire da Vienna, con
la seguente frase: «Posso cordialmente raccomandare la Gestapo a chic
chessia ... »
Introduzione 9
sul piano, diciamo così, della politica psicoanalitica; e non c'è dubbio che
la sua metodica disciplina, il suo lealismo e il suo senso organizzativo ab
biano giovato al movimento psicoanalitico molto più che se questo fosse
stato nelle mani dello stesso Freud, o se vi avessero maggiormente influito
personalità originali ma indisciplinate quali Rank o Ferenczi. Lo stesso
Abraham, pur così perspicace e quadrato, era ben lungi dal possedere la
fermezza e l'ostinatezza di Jones, e non avrebbe potuto sostituirlo neppure
se la sua vita non fosse stata prematuramente troncata. Da questo punto
di vista, l'opera di Jones è e rimane unica, e la biografia giustamente riflette
la parte larghissima da lui avuta nel fare del movimento psicoanalitico una
solida compagine, e un vasto organismo internazionale.
L' OPUI magnum di Jones è stato variamente accolto e criticato. Agli en
tusiasmi incondizionati di taluni hanno fatto riscontro le obiezioni di coloro
che hanno voluto calcare la mano su certi aspetti un tantino scolastici (qual
cuno li ha detti addirittura pedestri) della sua esposizione, o sulla fatale
distanza intellettuale e spirituale che corse tra biografo e biografato. A noi
Introduzione II
sembra che insistere sui lati negativi dell'opera, accettando come cosa scon
tata l'enorme somma di lavoro e d'impegno ch'essa rappresenta, sarebbe
non soltanto ingeneroso, ma scioccamente parziale. Chi scrive non ha esi
tato a indicare in questa eccezionale trattazione qualche tratto secondo lui
discutibile: ma sente il dovere di ripetere che come non sarebbe stato con
cepibile un movimento psicoanalitico senza Ernest Jones, cosI non si può
ormai immaginare uno studio su Freud che prescinda da quanto Jones ha
raccolto e scritto nei suoi ultimi anni di vita, lottando disperatamente col
tempo mentre le forze gli venivano meno, per porre la parola «fine» a
questo suo grande testamento spirituale. Jones aveva - e lo riconosceva
un debito immenso verso Freud. La biografia che qui presentiamo è il suo
tributo: un tributo che Freud avrebbe probabilmente salutato con qualcuna
delle sue più personali e forse disincantate espressioni, ma di cui gli sarebbe
stato sommamente grato, cosI come fu sempre riconoscente a Jones per la
sua indefettibile abnegazione; cosI come tutti dobbiamo esserlo per la tecnica
e l'abilità da lui poste, negli anni più fatali e più decisivi della grande
vicenda psicoanalitica, al servizio del genio.
Emilio Servadio
VITA E OPERE DI FREUD
I: GLI ANNI DELLA FORMAZIONE E LE GRANDI SCOPERTE
1856-190 0
Ad Anna Freud
degna .fi~lia di un padre immortale
Prefazione
Questa non vuole essere una biografia divulgativa: molte infatti ne sono
state già scritte su Freud, non prive di gravi deformazioni della verità e
di inesattezze. Lo scopo della presente è semplicemente quello di registrare
i fatti salienti· della vita di Freud finché sono ancora accessibili, e quello
- più ambizioso - di tentare di ricondurre la sua personalità e le sue espe
rienze di vita allo sviluppo delle sue idee.
Un libro come questo non avrebbe incontrato l'approvazione di Freud.
Egli sentiva di aver già divulgato una parte più che sufficiente della sua
vita personale in molti punti dei suoi scritti - cosa che in seguito aveva
senz'altro rimpianto - e di avere perciò il diritto di mantenere privato
quanto gliene restava: il mondo avrebbe continuato a servirsi dei contri
buti da lui forniti allo scibile ed avrebbe dimenticato la sua personalità.
Però il pentimento per le confessioni già fatte giunse in ritardo. Gente
in mala fede era già intenta a deformare passi isolati dei suoi scritti in
modo da avvilire il suo carattere, e l'unica maniera di ristabilire la verità
era quella di fare una esposizione ancora più completa della vita di Freud,
sia intima che ufficiale. I familiari di Freud rispettavano comprensibilmente
il suo desiderio di riservatezza e lo condividevano fino al punto di fargli
talvolta da scudo contro un pubblico soltanto curioso. Gò che fece cam
biare il loro atteggiamento fu la consapevolezza delle molte false storie
inventate da gente che non aveva mai conosciuto Freud, storie che si an
davano a poco a poco accumulando fino a diventare una vera e propria
leggenda. Allora essi decisero di fornirmi il loro appoggio incondizionato
nello sforzo di presentare al pubblico un resoconto della vita di Freud
quanto più possibile veritiero.
Si ammette di solito che i grandi uomini, a causa della loro superiorità,
18 Prefazione
AnI., Marie Bonaparte, Anna Freud, Ernst Kris, Aus den Anlangen der
Psychoanalyse, London, Imago, 1950. (La traduzione inglese fu pubblicata
nel 1954 dalla Basic Books Inc.)
Aph., Freud, Zur AuffaJJung der Aphasien, Vienna, Deuticke, 1891.
Auto., Freud, An Autobiographical Sludy, tradotto da James Strachey, London,
Hogarth, 1935
BI. (1). Siegfried e Suzanne Cassirer Bernfeld, Freud's Barly Childhood,
«Bulletin of the Menrunger Clinio>, VIII, luglio 1944, 107-115.
BI. (2). Siegfried Bernfeld, Freud's Barliesl Theories and Ihe School 01 Helm
holtz, «The Psychoanalytic Quarterly», XIII, luglio 1944, 341-362.
BI. (3). Siegfried Bernfeld, An Unknown Autobiographical Fragment by Freud,
«The American Imago», IV, agosto 1946, 3-19.
BI. (4). Siegfried Bernfeld, Freud's Scientific Beginnings, «(The American Ima
go», VI, settembre 1949, 163-196.
BI. (5). Suzanne Cassirer Bernfeld, Freud and Archaeology, «(The American
Imago», VIII, giugno 1951, 107-128.
BI. (6). Siegfried Bernfeld, Sigmund Freud, M. D., 1882-1885, <dnternational
Journal of Psycho-Analysis», XXXII, luglio 1951, 204-217.
BI. (7). Siegfried e Suzanne Cassirer Bernfeld, Freud's First Year in Practice,
1886-1887, «(Bulletin of the Menninger Clinic», XVI, marzo 1952, 37-49.
c.P., Freud, Collected PaperI, 5 voli., London, Hogart, 1924-1950.
G. c., Geheime Chronik, La cronaca tenuta segreta da Freud e Martha Bernays
durante il loro fidanzamento.
G.s., Freud, Gesammelte Schrilten, 12 voli., Vienna, Internationaler Psycho
analytischer Verlag, 1925-1934.
G.W., Freud, Gesammelte Werke, 18 voli., London, Imago, 1940-1952.
1.1., <dnternational Journal of Psycho-Analysis» Baillière, Tindall and Cox,
London.
Elenco delle abbreviazioni
I due rami rimasero tuttavia in contatto, e Freud nelle sue lettere allude
spesso agli inviti dei parenti romeni, a Vienna e a Parigi. Uno di loro,
Moritz Freud, sposò una sorella di Freud, Marie, nel marzo 1886.
Il bisnonno di Freud era il Rabbino Ephraim Freud, e suo nonno il Rab
bino Schlomo Freud. 4 Quest'ultimo mori il 21 febbraio 1856, poco prima
che Freud nascesse, e fu perciò che gli fu imposto il nome ebraico di
Schlomo."
Il padre di Freud, Jakob, nato a Tysmenitz, in Galizia, il 18 dicembre
1815,6 e morto il 23 ottobre 1896,7 era commerciante, e si occupava
specialmente di lana. Si sposò due volte, e dal primo matrimonio, con
tratto a diciassette anni, ebbe due figli, Emanuel, nel 1832 o 1833, e
Philipp, nel 1836. A quarant'anni, il 29 luglio 1855, sposò a Vienna
Amalie Nathanson,B che visse dal 18 agosto 1835 al 12 settembre 1930.
Perciò, con un padre vissuto ottantun anni ed una madre che ne visse
novantacinque, Freud era naturalmente destinato a vivere a lungo, ed ave
va infatti una vitalità tale che avrebbe largamente superato gli ottantatré
anni che visse, se non fosse stato per il cancro che lo colpI. Di Jakob Freud
si sa che era un po' più alto del figlio, che somigliava a Garibaldi, e che era
di buon carattere e molto amato da tutta la famiglia. Freud diceva di essere
fisicamente, e fino a un certo punto anche mentalmente, la copia del padre, 9
e lo descriveva, un po' alla Micawber, come un uomo «che aspettava sem
pre, pieno di speranza, che qualcosa cambiasse».lo Al momento delle sue
seconde nozze era già nonno, poiché il figlio maggiore, che viveva con
lui ed aveva circa venti anni, aveva un figlio di un anno, John, che fu
seguito poco più tardi da una bambina, Pauline. Sigmund, perciò, nacque
zio, e questo fu uno dei tanti paradossi che la sua mente, sin dall'infanzia,
ebbe ad affrontare.
Della madre di Freud, tipo assai vivace, chi scrive conserva molti ri
cordi, che risalgono sia a Vienna che ad Ischl, dove essa soleva trascorrere
tutte le estati - e godersi le partite a carte fino a un'ora in cui tutte le
vecchie signore sono di solito a letto. Il sindaco di Ischl salutava i suoi
compleanni (che cadevano lo stesso giorno di quello dell' imperatore) con
un cerimonioso omaggio Boreale, sebbene, all'ottantesimo, egli avesse an
nunciato scherzosamente che tali visite, poco meno che regali, avrebbero
avuto luogo, da allora in poi, solo ogni dieci anni. A novanta anni essa
respinse il dono di un grazioso scialle, dicendo «che l'avrebbe invecchiata».
A novantacinque, sei settimane prima della sua morte, una sua fotografia
Le origini (1856-1860) 27
amici dei genitori di Freud ed avevano cinque figli: tre maschi (Alfred,
Richard ed Emil) e due femmine, una delle quali, Gisela, incontreremo
più avanti. La famiglia scampò alla crisi economica del 1859, rimase a
Freiberg e divenne facoltosa. Nel 1878 si spostarono a Vienna, ed i rap
porti tra le due famiglie si mantennero.
Quasi tutte le notizie sulla fanciullezza di Freud sono tratte dalle nume
rose allusioni contenute nei suoi scritti; però ve n'è una, anonima, degna
della massima attenzione. Si tratta dell'analisi di un ricordo di copertura,
pubblicata nel 1899 come parte dell'analisi di un presunto ex paziente che
chiameremo signor Y,25 mentre Bernfeld ha acutamente indicato che era
certamente una parte dell'autoanalisi di Freud, da lui attribuita poi a qual
cun altro. 26 Non è certo l'unico esempio di scritto anonimo di Freud, poiché
tali furono il primo saggio su Mosè (1914),21 ed il breve lavoro su Borne
(1920).28 L'introspezione sfoggiata da questo presunto signor Y, il modo
in cui espone come notizie recenti nella sua analisi fatti che avrebbero
dovuto essergli da tempo famigliari, le espressioni altamente caratteristiche
e lo stile che impiega, e infine la stretta corrispondenza tra i fatti riferiti
e quelli noti sull'ambiente che circondò precocemente Freud, rendono cer
tissima l'origine di questo scritto.
Freud aveva solo pochi ricordi coscienti dei suoi primi tre anni di
vita, e lo stesso può dirsi fino a sei o sette anni, ma nella sua autoanalisi
egli ne ricuperò senza dubbio molti, tra quelli importanti che aveva dimen
ticato. Tutto ciò gli accadde sui quarantadue anni, come egli stesso ci dice.
Tra i fatti dimenticati vi era una certa conoscenza del cecoslovacco che pure
aveva avuta; tra quelli ricordati (coscientemente) ve ne erano alcuni, abba
stanza banali di per sé, che presentavano un certo interesse solo perché
erano gli unici ad emergere in un mare d'oblio. Uno di questi era il fatto
che essendo entrato una volta nella stanza da letto dei genitori senza al
cuna curiosità (sessuale), ricevette l'ordine di uscire dal padre irritato. 29
A due anni Freud bagnava ancora il· letto, ed a rimproverarlo non era
sua madre, indulgente, ma suo padre. Egli si ricordò poi di avergli detto
in una di queste occasioni: «Non t'arrabbiare, papà; ti comprerò un bel
letto nuovo rosso, a Neutitschein» (il capoluogo della regione).3o Da tali
esperienze nacque la convinzione di Freud che fosse il padre a rappresen
tare per lui in modo tipico i principi del rifiuto, del divieto, della costri
zione e dell'autorità, cioè che il Pàdre rappresentasse il principio della realtà,
mentre la madre rappresentava quello del piacere. Tuttavia non vi è ragione
Le origini (1856-1860) 31
di pensare che suo padre fosse più severo di quanto lo siano di solito i
padri, anzi tutto fa pensare che fosse gentile, affezionato e tollerante, anche
se giusto ed obiettivo. Perciò, se Freud considerava il padre, come i ragazzi
della sua età, «l'uomo più potente, più saggio e più ricco»,13 era destinato
a una disillusione particolarmente amara.
Un incidente che egli invece non riusd a richiamare alla mente, è una
caduta dall'alto di uno sgabello, all'età di due anni,s2 nella quale batté
violentemente il mento sull'orlo del tavolo che stava esplorando alla ricerca
di qualche leccornia. Ne riportò una ferita che richiese qualche punto di
sutura, che sanguinò molto e dalla quale risultò Wla cicatrice perma
nente. S3
Un evento più importante, poco prima di questo, era stata la morte del
fratello Julius all'età di otto mesi, avvenuta quando Freud ne aveva di
ciannove. Prima della nascita del nuovo fratellino, Freud aveva goduto
da solo dell'amore e del latte della madre, e doveva quindi apprendere
con l'esperienza quanto possa essere forte la gelosia di Wl bambino. In
una lettera a Fliess (1897) egli confessa i malanni che augurava al suo
rivale ed aggiunge che l'avverarsi di tale augurio, con la morte del fra
tello, fece nascere in lui parecchi rimorsi, tendenza che da allora gli era
rimasta. 34 Nella stessa lettera egli racconta pure come la sua libido verso
la madre fosse stata ridestata dall' averla vista nuda in un' occasione tra i
due anni e due anni e mezzo. Il piccolo Freud fu dunque assalito molto
presto dai grossi problemi della nascita, dell'amore e della morte.
Si hanno molti motivi per pensare che durante la sua prima infanzia,
la persona più importante per Freud, dopo i genitori, fosse suo nipote
John, un bambino solo di un anno maggiore di lui. Erano amici insepara
bili, e vi è qualche accenno al fatto che i loro giochi non fossero sempre
del tutto innocenti. Tra di loro l'affetto, come è naturale, si alternava al
l'ostilità, ma è certo però che, almeno da parte di Freud, i sentimenti sorti
da questa amicizia erano molto più intensi che di norma. Più tardi, par
lando dei suoi ideali di fanciullo - Annibale e il maresciallo Massena
egli scrisse: «Forse lo sviluppo di questo ideale guerriero può esser fatto
risalire a molto prima, fino ai primi tre anni della mia infanzia, ed alle
ambizioni che i miei rapporti, ora amichevoli ora ostili, con un bambino
maggiore di me di un anno, potevano aver destato nel più debole di noi
due».s5 John era naturalmente il più forte, ma il piccolo Sigmund gli te
neva testa e gliele dava altrettanto sode di quelle che buscava. Egli dispo
Vita e opere di Freud
con il quale sarebbe stato costretto per la seconda volta a spartire il calore
e l'amore, prima esclusivo, di sua madre? La deformazione del corpo della
mamma89 svelò all'osservazione del bambino l'origine della neonata, ma
non il fatto che tutto si fosse polarizzato intorno a lei. E per di più,
nello stesso momento in cui la mamma stava a letto insieme con la nuova
bambina, la Nannie di Sigmund scomparve. Come egli seppe più tardi, era
stata sorpresa a rubare il suo denaro ed i suoi giocattoli, e avendo Philipp
insistito perché fosse arrestata,40 Nannie .fu mandata in prigione per dieci
mesi. 41 Sospettando che Philipp fosse responsabile della sua scomparsa,
Freud gli domandò che cosa avesse fatto di lei, e ricevette questa risposta,
scherzosamente ambigua: «Sie ist eingekastelt» (è stata messa dentro). Un
adulto avrebbe capito che questo significava «è stata chiusa in prigione»,
ma la mente del bambino la prese più alla lettera: <<e stata chiusa in una
cassa.» Questo episodio si ricollega all'affascinante analisi di un ricordo
d'infanzia, apparentemente incomprensibile, che Freud ebbe quarant'anni
dopo.42 Egli si rivedeva in piedi, vicino ad una cassa, nell' atto di doman
dare qualcosa, fra le lacrime, al suo fratellastro Philipp, che teneva aperto il
coperchio. Poi sua madre, notevolmente dimagrita (cioè non incinta), en
trava nella stanza, forse dalla strada. In un primo tempo Freud suppose
che questo ricordo si potesse riferire a qualcosa di spiacevole che egli
avesse subito da parte del fratello, e che fosse stato interrotto con l'appa
rizione di sua madre. L'analisi forni poi un quadro del tutto diverso del
l'episodio. Egli aveva smarrito la mamma, uscita probabilmente a passeggio,
e si rivolgeva ansiosamente al fratello cattivo che aveva messo Nannie
nella cassa, chiedendogli di risparmiare alla mamma la stessa sorte. Il fra
tello apriva gentilmente la cassa per rassicurarlo che la mamma non vi era
rinchiusa, dopo di che egli scoppiava in lacrime. L'ulteriore analisi rivelò
che la cassa simboleggiava l'utero, e che l'ansiosa domanda rivolta al
fratello riguardava non tanto l'assenza momentanea della madre, quanto
il dubbio sconvolgente che un altro fratellino, non gradito, si fosse inse
diato in quel posto essenziale. Philipp era capace di «metterè la gente nelle
casse», e il bambino aveva costruito la fantasia che il fratellastro e la sua
mamma, coetanei, avessero contribuito a generare Anna, la sorellina USUt
patrice. Questa esperienza, sembra aver avuto un effetto durevole, perché
Freud non amò mai quella sorella, ma evidentemente egli si abituò a possi
bilità del genere, cosicché la successiva suscitò il suo affetto. Infatti Rosa
divenne la sorella preferita, e Ad01.6na (001.6) le fu buona seconda.
2· I
34 Vita e opere di Freud
ancora appare chiaro che già allora Sigmund era affascinato dalla bellezza
della natura. Le impressioni delle scene agresti vissute nell' infanzia dura
rono a lungo, e per tutta la vita la contemplazione del paesaggio fu per
Freud un piacere dei sensi tra i più vivi. Egli crebbe in mezzo ai prati;
la stessa foresta dove il suo amato padre lo conduceva spesso, era a circa
mezzo miglio da casa.
Freiberg è una tranquilla cittadina del Sud-est della Moravia, vicino alle
rive della Slesia e 150 miglia a nord-est di Vienna. Pribor è il suo nome
cecoslovacco, infatti è d'origine ceca. Fu fondata nel 1215 dal conte Jaro
slav di Sternberk, colui che sbaragliò i Tatari nel 1241, e il re Vladislav II
la proclamò città libera nel 1493. Insieme a Breisach e a Brunn essa an
dava orgogliosa della resistenza opposta agli Svedesi nella Guerra dei Tren
t'Anni. La lingua principale era la ceca, ma gli Ebrei parlavano tra loro
in tedesco o in ebraico. La città era dominata dal campanile della chies;l
di S. Maria, alto duecento piedi, che vantava il miglior concerto di cam
pane della regione. Gli abitanti, che alla nascita di Freud erano circa cin
quemila, erano quasi tutti cattolici romani. Solo il due per cento era prote
stante, ed altrettanti erano gli Ebrei. Un bambino doveva immediatamente
notare che la sua famiglia non apparteneva alla maggioranza, e che non
andava mai in chiesa, e perciò i concerti di campane non suonavano per
lui amor fraterno, ma ostilità verso la minoranza dei miscredenti. Forse fu
proprio perché durava l'eco di quei concerti, che una notte, dopo tanto
tempo che sopportava la noia delle campane, Sigmund, per farla finita,
sognò che il Papa era morto.
Per il responsabile del benessere di questo piccolo nucleo famigliare, i
tempi erano più che difficili. Jakob Freud commerciava in lana, e negli
ultimi venti anni la manifattura tessile, industria principale della città, era
stata messa a terra. Infatti, come nel resto dell'Europa centrale, l'introdu
zione delle macchine aveva progressivamente messo in crisi il lavoro ma
nuale, e per di più la nuova linea ferroviaria del nord, che era partita da
Vienna verso il 1840, aveva evitato Freiberg, deviando il traffico da essa
e determinando una forte disoccupazione. L'inflazione che seguI la restau
razione del 1851 accrebbe poi la miseria della città, che a partire dal 1859,
anno della guerra con l'Italia, fu quasi completamente rovinata .
. Gli ~~ri ~i Jakob ne furono direttamente interessati, ma eventi ancor più
d1sgraz1atI glUnsero ad accrescere la sua ansia. Uno dei risultati della rivo
luzione del 1848-49 fu che il nazionalismo ceco acquistò importanza nella
Vita e opere di Freud
Freud ci ha insegnato che le basi del carattere vengono gettate fin dall'età
di tre anni, e che gli avvenimenti successivi possono modificare, ma non
alterano i tratti stabiliti a quell' epoca. A quell' età egli fu allontanato (pen
sando alle circostanze si potrebbe quasi dire strappato) dalla casa e dalla
felicità della sua prima infanzia. Perciò siamo portati a rivedere quel poco
che sappiamo di quel periodo ed a cercare di valutarne l'influenza sul suo
sviluppo ulteriore.
In conclusione, ed evitando ogni vana speculazione, Freud sembra esser
stato un bambino normale e robusto, per cui è meglio notare solo le poche
caratteristiche che distinsero le circostanze della sua esistenza da quelle
della media dei fanciulli. Sono poche ma importanti.
Era il primogenito, almeno di sua madre, e per un certo tempo fu il
centro di ciò che si potrebbe chiamare il nucleo famigliare, fatto signifi
cativo, in quanto ogni primogenito, bene o male, si distingue dagli altri
figli. Questa situazione può generare in un bambino un senso particolare
d'importanza e di responsabilità, come pure può riempirlo di inferiorità
per il fatto di essere il membro più debole della sua piccola comunità;
almeno finché non arrivi un altro bambino più piccolo di lui. Non c'è
dubbio che per Freud s'è verificato il primo caso: la responsabilità per
tutti i suoi parenti ed amici divenne un tratto preminente del suo carat
tere, e questa felice evoluzione fu certamente assicurata dall'amore, si può
dire dall'adorazione, di sua madre. La sua fiducia in se stesso si consolidò
talmente che venne poi scossa molto di rado.
D'altra parte questo prezioso possesso non poteva considerarsi definitivo.
Esso fu messo in palio, e Freud non poté evitare la sfida. Sebbene fosse
l'unico figlio maschio, c'era però suo nipote Jobo, al quale sarebbe sì
Vita e opere di Freud
spettato di diritto solo il secondo posto, ma che viceversa era più grande
e forte di lui. Fu necessaria tutta l'energia per lottare con lui e conservare
la posizione di primato.
Problemi più seri sorsero quando in Sigmund cominciò a farsi luce il
fatto che qualcun altro era in maggiore intimità con sua madre di quanto
lo fosse egli stesso: prima che egli avesse compiuto due anni, c'era già
per la seconda volta, e senza dubbi possibili, un altro bambino in viaggio.
La gelosia verso !'intruso e l'odio per chiunque avesse potuto sedurre sua
madre in un modo così sleale erano inevitabili, ma, trascurando la distri
buzione a lui ben nota delle persone di casa nei vari letti, egli respingeva
l'idea insopportabile che lo scellerato responsabile potesse essere proprio il
suo perfetto e caro papà. Per difendere il suo affetto per lui gli sostituì il
fratellastro Philipp, al quale attribuiva già la colpa di avergli portato via
la sua Nannie. Così tutto sembrava più verosimile e certamente meno
spiacevole: era ancora presto per venire alle prese con l'inevitabile pro
blema della realtà, e ci sarebbero infatti voluti ben altri sforzi, perché, in
quel mondo così costruito, la fantasia sembrava più ragionevole dei fatti,
e le apparenze più convincenti della realtà.
La soluzione da trovare era di ordine emotivo, non intellettuale, mentre
fin dagli inizi della sua esistenza Freud non fu mai soddisfatto delle solu
zioni puramente emotive. Egli aveva veramente la passione di caPire le
cose, e fin dall'inizio questo bisogno di comprendere s'inoltrò in un cam
mino senza via d'usàta. La sua intelligenla aveva ricevuto un compito
al quale egli non si sarebbe più sottratto finché, dopo quaranta anni, non
avesse trovato la soluzione destinata a renderlo immortale.
Note
l. Quando, nel 1931, i cittadini di Freiberg, ora Pcibor, affissero una lapide
commemorativa sulla casa in cui era nato Freud, si scopcl che nel locale
registro delle nascite la sua veniva attribuita al 6 marzo. Si tratta probabil
mente di un eccore del paccoco di allora, la cui spiegazione interessa solo lui.
Prima dell'ottobre successivo non ci furono altre nascite oltre quella di Freud.
Nel venire al mondo il piccolo Freud determinò quindi indirettamente una di
quelle sviste mentali che era destinato a chiarire quaranta anni dopo, da
professore.
2. G. W., XIV, 34.
3. Informazione di Lily Freud-Maclé, figlia di MoCÌtz e Marie Freud.
4. La parola «Rabbino)) era spesso solo un titolo di distinzione e non com
porta quindi per forza il significato di carica ecclesiastica.
5. Dalla Bibbia di famiglia di Ernst Freud.
6. Dopo il matrimonio egli decise insieme a· sua moglie di passare dal ca
lendario ebraico a quello gregoriano, e scelse come data della sua nascita
il l° aprile.
7. Coccispondenza inedita di Fliess, l° agosto 1898.
8. Vari biografi di Freud riferiscono questa data al 1851, interpretando er
roneamente un passo dell'Interpretazione dei sogni dove si paci a effettivamente
di 1851, ma con un diverso significato (Rachel Baker, Sigmund Preud, New
York, Messner, 1952, p.1). Sarebbe stato strano che una donna così feconda
non avesse avuto figli nei primi cinque anni di matrimonio. Notizie forniteci
da Haccy Freud, che possiede il certificato di matrimonio.
9. M., 19 luglio 1883.
11. Helen Walker Puner (Preud: His Lite and his Mind, New York, Crown,
1949, p.H) fa discendere Amalie «da un famoso studioso di Talmud del
Settecento, Nathan Halevy Charmatz di Brody)), ma nessuna delle numerose
autorità ebraiche da me consultate ha mai sentito nominare costui. t proba
bile che si trattasse di un ricco mercante protettore di studiosi (Becnfeld).
12. M., 18 aprile 1885.
Note
13. Deve aver riportato solo pene pecuruane, perché negli archivi della
polizia austriaca non figura a suo carico nessuna pena detentiva (G. W.,
II·III, 143).
14. M., lO febbraio 1886.
15. G. W., II·III, 488 n.
16. Ibill., p. 342 n.
17. Ibill., p. 198.
18. Ibill., p. 199.
19. IbU., XII, 26.
20. Ibill., I1-III, 2H.
21. Ricordo di scarsa importanza che viene messo al posto di un altro, più
importante e con esso associato.
22. G. W., II·III, p. 201.
23. Anf., p. 236.
24. L'affermazione di Kris, che «vivevano sotto lo stesso tetto» (Anf., p. 39)
non mi risulta provata, anzi sembra vero il contrario.
25. G.s., I, 472 sgg.
26. Bf. (3).
27 G.W., X. 172.
Emanuel aveva ventitré anni più di Freud, Philipp venti esatti. In una lette
ra a Fliess, poi, Freud ripete per due volte che il fratellastro in questione, di
venti anni maggiore di lui, era Philipp.
Si potrebbe notare la coincidenza (?) che il bambino con il quale Freud
ebbe le prime esperienze sessuali, nel periodo di Friburgo, si chiamava an
ch'egli Philipp. Sembra strano che egli si sia ricordato, e con un certo turba
mento, di questo nome, ma fu da suo fratello Philipp che aveva appreso qual
cosa sulla gravidanza (G. W., II-III, 589).
41. Anf., pp. 236-37.
42. G. W., IV, 58.
43. Anf., p. 237.
44. G.S., IV, 60 n.
45. Tranne che Quando essa diventò anziana (G.W., II-III, 217; XIII, 167).
46. Anf., p. 233. - .
47. lbid., p. 252.
48. G.s., I, 474; Anf., pp. 228, 234, 252, 304, 327.
49. Anf., p. 233.
50. G. W., II-III, 447 n.
II. Farlciullezza e adolescenza (1860- 1873)
Questo periodo della vita di Freud ci è meno noto del precedente. Egli
stesso non indagò e non scrisse su di esso cos1 come invece aveva_ fatto
con il periodo del primo sviluppo quando, a circa quarantun anni, cominciò
a preoccuparsene.'1 Quel poco che sappiamo è dovuto a sua madre e a sua
sorella,2 ed a qualche sporadico accenno successivamente fatto da lui stesso.
L'immagine che risalta da queste impressioni è quella di un «bambino
buono», seppure non esageratamente, e molto dedito alla lettura e allo
studio. Era il prediletto della mamma, la sua fiducia in se stesso gli diceva
che avrebbe compiuto qualcosa d'importante nella vita ed egli· ne aveva
effettivamente l'ambizione, sebbene la via da seguire fosse poi rimasta
a lungo incerta.
I primi anni trascorsi a Vienna furono naturalmente difficili. Più tardi
Freud era solito dire che ricordava molto poco del periodo compreso tra
i tre e i sette anni d'età: «Erano tempi duri, e non vale la pena di ricor
darli.» Gli mancavano molto la libertà e i divertimenti della campagna,
che non avrebbe più rivisto per tredici anni. C'erano, è vero, i parchi di
Vienna e in seguito le gite occasionali a Roznau, una stazione climatica
in Moravia, rese necessarie dalla tubercolosi di sua madre, ma quanto tutto
ciò era diverso dall' aperta campagna, dov' era stato cos1 felice! Ecco dunque
una buona ragione per non amare Vienna, alla quale si aggiunsero più
tardi altri due seri motivi. 8
I ricordi di Freud diventano continui dall'età di sette anni in poi, men
tre tra i tre e i sette anni ci sono noti solo cinque episodi. Il primo, riferito
da sua madre, consiste nel fatto che, dopo aver insudiciato una sedia con
le mani sporche, egli consolò la mamma dicendole che gliene avrebbe com
prata un'altra quando fosse diventato un grand'uomo.' Un altro esempio,
Fanciullezza e adolescenza (1860- 1873) 43
dunque, di ciò che noi chiamiamo oggi tendenza alla riparazione, ~he ha
lo stesso valore della promessa, fatta precedentemente al padre, di com
prargli un letto rosso, e che indica un affetto maggi~re dell'aggressività. Il
secondo episodio, più interessante, lo raccontava egh stesso, 5 e rappresenta
l'unico avvenimento di quel tempo, di cui egli serbasse ricordo. Quando
aveva cinque anni, suo padre diede a lui e a sua sorella un libro (un rac
conto di viaggio in Persia) incoraggiandoli a divertirsi strappandone via le
illustrazioni a colori. Non si trattava certo di un padre austero, tuttavia
questa forma di educazione, seppure bizzarra, ebbe un effetto. In seguito
Freud fece risalire a questo episodio la prima passione della sua vita, quella
di raccogliere e possedere libri, pur pensando che si trattasse di un ricordo
di copertura nei riguardi di qualcosa di ancora più primitivo. Un altro
ricordo riguarda l'occasione in cui, a sei anni d'età, sua madre gli disse
che gli uomini «polvere sono e polvere ritorneranno». 8 Avendo egli espresso
qualche dubbio circa questa sgradita asserzione, la madre strofinò le mani
una contro l'altra e gli mostrò i detriti di epidermide staccatisi, come cam
pione della polvere di cui siamo fatti. Il suo stupore fu enorme, e per la
prima volta ebbe sentore dell'inevitabile. Come egli ha scritto, «entrai a
poco a poco nell' idea che più tardi avrei sentito espressa nelle parole:
"Sei debitore di una morte alla natura."» Questa citazione, erronea, dal
l'Enrico IV di Shakespeare (Parte I, Atto V, Scena I, e Parte II, Atto III,
Scena II) non è tale perché Freud abbia sostituito «Dio» con «natura»
seguendo Goethe e vari altri classici, dal momento che egli stesso l'attri
buisce a Shakespeare in una lettera a Fliess. 7 Può darsi invece che si sia
ispirato al TriItram Shandy, opera che amava in modo particolare, e nella
quale Sterne ha usato la stessa sostituzione (Libro V, capitolo 111).8
Un altro episodio si ricollega al ricordo cosciente di aver urinato deli
beratamente nella. camera da letto dei genitori a sette od otto anni, e di
esser stato redarguito dal padre che esclamò testualmente: «Quel ragazzo
sarà sempre un buono a niente»,9 apprezzamento alieno dal suo abituale
orgoglio per il figlio. Freud scrive in proposito: «Questo dovette essere
un t!emendo ~ol~o per la mia ambizione, poiché nei miei sogni ricorrono
contInue alluslom a quella scena, e si associano costantemente aU'enume
r:u io.ne dei miei successi, come se io volessi dire: "Vedi, dopo tutto son
C1~SCl~O a qualcosa.:'» L'ultimo ricordo infine era un sogno d'angoscia, all'età
di sei o sette anm, che Freud analizzò molti anni dopo, risalendo ad un
44 Vita e opere di Freud
desiderio incestuoso rimosso. Sembra che questo sia stato il suo ultimo
sogno gravemente ansioso. lo
La prima residenza viennese dei Freud fu nella Pfeffergasse, una viuzza
nel quartiere di «Leopoldstadt», abitato prevalentemente da Ebrei, e situato
vicino ai campi e ai boschi del Prater. Il rapido accrescersi della famiglia
rese necessario il trasloco in una casa più spaziosa, nella Kaiser ]osefstrasse,
. dove vissero dal 1875 al 1885. Vi era un soggiorno, una stanza da pranzo,
tre camere da letto e un «gabinetto».l1 La sorella di Freud dice: «Ave
vamo molte stanze e vivevamo con larghezza», sebbene un appartamento
del genere non sembri eccessivo per otto persone. Si sa inoltre che il
padre ricevette spesso aiuti economici dalla famiglia della moglie, per cui
la «larghezza» con cui vivevano è senza dubbio un eufemismo. Non vi era
stanza da bagno, ma ogni quindici giorni un paio di robusti facchini sca
ricavano in cucina una grossa tinozza di legno, con parecchi barili di ac
qua calda e fredda, e venivano a ritirarli il giorno seguente. Quando poi
i bambini furono abbastanza grandi, la mamma cominciò a condurli a uno
dei tanti bagni pubblici. Il «gabinetto», una camera lunga e stretta separata
dal resto dell'appartamento con una finestra che guardava sulla strada, fu
assegnata a Sigmund. Conteneva un letto, qualche sedia, uno scaffale ed
uno scrittoio, e Freud vi visse e vi lavorò finché divenne interno degli
ospedali. In tutti gli anni della scuola e dell'università, l'unico cambia
mento che avvenne in quella stanza fu la progressiva comparsa di scaffali
zeppi di libri. Durante l'adolescenza egli consumò perfino il pasto della
sera in camera sua, in modo da non perdere nulla del tempo dedicato allo
studio. Aveva una lampada a olio per sé, mentre nelle altre camere da
letto vi erano solo candele.
Si può avere un'idea della considerazione in cui la famiglia teneva i suoi
studi, da un triste ricordo di sua sorella. Quando ebbe compiuto otto anni,
la mamma, che amava molto la musica, le permise di studiare il pianoforte.
Siccome però il «gabinetto» era poco distante, il suono disturbava talmente
il giovane studente, che questi insisté perché il piano fosse eliminato. Cosl
avvenne, e perciò nessuno in famiglia ebbe un'educazione musicale, cos1
come non la ebbero più tardi i figli di Freud. La sua avVersione per la
musica fu una delle sue ben note caratteristiche, ed è vivo il ricordo della
penosa espressione del suo volto nell'entrare in un locale dove suonasse
un' orchestra, e quanto presto le sue mani finissero per coprire le orecchie
infastidite. Tuttavia, come vedremo, la cosa non finiva qui.
Fanciullezza e adolescenza (1860- 1873) 4S
con la quale poter confezionare bendaggi per loro (i cos1 detti charpie),
che erano i predecessori del cotone da medicazione. Le ragazze lo fecero
a scuola, e Sigmund chiese ai suoi insegnanti di organizzare la confezione
di bende anche nelle classi maschili.29
Il piccolo Sigmund era realmente assorbito dai suoi studi, e lavorava
duro. La lettura e lo studio riempivano gran parte della sua vita, e spesso,
sia negli anni della scuola che in seguito, si chiudeva nel «gabinetto>)- a
discutere di cose serie con gli amici che venivano a fargli visita, con gran
disappunto delle sorelle, che dovevano stare in guardia per il passaggio dei
giovani attraverso la loro stanza. Un'interessant~ caratteristica di Freud era
la sua predilezione per le estese monografie sui singoli argomenti, rispetto
alle concise notizie dei libri di testo,80 predilezione che conservò fino agli
ultimi anni, nelle sue letture di archeologia. Egli leggeva molto al di
fuori dei veri e propri studi, sebbene il primo romanzo egli stesso ci dica
di averlo Ietto a tredici anni. 81
Aveva una notevole facilità per le lingue, e infatti, oltre a essere indi
scusso padrone della prosa tedesca, si trovava perfettamente a suo agio con
il greco e il latino, divenne un profondo conoscitore del francese e del
l'inglese, e studiò da sé l'italiano e lo spagnolo. L'ebraico poi, lo aveva
appreso naturalmente. Amava l'inglese in modo speciale, e una volta mi
disse che per dieci anni non aveva letto altro che libri inglesi. Soprattutto
leggeva e rileggeva Shakespeare, che aveva cominciato a conoscere a otto
anni82 e di cui aveva sempre pronta una citazione al momento giusto. Ne
ammirava in special modo la superba potenza espressiva e anche più la
conoscenza, cos1 vasta, della natura umana. Ricordo qualcuna delle sue
bizzarre idee sull'autore inglese: diceva che la sua fisionomia non poteva
essere quella di un anglosassone, ma poteva invece essere francese, e sug
geriva che il nome Shakespeare derivasse dalla corruzione di Jacques Pier
re. 38 Voleva che io eseguissi uno studio sulla teoria baconiana e che la
confutassi per mezzo di interpretazioni psicoanalitiche. Non che egli fosse
un baconiano, come il suo maestro Meynert,84 anzi riteneva opportuno pro
vare la falsità di quell'ipotesi. Aveva pure compatito l'entusiasmo di Mey
nert per quell'idea, con una saggia osservazione: «Se cosÌ fosse, Bacone
sarebbe stato uno dei cervelli più notevoli che il mondo ha prodotto,
mentre mi sembra più opportuno dividere l'opera di Shakespeare tra pa
recchi rivali, piuttosto che farla gravare su un altro grand'uomo insieme a
lui.»s5 Tuttavia più tardi sembrava molto convinto che il conte di Oxford
Fanciullezza e adolescenza (1860- 1873) 49
fosse il vero autore delle opere, ed era piuttosto seccato del mio scetticismo
in proposito.
Un «Gentile» avrebbe detto che Freud aveva poche caratteristiche netta
mente ebraiChe, la più spiccata delle quali era forse la passione di rac
contare aneddoti e barzellette ebraiche. 38 Comunque egli si sentiva ebreo
fino al midollo, e questo evidentemente significava molto per lui. Aveva
quella sensibilità, comune agli Ebrei, per i minimi accenni di antisemitismo,
e si faceva ben pochi amici che non fossero ebrei. Si opponeva energica
mente all'idea che gli Ebrei fossero asociali o comunque inferiori 31 e do
veva aver molto sofferto fin dai tempi della scuola e specialmente all'Uni
versità a causa dell'antisemitismo che ferveva a Vienna, e che mise fine per
sempre alla fase di entusiasmo per il nazionalismo tedesco che Freud aveva
attraversata nei suoi primi anni. 88
La sottomissione era estranea alla sua natura, e suo padre non riacquistò
mai il posto che aveva occupato nella sua stima dopo la penosa occasione
in cui raccontò al figlio che un «Gentile» gli aveva strappato il ber
retto nuovo di pelliccia e, gettandolo nel fango, 'gli aveva gridato: «Ebreo,
scendi dal marciapiede»,39 e al figlio che, indignato, gli chiedeva che cosa
avesse allora fatto, rispose calmo: «Sono sceso nel rigagnolo e ho raccolto
il berretto.» Questa mancanza d'eroismo da parte dell'uomo che gli era
modello colpl il ragazzo, e lo portò a paragonare mentalmente questo epi
sodio con il comportamento di Amilcare, che aveva obbligato il figlio An
nibale a giurare vendetta contro i Romani sull' altare domestico. Evidente
mente s'identificava con Annibale, ed egli stesso diceva che da allora An
nibale era entrato a far parte delle sue fantasie.
Durante il suo sviluppo Freud attraversò indubbiamente una fase mili
tarista, che fece più tardi risalire alle lotte con suo nipote da bambino.
Uno dei primi libri che passarono per le sue mani dopo che ebbe appreso
a leggere fu Il Consolato e l'Impero di Thiers, e Freud ci racconta come
egli avesse attaccato sul dorso dei suoi soldati di legno tante targhette con
i nomi dei marescialli di Napoleone. 40 Massena, generalmente ritenuto ebreo,
era il suo favorito, ed il fatto di esser nati entrambi nello stesso giorno
(a parte un secolo di differenza) lo spingeva a venerarlo. f1 La guerra franco
prussiana, scoppiata quando egli aveva quattordici anni, acuì il suo inte
resse già vivo. Infatti la sorella racconta che egli teneva una grande carta
geografica sul suo tavolo, sulla quale seguiva la campagna nei particolari,
e che parlava alle sorelle della guerra in generale e dell'importanza dei
so Vita e opere di Freud
ciò era tutta colpa di suo padre. Naturalmente la fantasia era accompa
gnata, sebbene del tutto inconsciamente, da un' altra più profonda e chia
ramente erotica. L'intero episodio fu più tardi associato nella sua mente
alla scoperta che suo padre ed il fratellastro Emanuel avevano proget
tato di sviarlo dai suoi interessi intellettuali, sostituendoli con altri più
pratici, per cui egli avrebbe dovuto sistemarsi a Manchester e sposare la
figlia di Emanuel, Pauline, altra sua compagna di giodù nell' infanzia.
Così Gisela Fluss e Pauline furono identificate l'una all'altra. L'episodio
sentimentale con la prima e la fantasia erotica inconscia che l'accompa
gnava, devono aver risuscitato la fantasia infantile dello stupro di Pauli ne
(e senza dubbio, in ultima analisi, anche di sua madre). Questa è la ragio
ne per cui Freud era cosi riservato su questo episodio: esso contiene le due
metà del suo complesso di Edipo.
Di fronte alla difficoltà di sistemarsi economicamente a Vienna, egli
riBetté 'spesso all'occasione perduta di una vita più facile, che abbiamo
or ora visto, e pensava che si sarebbe potuto dire molto in favore del
progetto di suo padre. Ma esso non doveva avverarsi. La fanciulla lo lasciò
indifferente52 quando egli la vide nel suo viaggio a Manchester a di
ciannove anni,53 e questo può benissimo essere stato uno dei fattori che
lo convinsero a insistere nella carriera scientifica. Se il fascino di Pauline
avesse uguagliato quello della bella campagnola, molte cose sarebbero
state differenti a questo mondo.
Note
20. V. p. 29.
21. Lettera inviata a Freud dalla madre il 5 luglio 1886.
22. Il Leopoldstadter Kommunalreal. und Obergymnasium. Esso assume il
nome di Sperlgymnasium dopo il 1870, quando fu trasferito dalla Taborgasse
alla Sperlgasse.
23. Registri dello Sperlgymnasium (Bernfeld).
24. Quando sua sorella dice che fu il primo della classe per otto anni, e
che fu licenziato a diciotto, commette due errori. Il dott. Bernfeld ha riesuma·
to dai registri scolastici i voti riportati da Freud in ogni semestre!
25. I voti in tedesco furono, rispettivamente, befriedigend, lobemwert e
alugezeichnel.
26. Riferendosi all'etimologia della parola: personale, originale (cf. idio·
matico).
27. I.Z., XXVI (1941), 5.
28. Bernays, op. cito
29. lbid.
30. G.W., II· III, 178.
31. Riferendosi probabilmente a un romanzo moderno, perché aveva già let·
to i classici tedeschi (G.W., II·II1, 211).
32. M., 14 gennaio 1884.
33. Mi disse in seguito di aver appreso questa ipotesi dal prof. Gentilli, di
Nervi.
34. M., 22 giugno 1883.
35. lbid.
36. Nel 1897 disse ad un amico che stava facendo una raccolta di aneddoti
della saggezza ebraica (Anf., p. 224).
37. L'affermazione di Helen Puner, che a Freud rincrescesse di essere ebreo
è assolutamente infondata.
38. G. W., II·II1, 328.
39. lbid., p. 203.
40. lbid.
4l. Non è del tutto esatto. Si tratta di una data discussa, ma la Principessa
Murat è stata cosi gentile da esaminare il certificato di nascita in possesso di
suo fratello il Duca di Rivoli, pronipote di Massena, e la data che vi figura
è il 6 settembre 1759.
42. n dialogo era preso da una versione giovanile dei Mamadieri di Schiller
(Atto IV, scena V), ma nell'allusione che Freud fece all'episodio non parlò
del contenuto parricida della scena.
43. G. W., II·III, 427.
44. I miei sospetti hanno trovato conferma in una osservazione che ho tro·
vato in una lettera scritta a Martha Bernays (1° luglio 1882). Il futuro cogna·
to di Freud, Eli Bernays, gli aveva regalato poco tempo prima una copia della
Dichiarazione d'Indipendenza. Invece non si fa cenno alcuno della storia rac·
contata dalla sorella di Freud, Anna.
45. G. W., II·III, 447.
Note 55
rali, e non avevo compreso che l'osservazione è uno dei mezzi migliori per
soddisfarIa. I primi rapporti con la mia famiglia, la storia della Bibbia
(quando non avevo quasi ancora imparato a leggere) avevano avuto un ef
fetto prolungato sull'orientamento dei miei gusti, come riconobbi più tar
di. Sotto il potente influsso di un'amicizia di scuola con un ragazzo mag
giore di me, allevato con l'idea di divenire un grande uomo politico, co
minciai a desiderare di studiare legge come lui, e di impegnarmi nelle at
tività sociali. D'altra parte, le teorie di Darwin, allora di scottante attua
lità, mi attiravano fortemente, in quanto suscitavano le speranze di favo
losi progressi nella comprensione del mondo. Fu infatti dopo aver sentito
il professor CarI Briihl8 leggere ad alta voce il saggio di Goethe sulla Na
tura in una conferenza pubblica, poco prima che finissi la scuola,' che mi
convinse a diventare studente di medicina.»5
Un'altra versione è questa: «Dopo quarantun anni di attività medica, la
conoscenza che ho di me stesso mi dice che non sono mai stato un medico
nel vero senso della parola. Lo sono diventato dopo essere stato spinto a
deviare dai miei propositi originari, ed il più grande successo della mia vita
consiste per me nell'esser tornato sui miei primi passi dopo un viaggio
lungo e tormentato. Non mi risulta che da giovane io abbia avuto un sin
cero desiderio di aiutare l'umanità sofferente. Le mie tendenze sadiche in
nate non erano molto forti, e perciò non ho avuto bisogno di coltivare
la medicina, che ne è una derivazione. Non ho mai giocato "ai dottori"
perché evidentemente la mia curiosità infantile aveva scelto altre vie. Invece
nella mia gioventù ho sentito un bisogno prepotente di capire qualcosa
degli enigmi del mondo in cui viviamo, e forse anche di contribuire un
poco alla loro soluzione. Il mezzo più opportuno per raggiungere questo
fine mi sembrò quello di iscrivermi alla facoltà di medicina. Anche allora
mi cimentai - senza successo - con la zoologia e la chimica, finché alla
fine, sotto l'influenza di Briicke, la cui enorme autorità mi influenzò più
di ogni altra nella vita, mi dedicai alla fisiologia, che però a quei tempi
era troppo strettamente limitata all'istologia. A quell'epoca, pur avendo già
superato tutti gli esami, nessuna branca della medicina mi aveva parti
colarmente attratto. Finalmente il maestro che rispettavo cosI profondamen
te mi fece capire che, date le mie ristrette possibilità materiali, non avrei
mai potuto intraprendere una carriera teorica, e cosI passai prima dall'isto
logia del sistema nervoso alla neuropatologia e quindi, sollecitato dalla
novità, cominciai ad occuparmi delle nevrosi. In ogni modo non credo che
S8 Vita e opere di Freud
sua vita familiare, ed il suo stesso caso potrebbe essere una riprova del
suo detto che i primi due o tre anni di vita sono decisivi per la formazione
del carattere e della personalità.
A questo punto cade opportuno un interessante passo di Bernfeld: «Le
fantasie infantili ed i sogni ad occhi aperti di Freud adolescente, per quan
to ci è noto non ci fanno presentire il futuro creatore della psicoanalisi.
Sarebbero più appropriati per un generale, un riformatore o un grande af
farista piuttosto che per l'ascoltatore paziente e servizievole di lamentele
piccine, di storie noiose e dei racconti di sofferenze irragionevoli. C'è un
abisso tra il bambino che divorava i capitoli di Thiers sulle imprese di Na
poleone, e che si identificava al maresciallo Massena, duca di Rivoli e prin
cipe di Essling, e lo psicoanalista che allegramente ammette di poter con
trollare in fondo assai poco quei sintomi e quei disturbi che ha appreso
a comprendere tanto bene. A dodici anni, egli si ritiene ancora un candi
dato al rango di ministro. Adolescente, decide di diventare avvocato e di
darsi alla politica, poi, a diciassette anni, poco dopo la licenza superiore,
improvvisamente recede dai propositi di dominio sui suoi simili, e si rivolge
al più affascinante dominio della natura attraverso la scienza. Decide di
studiare storia naturale, l'odierna biologia. La potenza, il prestigio e il
benessere sono diventati per lui solo fatti contingenti, e non si cura che
di essere un grande scienziato.»9 '
Bernfeld adombra qui l'importante questione del «dominio dell'uomo»
e della sua ricerca. Si pensa comunemente che questo atteggiamento sia ca
ratterisico solo degli uomini di carattere aggressivo e dominatore, di cui pur
troppo abbiamo visto recentemente molti noti esempi. La psicoanalisi ha in
vece dimostrato che si tratta di una caratteristica umana universale, che può
però assumere molte forme diverse, alcune evidenti, altre irriconoscibili.
Per di più, non è giusto considerarla come una tendenza puramente aggres
siva, poiché gran parte della sua motivazione è in realtà l'espressione di
profonde paure dell'infanzia. Il senso di malvagità ad esso connesso - sia
primordiale che consecutivo alle introiezioni - viene di solito proiettato al
di fuori, su altri esseri umani, nel tentativo di dominare l'aggressività.
Tuttavia ora che la malvagità è passata all' esterno, il vantaggio di questa
espulsione è controbilanciato dalla paura di non poterla più controllare.
Donde il bisogno di compiere sforzi per influenzare, controllare, o, in casi
estremi, dominare i propri simili.
Questa digressione di carattere teorico, apparentemente fuori luogo, ha
60 Vita e opere di Freud
Se qualche volta egli raggiunse una posizione simile, fu solo come con
seguenza indiretta del rispetto che si tributa ad ogni grand'uomo.
G si potrebbe giustamente chiedere se il profondo mutamento che Freud
subì, sia stato determinato dall'intensa vicenda sentimentale descritta nel
brano autobiografico anonimo del quale si è detto. Poiché quello fu uno
degli episodi significativi della vita di Freud, e può indubbiamente aver
avuto un peso nella scelta della sua carriera, è importante sapere se esso
si verificò effettivamente in quel periodo oppure un anno prima, per cui
vanno ricordati gli argomenti in favore di ciascuna delle due ipotesi. Il
protagonista del racconto, il signor Y, avrebbe visitato la sua vecchia casa,
dove la vicenda si svolse, all' età di diciassette anni, cioè nelle vacanze
successive all'esame di licenza, proprio quando Freud stava decidendo la
scelta della sua carriera, cioè in un periodo in cui una vacanza speciale
poteva cadere proprio a puntino. Secondo sua sorella, il padre era cosI sod
disfatto del risuitato ottenuto all'esame d'ammissione all'Università che
premiò il figlio con la promessa di un viaggetto in Inghilterra. Essa aggiun
ge pure che il viaggio avvenne «poco dopo», ma può darsi che lo confonda
con la vacanza a Freiberg, dal momento che Freud (del quale non si può
dubitare) si attribuisce diciannove anni, e non diciassette, all'epoca del viag
gio in Inghilterra. lo Inoltre nell'estate del 1873 vi fu a Vienna il crollo
dello Stock Exchange, per cui non era certo il momento più propizio per
imbarcarsi in una vacanza costosa, che quindi dové essere probabilmente
rimandata di due anni. :e probabile che il padre di Freud abbia deciso il
più modesto soggiorno a Freiberg proprio per consolare il figlio della
delusione di non poter andare in Inghilterra dai fratelli.
D'altra parte, in una lettera al sindaco di Freiberg, per l'affissione di
una lapide in suo onore (1931), Freud dice di ave! visitato per l'ultima
volta la sua città natale a sedici anni «quando era ancora studente»,ll
(mentre non lo sarebbe più stato nelle vacanze dell'anno successivo), e per
non tener conto di un'affermazione cosI precisa sarebbero necessarie prove,
non supposizioni. La precisione di questo suo ricordo è poi suffragata da
due altri fatti: l. nell'Interpretazione dei sogni egli dice di aver impa
rato a memoria una filastrocca ceca a diciassette anni 12 - ciò che dovrebbe
essere quasi certamente accaduto a Freiberg; 2. il signor Y, nella storia
del ricordo di copertura; dice di essere andato a visitare i suoi parenti
all'~stero tre anni dopo l'episodio riferito. Freud aveva dunque diciannove
anOl quando andò in Inghilterra.
Vita e opere di Freud
Cosi possiamo supporre che. come Freud fissò a trentotto anni l'età
del signor Y nel racconto del ricordo di copertura, mentre egli ne aveva
in realtà quarantatré, allo stesso modo spostò l'età dell'episodio sentimen
tale da sedici a diciassette anni,13 Si sa che negli anni successivi, quan
do l'aver rivelato se stesso ebbe molto aumentato il rischio di essere
riconosciuto nel suo presunto paziente, egli prese tutte le misure per na
scondeme la vera identità, tanto era importante per lui mantenere il segre
to. Questo è da attribuirsi forse al rapporto che quell' esperienza aveva
con i suoi impulsi infantili proibiti e rimossi, legame che egli stesso men
ziona. Sembra ragionevole supporre che la scoperta di poter essere tra~
scinato dall'emersione improvvisa di impulsi provenienti dal profondo, ed
il dolore di constatare che un'esperienza simile era stata vana, avessero su
scitato in lui una reazione penosa. Poteva quest'onda di sessualità rimossa
essere stata uno dei fattori che lo distolsero cosi violentemente dalle fortune
dell'ambizione mondana e lo sospinsero verso la fredda fiamma dell'idea
lismo indicata dalla ragione? Passarono dieci anni prima che egli s'azzar
dasse ad innamorarsi ancora, ma stavolta con più successo. .
Per tornare alla scelta della professione, si può dire che Freud pos
sedeva un'intelligenza molto ordinata (cosi come lo erano le sue abitudini)
e che la sua capacità di organizzare i fatti in costruzioni sistematiche era
senza dubbio notevole: ne sono una prova il modo in cui ordinò la bi
bliografia sulle paralisi cerebrali infantili o quella sui sogni. D'altra parte
però, egli disprezzò alquanto la precisione e la definizione rigorosa, rite
nendole noiose e pedanti, e certo non avrebbe mai potuto diventare un
matematico o un fisico o un campione di scacchi. Scriveva con facilità, na
turalezza e spontaneità, e trovava molto noioso correggere quello che aveva
scritto. I suoi traduttori mi daranno ragione se dico che le loro non ultime
difficoltà consistono proprio in quelle sue espressioni oscure o ambigue
che una revisione più attenta da parte sua avrebbe potuto facilmente evi
tare. Egli naturalmente se ne rendeva conto, e mi ricordo infatti che una
volta che gli chiesi perché avesse usato una certa frase dal significato
molto poco chiaro, mi rispose con una smorfia: «Pura sciatteria.»14 Ci im
battiamo qui in uno dei suoi lati più caratteristici, la sua insofferenza per
gli intralci e le remore. Amava invece abbandonarsi liberamente ai suoi
pensieri per vedere dove l'avrebberò condotto, lasciando provvisoriamente
da parte ogni esatta delimitazione, che si sarebbe sempre potuta considerare
in un secondo momento.
La scelta della professione ( 1873)
a Emil Fluss, nel quale esprime la sua paura della mediocrità e si rifiuta
di lasciarsi rassicurare dall'amico. Durante tutta la sua vita egli fu mo
desto circa le sue conquiste, ed ostentò la severa autocritica che si riscon
tra in coloro che si sono imposti mete elevate, o hanno concepito grandi
pretese. Una volta gli raccontai la storiella· di quel chirurgo il quale dice
va che, se avesse mai potuto raggiungere il trono dell'Eterno, si sarebbe
portato dietro un osso canceroso ed avrebbe chiesto all'Onnipotente di far
gli qualche confidenza in merito. La risposta di Freud fu: «Se mi trovassi
io in una situazione del genere, il principale rimprovero che· farei all'On
nipotente sarebbe quello di non avermi dato un cervello migliore.» n l'os
servazione di un uomo che non si lascia contentare facilmente.
L'evoluzione di Freud nei cinque anni che seguirono può essere facil
mente compresa se si considera lo stato d'animo che abbiamo cercato di
dipingere. Egli sarebbe stato uno studente laborioso e diligente, ma non
avrebbe eccelso nelle scienze «esatte». La biologia gli offriva una certa
comprensione dell'evoluzione della vita e dei 'rapporti dell'uomo con la
natura, più avanti l'anatomia e la fisiologia gli avrebbero insegnato la
natura fisica dell'uomo. Chi sa se questo arido viaggio lo avrebbe condot
to più vicino alla sua meta ultima, ai segreti della natura interiore del
l'uomo, verso i quali lo spingevano i suoi bisogni più profondi? Sappiamo
che lo studio dei mali fisici dell'uomo non lo aiutò, anzi lo ostacolò in
questo processo ed egli considerò sempre come suo vero trionfo il fatto
di essere finalmente riuscito a raggiungere la sua meta, seppure per una
via straordinariamente tortuosa. III
Note
~ . I
66 Note
va però del famoso Popper.Lynkeus che Freud citò con tanta riluttanza negli
anni successivi (vedi p. 430), in qpanto questi si sposò sul letto di morte.
14. S,h/amperei.
U. G.W., XIV, 290.
IV. Studente di medicina (1873-1881)
Non sorprende che lo studio della medicina, al quale Freud erà arriva
to in modo cos1 poco ortodosso, si sia svolto per lui· in maniera irregolare
e prolungata, tanto da richiedere oltre tre anni più del necessario. Negli
anni successivi egli raccontava che certi suoi colleghi gli avevano rinfac
ciato la sua lungaggine, cQme se fosse un ritardatario. In realtà vi erano
buone ragioni per questo ritardo, perché proprio i campi che egli aveva
supposto di attraversare speditamente, furono quelli in cui si sarebbe poi
soffermato per tutta la vita.
Freud entrò all'Università di Vienna nel 1873, cioè assai presto, a
diciassette anni. Le ricerche che il professor Vietor Kraft ha svolto negli
archivi dell'Università, su richiesta del dr. Bernfeld, hanno permesso di ri
costruire l'elenco completo dei corsi che egli segui durante tutti gli stu
di, cosicché oggi è possibile seguirlo passo passo.1 Freud stesso ammet
teva di aver seguito solo scarsamente gli studi strettamente inerenti alla
carriera medica e di non aver perso invece alcuna occasione per soffer
marsi su quelli che lo interessavano, che sarebbe come dire sconfinare nei
pascoli vicini.
Nel suo primo semestre, dall'ottobre 1873 al marzo 1874, firmò ventitré
ore di lezione alla settimana: dodici di anatomia e sei di chimica, più le
esercitazioni in entrambe queste materie. Nel primo semestre estivo, dalla
fine d'aprile a giugno inoltrato, ebbe ventotto ore settimanali di anatomia,
botanica, chimica, microscopia e mineralogia. Per un tipico eccesso d'inte
resse, segui pure un corso su «Biologia e darwinismo» tenuto dallo zoo
logoClaus, ed uno sulla «Fisiologia della voce e del linguaggio». A que
st'ultimo vide per la prima volta il famoso Briicke, che doveva poi diven
tare tanto importante per lui. Così passò il primo anno.
68 Vita e opere di Freud
vuoI dire che colui che è ammirato impersona un certo ideale con il quale
colui che è «influenzato» rivaleggia. Nel caso particolare non è difficile
scorgere di che ideale si trattasse: poteva essere solo quello dell' onestà
scientifica, unita ad una fede sviscerata per il valore etico di essa. La
parola «fede» cade qui opportuna, perché l'analogia tra questa posizio~e ~
quella dell'ideale religioso o politico non è certo remota. Come tutti gli
adolescenti, Freud sentiva il bisogno di «credere in qualcosa», e nel suo
caso questo qualcosa era la scienza con l'esse maiuscola.
Freud sarebbe poi rimasto per tutta la vita indefettibilmente ligio a
quell'aspetto della scienza che rappresenta un ideale di integrità intel
lettuale, quello di vedere la verità quanto meglio si può. Viceversa non
andava tanto d'accordo con un altro aspetto di essa, la precisione, perché
non era nella sua natura di legarsi all'esattezza e alla misurazione. Anzi,
ciò cozzava con certe sue tendenze rivoluzionarie, che tendevano ad infran
gere i limiti delle convenzioni e delle definizioni acquisite, e che un gior
no l'avrebbero fatto. Nei dieci anni successivi, tuttavia, queste tendenze
rimasero in forzata aspettativa, e Freud fece ogni sforzo per rientrare
nella «disciplina scientifica», per tenere a freno ciò che egli sentiva va
gamente in sé. Studiava bene, svolgeva ricerche utili, ma, almeno per
qualche anno, la disciplina fu conquistata a spese della sua naturale viva
cità ed immaginazione.
Briicke stesso era un magnifico esempio dello scienziato disciplinato
che Freud sentiva di voler diventare. Tanto per cominciare, era tedesco e
non austriaco, e le sue qualità erano l'opposto esatto della S(hlamperei
viennese, alla quale Freud doveva già esser stato anche troppo abituato,
e per la quale nutriva un genuino disprezzo, unito forse ad una timida e
servile simpatia.
L'istituto di Briicke era indubbiamente una parte importante di quel più
esteso movimento scientifico noto come scuola di Helmholtz. La curiosa
storia di questa scuola era cominciata nei primi quaranta anni del secolo,
con l'amicizia tra Emi! Du Bois-Reymond (1818-1896) e Ernst Briicke
(1819-1892), ai quali si erano subito uniti Hermann HeIrnholtz (1821
1894) e CarI Ludwig (1816-1895). Fin dall'inizio questo gruppo era stato
spinto da un vero spirito di crociata, tanto che nel 1842 Du Bois scriveva:
«Briicke ed io ci siamo impegnati con un solenne giuramento, a mettere in
opera questa verità: "Nell' organismo non agiscono altre forze al di fuori di
quelle, fisico-chimiche. In tutti i casi che non possono essere spiegati in tal
Vita t opere di Freud
nel suo aspetto dinamico: «Le forze si facilitano o si inibiscono l'una con
l'altra, si combinano o entrano in compromesso, ecc.»12
L'orientamento della sua evoluzione è molto strettamente connesso con
l'aspetto dinamico della fisiologia di Briicke. Infatti non solo l'organismo
è una parte dell'universo fisico, ma lo stesso mondo degli organismi è una
famiglia, e la sua apparente varietà è il risultato degli sviluppi diversi
che si verificano a partire dagli «organismi elementari», microscopici ed
unicellulari. Questo mondo comprende le piante, gli animali inferio~i e
quelli superiori, come pure l'uomo,' a partire dalle orde degli antropoidi
fino al culmine dell'attuale civiltà occidentale. In questa evoluzione della
vita non agiscono né spiriti, essenze o entelechie, né disegni superiori
o fini ultimi. Darwin aveva dimostrato che esisteva la speranza di raggiun
gere in un prossimo futuro una visione del modo in cui l'evoluzione si è
svolta. Gli entusiasti erano convinti che Darwin avesse dimostrato più di
questo, in quanto aveva già tracciato l'intero schema, e mentre gli scettici
e gli entusiasti si accapigliavano tra loro, i ricercatori attivi si accingevano,
occupatissimi e felici, a mettere insieme gli alberi genealogici degli orga
nismi, a colmare i vuoti, a riordinare il sistema tassonomico delle piante
e degli animali secondo i rapporti genetici, a scoprire serie di trasforma
zioni, a trovare, dietro le differenze manifeste, le identità omologhe.
Questo genere di fisiologia rientrava nella n1arcia generale della ci
viltà occidentale. Lentamente e continuamente essa era sorta e cresciuta
ovunque nei due o trecento anni precedenti, acquistando definitiva impor
tanza dalla fine del diciottesimo secolo ed aumentando rapidamente in ve
locità ed espansione dopo il 1830. Questa marcia, più debole in Germania
che in Inghilterra e in Francia, fu ivi interrotta dal periodo della Naturphi
IOJophie da circa il 1794 al 1830 .
. Si chiama cos1 quel monismo panteistico, vicino al misticismo, che, pro
fessato da Schelling, ripetuto, sviluppato e modificato da uno stuolo di
autori, fu avidamente accettato dalla media degli uomini colti e dalle si
gnore amanti delle lettere. L'Universo, la Natura, è un unico vasto orga
nismo formato da forze, attività, creazioni, conquiste, organizzate in eterni
conflitti, in polarità. La ragione, la vita cosciente, la mente umana rap
presentano solo un riflesso, un'emanazione di questo tumulto inconscio.
Idee come queste, che erano già state espresse prima e continuarono ad
esserlo poi, contengono il germe di alcune delle teorie scientifiche del di
ciannovesimo secolo e del nostro tempo, tuttavia non erano esse a rendere
74 Vita e opere di Freud
base alla sicura osservazione diretta. Solo dopo la pubblicazione del mio
lavoro ho trovato, nei riassunti della letteratura russa dello Stieda, quello
di un lavoro di Kutschin, che contiene notizie molto importanti sull'origine
delle radici posteriori. Grazie alla gentilezza del professor Stieda di Dor
pat, che mi ha inviato l'articolo originale, ho potuto esaminare le figure
di Kutschin, e convincermi che egli ha fornito, fin dal 1863, prove convin
centi dell' origine delle radici posteriori nelle cellule posteriori. In via di
giustificazione posso solo dire che le affermazioni di Kutschin erano quasi
completamente ignorate, forse anche perché le sue figure non erano potute
giungere agli istologi tedeschi.»
Grazie ad un perfezionamento della tecnica di preparazione, Freud sta
bill definitivamente che le cellule di Reissner «non sono altro che cellule
gangliari, che nei vertebrati inferiori, in cui la migrazione del tubo neurale
dell'embrione verso la periferia non è completa, rimangono all'interno del
midollo spinale. Queste cellule sparse segnano il cammino che le cellule dei
gangli spinali hanno compiuto nella loro evoluzione.» Questa soluzione del
problema delle cellule di Reissner era un trionfo di osservazione precisa
e d'interpretazione genetica~ uno tra le migliaia di quei piccoli contributi
che finalmente affermarono tra gli scienziati la convinzione dell'unità evo
lutiva di tutti gli organismi. Ma ciò che rappresentava veramente una no
vità, era la continuità genetica tra le cellule bipolari e le cellule uni polari.
Questo significava che le cellule del sistema nervoso degli animali inferiori
possedevano una continuità con quelle degli animali superiori, e che la
netta separazione fino allora accettata non avèva più ragion d'essere.
Freud aveva fatto una scoperta sul Petromyzon: «Le cellule dei gangli
spinali di questo pesce sono state considerate per lungo tempo bipolari (cioè
munite di due prolungamenti), mentre quelle dei vertebrati sono uni polari.»
Egli colmò questo vuoto tra animali inferiori e superiori: «Le cellule ner
vose del Petromyzon presentano tutte le fasi di transizione tra la uni- e la
bipolarità, ivi comprese le cellule bipolari con prolungamento a T.» Questa
pubblicazione era senza dubbio molto al di sopra del livello di un princi
piante, sia per contenuto che per esposizione e discussione, e qualunque
zoologo sarebbe stato orgoglioso di una scoperta come quella. Briicke la
presentò all' Accademia il 18 luglio 1878, ed un mese dopo essa uscì sul
«Bollettino». Era lunga ottantasei pagine.
Lo stesso problema costituì l'obiettivo della successiva ricerca di Freud,
che egli stesso scelse e portò a termine nei mesi estivi del 1879 e 1881.
80 Vita e opere di Freud
alla traduzione di un libro di John Stuart Mill, la prima delle cinque grosse
opere che tradusse. Il lavoro gli piaceva, poiché come traduttore egli era
particolarmente dotato. Invece di trascrivere faticosamente dalla lingua stra
niera parola per parola, le espressioni idiomatiche e tutto il resto, egli soleva
leggere un brano, chiudere il libro, e chiedersi come uno scrittore tedesco
avrebbe buttato giù le stesse idee nella sua lingua, tecnica per la verità
non molto frequente tra i traduttori. Eppure il suo lavoro era, al tempo
stesso, brillante e veloce. Questa rimase l'unica opera, originale o tradotta,
da lui pubblicata, che non avesse rapporto con i suoi interessi scientifici,29
e per quanto il contenuto del libro potesse probabilmente interessarlo, il
principale motivo per cui lo tradusse fu senza dubbio quello di ammazzare
il tempo e, al tempo stesso, di guadagnare qualcosa.
L'opera omnia di Mill veniva pubblicata in Germania a cura di Theodor
Gomperz, filosofo e storico che a Vienna riscuoteva larga fama. Cinquanta
anni dopo suo figlio Heinrich, che stava preparando una biografia del pa
dre, chiese a Freud come mai gli fosse stata affidata la traduzione del do
dicesimo volume, e Freud rispose, in una lettera del 9 giugno 1932, che
Gomperz, in un ricevimento, aveva cercato qualcuno che potesse sostituire
il giovane Eduard Wessel che avrebbe dovuto tradurre il volume e che era
morto improvvisamente. Brentano gli dette allora il nome di Freud, il qua
le aveva assistito per un paio d'anni. alle sue conferenze. Per la verità
oltre Freud c'era andata mezza Vienna, dato che Brentano era un confe
renziere famoso, perciò non sappiamo se egli si ricordasse di lui per i se
minari cui Freud aveva partecipato oppure per averne sentito il nome da
amici comuni, come per esempio Breuer, suo amico di famiglia. Del resto
la cosa non hà molta importanza.
Tre dei saggi di Mill riguardavano problemi sociali: la questione della
fatica, l'emancipazione della donna e il socialismo, e nella prefazione Mill
diceva che buona parte di loro era dovuta a sua moglie. Il quarto, dello
stesso Mill, era sul Platone di Grote. Molti anni dopo (nel 1933) Freud
notò che la. sua conoscenza della filosofia platonica era molto frammentaria,
e ciò significa forse che tutto ciò che ne sapeva l'aveva appreso appunto
dal saggio di Mill. Egli aggiungeva però che la teoria di Platone sulla re
miniscenza, che Mill trattava assai bene, l'aveva molto colpito, e che in
un certo periodo gli aveva dato molto da pensare. Molto tempo dopo in
fatti, egli introdusse alcuni suggerimenti di Platone nel suo libro Al di
là del princiPio del piacere.
88 Vita e opere di Freud
1. BI. (5).
2. BI. (4), p. 166.
3. Si sarebbe quasi tentati di osservare che il futuro scopritore del comples
so di castrazione dovesse essere deluso per non essere riuscito a trovare i testi
coli dell'anguilla. .
4. Bib/iographie und lnhaltsangaben der wissenschaltlichen Arbeiten des Pri
vatdozent Dr. Sigmund Freud (1897); ristampato in I.Z., XXV (1940), 69.
5. Auto., p. 15.
6. BI. (4), p. 169.
7. G.W., XIV, 290.
8. lbid., II-III, 425.
9. lbid., XIV, 290.
lO. Questo passo e qualcuno dei successivi sono stati presi, dietro gentile
concessione del dotto Bernfeld, dai suoi due bei saggi - BI. (2) e (4). L'intero
capitolo deve molto alle sue ricerche.
11. M., 28 ottobre 1883.
12. G.W., XIV, 301.
n. G. S. Brett, A History 01 Psychology, New York, Macmillan, 1921, III,
129.
14. n temibile Viktor Adler, futuro leader socialdemocratico.
15. G. W., II-III, 217, 218.
16. Sigmund Freuds Leistungen aul dem Gebiet der organischen Neur%gie,
«Schweizerisches Archiv ffu Neurologie und Psychiatrie», XXXVII (1936), 200.
17. Sigmund Freud as Neur%gist, «Journal of Nervous and Mentai Di
sease», LXXXV (1937), 696.
18. Questa Società viene citata nelle varie bibliografie di Freud sotto nomi
differenti. Ne risulta una certa confusione, e l'impressione che si trattasse di
più d'una Società. n dotto Solms, attuale segretario, mi ha dato gentilmente
una completa spiegazione della cosa. Nel 1868 fu fondata la «Verein ffu Psy
chiatrie und forensische Psychologie», che il 9 maggio 1895 cambiò il suo no
me con quello di «Verein ffu Psychiatrie und Neurologie», spesso abbreviato
nelle citazioni in «Psychiatrischer Verein».
Note 91
I propositi di Freud durante gli anni che passò nel laboratorio di Briicke
possono destare meraviglia, in quanto erano incompatibili con qualsiasi
progetto di quella futura sistemazione che invece le sue modeste condizioni
economiche rendevano necessaria. Egli 'non poteva assolutamente aver tra
scurato questa spiacevole realtà, né il fatto che essa si sarebbe tradotta, con
grande probabilità, in qualche forma di pratica medica, eppure evitò tutto
ciò finché poté, e se infine vi si decise, vuoI dire che ebbe forti ragioni
per farlo. Due di queste ragioni sono abbastanza chiare: una era la sua
avversione per la medicina pratica, questione che già da sola costituisce un
problema, e l'altra la sua passione per il lavoro di laboratorio. Quest'ultima
aveva più di un'origine: presumibilmente egli trovava quel lavoro interes
sante di per se stesso, tuttavia era forse più decisiva la sua meditata prefe
renza per la ricerca piuttosto che per la semplice pratica. Scoprire qualcosa
di nuovo ed aggiungerlo cosi al nostro bagaglio di conoscenze era forse il
motivo dominante della sua natura, e poi sentiva il bisogno di controllare
se stesso secondo il metodo scientifico, equilibrando cosi le sue tendenze
più sbrigliate e più speculative, le quali, per quanto a lui care, senza il
suo controllo lo avrebbero portato ben lontano.
Perciò egli decise di continuare finché avesse potuto il lavoro di ricer
ca che oltre ad essere formativo era adatto a lui, e che dipendeva innanzi
tutto dal volonteroso appoggio di suo padre e, quando questo fosse .venuto
a mancare, dall'aiuto degli amici. Nello stesso tempo, tuttavia, egli continuò
pure lo studio regolare della medicina, e nel marzo 1881 decise di presen
tarsi agli esami di abilitazione. Questa decisione alleviò indubbiamente i
rimproveri che si era fatto per i suoi tre anni di ritardo, ma d'altra parte
lo mise di fronte a problemi più gravi, che ora vedremo.
La ca";era medica (1881-1885) 93
screzio tra lui e Briicke, Freud lo smentl recisamente, e ripeté di aver ab
bandonato quella carriera su consiglio di Briicke. 8 Briicke mantenne anzi
un vivo interesse per la carriera di Freud: fu il suo maggior sostenitore
nel concorso di libera docenza nel quale fu assecondato solamente da Mer
nert e Nothnagel, e fu la sua influenza che malgrado la forte opposizione
assicurò a Freud l'inestimabile borsa di studio per Parigi. Freud restò in
rapporti del tutto amichevoli con Briicke, il quale fu anzi uno dei primi
a ricevere una sua visita al ritorno da Parigi, quattro anni dopo. 7
Le prospettive economiche erano indubbiamente abbastanza oscure. En
trambi gli assistenti avevano solo dieci anni più di Freud, e perciò non
era probabile che negli anni successivi si rendesse vacante per lui un posto
del genere. Quanto al miraggio della cattedra, al momento della morte
di Exner, il successore di Briicke, Freud aveva 69 anni, e quindi nel più
roseo dei casi avrebbe avuto molto da attendere. Per di più lo stipendio
di un assistente era talmente misero che ben difficilmente egli avrebbe po
tuto mantenersi senza mezzi propri, e certamente non avrebbe potuto farsi
una famiglia.
Con queste prospettive, e con le sue scarse risorse economiche, quanto
poteva aspettarsi di continuare su quèlla strada? Al principio aveva usu
fruito esclusivamente dell'aiuto di suo padre, ed il suo contributo personale
si riduceva ai pochi trascurabili compensi per le sue pubblicazioni e ad un
sussidio dell'Università di 100 gulden (40 dollari)8 che ebbe nel 1879.
Il padre, che a quell' epoca aveva 67 anni ed era gravato da una famiglia
di sette figli, si trovava in condizioni finanziarie povere ed assai precarie,
tanto da dover essere aiu,tato di tanto in tanto dalla famiglia della moglie
con prestiti e regali. Il suo piccolo capitale era andato perduto nella crisi
finanziaria del 1873, ed inoltre era già arrivato il momento in cui i suoi
guadagni si arrestarono, ed egli passò con la sua famiglia anni di ristrettez
ze penose. Jakob Freud aveva aiutato il figlio dottore con la generosità e
l'entusiasmo, è vero, ma anche con l'imprevidenza che gli erano propri. In
un primo tempo aveva sperato che il figlio entrasse negli affari, ma poi,
forse un po' a malincuore, si era rassegnato alla carriera intellettuale, ed
era indubbiamente orgoglioso dei successi e dei risultati di lui. Il fatto che
Freud continuasse nel cammino che aveva scelto e che egli gliene desse la
possibilità per il tempo più lungo possibile, lo rendevano soddisfatto. :e
anche vero del resto che i bisogni di Sigmund erano molto modesti: oltre
li Ila tranquilliti e alla quiete necessarie alla lettura, ed alla compagnia di
La carriera medica (1881-1885) 95
amici del suo livello, egli non chiedeva quasi altro che libri. I libri assor
bivano gran parte del suo argent de poche, ed a volte egli doveva anche farsi
prestare qualche cosa dai suoi amici, che rimborsava però regolarmente ed
anche con anticipo: uno di questi episodi è descritto in una delle lettere
superstiti della sua corrispondenza con Knopfmacher. A quell'epoca tutta
via trovò un protettore filantropo nella persona di Breuer, che gli fece un
«prestito» quasi regolare. Dal 1884 anzi, questo debito raggiunse la som
ma considerevole di 1 500 gulden (580 dollari).9
Tutto sommato il quadro non era roseo. Si può solo immaginare quale
fosse lo stato d'animo di Freud in proposito: aveva ventisei anni; non
voleva fare il medico; si trovava perciò in un vicolo cieco, senza prospet
tive future di guadagnarsi la vita altrimenti. La mancanza di previdenza e
indubbiamente di senso della realtà sembrano oltremodo estranee al Freud
che noi conoscemmo più tardi, e che teneva sempre d'occhio le conseguenze
pratiche della vita. Dai suoi successivi racconti degli avvenimenti in que
stione si può persino trarre l'impressione che sia stata solo la predica di
Briicke a ridestarlo di colpo da un sogno, quello di servire idealisticamente
la causa della scienza, senza darsi alcun pensiero delle considerazioni rea
listiche: non è certo il Freud indipendente che abbiamo conosciuto noi.
Questa non è la sola volta che Freud preferl dare una sfavorevole im
pressione di se stesso piuttosto che svelare qualcosa della sua vita privata.
Anzi, ciò che egli ha rivelato della sua vita è stato selezionato e purgato
con molto maggior cura di quanto comunemente si creda, e quindi le testi
monianze dell' epoca, come spesso accade, ne danno un quadro assai diffe
rente.
Dall'Autobiografia non è possibile sapere se Briicke abbia preso l'ini
ziativa di dargli il suo autorevole consiglio, oppure se Freud glielo abbia
richiesto, né la ragione per cui quell'importante conversazione avvenne
proprio allora. Non si capisce neanche che cosa Briicke abbia potuto ag
giungere a ciò che Freud doveva già sapere: infatti era abbastanza chiaro
quanto il suo futuro fosse incerto e quanto precarie le sue basi economiche.
Per la verità Freud non era affatto cieco alla realtà della sua situazione,
né la sua decisione fu inaspettata. Fin dal momento della laurea egli
aveva contemplato «con il cuore sempre più grosso» l'ineluttabile neces
sità di abbandonare il suo lavoro di laboratorio e di passare alla medi
cina pratica,l.O ma ciò che a un dato punto dette il colpo di grazia fu qual
cosa di nuovo per lui: si era innamorato dalla testa ai piedi! Peggio an
Vita e opere di Freud
4· I
Vita e opere di Freud
descrizione completa della casa del professore, del suo aspetto fisico e delle
sue maniere, insieme ad un resoconto della conversazione, parola per paro
la. Nothnagel aveva due assistenti. Un posto era vacante ma era già stato
promesso, perciò Freud chiese di essere ammesso nel reparto come Aspirant,
posizione analoga a quella del Clinical Assistant inglese, in attesa di essere
promosso Sekundararzl. Meynert parlò di nuovo a Nothnagel in suo favore,
e cos1, il 12 ottobre 1882, Freud entrò nella clinica come Aspirant,18 rice
vendo uno stipendio nominale.
Freud lavorava dunque nel reparto di medicina interna di Nothnagel.
Questi fu un grande medico, anche se non originale come il suo predeces
sore Rokitansky. Giunse a Vienna nel 1882 e morì nel 1905. La sua con
cezione dei doveri di un medico era estremamente severa. Ai suoi studenti
diceva: «Chi ha bisogno di più di cinque ore di sonno al giorno, non
studi medicina. Lo studente di medicina deve andare a lezione dalle otto
del mattino alle sei del pomeriggio, poi deve andare a casa e studiare fino
a tarda notte.» Egli aveva tuttavia un carattere nobile e generoso, ed era
adorato sia dagli studenti che dai malati. Freud lo ammirava e lo rispettava,
ma non riusciva ad emulare il suo entusiasmo per la medicina: egli non
trovava, nel trattare i malati in corsia, un interesse maggiore di quello che
aveva trovato nello studio delle malattie. Da quel momento dovette con
vincersi più che mai di non esser nato per fare il medico.
:B difficile stabilire che cosa significasse veramente questa sua avversione.
Certamente non si trattava di mancanza di considerazione per la profes
sione di medico, come si potrebbe forse pensare, anzi vi sono indizi che
egli considerava la professione come una terra promessa - o, più precisa
mente - una terra proibita, nella quale, per qualche ragione, non era de
stinato ad entrare. Solo pochi anni dopo, nell'agosto 1888, rispondendo
a un amico che gli aveva consigliato di diventare un normale medico, egli
scrisse: «Sono perfettamente d'accordo con te, eppure non posso fare ciò
che mi consigli... non ho appreso ~bbastama da poter fare il medico. Nella
mia formazione medica vi è una lacuna che è stata poi accuratamente col
mata: ho potuto imparare solo quanto bastava a diventare un neuropato
10go,11 e ora mi servirebbe non la giovinezza, ma il tempo e la libertà di
rifare ciò che non ho fatto prima. L'inverno scorso ho avuto enormemente
da fare, cosicché sono appena riuscito a sbarcare il lunario con la mia grossa
famiglia e non mi è restato tempo per studiare.»lB In altre parole egli
La carriera medica (1881- 1885) 99
che la presenza di Martha non aveva mai rallegrato, egli le chiese di rica
mare due ~pannelli votivi» da appendere sul suo tavolo, e a questo scopo
scelse due motti: uno adattato dal Candide, era
Travailler sans raisonner;21
l'altro, che Fleischl gli aveva detto essere di S. Agostino, era
En cas de doute abstiens-toi. 28
Tre anni dopo, quando stava entrando in pratica privata, le chiese di rica
marne un terzo, stavolta con un detto favorito di Charcot:
Il faut avoir la foi. 29
Alla fine del 1883 arrivò a disporre di due camere nell'ospedale.
In ottobre il suo amico Holliinder disse a Freud che si progettava di
affidare a Meynert un reparto di neurologia, e subito egli considerò la pos
sibilità di ottenervi un posto di assistente. Invece Meynert non ebbe quel
reparto fino al giugno 1886, quando Freud era già in pratica privata. A
quell'epoca l'unico vantaggio, per lui, sarebbe stato quello di poter trovare
in quel reparto, meglio che ovunque altrove, materiale clinico per le sue
conferenze, ma ormai era troppo decaduto dalle grazie di Meynert per una
cosa del genere. Nel gennaio seguente, 1884, si mormorò che l'assistente
di Meynert nel reparto psichiatrico avrebbe lasciato il posto - sebbene poi
non lo facesse per un altro anno - e Freud fu in dubbio se presentare o no
la domanda per quel posto, che per lui avrebbe significato una posizione
rispettabile, uno stipendio raddoppiato, la certezza di diventare docente e
la direzione del laboratorio. D'altra parte quell'incarico si sarebbe tradotto
in una perdita di tempo con la «sterile psichiatria», nella mancanza di
casi neurologici, il cui studio gli avrebbe permesso di raggiungere la meta
di una pratica privata, e nell'andare contro il parere sfavorevole di Breuer.
Decise subito di non presentare la domanda.
Un anno dopo si parlò con più insistenza di un reparto di neurologia da
darsi a Meynert, e allora Freud pensò più seriamente di far domanda per
divenire suo assistente, idea che anche Breuer approvò. Freud voleva spo
sarsi, vivere del suo stipendio e dei suoi corsi di lezioni, ricevere qualche
paziente privato in ospedale e avere cos1 la possibilità di vivere fuori dal
l'ospedale in una casa propria. Questa possibilità di lavoro non divenne pe_
rò mai concreta.
Il l° gennaio 1884 egli iniziò il suo periodo più lungo di pratica ospe
daliera. Il reparto si chiamava Nervenabteilung (malattie nervose), per
quanto i casi neurologici ci fossero e non ci fossero. Quando ne arrivava
10.3 Vita e opere di Freud
Il 3 marzo 1885 Freud scrisse in una lettera che intendeva concorrere per
uno StiPendillm (cioè una borsa di studio) per laureati che il Ministero COQ
cedeva al candidato vincente tra i Sekundiir(irzte giovani. Esso consisteva
nella incredibile somma di 600 gulden (240 dollari), oltre naturalmente a
108 Vita e opere di Freud
sei mesi di licenza. Quest'ultimo punto non riguardava Freud, poiché egli
aveva intenzione di lasciare l'ospedale prima di partire. Però progettava
di andarsene da Vienna per sei mesi. Perfino allora non era dato capire
come qualcuno avrebbe potuto partire per un posto qualunque e mantener
visi per sei mesi con la somma in questione, specialmente tenendo conto
del fatto che essa veniva pagata un paio di mesi dopo la fine della licen
za! Ma Freud non si lasciò mai arrestare da ostacoli del genere, e decise
immediatamente di andarsene a Parigi da Charcot, per poco che avesse
potuto. Sapendo però quanta parte aveva a Vienna il favoritismo, non nu
triva la minima speranza di essere il fortunato prescelto.
L'ultimo giorno di ammissione era ilIo maggio, e poiché la riunione
decisiva si sarebbe tenuta un mese dopo, i concorrenti disponevano di al
cune settimane per procurarsi qualche appoggio. Freud cominciò strenua
mente a battere il tamburo, e tra questa attività e la preoccupazione per le
scarse probabilità di riuscita, nei due mesi successivi concluse ben poco.
Il suo amico Lustgarten la spuntò con il professor Ludwin, il nuovo pri
mario della divisione in cui Freud stava lavorando; Nothnagel e Meynert
promisero il loro aiuto, e Breuer assicurò l'appoggio del famoso chirurgo
Billroth. Il professor Leidesdorf, nella dinica del quale Freud aveva ap
pena trascorso tre settimane come facente funzione, si associò assicuran
do inoltre l'aiuto di Pollitzer, il famoso otologo, e di altri. Questo, però,
allarmò un po' Freud, perché sapeva che Meynert odiava Leidesdorf e
che per questo motivo avrebbe potuto ritirare la sua adesione. Ancora più
grave fu il fatto che Briicke, uno dei sostenitori più potenti, si fosse am
malato proprio qualche settimana prima della riunione, ma per fortuna si
ristabill in tempo.
La sua fidanzata, convinta della sua superiorità, lo prendeva piuttosto in
giro per tutti questi sforzi di accaparrarsi appoggi influenti, e Freud, più
realistico, le rispondeva spiritosamente: «Aspetta, e vedrai che dovrò rin
graziare solo me stesso per tutto il successo che avrò.»
Nessuno dei due poteva immaginare quanto critico si .sarebbe poi rivelato
quel momento per la vita di Freud, poiché fu certamente l'esperienza pa
rigina con Charcot che fece n~cere il suo interesse per l'isterismo e quin
di per la psicopatologia in generale, aprerrdogli cos1 la via verso la vivifi
cazione delle idee di Breuer e lo sviluppo della psicoanalisi. Per il momen
to tutto ciò che lo interessava era la possibilità di assicurarsi quella stabi
lità professionale che gli garantisse il modo di guadagnare abbastanza da
La carriera medica (1881- 1885) 109
terai bene e io ti darò tanti baci finché sarai contenta e felice - e vissero
felici per sempre.»404
Un paio di giorni dopo Fleischl gli disse che a procurargli il successo
era stata «l' appassionata intercessio~e di Briicke, che aveva impressionato
tutti».45
mento, che si sarebbero presto trovate altre applicazioni per quella sostan
za. In ogni modo suggerii al mio amico Konigstein, oftalmologo, di stu
diare fino a che punto le proprietà anestetiche della cocaina potessero esser
sfruttate nelle malattie oculari. Al mio ritorno dalla, vacanza trovai che
non lui, ma un altro mio amico, CarI Koller (ora a New York), al quale
pure avevo parlato della cocaina, aveva compiuto esperimenti decisivi su
gli occhi degli animali, e li aveva esposti al Congresso Oftalmologico di
Heidelberg. Perciò Koller è giustamente considerato lo scopritore dell' ane
stesia locale alla cocaina, che tanta importanza ha assunto nella piccola
chirurgia. lo però non portai alcun rancore alla mia fidanzata per aver
interrotto il mio lavoro.» 1
La frase iniziale e quella finale, piuttosto superflue, suggeriscono che
qualcuno dovesse essere necessariamente incolpato, ed è più che evidente
che quello che Freud rimproverava veramente era proprio se stesso. In un'al
tra occasione scrisse: «Nel mio saggio avevo accennato che l'alcaloide po
teva essere usato come anestetico, ma non ero andato abbastanza a fondo
da spingere oltre la cosa.» 2 Parlando, era solito attribuire questa omissio
ne alla sua «pigrizia».
Così per la seconda volta Freud aveva mancato la gloria per un pelo.
Forse egli si consolò pensando che il suo riverito maestro, Briicke, aveva
subìto un destino simile; infatti nel 1849 aveva capito che il riflesso ros
sastro dell'occhio derivava dalla retina, ma non aveva avuto l'idea di im
piegare una lente in modo da metterne a fuoco i vasi. Lo fece l'anno se
guente il suo amico Helmholtz, che fu cos1 considerato lo scopritore del
l' oftal.moscopio.
La scusa per il suo insuccesso che Freud adottò, un po' in malafede, nel
l'Autobiografia, ricopre probabilmente una spiegazione più profonda, dal
momento che non aderisce molto strettamente ai fatti. Tanto per comin
ciare, la separazione non era durata due anni ma uno, 3 infatti il saggio
sulla cocaina fu terminato il 18 giugno 18844 e Martha Bernays aveva
lasciato Vienna per Wandsbek solo il 14 giugno 1883. 6 L'occasione di
andare a trovarla non fu neanche improvvisa, come il brano lascia inten
dere, poiché fin dal tempo della sua partenza, Freud progettava di rive
derla nelle vacanze estive dell'anno successivo,6 ed esistono molti riferi
menti nella sua corrispondenza alla difficoltà di raggranellare uno ad uno
i gulden necessari a coprire le spese di viaggio. Poiché il momento si av
vicinava, egli stabill di partire nella terza settimana di luglio. Avendo
I.'episodio della cocaina (1884-J887) 115
der Aerzte (Associazione dei Medici), dove egli poté trovare il catalogo
del GeneraI Surgeon, di recente pubblicazione, che conteneva un elenco
completo della letteratura. Freud contava ora (5 giugno) di finire il la
voro in altri quindici giorni, e di dedicarsi poi alle sue ricerche elettriche
per riempire le quattro o cinque settimane che lo separavano dalla par
tenza per Wandsbek. Lo terminò il 18, e il giorno dopo circa la metà di
esso era già data alle stampe. Apparve sul numero di luglio del «Central
blatt fiir die gesamte Therapie» di HeitIer.
Sebbene questo saggio rappresentasse una rivista sintetica di tutto l'ar
gomento - di gran lunga la migliore fino a quel momento - esso potrebbe
aspirare ad una valutazione migliore come produzione letteraria che come
contributo scientifico originale. Era scritto neno stile migliore di Freud,
con la sua tipica vivacità, semplicità e distinzione, caratteristiche che aveva
potuto sfruttare ben poco nella descrizione dei nervi del gambero o delle
fibre dei midoHo. Dovevano passare molti anni prima che gli si presen
tasse di nuovo 1'opportunità di esercitare le sue doti letterarie. In questo
saggio si sente inoltre un tono che non sarebbe più ricorso negli scritti
di Freud, un pregevole miscuglio di obiettività e di calore personale, come
se egli fosse veramente innamorato del contenuto dei lavoro. Usava espres
sioni insolite neHa prosa scientifica, come <d'eccitazione più sfrenata» che
gli animali mostrano dopo un'iniezione di cocaina, e la somministrazione
di «un' offerta» di essa, in luogo di «una dose»; respingeva appassionata
mente «le calunnie» che erano state pubblicate su questa preziosa sostanza.
Questa presentazione artistica dovette contribuire notevolmente aH'interesse
che il saggio suscitò nell'ambiente medico viennese ed in altri.
Freud apriva il lavoro dilungandosi sugli inizi della storia della pianta
di coca e sul suo uso da parte degli IndiarÌi del Sudamerica, quindi ne fa
ceva la descrizione botanica ed elencava i vari metodi di preparazione delle
foglie. Dava perfino uno scorcio delle credenze religiose connesse con il
suo uso, e menzionava la mitica leggenda secondo la quale Manco Capac,
figlio regale del dio Sole, 1'aveva mandata come «dono degli dèi per sa
ziare l'affamato, rafforzare il debole e far dimenticare ai disgraziati le loro
tristezze». Dal lavoro si apprende che le notizie su questa pianta meravi
gliosa arrivarono in Spagna nel 1569 e in Inghilterra nel 1596, e che nel
1859 il dr. Scherzer, esploratore austriaco, portò in patria dal Pero le
foglie di coca, che furono mandate a Niemann, assistente di Wohler, il
II8 Vita e opere di Freud
chimico «infame» che aveva osato sintetizzare l'urea. Era stato Niemann ad
isolare l'alcaloide dalla pianta.
Freud esponeva quindi una serie di osservazioni su se stesso, per mezzo
delle quali aveva studiato gli effetti sulla fame, il sonno e la fatica. Scri
veva dell' «effetto esilarante e della durevole euforia, che non differisce
in alcun modo dall'euforia normale delle persone sane ... Si nota un aumento
del controllo di se stessi, e si ha una maggior vivacità e capacità di lavoro ...
In altre parole ci si sente perfettamente normali, e si stenta a credere di
essere sotto l'effetto di una droga ... Un intenso lavoro fisico e mentale
viene svolto senza fatica... Si gode di quest'azione senza alcuno degli spia
cevoli effetti secondari che seguono l'euforia alcoolica ... Dopo la prima o
anche dopo ripetute assunzioni di cocaina non si verifica assolutamente
alcun bisogno di ripeterne l'uso, anzi si prova stranamente una certa av
versione.» Freud confermava le conclusioni di Mantegazza sul valore tera
peutico della sostanza, sulla sua azione prima stimolante e poi sedativa
sullo stomaco, la sua utilità nella melanconia, ecc. Egli descriveva un suo
caso (quello di Fleischl) nel quale aveva usato la cocaina per lo svezza
mento di un morfinomane. Il valore complessivo dell'alcaloide veniva rias
sunto nel ritenerlo applicabile «a tutti quegli stati funzionali compresi sot
to il termine di neurastenia», nel trattamento dell'indigestione e nello svez
zamento dalla morfina.
Quanto alle teorie sul meccanismo d'azione Freud suggeriva, come fu poi
confermato, che la cocaina agisse non attraverso la diretta stimolazione del
cervello, ma abolendo l'effetto di quegli agenti che deprimono le sensa
zioni somatiche dell'individuo. 12
Nell'ultimo paragrafo, scritto frettolosamente, diceva: «La proprietà della·
cocaina e dei suoi sali, quando siano applicati in soluzioni concentrate, di
anestetizzare le membrane cutanee e mucose, ne suggerisce il possibile im
piego futuro, specie in caso di infezioni locali ... Ulteriori usi della cocaina,
basati sulle sue proprietà anestetiche, saranno probabilmente sviluppati nel
prossimo futuro.» Questo è il lato del problema che in seguito egli si rim
proverò di non aver approfondito, ma l'impressione che se ne trae qui, è
che tale autoaccusa sia piuttosto fuori luogo. Infatti non è verosimile che
Freud, anche con più tempo a sua disposizione, si sarebbe preoccupato del
l'applicazione della cocaina in chirurgia, campo estraneo ai suoi interessi.
Gli usi locali che egli aveva in mente miravano esclusivamente a smorzare
il dolore nelle infezioni cutanee, e quando egli suggerl al suo amico oftal
L'episodio della cocaina (1884-1887) U9
grande agitazione per l'imminente visita alla fidanzata,e senza dubbio solo
a causa dell'incertezza di questa possibilità di incontro. La cocaina calmava
la sua agitazione e fugava la depressione, e per di più gli dava un insolito
senso di energia e vigore.
La depressione, come ogni altra manifestazione nevrotica, abbassa la sen
sazione di energia e di virilità: la cocaina lo restituisce. Ogni dubbio sul
fatto che questo fosse veramente il nucleo del problema è risolto dal seguen
te passo di una lettera del 2 giugno 1884, scritta dopo aver saputò che Mar
tha non si sentiva bene e non aveva appetito: «Guai a te quando arriverò,
mia principessa. Ti bacerò fino a farti diventare rossa, e ti farò mangiare
finché non sarai grassottella. E se farai la ritrosa vedrai chi è più forte, se
una bella bambinetta che non mangia abbastanza o un omaccio con la co
caina in corpo.H Nella mia ultima forte depressione ho preso di nuovo la
cocaina, ed una piccola dose di essa mi ha sollevato alle stelle in modo
meraviglioso. Proprio adesso sono occupato a raccogliere la bibliografia per
un canto di lode a questa magica sostanza.»
Per conseguire la virilità e godere la felicità di aver ritrovato la fidan
zata, egli aveva abbandonato la via diritta e angusta del sobrio lavoro «scien
tifico» sull'anatomia del cervello, e aveva preso una scorciatoia segreta che,
invece del successo, gli avrebbe procurato solo sofferenza. Entro un paio
di mesi un altro avrebbe conquistato la fama con la cocaina, ma attraverso
un uso di essa benefico per l'umanità, mentre Freud, due anni dopo, sa
rebbe stato deplorato per aver introdotto, con la sua indiscriminata apologia
di una sostanza meravigliosa e «innocua», ciò che i suoi detrattori avrebbero
chiamato «il terzo flagello dell'umanità».15 Infine, egli si sarebbe dovuto
rimproverare di aver accelerato la morte di un suo caro amico e benefattore,
con l'avergli procurato una grave cocainomania.
Sarebbe stato difficile subire tutti questi colpi senza percepirli come giuste
punizioni. Perché? :e bene lasciare agli psicoanalisti la risposta a questa do
manda, però possiamo almeno comprendere perché Freud dovesse asso
ciare i suoi rimorsi con il pensiero della sua fidanzata, e capire che la
scusa che egli forniva «di non essere abbastanza profondo» era solo un
timido accenno a ciò che c'era sotto.
Tutto ciò, però, giaceva nel futuro, e Freud, all'oscuro di ogni sospetto,
partì ai primi di settembre per godersi una felice vacanza a Wandsbek.
Al suo ritorno, quattro settimane dopo, apprese che qualcosa di grosso
era accaduto,
L'episodio della cocaina (1884-1887) UI
A questo punto entra in scena una nuova figura: Cari Koller, un uomo
più giovane di Freud di un anno e mezzo, che conquistò la gloria di aver
inventato l'anestesia locale. A quel tempo Koller era interno nel reparto
di oftalmologia, dove aspirava a diventare assistente. I suoi pensieri erano
talmente concentrati sulla questione delle malattie oculari che, secondo
Freud, la sua monomania aveva seccato tutti i suoi colleghi. Rendendosi
esattamente conto del bisogno che ve ne era, egli si interessava in modo
speciale alla ricerca di una sostanza capace di anestetizzare la superficie
sensibile dell'occhio. Ne aveva provate parecchie, come per esempio la
morfina e il bromuro di cloralio, ma sempre invano. In una delle sue
conferenze, Freud raccontò il seguente episodio con l'intenzione di trarne
la morale:
«Un giorno stavo nel cortile con un gruppo di colleghi tra i quali si
trovava anche quest'uomo, quando un altro interno passò vicino a noi
mostrando i segni di un intenso dolore [e qui Freud specificava la loca
lizzazione del dolore, particolare che ho dimenticato}. "Credo di poterti
aiutare" gli dissi, e andammo tutti nella mia stanza dove gli applicai poche
gocce di una medicina che fece istantaneamente scomparire il dolore. Spie
gai ai miei amici che quella sostanza era l'estratto di una pianta del Suda
merica, la coca, che sembrava possedere potenti qualità nel sedare il dolore,
e sulla quale stavo preparando una pubblicazione. L'uomo che pensava solo
all'occhio, e che si chiamava Koller, non disse nulla, ma pochi mesi dopo
seppi che aveva cominciato a rivoluzionare la chirurgia oculare con l'uso
della cocaina, eseguendo facilmente operazioni che fino allora erano state
impossibili. Questo è l'unico modo di fare scoperte importanti: avere le
idee concentrate esclusivamente su un interesse principale.»18
Freud aveva cominciato qualche prova con il dinamometro per accertare
se l'apparente aumento della forza muscolare che si otteneva con l'impiego
della cocaina fosse un'illusione soggettiva oppure fosse obiettivamente veri
ficabile, ed in questa ricerca collaborò con Koller. Entrambi inghiottirono
una certa quantità di cocaina e, come tutti, provarono il senso di intorpi
dimento della bocca e delle labbra, Koller anche più di Freud.
Koller lesse il saggio di Freud quando esso apparve, in luglio, vi meditò
sopra, e ai primi di settembre, quando Freud ebbe lasciato Vienna per
Amburgo, si presentò all'Istituto di Anatomia Patologica di Stricker por
tando una bottiglia contenente una polverina bianca. All'assistente dr.
Gaertner 11 annunciò che aveva ragione di pensare che la polvere avrebbe
U2 Vitll e opere di Freud
uno dei più entusiasti tra gli amici che si congratularono con lui per la
vittoria riportata in un duello con un collega antisemita, e si interessò pro
fondamente ad una sua grave malattia in quello stesso anno. L'ultima noti
zia che abbiamo su di lui è una lettera di congratulazioni che Freud gli
scrisse per una nomina ricevuta ad Utrecht, nella quale esprimeva la spe
ranza di fargli visita da Parigi.
In seguito Koller emigrò a New York, dove fece una splendida car
riera, come Freud aveva predetto. Eppure all'inizio della sua conquista egli
commise un «errore sintomatico» che indicava un disturbo della personalità,
che poi negli anni successivi si evidenziò apertamente. Al momento di
pubblicare il lavoro che aveva letto a Vienna nell'ottobre 1884, egli citò
la monografia di Freud datandolo in agosto invece che in luglio, e dando
cos1 l'impressione che il suo lavoro fosse simultaneo a quello di Freud, e
non successivo. Sia Freud che Obersteiner si accorsero della «svista» e la
corressero nelle successive pubblicazioni, ma con il passar del tempo Koller
dilatò ancor più la discrepanza, asserendo perfino che la monografia di
Freud era apparsa un intero anno dopo la sua scoperta, la quale perciò
era stata del tutto indipendente da tutto ciò che aveva fatto Freud. 21
Questo strano comportamento può forse esser messo in rapporto con il
fatto che Freud, ai tempi dell'ospedale, l'aveva curato privatamente per un
disturbo nevrotico. 22 I «transfert negativi», cos1 questi si chiamano, spesso
durano a lungo.
Ma torniamo alla storia di Fleischl, che ebbe per Freud un'immensa im
portanza, e non solo nei riguardi della cocaina. In un precedente capitolo
è stato già detto qualcosa sulla personalità di Fleischl :28 Freud lo aveva
dapprima ammirato a distanza, ma dopo aver lasciato l'istituto di Briicke
giunse a conoscerlo più da vicino. Nel febbraio 1884, per esempio, egli
parla della sua «intima amicizia» con Fleischl. Ancora prima, nello stesso
mese in cui si fidanzò, scrisse di lui in questi termini:. «Ieri sono stato
con il mio amico Ernst von FleischI, che finora, prima di conoscere Martha,
invidiavo sotto ogni riguardo. Ora sono in vantaggio su di lui, infatti è
stato fidanzato dieci o dodici anni con qualcuna della sua stessa età, che
l'avrebbe atteso indefinitamente, ma dalla quale si è separato per qualche
ignoto motivo. .B un uomo di enorme valore, per il quale sia la natura
che l'educazione hanno dato il loro meglio. Ricco, esperto in qualunque
esercizio fisico, con l'impronta del genio nei suoi forti lineamenti, bello,
di eletti sentimenti, dotato di ogni talento e capace di esprimere un giu
dizio originale su qualunque argomento, egli è sempre stato il mio ideale
e non ho avuto pace finché non siamo diventati amici. Ho sinceramente
gioito della sua capacità e della sua reputazione.» Freud aveva promesso
a Fleischl di non tradire il «segreto» che egli stesse imparando il san
scrito. Seguiva poi una lunga fantasia su quanto un uomo del genere, con
tutte queste qualità, avrebbe potuto far felice Martha, ma infine esplodeva
l'affermazione del suo entusiasmo per lei: «Perché una volta tanto non
dovrei avere più di quel che merito? Martha resta tutta mia!»27
In un' altra occasione scrisse: «Lo ammiro e lo amo di una passione
intellettuale, se mi permetti l'espressione. La sua distruzione28 mi com
muoverà come quella di un tempio sacro e famoso avrebbe commosso un
antico greco. Lo amo non tanto come essere umano quanto come prezioso
risultato della Creazione, e tu non devi esserne affatto gelosa.»
Ma quest'uomo meraviglioso soffriva enormemente. L'insopportabile do
lore nevrotico che lo aveva già torturato per dieci anni, lo andava lenta
126 Vita e opere di Freud
poter fare lo stesso sui neuromi di Fleischl, ma non sembra che ne venisse
niente di buono. Una volta, in aprile, egli passò tutta una notte accanto
a Fleischl che restò tutto il tempo in un bagno caldo. Freud scrisse che
gli era impossibile descrivere quella scena, poiché non aveva mai provato
nulla del genere: «Si toccò ogni nota della più profonda disperazione.»
Quella fu la prima di tante altre notti simili che egli trascorse nei due
mesi successivi. Da allora Fleischl prese dosi enormi di cocaina. Freud
osservò che l'amico aveva dovuto spendere non meno di 1800 marchi (428
dollari) negli ultimi tre mesi, ciò che significava un intero grammo al giorno,
cento volte la quantità che egli stesso soleva prendere, e solo di rado.
L'8 giugno scrisse che quella spaventevole dose aveva fatto molto male a
Fleischl, e sebbene avesse cominciato a spedire cocaina a Martha, la met
teva in guardia dal prenderne l'abitudine. Egli osservava anche l'infinita
gentilezza di Briicke verso Fleischl, il quale, come si ricorderà, era suo
assistente nell'istituto.
Anche prima di questo, però, Freud ne aveva passate un bel po'. «Ogni
volta mi chiedo se proverò mai più nella mia vita qualcosa di altrettanto
sconvolgente ed emozionante di queste notti... I suoi discorsi, le sue spie
gazioni di ogni possibile mistero, i suoi giudizi sulle persone della nostra
cerchia, la sua multiforme attività interrotta da momenti della più com
pleta prostrazione, alleviata dalla morfina e dalla cocaina: tutto ciò forma
un insieme indescrivibile.» Eppure lo stimolo che emanava da FleischI era
tale che compensava persino quegli orrori.
Tra i sintomi di Fleischl vi erano svenimenti (spesso con convulsioni),
insonnia ostinata e mancanza di controllo nei riguardi di una serie di
comportamenti eccentrici. Da questo punto di vista la cocaina per un certo
tempo sembrò giovare, ma le fortissime dosi portarono necessariamente
ad una intossicazione cronica ed infine ad un delirium tremens popolato
da serpenti bianchi che strisciavano sulla pelle dell'infelice. Il 4 giugno
vi fu una crisi: nell' andarlo a chiamare - c'erano anche Briicke e Schenk _
Freud trovò Fleischl in un tale stato che corse a cercare Breuer e poi tra
scorse Il una notte che fu la più spaventosa che avesse mai passato.
Verso la fine di giugno Breuer disse a Freud che i parenti di Fleisch1
desi~eravano che egli trascorresse con lui l'agosto a St. Gilgen, per sor
vegh~rlo. 9uesto ~ignificava lasciare l'ospedale prima del termine, perdere
alCUnI COcsl e laSCiare a metà le ricerche d'anatomia, ma Freud per ragioni
128 Vita e opere di Freud
personali era propenso ad accettare. Alla fine però Fleischl insisté per restar
solo. Freud pensava che non sarebbe andato avanti per più di altri sei
mesi, e invece visse altri sei dolorosi anni.
5•I
130 Vita e opere di Freud
con le lodi sperticate che Wallé aveva espresse poco tempo prima. 88 In un
congresso medico che si tenne nell'estate a Copenaghen, Obersteiner, in
una comunicazione intitolata «Sull'impiego della cocaina nelle nevrosi e psi
cosi» difese calorosamente Freud, cosI come fecero altri, e gli mandò un
estratto a Parigi, con una lettera piena d'amicizia. Egli confermava l'efIi
cada della cocaina nello svezzamento dalla morfina, che aveva sperimentato
in molti casi nella sua clinica privata di Oberdobling. Nel gennaio dell'anno
seguente però, in un lavoro sulle psicosi da intossicazione egli dovette am
mettere che l'uso continuato della cocaina poteva portare a un delirium
tremens molto simile a quello prodotto dall'alcool.
Al principio del 1886 Freud ebbe occasione di incontrare a Parigi il
dr. Knapp, l' oftalmologo più in vista d'America a quei tempi. In presenza
di conoscenti, Knapp lo salutò come l'uomo che aveva fatto conoscere al
mondo la cocaina, e si congratulò con lui per questa conquista. Era un
balsamo che giungeva opportuno.
Nello stesso anno però, casi di cocainomania e di intossicazione da co
caina cominciarono ad essere riferiti in tutto il mondo, e in Germania ci
fu un allarme generale. In maggio Erlenmeyer, in un secondo attacco scritto
senza dubbio per protesta contro l'entusiasmo di Wallé, lo espresse in ter
mini inequivocabili; fu in quella occasione che egli coniò la frase «la terza
piaga dell'umanità».84 Erlenmeyer aveva scritto nel 1884 un libro dal
titolo Ober Morphiumsucht (<<Sulla morfinomania») e nella terza edizione
di esso, nel 1887, aggiunse ciò che aveva scritto nel suo primo articolo
sulla cocainomania. 85 Alla fine dell'opera vi era una frase che lodava i
pregi letterari del saggio di Freud sulla coca, ma che aggiungeva, senza
commenti: «Egli consiglia senza riserve l'uso della cocaina nel trattamento
del morfinismo.» La terza edizione fu riveduta nientemeno che da Arthur
Schnitzler, il quale spezzò una lancia in favore di Freud. 86
L'uomo che aveva tentato di beneficare l'umanità, o almeno di crearsi
una reputazione con la cura della «nevrastenia», adesso era accusato di aver
sguinzagliato il male per il mondo. Molti devono. averlo giudicato almeno
un uomo sconsiderato, e se la sua coscienza irreprensibile si sottopose alla
stessa sentenza, questa non può esser stata che confermata dalla triste espe
rienza che sopravvenne poco dopo, quando, supponendo che la sostanza
fosse innocua, ne prescrisse una forte dose ad un paziente che, per tutto
risultato, mod. 37 :e difficile dire quanto questo episodio abbia potuto com
promettere la reputazione di Freud a Vienna: tutto quel che egli ne disse
L'episodio della cocaina (1884-1887) 13 1
mente ignaro del tiro che il suo inconscio gli aveva giocato, che chiese a
Wittels dove avesse scritto 1885 e aggiunse «sospetto un errore da parte
vostra».48 Wittels stesso non colse in questa svista il ~ignificato che vi
trovò invece Bernfeld, più attento. 44 Era effettivamente nel 1884 che Freud
raccomandò l'uso della cocaina, ma fu nel 1885 che raccomandò l'uso delle
iniezioni (pericolose).45 La piccola cicatrice rimasta era tutta 11.
la signora Freud non ebbe cuore di sacrificare tutte quelle prove di devo
zione, e quindi sopravvissero sia la cronaca che l'epistolario. Cosi pure so
pravvisse un diario che Freud scrisse nel periodo della sua corte a Martha.
Abbiamo già accennatol che all'età di sedici anni Freud provò per la pri
ma volta che cosa significasse l'amore. Fu evidentemente una pura fantasia,
non essendovi stato proprio alcun rapporto con Gisela Fluss, ed è altrettan
to sicuro che tale emozione non lo toccò più fino a dieci anni dopo, quan
do incontrò la sua futura moglie, ed infatti una volta le scrisse di non aver
mai prestato attenzione alle ragazze, e di pagare ora duramente questa sua
negligenza. Poche e distanti tra loro furono probabilmente anche le sue
esperienze fisiche. In una lettera al dottor Putnam a proposito di una mag
giore libertà tra i giovani in questa sfera, egli aggiunse: «sebbene io stesso
non ne abbia profittato che scarsamente».2 La cosa non sorprende se si
considera quanto Freud fosse assorbito dal lavoro e quante sublimazioni
fossero risultate dalle sue stesse repressioni.
Chi ebbe familiarità con l'ambiente domestico di Freud negli anni suc
cessivi, poté facilmente farsi l'impressione che il suo matrimonio fosse
stato semplicemente l'unione di due persone adatte una all'altra, attratte
reciprocamente, e decise a sposarsi. Nei suoi scritti nulla è detto su questo
argomento, oltre il fatto che essi vissero separati durante il lungo fidan
zamento, e le altre informazioni disponibili, come per esempio quelle
fornite da sua sorella Anna, sono puramente fallaci.
Quanto diversa la verità che ci rivelano le lettere d'amore! Esse ci met
tono di fronte a una di quelle passioni violente e complicate, in cui l'in
tera gamma delle emozioni, dalle vette della felicità agli abissi di dispe
razione, viene evocata successivamente, ed ogni grado di gioia e di infelicità
viene sentito intensamente, senza risparmio. Si può dire con molte riserve
che questo insieme di lettere, a parte lo speciale interesse legato alla per
sonalità di Freud, potrebbe costituire un apporto non trascurabile alla let
teratura amorosa mondiale. Lo stile ricorda talvolta Goethe, ma la delica
tezza di sentimenti, la squisita tenerezza, la precisione del fraseggio, la
scelta dei vocaboli, la ricchezza di allusioni e soprattutto la distinzione, la
profondità e la nobiltà di pensiero che esse manifestano sono proprie di
Freud. E quanto sa essere spiritoso nei momenti più sereni: peccato che
il compito di trasmettere questo particolare tipo di ironia a un pubblico
diverso e in una diversa lingua vada oltre le capacità del sottoscritto. 9
Freud scrisse alla sua fidanzata più di novecento lettere. Sui quattro anni
[I fidanzamento (188z-1886) 139
e tre mesi ·del fidanzamento, per tre anni interi essi rimasero separati. Ave
vano l'abitudine di scriversi ogni giorno, e un'occasionale interruzione di
due o tre giorni costituiva un fatto angoscioso che richiedeva una quantità
di spiegazioni: nei giorni in cui la lettera non c'era, gli amici di Freud
solevano prenderlo in giro dicendogli di non credere che fosse veramente
fidanzato. D'altra parte ci furono moltissime occasioni in cui furono scritte
due o più lettere nello stesso giorno. E non erano lettere brevi, tranne che
in rare eccezioni: una lettera di quattro pagine veniva considerata molto
breve, e qualche volta arrivarono a dodici pagine scritte fitte; ce ne fu
persino una di venti due pagine. All'inizio della corrispondenza egli chiese
a Martha se preferiva che le scrivesse in caratteri latini o gotici, ed essa
scelse questi ultimi, per la disperazione del futuro biografo.
Sebbene a tale corrispondenza si dia comunemente il nome di «lettere
d'amore», non bisogna pensare che esse non contengano altro che dichia
razioni di ordine emotivo. Queste non mancavano di certo, ma in condi
zioni di spirito più tranquille Freud soleva scrivere estesamente su argo
menti di ogni genere, e perciò le lettere costituiscono un diario dei suoi
interessi e delle sue azioni. Vi è descritta la sua attività in clinica e in
laboratorio, con le sue speranze e le sue delusioni nel lavoro, vi sono notizie
sui suoi amici e superiori, accompagnate spesso da vivaci descrizioni del
loro aspetto e della loro personalità. ·Freud riusciva molto bene nel descri
vere le persone, e tra coloro che sono stati ritratti dalla sua penna vi sono
Baginsky, Benedikt, Charcot, Daudet, Fleischl, Hering, Mendel, Nordau,
Nothnagel, Sir William Siemens e Weigert.
Martha veniva minutamente informata sulla sua vita di società, e poi
vi era naturalmente la costante discussione sui membri delle rispettive fa
miglie, nonché frequenti discussioni letterarie sui libd letti, e soprattutto
molte riflessioni casuali sui problemi dell' esistenza e sulla filosofia della
vita in generale. Di un tesoro cos1 ricco, un libro che tratti la vita di Freud
nel suo insieme può riportare solo qualche spunto, tuttavia, almeno in que
sto primo volume, non c'è capitolo che non sia debitore di qualche dato a
queste lettere. Inoltre, cosa del massimo interesse, nelle lettere sono espres
se di tanto in tanto idee che anticipano velatamente successivi sviluppi del
pensiero di Freud, e che egli ha sfruttato talvolta solo dopo mezzo secolo.
Prima di esaminare la relazione sentimentale sarà bene presentare la fu
tura fidanzata. Martha Bernays, nata il 26 luglio 1861 e quindi più gio
vane di Freud di cinque anni, veniva da una famiglia di primo piano nella
140 Vita e opere di Freud
cultura ebraica. Suo nonno, Isaac Bernays, era stato rabbino capo di Am
burgo durante il movimento di riforma che aveva pervaso il giudaismo
ortodosso negli anni rivoluzionari intorno al 1848, e che egli aveva dura
mente combattuto e cercato di arginare. Era stato in rapporto con Heine,
e il suo nome è ripetutamente ricordato nelle lettere di Heine, dove viene
definito un geislreicher Mann - cioè un uomo di grande intelligenza. Suo
fratello fu il primo a pubblicare una poesia di Heine sul «Vorwarts», il
giornale ebraico liberale che pubblicava a Parigi, e a lui il poeta inviò i
saluti in una lettera indirizzata nientemeno che a Carlo Marx. Uno dei
figli di Isaac, Michael, divenne professore di tedesco all'Università di
Monaco, posizione raggiunta a prezzo della rinuncia alla sua fede, e più
tardi Lehrkonsul, una specie di lettore ufficiale, del re Ludovico di Ba
viera; scrisse anche un grosso libro su Goethe. Un altro fratello, Jacob,
che secondo l'usanza ebraica si era messo in lutto per l'apostasia del fra
tello, insegnava latino e greco nell'Università di Heidelberg, ma si rifiutò
di pagare lo stesso prezzo di quello per la carica di professore. Il terzo
fratello, Berman, padre di Martha, era commerciante, fedele anch'egli alla
sua religione.
Berman Bernays e la sua famiglia erano venuti a Vienna da Amburgo nel
1869, sicché Martha, prima di incontrare Freud vi aveva trascorso tredici
anni, dalla tenera età di otto. Essa conservava il ricordo di sua madre di
sperata per dover lasciare la sua amata Amburgo, e delle sue lacrime che
friggevano sulla cucina economica: e vedremo infatti che la madre non fu
soddisfatta finché non poté ritornare alla sua vecchia casa. Il padre di
Martha divenne segretario di un noto economista viennese, Lorenz von
Stein: di qui la sua presenza a Vienna. In una fredda notte, il 9 dicembre
1879, egli fu colpito da collasso cardiaco, e mori per strada. Dopo la sua
morte, il figlio Eli occupò per alcuni anni il suo vecchio posto.
Freud aveva fatto una magnifica scelta del coniuge, e pochi matrimoni
avrebbero potuto essere cosi felici e ricchi di soddisfazioni come il suo.
Ma finché questo paradiso non fu raggiunto, si dovettero attraversare ac
que molto tempestose.
Martha Bernays era slanciata, pallida e piuttosto minuta. Che i suoi modi
seducenti la rendessero attraente per gli uomini risulta da molte allusioni
all'ardore dei suoi ammiratori e corteggiatori; ciò dette a Freud qualche
fondamento per la sua gelosia. Sebbene non se ne sia mai fatto cenno nelle
lettere sappiamo dalla stessa signora Freud che prima di conoscere il suo
Il fidanzamento (1882-1886) 14 1
futuro marito essa si era quasi impegnata a sposare un uomo d'affari molto
più anziano di lei, Hugò Kadisch. Fu suo fratello a dissuaderla da questa
unione, insistendo che era pazzesco sposarsi se non si era veramente inna
morati, e questo fu per Martha uno dei motivi della gratitudine verso il
fratello, che rese tanto difficile la sua posizione più tardi, quando Freud
volle che essa partecipasse al suo disaccordo con Eli.
Sulla delicata questione del suo aspetto esteriore, Freud si espresse con
il solito candore, in risposta ad una osservazione autodenigratoria di lei.
«Forse non sei bella in senso scultoreo o pittorico, infatti se insisti sull'esatta
correttezza nell'uso delle parole, allora devo confessare che non sei bella.
Ma io non ti adulavo, con quanto dicevo: non ne sono capace; posso, è
vero, sbagliarmi. Quel che desideravo esprimere era quanto il fascino della
tua persona si manifesti nel tuo portamento e nel tuo corpo, come ciò che
vi è di visibile nel tuo aspetto riveli quanto tu sia dolce, generosa e saggia.
lo sono sempre stato piuttosto insensibile alla bellezza formale, ma se nella
tua testolina è rimasta un po' di vanità, non ti nasconderò che qualcuno
dice che sei bella, in modo persino eccezionale. lo non ho nessuna opinione
in proposito.»' E le sue osservazioni nella lettera successiva non erano
molto più incoraggianti, per una ragazza di venti due anni: «Non dimen
ticare che la "bellezza" dura solo pochi anni, e che abbiamo invece da
trascorrere insieme una lunga vita. Una volta scomparse la levigatezza e
la freschezza della gioventù, la bellezza rimane solo dove bontà e intelli
genza trasfigurano i tratti, ed è questo in cui tu eccelli.» Un paio di anni
più tardi, si trova una descrizione un po' più dettagliata, a proposito di
una fotografia che essa gli aveva mandato: «Del tuo volto è la pura, nobile
bellezza della fronte e degli occhi che appare quasi in ogni ritratto. Come
per preservarti dal pericolo di essere bella, la natura ha dato al tuo naso
e alla tua bocca più carattere che bellezza, ed una espressione quasi ma
scolina, tanto poco verginale nella sua risolutezza.»
All'età di novant'anni,5 essa conservava ancora le sue maniere e la sua
grazia, straordinariamente attraenti. Le tre parole che meglio potrebbero
descrivere il suo temperamento sono «dolce», «graziosa» e «devota», ma
come Freud dovette scoprire a prezzo di sofferenze, non era di cuore do
cile, e aveva una fermezza di carattere che non si prestava facilmente ad
essere plasmata. La sua personalità era perfettamente sviluppata e bene
integrata, e avrebbe meritato senz'altro il complimento più grande per uno
psicanalista, quello di essere «normale».
142 Vita e opere di Freud
era vicendevole, e per la prima volta Freud osò sperare. Il giorno seguente
essa gli mandò un dolce fatto da lei, perché lo «sezionasse», e firmò il
biglietto «Martha Bernays», ma prima ancora di spedirglielo ricevette da
lui una copia del David Copperfteld, e perciò aggiunse qualche riga di
cordiali ringraziamenti, che firmò «Martha». Due giorni dopo, il 13 giugno,
mentre Martha era a pranzo in casa di lui, egli si impadronl di un bi
glietto da visita di lei come ricordo, e, per dimostrargli di aver gradito il
gesto, essa gli premette la mano sotto la tavola, cosa che non passò inos
servata alla sorella di Freud, che ne trasse le naturali conclusioni. L'indo
mani, mercoledl, Martha gli scrisse di nuovo alcune righe che però egli
non ricevette fino a sabato, giorno del loro fidanzamento. Il giorno dopo
andarono a passeggio insieme ad Eli, e Martha -disse a Freud di aver colto
per lui a Baden un ramoscello di tiglio, che gli dette il sabato. Incoraggiato
dal sentir ciò, Freud, che aveva già ottenuto il permesso di scrivede ad
Amburgo ed il privilegio di chiamarla per nome, cercò di arrivare all'in
timità del «tu», e perciò, tornato a casa, le scrisse la sua prima lettera,
che riportiamo per intero.
Lei sta per partire e deve compatire che io Le scriva. Come faremo perché
nessuno se ne accorga? In primo luogo, per il bene della mia cara fanciulla,
e poi perché dovrei vergognarmi come un miserabile di ciò che tutti mi rim
provererebbero come sventatezza e mancanza di giudizio. Tranne Martha, spero.
E poi so di non poter fare altrimenti: sono sotto l'incantesimo di Martha. Mi
è venuto in mente un piccolo piano: se una calligrafia maschile può sembrare
strana in casa di Suo zio, Martha potrebbe scrivere il suo indirizzo con la sua
tenera mano su un certo numero di buste, e poi io riempirei il prezioso invo
lucro con un povero contenuto. Non posso vivere senza che Martha mi rispon
da: ciò che ieri ci sembrava strano, oggi è una necessità vitale cui è doloroso
rinunciare. Ancora non so quale potrà essere il mio indirizzo.
Non ci siamo, non riesco a dire qui a Martha ciò che avrei ancora da dirle.
Mi manca il coraggio di finire la frase, la riga che lo sguardo o il gesto della
fanciulla negherà o permetterà. Mi permetterò di dire una cosa sola: l'ultima
volta che ci vedremo mi piacerebbe rivolgermi a colei che amo, che adoro,
con il «tu», ed avere la conferma di una relazione che forse dovrà essere
ammantata di segreto per molto tempo.
A che rischio mi metto, scrivendo questo! Se lo stato d'animo di Martha
non corrisponde al mio, quando leggerà queste righe prive di ogni ritegno,
riderà di me, o si ritrarrà seccata, e io dovrò aspettare un giorno lungo e fatale
prima di leggere nei suoi occhi ciò che fugherà i miei timori.
Ma io rischio, e poi non sto scrivendo a una sconosciuta, ma alla fanciulla
che posso chiamare il mio più caro amico .... solo da pochi giorni, è vero, ma
già attraverso innumerevoli legami di pensiero.
Che da amico voglia considerare questa lettera, La prego il Suo
dr. Sigmund Freud
da porti. Rispondimi sul tuo onore e sulla tua coscienza: alle undici di
giovedi scorso ti è accaduto di amarmi 1neno del solito, o di essere più
irritata con me, o magari "falsa", come dice il poeta?' Il perché di questo
involuto scongiuro di cattivo gusto? Perché è una buona occasione di farla
finita con una superstizione. Proprio in quel momento il mio anello si è
spezzato nel punto in cui è incastonata la perla. Devo ammettere che il
mio cuore non ha tremato, e che non sono stato colto dal presagio che
il nostro fidanzamento finirà male, né dall' oscuro sospetto che proprio al
lora- tu stessi cancellando la mia immagine dal tuo cuore. Un uomo sensi
bile avrebbe provato tutto ciò, invece il mio unico pensiero fu che l'anel
lo avrebbe dovuto esser riparato e che è difficile evitare incidenti come
questo.»10 Era accaduto che un chirurgo aveva affondato il bisturi nella
gola di Freud per eliminare una tumefazione tonsillare, e per il dolore egli
aveva battuto la mano sulla tavola. In quello stesso momento Martha non
era presa da niente di più peccaminoso che mangiare un pezzo di torta.
Quasi certamente l'anello si ruppe di nuovo un anno dopo, anche stavolta
per una faringite, sebbene più leggera, ma allora la perla andò perduta,
e dopo un altro anno Martha regalò a Freud un anello nuovo, sempre
con una perla. Si doveva giungere al dicembre 1883 prima che egli potesse
permettersi di dare un anello di fidanzamento a Martha, un anello liscio
con una granata.
Il sabato fatidico dopo il quale si considerarono fidanzati, e che non
dimenticarono mai, era il 17 giugno, ed infatti per vari anni festeggiarono
il 17 di ogni mese. Fu nel febbraio 1885 che per la prima volta si di
menticarono di ricordarlo nelle loro lettere.
Freud rivide di nuovo Martha il giorno dopo, solo di sfuggita, tuttavia
sembra che non sprecasse quel poco tempo, poiché annotò di averle dato
più baci in quei due giorni di quanti ne avesse dati a tutte le sue sorelle
nei suoi ventisei anni di vita. La mattina dopo essa parti per Wandsbek,
un sobborgo di Amburgo, per trascorrere le vacanze da un suo zio, Elias
Philipps, mentre la madre e la sorella passavano le loro a Reichenau.
Quella separazione fu la prima di una mezza dozzina che essi avrebbero
dovuto provare.
La versione ufficiale che circolava in famiglia era questa: appena la
madre di Martha venne a sapere del fidanzamento, spedi immediatamente
sua figlia ad Amburgo perché vi rimanesse fino a quando le nozze potessero
aver luogo, e spiegando che se un fidanzamento deve essere lungo, è meglio
II fidanzamento (1882-1886) 147
e carta e scrisse sull'istante una lettera alla ragazza. Freud insisté per leg
gerla e la lettera gli fece montare il sangue alla testa. Anche Schonberg
la lesse e ne restò ugualmente esterrefatto: la lettera conteneva gli stessi
«adorata Martha» e «amore immortale» di prima. Freud la fece a pezzi, al
che Fritz scappò via umiliato. Lo inseguirono cercando di farlo tornare in
sé, con l'unico risultato di farlo scoppiare in lacrime. Questo intenerl Freud,
i cui occhi si inumidirono. Afferrò il braccio dell'amico e l'accompagnò a
casa. Il mattino seguente però, subentrò un atteggiamento più duro, ed egli
provò vergogna per la sua debolezza. «Colui che fa salire le lacrime ai
miei occhi dovrà penare molto prima che io lo perdoni. Egli non è più
mio amico, e guai a lui se diventa mio nemico. Sono fatto di una stoffa
più dura di lui, e quando ci scontreremo si accorgerà di non essermi pari.»
E quanto alle intromissioni fra lui e Martha: «Guai a chi la tocca. l l Posso
essere spietato.»
Alla fine Freud si rese conto della situazione, sebbene Martha non avesse
accettato la sua opinione in proposito e protestasse che Fritz era soltanto
un vecchio amico. Ma per lui era ormai chiaro che Fritz era realmente in
namorato di lei pU! senza esserne cosciente. «La soluzione del problema è
questa: .solo nella logica le contraddizioni non possono coesistere; nei sen
timenti esse possono tranquillamente andare avanti una accanto all'altra.
Ragionare come Fritz significa negare metà della vita. Meno che mai si può
negare la possibilità di tali contraddizioni nei sentimenti degli artisti, gente
che non ha alcuna occasione di sottoporre la propria vita intima al con
trollo della ragione.»12 Qui parlava il futuro psicologo. Per di più egli si
ricordava che Martha era stata allieva di Fritz, per cui ciò che nell'amico
sembrava debolezza di carattere era semplicemente una caratteristica di co
loro che insegnano. «Bisogna guardare al passato, perché senza averlo com
preso non è possibile godere il presente; né si può capire il presente senza
conoscere il passato.» In questa frase è contenuto un principio essenziale
della psicoanalisi.
Martha tuttavia non avrebbe avuto nessuna di tali spiegazioni. Non era
stato altro che una semplice amicizia, come del resto Fritz stesso assicurò
a Freud pochi giorni dopo, quando si rividero, ma forse l'inconscio di
Martha ne sapeva di più, perché essa se ne usd con la tipica risposta
della donna dolce all'innamorato sfortunato: abbi pietà di lui. Freud decise
che l'unica cosa da fare era di prendere in prestito, per amore o per forza,
il denaro sufficiente per andare à Wandsbek e ristabilire la turbata ar
152 Vita e opere di Freud
ventù, ma la sofferenza era tale che non gli sarebbe costato nulla lasciar
cadere la penna e immergersi nel sonno eterno. Il giorno seguente alla di
sperazione subentrava il furore: «Quando mi è tornato il ricordo della tua
lettera a Fritz e del nostro gior'lo sul Kahlenberg, ho perso ogni controllo,
e se avessi potuto distruggere il mondo intero, noi compresi, per farlo
cominciare di nuovo - anche a rischio che Martha e io non fossimo creati
un'altra volta - l'avrei fatto senza esitare.»
Un paio di settimane dopo egli scrisse del suo odio per Fritz, che pure
in altre circostanze avrebbe potuto amare. Essa non avrebbe mai dovuto
tentare di tenerli entrambi, il ricordo di ciò sarebbe sempre rimasto troppo
penoso. Al· ritorno di Martha a Vienna, 1'11 settembre, risultò da qualche
indizio che Fritz non si era ancora deciso a rassegnarsi al nuovo stato di
cose. Schonberg intervenne e tentò di affrontare con franchezza !'intera
situazione in una lettera a Martha. Anche Freud le disse che avrebbe siste
mato la cosa con Fritz in modo definitivo, a meno che essa non avesse
respinto i minimi approcci da parte di lui. I primi colloqui però non
furono soddisfacenti: Martha era evasiva e silenziosa. Era un peccato ro
vinare quei pochi momenti belli che potevano passare insieme, ma Freud
era duro come il sasso, e alla fine essa fu d'accordo con lui a proposito
di Fritz. Se in quell'occasione essa non l'avesse fatto - disse in seguito
Freud più d'una volta - si sarebbero separati.'16 Fritz non dette più alcun
fastidio, ma la ferita fu lenta a rimarginarsi e anc~ra tre anni dopo Freud
definiva «indimenticabile» quel penoso ricordo.
Il posto di Fritz fu preso da due rivali ancora più difficili, della stessa
famiglia di Martha: suo fratello e sua madre. Bisogna presentarli. Eli
Bernays, di un anno maggiore della sorella, era uno degli amiconi di
Freud, e aveva una natura generosa e il dono di fare regali appropriati.
Freud conservò gelosamente la copia della Dichiarazione d'Indipendenza
Americana che gli era stata regalata da lui, e l'appese sul suo letto in
ospedale. Era attaccatissimo ad Eli prima della rottura, e in seguito disse
che gli era costato «uno sforzo enorme» arrivare a tanto. Eli era di gran
lunga il migliore di tutti, in entrambe le famiglie: pubblicava un giornale
d'economia ed era un uomo d'affari scaltrito. Dopo la morte del padre,
nel 1879, egli mantenne interamente la madre e le due sorelle, e dopo il
suo matrimonio con Anna Freud, aiutò pure la famiglia della moglie. Egli
ebbe della vita una visione meno austera di quella di Freud, che lo con
siderava un po' come un bambino viziato - il figlio maggiore e l'unico
Il fidanzamento (1882-1886) ISS
trattenne e conservò il segreto ancora per un po'. I due giovani però non
sembravano aver preso molto sul serio l'intenzione della Mamma: era
troppo spaventoso pensarci. In gennaio essi cominciarono a scrivere il
racconto del loro fidanzamento, da leggersi nel tempo avvenire, su quello
che essi chiamavano il Diario Segreto (Geh~ime Chronik) perché, trovan
dosi nella stessa città, sarebbero rimaste ben poche lettere a ricordare, in
futuro, quei giorni emozionanti.
Scrivevano alternativamente, e ne venne fuori qualcosa di mezzo tra un
diario e una confessione. L'esordio di Freud conteneva il passo seguente:
«Chiusa in me c'è una carica di coraggio e di ardimento che non è facile
deviare o eliminare. Quando mi esamino da vicino, più da vicino di quanto
faccia la mia amata, mi accorgo che la natura mi ha negato molti doni e
non mi ha concesso molto, anzi assai poco, di quel genere di talento che
non si può fare a meno di riconoscere. Però essa mi ha dotato di un
intrepido amore della verità, dell' occhio penetrante del ricercatore, di un
giusto senso dei valori della vita, e del dono di lavorare sodo pur provan
done piacere. Ce n'è abbastanza perché io possa riuscire a sopportare la
mia meschinità sotto altri aspetti... Ci appoggeremo uno all' altro in questa
vita, che è tanto chiara nelle mete immediate ma tanto incomprensibile nel
suo scopo finale.» Essi solevano studiare insieme la storia e la poesia «non
per abbellire la vita, ma per viverla»Y
Nel marzo 1883 l'ostilità di Freud verso Eli si riaccese e fu più forte di
prima. La disapprovazione che egli nutriva per lui a quell'epoca, le cui
ragioni non possiamo qui esporre, persistette fin dopo il matrimonio di
Freud, e Martha venne in un certo senso a condividerle. La sua stizza fu
accresciuta dal fatto che Eli appoggiava la decisione della Mamma di par
tire per Amburgo. Per anni i due vecchi amici non si parlarono. Freud
non andò al matrimonio di Eli con sua sorella Anna, nell'ottobre del 1883,
sebbene questo accadesse in parte perché non amava le manifestazioni uffi
ciali. Fu una faccenda in abito di gala, e accompagnata da cerimonie che
Freud descrisse (per sentito dire) come «semplicemente disgustose»; allora
non pensava che sarebbe venuto anche per lui il momento di sottoporsi
alle stesse cerimonie.
Diciotto mesi dopo, mentre usciva di casa incontrò Eli che veniva a
far visita; si inchinarono a vicenda senza dire una parola. Poi Freud, ap
profittando dell' assenza di Eli, andò da sua sorella a felicitarsi con lei per
la nascita del primo figlio. Le disse chiaramente, tuttavia, che non doveva
Il fidanzamento (1882-1886) IS9
considerare questo gesto come segno di una riconciliazione con suo marito.
Nel 1892 Eli andò negli Stati Uniti per studiare le prospettive che
potessero essergli offerte, e l'anno seguente portò con sé la moglie per sta
bilirsi a New York. A quell'epoca l'antipatia di Freud aveva perso tutta
la sua precedente intensità. Non solo aiutò il cognato nelle difficoltà eco
nomiche dell' emigrazione, ma tenne in casa sua per un anno uno dei due
figli di lui, Lucie, finché le cose nella nuova patria si furono assestate. Per
il resto della vita i due uomini rimasero in termini abbastanza amichevoli.
Il senso della famiglia sopravvisse, e anni dopo Freud accettò l'offerta di
suo nipote, l'ottimo Edward L. Bernays, di tradurre e adattare per la
pubblicazione in America le Conferenze introduttive (The Introductory
Lectures).
Nel frattempo, come risultato della rottura, Freud non si curò più di
frequentare la casa di Martha, e per due mesi essi si incontrarono solo
per le strade o nell'affollato appartamento della famiglia Freud. Queste
spiacevoli circostanze cambiarono solo quando, dal primo maggio, egli ebbe
per sé una stanza all'ospedale, dove allora essa gli fece spesso visita. Più
gravi furono invece le richieste che egli le fece. Essa doveva rinunciare
alla sua passione di stare in buoni rapporti con chicchessia, nella lite con
suo fratello e sua madre doveva sempre prendere le parti di lui, doveva
insomma riconoscere di non appartenere più a loro, ma a lui solo; doveva
rinunciare a loro e anche ai suoi «pregiudizi religiosi» in senso lato. Mar
tha non poté far altro che incassare e sperare in tempi più calmi. Ma
questo atteggiamento di silenzio e di «evasione» era proprio il più adatto
per irritare Freud: egli preferiva· di gran lunga discutere le cose in con
flitto aperto.
Il progett6 della Mamma di partire per Amburgo cominciò a maturare.
Schonberg protestò violentemente con la sua fidanzata Minna per il fatto
che essa gli veniva strappata, ma invano: chiamare la Mamma una vecchia
egoista non ebbe alcun effetto. Eli incoraggiava l'idea di sua madre, pen
sando naturalmente che in sua assenza avrebbe goduto di una maggiore tran
quillità. Le suppliche e le proteste di Martha non furono cosI energiche
c~me. Freud avrebbe voluto - altra fonte di disaccordo - ma per lei i de
Sideri della Mamma erano legge. Alla fine la partenza ebbe luogo, e il
17 giugno 1883 Freud fu separato da Martha per la seconda volta e con
un futuro del tutto imprevedibile davanti a loro. La Mamma cercò di cal
marlo dicendogli che esse stavano andando ad Amburgo al solo scopo di
160 Vita e opere di Freud
peramento tra. due persone, altrettanto che dalle loro analogie, e forse in
special modo nei casi come questo, in cui l'attrazione assume una forma
particolarmente intensa e appassionata. Tra Freud e Martha esistevano nette
differenze di temperamento, e fu un notevole trionfo, da entrambe le parti,
che si fosse infine raggiunto tra di loro un modu.I vivendi ben riwcito.
Il temperamento di Martha, essendo il più normale, è il più facile a
descriversi. Essa si sentiva sicura del suo amore, e quindi chiedeva poco
per rassicurarsene, cos1 come non aveva alcuna ragione, interna o esterna,
di essere gelosa. Essa riconosceva la necessità di un reciproco adattamento,
su una linea che spettava all'uomo decidere. La difficoltà con la quale essa
riusciva ad attuare le desiderate modi.fi.cazioni di alcuni suoi atteggiamenti
la turbava e faceva impazzire l'impaziente Freud. Questo le fece anzi du
bitare, talvolta, di meritare di sposarlo. Anche più spiacevoli, però, erano
le occasioni in cui le critiche di lui le sembravano ingiusti.fi.cate, e le sue
richieste irragionevoli o almeno tali da non poter essere soddisfatte da lei,
e ciò portò a tante situazioni piene di confusione e di perplessità, che ri
chiesero tutta la diplomazia di Martha. Alla fine essa ne uscl con successo,
ma solo dopo aver attraversato parecchie crisi nelle quali si sent1 portata
al limite della resistenza. La sua prima risposta istintiva a tali richieste
avveniva sulla linea di ciò che Freud chiamava la tipica debolezza mater
na, qualità che egli disprezzava cordialmente, e che in sostanza consiste,va
nella attitudine alla rappaci.fi.cazione. La madre di Martha prendeva sempre
la via più facile, qualunque cosa potesse costarle: l'evasione dal. tema in
discussione o magari anche la mancanza di sincerità. Di Martha non si po
trebbe dire proprio lo stesso, ma certo c'era tanto di sua madre, in lei,
da farle preferire l'armonia ogni volta che fosse possibile, e in caso con
trario, da consentire educatamente a dissentire dal suo antagonista. Essa
però possedeva in più, nella sua personalità, qualcosa di molto tenace e ar
dente, e se veniva ridotta in una situazione senza via d'uscita (arte nella
quale Freud era maestro), poteva resistere con una tenacia perfino maggiore
di quella di lui.
Il risultato di tutto ciò fu che, sebbene Martha si lasciasse largamente
influenzare sotto molti aspetti - compreso quello delle abitudini religiose
ortodosse - in tutte le questioni personali più importanti essa si dimostrò
più forte di Freud e non perse terreno. La sua costanza e fermezza, insie
me al suo amore incrollabile, la portarono felicemente alla meta. Quanto
a Freud, del resto, egli abbaiò sempre più di quanto mordesse, e se mi è
6 -I
Vita e opere di Freud
le osservazioni che è possibìle trarre dai primi due mesi del fidanzamento.
Nella vita amorosa di Freud tutto sta ad indicare una notevole riser
vatezza, e si può forse dire che c'era qualcosa da tenere accuratamente
protetto, e che si poteva liberare e lasciare espandere solo in condizioni
molto favorevoli. Si ha l'impressione che persino nei suoi rapporti con la
donna che tanto amava egli avesse spesso bisogno di esprimere una certa
durezza o una critica negativa, prima di azzardarsi a liberare i suoi senti
menti affettuosi. In lui la gentilezza interiore e l'amore erano spesso co
perti da uno strato più duro, tale da poter trarre in inganno chi lo osser
vava, ispirandogli una falsa impressione della sua natura. Verso la fine
del suo fidanzamento egli disse a Martha di non averle mai mostrato il
suo Iato migliore, e forse in tutta la sua forza esso non venne rivelato
mai. Quello che Martha indovinò, tuttavia, fu sufficiente a darle una fi
ducia incrollabile che con lui l'amore l'avrebbe avuta vinta in ogni situa
zione emotiva complessa, e ciò fu per lei un conforto sicuro nelle prove
che dovette superare.
Naturalmente, il primo periodo del fidanzamento fu la parte più diffi
cile del reciproco adattamento; dopo diciotto mesi o giù di lì la maggior
parte di esso era stata realizzata, ma anche dopo ci furono a volte rica
dute abbastanza serie. I nove mesi durante i quali essi rimasero insieme
a Vienna, prima della lunga separazione, non furono molto felici, mal
grado parecchi momenti meravigliosi. Infatti, prima di sentirsi a suo agio
con lui, Martha era probabilmente un po' spaventata dal suo autoritario
corteggiatore, e di solito soleva rifugiarsi in un silenzio che Freud trovò
sempre molto stancante combattere. Egli diventava a sua volta rude e per
fino pungente, e passava molto tempo prima che riconquistasse la fran
chezza di vincere le resistenze di lei con dimostrazioni d'affetto. Tutto
ciò che egli conquistò nella sua vita fu raggiunto per la strada più diffi
cile, e questo accadde sempre per la sua felicità.
Un'altra ragione della grande esigenza di Freud circa la perfezione del
loro reciproco adattamento era questa: egli aveva investito in Martha - o
piuttosto aveva percepito in lei ~ le migliori qualità di se stesso, e sperava
di corroborarle attraverso l'intimo contatto con lei. Il carattere di lei era
veramente nobile, e Freud sentiva che in sua presenza non si sarebbe po
tuto concepire un pensiero mediocre o comune. Sulla falsariga della di
stinzione di William James tra i «nati una volta sola» e i «nati due volte»,
egli riconosceva che vi sono ben pochi (e Martha era uno di questi) che
Il fidanzamento (J 882-J 886)
zing, c'è una casa bassa e disadorna, uguale a tutte le altre che la cir
condano. O che vi abbia vissuto molto tempo fa un grand'uomo, che sa
pesse come carpire al cuore umano i suoi segreti ed esprimersi in parole
o in suoni ciò che sembrava inesprimibile, forse un Beethoven o un Lenau;
o che in quel luogo sia accaduto qualcosa tale da irridere ogni barriera
e liberare ogni passione: in quella povera casetta c'è un incantesimo, ed
io non mi curavo di passarle accanto. Non posso darne ragione, ma l'ho
visto io stesso: quando due persone schive l'una dell'altra si affacciano
alle finestre della casetta fatata, chiacchierando di cose senza importanza,
i loro pensieri impercettibilmente li dominano e abbattono ogni barriera;
poi uno dei due pronuncia una parola, una frase che sfugge al suo con
trollo, e l'altro se ne meraviglia e riflette, e cade un improvviso silenzio,
e nessuno può dire quali cambiamenti quel silenzio abbia prodotto tra loro.
Che peccato che il giorno debba finire proprio quando lo si gode pie
namente.
E che quando qualcuno ci è diventato caro, proprio allora se ne debba
andare tanto lontano.
Davvero tanto lontano?»
Ma Martha tacque, entrambi tacquero, quando passarono dinanzi alla
piccola casa fatata. Non è lo stile di Dickens?
«Chi era quella persona sconosciuta che aveva lasciato Martha proprio
quando si erano innamorati l'uno dell'altra? Quanto era penoso sapere
cosI poco di quell'attraente fanciulla, cosI sicura di sé, cosI riservata, cosI
graziosamente certa delle sue opinioni e inclinazioni. Forse essa aveva con
cesso il suo affetto all'amico che l'aveva lasciata, e si pentiva di essersi tra
dita con un estraneo. Era uno dei suoi cugini, come dicevano le chiacchiere,
oppure un uomo serio, un amico di suo padre, uno dei tanti che frequen
tavano casa sua? C'era uno sol021 al quale si potevano porre queste do
mande, e che avrebbe risposto cosI: "La persona da cui Martha si è sepa
rata di recente è una ragazza, Nessun uomo ha ancora conquistato il te
soro dell'amore di Martha, e nessuno lo merita più di te," Sembrava in
credibile, eppure era vero, diventava una meravigliosa realtà. Era dunque
vera anche l'altra parte dell'interpretazione?»
Le due settimane che seguirono la partenza di Martha per Wandsbek,
nel giugno 1883, furono tra le peggiori che essi passarono. Martha, con
lettere molto dolci e pazienti, acconsenti a diventare il suo «compagno di
lotta»22 come egli desiderava, ma chiari che non aveva intenzione di unirsi
Il fidanzamento (1882-1886)
a lui in un attacco alla sua famiglia. Una lettera più aspra fece seguito
ad un' altra che la accusava di debolezza, di codardia, e di scegliere la via
più facile invece di affrontare coraggiosamente le situazioni difficili: ~i
culminò in una lettera scritta l'ultimo giorno del mese, nella quale eglI di
ceva che se Martha non avesse ammesso che le richieste che le faceva
erano giustificate, avrebbe dovuto riconoscere di essersi sbagliato: era trop
po stanco per continuare a lottare. «Allora cessiamo di scriverei. Non avrò
più niente da chiedere, il mio violento desiderio sarà morto. Non mi ri
marrà altro che fare il mio dovere in un misero posto, e quando sarà
venuto il momento del successo, troverai in me, un compagno per la vita,
modesto e posato... Se tu non sei quella che credevo, la colpa di chiederti
in moglie senza conoscerti è solo mia.» Essa si risentì in modo particolare
all'idea che la sua influenza indebolisse lo spirito di lui: «Una donna do
vrebbe addolcire, non indebolire un uomo.» La lettera di lei ebbe l'effetto
desiderato, poiché ilIo giugno Freud scrisse: «Rinuncio a ciò che chiede
vo. Non ho bisogno della compagna di lotta, che speravo potessi essere tu;
sono forte abbastanza da lottare da solo. Non udrai più parole dure. Mi
accorgo di non aver ottenuto ciò che volevo in te, e che se continuerò per
derò la mia amata. Ti ho chiesto qualcosa che non è nella tua natura, e
non ti ho offerto nulla in cambio... Tu hai rinunciato certamente alla cosa
di minor valore e resti per me la parte indispensabile, alla quale mi sono
aggrappato con tutti i miei sentimenti e pensieri, una persona amata, dol
ce e preziosa.»
Del resto la rassegnazione non si adattò mai a Freud. Egli espresse
spesso la soddisfazione per avere attraversato insieme a Martha un momen
to cos1 difficile. «Certi ricordi uniscono più di ore vissute insieme. Il san
gue e le sofferenze in comune stringono i legami più saldi.»23
Freud stava mostrando già allora il dono di divinare i pensieri altrui, per
il quale divenne in seguito tanto famoso. «Ho un vero talento per inter
pretare,24 diceva, e leggeva costantemente tra le righe delle lettere di Mar
tha, di modo che essa non trovava nessun rifugio nella reticenza. Egli di
stingueva le lettere in due gruppi: quelle «aperte», nelle quali tutto veni
va espresso, e quelle «nascoste» nelle quali qualcosa era celato, e dimostra
va un'intuizione veramente magica nel percepire le minime sfumature. Si
rese conto anche del fatto, sul quale sarebbe poi ritornato in seguito, che
u.n uso indi~criminat? ~i tale dono non facilita molto i rapporti con il pros
simo. Se SI fosse hmltato avrebbe risparmiato ulteriori sofferenze sia a
168 Vita e opere di Freud
Martha che a sé, ma ciò era contrario al suo scopo preciso. In qualche
occasione, tuttavia, l'effetto fu tragicomico, come, per esempio, quando le
chiese cosa nascondesse, e non essendosi essa curata di rispondergli per un
paio di lettere, egli architettò ogni sorta di possibilità - gravi malattie, e
persino infedeltà da parte di lei - mentre Martha finI per confessare di
aver avuto un leggero mal di stomaco! Comunque aveva avuto ragione,
qualcosa c'era stato. Le emozioni di Freud in simili incertezze erano dispe
rate. Il giorno dopo aver ricevuto queste notizie scrisse: «Ora so quanto
mi sei cara: non desidero altro che baciarti una volta ancora e poi morire
con te. Dopo che abbiamo vissuto tanto a lungo in felice intimità, ho or
rore di vivere da solo anche un sol giorno.»
Vedremo più avanti l'influenza negativa che la povertà di Freud svolse
in quegli anni. 25 Essa era naturalmente il solo ed unico ostacolo all'unione
con la sua fidanzata, e allo stesso tempo una delle ragioni più importanti
dell'opposizione che la famiglia di lei muoveva al suo corteggiamento. Gli
scottava di non potere fare a Martha un sia pur piccolo dono salvo che in
rare occasioni, le quali d'altra parte costituivano per lui «i più grandi mo
menti» nella sua grigia esistenza. Eppure anche sul triste argomento delle
sue finanze egli fece del suo meglio per cercare uno spiraglio di luce,' e
ben. presto scrisse: «Mi sono riconciliato con la nostra povertà: pensa se
il successo fosse esattamente proporzionale ai meriti della gente. Non per
deremmo forse il fervore dell' affetto? Se cosI fosse non saprei dire se tu
ameresti me o i riconoscimenti che io avessi ottenuto, e se invece non fa
cessi fortuna, la donna potrebbe dirmi: "Non ti amo più: hai dimostrato
di non valere niente." Sarebbe altrettanto odioso delle uniformi che si ve
dono in giro, nelle quali il valore di un uomo sta scritto sul colletto e
sul petto.» 28 Oppure: «La nostra possibilità di spartire - ecco la poesia
nella prosa della vita,» 27
Per castigatezza Freud fu all'altezza del suo tempo, in cui le allusioni
agii arti inferiori erano già fuori luogo. Diciotto mesi dopo un avveni
mento conturbante egli scrisse: «Mi sembra che tu nòn sappia quanto sono
riservato: ti ricordi quella volta che andammo a passeggio con Minna nel
Beethovengang, quando te ne andasti da parte per tirarti su le calze? ~
sfrontato da parte mia parlarne, ma spero che tu non ci faccia caso.» Era
necessario scusarsi anche per le allusioni più velate. Paragonandola con
la robusta donna di duemila anni fa, egli notò che il piede della Venere
di Milo era lungo il doppio di quello di Martha: «Scusami il paragone, ma
Il fidanzamento (1882-1886) 169
quell'antica signora è senza mani.» Verso la metà del 188? Ma~ an
nunciò il suo desiderio di andare a stare con una sua vecchia amica, spo
sata da poco, la quale, secondo la sua delicata espressione «si era sposata
prima delle nozze». Tale contatto con una simile fonte di contaminazione
morale fu severamente proibito, ma va detto anche, per pura lealtà, che
egli aveva anche altre obiezioni nei riguardi della signora in questione.
aspettando un uomo non tanto piacevole, ma che non ti offrirà, spero, nes
sun motivo di rimpianto.»
La sciatica mise in luce una delle caratteristiche di Freud che sarebbe poi
diventata evidente nella sua vecchiaia, e cioè il suo odio per le situazioni
di impotenza e l'amore dell'indipendenza. Non poteva nulla contro la va
langa di parenti e di amici che si riversò nella sua stanza, ma la cosa lo
seccava fortemente. «Sembro una puerpera nel suo giaciglio, e a volte
bestemmio contro l'amore esagerato.28 Preferirei sentirmi dire parole dure,
star bene e lavorare; allora mostrerei alla gente quanto io l'ami pazza
mente.»
In aprile l'anno cominciò a «trascinarsi», e l'estate passò per Freud tra
la gioiosa attesa del mese di vacanze a Wandsbek e l'eccitazione per le
sue scoperte sùlla cocaina. 29 Il suo stato di tensione andò aumentando in
quei mesi, finché il 12 luglio, a tre giorni soli dalla sua partenza, giunse
l'intervento del Governo del Montenegro, che lo fermò. so Egli era furi
bondo e per un istante pensò di mandare all'aria ogni cosa, l'ospedale, la
docenza e la futura carriera, piuttosto che rinunciare al tanto desiderato
ricongiungimento con Martha. «Ero infelice come se tutta la mia vita fos
se stata distrutta.» Ma pensieri migliori subentrarono immediatamente e il
rinvio della partenza si rivelò molto proficuo, per avergli dato un'incom
parabile occasione di esperienza medica.
Risalgono a quel periodo alcuni dei suoi più ardenti squarci amorosi, ma
nemmeno quindici giorni dopo sorse una nuova afBizione, forse come con
seguenza del suo disappunto. Egli disse a Martha che riteneva urgente che
essa abbandonasse la casa (e l'influsso) della madre, e che avrebbe chiesto
a Fleischl di procurarle una sistemazione appropriata, naturalmente a Vien
na. L'ostacolo che aveva impedito questa soluzione al tempo della sepa
razione, e cioè l'insistenza di Martha di abitare presso una famiglia ebrai
ca per ragioni dietetiche, non sussisteva più, ma Martha fece un doppio
passo falso nella sua risposta. Innanzi tutto essa propose di abitare con il
fratello in attesa di trovare una sistemazione, idea che fu subito lasciata
cadere dopo l'acido commento che ne fece Freud. Poi aggiunse avventa
tamente che il progetto era buono, perché avrebbe alleviato il peso che
gravava su sua madre, come se il vero motivo fosse stato questo. Freud
disse, sarcastico: «Se è per questo, sarebbe uguale che te ne andassi in
Ungheria.» L'osservazione lo aveva proprio sconvolto, e scrisse allora le sue
due lettere più furiose: essa aveva pensato prima a sua madre, non a lui.
Il fidanzamento (188z-1886) l,I
rari momenti d'urnor nero, e scoprl pure cha la Mamma era un essere
umano, e non un orco. Il risentimento si trasformò in desiderio, che di
venne sempre più intenso man mano che la speranza di soddisfarlo si av
vlcmava.
Per di più egli era giunto a guardarlo da un punto di vista differente.
Dalla primavera del 1885 si rese conto che se Martha avesse potuto re
stare a Vienna, tanto vicino eppure tanto lontano, la sofferenza sarebbe
stata ancora più penosa e forse impossibile a sopportarsi. Nel marzo di
quell'anno scrisse: «In una cosa mi sbagliavo, e penso di poter ammetter
lo. Si tratta del fatto che non posso rimproverare più a nessuno che tu sia
stata lontana da Vienna in questi anni. So che avrei sopportato ancora
peggio che tu stessi qui senza appartenermi: i miei pensieri sarebbero
stati sempre con te, e non avrei avuto pace nel mio lavoro. Sarei stato
sempre ad aspettarti o a desiderare di venirti a trovare e, quanto maggio
re fosse sembrata la felicità, tanto più insofferente e disperato sarei dive
nuto io. In un anno intero non avremmo avuto la metà dei giorni cosI
splendidi che abbiamo passato in settembre, e non so se tu avresti con
servato a lungo il tuo affetto per me. Per quanto male vada ora, è sempre
meglio di tutte le possibili circostanze, per noi.» Una quindicina di giorni
dopo tornò sull'argomento: «Non riesco a staccarmi dal pensiero che se
tu fossi qui io ti avrei persuaso a sposarci senza nemmeno sapere di che
vivere, oppure che avremmo costituito il tipo di coppia infelice che fini
sce tragicamente sui giornali, oppure infine che tu avresti smesso di amar
mi. Mi è possibile ragionare, lavorare e sopportare la privazione solo per
ché non ti vedo.»
Il miscuglio di passione e di risentimento che aveva caratterizzato la pri
ma parte del fidanzamento si era ora trQ,sformato in amore profondo. La
sua purezza era maggiore dr prima, ma naturalmente non cominciava an
cora a trapassare nell'amore più calmo che Freud avrebbe provato dopo il
matrimonio. Egli era ben conscio dell'intensità ed anche dell'egoismo del
suo amore, e quando gli giunse notizia che il suo migliore amico, SchOn
berg, stava morendo 81 confessò che le ombre bluastre sotto gli occhi di
Martha lo preoccupavano più del triste stato dell' amico.
Freud fu sempre molto ansioso della salute e del benessere della sua
fidanzata. Nell'estate del 1885 venne a sapere che essa non stava molto
bene. «Mi scordo di me stesso nel vero senso della parola, quando sono
preoccupato per te. Perdo improvvisamente il senso della misura, e ogni
Il fidanzamento (1882-1886) 17l
tanto mi assale una tremenda paura che tu ti ammali. Mi sento cosI tur
bato che non riesco a scrivere di più.» Il giorno seguente, dopo aver ri
cevuto una cartolina di lei, scrisse: «Dunque mi sono completamente sba
gliato nell'immaginare che tu fossi malata. Sono stato proprio un pazzo... 8Z
Quando si è innamorati si diventa veramente pazzi.»88 Trent'anni dopo
Freud avrebbe discusso la natura patologica dell'essere innamorato,a. ed
avrebbe avuto la sua esperienza personale ad aiutarlo.
Quando Martha andò in vacanza a Lubecca e scherzò su una fantasia
nella quale anftegava nel fare il bagno, egli replicò: «PUÒ darsi che da un
certo punto di vista anche la perdita della persona amata possa sembrare
un fatto banale, nelle migliaia di anni della storia umana, ma io devo
confessare di essere all'estremo opposto. Per me un fatto del genere sa
rebbe assolutamente equivalente alla fine del mondo. Niente può più con
tinuare quando i miei occhi non vedono più: che Ecuba c'è in me!» Un
mese o due più tardi, a proposito della morte ormai prossima del suo
amico Schonberg, scrisse: «Ho preso da molto tempo una decisione nel
caso che io ti perda, ed il suo pensiero non è per nulla penoso. Che se ci
lasciassimo, noi ci perderemmo a vicenda, è fuori discussioni: tu divente
resti un' altra persona, e di me poi ne sono sicuro. Tu non hai idea di
quanto io ti ami, e spero che non dovrò mai mostrartelo.»36 Persino il più
lieve malessere di Martha lo turbava. Nell'estate essa ebbe un colpo d'aria
e Freud l'avverti che se essa fosse stata male al momento in cui egli avesse
dovuto lasciare Vienna, se ne sarebbe andato direttamente a Parigi invece
di passare prima qualche settimana a Wandsbek, come avevano proget
tato. Poi invece minacciò di passare a Wandsbek tutti i sei mesi e di man
dare all' aria il viaggio a Parigi.
Il 1885 fu un anno di gran lunga più felice dei precedenti, non solo a
causa dei successi professionali, ma soprattutto perché, a partire dalla vi
sita a Wandsbek nell'au.tunno dell'anno prima, Freud si senti certo del
successo di aver conquistato completamente l'amore di Martha. D'altra
parte era sicuro che non l'avrebbe mai conquistato senza la dura lotta che
c'era stata fra loro. Nel gennaio di quell'anno, a Martha che aveva osser
vato quanto ragionevoli fossero ora, e quanto si fossero comportati da pazzi
l'uno verso l'altro nei primi tempi, egli rispose: «Ammetto che ora siamo
molto saggi perché non abbiamo più dubbi sul nostro amore, ma non
potremmo esserlo .se prima non ci fosse stato tutto il resto. Se in tutte
quelle ore penose che ho passato per causa tua due anni fa e anche dopo,
174 Vita e opere di Freud
scopo erano stati finora infruttuosi. In giugno poi giunse la notizia che
avrebbe dovuto partecipare alle manovre militari in agosto, con relative
spese e mancato guadagno. Insomma l'intera situazione non avrebbe potuto
essere più tesa.
A questo punto si presentò l'ostacolo nuovo che egli paventava. Martha
aveva affidato metà della sua dote a suo fratello Eli, e nell'idea di Freud
tale affidamento consisteva nel fatto che i denari fossero chiusi in una cassa
forte o almeno messi su un conto in banca e non toccati. Sembra che egli
non fosse all' altezza di distinguere tra investimento e speculazione, e in
fatti in vita sua non investI mai un centesimo del suo denaro. Un uomo
d'affari come Eli, viceversa, aborriva l'idea del denaro infruttuoso e perciò
investl i soldi di Martha. Egli aveva forti scadenze, poiché alcuni investi
menti si erano mostrati mal riusciti, e in quella occasione non aveva denaro
sotto mano. Questa situazione, tanto abituale per un uomo d'affari, aveva
per Freud un significato equivoco. Per lui la distinzione tra capitale e cir
colazione non era molto chiara: il denaro c'era oppure non c'era, e cosI,
sentendo che Eli aveva qualche difficoltà, egli interpretò la notizia nel senso
peggiore e disse a Marthadi farsi restituire il denaro. Dopo una quindicina
di giorni - pare che Eli fosse stato sempre ritardatario nella corrisponden
za ~ arrivò una cartolina evasiva che accrebbe i più oscuri sospetti di Freud
e attizzò tutta la sua antica diffidenza e ostilità. Egli spedl a Martha una
serie di lettere frenetiche, insistendo perché essa esercitasse la massima pres
sione su Eli allo scopo di riavere il denaro, cosa che evidentemente non
era molto facile per Eli. Freud espresse a Martha i suoi sospetti che Eli
avesse adoperato il denaro per sé, ciò che fu definito da Martha una
calunnia. Essa era sicurissima che Eli avrebbe pagato, giacché in tutta la
sua vita non l'aveva mai abbandonata, e la lealtà verso il fratello cui do
veva tanto provocò il suo risentimento per le parole che Freud usava nei
suoi riguardi.
Allora le antiche emozioni che erano restate a lungo sopite e sembravano
essersi dissolte esplosero con una violenza mai vista prima. La sua amata
stava prendendo non la sua parte, ma quella dell'odiato rivale, il mascal
zone che cercava di opporsi alla loro unione, e per di più all'ultimo mo
~ento, dopo anni di attesa e di privazione. Era assolutamente insopporta
bde. Er~ v~r~e.nte incredibile che la fiducia che egli aveva riposto nell'a
more dI leI SI rIvelasse dopo tutto mal fondata, che fosse stata tradita in
Vita e opere di Freud
quel momento critico e che essi si trovassero di fronte ad una rottura irre
parabile.
Si arrivò alla crisi quando Eli, avendo saputo da Martha che il denaro
sarebbe servito ad arredare la casa, offrl di sistemare la cosa acquistando il
mobilio a rate sotto la sua garanzia. Invece di respingere subito questa so
luzione, Martha ci si baloccò, più che altro perché non le andava a genio
l'idea dell'acquisto a rate, e per Freud quello fu il punto di rottura. Obbli
garsi con una persona delle cui promesse egli non si fidava, esporsi al ri
schio che la sua casa fosse pignorata in qualunque momento e la sua atti
vità professionale dispersa: se Martha non vedeva la pazzia di accettare
una proposta del genere, allora era veramente la fine. Le mandò un ulti
matum in quattro punti, il primo dei quali le imponeva di scrivere una
lettera indignata a suo fratello dandogli del delinquente. Martha non andò
oltre quel punto.
Allora seguirono minacce di far sentire ad Eli il peso della sua rabbia,
e di denunciarlo al suo direttore. In un secondo tempo però, e senza farne
più parola a Martha, Freud scrisse un'energica lettera a Eli, e incaricò Mo
ritz, suo futuro cognato, di portargliela a mano e di spiegargli quanto la
situazione fosse seria. Eli racimolò in qualche modo la somma e la mandò
a Martha il giorno seguente. Con un'aria d'innocenza offesa egli dichiarò
che non aveva alcuna idea che essa avesse bisogno del denaro con tanta
urgenza, che non aveva mai saputo che le nozze si sarebbero celebrate così
presto, e che deplorava i modi «brutali» del suo futuro marito. Martha rim
proverò Freud per il suo comportamento inurbano, ed espresse il suo stu
pore che egli se la fosse presa tanto per «pochi miseri gulden». Freud le
spiegò che non era il denaro in se stesso che contava, ma il fatto che la
loro speranza di sposarsi fosse stata messa a repentaglio. Martha non do
veva scrivergli finché non gli promettesse di rompere i rapporti con Eli.
Erano ancora sul!' orlo di un abisso.
Ma il tatto e la fermezza di Martha ebbero ancora la meglio. La crisi fu
superata, sebbene li avesse lasciati entrambi esausti. Martha ammise perfino
che per la prima ed unica volta si era sentita privata di ogni affetto. Ciò
che l'aveva sorretta era stato il ricordo di quando, anni prima, il suo in
namorato era tornato indietro verso di lei, nella Alserstrasse, dopo averla
lasciata piena di rabbia. SI Essa sapeva che alla fine la tenerezza di lui
avrebbe avuto la meglio su ogni altra cosa, però era totalmente esausta.
Freud d'altra parte, sebbene affermasse di aver fatto quasi naufragio, era
Il fidanzamento (188z-1886) 179
piuttosto trionfante per aver sconfitto il suo nemico da solo, senza alcun
aiuto da parte di lei: l'uragano ormai era passato. Vedremo più avanti come
vennero superate le altre difficoltà lungo il cammino del matrimonio.
1. V. p. 51.
2. Lettera a James Putnam, 8 luglio 1915.
3. Per esempio: Meine ge/ieble Bralll. Soweit tlas Schreiben. Was nlln fo/gl
isl Umschreibllng.
4. M., 2 agosto 1882.
5. Essa mori a quest'età, il 2 novembre 1951, dopo dodici anni di vedovanza.
6. In inglese. Il resto della lettera è in tedesco.
7. G.W., II-III, 651, 662.
8. Allusione alla storia dell'anello in Nalhan tler Weise di Lessing.
9. Eichendorff: Das zerbrochene Ring/ein.
29. V. p. 113.
30. V. p. 102.
31. V. pp. 210·211.
32. Narrisch.
33. M., 7 luglio 1885.
34. G.W., X. 317·18.
35. Cioè suicidandosi.
36. Il macellaio ebreo che segue le regole del Kosher.
37. M., 6 gennaio 1886.
38. V. capp. IX e X.
39. M., 6 luglio 1886.
VIII. Il matrimonio (1886)
fidali, quadri alle pareti, bicchieri per l'acqua di tutti i giorni e il ~ino ~i
quelli festivi, piatti da portata, piatti ~'u~o, un salame per quando c~ co~h~
una fame improvvisa o giunge un ospite matteso, un grosso mazzo di chiavI
che deve tintinnare rumorosamente. Ci sono tante cose di cui possiamo go
dere: la libreria, il cestino da lavoro, la lampada. E ogni cosa dev' essere
tenuta in ordine, altrimenti la HauJfrau, che ha diviso il suo cuore in tanti
pezzetti, uno per ogni pezzo di mobilia, protesterà. E il tale oggetto deve
testimoniare il duro lavoro con il quale tieni insieme la casa, quell' altro
la tua passione per il bello, oppure amici cari che si ha piacere di ricordare,
città che si son viste, ore che è bello richiamare alla mente. Tutto questo
dev'essere un piccolo mondo di felicità, di amici silenziosi e simboli di
un'umanità rispettabile.»8
All'inizio del fidanzamento i bambini non rientravano in questo quadro:
il grande amore di Freud per loro non si era ancora manifestato. Un paio
di anni dopo però compaiono nuovi pensieri. «Questo è un periodo felice
per il nostro amore. Penso sempre che una volta sposati, nella maggio
ranza dei casi non si viva più l'uno per l'altro, come prima, ma piuttosto
uno insieme all'altro per una terza cosa. E presto per il marito compaiono
pericolosi rivali: la casa e i figli. Allora, malgrado tutto l'amore e tutta
l'unione esistenti, l'aiuto che ciascuno dei due aveva trovato nell'altro viene
meno. Il marito cerca di nuovo gli amici, frequenta un caffè, trova all'esterno
interessi di ordine generale. Però non è detto che sia sempre così.»
Per un certo periodo la cerimonia del matrimonio fu una questione scot
tante, e per Freud il solo pensiero era già una maledizione. Egli detestava
le cerimonie in genere, ma specialmente quelle religiose, e sperava che il
suo matrimonio sarebbe stato il più tranquillo e discreto possibile. Quando
si parlò delle prossime nozze di sua sorella Anna con Eli Bernays nel 1883,
egli domandò a Martha: «Rinuncerai a cuor leggero ai regali, alle felici
tazioni, all'essere osservata e criticata, anche all'abito da sposa e alla car
rozza che tutti accompagnano con lo sguardo, persino all' "ah!" di ammira
zione quando comparirai? Naturalmente in questa faccenda devi fare quello
che preferisci: non oso neppure dire che cosa non posso soffrire, ma spero
che i nostri gusti coincideranno.» Apparentemente essa doveva fare quello
che le piaceva, purché ciò coincidesse con ciò che piaceva a lui. Quando
però si giungeva al punto, di solito Freud si rimetteva al volere di lei.
Quando il suo amico Paneth sposò Sophia Schwab con matrimonio ebrai
co, Freud andò, guardò la scena con incantato raccapriccio, poi scrisse una
Vita e opere di Freud
lettera di sedici pagine nella quale descriveva tutti gli odiosi particolari
con un' aria di maligna canzonatura. 4
Per tutta la durata del fidanzamento non ci fu forse un solo momento
in cui il pensiero dominante di Freud non fosse quello di portado a ter
mine al più presto, e tutti i suoi sforzi tesero a quest'unico scopo. Tentò
un' idea dopo l'altra, escogitò una trovata dopo l'altra, nella speranza di
raggiungere una fama che gli procurasse, con la pratica medica, i mezzi
di sussistenza sufficienti a permettergli di sposarsi. Come poi si vede, nulla
giovò, se non le sue concrete ricerche istologiche. Pareva che egli lo sa
pesse, e cosi le prosegui con passione, ma non poteva più esserci quell'in
teresse esclusivo per la ricerca in se stessa, del quale era stato capace prima,
e che avrebbe di nuovo provato in seguito. Le sue prospettive erano «estre
mamente squallide». Mancava finanche l'indizio di poter vivere senza farsi
prestare del denaro, e tanto meno di ripagare da solo i debiti, che cresce
vano. Ma continuò a lottare, senza mai dubitare che un giorno il vento
avrebbe girato. Passò molto tempo prima che ciò avvenisse, anche dopo il
matrimonio, ed egli ebbe davanti a sé anni ed anni di dure vicissitudini
economiche.
Freud calcolò diverse volte che non sarebbe stato prudente sposarsi con
meno di 2500 gulden (1000 dollari), come fondo per andare avanti nei pri
mi incerti anni. Quando venne il momento, egli ne aveva solo 1000, rimasti
da quelli che Paneth gli aveva donato un paio di anni prima. Ma nel frat
tempo era venuta in soccorso una zia benestante di Martha, Lea LOwbeer,
ed essi poterono contare su una dote di tre volte tanto.
In tali circostanze fu ovviamente impossibile per molto tempo prevedere
quando il matrimonio si sarebbe potuto fare, e ogni tanto si padava scon
solatamente di dieci o quindici anni, riferendosi ad amici che avevano do
vuto aspettare per periodi di questo genere. La stessa madre di Martha
era stata fidanzata per nove anni. Trascorso il primo anno, Freud cominciò
a pensare che altri tre anni sarebbero stati sufficienti, speranza che durò
un mese. Sei mesi dopo, disperato, pensava che ci sarebbero voluti altri
cinque anni. Un tale pensiero era intollerabile, e un mese dopo scrisse
chiedendo perché mai dovessero perdere gli anni migliori della loro gio
vinezza, e proponendo di sposarsi poveramente, accontentandosi di due stan
ze e di pane asciutto per cena. Passò un altro anno e propose impaziente
mente di sposarsi nell'agosto successivo, non appena la sua docenza fosse
registrata, in modo che non fosse più necessario scriversi per altri dieci
Il matrimonio (1886)
anni. Il mese dopo fece una proposta più seria; invece di far date a caso,
era tenipo di fissarne una definitiva; e propose il 17 giugno 1887, cinque
anni precisi dal momento del loro fidanzamento. Martha acco~s.e~tl, cosa
che fu per Freud una gioia quasi altrettanto grande del «si» 101z1ale. Un
paio di mesi dopo, quando seppe di avere la borsa di studio per Parigi,
anticipò la data al dicembre 1886, ma nella primavera dell'anno seguente
scrisse da Berlino che si poteva essere certi che la data non sarebbe stata
posteriore a quella fissata per il giugno del 1887. Tuttavia, appena fu tor
nato a Vienna nell'aprile del 1886, e seppe che il suo posto all'Istituto
Kassowitz era assicurato, le sue speranze rifiorirono, ed egli puntò sul no
vembre di quello stesso anno. La meta tanto attesa era quasi in vista. Prima
però bisognava appurare se avrebbe potuto stabilitsi a Vienna.
Lasciò Berlino la mattina del 3 aprile e arrivò a Vienna il giorno dopo.
Dapprima si sistemò in un albergo, ma dato che la sua stanza lì era fin
troppo piccola per poterci scrivere, incaricò sua madre di trovargli una
camera al numero 29 della Novaragasse, a due portoni da dove viveva al
lora la sua famiglia, e ivi trascorse una settimana cercando nel frattempo
un luogo stabile dove iniziare la sua professione privata.
Dopo un' assenza cosI lunga bisognava far visita a molte persone e pren
dere visione della situazione generale. Breuer lo abbracciò e baciò calorosa
mente, ma quindici giorni dopo, in un colloquio, espresse il suo parere
pessimistico circa le possibilità professionali di Freud. Secondo Breuer la
cosa migliore per lui era di chiedere onorari bassi, curare molta gente gratis
e, per i primi due anni, far conto di guadagnare solo 5 gulden (2 dollari)
al giorno. Poiché non c'era nulla di che vivere per un periodo cosI lungo,
Freud concluse che bisognava emigrare dopo sei mesi, ma Breuer pensava
che non c'era da sperare neppure in quello, a meno di andare a fare il
cameriere. Dopo un giorno o due tuttavia Freud superò il suo scoraggia
mento, sebbene pensasse che il consiglio di Breuer, di chiedere onorari bassi,
era probabilmente saggio. Il suo amico Hollander ebbe un'idea più allet·
tante. Egli era in trattative per l'apertura di una clinica per malati nervosi
e mentali. Freud vi si sarebbe installato, si sarebbe sposato entro sei mesi,
e avrebbe impiegato Minna e Dolfi nella parte organizzativa: col tempo
qualche paziente guarito avrebbe potuto sposarle. Sembra che Freud fosse
perfettamente d'accordo sul progetto, però non se ne fece nulla. Un altro
amico, Heitler, lo ingaggiò subito a collaborare con lui nel «Centralblatt
fiir Therapie», di cui era editore. L'impegno con Kassowitz permaneva, e
186 Vita e opere di Freud
il reparto di Freud si apri subito. Vi doveva lavorare dalle tre alle quattro
il martedl, giovedi e sabato. Meynert fu cordiale e lo invitò nel suo labo
ratorio. 5 Nothnagel, meno caloroso, non poté promettere molto, sebbene
nei fatti si dimostrò migliore che a parole: apparentemente non ci si po
teva fare assegnamento.
Freud osservò che tutte queste persone possedevano un certo «tipo» ca
ratteristico, e perciò anch'egli doveva decidersi ad adottarne uno. Scelse
quello che sfruttava la sua naturale tendenza alla dirittura e all'onestà: di
questo avrebbe fatto un «manierismo» e la gente vi si sarebbe dovUta abi
tuare. Almeno, se non ci fosse riuscito, non si sarebbe degradato.
Il 15 aprile traslocò in un appartamento che aveva preso al numero 7
della Rathausstrasse, proprio dietro il magnifico Municipio, il miglior quar
tiere di professionisti di Vienna. Pagava 80 gulden (32 dollari) al mese,
servizio compreso. Era composto di un ingresso e due grandi stanze. Una
di queste era divisa da una tenda, cosicché la parte distale poteva essere
usata come camera da letto. C'era pure una stanzetta che avrebbe servito
per l'oftalmoscopia. L'appartamento era elegantemente mobiliato, e Freud
dovette comprare solo un lettino da visita: libri e scaffali li aveva già.
C'era una targa di vetro, con lettere d'oro su fondo nero al portone, e
una di porcellana alla porta d'ingresso: la moglie di Breuer insistette per
affiggerle lei stessa.
Freud aveva però già fatto nella casa di Pollitzer la sua prima visita, la
cui parcella parti subito per Wandsbek per l'acquisto di una piuma per
Martha e del vino per festeggiare l'avvenimento. Una settimana dopo ci fu
un altro consulto con Pollitzer, che gli fruttò 15 gulden, ma poi Pollitzer
si scandalizzò nel sentire da Fleischl che Freud, privo di mezzi propri,
progettava di sposare una ragazza senza un soldo. Poiché Freud aveva la
possibilità di sposare una persona con una dote di centomila gulden (40.000
dollari), l'opinione che Pollitzer si era fatta del suo buon senso peri mise
ramente.
Freud annunciò l'inizio della sua professione privata con il seguente av
viso sui quotidiani e sui periodici di medicina: «Il dott. Sigmund Freud,
docente di neuropatologia nell'Università di Vienna, è tornato da un sog
giorno di sei mesi a Parigi, e risiede ora nella Rathausstrasse 7.» Questo
avviso sulla «Neue Freie Presse» gli costò 20 gulden (8 dollari). Mandò
anche duecento biglietti da visita a diversi medici. La data della fatidica
Il matrimonio (1886)
Caro Sigi,
la sua lettera mi ha stupito non poco, e la sola frase ragionevole in essa era:
«Sono pronto una volta di più a rinunciare ai nostri piani matrimoniali.» Che
nelle attuali circostanze, quando deve interrompere la sua professione per quasi
due mesi, Lei abbia potuto per un solo istante pensare a sposarsi in settembre,
è a mio parere un tratto di sconsideratezza, di irresponsabiIitA senza limiti.
Il matrimonio (1886) 191
Un allro aggett~vo sarebbe più adatto, ma non lo userò. Non darò il mio
consenso a una simile idea. Come saprà dalla mia lettera del 23, avevo già
fatto i passi necessari a ottenere il denaro per il vostro matrimonio, e se
frattanto non fosse intervenuta questa disgraziata faccenda militare. sarei stata
certamente favorevole a non rimandare ulteriormente le nozze. Dato però che
questa calamità mette assolutamente in pericolo i suoi introiti, il piano è
divenuto semplicemente impossibile e inattuabile.
Quando un uomo senza mezzi e senza prospettive si fidanza con una ragazza
povera, si sobbarca tacitamente a un grave peso per gli anni avvenire, ma
deve assumersene da solo tutta la responsabilità. Non può quindi aumentare
questo peso sposandosi alla fine per disperazione, cosa che Lei sta proprio
facendo. Se uno ha atteso per quattro anni, poco importano alcuni mesi in
più o in meno e, pensandoci con calma, Lei lo dovrà certo ammettere.
Prendere un appartamento in agoSto, proprio prima di partire, per cinque
o sei settimane, significa letteralmente buttare dalla finestra i soldi (che di
sgraziatamente sono già abbastanza scarsi). Ecco quel che penso: Lei conserva
il suo appartamento attuale fino a novembre o, se pensa che è un peccato per
il denaro, può lasciarlo e affittarne un altro al suo ritorno. Allora comincerà
di nuovo la sua pratica privata, e se risulterà possibile, potrete combinare le
nozze per la fine dell'anno. Questo comporta una differenza di tre mesi, che
è assolutamente trascurabile. Non creda che io non riesca a immaginare quanto
difficile sia la vostra vita attuale, ma metter su casa senza i mezzi necessari
è una bestemmia. lo l'ho sopportata per anni e posso quindi giudicare. La
prego e La scongiuro di non farlo. Non ignori il mio consiglio, e aspetti
tranquillamente finché avrà mezzi di esistenza sicuri.
Innanzi tutto riacquisti la calma e la serenità di mente che ora sono com
pletamente andate all'aria. Non vi sono davvero ragioni per il suo cattivo
umore e il suo scoraggiamento, che rasentano il patologico. Lasci andare tutti
questi calcoli, e innanzi tutto torni ad essere un uomo ragionevole. Attual
mente Lei è come un bambino viziato, che non può fare di testa sua e piange
credendo cosi di poter ottenere tutto.
Non badi a quest'ultima frase, ma è proprio vero. Tenga a mente queste
parole dette davvero con buolie intenzioni, e non pensi male della sua
devota
Mammal l
7•I
194 Vita e opere di Freud
moglie lodava con soddisfazione la bella abbronzatura con CUI era tornato
dal servizio militare.
Nel miglior stile di Churchill, Freud ebbe l'abilità di preparare la moglie
solo a tempi duri, in attesa del futuro migliore nel quale egli confidava
pienamente. Da principio le sue prospettive si realizzarono in pie~o ..~u:
rante il primo mese, quell'ottobre dal quale aveva sperato tanto, l attività
professionale fu scarsissima. Fu un mese di bel tempo, e tutti i medici si
lamentavano che la gente preferisse godersi il caldo che andare a farsi
curare. Freud scrisse a Minna di scegliere tra il pensiero che il suo suc
cesso professionale in estate era stato eccezionale, e quello che eccezionale
fosse invece il suo attuale ribasso. Da parte sua naturalmente preferiva
credere alla seconda ipotesi. Guadagnò solo 112 gulden (45 dollari) in
tutto il mese, quando gliene servivano 300 (120 dollari) al mese per le
sole spese correnti. Insomma le circostanze li mettevano alla prova, sebbene
ambedue ci scherzassero sopra. Egli aveva già impegnato l'orologio d'oro
che gli aveva regalato Emanuel, e adesso sarebbe stata la volta del suo
dono di nozze a Martha, altro orologio d'oro, se Minna non li avesse aiuta
ti - cosa che naturalmente essa fece. Il mese seguente però il vento co
minciò a girare, sicché la sorte, dopo tutto, non era poi stata tanto cieca.
L'orario di visita cominciava a mezzogiorno, e per un certo tempo i pa
zienti vennero chiamati «i negri», strano appellativo che deriva da una
vignetta apparsa sui «Fliegende Blatter», nella quale un leone borbottava
sbadigliando: «~ mezzogiorno e ancora niente negri.»
Freud aveva finalmente raggiunto il paradiso di felicità che aveva ago
gnato. Pochi matrimoni sono stati più felici. Martha fu indubbiamente una
sposa e madre eccellente. Era un'ottima donna di casa - il raro tipo di
donna che sa conservare le domestiche a tempo indeterminato - ma non
fu mai il genere di Hausfrau che antepone gli oggetti alle persone. Prima
di tutto venivano sempre il benessere e la comodità del marito. Nei primi
anni egli soleva discutere i suoi casi con lei, alla sera, ma più tardi non ci
si poteva aspettare che essa seguisse i vagabondaggi della sua immagina
zione più di q6anto faceva gran parte del mondo.
La Frall Professor, quale essa divenne pochi anni dopo, non diventò mai
una vera Yiennese. Essa restò amburghese nel suo modo di esprimersi piut
tosto preCISO, e non assunse mai le maniere viennesi, un po' indolenti. Era
~ltret~anto tede~c.a che ebrea, e questo ebbe sicuri vantaggi nell'ampliare
l ambiente familIare. Freud l'aveva svezzata dall'ortodossia ebraica nella
Vita e opere di Freud
quale essa era cresciuta, e la religione non ebbe alcuna parte nella vita di
famiglia. Nella vecchiaia avanzata però, dopo la morte del marito, essa di
scuteva con interesse sugli usi e le festività ebraiche con chiunque la pen
sasse allo stesso modo. 16
Poi cominciarono ad arrivare i bambini, che completarono la loro feli
cità. Due anni dopo Freud scriveva in una lettera: «Viviamo assai felici,
in una noncuranza che va tranquillamente crescendo. Quando sentiamo ri
dere il bambino ci pare la cosa più bella che ci possa accadere. Non sono
ambizioso e non lavoro molto intensamente.» Nella prima casa nacquero
tre bambini, due maschi e una femmina (il 16 ottobre 1887, il 6 dicembre
1889 e il 19 febbraio 1891). I maschi furono chiamati Jean Martin, in onore
di Charcot (e non di Lutero com'è stato detto), e Oliver, in onore di
Cromwell, il primo eroe di Freud. La famiglia in aumento aveva bisogno
di più spazio, cosi nell'agosto 1891 si trasferirono al famoso numero 19
della Berggasse, che aveva anche il vantaggio di costare meno. Un anno
dopo acquistarono altro spazio prendendo in affitto tre stanze al piano ter
reno, che servirono come studio di Freud, gabinetto di visita e sala d'aspet
to. Li Freud visse per quarantasette anni, e nacquero altri tre "bambini, un
maschio e due femmine (6 aprile 1892, 12 aprile 1893 e 3 dicembre
1895). Il maschio fu chiamato Ernst in onore di Briicke.
Freud fu un padre non solo affettuoso ma anche indul8ente, come del
resto ci si poteva attendere, dati i suoi princìpi generali. Naturalmente le
frequenti malattie dei figli lo preoccupavano molto. A cinque o sei anni,
la figlia maggiore per poco non mori di difterite, la «pericolosa malattia»
cui Freud si riferiva nei suoi scritti. Al momento della crisi, il padre, scon
volto, le chiese che cosa le sarebbe piaciuto più di tutto, ed ebbe come
risposta «una fragola». Benché si fosse fuori stagione, un rinomato negozio
ne aveva. Il primo tentativo di inghiottirne una provocò un attacco di tosse
che rimosse completamente la membrana ostruente, per cui il giorno dopo
la bambina era già in via di guarigione. La sua vita eèa stata salvata da una
fragola - e da un padre amoroso.
Quando i bambini furono sei, la cognata di Freud, Minna Bernays, (18
giugno 1865 - 13 febbraio 1941), si uni alla famiglia e rimase con loro fino
alla sua morte. Prima di allora e dopo la morte di Schonberg, suo fidan
zato, era stata dama di compagnia di una signora, occupazione che non
aveva mai trovato di suo gusto. Da ragazza aveva atteso al suo lavoro in
casa con il piumino in una mano e un libro nell'altra, perciò non stupisce
Il matrimonio (J 886) 197
che non riusd mai a realizzare era di poterle regalare un giorno un brac
cialetto d'oro a forma di serpe (eine goldene Schlange). A questo deside
rio, insorto fin dal 1882, egli fa molti accenni. All'inizio del 1885, quando
si preparava alla docenza, ci sperava veramente, e assicurò a Martha che
tutte le mogli dei docenti portavano dei serpenti d'oro a mo' di braccia
letto, per distinguersi dalle mogli degli altri medici. Ma le sue speranze
furono frustrate sistematicamente, e solo tre anni e mezzo dopo, a Natale
del 1885, riusCÌ a procurarle una serpe d'argento ad Amburgo. Quanto ad
andare a farle visita, la spesa pareva proibitiva. Con qualche sforzo avrebbe
potuto ottenere un biglietto gratuito fino al confine austriaco a costo di
viaggiare in uniforme da ufficiale, ma poi come attraversare la Germania?
Una volta i suoi fratellastri Emanuel e Philipp dovettero andare per affari
a Lipsia, e Freud fece in modo di incontrarsi con loro in quella città. Ema
nuel fu l'unica persona a cui mostrò «quasi per intero una lettera ,di Mar
tha». Oltre al suo affetto costante per Emanuel, che non aveva più rivisto
dall'ultima visita che questi aveva fatto a Vienna nel 1878, Freud aveva
dei motivi per questo viaggio. Uno era quello. di assicurare l'aiuto di Ema
nuel alla famiglia, e l'altro l'assurda speranza, che del resto risultò vana,
che Emanuel gli potesse pagare il viaggio ad Amburgo. Il costo di questo
viaggio fu una preoccupazione costante nell'anno successivo alla partenza
di Martha da Vienna. Freud calcolò che farle visita significava spendere
224 gulden (90 dollari), cioè senz'altro una cifra enorme. Quando final
mente giunse ad Amburgo (dopo l'episodio della cocaina) aveva solo 8
marchi (1,90 dollari) al giorno per le spese di entrambi, e naturalmente
non aveva il monile d'oro, Nella successiva visita ad Amburgo, dopo aver
lasciato l'ospedale, fu lo stesso: aveva solo 40 gulden per mantenervisi un
mese intero. Più in là, il soggiorno a Parigi sarebbe stato impossibile con
la borsa di studio ufficiale, ma vari amici lo aiutarono economicamente.
Le sue spese, compreso il vestiario e il materiale di laboratorio, raggiun
gevano i 300 franchi (58 dollari) al mese,s eppure mise da parte 50 fran
chi per acquistare un regalo di Natale per Martha.
C'era poi la sua famiglia che costituiva un'ansietà e un peso continui.
Il padre di Freud, che non era mai stato un uomo d'iniziativa e di suc
cesso, si avvicinava ora alla settantina e si lasciava andare in uno stato di
inerzia fatalistica e persino d'infantilismo. Già da tempo non guadagnava
più, ed è difficile dire di che cosa vivesse la famiglia. Ci fu, è vero, una
speranza effimera nel luglio 1883, quando un cugino rumeno incaricò l'an
Vira privata (1880-1890) 1.03
ziano parente· di andare a Odessa a trattare certi affari che gli avrebbero
potuto fruttare qualche centinaio di gulden. Il padre di Freud vi andò, ma
senza concludere nulla. Sembra che le sei donne mandassero avanti la casa
in modo se non proprio inetto, almeno molto confuso, e quando Emanuel
tentò di metterVi ordine alla fine del 1884, Freud si dimostrò scettico sulla
possibilità che fosse mantenuto a'lungo. ~ piuttosto strano che Freud parli
della madre solo sotto due aspetti: che essa era molto incline a lamentarsi,
e che soffriva di una grave forma di tubercolosi polmonare. Quest'ultima
costituiva ovviamente una grave preoccupazione, e toccava a lui occupar
sene e far s1 che la madre lasciasse Vienna per la campagna durante la
stagione calda. Nel 1884, per esempio, scrisse che stavano tutti tentando
di mantenerla in vita un po' più a lungo. Sarebbe rimasto certamente sol
levato e assai stupito di sapere che essa sarebbe sopravvissuta per quasi
mezzo secolo fino a un'età molto avanzata. Ciò che salvò la situazione in
quel periodo particolare fu un allievo che Fleiséhl mandò a Freud. Que
st'ultimo faceva quel che poteva, ma molto spesso dovette ammettere di
non avere assolutamente nulla da mandare alla madre o alla famiglia. In
periodi simili non sapeva decidersi a far visita ai suoi; e constatare le loro
misere condizioni. Soffrl spesso nel vedere il viso emaciato delle sorelle
e una volta, invitato a colazione fuori, raccontò quanto gli fosse parso duro
mangiare l'arrosto sapendo quanta fame avessero le sue sorelle.' Ci fu un
periodo in cui il padre, il figlio minore e tre sorelle vissero non si sa come
con un gulden al giorno.
Al giorno d'oggi il problema si sarebbe risolto mettendo a lavorare le
sorelle, ma a quei tempi non era così facile. Le possibilità di trovare un
lavoro adatto erano molto limitate, e un lavoro servile avrebbe diminuito
le possibilità di matrimonio. La figlia maggiore si era sposata nell' ottobre
1883 ad Eli Bernays, il quale aveva una buona posizione e forni un aiuto
molto considerevole. La seconda ebbe una forte delusione sotto questo pun
to di vista. La terza andò a Parigi come bonne per un anno, e riuscì a
mandare alla madre 200 franchi (39 dollari); tra l'altro, in tutto quel tem
po non imparò una parola di francese. Nell'ottobre 1884 si fece un esame
della situazione e furono calcolate e suddivise le spese necessarie all'anda
mento di casa. Emanuel, che non ebbe mai una situazione molto solida, si
sobbarcò un ~~ntr~buto annuo di 50 sterline (243 dollari) e la quota di
Freud fu stabIlita In lO gulden (4 dollari) al mese. Emanuel inoltre invitò
Rosa a trasferirsi da lui a Manchester, cosa che essa fece dal novembre
304 Vita e opere di Freud
paziente per alcuni mesi e aver ricevuto 55 guld.en, disse di avere un de~
bito esattamente uguale, ma che non era tanto SCIOCCO da pagarlo con quel
soldi: c'erano bisogni più urgenti. Nel marzo 1885 si eccitò molto perché
l'avevano chiamato a Budweis al suo primo consulto, che però non ebbe
luogo.
Poi c'erano gli allievi, mandati per lo più da Fleischl. Questa fonte di
guadagno ebbe inizio nell'estate 1884. Gli allievi pagavano di solito 3
gulden all'ora. Per un certo periodo Freud si alzò alle cinque di mattina
per dare una lezione prima della colazione, e avere quindi più tempo per
il suo lavoro. Più lucrose erano le dimostrazioni; che cominciò ad organiz
zare nel novembre 1884, di solito in inglese per i medici americani che
studiavano a Vienna. La prima ebbe luogo il 3 febbraio 1885. Egli tenne
diversi di questi corsi; la maggior parte erano di neurologia clinica, ma uno
fu sugli usi medici dell'elettricità. Il numero dei presenti variava da sei a
dieci, che era per lui il limite massimo. Un corso consisteva di 25 dimo
strazioni e durava cinque settimane rendendogli la considerevole somma
di 200 gulden (80 dollari). Disgraziatamente questa redditizia fonte di
guadagno durò solo tre mesi, essendo sorte difficoltà circa il materiale cli
nico. Infine nel 1886 ci fu la traduzione del libro di Charcot per il quale
ricevette 290 gulden. 6
Tutto questo non arrivava però a far quadrare il suo bilancio, e Freud
doveva ricorrere regolarmente ai prestiti degli amici. Parlava di un certo
suo amico Weiss come del suo banchiere, sebbene abbia potuto farsi pre
stare da lui solo somme insignificanti. Il primo soccorritore fu il suo vec
chio maestro di scuola, Hammerschlag, egli stesso molto povero e che vi
veva di una piccola pensione. «Quando ero studente mi ha spesso aiutato,
senza che glielo chiedessi neanche, a uscire da una situazione disperata. La
prima volta mi vergognai molto, ma poi, quando vidi che lui e Breuer
erano d'accordo, cedetti e accettai di essere debitore verso amici cos1 buoni
senza obblighi personali di sorta.» Una volta Hammerschlag ricevette 50
gulden da usarsi come ritenesse più utile, ed egli li passò a Freud che a sua
volta ne dette buona parte alla famiglia .
. Il principale finanziatore fu però Breuer, che per un lungo periodo di
tempo prestò o dette regolarmente a Freud una certa somma ogni mese.
Sembra che questa abitudine sia cominciata nell'ultimo anno che Freud
passò nell'istituto di Briicke, poco tempo prima di fidanzarsi. Nell'Inter
pretazione dei sogni egli allude a un amico, indubbiamente Breuer, che lo
206 Vita e· opere di Freud
aveva aiutato per quattro o cinque anni;7 l'ultimo versamento avvenne nel
febbraio 1886. 8 In ogni modo nel maggio 1884 il debito di Freud ammon
tava a 1000 gulden (400 dollari), tanto che Freud commentò: «Vedere
quanto valgo per qualcuno accresce l'opinione che ho di me stesso.» In
novembre il debito era cresciuto a 1300 gulden, 9 nel luglio successivo alla
considerevole somma di 1500 gulden,lO e continuò ad aumentare, visto
che la cifra calcolata molti anni dopo era di 2300 gulden.H Finché Freud
fu in buoni rapporti con Breuer - e per anni essi furono ottimi - questo
debito si mantenne tollerabile, ma sappiamo che dopo la rottura, avvenuta
intorno al 1890,12 esso gli dette molto fastidio. Breuer però glielo rese
sempre facile. Freud raccontava di avergli detto più di una volta quanto
il rispetto di se stesso fosse calato per questo suo accettare denaro, ma
Breuer insisteva dicendo non solo che si poteva permettere di tirar fuori
somme come quelle, ma che Freud doveva riconoscere il proprio valore
nella realtà. Ciononostante una natura sensibile come quella di Freud non
poteva non provare un certo imbarazzo in una simile situazione, e una volta
scrisse: «Per Breuer sembra che questi prestiti siano una istituzione rego
lare, ma io ci faccio sempre caso.» La sua sete d'indipendenza, sia econo
mica che d'altro genere, fu incessante e violenta.
Vn altro sostegno fu Fleischl. Nell'estate del 1884 egli disse a Freud
di farsi prestare senza nessun riguardo quanto gli serviva, e gli chiese per
ché si facesse prestare denaro solo da Breuer e non da lui. «In una cerchia
ristretta e scelta di uomini che sono d'accordo sulle cose più importanti,
il fatto che uno di loro non condividesse le opinioni degli altri sarebbe
un errore altrettanto grande che se non volesse accettarne l'aiuto.» Dopo
di che Freud si fece prestare denaro da lui in varie occasioni, e quando
partI per Parigi Fleischl gli disse di scrivergli senz'altro se si trovasse in
bisogno. La morte gli impedi di essere ripagato.
Joseph Paneth, come Fleischl, aveva mezzi propri, e si comportava nello
stesso modo verso gli altri meno fortunati. Con lui però la cosa prese un
altro aspetto. Nell'aprile 1884 egli comunicò a Freud la sua intenzione
di accantonare per lui la somma di 1500 gulden (600 dollari) come regalo
che gli avrebbe permesso di accorciare il tempo che lo separava dalle noz
ze. Freud poteva servirsi degli 84 gulden di rendita per andare a far vi
sita a Martha, mentre il capitale sarebbe restato a sua disposizione. Freud
ne fu naturalmente felicissimo e scrisse a Martha che gli sembrava di en
trare nel secondo volume del loro appassionante romanzo, che si sarebbe
Vita privata (J 880-J 89 0 )
Nei suoi scritti Freud parla varie volte del suo bisogno di avere un
amico da amare e un nemico da odiare. Questa drammatica dichiarazione
contiene una grande verità, e cioè che Freud era capace di amare e di odia
208 Vita e opere di Freud
Nessuno della famiglia Freud seppe mai come egli fosse giunto a co
noscere cos1 bene lo spagnolo, e il mistero fu svelato da una lettera che
egli scrisse a Martha in occasione di un incontro con Silberstein, un vec
chio compagno di scuola che non vedeva da tre anni. Ai tempi dellascuo
la Silberstein era stato l'amico prediletto di Freud e insieme avevano tra
scorso tutte le ore libere. Impararono insieme lo spagnolo, e si costruirono
la loro mitologia e il loro gergo privato, traendolo soprattutto da Cervan
tes. In un altro libro avevano trovato un dialogo filosofico tra due cani
sdraiati davanti alla porta di un ospedale, dei quali assunsero iI nome.
Silberstein era Berganza e Freud Cipion, tanto che soleva firmare le lettere
all'amico «Tu fidel Cipion, perro en el Rospital de Sevilla». Non si può
fare a meno d'immaginarsi come sarebbe rimasto Freud se mezzo secolo
dopo qualcuno gli si fosse rivolto improvvisamente chiamandolo Cipion!
Essi fondarono una società di cultura che chiamarono Academia Cartellane,
per la quale scrissero un'enorme quantità di saggi in stile buffo. Col pas
sar del tempo i loro interessi presero vie diverse, e il passato fu sepolto.
L'amico divenne banchiere.
Si è già parlato della storia di Fritz Wahle,l~ ma si può dire ancora
qualcosa degli altri due amici che ebbero parte attiva nella vita di Freud
in quel tempo. Ignaz Schonberg era fidanzato con Minna, la sorella minore
di Martha, che aveva allora sedici anni (1881-1882), e perciò, se le cose
fossero andate lisce, sarebbe diventato iI cognato di Freud, ed avrebbero
formato in futuro un felice quartetto, come speravano. Freud osservò una
volta che due di loro, Martha e SchOnberg, erano proprio brave persone,
mentre gli altri due, Minna e lui, erano più passionali e non altrettanto
buoni; due erano malleabili, e due invece andavano dritto per la loro
strada. <te perciò che stiamo meglio in combinazione incrociata, che due
persone simili come Minna e me non sono particolarmente adatte l'una al
l'altra, e che i due bravi non si attraggono reciprocamente.» A proposito
del tipo di donna fatto per lui, scrisse: «Una donna energica che in caso
di bisogno riesca da sola a buttar fuori della porta marito e servi, non è
mai stato iI mio ideale, per quanto ci sia molto da dire in favore di una
donna in buona salute. Quella che mi ha sempre attratto è una donna
delicata di cui poter aver cura.»
SchOnberg era già allora malato di tubercolosi polmonare, allora abba
stanza diffusa a Vienna. Dato che molta gente ne guariva, sul principio
la cosa non fu presa molto sul serio. Schonberg era una persona seria e
ZII
Vita privata (188~1890)
trante del carattere dell'amico, con un'acuta diagnosi dei complessi motivi
che l'avevano condotto alla sua fine. 18 Essa potrebbe figurare come un buon
studio psicologico. Fu la morte di Weiss, promettente neurologo, che spin
se Freud a scegliere quella carriera, per prenderne il posto.
Eli Bernays (6 febbraio 1860 - 14 ottobre 1923) era legato alla futura
moglie di Freud ancora più strettamente di Schonberg, essendo l'unico
fratello rimastole. Freud era stato per lungo tempo suo amico, e ammise
in seguito che se non fosse stato per il disaccordo insorto fra loro, avrebbe
potuto volergli molto bene. Accade sempre nella vita che quando un uomo
si innamora della sorella di un amico, all'amicizia di prima si sostituisce
una certa ostilità. Fu ciò che si verificò anche in questo caso, e quale parte
questo antagonismo con Eli abbia avuto nei rapporti dei due fidanzati, è
stato già detto. 19
A metà strada tra questi compagni del Bund ed i veri e propri anziani,
vanno ricordati quegli amici di età intermedia, un po' maggiori di Freud,
che appartenevano al crescente circolo delle sue amicizie in campo medico.
A questi apparteneva Heitler, direttore del «Centralblatt fur Therapie»;
Herzig, che fu amico di Freud per tutta la vita e che tanti anni dopo
lo aiutò indirettamente a sfuggire ai nazisti: Pollak, che era Sekundararzt
anziano quando Freud lavorava nella Nervenabteilung; Schwab; Konigstein
l'oftalmologo, che gli fu amico per tutta la vita; Hollander, con il quale
lavorò sull'anatomia del cervello; e Josef Paneth, che morl prematuramen
te di tubercolosi nel 1890.
Tra i quattro anziani veri e propri, Breuer, l'unico Ebreo, era il perso
naggio più simpatico, oltre ad essere il solo che meritasse quello che per
uno psicologo è un grande complimento, e cioè l'esser giudicato quasi
«normale». Le lettere di Freud sono piene della calda reciproca stima tra
i due uomini e della grande considerazione di Freud per le brillanti qua
lità di Breuer. L'intelligenza di lui, il campo vastissimo delle sue cono
scenze, il suo senso pratico, la sua. saggezza e soprattutto la sua delicata
comprensività, sono le qualità che ricorrono più spesso. Ogni tanto Freud
si lasciava andare a giudicare soggettivamente la persona, ma i numerosi
esempi che porta nelle sue lettere convincono che in questo caso aveva
ragione. Se mi si permette l'espressione, direi che di tutte le persone da
lui menzionate, Breuer è quello che «ne esce meglio». Ad eccezione di
Hammerschlag, è il solo per il quale Freud non abbia una sola parola di
biasimo, e quanto a questo Freud non usava certo molti riguardi a nessuno.
Vita privata (J880- J890 ) ZI3
vano talvolta distanze considerevoli, così che essi erano costretti a pernot
tare fuori di Vienna. In una di queste occasioni,. a Baden, Breuer segnò
il nome di Freud nel registro della Gasthaus come suo fratello, per evitare
che Freud dovesse dar mance al cameriere. L'occasione più indimenticabile
fu però quella in cui Breuer invitò Freud a trascorrere un paio di giorni
in una casa che ~veva preso per l'estate a Gmunden nel Salzkammergut.
Di rado Freud si era allontanato tanto da Vienna o aveva visto un paesag
gio così bello, e scrisse un lungo e lirico resoconto di questa meravigliosa
espenenza.
Vale certo la pena di tener presente tutto questo nel leggere nella corri
spondenza di Freud intorno al 1890 la pungente animosità che egli andò
sviluppando nei confronti di Breuer, ma che d'altra parte non tradì in al
cuno dei suoi scritti pubblicati, dove parlò sempre di lui in termini di lode
e di gratitudine. Se ne deve concludere che Freud cambiò più di Breuer,23
e la ragione di ciò deve esser stata più interiore che esterna.
Gli altri amici anziani di Freud erano stati i suoi superiori nell'Istituto
di Fisiologia, quelli che aveva detto di poter rispettare e prendere ad esem
pio. 24 Essi erano lo stesso Briicke e i suoi assistenti Exner e Fleischl. Di
Briicke, formidabile ma cordiale, abbiamo già parlato, e anche di Fleischl,
pieno di brio e di fascino. Il severo Exner, pur essendo per Freud il meno
attraente, mantenne con lui rapporti amichevoli dopo il periodo in comune
nell'istituto, e ogni tanto lo invitava a cena o a passare la serata. m casa
sua.
Insomma, Freud aveva una quantità di amicI In ambienti assai diversi.
La sola persona che lo avesse preso in antipatia pare fosse un certo dr.
]aksch, assistente di Nothnagel, che fece del suo meglio per guastare il suo
direttore nei confronti di Freud.
i primi venti anni della sua maturità. Non sappiamo quando sia comin
ciata quella che egli chiamava la sua «neurastenia», né se esistesse già pri
ma dell'epoca delle lettere. Senza dubbio però, dev'essere stata esacerbata
dal conflitto emotivo connesso alla sua passione amorosa, anche se abba
stanza stranamente sembra aver raggiunto il culmine qualche anno dopo
il matrimonio. I sintomi che maggiormente lo angustiavano erano di natu
ra intestinale (gravi forme di indigestione, spesso con costipazione), di
cui egli non riconobbe a quel tempo il carattere funzionale, e una labilità
di umore molto spiccata. Quest'ultima si manifestò naturalmente nella sua
relazione amorosa, come abbiamo già detto nel raccontarla. Nei suoi stati
d'animo neurotici, di solito egli perdeva ogni capacità di godere e provava
un senso di estrema stanchezza che non giovava certo al suo umore. In
una lettera scrisse: «Ieri ero di pessimo umore: avresti dovuto esserci, tan
to per poter desiderare di non esserci.» La forma più lieve consisteva in
una estrema suscettibilità e tendenza a lamentarsi; ed egli stesso scrisse:
«Ho un vero talento nellamentarmi.» Una volta disse addirittura che negli
ultimi quattordici mesi aveva passato solo tre o quattro giorni felici. 28
Secondo l'usanza di quei tempi, Freud attribuiva la sua «neurastenia»
alle preoccupazioni, alle ansie, agli stimoli della vita che conduceva, e in
fatti quando se ne legge un resoconto dettagliato, diviene abbastanza chia
ro come egli fosse sollecitato da una disordinata serie di forze. Allo stesso
tempo però egli osservava che tutti i suoi tormenti svanivano «come per
incanto» non appena era in compagnia della fidanzata. In quel periodo
sentiva di possedere ciò che contava veramente, e che i suoi tormenti sa
rebbero cessati se solo avesse potuto scegliere una vita modesta e soddi
sfatta. Perciò ogni cosa si sarebbe sistemata non appena si fossero sposati,
previsione che invece non si verificò. «Sebbene la mia costituzione sia robu
sta, in questi ultimi due anni non sono stato bene. La vita è stata tanto
dura, che c·era davvero bisogno della gioia e della felicità della tua com
pagnia per mantenermi in buona salute. Sono come un orologio che non
sia stato riparato da molto tempo e che ora è pieno di polvere. Siccome
però la mia persona è diventata più importante persino ai miei occhi per
il fatto di averti conquistata, ora sto più attento alla mia salute e non
voglio logorarmi. Preferisco rinunciare all'ambizione, fare meno chiasso
nel mondo e aver meno successo, piuttosto che rovinare il mio sistema ner
voso. Per il tempo che trascorrerò ancora in ospedale, vivrò come i Goys,29
modestamente, imparando le cose di ordinaria amministrazione senza an
Vita privata (1880- 1890) 21 7
senso psichiatrico. Infatti non c'è mai alcun segno di pessimismo o di di
sperazione, ma al contrario, incontriamo più e più volte toni di assoluta
fiducia nel successo e nella felicità finale. «Ce la caveremo benissimo»84 è
un'osservazione che ricorre spesso. «Mi è chiaro che non devo preoccupar
mi del successo finale dei miei sforzi: è esclusivamente questione del tempo
che ciò richiederà.» 35 Freud era più ottimista di quanto comunemente si
creda. Quando non riusd ad ottenere il posto cui ambiva, presso Hein,86
fu molto lodato da alcuni dei professori. «Cosi ne ricavo un buon nome, che
mi sarà utile per qualsiasi altro concorso. Son un vero virtuoso nel trovare
il lato buono delle cose.» Durante la malattia del suo amico SchOnberg,
scrisse: «Spero che Schonberg riesca a cavarsela e che tutti noi riusciamo
a superare i pericoli nei quali incapperemo: né oggi né in alcun'altra oc
casione in futuro dobbiamo cessare di sperare.» E, un anno dopo, quando
sembrò che la guerra tra Austria e Russia dovesse ritardare una volta di
più i loro progetti di matrimonio: «Guardiamo al futuro per vedere che
cosa ci porterà. Nulla: derubarci degli anni della nostra giovinezza è un
puro capriccio del fato. Nulla può davvero toccarci: giungeremo insieme
alla fine e ci ameremo di più, avendo cosi profondamente assaporato la
privazione. Nessun ostacolo, nessuna malasorte può impedire il mio suc
cesso finale, ma solo ritardarlo, finché staremo bene e finché saprò che stai
di buon animo e che mi ami. Questa è la mia consolazione, con la quale
guardo coraggiosamente al torbido futuro. Per fortuna sono nato per situa
zioni di questo genere: ne ho passate tante quando non avevo altro motivo
che un po' di ambizione, e dovrei preoccuparmi ora che il tuo amore mi dà
forza ?»
discutere con lui i buoni romanzi ed aveva naturalmente una buona cono
scenza dei principali classici tedeschi. Tra loro citavano spesso poesie, per
lo più di Goethe, Heine e Uhland, e qualche volta Martha compose una
lettera in versi; una volta lo fece anche Freud. 37 Spesso egli si dilungava
nelle sue citazioni, come per esempio nel 1883, poche settimane dopo che
si furono separati, in un modo che sembrava definitivo. Freud citò questi
versi di Burns che aveva trovato in Byron:
Let us consult
What reinforcement we may gaIO from hope,
If not, what resolution from despair. 39
Il regalo preferito era per Freud l'invio di libri, sia a Martha che alla
sorella di lei. Tra quelli che donò loro si possono menzionare le opere
di Calderon; Dallid Copperfield, il Dickens preferito di Freud: l'Odissea
di Omero, che ebbe per entrambi un grande significato; il Dr. Luther di
Freytag; Cabala e amore di Schiller; Storia dei PaPi di Ranke e Spiriti mo
derni di Brandes. Di quest'ultimo considerava come il migliore il saggio
su Flaubert e modesto invece quello su Mill. Gli piacque immensamente
Tom lones di Fielding, ma lo giudicò inadatto alla casta mente di Martha.
Freud faceva spesso commenti sui vari libri. Defini Hard Times (Tempi
duri) un libro crudele, che lo aveva lasciato come se lo avessero strofinato
tutto con una spazzola dura. :a abbastanza strano che invece non pensasse
altrettanto di Bleak HOUIe (La casa tetra), che trovò volutamente difficile,
come la maggior parte delle opere tarde di Dickens, e troppo manierato.
«Avrai notato che tutti i nostri scrittori e artisti hanno un loro "manieri
smo", una serie stereotipata di motivi e combinazioni che indicano i li
miti della loro arte. t questo che rende tanto facile il parodiarli, come
per esempio, ha fatto cos1 brillantemente Bret Harte con gli autori inglesi.
Nel caso di Dickens, appartengono a questo manierismo quelle fanciulle
perfette, brave e altruiste, cos1 buone da essere addirittura incolori. Cosi
pure il fatto che tutte le persone buone stringono subito amicizia non ap
pena si incontrano, e collaborano tra loro per tutta la durata del libro, e
la netta distinzione tra virtù e vizio, che non esiste nella vita (da che parte
starei io, per esempio ?). Infine, il fatto che Dickens tolleri facilmente la
deficienza mentale, rappresentata in quasi ogni romanzo da uno o due zuc
coni o matti, che appartengono alla schiera dei "buoni", e cos1 via. Ah,
dimenticavo il filantropo, che ha un'enorme quantità di denaro ed è di
sposto a ogni nobile intento. Copperfield è quello in cui questi difetti sono
minori. I caratteri sono ben individuati, hanno le loro colpe senza essere
abominevoli.»4s
Freud parla anche della lettura della Gerusalemme liberata del Tasso,
delle opere di Gottfried Keller, dei romanzi di Disraeli, della Fiera delle
vanità di Thackeray e di Middlemarch di George Eliot: quest'ultimo lo at
trasse moltissimo, e gli sembrò illuminàre alcuni importanti aspetti dei suoi
rapporti con Martha. Il Daniel Deronda di Martha lo stup1 per la sua co
noscenza delle abitudini più intime degli ebrei «di cui parliamo solo fra
noi».44 Tra le opere meno impegnative trovò divertenti Nestroy, Fritz
Reuter e T om Sawyer di Mark Twain.
Vita privata (J 88Q-J 890) 221
I due libri che gli fecero l'impressione più profonda, almeno in quegli
anni, furono Don ChiIciotte e LeI tentations de Saint Antoine. Il primo
l'aveva già letto da bambino, e il suo amico Herzig gliene regalò allora
un'edizione di lusso illustrata da Doré, che Freud aveva desiderato di pos
sedere. Le avventure di Don Chisciotte gli erano sempre straordinariamente
piaciute e nel rileggerle le trovò più divertenti e interessanti di qualunque
altra lettura. Ne mandò una copia a Martha, e tra le altre osservazioni sul
libro, scrisse: «Non trovi molto commovente che un grande uomo, idea
lista egli stesso, si faccia giuoco dei suoi ideali? Prima di essere tanto
fortunati da conoscere le profonde verità del nostro amore, eravamo anche
noi come due nobili cavalieri che passino nel mondo avvolti in un sogno,
interpretando a torto le cose più semplici, elevando i luoghi comuni a cose
nobili e rare e facendo cos1 una triste figura. :B perciò che noi uomini leg
giamo sempre con rispetto ciò che un tempo eravamo e che in parte siamo
tuttora.»
Le TentationI suscitarono in Freud osservazioni più profonde. Le lesse
durante il viaggio a Gmunden in compagnia di Breuer, e le finI il giorno
seguente. «Ero già profondamente commosso dallo splendido panorama, ed
ecco che a completare il quadro è giunto questo libro che nel modo più
intenso e con inarrivabile vividezza ti getta in faccia l'intero mondo di ri
fiuto. Esso infatti evoca non solo i grandi problemi della conoscenza,45
ma i veri enigmi della vita, tutti i conflitti dei sentimenti e degli impulsi,
e conferma la consapevolezza della nostra perplessità intorno al mistero che
regna ovunque. :B vero che questi problemi sono sempre presenti, e ci si
dovrebbe pensare sempre, ma quello che invece si fa, è limitarsi ad uno
scopo limitato in ogni ora e in ogni giorno. Ci si abitua cosI all'idea che
occuparsi di questi énigmi sia il compito di un'ora particolare, come se
essi esistessero solo in quel momento. Allora questi problemi ci assalgono
fin dal mattino e tolgono a ciascuno la serenità e l'energia.» Segue poi una
lunga e vivace discussione del contenuto del libro che Freud paragona a
una notte di Walpurga (il sabba delle streghe), e alla fine egli fa questa
osservazione: «Quello che colpisce più di tutto è la vivacità delle alluci
nazioni, il modo in cui le impressioni dei sensi nascono, si trasformano e
improvvisamente scompaiono.» Poi, quasi per attenuare il suo giudizio:
«Lo si capisce meglio sapendo che Flaubert era epilettico, e soggetto egli
stesso ad allucinazioni.»48
Una discussione di Freud su John Stuart Mill dette luogo a un'esposi
Vita e opere di Freud
zione rivelatrice delle sue opinioni sulle donne. Riferendosi alla traduzio
ne dell'ultima opera di Mill, da lui fatta nel 1880, egli scrisse: «A quel
tempo criticavo il suo stile smorto e il fatto di non riuscire a trovare una
frase o un detto che potesse essere tenuto a menteY Ma da allora ho letto
un suo lavoro filosofico che era brillante, vivace ed epigrammatico in senso
buono. Nel suo secolo è stato forse l'uomo che è meglio riuscito a liberarsi
dal dominio dei pregiudizi correnti. D'altra parte - conseguenza inevitabile
dell'anticonformismo - in molte questioni gli mancò il senso dell'assurdo,
come per esempio in quella dell'emancipazione della donna e nel problema
della donna in genere. Ricordo che uno degli argomenti principali del saggio
che ho tradotto, era che una donna sposata può guadagnare quanto il ma
rito. Penso che noi siamo d'accordo sul fatto che il governo della casa, la
cura e l'educazione dei figli assorbe talmente un essere umano da escludere
quasi un guadagno d'altro genere, anche se un andamento domestico sem
plificato possa risparmiare lo spolverare, il pulire, il cucinare, ecc. Mill si
era semplicemente dimenticato di tutto questo, come anche di tutto ciò che
riguarda i rapporti tra i due sessi, punto nei quale MiIl non si dimostra
certo umano. La sua autobiografia è così casta, così eterea, che da essa non
si potrebbe mai apprendere che gli esseri umani sono rappresentati da uomini
e donne, e che questa è la distinzione più significativa che esista. In tutta
la sua esposizione non risalta mai che le donne sono esseri diversi - non
dico inferiori, piuttosto anzi il contrario - dagli uomini. Egli considera l'op
pressione delle donne analoga a quella dei negri. Qualsiasi ragazza, anche
senza diritto di voto o capacità giuridica, alla quale un uomo baci la mano
o per l'amore della quale un uomo sia disposto a tutto osare, lo avrebbe
smentito. Quello di spingere le donne nella lotta per l'esistenza esattamente
come gli uomini, è proprio un'idea abortiva. Se per esempio dovessi imma
ginare la mia dolce e cara fanciulla come un competitore, finirebbe che
dicendole di amarla, come ho fatto diciassette mesi fa, la supplicherei di
ritirarsi dalla lotta nella calma attività priva di competizioni della mia
casa. t possibile che determinate modificazioni dell'educazione possano sop
primere tutti gli attributi di tenerezza della donna, bisognosa di protezione
eppure tanto vittoriosa, e che essa possa quindi guadagnarsi da vivere come
un uomo. t anche possibile che in tal caso non sia giustificato rimpiangere
la sèomparsa della cosa più deliziosa che il mondo può offrirei - il nostro
ideale della femminilità. lo credo che qualsiasi azione riformatrice della
legge e della educazione fallirebbe di fronte al fatto che, assai prima deI
Vita privata (1880- 1890)
8'1
:u6 Vita e opere di Freud
preso in prestito dagli amici abbastanza denaro per potersi mantenere per un
anno, in due avrebbe sposato Martha ad Amburgo e sarebbero partiti im
mediatamente. Martha però restò fredda a tutta la faccenda. Essa desiderava
senz'altro essergli compagna nell'avventura, ma temeva che in caso di in
successo egli si sarebbe sentito ancor peggio per il fatto di aver tradito la
fiducia degli amici. Emanuel, a cui Freud chiese un parere in quello stesso
mese, voleva che egli andasse a Manchester. Per il momento il progetto fu
lasciato cadere, ma esso restò nella mente di Freud. Pochi mesi dopo Martha
stessa tornò sull'argomento scrivendogli: «Ho sentito che gli Americani
non hanno troppi anatomici del cervello. Non pensi che dovresti andarci?
Aspettiamo fino a quando ti offriranno una cattedra.» La risposta di Freud
fu solo: «E cos1 vissero felici per sempre, fortunati e assai rispettati negli
Stati Uniti.» Minna suggerl intelligentemente di rimanere in Austria finché
la. sua fama non avesse raggiunto l'America. Allora gli sarebbero piovuti
tanti pazienti americani che la cura di emigrare sarebbe diventata inutile.
La profezia si avverò, anche se ci mise trent'anni.
Frammisti ai dubbi sulle prospettive future, vi erano sprazzi di ottimismo.
Per esempio, il 2 febbraio 1886 scrisse da Parigi: «Sento dentro di me la
capacità di portarmi tra "quelli che stanno sopra i diecimila".»
Un mese dopo, mostrando a Breuer alcuni preparati anatomici, Freud
osservò: «~ divertente vedere com' è desideroso di imparare e riconoscente
che gli se ne dia opportunità.» Colse allora l'occasione per esporgli un nuovo
piano, e Breuer si trovò d'accordo su di esso. Si sarebbe presentato alla do
cenza non appena finito il suo lavoro di anatomia, e poi avrebbe cercato di
trovare pazienti e allievi per i suoi corsi. In caso contrario - e ciò avrebbe
significato che gli auspici erano infausti - avrebbe seguito un corso di tre
mesi di ostetricia e malattie dei bambini, e si sarebbe stabilito in qualche
posto di campagna nell' Austria di lingua tedesca (Austria inferiore, Moravia
o Slesia). A Martha assicurò che queste sue intenzioni erano proprio serie.
«Con te, la mia catasta di libri e il mio microscopio, posso sperare di con
solarmi abbastanza della perdita di una carriera in città. In campagna non
si patisce la miseria, dato che ovunque c'è scarsità di medici. E non ver
remmo completamente dimenticati perché io continuerei nel mio lavoro.»
Appena tre giorni dopo però scriveva: «Mi sento pieno di combattività e
non penso affatto di rinunciare a un mio futuro a Vienna.» Il mese suc
cessivo tuttavia, chiese a Nothnagel la sua opinione circa questi progetti e
ne ricevette una risposta molto pessimistica. Se voleva sposarsi, Nothnagel
Vita privata (1880- 1890 ) 2.27
e la nave talvolta non appare.» Dopo un po', però, egli cominciò ad adat
tarsi, trovò la città «magnifica e affascinante», parlò del suo «fascino» e
cominciò persino a concepire un «patriottismo locale per Parigi». Mandò
a Màrtha una lunga descrizione tlella geografia e delle bellezze della città,
illustrate da un ottimo schizzo.. Al Louvre visitò per prima cosa le antichità
egizie e assire; e non v'è alcun accenno ch'egli sia mai arrivato ai quadri.
Era invece uno di quelli che scoprono subito il museo di auny. Rimase
stupefatto dal Père Lachaise, ma l'edificio che gli fece maggiore impressione
in tutta Parigi fu senza dubbio Notre-Dame. Fu la prima volta in vita
sua che sentì di trovarsi in una chiesa. Raccontò di esser salito sul cam
panile ben due volte, il 5 e 1'11 dicembre, e anni dopo disse che quello
era divenuto il suo rifugio preferito. 58 Entrò nello spirito della Notre-Dame
di Vietor Hugo, per il quale prima non aveva avuto grande stima, e disse
di preferirla perfino alla neuropatologia. Come ricordo di Parigi infatti scelse
proprio una fotografia di Notre-Dame. A Parigi trascorse anche l'ultimo
dell'anno, ma non rimase edificato dal rumore dei festeggiamenti.
Le sue impressioni sui Francesi furono meno piacevoli. Nelle lettere ricor
rono gli aggettivi «arroganti» e «inaccessibili», giudizio che possiamo ascri
vere in gran parte ad un'eccessiva sensibilità da parte di Freud. Il suo
francese era particolarmente zoppicante, malgrado le quattro lezioni prese
prima di lasciare Vienna - tutto quanto s'era potuto permettere -, e a
Parigi parlava inglese o spagnolo ogni volta che poteva. Era naturale perciò
che i medici dell'ospedale, dopo i primi convenevoli, trovassero più facile
parlare tra di loro, lasciandolo piuttosto da parte. Inoltre l'accento tedesco
a quel tempo non era il miglior passaporto per le suscettibilità dei Fran
cesi. Era stato appena nominato ministro della Guerra il generale Boulanger,
il quale si apprestava a dare inizio alla sua campagna sciovinista nota
appunto come boulangerismo. Gilles de la Tourette, il famoso neurologo,
dopo che Freud gli ebbe dichiarato che non era né austriaco né tedesco,
ma solo ebreo, si dilungò con lui sulla terribile rivincita che i Francesi si
sarebbero presi sulla Germania.
Anche la gente qualunque suscitava i suoi sospetti e le sue apprensioni.
I commercianti «ti imbrogliano con fredda e sorridente sfacciataggine».
«Tutti sono cortesi ma ostili. Credo che non ci siano molte persone per
bene: comunque io sono uno dei pochi, e questo mi fa sentire isolato.»
«La città e la gente sono fantastici: sembrano appartenere a una specie
diversa dalla nostra: credo che siano tutti posseduti da migliaia di demoni.
Vita privata (1880-1890) 231
la descrizione che egli dette dello studio può valere come esempio della sua
prontezza di osservazione: <<.B una stanza grande come tutta la nostra futura
casa, e degna del fantastico palazzo in cui si trova; ~ fatta di due parti, la
più ampia dedicata alla scienza, l'altra alla comodità, che sono indicate da
due lievi rientranze delle pareti. Entrando si vede il giardino al di là di
una triplice finestra, i cui pannelli lisci sono divisi da pannelli di vetro co
lorato. Le pareti laterali della parte più ampia della stanza sono rivestite
da librerie a due piani, ognuna con dei gradini per raggiungere quella
superiore. A sinistra della porta c'è un tavolo di enorme lunghezza coperto
di riviste e svariati libri: di fronte alla finestra vi sono altri tavoli più pic
coli con sopra delle cartelle. A destra della porta c'è una finestra più piccola
con vetri colorati, di fronte alla quale c'è lo scrittoio di Charcot, che è del
tutto piano e coperto di carte e libri. Intorno vi è una poltrona e molte
sedie. Nell' altra parte della stanza vi sono un camino, un tavolo e vetrine
contenenti antichità indiane. e cinesi. Le pareti sono coperte di gobelins e
di quadri.» Seguiva una pianta particolareggiata della stanza e del suo con
tenuto.
Il culmine dei rapporti con Charcot fu raggiunto nel primo ricevimento,
due giorni dopo. Era richiesto l'abito da sera, esperienza inconsueta per
Freud, che rinunciò, furente, ai tentativi di annodarsi la cravatta bianca com
prata per l'occasione, e ripiegò su una nera col nodo finto, che aveva portato
con sé da Amburgo. Più tardi però esultò nel sentire che anche Charcot era
inferiore a quel cimento e doveva ricorrere all'aiuto della moglie. All'inizio
ebbe una notevole paura di qualche h/amage, ma tutto filò liscio, con sua
soddisfazione. Tra gli ospiti c'era Brouardel, il medico legale; Strauss, che
aveva lavorato con Pasteur sul colera; Lépine, noto clinico di Lione; Gilles
de la Tourette, il neurologo; Tofano, un pittore italiano; Brock, un famoso
astronomo; e un giovane figlio di Daudet.
La visita successiva, il 2 febbraio, avvenne nel giorno in cui i Charcot
solevano ricevere. C'erano quaranta o cinquanta persone, quasi tutte scono
sciute a Freud, che si annoiò. Fu però ampiamente ripagato dalla terza oc
casione, la serata più piacevole da lui trascorsa a Parigi. Fu un pranzo. Gli
ospiti erano Richet, aiuto di Charcot, con la moglie; Mendelssohn, un ebreo
polacco che era stato suo assistente e lavorava tuttora alla Salpetrière; Arène,
critico d'arte; Tofano; e uno scultore che aveva finito una statua di Claude
Bernard. Dopo cena arriv~rono altri ospiti, tra cui Ranvier, il famoso isto
logo francese, che Freud aveva precedentemente definito in una lettera a
234 Vita e opere di Freud
ner. "»69 Erano di gran lunga inferiori a Charcot, e del resto essi stessi lo
ammettevano. «Il confronto mi rinnova il ricordo della grandezza di quel
l'uomo.» L'unico di cui avesse una certa stima era Mendel, il quale però
si rammaricava che Charcot avesse rivolto la sua attenzione a un argomento
cos1 difficile, sterile e infido come l'isterismo. «Riesci a capire perché ci si
dovrebbe rammaricare che la mente più potente affronti problemi più diffi
cili? lo no.» Con Mendel tuttavia Freud stabill buoni rapporti e cominciò
a recensire la letteratura neurologica viennese per il «Neurologisches Cen
tralblatt» da lui diretto. Con Baginsky aveva già combinato di recensire la
letteratura neurologica infantile per l' «Archiv fiir Kinderheilkunde». Co
minciò a interessarsi moltissimo ai bambini che vedeva in clinica e disse
che stava anticipando il futuro lavoro con i bambini a Vienna.
Una visita al Museo Reale di Berlino gli fece ricordare con nostalgia
il Louvre. «Le cose più interessanti del Museo sono naturalmente le scul
ture di Pergamo [sic], frammenti che riproducono in scene molto vivaci la
lotta tra i giganti e gli dèi. I bambini che vedo in clinica, però, contano
più delle pietre; li trovo più attraenti degli adulti sia per' il formato che per
la pulizia.»
Nelle sue lettere Freud faceva talvolta sugli avvenimenti esterni commenti
di notevole interesse. Nell'estate 1883 ebbe luogo in Ungheria l'infame pro
cesso per «l'assassinio rituale», al quale il mondo ebraico guardava con
emozione. Freud discusse la diagnosi psichiatrica del teste principale, e fu
naturalmente soddisfatto della félice conclusione del caso, pur non sperando
che questo sarebbe riuscito a diminuire l'antisemitismo imperante.
Nella stessa estate si tenne a Vienna una Mostra dell'Elettricità, alla quale
Fleischl condusse Freud in varie riprese, spiegandogli le conquiste più re
centi. Vi era perfino un telefono con cui, quando funzionava, si poteva par
lare da una stanza all'altra. Per Freud «sostenere che l'esposizione era par
ticolarmente istruttiva, era un bluff, dal momento che in questo campo !a
maggior parte della gente ne sa quanto le dame di corte sull'astronomia. In
fondo, però, rimane l'impressione complessiva dell'esistenza di una forza
di quel genere, e la gente dovrebbe cercare di rispettare la scienza, piuttosto
che di capirla - almeno per come stanno le cose al giorno d'oggi.» Freud
descrisse pure una sua visita all'Osservatorio Astronomico di Vienna, che
eccitò la sua fantasia: la sistemazione interna gli ricordava lo scenario del
l'Aida.
Vita privata (J880- J89 0) 237
Freud si rifeci più di una volta alla gente in genere (das V olk]. Una
volta si trattava di una sequenza di pensieri venutigli durante la rappresen
tazione di Carmen. «Il popolino dà sfogo ai suoi impulsi (sich ausleben},
noi invece li reprimiamo pur di conservare la nostra compostezza. Econo
mizziamo la nostra salute, la nostra capacità di godere; risparmiamo per
qualche cosa, senza sapere noi stessi per che cosa, e questa abitudine di
reprimere costantemente i nostri· istinti naturali costitliisce la nostra raffi
natezza. Anche noi sentiamo profondamente, eppure non osiamo chiedere
molto a noi stessi. Perché non ci ubriachiamo? Perché il malessere e la ver
gogna del risveglio dalla sbornia (Katzenjammer} ci danno più "fastidio"
di quanto piacere ci dia l'ubriacarsi. Perché non ci innamoriamo una volta
al mese? Perché ogni separazione ci strappa un po' di cuore. Perché non ci
facciamo un amico di ognuno che conosciamo? Perché la sua perdita o
qualunque guaio che gli succedesse ci affliggerebbe amaramente. Insomma i
nostri sforzi tendono più ad evitare il dolore che a ricercare il piacere. Se lo
sforzo è coronato da successo, quelli che privano se stessi somigliano a noi
due, che ci siamo legati per la vita e per la morte, che sopportiamo la pri
vazione e ci desideriamo a vicenda per mantenere la parola data, e che non
potremmo certo sopravvivere al duro colpo del destino che ci separasse dal
l'essere amato: esseri umani che possono amare una volta sola come Asra. 70
Tutto il nostro modo di vivere presuppone che saremo circondati dalla più
nera miseria e che ci sarà sempre possibile di liberarci gradualmente dai mali
della nostra struttura sociale. I poveri, la gente comune, non potrebbero
esistere senza la loro pelle spessa e la loro grossolanità. Perché mai do
vrebbero sentire intensamente i loro desideri, se tutte le affiizioni che la
natura e la società hanno in serbo sono riservati a coloro che essi amano:
perché dovrebbero trascurare un piacere momentaneo, se non se ne aspettano
nessun altro? I poveri sono troppo impotenti, troppo esposti, per compor
tarsi come noi. Quando vedo la gente che arraffa quanto può, dimentica di
ogni serietà, mi viene da pensare che questo sia per loro il compenso al
fatto di essere cosi indifesi contro le imposte, le epidemie, le malattie e le
cattive condizioni della nostra organizzazione sociale. Non voglio andare
~ltre, ma si potrebbe dimostrare che das V olk ragiona, crede, spera e lavora
IO modo del tutto diverso da noi. C'è una psicologia dell'uomo comune che
l° settembre 1886
Stimato Amico,
posso appena descriverle che piacevole sorpresa sia stato il sentire che loro
hanno fatto visita alla mia bambina e che siano stati molto «carini» con lei,
come si dice. Mi auguro che ottime vacanze, il tempo migliore e un costante
buon umore possano ricompensarli.
lo sono incastrato in questo schifoso· buco - non so come descriverlo altri
menti - a lavorare per il giallo e nero. 76 Ho tenuto alcune lezioni sull'igiene
d'accampamento, che erano abbastanza frequentate e sono state persino tra
dotte in ceco. Non sono ancora stato «confinato alle baracche».
l'unica cosa interessante della città è che non sembra così lontana com'è
in realtà. Spesso bisogna marciare tre o quattro ore prima di arrivarci, e certe
volte mi trovo a questa distanza da essa a un'ora in cui di solito non si è
nemmeno svegli. Proprio come Paul lindau osservava una volta su una rivista
a proposito di un racconto che si svolgeva nel Medioevo, «la maggioranza dei
miei lettori ricorderebbero a fatica che sono esistiti tempi come la metà del
IV secolo», così potrei chiedere se qualche cittadino per bene pensa che ci sia
da fare qualcosa fra le tre e le tre e mezzo del mattino. Non facciamo altro
che giocare alla guerra - una volta abbiamo persino eseguito l'assedio di un
Vita privata (1880- 1890)
Possiamo chiudere questo capitolo con alcune descrizioni che Freud dette
di se stesso, pur senza dimenticare che tal genere di osservazioni non è
sempre il miglior esempio di obiettività. Egli desiderava profondamente
Vita e opere di Freud
Freud aveva quel tipo di mentalità che si stanca delle cose facili e viene
stimolata dalle difficoltà. Come egli stesso si esprime «Una sconfitta (nel
lavoro di ricerca) stimola l'inventività, crea un libero flusso di associazioni,
fa nascere una idea dopo l'altra, mentre una volta conseguito un successo,
'si sviluppa una certa ristrettezza mentale o ottusità, in modo che si con
tinua a ritornare su ciò che è già stato dimostrato, e non si riesce più a
creare nuove combinazioni.»81
Un paio di anni dopo, quando ebbe assaporato un po' di successo, dette
la descrizione più lunga di se stesso. «Credi proprio che io susciti un'im
pressione di simpatia a prima vista? Veramente io stesso ne dubito. Cre
do che la gente si accorga di qualcosa di strano in me, e questo deriva in
fondo dal mio non esser stato giovane in gioventù, per cui adesso che
comincia la maturità, non posso invecchiare. C'è stato un tempo in cui ero
avido solo d'imparare, e ambizioso, e mi dolevo ogni giorno che la na
tura, in un momento di grazia, non avesse impresso in me l'impronta del
genio, come fa talvolta. Da allora mi son reso ben conto di non essere
un genio, e non capisco neanche più come possa averlo desiderato. Non
ho neppure molto talento: tutta la mia capacità di lavoro dipende proba
bilmente dalle qualità del mio carattere e dalla mancanza di una grave
deficienza mentale. So però anche che questo miscuglio favorisce la lenta
conquista del successo, che in condizioni favorevoli potrei fare più di Noth
nagel, al quale sentò di essere superiore, e che potrei forse raggiungere il
livello di Charcot. Questo non vuoI dire che ci riuscirò, visto che non tro
verò quelle tali condizioni favorevoli, e che non possiedo ii genio o la
forza di farne a meno. Ma come corro. Volevo dire tutt'altra cosa, spiegare
da cosa deriva la mia inaccessibilità e ruvidezza nei confronti con gli
estranei, di cui tu parli. ~ solo il risultato della sfiducia, per aver tanto
spesso provato quanto mi trattino male le persone cattive e volgari, e spa
rirà progressivamente quando dovrò temerle meno e avrò raggiunto una
posizione. indipendente. Mi consolo sempre pensando che quelli che mi
sono sottoposti o che sono al mio stesso livello non mi hanno mai trovato
sgradevole e che questo è accaduto solo con quelli che stanno sopra di
Vita e opere di Freud
me o che sono miei superiori sotto qualche altro aspetto. Potrà non sem
brare, eppure fin dai tempi in cui andavo a scuola sono stato in violenta
opposizione con i miei maestri, sono stato sempre un estremista e di so
lito ho sempre dovuto pagare per questo. Poi, quando ho raggiunto una
posizione privilegiata a capo della mia classe, ed ho riscosso la fiducia
generale, non hanno più avuto nulla di cui lamentarsi nei miei riguardi.
Sai che mi ha detto Breuer, una sera? Che aveva scoperto che persona
estremamente coraggiosa e senza paura si nascondesse dietro la mia ma
schera di timidezza. Ho sempre pensato questo di me stesso, ma non ho
mai osato dirlo a chicchessia. Ho spesso sentito di aver ereditato tutta la
passione dei nostri avi quando difendevano il loro Tempio: come se fossi
capace di dare con gioia la vita per una grande causa. E con tutto ciò
sono sempre stato impotente e incapace di esprimere l'affiato delle passioni,
persino con una parola o con una poesia. Insomma mi sono sempre re
presso, e credo che la gente debba accorgersene.»82
Nei suoi scritti Freud parla spesso della sua presunzione e megalomania
giovanile e del suo incredibile contegno verso Viktor Adler studente. Nelle
sue lettere si accenna pure al coraggio con qIi, durante il suo viaggio di
ritorno da Lipsia, fronteggiò una folla di avversari antisemiti. Insomma
è lecito concludere che residui del suo militarismo infantile si protrassero
fino alla sua prima maturità, e che la sua aggressività congenita si lasciò
soggiogare solo poco a poco.
Note
23, V. p. 188.
Nel 1884 la scelta della professione di Freud subì un duro colpo, poi
ché si sparse la notizia che il grande Eulenburg di Berlino avrebbe con
corso alla cattedra di Vienna, e se l'avesse ottenuta, ogni speranza di pra
tica privata di neurologia sarebbe svanita. Invece le autorità posero il veto
ad Eulenburg in base al fatto che i medici austriaci in Germania non veni
vano trattati sul piano di parità.
Un anno dopo però si delineò un pericolo anche peggiore. Nothnagel,
il professore di clinica medica sul cui appoggio Freud contava per la pra
tica privata, concorse alla cattedra di Berlino per la sua materia, non solo,
ma il suo probabile successore era un neurologo di Praga, amico di ]aksch,
colui che in tutto l'ospedale avversava maggiormente Freud e faceva di tutto
per ostacolarlo.1 8
Fortunatamente però anche questo pericolo svanì, e Nothnagel non fu
mai trasferito.
Questo è quanto concerne l'attività e l'esperienza di neurologia clinica
che Freud svolse nei diciotto mesi precedenti il suo viaggio a Parigi, ma
durante tutto quel periodo, e anche prima, la passione di Freud era tutta
concentrata nelle sue ricerche di istologia. Nei due anni che passò nel
laboratorio di Meynert - dall'estate del 1883 a quella del 1885 - egli
svolse un lavoro originale assolutamente di prim'ordine.
Più tardi due distinti neurologi americani· affermarono di aver lavorato
con Freud nel laboratorio di Meynert, ma non è facile confermare la loro
asserzione. Uno di loro, Bernard Sachs, ricorda «Freud, che fu con il sot
toscritto nel lab~ratorio di Meynert nel 1882»,19 anno in cui Sachs vi
lavorò. Siccome però Freud cominciò a lavorare in quel laboratorio solo
nell'estate dell'anno successivo, nel 1882 essi possono esservisi incontrati
tutt'al più per fumare una sigaretta insieme. L'altro, Allen Starr, lavorò nel
laboratorio di Meynert dall'ottobre 1881 al marzo 1882,20 quando Freud
stava ancora all'istituto di Briicke. In una lettera a me indirizzata del
28 aprile 1912, Freud scrisse: «Nel "New York Times" del 5 aprile,
è apparso un breve articolo intitolato Attacchi ai/a teoria di Freud che ri
porta un feroce assalto nei riguardi del sottoscritto da parte di Allen Starr,
il quale spiega la sua teoria con il clima immorale di Vienna e con la vita
immorale che io avrei condotto, e afferma che mi ha conosciuto bene
"anni fa", e che ha lavorato accanto a me per tutto Wl inverno. Che signi
fica tutto ciò? :e curioso che io non abbia mai conosciuto questo Allen Starr,
che mi conosce così bene.»
n neurologo (1883-1897) 2S3
Nel 1883 Freud fece un ultimo tentativo nel campo della fisiologia spe
rimentale nel laboratorio di Stricker, e dopo che neanche in questo
come nell'altro, precedente, all'Istituto di Chimica - ebbe successo, re
strinse la sua attività di laboratorio all'istologia del sistema nervoso. Come
tutti gli scienziati, egli si rendeva ben conto dell'importanza della tecnica
_ non per niente da studente si era distinto in questo sens021 - e quindi
in quel periodo fece molti tentativi per scoprire nuovi metodi d'esame del
sistema nervoso. I due che ebbero successo erano entrambi elaborazioni di
spunti lanciati da Flechsig, il grande rivale di Meynert, circostanza che forse
segnò l'inizio dell'estraniamento di Meynert nei suoi confronti.
Freud si pose a lavorare in questa direzione una quindicina di giorni
dal suo ingresso nel nuovo laboratorio. Se fosse riuscito si sarebbe sentito
sicuro della docenza, ma era tutt'altro che facile. 22 In principio tentò di
dirigere la luce del sole, concentrata, attraverso uno sottile fetta di tessuto,
in modo da tracciare il passaggio delle fibre. 23 Niente. In ottobre incappò
in un' altra idea, che secondo lui avrebbe dovuto portargli fortuna perché
proprio allora gli si era rotto l'anello datogli da Martha. (Si sa che Freud
era sempre pronto a credere nei presagi della fortuna.) Aveva ripreso
un'idea che Flechsig aveva esposto nel 1876, e mai coltivato in seguito,
e cioè la possibilità di colorare il tessuto nervoso con una soluzione di
cloruro d'oro. Dopo qualche settimana di prove con l'aiuto del chimico
Lustgarten, suo amico, riusd nell'intento, e scrisse una lettera esultante,
come se tutte le difficoltà della sua carriera fossero ormai superate. Come
primo passo riunì alcuni amici, e dietro giuramento di mantenere il segreto,
permise loro di usare il nuovo, meraviglioso metodo nei singoli campi delle
loro ricerche: cos1 Holliinder poté usarlo sul cervello, Lustgarten sulla
pelle, Ehrmann sulle ghiandole surrenali e Horowitz sulla vescica. «Insom
ma ho assegnato le varie parti del corpo come un comandante in capo.»24
Alla fine del mese poté cominciare ad applicare il metodo alle sue se
zioni e a chiarire alcuni problemi di struttura.
In febbraio seppe che Weigert aveva inventato un nuovo metodo di co
lorazione del tessuto nervoso, e perciò si affrettò ad inviare una «comuni
cazione preliminare» sul suo metodo al «Centralblatt fiir die medizinischen
Wissenschaften», riservando la stesura completa del lavoro al «Pf1iigers
Archiv fiir die Anatomie und Physiologie». Ottenne pure da Fleischl di
spedire a Ferrier, a Londra, un articolo da pubblicarsi su «Brain», che tra
l'altro fu il primo lavoro di Freud nel quale s'imbatté il sottoscritto. Lo
254 Vita e opere di Freud
riori. Alcune di tali fibre attraversano la linea mediana nel cosiddetto incro
cio sensitivo. PerciÒ. veniva stabilita per la prima volta la connessione tra
i cordoni posteriori di un lato ed il cervelletto di entrambi i lati, conclu
sione successivamente confermata da Monakov.
Il terzo lavoro fu pubblicato con molte illustrazioni su una rivista spe
cialistica di otologia nell'agosto-settembre 1886. Esso descriveva dettagliata
mente le origini e le connessioni del nervo acustico, tuttavia il suo interesse
principale sta nella dimostrazione data da Freud, che i nuclei del V, VIII,
IX e parte sensitiva del X nervo cranico, con le loro triplici radici sono per
fettamente omologhi ai gangli delle radici posteriori del midollo spinale.
Freud giungeva a discutere (con successo per quanto riguarda il V paio) il
percorso seguito da questi nuclei nella loro migrazione verso l'esterno, che
è la stessa compiuta dai gangli spinali, descrivendolo in dettaglio per
quanto riguarda l'acustico. Anche qui risaltava l'aspetto genetico ed evolu
zionistico della ricerca.
Meynert si comportava ancora molto amichevolmente nei riguardi di
Freud: il suo atteggiamento cambiò nel 1886, come vedremo in seguito.
Egli aveva già toccato l'apice della carriera, e mod pochi anni dopo, nel
1892, lo stesso anno in cui mod Briicke. Trovava difficile accettare i nuovi
metodi e le nuove idee sull'anatomia del cervello, specialmente da quando
il suo interesse si era spostato verso la psichiatria clinica, e forse era invi
dioso del fatto che il giovane Freud li padroneggiasse così facilmente, e
si presentasse evidentemente come l'uomo del futuro. Egli reagì alla situa
zione con un gesto di sottomissione: si sarebbe limitato alla psichiatria e
Freud avrebbe preso il suo posto per l'anatomia. «Un giorno Meynert, che
mi aveva dato libero accesso al laboratorio anche nei periodi in cui non la
voravo sotto la sua direzione, mi propose di dedicarmi definitivamente al
l'anatomia del cervello, e promise di passarmi la sua attività di insegnante,
sentendosi troppo vecchio per impadronirsi dei metodi nuovi. lo rifiutai,
sgomento dalla portata dell'incarico. Può anche darsi, del resto, che fin da
allora avessi intuito che quel grand'uomo non era affatto disposto tanto be
nevolmente verso di me.»36 Forse Freud fu anche allarmato dall'idea di
dover riesumare quella futile carriera accademica che aveva da poco abban
donata, e di dover attendere un'improbabile successione ad una cattedra uni
versitaria.
9-1
Vita e opere di Freud
Si arrivò così alla visita al grande Charcot. Freud restò a Parigi dal 13
ottobre 1885 al 2 febbraio 1886, eccetto la settimana di Natale che passò
a Wandsbek: in totale quattro mesi e mezzo. A quell' epoca Charcot era
all'apice della sua fama. Nessun altro, né prima né dopo, ha dominato co
me lui il mondo della neurologia, e l'essere stato suo allievo costituiva una
distinzione permanente. La Salpetrière si potrebbe veramente chiamare la
Mecca dei neurologi. Charcot si aggirava per le vecchie corsie di quel cro
nicario catalogando e battezzando una serie di malattie del sistema nervoso
con un' aria da Adamo della neurologia. La sua personalità era veramente
grande: affabile, gentile, scherzoso, ma dominatore con la sua innata pre
minenza. In un giudizio che ne dette dopo la sua morte nel 1893, Freud
parlò del fascino che irradiava dal suo aspetto e dalla sua voce, della sua
simpatica franchezza di modi, della sollecitudine con cui metteva ogni cosa
a disposizione dei suoi allievi, e della sua costante lealtà verso di loro. «Co
me maestro, Charcot era assolutamente affascinante; ogni sua lezione era
un piccolo capolavoro di costruzione e di composizione, perfetta nello stile
e cosI incisiva che le sue parole continuavano ad echeggiare nelle orecchie
di àascuno, e l'argomento illustrato restava davanti agli occhi per tutto il
resto del giorno.»36 Un particolare restò indelebilmente impresso nella mente
di Freud e riusd a sanare la sua smodata predilezione per la teoria. Una
volta che qualcuno lo interruppe dicendo: «Non può essere cosI, perché
contrasta con la teoria di Young-Helmholtz», Charcot replicò c;lndidamente
da vero seguace di Galileo: «Le teorie sono una gran bella cosa, ma non
impediscono ai fatti di esistere.»s1 Un empirismo di questo genere avrebbe
in seguito posto Freud su una solida base negli anni delle sue stupefacenti
scoperte.
Egli era latore di una presentazione di Benedikt, l'ipnotista viennese, e
forse Charcot ricordava il suo nome per il fatto che un anno prima Dark
schewitsch gli aveva dato uno dei lavori di Freud, di cui era allievo a quel
tempo.S8 Charcot ricevette Freud molto cortesemente, ma non ebbe con lui
altri incontri personali finché non si verificò il seguente episodio. «Ero stu
dente alla Salpetrière, ma agli inizi ci si curava ben poco di me, che ero
uno dei tanti ospiti stranieri. Un giorno Charcot èspresse davanti a me il
suo rincrescimento perché dalla fine della guerra non aveva più avuto alcuna
notizia del traduttore tedesco delle sue lezioni, e aggiunse che sarebbe stato
lieto che qualcuno traducesse l'ultimo volume. Gli scrissi o1trendomi di farlo,
Il neurologo (1883-1897) ZS9
e ricordo ancora una frase della lettera, in cui dicevo che la mia afasia per
il francese era solo motoria, e non sensoriale.Charcot accettò l'offerta, e
cos1 fui ammesso nel cerchio delle sue amicizie personali prendendo da
quel momento parte piena a tutto ciò che accadeva nella clinica.»89
Il riferimento alla guerra di quindici anni prima sembra strano, e forse
il ricordo di Freud a quarant'anni di distanza non era proprio esatto, poiché
le sue lettere di quel periodo raccontano le cose diversamente. Freud, che
non si trovava affatto a suo agio, era sul punto di lasciare Parigi e tornar
sene a Vienna, dopo solo due mesi di soggiorno, quando «oggi mi è ve
nuta una sciocca idea. Il terzo volume delle Lefons di Charcot non è stato
ancora tradotto. Che accadrebbe se gli chiedessi il permesso di farlo? Ma
sarà stato certamente già concesso al traduttore dei primi due volumi, perciò
farei meglio ad abbandonare l'idea. Comunque cercherò di sapere se non
c'è niente da fare in questo senso».'O E infatti sped1 la lettera seguente,
che una sua amica, Mme Richetti, aveva scritto per lui:
poiché in questi due mesi sono stato affascinato dalla Sua eloquenza ed
enormemente interessato dall'argomento che Ella tratta in modo magistrale, mi
permetto di offrirle i miei servigi per la traduzione in tedesco del terzo volume
delle Sue Lezioni, nel caso che Ella cerchi ancora un traduttore e voglia
valersi della mia opera. Circa la mia capacità a questo riguardo, si può dire
che la mia afasia per la lingua francese è solo motoria e non sensoriale. Del
mio stile tedesco ho dato prova nella traduzione di un volume di saggi di
John Stuart Mili.
Con la traduzione della prima parte del terzo volume delle Lezioni, che
contiene i nuovi problemi da Lei sollevati e chiariti, sono certo di rendere un
servigio ai miei compatrioti. ai quali questa parte delle Sue ricerche è meno
accessibile delle altre, come pure di presentarmi vantaggiosamente ai medici
tedeschi.
Mi rimane da spiegarLe il perché io mi sia preso la libertà di scriverLe, dal
momento che ho la fortuna di poterle parlare, grazie al permesso di assistere
alle Sue visite alla Salpetrière. la" ragione è quella di risparmiarLe il disturbo
di darmi una risposta negativa, alla quale - lo ammetto francamente _ sono
a metà preparato, essendo molto probabile che Ella abbia già dato· a qualcun
altro l'autorizzazione che mi permetto di chiederLe, o che qualche altro motivo
Vita e_opere di Freud
La spinga a rifiutarla a me. In tal caso Ella non ha che da ignorare la mia
richiesta. Spero che voglia perdonarmi e credermi, con la più sincera am
mirazione
Suo dev.mo
dr. Sigmund Freud
Un paio di giorni dopo Freud scrisse esultante che Charcot aveva accon
sentito, e non solo per la traduzione delle lezioni che erano già uscite in
francese, ma anche per quelle ancora inedite. Quattro giorni dopo egli si
accordò con Deuticke di Vienna per la pubblicazione, al quale spedi in capo
a un mese parte della traduzione. Come traduttore Freud fu sempre solle
cito, e infatti fini rapidamente il volume in questione. Nella prefazione,
datata il 18 luglio 1886, espresse la sua soddisfazione che la versione te
desca uscisse parecchi mesi prima di quella originale in francese, ed essa
usd infatti nel 1886 sotto il titolo N eue VorleJUngen iiber die Krankhei
ten des Nervensystems, insbesondere iiber Hysterie «<Nuove lezioni sulle
malattie del sistema nervoso, con speciale riguardo all'isterismo»). Come
fece in seguito per la traduzione di Bernheim (1888), egli ne pubblicò un
lungo riassunto - un caso di coxalgia isterica successiva ad un incidente, in
un uomo - sul «Wiener Medizinische Wochenschrift».~l Charcot lo ringraziò
inviandogli le sue opere complete rilegate in pelle, con la dedica:
A Monsieur le Docteur Freud, excellents souvenirs de la Salpetrière.
Charcot
Nelle sue lettere Freud dette una vivida descrizione dell'aspetto e delle
maniere di Charcot, il cui interesse per i malati, caldo ed intenso, egli con
trappose alla «serena superficialità» dei medici viennesi. Dopo appena una
settimana disse che in nessuno dei luoghi dove era stato finora si sarebbe
potuto apprendere tanto quanto con Charcot. Nelle visite di corsia, illumi
nate dall'acuta critica di Charcot, in mezzo all'abbondanza straordinaria e
certo unica del materiale clinico che giaceva alla Salpetrière, Freud deve aver
imparato molta neurologia. Però l'impressione più indelebile su di lui la
fecero le asserzioni di Charcot sul tema dell'isterismo, che vale la pena di
considerare più estesamente.
Freud riportò da Parigi una litografia nella quale Charcot è riprodotto
vividamente mentre parla ai suoi assistenti e agli studenti. La paziente che
egli sta illustrando, languida e in stato di semi-coscienza, è sostenuta alla
Il neurologo (1883-1897) 261
vita, assai snella, dal braccio di Babinski. La figlia maggiore di Freud scri
ve in proposito: «Questa figura esercitava su di me una strana attrazione,
ed io chiesi spesso a mio padre che disturbo avesse quella malata. Ottenni
ogni volta la stessa risposta, e cioè che era "troppo stretta nel busto", con
una morale sulla sciocchezza di fare altrettanto. lo sguardo che egli soleva
dare alla scena mi faceva già sentire, benché fossi molto piccola, che essa
evocava in lui ricordi felici o importanti, e che era molto cara al suo
cuore.»42
Tra gli assistenti di Charcot, quello che fece più impressione su Freud
fu Brouardel. 43 Pierre Marie gli propose di lavorare insieme ad uno studio
clinico sull'isteria, ma poco dopo si separarono. L'unico frutto delle sue
ricerche cliniche che Freud portò con sé da Parigi fu il notevole studio
sulle paralisi isteriche, che pubblicò qualche anno dopo.
Al suo arrivo a Parigi, le ricerche anatomiche lo interessavano ancora as
sai più di quelle cliniche. Egli cercò dapprima di continuarle nel laboratorio
della Salpetrière, e. Charcot e Guinon gli procurarono a questo scopo alcuni
cervelli infantili. In un secondo tempo pensò di fare una ricerca sulla de
generazione discendente del suo caro midollo spinale. In quel periodo non
fece nessuna pubblicazione anatomopatologica, ma nella monografia sulle
paralisi cerebrali infantili di cinque anni dopo descrisse lo studio di un
caso che gli era stato affidato da Charcot. 44 Si trattava di una donna che era
stata ricoverata alla Salpetrière dal 1853, e che era affetta da una emiplegia
insieme ad altri sintomi. 4G Freud fece un'accuratissima descrizione dei dati
dell'autopsia, cioè della sclerosi determinata da una embolia di oltre tren
t'anni prima, e riuscl persino ad individuare nel lobo temporale una picco
lissima area di sclerosi corrispondente al territorio di irrorazione del ramo
sfenoidale dell' arteria cerebrale media.
Egli trovò però sempre più insoddisfacenti le condizioni del laboratorio
della Salpetrière, che erano senza dubbio molto diverse da quelle cui era
abituato, ed il 3 dicembre annunciò che l'avrebbe lasciato. Quella fu quasi
la fine del suo lavoro al microscopio: da quel momento sarebbe diventato
un clinico puro. Nella lettera successiva, egli dava di questa decisione
sette motivi convincenti, affermando però di voler riprendere le ricerche di
anatomia, una volta tornato a Vienna. Una simile abbondanza di ragioni
denuncia in genere la soppressione del motivo fondamentale, che può forse
scorgersi nel fascino della psicopatologia, ispiratogli da Charcot. Oltre a
questo però ce n'era un altro, più personale: dopo un anno di fidanza
Vita e opere di Freud
mento, egli sentiva già un certo conflitto tra il lasciarsi assorbire dal suo
«lavoro scientifico», che per lui era sempre stato un lavoro di laboratorio,
ed il suo amore per Martha. A volte diceva che il primo era un sogno e il
secondo una realtà,48 e in seguito assicurò alla fidanzata che l'anatomia del
cervello era l'unica vera rivale che essa avesse mai avuto o che avrebbe
avuto in futuro. 41 Da Parigi le scrisse: «Ho capito da molto tempo che la
mia vita non può essere interamente dedicata alla neuropatologia, ma solo
qui a Parigi mi è divenuto chiaro che per una cara ragazza essa va assolu
tamente abbandonata.»418 Questo una settimana prima di lasciare il labo
ratorio della Salpetrière, e nell'annunciare la sua decisione aggiunse: «Puoi
esser certa che ho superato il mio amore per la scienza per quel tanto che
esso si frapponeva tra di noi.» Oltre agli aspetti emotivi, tutto ciò aveva
naturalmente anche i suoi aspetti pratici, giacché Freud sapeva molto bene
che per lui ilinatrimonio avrebbe significato un lavoro esclusivamente cli
mco.
Subito dopo aver sospeso il lavoro di laboratorio alla Salpetrière, cominciò
a scrivere un libretto intitolato Introduzione alla neurologia, e in sei setti
mane ne terminò la prima parte. 49 Esso però n0ll. fu mai pubblicato, e sem
bra che avesse lasciato il posto ad un' altra opera, più ambiziosa, sull' ana
tomia del cervello che lo tenne occupato negli anni 1887 e 1888, ma che
restò incompiuta. 60
Nell'ultima settimana trascorsa a Parigi egli ottenne un altro piccolo trion
fo: Charcot aveva appena scoperto «qualcosa di molto curioso» - proba
bilmente una nuova sindrome - e Freud gli suggerl sia una spiegazione di
essa che un nome appropriato per definirla, che a quanto pare Charcot ac
cettò.
Freud lasciò Parigi nel febbraio 1886, ma sulla via del ritorno passò
qualche settimana a Berlino, allo scopo di imparare un po' di pediatria nella
clinica di Adolf Baginsky, ritenendo che, una volta tornato a Vienna, non
gli sarebbe più capitata la fortuna di poter andare all'estero. Questa deci
sione fu determinata dal fatto che, forse per motivi «razziali», egli non
aveva probabilità di ottenere un posto nella clinica neuropsichiatrica di Vien
na, come infatti accadde, mentre il pediatra Max Kassowitz (1842-1913)
gli aveva offerto, prima della sua partenza per Parigi, il posto di direttore
del nuovo reparto di neurologia che si stava per aprire nel primo Istituto
pubblico per le Malattie dei Bambini. Quest'ultimo era una vecchia istitu
zione, fondata dall'imperatore Giuseppe II, che in quel tempo si stava
Il neurologo (J883-J897)
rimodernando. Freud tenne quel posto per molti anni, lavorandovi tre volte
alla settimana per varie ore, e fornendo alcuni notevoli contributi alla neu
rologia.
Nei cinque anni successivi egli fu assorbito dagli avvenimenti familiari,
dal lavoro professionale e dalla traduzione dei libri di Charcot e di Bern
heim. L'unico lavoro pubblicato in quel periodo (1888) riguardava un'eve
nienza finora sconosciuta, cioè la comparsa di una emianopsia in due bambi
ni rispettivamente di due °e tre anni d'età. Freud discuteva la probabile sede
della lesione e faceva rientrare i due casi nelle paralisi cerebrali infantili, che
aveva già cominciato a studiare. Suggerl anche l'interessante ipotesi che la
deviazione coniugata degli occhi, osservabile talvolta nel coma apoplettico,
potesse essere dovuta a una emianopsia dal lato paretico, per cui 13: dire
zione verso la quale guardava il malato avrebbe coinciso con la sede della
lesione.
Dalle lette"re a Fliess apprendiamo che nel 1887 e 1888 egli stava scri
vendo anche un libro sull'anatomia del cervello, nella quale era profon
damente versato. Questo - l'anatomia e l'istologia - egli chiamava il suo
vero «lavoro scientifico», e cos1 continuò a pensare per alcuni anni. Quel
l'opera però non fu mai finita, poiché gli interessi di Freud si stavano già
spostando verso la psicopatologia, e le sole tracce superstiti di essa sono rap
presentate dai sintetici articoli contenuti nello Handworterbuch di Villaret.
La pubblicazione successiva fu il primo libro di Freud, l'Afasia (1891).
Su questo argomento egli aveva già tenuto alcune conferenze alla Società
di Fisiologia di Vienna nel 1886 e all'Università nel 1887, ed aveva inoltre
scritto la voce per lo Handworterbuch der gesamten Medizin (<<Manuale
alfabetico di medicina generale») di Villaret (1888-1891).51 Il libro sul
l'afasia era dedicato a Breuer, e questo gesto verso colui che era stato il suo
principale appoggio negli anni più difficili e che gli aveva anche fornito ciò
che si sarebbe rivelato la chiave di tutto il suo lavoro futuro, fu senza dub
bio felice. Però la gratitudine non era l'unico motivo, perché Freud sperava
di migliorare con questo mezzo l'atteggiamento di Breuer nei suoi riguardi,
e restò deluso nel constatare, per qualche oscuro motivo, l'effetto opposto. 52
La maggior parte dei conoscitori delle opere di Freud concordano con il
suo stesso giudizio che quest'opera fosse il migliore dei suoi scritti di neu
rologia, ~nche se non è la sola alla quale sia legato il suo nome in campo
neu~ologlCO.. E~sa rappresenta il primo autentico spiraglio sul Freud degli
anDl seguenti, lO quanto dimostra già il ragionamento serrato; la chiarezza
Vita e opere di Freud
il fatto che le varie afasie potessero essere spiegate dalle cosiddette lesioni
sottocorticali delle vie associative.
I suoi dubbi sarebbero stati fortemente corroborati se Freud avesse saputo
ciò che accadde a Bastian, la grande autorità inglese nel campo delle afasie,
un solo anno dopo la pubblicazione del libro. In un caso di lieve afasia,
Bastian aveva previsto una piccola lesione delle ipotetiche fibre associative
subcorticali, ma quando l'autopsia rivelò una enorme cisti che aveva di
strutto buona parte dell'emisfero cerebrale sinistro, egli ne rimase cos1
sconvolto che dette le dimissioni dall' ospedale.
Al posto della localizzazione schematica di cui s'è detto, Freud avanzò
una spiegazione funzionale completamente diversa. Ammettendo che la di
struzione dei tre centri principali (motore, acustico e visivo) aveva per risul
tato rispettivamente l'afasia motoria, quella sensoriale e l'alessia, egli sug
gerl che tutti i sottotipi si dovessero spiegare con vari gradi di alterazione
funzionale, facenti capo ad una zona del cervello più o meno lesa. In que
sto senso egli si rifaceva alla teoria della diIinllolution di Hughlings Jack
son, secondo la quale le funzioni di più recente acquisizione o meno im
portanti sono più fragili di quelle fondamentali, e citava vari esempi di
questo genere.
Egli spogliava i «centri» di Broca e di Wernicke del loro significato, quasi
magico, di centrali automatiche, e metteva in evidenza che il loro significato
è puramente anatomico, non fisiologico, e dovuto semplicemente alla vici
nanza con l'area motori a, per il centro di Broca, e per quello di Wernicke
all'arrivo in esso delle radiazioni acustiche. Perciò i centri non sono altro
che punti nodali di un circuito generale.
Tutto ciò rappresentava uno stadio dell'emancipazione di Freud dagli
aspetti più meccanicistici della scuola di He1mholtz, alla quale era cresciuto,
ma egli andava anche oltre, in quanto metteva in dubbio la nozione, legata
all'insegnamento di Meynert, che le idee ed i ricordi dovessero immagi
narsi ancorati alle varie cellule nervose. Dopo una premessa di ordine psi
cologico sullo sviluppo del linguaggio e della lettura, e sull' acquisizione dei
vocaboli e delle idee, nella quale prendeva posizione contro la confusione
tra dati fisiologici e dati psicologici, Freud indicava nella denominazione
degli oggetti la parte più debole del nostro patrimonio linguistico, e perciò
suscettibile di soffrire per prima. Egli denominava questo disturbo (cioè
l'afasia sensoriale subcorticale di Wernicke) come afasia asimbolica, mo
dificando cosi l'uso di questo termine, impiegato da Finkelnburg, il quale
266 Vita e opere di Freud
:59. Per quanto riguarda i suoi scritti originali. Per qualche altro anno con
tinuò a scrivere recensioni e riassunti. Per esempio scrisse tutti quelli riguar
danti le paralisi cerebrali infantili che figurano nei primi tre volumi dello
«Jahresbericht ffu Neurologie und Psychiatrie)) (1898-1900), di cui era redat
tore.
60. R. Brun, Sigmlmd Freuds Leistungen aut dem Gebiet der organischen
Neurologie, «Schweizerisches Archiv ffu Neurologie und Psychiatrie», XXXVII
(1936), 20:5.
61. Ad eccezione della lunga monografia sulle paralisi infantili che SCClsse
successivamente per il grande Handbuch di Nothnagel (1897).
62. G. W., I, 21.
63. lbid., p. :53.
64. V. pp. 83-8:5.
XI. Il periodo di Breuer (1882-1894)
roth, che voleva proporlo per una cattedra. 2 Nel maggio 1894 fu nomi
nato Membro Corrispondente dell' Accademia Viennese delle Scienze, su
proposta di Sigmund Exner, Hering e Ernst Mach, tutti uomini di fama
internazionale. 8
Breuer era un fedele seguace della scuola di Helmholtz, di cui abbiamo
già parlato. Gli autori che stimava di più erano Goethe e Fechner. Egli
era uno dei medici viennesi più stimati, nonché medico di famiglia di
Briicke, Exner, Bi11roth, Chrobak, e di altri dello stesso calibro.
Freud e Breuer si conobbero all'Istituto di Fisiologia, poco prima del
1880, e scoprendosi gli stessi interessi e punti di vista, divennero presto
amici. ~(Egli divenne il mio amico e soccorritore nelle difficili circostanze
in cui mi trovavo» scrive Freud. «Prendemmo l'abitudine di dibattere fra
di noi tutti i nostri interessi scientifici, ed in questo rapporto chi ci guada
gnava ero naturalmente io.»· La signora Bernays racconta che Breuer era
solito far visita a Freud in casa dei genitori di lui per discutere argomenti
scientifici, e per quanto inverosimile, può darsi che sia vero. Nelle lettere
a Martha del 1884, Freud parlava di Breuer in termini entusiastici, chia
mandolo «il fedelissimo Breuer», ed è certo che in quegli anni egli fu,
sia con lui che con sua moglie, che ammirava in modo particolare, nei
termini della più intima amicizia. Anche in seguito le famiglie di Freud e
di Breuer restarono molto amiche, e la figlia maggiore di Freqd fu chia-
mata -con il nome della moglie di Breuer e la minore con quello di una
sorella del genero di lui, che tra l'altro era un'affezionata paziente di
Freud. 1i Gli Hammerschlag e i Breuer, che abitavano nello stesso caseg
giato, erano amici intimi, e il figlio dell'uno sposò la figlia dell'altro.
Dal dicembre 1880 al giugno 1882 Breuer curò quello che è stato rico
nosciuto come un tipico caso di isterismo, cioè la signorina Anna 0. 6 Si
trattava di una ragazza di ventun anni, di intelligenza fuori del comune,
che aveva presentato tutto un museo di sintomi in coincidenza con la ma
lattia mortale di suo padre. Tra l'altro essa aveva la paralisi di tre arti con
contratture e anestesia, disturbi gravi e complessi della vista e del linguag
gio, impossibilità di nutrirsi, ed una tosse nervosa fastidiosissima che fu il
motivo per cui Breuer venne consultato. Ancora più interessante era però
l'esistenza di due stati di coscienza distinti: uno del tutto normale, l'altro
invece di una bambina cattiva e petulante, quasi come nel famoso caso di
Sally Beauchamp, di Morton Prince. Si trattava di un caso di doppia per
sonalità. Il passaggio dall'una all'altra era marcato da una fase di autoipnosi,
VitQ e opere di Freud
dal quale poi si risvegliava lucida e psichicamente normale. Per caso questa
fase si verificò proprio il giorno della visita di Breuer, al quale la ragazza
cominciò a raccontare gli spiacevoli fenomeni che le erano accaduti durante
il giorno, ivi comprese allucinazioni terrificanti. Dopo averlo fatto, essa si
sentiva sollevata. Un bel giorno la paziente riferl a Breuer in tutti i
particolari la comparsa di un sintomo, e, con grande stupore di Breuer,
il sintomo si eclissò completamente. Rendendosi conto dell' efficacia di una
tale condotta, la paziente continuò con un sintomo dopo l'altro, chiamando
questo procedimento «cura della conversazione» o «spazzacamino». Tra
l'altro in quel periodo essa poteva parlare solo in inglese, avendo dimen
ticato il tedesco, sua lingua materna, e se le si chiedeva di leggere ad
alta voce un libro italiano o francese, essa lo faceva in un inglese dolce
e fluente.
Dopo un po' di tempo, oltre a queste visite serali, Breuer cominciò a
praticare ogni mattina un'ipnosi artificiale ad Anna O., poiché la quantità
del materiale si andava facendo imponente. A quei tempi, dedicare varie
ore al giorno per oltre un anno ad un'unica paziente, per di più isterica,
significava possedere doti eccezionali di pazienza, di interesse e di osser
vazione. L'arsenale psicoterapeutico si arricchi tuttavia di questo metodo,
che va sotto il nome di «catarsi» datogli da Breuer, e che è tuttora larga
mente usato.
Freud mi ha raccontato, più estesamente di quanto abbia fatto nei suoi
scritti, le circostanze particolari che segnarono la fine di questo nuovo
trattamento. Sembra che Breuer abbia sviluppato per la sua paziente ciò
che oggi chiameremo un forte tontro-transfert. Egli era cosi assorbito da
questo caso, che sua moglie si seccò di non sentir parlare d'altro e in
poche parole s'ingelosi: pur senza mostrarlo apertamente, essa si era fatta
triste e imbronciata. Ci volle parecchio tempo prima che Breuer, che era
altrove con i suoi pensieri, indovinasse il motivo dello stato d'animo della
moglie, ma comunque esso determinò in lui una violenta reazione, mista
probabilmente di amore e di colpa, e gli fece decidere di troncare la cura.
Ne avverti Anna O., che stava già molto meglio, e si accomiatò da lei,
ma fu chiamato di nuovo la sera stessa, e la trovò in uno stato di grande
eccitamento, apparentemente più malata che mai. La paziente, che a stare
alle parole di Breuer era sempre apparsa come un essere asessuato e non
aveva mai fatto allusione ad argomenti proibiti per tutta la durata del
trattamento, era ora in preda alle doglie di un parto isterico, logica con
Il periodo di Breuer (1882-1894) 279
Grca dieci anni dopo, nel periodo in cui Breuer e Freud studiavano
insieme i casi clinici, Breuer chiamò Freud a consulto per una paziente iste.
rica. Prima di mostrargliela gliene descrisse in sintomi, e Freud notò che
essi erano tipici prodotti di una fantasia di gravidanza. La ricomparsa del
l'antica situazione era troppo per Breuer, che, senza una parola, afferrò
cappello e bastone e si precipitò fuori della casa. .
Freud fu molto attratto dal famoso caso di Anna O., di cui venne a
conoscenza poco dopo la sua conclusione avvenuta nel giugno 1882: per
essere esatti, il 18 novembre. la Esso usciva talmente dalla sua esperienza
che gli fece una profonda impressione, e ne discusse i dettagli con Breuer
infinite volte. Quando andò a Parigi ed ebbe occasione di parlare a Charcot,
gli raccontò dell'importante scoperta, ma (come ebbe a dire anche a me)
«i pensieri di Charcot sembravano altrove», ed egli non riuscl minimamente
a risvegliare il suo interesse. Per un certo tempo questo sembrò anzi aver
offuscato il suo entusiasmo per la scoperta.
Come abbiamo già detto, l'insegnamento di Charcot ebbe su Freud la
maggiore influenza a proposito delle idee rivoluzionarie sull'isterismo, ar
gomento che senza dubbio a quel tempo interessava Charcot più di ogni
altro. In primo luogo era già sensazionale che un neurologo cos1 eminente
se ne occupasse. Prima d'allora, infatti, l'isterismo era considerato o una
manifestazione simulatoria o al massimo «immaginativa» (ciò che sem
brava proprio lo stesso) con cui nessun medico rispettabile avrebbe perso
tempo, oppure un particolare disturbo uterino passibile di essere trattato
(e talvolta lo era) con l'ablazione del clitoride. L'utero sbarazzino poteva
essere rimesso in carreggiata anche dalla valeriana, di cui aborriva l'odore.
Ora, grazie a Charcot, l'isterismo diventava, quasi da un giorno all'altro,
una rispettabilissima malattia del sistema nervoso, dovuta, è vero, alla dege
nerazione congenita del cervello, ma che tuttavia poteva essere oggetto di
seri studi. Per usare un' espressione moderna, Charcot aveva messo l'iste
rismo sul tappeto.
Nel suo necrologio di Charcot, sette anni dopo, Freud gli dette ampio
riconoscimento per questa conquista, anche se esagerò indubbiamente nel
paragonarlo a Pinel, che un secolo prima, sempre alla Salpetrière, aveva
liberato i pazzi dalle catene. Comunque l'insegnamento di Charcot riuscì
indubbiamente a sanzionare nei circoli medici francesi - e, quel che più
conta, nello stesso Freud - un atteggiamento più scientifico verso l'iste
rismo. Nel resto del continente questo effetto fu molto scarso, e addirittura
Il periodo di Breuer (188z-1894)
cessivl cInque anni, dal 1886 al 1891, non pubblicò nessun'altra ricerca,
tranne due di poca importanza.
Egli attribul in seguito questo fatto alla preoccupazione che gli dava la
pratica privata e alla necessità di provvedere materialmente non solo alla
sua famiglia in rapido aumento, ma anche ai numerosi parenti. Come spie
gazione potrebbe essere senza dubbio sufficiente, eppure non è difficile
scorgere l'esistenza anche di altri fattori. Tanto per cominciare egli si era
imbarcato nella traduzione di quattro grossi volumi, due di Charcot e due
di Bernheim, e non contentandosi di tradurli, aggiunse a due di essi una
grossa prefazione. Il primo era le N eue V orlesungen di Charcot, H un vo
lume di 357 pagine uscito nel 1886, la cui prefazione era stata scritta
nel luglio precedente, e l'altro, un grosso volume di 414 pagine uscito
nell'anno seguente, era il primo dei libri di Bernheim. 15 Quindi, dopo un
intervallo di circa quattro anni, uscirono quasi contemporaneamente altre
due opere: una era il secondo libro di Bernheim: Hypnotismus, Suggestion
und Psychotherapie (380 pagine), al quale Freud non aggiunse alcuna pre
fazione, ma che segnò lo spostamento del suo interesse dalla terapia sugge
stiva ai più profondi problemi di psicopatologia che frattanto aveva comin
ciato a studiare. L'altro libro erano le famose Lefons du Mardi di Charcot,
tenute nell'anno 1887-1888 e pubblicate a fascicoli negli anni 1892-1894
con il titolo di Poliklinische Vortrage (<<Lezioni cliniche»): 492 pagine di
fitta stampa. Freud non si limitò a tradurle, ma le commentò, scrivendo la
prefazione e aggiungendo 62 note che aggiornavano le citazioni biblio
grafiche e riportavano molte opinioni personali del traduttore, talvolta di
carattere critico nei riguardi di Charcot. Alcune di queste note sono di
grande interesse, in quanto adombrano le prime idee di Freud in campo
psicopatologico, tuttavia egli seppe in seguito che Charcot se ne era di
spiaciuto e aveva considerato il suo gesto come arbitrario, non essendogli
stato chiesto alcun permesso da parte del traduttore. le
Oltre a ciò, senza contare la pubblicazione dei due lavori di cui s'è
detto, Freud scrisse in quel periodo due importanti libri comparsi nel 1891,17
che costituiscono due fondamentali contributi di neurologia clinica e che
devono aver richiesto un enorme lavoro. Perciò le sue implicite scuse per
non aver prodotto in quegli anni nessun lavoro scientifico sono assoluta
mente infondate: furono invece anni tutt'altro che oziosi.
Per di più Freud sentiva la necessità di acquisire un'esperienza personale
di malati nevrotici, prima di potersi permettere di dire qualcosa di nuovo
Il periodo di Breuer (1882-1894)
non attendersi una risposta difensiva che di solito consiste nel minimizzare
la novità dell'argomento esposto e nello scoraggiare l'entusiasmo dell'autore.
Un commento critico dell'episodio ci porterebbe a sottolineare l'ingenuità
del giovane mentore e forse la sua mancanza d'intuito, cosi come, ovvia
mente, la mancanza d'immaginazione da parte degli anziani ascoltatori.
Meynert, abbastanza lealmente, sfidò Freud a provare le sue affermazioni
mediante la dimostrazione di un caso d'isterismo maschile con i tipici
sintomi di Charcot,20 ma, sebbene Freud avesse trovato alcuni casi adatti
allo scopo nell'Ospedale Generale, i medici dei vari reparti gli rifiutarono
un simile impiego dei loro malati. Uno dei chirurghi arrivò persino a met
tere in dubbio la sua cultura classica, chiedendogli se non sapeva che la
parola «isterismo» derivava dal greco Hysteron (sic), cioè utero, e che
perciò escludeva per definizione il sesso maschile. Tuttavia non passò
molto che Freud, grazie all'aiuto di un giovane otorinolaringoiatra, il dr.
von Berengszaszy, riuscl a trovare altrove un malato del genere. Nella sua
autobiografia egli scrive: «Alla fine m'imbattei in un caso adatto, fuori
dell'ospedale.»21 Le parole «alla fine» traducono tutta la sua impazienza
e indignazione, perché in realtà passò solo una settimana prima che il pa
ziente arrivasse a lui, e Konigstein ne fece un accurato esame oftalmologico
il 24 ottobre, nove giorni dopo la riunione. Si trattava di un operaio metal
lurgico di 29 anni che dopo una lite con suo fratello aveva presentato una
classica emianestesia, con tipici disturbi della vista e del riconoscimento dei
colori. Il 26 novembre 1886 il caso fu presentato alla Società di Medicina,
presieduta da Exner, e 1'11 dicembre Konigstein riferl sui sintomi oculari.
Questa volta ci furono applausi, ma il numero delle comunicazioni era tale
che non restò tempo per la discussione. La «Wiener Medizinische Wochen
schrift» definl il lavoro «molto interessante». Freud pubblicò il caso su
quella rivista insieme alla relazione di Konigstein il 4 22 e l' 1123 dicembre
1886, intitolandolo Osse,rvazione di una profonda emianestesia in un iste
rico e facendolo precedere dalla seguente ottimistica intestazione: Cqntri
buti allo studio clinico dell'isterismo. N. 1». Il lavoro restò comunque
il primo e l'ultimo di questa serie, probabilmente a causa dello scoraggia
mento di Freud per l'accoglienza subita.
Quasi quarant'anni dopo, riferendosi a quell'episodio, Freud esternava
ancora una certa amarezza: «Quella volta mi applaudirono, ma senza con
cedermi un interesse maggiore dell'altra. L'impressione che le autorità
avessero respinto le mie novità non ne fu modificata e, con il mio iste
386 Vita e opere di Freud
viene fuori con idee intelligenti. Dopo aver esitato un bel po' ho deciso
di consegnargliela domani. Non voglio comportarmi da codardo, e dopo
tutto il mio amico russo (Darkschewitsch) apprezza entrambe le idee. Ep
pure scommetto che me ne pentirò.» Freud sapeva che le sue idee precor
revano Charcot. Le cose però andarono bene. Nella lettera successiva,
quattro giorni dopo, egli espresse la sua gioia perché Charcot gli aveva
detto che le idee non erano poi tanto male, e che, pur non condividendole,
non vi si sarebbe opposto e anzi valeva la pena di lavorarci su. Egli aveva
anche promesso a Freud di pubblicare un lavoro del genere sugli «Archives
de Neurologie», come effettivamente fece appena quindici giorni prima di
monre.
Due anni dopo la comparsa del lavoro di Freud su quella rivista, ne
apparve uno di C. S. Freund, di Breslavia, allievo di Wernicke, sul «Neuro
logisches Centralblatt» (Sulle paralisi psichiche).s5 Non era che un plagio
diretto del lavoro di Freud, senza alcun riconoscimento nei suoi riguardi.
Apparentemente egli non se ne curò,S8 ma fu colpito dalla seconda· metà
del lavoro di Freund, che riportava in riassunto il «principio di costanza»
da un recente libro di Heinrich Sachs. Freud restò per molti anni su
questo argomento, ed era deciso a farne la base della sua nuova psicologia.
Quando scrisse nell'Autobiografia che al suo ritorno da Parigi Meynert
lo aveva escluso dal suo laboratorio, Freud anticipò l'episodio, che in realtà
può essere accaduto solo sei mesi dopo, al suo ritorno dalla luna di miele.
Invece al suo ritorno da Parigi Meynert lo festeggiò calorosamente e lo
invitò a lavorare nel suo laboratorio con tutti gli allievi che volesse, S7 tanto
che Freud ne approfittò per quell'estate. s8 I rapporti con Meynert si fecero
sempre più tesi dopo la conferenza di Freud sull'ipnosi in maggio e il suo
lavoro su Charcot in ottobre, però non sappiamo se il suo ostracismo fu
improvviso o graduale. La seconda ipotesi sembra più probabile, e anzi
Freud racconta di una visita fatta a Meynert in occasione dell'ultima ma
lattia del maestro. Inoltre anche se Freud diceva di non aver saputo dove
tenere le sue lezioni per un anno intero, riferendosi solo alle dimostrazioni
cliniche, questa difficoltà non poteva essere ascritta a Meynert, perché a
quell'epoca i suoi due assistenti avevano già avuto una discussione con
Freud a proposito del materiale clinico. In realtà nell'autunno di quello
stesso anno Freud fece lezione, anche se solo di anatomia, e il suo corso
fu abbastanza seguito. 89
Nell'estate del 1886 la sua vita si limitò al lavoro nell'istituto di Kas
Il periodo di Breuer (1882- J894)
lO - I
Vita e opere di Freud
Freud verso Charcot invece che verso il vecchio maestro viennese sembra
aver incollerito Meynert, a giudicare dalla sua reazione al resoconto delle
esperienze parigine fatto da Freud. Infine si aggiunse l'ipnosi, che fu come
il panno rosso per il toro. Meynert avrà probabilmente associato la caduta
di Freud dalle sue grazie a Leidesdorf, l'ipnotista-capo della clinica di
Obersteiner dove Freud aveva lavorato, e che Meynert considerava suo
mortale nemico. Come ben sappiamo, l'alcool porta spesso con sé gelosia,
diffidenza e ostilità, ed è anche per questo che negli ultimi anni (morl nel
1892) Meynert riusciva a controllarsi assai poco.
Freud però si andava accorgendo di non riuscire talvolta ad indurre
affatto l'ipnosi, o almeno in modo sufficientemente profondo per i suoi scopi:
«Con !'idea di perfezionare la mia tecnica ipnotica, nell'estate del 1889
feci un viaggio a Nancy e vi trascorsi varie settimane. Assistetti al com
movente spettacolo del vecchio Liébault che lavorava tra le povere donne
e i bambini delle classi povere, fui testimone degli stupefacenti esperimenti
di Bernheim sui suoi pazienti d'ospedale, e ricevetti la più profonda im
pressione dal fatto che esistessero potenti processi mentali che potevano
tuttavia restare nascosti alla coscienza dell'uomo. Pensando che potesse es
sere istruttivo, avevo persuaso una delle mie pazienti a seguirmi a Nancy.
Si trattava di un'isterica molto intelligente e di buona famiglia, che mi era
stata indirizzata perché nessuno sapeva cosa farle. Per mezzo dell'ipnosi
avevo reso possibile che conducesse un' esistenza discreta, ed avevo sempre la
possibilità di sottrarla alla miseria della sua condizione. Ogni volta però
essa ricadeva dopo breve tempo, e nella mia ignoranza io attribuivo ciò
al fatto che la sua ipnosi non aveva mai raggiunto la fase del sonnam
bulismo amnesico. Bernheim tentò allora parecchie volte di portarvela, ma
non ci riusà neanche lui, e anzi mi confessò francam~nte di avere otte·
nuto i suoi maggiori successi terapeutici con l'ipnosi solo nella sua pratica
ospedaliera, non con i pazienti privati. Ebbi con lui molti interessanti col
loqui, e cominciai a tradurre in tedesco le sue due opere sulla suggestione
e suoi effetti terapeutici.»56
In questo passo c'è un curioso errore, perché Freud aveva già pubbli
cato, un anno prima, il primo dei due libri in questione (HypnotismuI,
Suggestion und Psychotherapie) corredandolo di una lunga prefazione, e
facendone pure un riassunto dettagliato per la «Wiener medizinische Wo·
chenschrift».57 Fu nel dicembre 1887, cioè diciotto mesi prima della visita
a Bernheim, che si accordò con gli editori per la traduzione di esso. 58
Il periodo di Breuer (188z- 1894)
che dubbio sulla precisione del suo ricordo. In ogni modo pare che all'inizio
tali ricerche fossero piuttosto superficiali. Negli Studi sull'isterismo egli
dice che il primo caso in cui impiegò il metodo catartico fu quello della
Signora Emmy v. N., che cominciò a curare il lO maggio 1889, diciotto
mesi dopo aver adottato l'ipnosi. Non ci si può aspettare che in questo
primo tentativo, in cui usò il sonnambulismo profondo, Freud facesse
esplorazioni molto penetranti, e infatti sembra che egli abbia fatto molto
assegnamento sulla suggestione terapeutica diretta del trattamento, tanto
che lo associò, come al solito, a massaggio, bagni e riposo. In questo caso
egli apprese che la ragione per cui tanti benefici effetti della suggestione
ipnotica sono transitori, è dovuta al fatto che essi vengono presentati dal
paziente allo scopo di compiacere il medico, e perciò sono soggetti a
scomparire appena il contatto è interrotto. Si può anche notare che a
quell'epoca Freud era ancora completamente sotto l'influsso dell'insegna
mento di Charcot circa l'importanza dei traumi nella sintomatologia del
l'isterismo. Se il fratello della paziente le aveva tirato un rospo, da bam
bina, apparentemente questo bastava à spiegare la sua fobia per quegli
animali. L'idea di pensieri personali (desideri) di natura proibita com
pare per la prima volta tre anni più tardi.
Nel 1892 uscl un lavoro di Freud che riferiva un caso trattato con suc
cesso per mezzo dell'ipnosi. 64 Si trattava di una donna che, sebbene desi
derosa di allattare il suo bambino al seno, non riusciva a farlo a causa di
diversi sintomi isterici: vomito, anoressia mentale, insonnia e agitazione.
Due sedute di suggestione in stato ipnotico furono sufficienti a rimuovere
tutti i disturbi, e lo stesso accadde un anno dopo, in seguito alla nascita
di un secondo figlio. Freud faceva su questo caso un certo numero di con
siderazioni abbastanza estese che sono di grande interesse perché ci mettono
in condizione di valutare i progressi da lui fatti nella comprensione dei
problemi dell'isterismo. Da questo punto di vista bisogna dire che il lavoro
in questione rivela una conoscenza piuttosto limitata, rispetto agli enormi
progressi che Freud avrebbe fatto nei successivi due o tre anni, ed è forse
questa la ragione per cui egli non lo incluse nella sua Sammlung kleiner
Schriften (<<Raccolta di scritti minori»). Il lavoro riguarda soprattutto l'esi
stenza di quelle che Freud chiamava «idee antitetiche», in quanto interfe
riscono con le intenzioni coscienti, e di queste metteva a confronto il compor
tamento rispettivamente nella nevrastenia e nell'isterismo. Nella prima il
soggetto si rende conto del conflitto, che mina le sue capacità volitive, ma
Il periodo di Breuer (1882- 1894) 295
sorgente alla quale si beve un sorso d'acqua fresca;. la mente non è che u~~
corrente. » «La sincerità è la sorgente di ogni gemo, e l'uomo sarebbe plU
intelligente se solo fosse più buono. Ed ecco... » (qui segue la citazione
precedentemente riportata). 86
Che un'idea «originale» abbia un'origine assolutamente spontanea, senza
precedenti di sorta, è l'evento più raro, ammesso che sia possi~ile.. U~
delle ragioni per cui questo libro è stato scritto, è la speranza di clllame
qualcuno dei processi mentali di Freud, e quelle esperienze della sua vita
che culminarono nelle sue scoperte. Due fatti, e cioè l'importanza dei fat
tori sessuali nelle nevrosi e la <<libera associazione» sono esempi lampanti
della fusione di influssi diversi che precede la nascita delle idee signifi
cative. D'altra parte i concetti di «rimozione» e di «resistenza» erano sem
plici induzioni teoriche desunte dalle innumerevoli osservazioni dirette. Co
me lo stesso Freud ebbe a dire: «Se qualcuno intendesse considerare la
teoria della rimozione e della resistenza come ipotesi anziché come risultati
raggiunti attraverso la psicoanalisi, mi opporrei con tutte le mie forze.»8?
«La teoria della rimozione mi è venuta in modo assolutamente indipen
dente da ogni altra origine; non mi risulta nessun'altra in.6uenza esterna
capace di suggerirmela.»88 Questo è indubbiamente vero, ma è stato di
mostrato che idee non del tutto diverse da quelle di «rimozione» e di «di
fesa» si possono riscontrare in quelle branche della scienza di cui Freud
si era occupato a fondo, e si sa che egli leggeva avidamente. 89
La prima cosa che egli osservò, nel suo sforzo di risalire nei ricordi dei
pazienti, è che essi non si arrestano al sintomo come punto di partenza, e
neanche all' «evento traumatico» spiacevole, che del sintomo sembrerebbe la
causa. Invece continuano a risalire all'indietro senza interruzione. La sua
preparazione scientifica gli fece considerare questa consequenzialità come un
nesso legittimo, anche se il valore causale degli apparenti fattori non era
ancora molto chiaro. I ricordi continuavano a risalire sempre più indietro,
addirittura fino all'infanzia, e Freud vide subito che questo spiegava in parte
le vecchie polemiche tra l'importanza della disposizione ereditaria da una
parte, e quella dei fattori acquisiti (traumatici) dall'altra. Questo è un pun
to sul quale la sua opinione personale ha alquanto esitato. Nella discussione
del caso Emmy (1889) aveva affermato che senza predisposizione ereditaria
l'isterismo non è concepibile,80 mentre tre anni dopo, nella discussione del
caso Katherina e anche in una nota della sua traduzione dei Poliklinische
Vortrage di Charcot,91 affermò l'esistenza di un isterismo acquisito, senza
302 Vita e opere di Freud
una posizione più stabile. Il primo a cui pensò fu naturalmente Breuer, che
per primo gli aveva dischiuso il campo dell' isterismo, vi aveva già com
piuto importanti scoperte e non aveva esitato ad usare l'ipnosi nell'epoca
in cui applicarla significava deviazionismo. Era dunque inevitabile che Freud
si rivolgesse a lui per collaborazione ed appoggio.
Negli anni immediatamente precedenti al 1890 e anche dopo, Freud
cominciò a cercare di risvegliare l'interesse di Breuer per i problemi del
l'isterismo, o almeno a convincerlo a pubblicare la scoperta fatta dalla sua
paziente Anna O. In questo tentativo egli incontrò una notevole resistenza,
di cui sulle prime non poté afferrare il motivo. Sebbene Breuer avesse una
posizione superiore alla sua, e quattordici anni di più, era il più giovane
dei due che stava assumendo il comando per la prima volta. Freud realizzò
a poco a poco che la riluttanza di Breuer era connessa alla sua conturbante
esperienza con Anna O. che abbiamo precedentemente narrata. Gli raccontò
allora la propria esperienza con la paziente che gli aveva gettato le braccia
al collo in un trasporto d'affetto, spiegandogli le ragioni per cui secondo
lui questi contrattempi facevano parte dei fenomeni di transfert caratteri
stici di certi tipi d'isterismo. Pare che questo avesse l'effetto di calmare
Breuer, il quale evidentemente aveva preso su un piano più personale la
sua esperienza in proposito, rimproverandosi forse perfino l'indelicatezza
di aver messo le mani addosso alla sua paziente. In ogni modo Freud riuscl
infine ad assicurarsi la collaborazione di Breuer, e furono d'accordo che l'ar
gomento della sessualità andava ripreso in profondità. Evidentemente l'os
servazione di Freud aveva prodotto una profonda impressione su Breuer,
giacché all'epoca in cui stavano preparando insieme gli Studi, questi disse
a proposito del fenomeno del transfert: «Credo che sia la cosa più impor
tante che abbiamo a far conoscere al mondo.»97
Cominciarono col pubblicare insieme sul «Neurologisches Centralblatt»
nel gennaio 1893 un lavoro dal titolo: Il meccanismo psichico dei feno
meni isterici, che ha un'importanza storica 118 e sul quale ritorneremo più
avanti. Briicke e Meynert erano morti da un anno e Freud si era già pro
curato un sostenitore più moderno. Nel giugno 1892 Breuer aveva final
mente deciso di cooperare, e Freud disse a Fliess, in una lettera del 18
dicembre 1892, che il convincerlo «gli era costato parecchi sforzi».119 I due
collaboravano spesso nella cura degli isterici, e anzi la circostanza che con
vinse definitivamente Breuer a scrivere il lavoro in comune fu rappresentata
dal caso di una malata particolarmente interessante, Gicilie. 10o Freud, che
Il periodo di Breuer (J88z- J894) 30S
uno dei contributi più importanti degli ultimi anni nel campo della psico
logia normale (sic) e patologica.»1l1
In molti giornali, e non solo medici, fu data al libro considerevole im
portanza. Una delle recensioni più notevoli, che merita di essere ricordata
per la perspicacia e chiaroveggenza comparve sulla «Neue Freie Presse», il
principale quotidiano di Vienna, il 2 dicembre 1895, sotto il titolo Chirurgia
dell'anima (Seelenchirurgie). Ne era autore Alfred von Berger, professore
di storia della letteratura all'Università e direttore del teatro imperiale di
Vienna, poeta, storico della letteratura e critico teatrale. Nel suo articolo egli
mostrava di ammirare e comprendere le storie cliniche, per poi aggiungere
la predizione seguente: «Sentiamo oscuramente che un giorno sarà possibile
aggredire i più riposti segreti della personalità umana ... La teoria in sé»
proseguiva «non è in fondo che il genere di psicologia adottato dai poeti.»
Seguitava quindi ad illustrare questa tesi in base alle opere di Shakespeare,
e descriveva la pena di Lady Macbeth nei termini di una «nevrosi di di
fesa».
Degli Studi furono stampate ottocento copie, 626 delle quali sarebbero
state vendute dopo tredici anni. Gli autori ricevettero in totale 425 gulden
(85 dollari per ciascuno).
Tra gli autori erano sorte alcune divergenze teoriche sulla teoria del
l'isterismo, ma a separacli non furono né queste ultime né la scoraggiante
accoglienza tributata al loro lavoro. La collaborazione cessò nell'estate del
1894, in seguito alla riluttanza di Breuer a seguire Freud nella sua investi
gazione della vita sessuale dei pazienti o meglio nelle estreme conclusioni
che Freud ne traeva. Che i disturbi della vita sessuale fossero il fattore
euenziale nell'etiologia delle nevrosi e psiconevrosi era un principio che
Breuer non poteva facilmente mandar giù, e in· seguito non è stato certo
il solo!
.B strano però che egli oscillasse da una parte all'altra . .B vero che non
condivise mai l'opinione che i disturbi sessuali fossero la causa invariabile
e spe~i.fic.a delle affezioni nevrotiche, eppure si addentrò parecchio in que
sta d1CezlOne. Per esempio, nel capitolo intitolato Teoria che egli scrisse
per gli Studi sull'isterismo si leggono i seguenti passi: «L'istinto sessuale è
cer.ta~en~e la pi~ potente origine di duraturi aumenti di eccitazione (e
qumdI dI nevrosI)... »1l2 «L'esperienza quotidiana conferma che tale con
B~tt? fra idee inc~mpatibili ha un effetto patogeno. Si tratta per lo più
dI Idee e processI che appartengono alla vita sessuale.»lls «Questa con
308 Vita e opere di Freud
Trascorsa l'estate, però, essi non lavorarono più insieme. La virata decisiva
nei sentimenti di Freud si verificò nella primavera del 1896, data che coin
cide con l'inizio della fase più appassionata della sua amicizia per Fliess.
In febbraio scrisse a quest'ultimo che con Breuer era impossibile andare
avanti,11e Una settimana dopo però ammise che era penoso pensare che
Breuer fosse completamente uscito dalla sua vita. 120 Dopo un anno era
lieto di non averlo più visto, anzi il solo vederlo l'avrebbe spinto ad emi
grare. 121 Sono parole forti, ma ce ne sono anche di peggiori, che è inu
tile citare, e che comunque vanno molto al di là degli appunti reali mossi
da Freud a Breuer. Egli (cos1 sembrerebbe) aveva certe caratteristiche che
erano particolarmente antipatiche alla natura di Freud. Una di queste era
una certa debolezza della sua personalità per cui gli riusciva sempre difficile
assumere una precisa posizione in qualsiasi problema. Un'altra era il suo
modo cavilloso di esercitare la censura, che lo portava ad inquinare qua
lunque valutazione positiva e qualunque plauso per la mania di ricercarvi
i minimi punti suscettibili di critica: un atteggiamento molto alieno dallo
spirito aperto e generoso di Freud.
Proprio in quegli anni Freud si trovava nella sua fase più rivoluzionaria,
sia dal punto di vista intellettuale che da quello emotivo, perché il boicot
taggio al quale veniva sottoposto aveva indotto in lui una reazione di ri
bellione e di sfida. Ebbene, proprio quando il suo bisogno di un alleato
con cui condividere questo atteggiamento divenne maggiore, l'unico uomo
in grado di rispondere intellettualmente al suo scopo e che per di più lo
aveva spinto per quella via, non fece che spegnere il suo ardore, e si ritirò
dalla lotta.
La faccenda però era ancora più personale. ~ chiaro che a questo punto
Freud risentiva il peso del vecchio debito di gratitudine contratto con
Breuer e che almeno in parte poteva essere valutato in concreti termini
di denaro. All'inizio del 1898 egli fece il primo tentativo di ripagarne una
parte, ma Breuer, che era forse riluttante a farsi restituire ciò che per lun
go tempo doveva aver considerato come un regalo, volle sottrarne una cifra
che riteneva di dovere a Freud per l'assistenza medica da questi prestata ai
suoi familiari. Sembra che Freud abbia interpretato questo gesto come
un tentativo di conservare la vecchia tutela 1:22 e si risentl fortemente alla
risposta di Breuer. Due anni dopo disse a Fliess che sarebbe stato felice
di cessare ogni rapporto con Breuer, ma che non poteva farlo a causa del
vecchio debito di denaro. 123
310 Vita e opere di Freud
Le ricerche sessuali che avevano destato tanto scalpore erano di due tipi.
Esse erano sorte dall'osservare con quanta frequenza l'analisi di sintomi
isterici (e poi di quelli ossessivi) risalisse ad esperienze sessuali spiacevoli,
e spesso degne di essere definite come traumatiche. Colpito dall'importan
za di questo fattore nei tipi classici di psiconevrosi, Freud si chiese quale
parte esso potesse svolgere nelle altre forme di nevrosi, che a quel tempo
erano confusamente ritmite sotto il termine «nevrastenia».
Il concetto di quest'ultima condizione, introdotto da Beard trent'anni
prima,124 era indubbiamente assai vasto, e Freud pensò di poter giungere
ad una chiarificazione nosologica di esso attraverso lo studio non solo della
sintomatologia dei vari casi, ma anche dei loro specifici fattori etiologici.
Dette perciò una lunga e dettagliata descrizione dei sintomi caratteristici
di quella che propose di chiamare «nevrosi d'angoscia»125 e delle par
ticolarità che la distinguevano da un lato dalla nevrastenia e dall'altro
dalle fobie isteriche.
Le sue conclusioni su questo argomento furono raggiunte verso il 1893
e forse prima, giacché alla fine del 1892 in una lettera privata, scrisse:
<<Non c'è nevrastenia o nevrosi analoga che vada senza un disturbo della
funzione sessuale»,126 e in un'altra lettera del febbraio 1893 dette una com
pleta descrizione delle nevrosi d'angoscia. All'inizio del 1894 le conclusio
ni vennero formulate,127 e quindi pubblicate in un lavoro che usd nel gen
naio 1895, pochi mesi prima degli Studi sull'isterismo. Quella fu la pri
ma entrata indipendente di Freud nel campo della psicopatologia.
Come risultato delle sue osservazioni, Freud sosteneva che ogni qual
volta si può effettuare un approfondito esame del paziente, si trovano
fattori etiologici sessuali differenti in ciascuna delle due condizioni, distin
zione questa che secondo lui giustificava il fatto di tenerle separate. Nella
nevrastenia c'era sempre uno scarico inadeguato della tensione sessuale,
dovuto per lo più a una certa dose di autoerotismo. Fin dal 1892 egli
aveva affermato che «i disturbi sessuali costituiscono l'unica causa indi
spensabile della nevrastenia».128 Nel caso della nevrosi d'angoscia,129 in
vece, mancava qualunque scarico per una dose eccessiva di eccitazione ses
suale. Gli esempi più comuni di questo genere erano quelli della frustra
11 periodo di Breuer (1882-1894) 3II
zione consecutiva alla pratica del coitus interruptus e quella insita nel
fidanzamento delle coppie caste ma appassionate.
Loewenfeld, di Monaco, che aveva scritto lunghi lavori nel campo delle
psiconevrosi, pubblicò subito un attacco a queste conclwioni, criticando
l'interpretazione che Freud aveva tratto dalle sue osservazioni cliniche. Alle
obiezioni da lui sollevate, era facile rispondere, e Freud lo fece subito,
in modo cortese ma fermo, citando i prindpi etiologici vigenti negli altri
campi della medicina. Per esempio, nella tubercolosi si ha: l. la predispo
sizione, l'ereditarietà, ecc.; 2. il bacillo di Koch, fattore specifico, senza il
quale la malattia non si può stabilire, ma che può però esser presente
in piccola quantità senza che la malattia scoppi; 3. fattori favorevoli, come
influenza, ecc. Con la nevrosi d'angoscia ci troviamo in un caso analogo,
perché l'insorgenza dei disturbi dipende da un determinato modo di som
marsi dei vari fattori, purché tra questi agisca quello specifico sessuale.
Questo secondo lavoro è importante per il fatto che è l'unica risposta
polemica diretta che Freud rivolse alle critiche, in tutta la sua vita. Egli
era costituzionalmente molto contrario alle polemiche «scientifiche», e que
sto lo portò al punto di evitare le discussioni persino nelle riunioni scien
tifiche, dubitando del loro valore. Anche in seguito egli sostenne sempre
che i congressi psicoanalitici dovessero limitarsi alla lettura delle relazioni,
seguita dalla riflessione, dall' esperimento ed eventualmente dalla discussio
ne in privato. Il motivo che addusse nella sua replica a Loewenfeld fu il
rifiuto di ammettere l'idea che anni di paziente ricerca da parte sua po
tessero essere scambiati con una superficiale affermazione d'autorità. Anni
dopo Freud mi confidò che un'altra ragione - forse legata alla prima - era
il fatto che Loewenfeld fosse un amico che rispettava. Evidentemente il suo
sentimento era insorto perché era stato trattato da lui con tanta cortesia.
La loro amicizia comunque non fece che accrescersi, e anzi nove anni dopo
Loewenfeld affidò a Freud la stesura di un capitolo sul metodo psicoana
litico in un libro che stava scrivendo Psychische Zwangserscheinungen
(<<Fenomeni psichici compulsivi»). L'anno seguente poi Freud scrisse un al
tro capitolo per l'opera di Loewenfeld Sexualleben und Nervenleiden
(<<Vita sessuale e malattie nervose»), esponendo le sue idee sul valore del
la sessualità come fattore etiologico nelle nevrosi. Loewenfeld fu uno dei
pochi che assisterono al I Congresso Internazionale di Psicoanalisi nel 1908.
La spiegazione fornita da Freud dei dati clinici da lui raccolti ha un
grande interesse nei confronti del suo sviluppo personale. Egli era sem
312 Vita e opere di Freud
pre stato fortemente attratto dall'antico problema dei rapporti tra corpo
e mente, e fin dal principio aveva accarezzato la speranza di stabilire una
base fisiologica della funzione psichica, secondo i suoi diletti principi helm
holtziani. Come vedremo meglio in seguito, negli anni 1888-1898 attra
versò un periodo d'intenso conflitto, prima di decidersi ad abbandonare
l'idea di mettere in correlazione l'attività somatica con quella psichica. Eb
bene, nella sua teoria della nevrosi d'angoscia si può cogliere il primo ini
zio del suo conflitto circa tale argomento. Il punto era bene scelto, giac
ché pochi problemi sono cosi fondamentali per la questione dei rapporti
tra corpo e mente, come quello dell'angoscia.
La sua spiegazione era essenzialmente questa: quando la tensione ses
suale raggiunge un certo grado, essa determina nella mente il desiderio
sessuale o libido,130 con varie idee ed emozioni concomitanti. Se però que
sto processo viene ostacolato per qualche ragione, la tensione «si trasforma»
in angoscia. Nel 1892 egli aveva già formulato questo principio: «La ne
vrosi d'angoscia deriva in parte dall'inibizione della funzione sessuale.»181
Quest'altra frase si trova sottolineata nel suo primo lavoro: «II meccanismo
della nevrosi d' Qngoscia va cercato nella deviazione dell' eccitamento sessua
le somatico dal campo psichico, e in 1m imPiego anormale di esso, da tale
deviazione determinato.»132 Nel suo secondo lavoro questo è cosi espres
so: «La nevrosi d'angoscia è prodotta da qualcosa che stacca la tensione
sessuale somatica da quella psichica, e ne impedisce l'elaborazione in cam
po psichico.»133 Freud insisteva sul fatto che l'ansia è un effetto fisico di
questo stato di cose,134 e che né l'ansia in se stessa né alcuna delle sue com
ponenti somatiche (palpitazione, sudo razione, ecc.) sono suscettibili di un'a
nalisi psicologica.
Venendo a discutere perché il risultato del blocco suddetto dovesse es
sere proprio l'ansia, Freud sottolineava che le componenti somatiche di
essa (accelerazione del respiro, palpitazione, sudorazione, congestione, ecc.)
sono fenomeni che accompagnano il coito normale. In una lettera dell' an
no seguente egli osservò anche che l'ansia, essendo il risultato di un osta
colo nella respirazione - attività che non subisce alcuna elaborazione· psi
chica ~ potesse essere l'espressione di un cerIo accumulo di tensione fisica. 135
:e evidente, in tutto ciò, l'influsso della formazione iniziale di Freud.
Egli era sul punto di abbandonare la fisiologia e di enunciare i dati e le
teorie delle sue osservazioni cliniche in un linguaggio puramente psicolo
gico. Eppure in quelle che chiamava nevrosi attuali,138 egli vedeva la pos
Il periodo di Breuer (188z- I8 94) 313
lati· e riscoperti come sindromi. Spesso si insisteva sulla loro origine ses
suale!
Per tornare alle psiconevrosi, campo nel quale Freud afferrò per primo
l'importanza dei disturbi sessuali, si può essere certi che questo principio
si era venuto corroborando in lui grazie all'esperienza, già quattro o cin
que anni prima che egli lo esponesse pubblicamente. La prima occasione
in cui lo fece fu un lavoro dal titolo Le neuropsicosi di difesa, che compar
ve il 15 maggio e il IO giugno 1894, prima, di quello sulla nevrosi d'an
goscia. Freud vi esponeva le sue ipotesi in modo abbastanza dimesso, no
tando che nell'isterismo (delle donne) sono soprattutto le idee sessuali che
si mostrano inaccettabili per la personalità. Quanto alla nevrosi ossessiva
l'idea patogena, nella sua esperienza, era pur sempre sessuale, ma ci po
tevano anche essere casi d'altro genere che non fossero caduti sotto la sua
osservazione. Le idee sessuali non vengono specificate per nessuno dei due
tipi di psiconevrosi, sebbene esse vengano illustrate. Venne quindi un la
voro pubblicato in francese nel 1895 (Ossessioni e fobie): qui Freud in
tende per fobie solo le ramificazioni delle paure che si osservano nella
nevrosi d'angoscia, di cui aveva precedentemente sostenuto la specifica etio
logia. In questo lavoro egli è più positivo, e afferma che nella nevrosi os
sessiva le «idee sostituite» si riferiscono ad esperienze penose che l'indivi
duo si sforza di dimenticare.
Poco dopo, in quello stesso anno, Freud parlò al Doktorenkollegium di
Vienna sull'isterismo per ben tre sere (14, 21 e 28 ottobre). Il lavoro,
intitolato Ober Hysterie comparve per esteso nel «Wiener klinische Rund
schau»,148 ma Freud non l'ha mai incluso nelle sue opere complete. Nelle
lettere a Fliess (20 e 31 ottobre) dice che era stato ben accolto e che ave
va esposto l'argomento in modo «molto sfacciato», ed era certamente sin
cero. Eccone un esempio: «Negli uomini precedentemente sani la nevrosi
d'angoscia deriva dall'astinenza, nelle donne si verifica quasi sempre per il
coitus interruptus.» La seconda conferenza, dedicata sopra tutto all'argo
mento della «rimozione», sosteneva che «ogni isterismo dipende dalla ri
mozione, e vi è sempre un contenuto sessuale». Freud dichiarò pure che
l'ipnosi poteva essere scartata nella cura degli isterici.
L'anno seguente (1896) vi fu un ulteriore sviluppo di queste idee. In
marzo· comparve nella «Revue Neurologique» il quarto dei suoi lavori in
francese. Esso è fondamentalmente volto a sfidare l'opinione prevalente in
Francia, che l'eredità sia la causa principale di ogni nevrosi; Freud vi so
Il periodo di Breuer (J 882-J 894) 317
Il lavoro contiene però due punti particolari, uno positivo e l'altro ne
gativo. Quello positivo è il primo riferimento al tema della seuualità in
fantile. Freud scrive: «Abbiamo assolutamente torto ad ignorare la vita
sessuale dei bambini. Secondo la mia esperienza essi sono capaci di tutte
le attività psichiche e di molte di quelle fisiche. CosI come l'intero appa
rato sessuale dell'uomo non si limita ai genitali esterni e alle due ghiandole
riproduttive, la sua vita sessuale non comincia solo con l'inizio della pu
bertà, come può sembrare ad una osservazione superficiale.»153 Da questo
passo isolato che è modificato da altri contigui, si potrebbe frettolosamente
concludere che Freud avesse afferrato completamente, fin da allora, l'intero
concetto della sessualità infantile, ma era tutt' altro che cosI, come vedre
mo nel capitolo XIV.
Il secondo punto consiste nel fatto che, pur senza smentire affatto la
teoria della seduzione nell'isterismo - tema che lo aveva specialmente preoc
cupato nei tre anni precedenti, e che non molto tempo prima aveva rappre
sentato un caput Nili della neuropatologia -, Freud non vi fa alcun ac
cenno. Evidentemente doveva essere accaduto qualcosa di molto importante.
Eccoci giunti a una delle grandi tappe del nostro racconto. Freud aveva
scoperto una parte del significato della fantasia. 1S4
Due anni prima egli aveva espresso l'opinione che i racconti di violenza
carnale fatti spesso dalle isteriche adulte fossero invenzioni che avevano i
loro punti di partenza nelle tracce mnemoniche del trauma sofferto nel
l'infanzia. 155 Nella primavera del 1897 però egli si riconfermò nella sua
convinzione della realtà di tali traumi, tanto si era impresso in lui l'inse
gnamento di Charcot sulle esperienze traumatiche, e tanto era fedele la
loro ricostruzione attraverso l'analisi delle associazioni dei pazienti. A quel
l'epoca nuovi dubbi cominciarono ad insinuarsi in Freud, sebbene egli non
vi facesse alcun accenno nei resoconti dei suoi progressi che spediva rego
larmente al suo amico Fliess. Poi, improvvisamente, decise di confidare al
l'amico «il grande segreto di qualcosa che è sorto progressivamente in me
negli ul.timi mesi».156 Si trattava della terribile verità che - non tutte _
ma la maggior parte delle seduzioni infantili che i suoi pazienti gli ave
vano rivelato e sulle quali egli aveva edificato per intero la sua teoria
dell'isterismo, non erano mai accadute. Fu un punto decisivo della sua
carriera scientifica, che mise a estrema prova la sua onestà, il suo coraggio
ed il suo acume psicologico. Adesso egli doveva provare se il suo metodo
320 Vita e opere di Freud
psicologico, sul quale aveva fondato ogni cosa, era degno di fiducia op
pure no. Fu allora che Freud si drizzò in tutta la sua statura.
La lettera del 21 settembre 1897, in cui dette a Fliess quella notIzia
è forse la più preziosa di tutta quella preziosa raccolta tanto fortunata
mente conservata. In essa Freud dava quattro ragioni dei suoi crescenti
dubbi. Prima di tutto il disappunto, spesso ripetutosi, di non esser riu
scito a condurre le sue analisi ad una vera e propria conclusione: i risul
tati erano imperfetti sia dal punto di vista scientifico che da quello tera
peutico. In secondo luogo il suo stupore per essere chiamato a credere
che tutti i padri dei suoi pazienti fossero dediti a perversioni sessuali; un
comportamento del genere avrebbe dowto essere molto più frequente del
l'isterismo, dato che vari fattori concomitanti sono necessari per produrre
quest'ultima malattia. In terzo luogo egli aveva chiaramente percepito
che nell'inconscio non esistono criteri di realtà, e perciò la realtà non può
esser distinta dalla finzione emotiva. In quarto luogo infine veniva la con
siderazione che quei ricordi non emergevano mai nei deliri, neanche nelle
. . ., .
pSICOSI plU gravI.
Sebbene nei mesi precedenti Freud si fosse messo a studiare intensamen
te le fantasie sessuali riguardanti la fanciullezza, egli si era contempora
neamente riconfermato nella sua fede nella realtà delle seduzioni. Rinun
ciare a questo concetto dev' esser stato un grande sforzo, ed è oltremodo
probabile che ii fattore decisivo sia stato proprio la sua autoanalisi, che
aveva intrapreso nel giugno di quello stesso anno. Non c'è da meravi
gliarsi del fatto che egli abbia dowto correre a Berlino ad abboccarsi con
il suo mentore, sia pure per ventiquattro ore appena.
La lettera a Fliess continua su un tono di sincera eccitazione, anche se
Freud riflette tristemente sul fatto che, dovendo ormai rinunciare alla chia
ve per forzare i segreti dell'isterismo, le sue speranze di fama e di suc·
cesso professionale sono crollate. «Invece di dire come Amleto "Essere
pronto", ecc., dirò '''Essere contento è tutto". Mi dovrei sentire molto in
soddisfatto. La speranza di una fama durevole, la certezza del benessere
e di una completa indipendenza, il pensiero di risparmiare ai miei figli
le dure preoccupazioni che mi hanno privato della mia giovinezza: era
un gran bel miraggio. Tutto dipendeva dalla risoluzione dei problemi del
l'isterismo. Ora posso tornare tranquillamente una volta di più alle preoc
cupazioni quotidiane e alle economie.»
Nel 1914 Freud descrisse cos1 il momento di questa scoperta: «Quando
Il periodo di Breuer (1882-1894) 321
11 . I
Note
che era un tipo molto volubile e nevrotico, e forse bevitore. Anche se relativa,
fu per Freud una soddisfazione.
21. Auto., p. 25.
22. Pp. 1635-38.
23. Pp. 1674-76.
24. Auto., p. 26.
25. Anf., p. 63.
26. Bf. (7).
27. T. Meynert, Beitrag zum VerJtandnÌJ der traumatiJChen Neu,oJe, «Wie
ner klinische Wochenschrift», 14, 20, 27 giugno 1889.
28. Charcot, PoliklinÌJche Vortrage, Vienna 1892, p. 100.
29. Meynert, op. cit., p. 501 n.
30. Anf., p. 85.
31. Ibid., p. 65.
32. Ibid., p. 68.
33. Charcot, op. cit., p. 268 n.
34. Auto., p. 22.
35. «Neurologisches Centralblatt», 1895, p. 935.
36. Anf., p. 145.
37. M., 19 aprile 1886.
38. Ibid., 3 maggio 1886.
39. Lettera di Martha Freud a sua madre, 16 ottobre 1886.
40. W. Erb, Handbuch der Elektrothe,apie (1882).
41. Auto., p. 33.
42. Ibid., pp. 26, 27.
43. G. W., X, 46.
44. Anf., p. 61.
45. M., 23 giugno 1885.
46. Ibid., 5 giugno 1886.
47. «Wiener medizinische Wochenschrift», XXXIV (1889), p. 687.
48. Frase identica a quella che il professore Hoche di Friburgo avrebbe usa
to venti anni dopo a proposito della psicoanalisi.
49. Egli approvò e applicò la cura del riposo di Weir Mitchell.
50. Cioè Meynert.
51. «Wiener medizinische Wochenschrift», XXXIV (1889), p. 1908.
52. M., 26 novembre 1883.
53. Ibid., 2 gennaio 1884.
54. V. p. 288.
55. M., 3 maggio 1886.
56. Auto., pp. 29, 30.
57. 1888, p. 898.
58. Anf., pp. 61, 62.
59. Ì! stata pubblicata una traduzione inglese di quell'opera (C.P., V).
60. Il dr. Ludwig ]ekels mi comunica che, in occasione della lettura di un
Note
154. Penso che a questo proposito Kris tenda a confondere le fantasie sut
t'infanzia con le fantasie nell'infanzia (Anf., p. 230 n. t.).
155. G.s., I, 365 n.
156. Anf., p. 229.
157. G.W., X, 56. _
158. Per paura che le figlie dei filistei ne gioiscano!
XII. La psicopatologia del primo periodo (1890-1897)
A partire dal 1890 Freud dovette rinunciare per alcuni anni a qualunque
lavoro' di laboratorio in istologia nervosa. D'altra parte la neurologia cli
nica non dovette mai interessarlo veramente, sebbene fosse divenuto un
neurologo competente. Per fortuna la pratica privata, sulla quale doveva
contare per vivere, gli procurava, come sempre avviene, molti pazienti ne
vrotici: i problemi che essi presentavano risvegliarono ben presto la sua
attenzione, e attirarono il suo interesse ogni giorno di più. .:e vero che la
posizione ufficiale di Freud come capo del reparto neurologico dell'Istituto
Kassowitz l'obbligava a svolgere un certo lavoro di ric,erche in quel campo,
e che le sue pubblicazioni sulle paralisi infantili, tra il 1891 e il 1897,
rappresentano validi contributi alle nostre conoscenze sull'argomento, ma
in realtà egli non ebbe mai troppa passione per quell'attività, che anzi
col passare del tempo gli divenne sempre più antipatica. In un certo senso
Freud non considerò mai «scientifica» la neurologia clinica, e sperò sem
pre di poter tornare al suo vero lavoro «scientifico». Ciò che intendesse
esattamente con questa parola non è sempre chiaro, ma è certo comunque
che secondo lui l'anatomia del cervello occupava un posto molto elevato.
«Scientifico» non significava solo «ricerca originale», ma qualcosa di più
fondamentale, probabilmente qualunque ricerca che potesse gettar luce sul
la natura umana, sui rapporti tra corpo e mente e sul modo in cui l'uomo
è pervenuto allo stato di animale cosciente.
L'unico lavoro neurologico di cui Freud aveva un buon concetto era
quello sull'afasia, e poiché il linguaggio è l'unica funzione che possa far
intravvedere un legame tra mente e cervello (dopo che Broca ne scoprl
la localizzazione nel lobo frontale) si può ben comprendere !'interesse par
ticolare di cui Freud lo circondava. '
La psicopatologia del primo periodo ( 1890- 1897) 329
Da un lato non c'è dubbio che egli si fosse molto eccitato nello scoprire
che i fattori sessuali svolgono un ruolo essenziale nel determinismo delle
nevrosi - sottolineo «essenziale» perché il ruolo di fattori occasionali è
stato frequentemente ammesso - e che una delle sue ambizioni principali
fosse quella di completare nei minimi particolari la sua teoria della libido
per spiegare le nevrosi. D'altro lato però le sue descrizioni delle attività
sessuali sono puri elenchi di fatti, al punto che molti lettori le hanno
trovate quasi aride e totalmente mancanti di vita. Per quanto sapevo di
lui, direi che Freud metteva un interesse personale minore della norma
in quello che rappresenta spesso un argomento allettante: egli non provava
nessun piacere e nessun gusto a parlare di questioni sessuali. Si sarebbe
anzi trovato fuori posto nelle sale dei soliti club, perché raccontava storielle
sporche assai di rado, e comunque solo quando si prestavano come esempio
di un'asserzione più generale. Freud ha sempre dato l'impressione di una
serietà fuori del comune - non sarebbe esagerato definirla «puritana»
e tutto quello che sappiamo del primo periodo della sua evoluzione con
ferma questo modo di vedere.
Si può quindi ben comprendere la sua sorpresa quasi ingenua nel vedere
quale fredda accoglienza facesse seguito all'annuncio delle sue scoperte.
«Dapprima non avevo capito la particolare natura di ciò che avevo scoperto.
Senza neanche pensarci, sacrificai la mia fama di medico a questo principio,
e con le mie inchieste circa l'azione dei fattori sessuali nell'eziologia delle
nevrosi mi preclusi lo sviluppo di una numerosa clientela privata di
malati di nervi; ne ricavai però un gran numero di fatti nuovi, che con
fermarono esattamente la mia convinzione dell'importanza pratica del fat
tore sessuale. In tutta buona fede parlai davanti alla Società di Neurologia
di Vienna, allora presieduta da Krafft-Ebing, aspettandomi di risvegliare
l'interesse ed il riconoscimento dei miei colleghi per le perdite materiali
cui ero andato volontariamente incontro. Trattai le mie scoperte come nor
mali contributi scientifici e speravo di venire abbordato nello stesso spirito,
ma il silenzio con cui furono accolte le mie affermazioni, il vuoto che si
formò intorno a me, le insinuazioni che mi giunsero, mi fecero capire a
poco a poco che non si poteva pretendere che le opinioni sul ruolo della
s~ss~alità . ne~l'e,tiologia delle n~vro~i venissero accolte alla stessa stregua
di Clvel~IOO1 d altro genere. MI resI conto che da allora in poi avrei fatto
parte di coloro che "hanno rubato i sonni del mondo" , come dice Hebbel ,
e che non avrei potuto fare assegnamento sull'obiettività e la tolleranza.
332 Vita e opere di Freud
Già nel primo anno o due di pratica, cioè ai primi contatti con i pro
blemi delle nevrosi, Freud cominciò ad appassionarsi all'argomento. Nel
1887 disse che stava progettando una monografia dal titolo CaratterÌJtiche
generali delle affezioni isteriche, ambizione indubbiamente notevole per un
principiante. li Nel febbraio successivo accennò al fatto che un primo ab
bozzo del lavoro era già pronto,6 invece il libro non fu mai stampato e
disgraziatamente Freud non ne conservò nemmeno il manoscritto. 7 Pro
babilmente si era reso conto di quanto un progetto del genere fosse pre
maturo.
Fliess ha conservato tuttavia un lungo saggio e quattordici manoscritti
inviatigli di tanto in tanto da Freud per tenerlo al corrente dei progressi
che andava facendo in psicopatologia. Essi sono stati pubblicati tutti 8 e
costituiscono un valido complemento alle opere stampate di Freud, in
quanto ci permettono di avere un'idea del graduale svolgersi delle sue idee.
Già nel lavoro sulle paralisi isteriche, del 1893, si trovano, accanto alle
idee di ordine più tecnico-diagnostico, due idee generali di ordine psico
patologico. Quando si usa l'espressione «affezione funzionale della cortec
cia», come qualche neurologo ancora fa, un patologo immagina una lesione
passeggera e localizzata, magari invisibile dopo la morte. Lesioni simili pos
sono essere prodotte dall' edema o dall'anemia, per cui una paralisi isterica
di un braccio potrebbe essere determinata ad esempio dall'interessamento
del centro del braccio, situato in prossimità della scissura di Rolando. Freud
La psicopatologia del primo periodo (1890-1897) 333
combatté una simile idea con energia e chiarezza, e avendo dimostrato che
una paralisi isterica differisce nettamente da. una paralisi organica per il
fatto che la sua distribuzione non rispetta le condizioni anatomiche ma
corrisponde al concetto psichico di «braccio», affermò che l'unica spie
gazione possibile di tale fatto era questa: il concetto di «braccio» do
veva essere stato escluso dal resto della coscienza. Era una questione di
interruzione delle associazioni mentali. Nei contributi che seguirono subito
dopo, Freud esaminò le ragioni di questo fatto, e suggerl fin da allora
che esso fosse dovuto ad una eccessiva saturazione affettiva di qualche
idea connessa con quella del braccio, che occupava l' «affinità associativa»
di quest'ultima, impedendone cosi l'accesso alle associazioni coscienti in
generale ed alla volontà. Nel suo insieme l'argomento costituisce una vera
e propria continuazione dell' «antilocalizzazione» sostenuta da Freud nel
libro sull'afasia.
Nel corso di quello stesso anno era già comparsa la comunicazione preli
minare scritta in collaborazione con Breuer, che contiene la ben nota affer
mazione che «i pazienti isterici soffrono sopra tutto per le reminiscenze».
Si continua a sostenere l'idea - desunta da Charcot - che un trauma
psichico determini i sintomi isterici, ma si precisa che la causa efficiente
non è il trauma in sé, ma il suo ricordo. Il trauma non è un fattore sca
tenante o precipitante, ma ricorda piuttosto - nella sua traccia mnemo
nica - un corpo estraneo che continui ad irritare la mente. Negli Studi
sull'isterismo9 Freud corresse poi tale analogia: «L'organizzazione pato
gena non si comporta proprio come un corpo estraneo, ma piuttosto come
un infiltrato, e in tale paragone la resistenza corrisponde al materiale in
filtrante. La terapia quindi non consiste nell'asportare qualcosa - in quanto
ormai è impossibile - ma nell'eliminare la resistenza e aprire cosi una
strada alla circolazione in un territorio finora vietato.» In seguito Freud
colse anche ùn certo numero di analogie fra psicoterapia e chirurgia. lO
Tutti questi concetti sono legati agli esperimenti pratici di catarsi di
Freud e di Breuer. Binet aveva già osservato che la terapia suggestiva è
più efficace quando l'attenzione del paziente viene fatta convergere sul
~omento in cui il sintomo ha fatto la sua prima apparizione, ma prima
d! Breuer nessuno aveva messo in rapporto questa rievocazione con il
fenomeno della abreazione. Negli Studi sull'isterismo gli autori sottolinea
~an~ che la semplice riesumazione del ricordo, priva di abreazione affettiva,
e di scarso valore terapeutico, e si addentravano nella discussione della
334 Vita e opere di Freud
:e bene rendersi conto non solo del fatto che Freud si interessava alla
psicopatologia perché questa gli avrebbe offerto nuove vie d'accesso alla
psicologia, ma anche del fatto che le sue teorie psicopatologiche furono
intessute fin dagli inizi di prindpi generali e di assunti di ordine psico
logico. Questo risulta chiaramente dal «Manoscritto D» (primavera del
1894) della corrispondenza con Fliess, nel quale il meccanismo delle ne
vrosi è intravvisto nei termini della «teoria della costanza» applicata sia
alla psiche che al cervello.~ L'esposizione delle teorie psicopatologiche freu
La psicopatologia del primo periodo ( 1890- 1897) 337
Qui troviamo dunque, citati per la prima volta, due meccanismi psichici
che da allora sono divenuti altrettanti costituenti importanti di ogni teoria
psicoanalitica: le nozioni di «formazione di compromesso» e di «ritorno
del rimosso». In un manoscritto spedito a Fliess un anno dopo (25 maggio
1897) Freud usò il termine «compromesso-spostamento» e descrisse le varie
forme assunte da tale meccanismo in diverse condizioni: nell'isterismo lo
spostamento segue una via qualunque di associazione contigua, nella ne
vrosi ossessiva esso segue la via dell'associazione per somiglianza delle idee,
nella paranoia infine segue connessioni causali.
A questo stesso proposito notiamo due importanti affermazioni: 1. che
la rimozione è effettuata dall'Io, e 2. che non solo la traccia mnemonica
originale, ma gli stessi rimorsi, cioè i derivati della coscienza, possono
essere rimossi. 32 Per molti anni in psicoanalisi si è tenuto scarso conto di
quest'ultima considerazione, e ci si è preoccupati di scoprire il contenuto
sessuale delle idee rimosse. Non può sorprendere perciò che per molto
tempo il pubblico abbia creduto che l'inconscio, secondo la psicoanalisi,
sia pieno di idee sessuali, vera cloaca di nefandezze. Fu solo quando Freud
studiò il super-Io, un quarto di secolo più tardi, che l'equilibrio fu rista
bilito: allora si poté dire che l'inconscio conteneva sia gli elementi umani
«più alti» che i «più bassi».
Nella nevrosi ossessiva vanno distinte due forme primarie: una in cui
il rimorso, spostato dalla sua idea originale, converge su un'altra, associata,
e di contenuto non più sessuale; un'altra in cui la carica affettiva del
rimorso stesso si è trasformata in qualche altro tipo di affettività, in ge
nere in angoscia morbosa. Freud elenca una serie di questo secondo tipo
di forme.
Una terza forma di nevrosi ossessiva è caratterizzata da sintomi di difesa
Iecondari, cioè da misure protettive di vario tipo che, quando sono efficaci,
assumono l'aspetto, di coazioni. Ne risultano allora azioni ossessive, apo
tropaiche.
. Il lavoro in. questione terminava con un elenco delle analogie e delle
differenze tra I meccanismi della paranoia e quelli della nevrosi ossessiva,
ch~ costitu.iva l'esordio di Freud nel campo delle psicosi. Dopo aver di
chlarat? di avere studiato molti altri casi del genere, Freud analizzava
dettaglIatamente un caso di paranoia cronica in una donna di trentadue
anni: 33 • E~li in~isteva più di tutto sul fatto che il rapporto tra sintomi e
pensierI rImOSSI era cos1 evidente da giustificare il tentativo di interpretare
34° Vita e opere di Freud
ancora che l'erronea base di una simile distinzione fosse esposta da Trotter
e Davies.
L'ultimo importante lavoro dei tre precedentemente citati, pubblicato nello
stesso mese di quello che abbiamo or ora considerato, esponeva le opinioni
maturate da Freud e da lui espresse davanti alla Società di Psichiatria e
Neurologia nel maggio 1896. Egli cominciava col sottolineare che l'origine
di ogni sintomo isterico può essere accettata come tale solo se soddisfa due
condizioni: deve possedere un carattere determinante sufficiente e la potenza
traumatica necessaria. Illustrava quanto sopra con l'esempio del vomito iste
rico dovuto a qualche esperienza capace di evocare la nausea. Esso è diffi
cile da spiegarsi con una storia di incidente ferroviario, che può soddisfare
la seconda condizione ma non la prima, come pure con il fatto di aver
mangiato un frutto marcio, che può soddisfare la prima condizione ma non
la seconda. La maggior parte delle esperienze alle quali risale la comparsa
dei sintomi soddisfano l'una o l'altra delle due condizioni, raramente en
trambe, e abbastanza spesso nessuna delle due. In tali circostanze neanche
il risultato terapeutico è soddisfacente.
Questa è un'altra di quelle situazioni in cui un altro uomo si sarebbe
scoraggiato o avrebbe mandato all' aria il lavoro. Invece un certo intuito,
basato presumibilmente sulla sua fede nel determinismo delle associazioni
mentali, gli disse che la difficoltà della situazione poteva dipendere dal fatto
che lo studio dei malati era stato incompleto e che i ricordi ottenuti erano
di quel tipo che Freud avrebbe poi definito «ricordi di copertura», dietro
i quali si nascondono quelli importanti, ancora sepolti. Questa supposizione
si rivelò corretta, e da un esame più approfondito emersero tre fatti: 1.
nessun caso d'isterismo si origina da un'unica esperienza; si tratta di una
collaborazione tra il ricordi (iperdeterminismo); questo veniva sostenuto come
regola assoluta; 2. le esperienze significative sono invariabilmente di natura
sessuale e si verificano nella prima infanzia; questo è il primo lavoro in
cui Freud parla della vita sessuale infantile; 3. la catena di associazioni è
di una complessità quasi incredibile; Freud la paragonava ad un albero
genealogico che contenga molti matrimoni fra consanguinei.
La cosiddetta esagerazione delle emozioni isteriche è quindi solo appa
rente: se si risale alla loro origine esse risultano adeguate e comprensibili.
Freud osservava pure di aver raggruppato insieme l'isterismo e le altre
nevrosi ossessive come «nevrosi di difesa» prima ancora di avere capito
la loro etiologia comune nell'infanzia.
La psicopatologia del primo periodo ( 1890- 1897) 343
mula, e che la fase dello sviluppo sessuale contava ancora di più. Que
st'ultima idea assunse una forma più definita negli anni successivi, ma
intanto era chiaro che le psiconevrosi in senso stre~to erano connesse con
la libido allo-erotica, la paranoia invece con quella auto-erotica.
In una lettera del 18 novembre 1887 Freud analizzò lucidamente il vero
significato che hanno nelle nevrosi i fattori contemporanei, i quali sono
stati oggetto di numerosi equivoci, per esempio nel caso di Jq,ng. Freud
affermava che la nevrosi scoppia solo quando la libido aberrante (deviata
attraverso le esperienze precoci) si fonde con motivi che hanno un valore
contemporaneo. Si tratta di un primo abbozzo del concetto che Freud defini
in seguito sekundiirer Krankheitsgewinn (conquista secondaria della ma
lattia).
Quanto alla spiegazione del perché i ricordi di esperienze precoci siano
patogeni per alcuni individui e non lo siano per altri, si tratta di un pro
blema connesso con il particolàre processo della «rimozione» e con le
caratteristiche delle idee inconsce, argomenti che appartengono piuttosto alla
psicologia che alla patologia.
Un riassunto cos1 conciso non può dare che una minima idea dell'attività
di pensiero che Freud svolse durante quegli anni. Il suo cerveUo non fu
mai tanto attivo come in quel periodo, proprio perché egli non partì da
nessuna teoria psicologica definita, ma lottò continuamente per liberarsi daUe
concezioni semplicistiche che gli erano state inculcate, o almeno per conci
liarle in qualche modo con il panorama più dinamico che gli veniva offerto
dalla vita dei suoi pazienti. Il passaggio dalla fisiologia alla psicologia signi
ficò molto più che un cambiamento di punti di vista, puramente intellet
tuale: esso annunciò un'avanzata verso profondità del proprio essere che
erano rimaste nascoste per molti anni. La lotta deve essere stata titanica.
Note
1. G.s., I, 435.
2. Studien, p. 258.
3. G. W., II-III, 613.
4. lbid., X. 60.
5. Anf., p. 62.
6. lbid., p. 63.
7. Freud aveva l'abitudine di non conservare quasi mai i suoi manoscritti.
8. Anf.
9. Studien, p. 255.
su Breuer che dimostrano come Freud covasse su di lui critiche più ener
giche di quanto si sia generalmente creduto: nei suoi scritti infatti Freud
era sempre stato studiatamente «corretto» e persino generoso in ogni rife
rimento al suo ex amico e sovvenzionatore.
La corrispondenza mette in luce importanti aspetti marginali della per
sonalità di Freud in quegli anni, quello che gli piaceva e non gli pia
ceva, le sue ambizioni e delusioni scientifiche, i suoi sforzi e difficoltà,
e il suo bisogno di avere un amico che lo sostenesse in quel momento.
Essa illumina soprattutto il tipo del lavoro intellettuale di Freud, e lo
sviluppo empirico - spesso involuto - delle sue idee, e ci rende possibile
non solo di seguire l'ordine di questo sviluppo e di localizzarne nel tempo
le varie fasi, ma anche di seguire in dettaglio i suoi continui tentativi,
spesso frustrati e spesso mal diretti, per riuscire a percepire chiaramente
le leggi connesse ai misteriosi processi che si svolgono nelle profondità
della mente. A questi sforzi costanti si accompagnano stati d'animo mute
voli, ora di esultanza, ora. di scoraggiamento, ma mai di disperazione. La
decisione di Freud di perseverare malgrado tutte le difficoltà, non venne
mai meno. E alla fine egli risolse queste e molte altre difficoltà personali
mediante la notevole impresa di portare a termine, con l'aiuto della sua
nuova tecnica, un'autoanalisi, di cui queste lettere contengono importanti
particolari.
Per capire che cosa legasse così strettamente Freud a Fliess è necessario
sapere qualcosa di quest'ultimo (1858-1928). Egli aveva due anni meno di
Freud; era specialista delle malattie del naso e della gola e praticava la sua
professione a Berlino. Tutti quelli che lo conobbero, ad eccezione dell' equa
nime Karl Abraham, che non si lasciò impressionare, definirono «affasci
nante» la sua personalità. Era un parlatore brillante e interessante, di
qualunque soggetto si trattasse, ma forse la sua caratteristica principale era
una incoercibile passione per la speculazione e conseguentemente una fede
incrollabile nelle sue fantastiche idee, con un rifiuto dogmatico a criti
carle - tratto che portò infine alla rottura della sua amicizia con Freud.
I suoi interessi scientifici si estendevano assai al di là del suo campo
specifico, soprattutto in medicina e in biologia. Fu proprio questa vastità
d'interessi che attrasse Freud e che sembrò dapprima coincidere con la sua.
Fliess partI da due semplici fatti sui quali poi costrui un'immensa sovra
struttura di ipotesi. Essi erano: 1. che le mestruazioni ricorrono una volta
al mese, e 2. che c'è un rapporto tra la membrana mucosa del naso e l'at
11 periodo di Fliess (J887-J902) 3S3
12 - I
354 Vita e opere di Freud
mente maturando e divenne intima a partire dal 1893, con una corrispon
denza regolare. In un paio d'anni l'iniziale intestazione «Stimato Amico»
fece posto a «Carissimo amico»; nel 1892 il formale Sie (Lei) fu sosti
tuito da un familiare Du (tu), infine dopo altri due anni furono l'uno
per l'altro Wilhelm e Sigmund. Freud avrebbe voluto chia~are Wilhelm
uno dei due ultimi figli, ma per fortuna nacquero due ferrumne .
. Anche se parleremo qui dell'innegabile attrazione personale tra i due
uomini, è importante ricordare che molti altri legami oggettivi di vero
interesse li univano. Per cominciare, la loro posizione nella vita era molto
simile. Giovani medici specialisti, appartenenti al ceto medio ebraico, mira
vano entrambi ad assicurarsi una clientela e a mantenere una famiglia.
Quanto a questo, per Fliess le cose furono assai più facili, sia perché
aveva sposato una donna ricca, sia perché nella più libera Berlino il lavoro
professionale era più fruttuoso. Nell'ottobre 1892 egli sposò una paziente
di Breuer, Ida Bondy, ed ebbe tre figli nello stesso periodo in cui Freud
ne ebbe sei. Il fatto che la moglie fosse viennese gli dette l'occasione
di andare a Vienna e d'incontrarvi Freud.
Entrambi avevano ricevuto un'educazione umanistica e potevano permet
tersi di far riferimenti sia alla letteratura classica che a quella moderna.
Freud citava sempre Shakespeare e raccomandava Kipling (specialmente
The light that fai/ed e The Phantom Rickshaw), mentre Fliess in risposta
raccomandava i racconti di Conrad Ferdinand Meyer, il famoso scrittore
svizzero. Freud li lesse e ne fu affascinato, tanto che fece persino osser
vazioni psicoanalitiche su due di essi e commenti analitici sull'autore.
Sappiamo anche delle letture di archeologia e preistoria di Freud, e il suo
entusiasmo quando venne a conoscenza della scoperta di una civiltà cre
tese sepolta a Cnosso, da parte di Sir Arthur Evans. Quando egli cominciò
a collezionare antichità - la sua unica originalità - non incontrò l'ap
provazione di Fliess: evidentemente l'interesse di Freud per il passato
era maggiore di quello del suo amico.
La loro formazione scientifica era molto simile, quasi identica. Anche
Fliess era cresciuto nell'insegnamento della scuola di fisica e fisiologia di
Helmholtz, che si espandeva da Vienna a Berlino, ed infatti nel 1898
egli mandò a Freud come dono natalizio i due volumi delle lezioni di
Helmholtz. Prenderemo appunto in considerazione la portata di questa
educazione comune sulle mire e sulle prospettive scientifiche dei due uo
mini.
356 Vita e opere di Freud
Abbiamo visto che Freud era dotato di una sacra passione per il· sapere.
Quale sapere di' preciso egli ambisse conquistare, è un'altra faccenda: per
il momento bas~erà ricordare queste parole: «L'origine e la natura del
l'umanità: come sono giunti gli esseri umani ad essere quel che sono, e cosa
sono effettivamente?» Due sue frasi, che risalgono entrambe al 1896, in
sistono su questo punto: «Ben al di là di queste considerazioni (di psico
patologia] si nasconde il mio ideale e il mio difficile rampollo, la meta
psicologia» (12 dicembre). «Vedo che per la via indiretta della medicina
stai raggiungendo il tuo ideale supremo, quello di capire gli uomini da
fisiologo, proprio come me, che nutro la speranza di giungere per la stessa
via alla mia meta originaria, l~ filosofia. ì stata questa la mia prima meta,
fin da quando non sapevo perché stessi al mondo» (1 o gennaio).
Freud non aveva fiducia nelle teorie filosofiche e nella speculazione
alle quali pure negli ultimi tempi tentò di dare un significato - forse per
ragioni personali e insieme intellettuali. Si potrebbe persino dire che le
temesse, e comunque era costretto a tenere a freno le sue tendenze in
proposito, tanto è vero che scelse il metodo più efficace per riuscirvi: una
disciplina scientifica. Finché però il suo essere non poté accettarla perfet
tamente, egli ebbe bisogno di qualcuno che lo costringesse a farlo. Di
quanti scelse, Briicke fu senza dubbio quello che ottenne di più, e per
questa ragione gli anni trascorsi nel suo laboratorio, il luogo che Freud
era cosi riluttante a lasciare, furono tra i più felici e spensierati della sua
vita. Nel linguaggio degli anni successivi Freud avrebbe detto che in questo
caso il controllo del suo super-Io aveva pienamente funzionato. Non stu
pisce quindi più che quando questo sostegno gli venne meno, egli si
sentì come alla deriva.
Secondo me la spiegazione della strana «dipendenza» che Freud ma
nifestò di tanto in tanto per lunghi anni, è proprio questa. La completa
dipendenza che - se pure in diminuendo - egli manifestò nei riguardi di
Fliess fino a 45 anni, ha quasi l'aspetto di un'adolescenza ritardata, pur
essendo esattamente l'opposto del tipo di dipendenza più comune, cioè
quella per cui una natura debole e sprovvista si aggrappa per sostenersi
a un'altra più forte. La devalorizzazione delle proprie capacità e dei risul
tati raggiunti, che risuonano tanto spesso nella corrispondenza con Fliess,
non derivano da una debolezza intima di Freud, ma da una terribile forza
contro la quale si sentiva incapace di lottare da solo. Ecco perché era ne
cessario che egli rivestisse Fliess di ogni sorta di qualità immaginarie:
Il periodo di Fliess (1887-190Z) 3S9
tifica». Fin qui pareva che egli potesse essere un degno successore di Breuer,
rispetto al quale però aveva due inestimabili pregi, cos1 grandi da renderlo
quasi l'idealizzazione di Breuer, con, in più, tutte le qualità che Freud si
sarebbe potuto augurare di trovare in Breuer.
Il pregio più evidente era che Fliess, lungi dall'eludere i problemi ses
suali, ne aveva fatto il nucleo del suo lavoro. Non solo la sua sindrome,
qualora di natura funzionale, era dovuta a disturbi sessuali, ma i suoi «pe
riodi sessuali», uno maschile e l'altro fenuninile, dovevano addirittura spie
gare tutti i fenomeni della vita e della morte. Freud stava trasformando
la sua teoria della libido in una spiegazione sempre più ampia dei processi
mentali sia normali che patologici e cos1 - sebbene le due teorie fossero
destinate a opporsi in pieno - sembrò per un certo tempo che esse esplo
rassero a braccetto il territorio proibito. Proprio in questo stava la fun
zione di collaboratore e di mentore scientifico di cui Freud aveva tanto
bisogno.
Anche in questo campo tuttavia, Freud tenne sempre i piedi sulla terra
più di Fliess. Per sessualità, Freud intendeva veramente la sessualità, in
tutti i suoi bizzarri aspetti, mentre per Fliess sembrava che essa signifi
casse poco più che numeri magici. I critici di Fliess mossero obiezioni alla
sua numerologia, e non - come avrebbero potuto fare - al suo «panscs
sualismo», cosicché, mentre per il mondo Fliess poteva apparire matto,
fu solo Freud ad essere veramente vituperato.
Il secondo pregio di Fliess rispetto a Breuer riguardava il temperamento.
Nel lavoro, Breuer era riservato, contrario a qualsiasi generalizzazione, rea
lista e soprattutto incerto nella sua ambivalenza. Fliess invece aveva un'e
norme fiducia in se stesso, era espansivo, sottoponeva senza esitazione le
sue generalizzazioni ai voli più arditi e sguazzava con grazia, disinvoltura
e contagiosa soddisfazione nell'empirismo delle sue idee.
Si poteva dunque impunemente lasciare libero il daemon, -se a guidarlo
era uno che credeva nella fisica e agiva per simboli matematici. Il lato
creativo di Freud era appunto la sua primitiva passione di dominare, che
si era completamente trasformata nell'appassionato desiderio di scoprire i
segreti della vita umana, desiderio cos1 impellente, talvolta, da cercare sfogo
attraverso le infide scorciatoie della speculazione filosofica.
Freud sembra aver accordato a Fliess il diritto a tale speculazione, mentre
lo negava a se stesso, pieno di diffidenza. «Non posso far altro che con
cedere la massima attenzione e ammirazione critica alle tue rivelazioni sulla
n periodo di Fliess (1887-1902)
fisiologia sessuale. Le mie conoscenze sono troppo limitate perché possa
discuterne, ma fiuto l'esistenza di cose assai belle e importanti, e spero
che non ti asterrai dal pubblicare anche solo congetture. Non si può fare
a meno di gente che abbia il coraggio di pensare cose nuove prima di es
sere in grado di dimostrarle» (8 dicembre 1895). Questo giudizio voleva
essere evidentemente un atto di assoluzione per colui che egli scorgeva in
Fliess: un uomo dotato di grandissimo intelletto, di impeccabile giudizio
critico e perfettamente formato ai princ1pi della scienza fisica e matematica.
Quanto a lui, privo della fiducia in se stesso, che aveva trasferito nel suo
partner dominatore, era meglio attenersi alle osservazioni empiriche che
andava accumulando con tenacia e permettersi su di esse solo quel po' di
teoria che avrebbe potuto incontrare l'approvazione critica del suo men
tore.
Che differenza con il Freud degli anni seguenti, che avrebbe dato libero
sfogo al suo potere immaginativo! Pochissimi anni dopo, nell' analisi di
Dora, egli scrisse confidenzialmente: «Non mi vanto di aver evitato la
speculazione, ma il materiale per le mie ipotesi l'ho raccolto con la più
ampia e laboriosa serie di osservazioni.»
La prima e principale richiesta che Freud fece a Fliess fu quella di
ascoltare il resoconto finale delle sue scoperte e delle loro spiegazioni teo
riche, e di darne un giudizio, cosa che Fliess fece coscienziosamente. Non
pare che i suoi commenti sull' argomento in questione fossero di gran peso,
però egli dette all'amico dei consigli circa i suoi scritti, su questioni di
forma, di stile e di discrezione, che Freud accettò per la maggior parte
con gratitudine. Fliess aveva insomma le funzioni di censore, e un censore
oltre all'ovvia funzione di eliminare ciò che è passibile di obiezioni, ne
esercita una ancora più importante nel sanzionare tacitamente ciò che ha
lasciato passare. :e proprio di questa sanzione che aveva allora bisogno
Freud, non il Freud inflessibile e spregiudicato degli anni seguenti, ma
l'uomo assai diverso che era verso il 1890. Fliess esercitava liberamente
questa sanzione. Egli ammirava Freud e non aveva ragione (agli inizi!) di
dubitare della correttezza del lavoro di lui, perciò la sua lode, concessa vo
lentieri, deve aver costituito per Freud un notevole incoraggiamento. Circa
il suo effetto basta un esempio: «La tua lode mi è nettare e ambrosia»
(14 luglio 1894).
Questa sanzione incoraggiante riesce a controbilanciare la sfiducia inte
riore in misura direttamente proporzionale alla stima che si pone in chi
Vita e opere di Freud
la esercita: per questo ogni bambino che abbia bisogno di tale aiuto da
parte del padre, deve prima identificarlo con l'uomo più meraviglioso e
potente - prima che l'inevitabile incapacità del padre di essere all'altezza
di una tale immagine spinga il bambino a rivolgersi a Dio, Quanto grande
fosse il bisogno di Freud, lo si può quindi dedurre dalla sua eccessiva
sopravvalutazione di Fliess, che per il nostro giudizio postumo sui due
uomini ha un sapore quasi tragicomico. Nella loro corrispondenza abbon
dano le prove di questo fatto, perciò un solo esempio può bastare. In data
26 agosto 1898, a soli due anni dalla rottura, Freud scriveva: «Ieri ho
ricevuto la gradita notizia che gli enigmi del mondo e della vita comin
ciano a fornire una risposta. Neppure i sogni potrebbero dare notizie mi
gliori sui risultati del pensiero umano. Sono certo che il cammino verso la
meta definitiva, segnato dalla tua decisione di servirti della matematica,
breve o lungo che sia, ti è aperto.»
Freud era perfettamente conscio di essere profondamente debitore a
Fliess, e gli dichiarò spesso la sua gratitudine. In una lettera dello gen
naio 1896, per esempio, scrisse: «Persone come te non dovrebbero mai
scomparire, amico mio caro; noi altri ne abbiamo troppo bisogno. Quanto
ti devo essere grato per la consolazione, la comprensione, l'incoraggiamento
che mi hai dato nella mia solitudine, per il significato che hai dato alla
mia vita, e, recentemente, anche per la salute, che nessun altro avrebbe
saputo ridarmi. ~ soprattutto il tuo esempio che mi ha permesso di rag
giungere la forza intellettuale di fidarmi del mio giudizio ... e di affrontare
con ferma rassegnazione, come te, tutte le avversità che il futuro può avere
in serbo. Per tutto questo, accetta il mio semplice grazie.»
Fliess fece il possibile per soddisfare quest'ultima richiesta, mentre la
risposta che riuscl a dare alle altre tre fu meno soddisfacente. Dopo che
ebbe scoperto l'importanza dei fattori sessuali come causa delle nevrosi, con
le relative conseguenze sociali, e dopo che ebbe notato l'accoglienza più
che fredda tributata al suo annuncio, Freud si senti obbligato a condurre
una crociata su questo argomento contro i rispettabilissimi esponenti della
sua professione. Il suo fu un atteggiamento rivoluzionario ed egli non venne
mai meno al ruolo che si era assunto. Il discorso che tenne nel 1898 da
vanti al Collegio Medico di Vienna fu un'impetuosa arringa sulla necessità
di esaminare la vita sessuale dei pazienti. In questa campagna un collabo
ratore e sostenitore gli avrebbe fatto molto comodo, e le vedute aperte di
Fliess sul significato della sessualità gli facevano ragionevolmente sperare
n periodo di Fliess ( 1887- 19°2)
di averne trovato uno. Fliess però era più un dittatore che un combattente,
e per di più il suo apparente interesse per la sessualità si rivelò molto
meno consistente di quello di Freud. Perciò sotto questo aspetto l'amara
disillusione inferta da Breuer fu solo scarsamente compensata.
Un'altra richiesta importante era che Fliess, grazie alle sue vaste cono
scenze di medicina generale e di biologia, sostenesse concretamente Freud
fornendogli le necessarie nozioni circa le basi organiche dei fenomeni ne
vrotici. ~ ovvio che per Freud la conoscenza dell'anatomia e fisiologia del
sistema nervoso costituiva una garanzia. Nel periodo peggiore della sua
cardiopatia ansiosa, che ora descriveremo, scrisse: «In estate spero di tor
nare alla mia antica occupazione e fare un po' di anatomia: dopo tutto· è
il solo campo che dia qualche soddisfazione» (6 maggio 1894). L'anato
mia era infatti «scientifica» e sicura, e rappresentava il necessario freno alla
«speculazione»; simili freni divennero più che mai urgenti quando Freud
si trovò a studiare i processi mentali. Per anni egli accarezzò la speranza
di amalgamare i due campi ed in questo Fliess poteva senz'altro aiutarlo.
Per esempio: «Con la teoria della rimozione mi sono imbattuto in dubbi
che una tua parola - forse sulla mestruazione maschile e femminile nel
medesimo individuo - potrebbe risolvere. Ansia, idee chimiche, eccetera:
forse troverò in te le basi sulle quali poter cominciare a costruire un'impal
catura fisiologica cessando di dare una spiegazione psicologica delle cose»
(30 giugno 1896). Passò molto tempo prima che Freud si decidesse a
rinunciare ai principi fisiologici della sua giovinezza, e in certo senso non
vi riusci mai interamente, poiché, come vedremo, buona parte della sua
successiva psicologia si modellò su di essi.
Sembra che in questo Fliess non gli sia stato di grande aiuto, né forse
avrebbe potuto esserlo per la natura stessa delle cose. Il suo maggior con
tributo fu forse il suggerimento di una chimica sessuale. Questa per un po'
suscitò le speranze di Freud, sicuro a sua volta che lo stimolo sessuale
dovesse essere di natura chimica (4 marzo 1895) - previsione dei mo
derni ormoni delle gonadi! Sembra che i due uomini abbiano accennato
contemporaneamente a quella che essi chiamarono una teoria chimica del
neurone, ma naturalmente non ne venne fuori nulla. Due anni dopo (IO
marzo 1897) Freud postulò l'esistenza di due specie di sostanze chimiche
sessuali (maschile e femminile), ma osservò che esse non potevano essere
identiche a quella sulla quale stava «investigando» Fliess, sebbene obbedis
sero tutte alla legge del 23-28. In complesso, l'importanza che Fliess at
Vita e opere di Freud
Malgrado tutto, però, Freud controllò se stesso ancor più del desiderio
di incontrarsi con Fliess. Per esempio, ebbe occasione di fare un consulto
medico a Berlino, ma vedendo che il paziente non ne aveva veramente
bisogno, il suo orgoglio professionale non gli permise di approfittarne (22
settembre 1898). Un'altra volta declinò l'occasione d'incontrarsi perché essa
avrebbe imposto all'amico un viaggio particolarmente faticoso (14 agosto
1897).
La lealtà fu sempre un atteggiamento fondamentale di Freud. Quando
il «Wiener klinische Rundschau» pubblicò una recensione di un libro di
Fliess, egli protestò ritenendola eccessivamente severa, e dato che il pe
riodico rifiutò ogni ritrattazione, ruppe i rapporti editoriali con esso. 9
Alla fine venne però per Freud il momento di riconoscere che la sua
depressione non andava più alleviata con la vecchia cura, e che solo un
coraggioso, faticoso lavoro interiore gli avrebbe giovato. Decise di com
battere, e da solo. Ecco come egli descrive la situazione in una commo
ventissima lettera del 23 marzo 1900: «Mai come in questi ultimi sei mesi
ho desiderato di essere riunito a te e alla tua famiglia. Sai che ho attra
versato una profonda crisi interiore e dovresti vedere come mi ha invec
chiato, perciò la tua proposta di incontrarci a Pasqua mi ha molto riani
mato. Chi non sapesse risolvere le contraddizioni troverebbe incompren
sibile che io non accettassi immediatamente il tuo invito, ma in realtà è
meglio che io ti eviti. Non si tratta solo della mia passione quasi infan
tile per la primavera e per un paesaggio più bello: quella la sacrificherei
volentieri alla soddisfazione di averti vicino per tre giorni. Vi sono però
altre ragioni interiori, una serie di imponderabili, che per me contano
molto. (Cavilli, dirai forse tu.) Sono estenuato, ho dovuto demolire i miei
castelli in aria, e ho appena ritrovato il coraggio di ricostruirli. Durante il
cataclisma di questa demolizione mi saresti stato inestimabilmente prezioso,
ma allo stadio attuale riuscirei difficilmente a farti capire. In quel momento
ho dominato la mia depressione per mezzo di una dieta speciale a base di
argomenti intellettuali; ora grazie a questa interruzione sto lentamente gua
rendo. In tua compagnia cercherei inevitabilmente di tradurre ogni cosa
in termini coscienti, onde potertela descrivere; parleremmo in modo razionale
e scientifico, e le tue belle e sicure scoperte biologiche risveglierebbero in
me la più profonda - sebbene impersonale - invidia. Finirei per lamen
tarmi per cinque giorni e tornerei a casa tutto eccitato e scontento, con tutto
il lavoro che mi attende nell' estate e che richiederà un perfetto dominio di
Il periodo di Fliess (1887-1902) .367
me stesso. Ciò che mi opprime non si può curare: è la mia croce e devo
portada, ma Dio s~ come s~ è incurvata la mia schi.ena rer l? sforz~.»
Questo quadro e ben diverso da quello che dI soltto SI fa di Freud:
l'uomo intelligente che, stando seduto, comodo e tranquillo, fa una scoperta
dopo l'altra. Le sue scoperte gli costarono molte sofferenze, e gli ci volle
del coraggio per respingere l'unico appoggio sul quale poteva contare,
quando aveva solo un'oscura speranza di sfruttare quelle risorse interiori di
fiducia in se stesso che potessero sostituirlo. Per fortuna sua e nostra però
questa speranza si realizzò nei due anni seguenti.
L'aiuto che Freud traeva dagli incontri con Fliess doveva quindi essere
più che altro quello dell'incoraggiamento psicologico: lo scambio pura
mente intellettuale deve essere stato minimo. Nel campo delle ricerche
psicologiche Fliess aveva poco o nulla da offrire a Freud, il quale si tro
vava in una posizione analoga circa le congetture matematiche dell'amico,
argomento nel quale era particolarmente negato. Perciò le loro conversa
zioni dovevano essere due monologhi piuttosto che un dialogo. Nelle lettere
si dice più di una volta che ognuno dei due, a turno, esponeva all'altro
le proprie scoperte più recenti, commentando le nuove idee. La risposta
principale consisteva di solito nell'ammirazione reciproca e gratificante e
nel conforto per il fatto che ciascuno dei due fosse in grado di apprezzare
opportunamente il valore dell'altro, pur essendo la sola persona a farlo.
Come c'era da aspettarsi, anche in questo Freud sopravvalutò la capacità
di Fliess a sue proprie spese: «Da un certo punto di vista sono più for
tunato di te. Quello che io ti riferisco del mio mondo, l'anima, trova in te
un critico comprensivo, mentre quello che tu mi racconti dal tuo, le stelle,
suscita in me solo uno sterile stupore» (lO ottobre 1897).
Da principio (1894) ebbero l'idea di scrivere un libro in collaborazione,
il cui argomento avrebbe dovuto essere il significato dei processi sessuali,
idea che però fu lasciata ben presto cadere.
Anche se Fliess non poteva capire a fondo il lavoro di Freud, sembra
almeno che lo accettasse e lo lodasse, e sullo stesso piano Freud accettava
il lavoro dell'amico. Per quanto possa sembrare strano, anzi, è sicuro che
Freud lo accettò per molti anni: ce ne sono troppe di prove per dubitarne.
Per esempio egli tentò di spiegare nei termini dei numeri fatidici, 23 e
28, la differenza tra le due «nevrosi in atto» che aveva individuato, e
suggerl an~he .che f~sse la scarica di una sostanza maschile del tipo 23 a
provocare ti piacere lO entrambi i sessi, e una sostanza femminile del tipo
368 Vita e opere di Freud
Per quanto sgradevole possa essere per coloro che hanno bisogno di un
eroe da adorare, si deve dire la verità, e cioè che non sempre Freud ebbe
la serenità e l'intima sicurezza che gli furono tipiche negli anni della sua
fama. Su questo punto dobbiamo insistere. Vi sono ampie prove che per
una decina d'anni - dal 1890 al 1900 circa - Freud soffri di una psico
nevrosi abbastanza notevole. I suoi cultori potrebbero essere tentati di
dipingerla nelle tinte più fosche, onde esaltare come una guarigione il
fatto che Freud abbia raggiunto il dominio. di se stesso con l'aiuto dello
straordinario strumento da lui stesso forgiato. Del resto è inutile esagerare,
perché la grandezza dei suoi risultati risalta da sola. Dopo tutto, Freud
fu sempre Freud anche nei momenti peggiori. Continuò il suo lavoro
quotidiano e le sue ricerche scientifiche, continuò ad amare la moglie e
i figli e a circondarli di ogni cura, e con ogni probabilità offri a chi lo at
torniava (tranne Fliess) pochi segni di manifestazioni nevrotiche. Cionon
ostante, le sue sofferenze furono talora molto intense, e solo per brevi
periodi, in quei dieci anni, la vita deve essergli sembrata degna di essere
vissuta. Freud ha pagato molto cari i doni che ha elargito al mondo, e
la ricompensa del mondo non è stata molto generosa.
Eppure fu proprio negli anni in cui la sua nevrosi raggiunse il culmine
della gravità, tra il 1897 e il 1900, che il lavoro di Freud fu più origi
naie: il rapporto tra i due fatti è inequivocabile. I sintomi nevrotici devono
aver costituito una delle vie per le quali il materiale inconscio cercava
indirettamente di emergere, e senza questa spinta è dubbio che Freud avrebbe
Il periodo di F1iess (1887-1902) 369
Agli altri guai di Freud si aggiunse in quegli anni decisivi anche quello
di una cattiva salute. Egli aveva per natura una costituzione molto robu
sta, e le malattie che lo colpirono furono piuttosto di carattere acquisito
che congenito. :e anche vero però che per tutta la vita egli fu vittima
dell' emicrania, sebbene con l'andare degli anni gli attacchi fossero divenu
ti molto meno frequenti. Caso strano, anche .Fliess soffriva di emicrania,
e i due amici escogitarono diverse teorie, nessuna delle quali molto profi
cua, per spiegare questo fastidioso disturbo. Poi, come si conveniva ai suoi
Il periodo di Fliess ( 1887- 19°2) 373
Fliess! Un paio di settimane dopo, però, Freud osservò che il sigaro set
timanale stava perdendo il suo gusto e che sperava quindi farne comple
tamente a meno.
Ci riuscì, poiché passarono quattordici mesi prima che riprendesse a
fumare. Poi ricominciò, perché la tortura superava i limiti dell'umana sop
portazione ed egli doveva «indulgere con quella miserabile della mia men
te» (psychischer Kerl) che altrimenti si rifiutava di lavorare. Nel frattem
po però Fliess aveva cambiato opinione e pensava che i disturbi cardiaci
di Freud fossero di origine nasale, ipotesi che sembrava confermata da un
evidente miglioramento in seguito ad un'operazione e all'uso della co
caina. Freud trovò la spiegazione persuasiva. Nel marzo seguente (1895)
il suo atteggiamento verso la morte era ambivalente: «Oggi desideravo
nuovamente di morire (relativamente) giovane.» In aprile escluse la mio
cardite e tornò all'intossicazione da nicotina, pur non sapendo quale delle
due fosse da preferire. Poi deve aver ripreso a fumare, dato che in otto
bre scrisse di aver smesso un'altra volta a causa del polso cattivo e per
non dovere lottare col «vizio» dopo il quarto sigaro: «Meglio sistemare
le cose fin dal primo.» Ciononostante, il mese seguente decise che l'asti
nenza completa era impossibile. Si mantenne però nei limiti, e l'unico
strappo fu quello con cui manifestò la sua gioia il giorno in cui l'impe
ratore si rifiutò di ratificare l'elezione di Liiger a borgomastro.
Guardandosi indietro, si dovrebbe concludere che tutti questi guai fos
sero per la maggior parte aspetti particolari della psiconevrosi di Freud,
forse lievemente favoriti nella loro localizzazione dall'effetto della nico
tina. La miocardite sicuramente non c'era, ed egli stesso lo dimostrò in
quegli stessi anni, perché un uomo di 43 anni che riusciva a scalare il
monte Rax (nelle vicinanze del Semmering) in tre ore e mezzo, non poteva
avere il cuore in condizioni molto cattive - anche se si lamentava che negli
ultimi tempi il Rax era cresciuto di 500 metri! Gli avvenimenti successivi
dovevano anzi dimostrare che Freud aveva un cuore eccezionalmente solido,
e che era pure in grado di tollerare considerevoli quantità di nicotina.
Gli anni trascorrevano cos1 in una continua lotta contro i periodi di de
pressione, contro l'ansia con le sue periodiche crisi di Todesangst e tutti gli
altri fastidi, interni ed esterni.
Nell'analisi del sogno Non ttJixit,18 nota a tutti gli psicoanalisti, Freud
espresse la convinzione che, dopo aver perso tanti buoni amici per la loro
376 Vita e opere di Freud
morte o per altre ragioni lO un'età in cui non è tanto facile farsene di
nuovi, ne aveva infine trovato uno «che manterrò per sempre». Questa
sua speranza era destinata ad essere amaramente delusa, e infatti giunse
il momento in cui risultò che Fliess non era né il primo né l'ultimo amico
la cui personalità a lungo andare fosse incompatibile con quella di Freud.
La rottura definitiva avvenne per un dissenso scientifico, pur essen_do le
gata, come spesso accade, a questioni più emotive. Nel leggere la corri
spondenza di quei dieci anni di intima amicizia, non si può fare a meno
di notare molti accenni allo screzio che doveva poi verificarsi, sebbene lì
per lì essi sfuggissero all'attenzione. Cos1, ad esempio, la costante eccessiva
ansia di Freud per ogni minimo disturbo dell'amico, e i suoi tragici presen
timenti di quel che sarebbe potuto accadere quando la lettera si faceva aspet
tare, non si possono spiegare completamente con il naturale timore di per
dere una persona per lui tanto importante dal punto di vista psicologico:
è una manifestazione troppo nota di desideri inconsci mal risolti, per non
accorgersene. Quando l'amico era in viaggio, poi, l'ansia di Freud per i
disastri ferroviari in generale assumeva un riferimento personale talmen
te esagerato che egli stesso se ne vergognava chiaramente. 19 Vari sogni
riferiti da Freud rivelano la stessa ambivalenza, perciò le basi dell'amici
zia con Fliess si devono essere lentamente sgretolate per vari anni, prima
del crollo finale.
In una lettera del IO marzo 1896 Freud si lamentava dell' atteggiamento
di Breuer che gettava un'ombra sulla sua vita. Segue quindi un passo si
gnificativo: «Credo che non mi abbia mai perdonato di averlo adescato
a scrivere gli Studi insieme a me, impegnandolo cos1 in una posizione de
finitiva, proprio lui che conosce sempre tre soluzioni per una stessa verità,
e rifugge da qualsiasi generalizzazione come da un gesto arbitrario. Deci
samente. non è piacevole dover pagare a cos1 caro prezzo tutte le cose che
nella vita ci hanno fatto piacere. Accadrà la stessa cosa fra noi?» Il suo
presagio, accennato a mezza bocca, non era che troppo vero. Due anni
dopo (24 maggio 1898), letti i commenti di Fliess su una parte del ma
noscritto dell'Interpretazione dei sogni, Freud contrappose l'amico a Breuer,
ma in un modo che fa pensare piuttosto a un sottostante confronto. Co
munque un amico segu1 l'altro nelle tenebre.
Non avendo bisogno, come Freud, di una dipendenza psicologica né
di essere rassicurato, Fliess si era impegnato meno a fondo nei reciproci
rapporti, come dimostra anche la diversa frequenza delle lettere dalle due
Il periodo di Fliess (1887-1902) 377
parti. Fliess aveva concentrato le sue n~cessità emotive nella per~ona della
moglie, nei riguardi della quale. era diventato talmente possessIvo da le
sinarne la compagnia ai conoscenti e persino alla stessa famiglia di lei.
Tutto questo non contribuiva a rendere più lisce le cose.
Il dissenso scientifico "fondamentale è presto descritto. Se tutti i muta
menti delle manifestazioni nevrotiche - la loro comparsa e la loro scompar
sa, i loro miglioramenti ed esacerbazioni - erano rigorosamente determi
nati , come sosteneva Fliess, dalle date critiche della vita, indicate dalle sue
leggi periodiche, ne seguiva che tutte le scoperte dinamiche ed etiologiche
di Freud, anche se giuste, erano de facto irrilevanti e prive di significato.
Questo è talmente evidente che è veramente sbalorditivo come i due uo
mini abbiano fatto a scambiarsi dettagliatamente le loro idee per dieci in
teri anni in cos1 apparente accordo. Nessuno dei due poteva capire vera
mente a fondo il lavoro dell'altro: ciò che chiedevano era solo una reci
proca ammirazione.
Le convinzioni di Fliess avevano un fondo patologico che mancava a
quelle di Freud, e questo lo rendeva quanto mai sensibile anche al più
lieve dubbio espresso nei loro riguardi. Due piccoli episodi del genere,
avvenuti in quel periodo, avrebbero potuto diventare già gravi se Freud
con il suo tatto non fosse riuscito a smussarli. Il primo fu determinato dalla
critica mossa da Loewenfeld all'articolo di Freud sulle nevrosi d'angoscia:
Loewenfe1d affermava che la teoria di Freud non spiegava la sporadicità
degli attacchi. Nella sua risposta Freud sottolineò la molteplicità dei fatto
ri in gioco e la variabilità della loro forza, mentre Fliess pensava che l'ami
co avrebbe dovuto dare maggior rilievo, come spiegazione, alle leggi pe
riodiche, e infatti scrisse a Loewenfeld per suo conto una risposta in me
rito. Freud accettò umilmente che la lacuna nella sua discussione venisse
cos1 riempita. 20 L'altro episodio ebbe luogo uno o due anni dopo, quan
do Freud si azzardò a mostrarsi perplesso su un'ipotesi che Fliess stava
sviluppando sulla teoria del mancinismo. Fliess interpretò l'esitazione di
Freud come un segno di dubbio verso la grande teoria della bisessualità,
con la quale, secondo lui, il mancinismo era connesso, e che, come vedre
mo, era un argomento sacro. Giunse persino ad accusare ingiustamente
Freud di ess~re mancino, al che Freud rispose scherzosamente che, per quel
che poteva rIcordare, da bambino aveva avuto due mani sinistre, ma che
aveva sempre preferito quella del lato destro. Sul punto principale però,
Vita e .opere di Freud
con franchezza che doveva essere stato influenzato dal desiderio di privare
Fliess della sua priorità, desiderio nutrito probabilmente dall'invidia e dal-
1'0stilità. Si illudeva però, se pensava che questa spiegazione di carattere
psicologico potesse rabbonire Fliess o almeno che essa potesse interessargli.
La sua lettera si chiudeva con un' osservazione decisiva: gli rincresceva che
Fliess trovasse il tempo per scrivergli solo su questioni cosi da poco come
quella. Infatti quella questione avrebbe dovuto senz'altro esser tale, ma
non lo era certamente per Fliess. Questi non scrisse mai più e due anni
dopo pubblicò quella che era davvero una corrispondenza privatissima.
La fine vera e propria fu veramente spiacevole. Agli ultimi del 1905
Fliess fece pubblicare da un suo amico un opuscolo nel quale egli attaccava
Weininger, Swoboda e Freud. 25 Freud rispose immediatamente con una
lettera del gennaio 1906 diretta a Karl Krauss, editore di Die Fackel, da
cui è tratto il passo seguente: «Il dr. Fliess di Berlino ha ispirato un opu
scolo diretto contro Otto Weininger e H. Swoboda, nel quale i due gio
vani autori sono accusati del plagio più grossolano e vengono trattati nel
modo più duro. Si può giudicare dell'attendibilità di questa infelice pub
blicazione dal fatto che io stesso, amico di Fliess per molti anni, sono ac
cusato di essere colui che ha fornito a Weininger e a Swoboda le informa
zioni che han loro servito di base per la loro supposta illegalità... Spero,
caro Signore, che Ella vorrà considerare questa lettera solo come segno
della mia stima e come prova del Suo interesse per una questione di Cul
tura. Ciò che importa, qui, è la difesa contro l'arrogante presunzione di
una personalità brutale e l'eliminazione di ogni meschina ambizione per
sonale dal tempio della scienza.»
Freud scrisse anche a Magnus Hirschfeld di Berlino, editore dello lahrbuch
fiir sexuelle Zwischenstufen (<<Annuario dei casi di sessualità intermedia») :
«Desidero attirare la Sua attenzione su un opuscolo intitolato Wilhelm
Fliess und seine Nachentdecker ... :e uno scritto disgustoso che getta tra
l'altro assurde calunnie sulla mia persona ... In realtà abbiamo a che fare
con la fantasia di un uomo ambizioso che nella sua solitudine ha perso
la capacità di giudicare ciò che è giusto e ciò che è lecito... Non è piace
vole per me parlare con durezza pubblicamente di un uomo al quale sono
stato legato per dodici anni dalla più intima arnicizia, e provocarlo con·
questo ad ulteriori insulti.»
Indipendentemente da Freud, anche Swoboda replicò energicamente con
Il periodo di Fliess (1887-190Z)
in quanto è possibile che Freud abbia detto solo che quella stanza era
associata a Fliess, cosa senz'altro vera.
Nei suoi scritti successivi Freud menziona Fliess moltissime volte e af
ferma di aver adottato da lui i termini di «periodo di latenza» e «subli
mazione».27
Il riconoscimento di Freud verso di lui fu più generoso riguardo al con
cetto di periodicità, che poco poteva servirgli, che su quello di bisessualità,
abbastanza importante per le sue stesse dottrine. Probabilmente Freud con
tinuò a credere che c'era una periodicità nella vita, ma di ordine più com
plesso di quanto le leggi di Fliess pretendessero di determinare. In Beyond
the pleasure princiPle Freud fa riferimento alla «grandiosa concezione» di
Fliess su tutti i fenomeni vitali - compresa la morte - legati allo scadere
di termini di tempo definiti. Egli aggiunge però che ci sono molte prove
contrarie al carattere assoluto delle formule di Fliess, e tali da giustificare
i dubbi sull'importanza che questi reclamava per le sue leggi.2 8
ì lecito chiedersi se l'importanza che Fliess attribuiva alla periodicità
non abbia influenzato Freud nella sua successiva concezione della «coazione
a ripetere», e del resto avremo occasione di discuterne nel prendere in con
siderazione gli ultimi sviluppi delle sue teorie. In un passo assai suggesti
vo scritto nel 1924 Freud spiegava che il principio del piacere-dolore non
poteva dipendere esclusivamente dal fattore quantitativo rappresentato dal
la carica dell'eccitazione, come prima supponeva: «Esso non sembra dipen
dere da questo fattore quantitativo, ma da qualche peculiarità dello stesso
che possiamo solo definire qualitativa. Saremmo molto più avanti in psico
logia se sapessimo in che cosa questa peculiarità qualitativa consiste. Forse
è qualcosa di ritmico, la periodica durata delle modificazioni, il crescere
e il diminuire dell'entità degli stimoli.»29
In una nota ai Tre saggi sono elencati gli otto autori che sostengono
l'universalità della bisessualità. so Fliess è tra questi, ma tenendo conto del
fatto che Freud gli assegna la data del suo libro principale (1906) invece
di quella, in realtà assai anteriore, della sua «scoperta», i cinque autori che
lo precedono dovrebbero ridursi a due soli. «Queste citazioni» aggiunge
Freud «provano quanto fosse scarso il diritto di Weininger (!) alla prio
rità del concetto»: forse con questo egli intendeva ripagare Fliess del gran
rumore da lui fatto sulla faccenda.
Il periodo di Fliess (1887-19°2)
Per quel che lo riguarda,. Freud dice solo di aver osservato personal
mente casi di bisessualità nelle pIiconevroIi, e che una comunicazione per
sonale di Fliess aveva richiamato la sua attenzione sul fatto che la bises
sualità fosse una caratteristica generale delle pIiconevroIi. 31 L'argomento
della bisessualità rimase evidentemente penoso per entrambi.
La separazione da Fliess lasciò una cicatrice che scomparve lentamente.
Da parte di Freud l'ammirazione rimase, sebbene naturalmente modificata,
e il risentimento gradualmente si spense.
Note
toni in una fatica degna di Ercole, e Freud deve avere spesso pensato a
alt the losl aaventllrers, my peers (tutti gli avventurieri perduti, pari miei).
La decisione stessa di affrontare il compito fu solo in parte determinata da
una volontà cosciente o da un motivo ben definito. Non ci fu un improv
viso lampo di genio ma piuttosto una crescente intuizione della necessità
della cosa. Probabilmente la molla più profonda e più forte nella perso
nalità di Freud fu il bisogno prepotente di giungere ad ogni costo alla
verità: ad esso bisognava sacrificare tutto il resto - benessere, successo, fe
licità. Come dice il suo amato Goethe: «L'amore della verità è la prima
ed ultima cosa che il genio cerca.»
In queste circostanze Freud non poteva mirare ad altro che a soddisfa
re il suo imperioso bisogno. Molto tempo sarebbe trascorso prima che la
meta fosse raggiunta, se si eccettua un «indescrivibile senso di bellezza in
tellettuale» che le rivelazioni gli procuravano di tanto in tanto. In realtà
per tre o quattro anni la sofferenza nevrotica e la dipendenza da Fliess
aumentarono d'intensità, ma giunse infine il momento in cui egli imparò
che
il primo anno di vita come un oscuro mistero che racchiude eccitamenti con
fusamente percepibili, piuttosto che impulsi e fantasie attivi.
Alla luce di queste considerazioni possiamo ora tornare all' autoanalisi
vera e propria. Il vero e proprio inizio può essere ricondotto a quella sto
rica occasione del luglio 1895, quando per la prima volta Freud analizzò
a fondo uno dei suoi sogni. Negli anni seguenti egli comunicò più volte
a Fliess le analisi dei propri sogni e anzi dalla corrispondenza possiamo
precisare il momento in cui queste analisi divennero un procedimento re
golare con uno scopo preciso: luglio 1897.
Vien fatto di chiedersi perché la decisione fu presa proprio in quel
periodo. Anche qui abbiamo probabilmente a che fare con una pressione
progressivamente crescente di forze inconsce, più che con un improvviso,
drammatico colpo di genio. Abbiamo notato più volte che il genio di Freud
era uno di quelli che procedono attraverso le difficoltà con una marcia
costante piuttosto che con rapidi sprazzi di intuizione. Nel caso presente
agivano motivi profondi e irresistibili.
Nell'ottobre precedente gli era morto il padre e nel ringraziare Fliess
delle condoglianze, Freud gli scrisse: «La morte di mio padre mi ha col
pito profondamente per una delle oscure vie che sono al di là della co
scienza ufficiale. L'ho considerato molto e l'ho capito a fondo: con il suo
strano miscuglio di profonda saggezza e di fantastica levità egli ha signi
ficato molto nella mia vita. Quand'è" morto aveva fatto il suo tempo, ma
la sua morte ha risvegliato in me tutti i miei antichi sentimenti. Ora mi
sento completamente sradicato.»
Freud ci ha detto che fu quest'esperienza a portarlo a scrivere l'In/er
pretazione dei sogni (1898), la cui preparazione procedette parallelamente
al primo o secondo anno della sua autoanalisi. Le due attività si possono
perciò legittimamente considerare unite. Nella prefazione alla seconda
edizione, nel 1908, Freud scrisse di essersi accorto del rapporto con la
morte del padre solo dopo aver terminato il libro: «Esso si è rivelato per
me un brano della mia autoanalisi, la. mia reazione alla morte di mio pa
dre, cioè all' avvenimento più importante e alla perdita più dolorosa nella
vita di un uomo.»
Da quel momento Freud era destinato presto o tardi a trasformare l'in
teresse scientifico per il meccanismo dei suoi sogni in una regolare e in
transigente autoanalisi. La morte di suo padre fu lo stimolo a questa im
presa ed alla preparazione del libro.
392 Vita t opere di Freud
smo era già risolta. Freud aveva chiaramente capito che erano state le sue
resistenze a ostacolarlo in quel lavoro.
Dopo altri 15 giorni Freud partI con la moglie per un giro nell'Italia
settentrionale, e ignoriamo fino a qual punto questo abbia interrotto l'ana
lisi. Rientrato a Vienna il 20 settembre, il giorno dopo comunicò a Fliess
la fatidica notizia che le storie sulla seduzione nelle quali aveva creduto,
non erano perfettamente vere. ~ molto probabile che egli sia giunto a que
sta conclusione dopo aver capito il significato delle proprie fantasticherie,
cosa che starebbe in favore di una continuazione dell'analisi anche durante
le vacanze.
Nelle lettere del 3, 4 e 15 ottobre, Freud fornisce alcuni particolari sui
progressi della propria analisi, di cui parleremo altrove. Aveva ormai ca
pito che suo padre era innocente e che egli stesso aveva proiettato su di lui
le proprie idee. Si erano riaffacciati i ricordi di desideri sessuali nei con
fronti della madre, che risalivano a quella volta in cui l'aveva vista nuda.
Abbiamo una descrizione della sua gelosia e delle sue liti infantili e della
riscoperta della sua vecchia balia, alla quale Freud attribuiva la maggior
parte dei propri guai; un dettaglio particolarmente convincente era il ri
cordo, ritrovato, di come essa lo lavasse jn un'acqua rossa in cui aveva
già lavato altre cose.
Nell'ultima di queste lettere Freud raccontava di aver dùesto a sua ma
dre notizie sulla propria infanzia e di avere cosI ottenuto una conferma
obiettiva della verità delle sue scoperte analitiche. Alcune delle notizie
avute, per esempio sulla balia, avevano risolto alcune sue perplessità. Freud
osservava pure che se fosse stata portata a termine, la sua autoanalisi pro
metteva di essergli assai preziosa.
Aveva scoperto in se .stesso la passione per sua madre e la gelosia verso
suo padre: era sicuro che questa fosse una caratteristica umana generale
che permetteva di capire il potente effetto della leggenda di Edipo. Ag
giungeva inoltre una conseguente interpretazione corrispondente della tra
gedia di Amleto. Evidentemente la sua mente lavorava ora a pieno regime
e possiamo parlare a buon diritto di intuizioni balenanti.
In una lettera del 27, Freud raccontava in modo vivacissimo e quasi
poetico le varie fasi dell'analisi. Il superamento delle proprie resistenze
gli aveva dato una visione assai più chiara delle resistenze dei suoi pazienti,
e ora gli riusciva assai meglio di capire i loro cambiamenti di umore. <<Ri
trovo ora tutte le esperienze fatte con i miei pazienti: certi giorni vado in
394 Vita e opere di Freud
giro angustiato per non esser riuscito a capire niente dei miei sogni, delle
mie fantasie, dei miei stati d'animo della giornata. Altre volte invece un lam
po12 illumina le associazioni e mi mette in grado di capire ciò che era
avvenuto prima e che aveva preparato la visione odierna.»
In una lettera del 14 novembre c'è uno strano passo che si può inter
pretare solo come un altro caso di amnesia. «Prima delle vacanze» racconta
Freud «ti dissi che ero attualmente il mio paziente più importante: da
allora la mia autoanalisi, che a quel tempo ancora non esisteva, ha preso
il via.» I fatti riportati nelle lettere precedenti lo contraddicono nettamente,
però è possibile che dopo il ritorno a Vienna l'analisi avesse proceduto a
maggiore velocità.
Naturalmente l'analisi di Freud, come ogni altra, non dette subito risul
tati miracolosi. Nelle lettere successive vi sono tipici accenni al suo anda
mento discontinuo: ottimismo alternato a pessimismo, esacerbazioni dei sin
tomi, e cosi via. Sembra che nei primi uno o due anni di analisi la nevrosi
in sé, e quindi la dipendenza da Fliess, fossero diventate più intense o
almeno più palesi, ma il proposito di arrivarne a capo non venne mai meno
e alla fine ebbe la meglio. Una lettera del 2 marzo 1899 diceva che l'ana
lisi gli aveva fatto un gran bene e che naturalmente si sentiva assai più
normale di quattro o cinque anni prima.
Dopo che il tono delle lettere fu mutato, dopo la lite con Fliess nel
1900, com'era da aspettarsi si parlò meno dell'analisi, che pure certamente
continuava. Come abbiamo detto, da parte di Freud il desiderio di una
riconciliazione persistette fino alla rottura definitiva legata all'episodio di
Weininger. A questo proposito cade interessante un particolare sulla inter
ruzione del vecchio legame. Freud riferl un sogno fatto in un periodo in
cui si stava occupando di un particolare problema scientifico.13 Si è pen
sato che il tema del sogno fosse la bisessualità e che esso risalisse perciò
al 1904, quando cioè Freud stava scrivendo i Tre saggi sulla teoria della
sessualità. Lo spiacevole episodio di Weininger aveva avuto luogo appunto
nell'estate di quell'anno. Il sogno, che Freud definiva ipocrita, conteneva
l'idea di una riconciliazione con Fliess, ma la sua analisi rivelò il desiderio
più profondo di una rottura definitiva. Fu questo a segnare veramente la
fine dei loro rapporti.
Dato che poche analisi sono complete, anzi forse nessuna, l'assoluta
perfezione essendo negata ai mortali, sarebbe irragionevole aspettarsi che
L'autoanalisi (dal 1897) 395
lo fosse proprio l'autoanalisi di Freud, che era privo dell'assistenza di un
analista obiettivo e dell'inestimabile aiuto offerto dallo studio dei feno
meni di transfert. Avremo forse occasione di notare come l'incompletezza
dell'autoanalisi di Freud possa avere influenzato alcune delle sue conclusioni.
Al principio del capitolo abbiamo indicato solo la data dell'inizio del
l'autoanalisi di Freud; la ragione è questa: Freud in persona mi ha detto
di non aver mai cessato di analizzarsi, dedicando a questo scopo l'ultima
mezz'ora della sua giornata. Un esempio di più della sua perfetta onestà.
Note
tonsillite, eccetera, erano allora assai più pericolose di oggi, e l'unica cura
di cui si disponeva era l'assistenza igienica.
Malgrado le sue occupazioni, Freud era un vero e proprio uomo di casa
e si interessava di tutto ciò che riguardava i suoi numerosi parenti. Per di
più, oltre al completo mantenimento 'della propria famiglia, doveva con
tribuire al sostentamento dei genitori e delle sorelle. Suo fratello Alexan
der faceva del suo meglio per aiutarlo, sebbene anch'egli fosse talvolta
costretto a farsi prestare del denaro (da Fliess). Freud raccontò pure il
grande piacere che gli procurarono le visite a Vienna del fratellastro inglese
Emanuel nel 1896 e nel 1900.
Freud aveva un solo hobby di una certa importanza, ma al di fuori delle
vacanze si prendeva pochi svaghi. Giocava abbastanza spesso a scacchi, ma
prima di compiere cinquant'anni vi rinunciò completamente perché questo
gioco richiedeva una concentrazione eccessiva che egli preferiva dedicare
ad altri scopi. Quand'era solo faceva qualche solitario, ma un gioco al quale
si appassionò veramente fu quello dei tarocchi, un antico gioco viennese
a quattro. Egli lo giocava già verso il 1890 e forse fin da prima, ma più
tardi divenne un'istituzione e gli vennero riservate tutte le sere della do
menica. L'iniziatore era stato il professor Konigstein, S l' oftalmologo che
fu tra i primi ad impiegare la cocaina, ed in casa sua si giocò fino alla sua
morte nel 1924. Un altro giocatore era Oscar Rie, pediatra ed assistente
di Freud all'Istituto Kassowitz, nonché suo collaboratore nel lavoro sulle
paralisi infantili e suo medico di famiglia. 4 Il quarto compagno era il dot
tor Ludwig Rosenstein,1i altro pediatra dell'Istituto Kassowitz, che aveva spo
sato la sorella di Rie. Più tardi partecipò alle riunioni anche Alfred Rie,
fratello di Oscar, e - molti anni dopo - gli stessi figli di Freud sostituirono
i suoi amici.
Al teatro e all'opera Freud andava solo assai di rado e solo se si davano
opere di Mozart, sebbene si facesse eccezione per la Carmen. Di tanto in
tanto assisteva a qualche conferenza come per esempio a quella tenuta da
Mark Twain, suo vecchio favorito, alla quale si divertI molto (2 settem
bre 1898). Più serio fu il discorso fatto dallo scrittore danese Georg Brandes
(23 marzo 1900). Ricordandolo, Freud commentava: «Tutto il suo stile
dev' esser parso abbastanza strano ai Viennesi: in realtà fu assai rude verso
il pubblico. Qui non siamo abituati a concezioni di vita cos1 severe: la
nostra piccola logica e la nostra piccola morale sono certo assai diverse da
quelle nordiche.»6
Vita privata (1890-1900) 399
Uno svago per lui importante era di un genere vagamente più sociale.
Nel 1895, trovando deprimente l'ostracismo professionale che gli veniva tri
butato, Freud cercò una compagnia congeniale tra persone alle quali si
sentisse ancora più vicino, e la trovò nel circolo o loggia ebraica, la Società
B'nai B'rith, alla quale appartenne per tutto il resto della sua vita. 1 Par
tecipava alle loro riunioni sociali o culturali ogni due martedl e qualche
volta vi tenne egli stesso una conferenza, come ad esempio il 7 e il 14
dicembre 1897 su «I sogni» e il 27 aprile 1900 su La fécondité di Zola.
Il suo vero hobby era, certamente, la passione per le antichità, che sod
disfaceva sia le sue ambizioni estetiche, sia il suo costante interesse per le
origini della civiltà e di tutte le civiltà umane. Fu, senza dubbio, la sua
unica stravaganza, se cos1 si può definirla, e il primo accenno che se ne
fa, nella corrispondenza con Fliess, risale al 6 dicembre 1896, quando
Freud disse di aver decorato la sua sala da consultazione con riproduzioni
di statue fiorentine: «Trovo che sono straordinariamente distensive.» In una
lettera del 20 agosto 1898 disse a Fliess di aver comprato una statua romana
ad Innsbruck. Poi lesse con diletto la Griechische Kulturgeschichte (<<Storia
della cultura greca») di Burkhardt e vi trovò dei paralleli con le sue sco
perte psicoanalitiche: «La mia passione per il preistorico è la stessa per
tutte le manifestazioni umane» (30 gennaio 1899). Quando si fece il re
galo dell'Ilias di Schliemann si interessò in modo particolare al racconto
dell'infanzia dell'autore, contenuto nell'introduzione, e alle prime idee che
si sarebbero più tardi concluse con la scoperta di Troia sepolta. «Quando
trovò il tesoro di Priamo fu felice, perché l'unica felicità possibile è la
soddisfazione di un desiderio infantile» (28 maggio 1899). Freud aveva
affermato più esplicitamente questo stesso concetto in una lettera preceden
te: «Aggiungo una definizione della felicità. Felicità è la soddisfazione
postuma di un desiderio preistorico. Questa è la ragione per cui le ricchezze
apportano cos1 poca felicità: il denaro non è un desiderio dell'infanzia»
(16 gennaio 1898).8 La statua marmorea di Giano che comprò aveva due
facce che «lo guardavano con aria di grande superiorità» (17 luglio 1899).
Durante quelle stesse vacanze la sua amata Salisburgo gli procurò due an
tichità egizie: «Mi parlano di tempi e di paesi lontani» (16 agosto). Della
sua eccitazione di due anni dopo, quando lesse delle scoperte di Sir Arthur
Evans a Creta, abbiamo già parlato.
Per ragioni climatiche, le lunghe vacanze estive erano un'istituzione re
golare per i Viennesi. A causa del caldo anche le scuole si chiudevano alla
400 Vita t opere di Freud
o Woman country
Woo'd, not won
Loved all the more by earth's male lands
Laid to their hearts instead ...9
in quella parte della Stiria ~h~ rientra nel Salzkammergut, e nel 189~ per
la prima volta in un posto VIC100 a Berchtesgaden. Nel 1900, scarseggiando
i soldi, tornarono a Bellevue.
Da questi punti di base e anche dalla stessa Vienna Freud soleva però
partire spesso per ~iaggi più lunghi, in compagnia dell~ moglie, del fr~
tello o, in un' occaSIOne, della cognata. Quando sua. moghe andava con lUI,
sua sorella Rosa, prima di sposarsi, rimaneva a sorvegliare i bambini e la
bambinaia. I due mesi di vita da scapolo a Vienna erano sempre faticosi
e Freud si lamentava soprattutto del gran caldo che gravava sulla città in
giugno e luglio. Attendeva ai suoi scritti ed ai suoi pazienti e quasi ogni
sera veniva invitato a trascorrere la serata da qualche amico. In questo pe
riodo la sua cerchia di conoscenze era straordinariamente vasta, se non va
ria, essendo composta quasi esclusivamente da medici ebrei. :e inutile elen
care i loro venti o trenta nomi, dato che nessuno di essi ebbe grande im
portanza per Freud. I suoi migliori amici erano Bloch, Oscar Rie e Ko
nigstein. Fu press' a poco in questo periodo che abbandonò il gioco degli
scacchi per quello dei tarocchi, al quale rimase fedele: spesso giocavano
fino all'una o alle due del mattino. Quando in seguito Freud parlò di dieci
anni di isolamento è sottinteso che si riferiva solo alla sua vita scientifica,
non a quella sociale. In cuor suo però egli pensava sempre a raggiungere
la famiglia o a partire per luoghi meravigliosi, dato che, come vedremo
più avanti, fu un viaggiatore instancabile, avido di immagazzinare quante
più impressioni' gli fosse possibile nel poco tempo che aveva a disposizio
ne. Minna disse una volta che l'ideale di Freud sarebbe stato quello di
dormire ogni notte in un luogo diverso. 10
Nell'agosto 1890 Freud andò a Salìsburgo dove tenne con Fliess il pri
mo «congresso». Nel 1891 dedicò due week-end alle escursioni in monta
gna, in .luglio per salire sul Rax insieme a Kassowitz e in agosto per esplo
rare il gruppo del Dachstein vicino a Schladming in Stiria, a quanto pare
da solo. Nell'agosto 1892 passò con sua moglie una settimana a Hallstatt,
e un'altra a Bad Aussee in Stiria, per poi raggiungere i figli a Reichenau.l1
Il 1893 fu un anno incolore, dato che poté trascorrere solo tre settimane
a Reichenau. In aprile riusd comunque a fare una visita di un paio di
giorni al suo amico Fliess a Berlino. L'anno seguente andò meglio: nella
prima metà d'agosto i Freud andarono a Monaco a trovare Fliess e sua
moglie, che si erano sposati due anni prima. Fliess vi si era recato per cu
rarsi, poiché a quell'epoca era seriamente malato.1.2 Sulla via del ritorno
402 Vita e opere di Freud
Amburgo con sua madre, fermandosi a Berlino dai Fliess sia all'andata che
al ritorno.
L'anno seguente, 1897, Freud si allontanò ancora di più, sebbene la va
canza fosse più breve. A Pasqua andò a Norimberga con Fliess ed in giu
gno scalò lo Schneeberg, nel Semmering, insieme a suo fratello. A metà
luglio si incontrò a Salisburgo con la cognata Minna e fecero insieme una
breve gita a piedi a Untersberg e Heilbrunn. Poi, dopo una visita alla ma
dre di lei a Reichenhall, Freud tornò a Vienna, ove doveva prendere ac
cordi per la pietra tombale del padre. Questo coincise proprio con l'inizio
dell'autoanalisi. Solo verso la fine di luglio poté raggiungere la famiglia
ad Aussee. Ne riparti al principio di settembre ed in poco più di quindici
giorni fece un incredibile giro insieme a suo fratello Alexander e ad un
certo dr. GattI, che Fliess gli aveva indirizzato da Berlino e che era con
temporaneamente suo allievo e suo paziente. Prima ci furono due giorni a
Venezia con i soliti bagni al Lido. Freud visitava la città per la terza volta
e cominciava ormai a conoscerla. Poi passò a Pisa, che non gli piacque.
Non tralasciò comunque di salire sulla torre pendente, ma dopo averlo
fatto passò il resto della giornata a Livorno, città di mare che gli ricordava
Trieste. Il giorno dopo era a Siena, e dopo altri due giorni a S. Gimignano.
Il giorno seguente fece una gita a Poggibonsi e a Chiusi e la sera stessa
arrivò ad Orvieto. L'indomani andò a Bolsena dove ammirò in modo spe
ciale le pitture di Signorelli, e il giorno dopo a Spoleto per vedere le ca
scate di Terni. Venne quindi Assisi dove con sua sorpresa incontrò Eleo
nora Duse che vi stava trascorrendo una vacanza. Tre giorni furono tra
scorsi a Perugia seguita da Arezzo e quindi da Firenze per altri tre giorni.
Freud avrebbe voluto raggiungere Ancona e poi di Il andare fino a Trieste
per nave,14 ma il tempo a sua disposizione non glielo permise e dovette
tornare direttamente a Vienna.
Sembra che a suggerire questo giro fosse stato Fliess, che gli aveva con
sigliato di familiarizzarsi con i capolavori dell'arte italiana. 15 Il godimento
di Freud fu però diminuito dal fatto che non poteva soffrire la monotonia
dei quadri a soggetto sacro, soprattutto cristiano. Vide però sicuramente
una
.,
gran .quantità di cose, e dei suoi giudizi avremo occasione di parlare
plU avanti.
Anche il 1898 fu un anno movimentato. A Pasqua Freud e suo fratello
~assarono nel Sud tre giorni durante i quali visitarono Aquileia, dove Freud
nmase affascinato dai resti della città romana, un tempo famosa, e le grotte
404 Vita e opere di Freud
essersi ingannato nella sua teoria della_ seduzione, una delle cose che sem
bravano dargli più fastidio era che, essendo errata la sua teoria etiologica,
non poteva più sentirsi sicuro di riuscire a curare le nevrosi, dalle quali i
suoi introiti dipendevano. La sua teoria dei sogni invece ne usciva del
tutto indenne: «Peccato che non si possa vivere interpretando sogni.» Il
mese immediatamente successivo, infatti, il suo presentimento si avverò: ol
tre a sé non aveva che due pazienti, entrambi gratuiti (<<con il sottoscritto
fanno tre, ma non rendono nulla»). Le cose andarono male per un anno:
non poteva lasciare Vienna per non rinunciare neanche ad una sola giornata
di lavoro. Nell'ottobre successivo (1898) però era di nuovo impegnato a
fondo con undici ore di psicoanalisi al giorno. Dopo un paio di visite me
diche al mattino, cominciava a lavorare alle nove e finiva alle nove di sera
con una sosta di un'ora e mezzo a metà giornata. Per la sera c'era la ste
sura dell'Interpretazione dei sogni, la corrispondenza e l'autoanalisi. Due
mesi dopo gli introiti erano scesi a 70 gulden al giorno, ma il mese se
guente guadagnava di nuovo 100 gulden lavorando dodici ore. In maggio
queste si erano ridotte a due e mezzo e nell'ottobre seguente scrisse che i
guadagni negli ultimi sei mesi non erano bastati a coprire le spese. Cercava
quindi di guadagnare in qualche altro modo: tentò di avere un posto in
una clinica per i mesi estivi senza riuscirvi.
Nel gennaio 1900 disse che aveva avuto un solo caso nuovo negli ultimi
otto mesi: «Non so ancora come potrò farcela.» In maggio quattro pazienti
avev.ano terminato il trattamento e Freud aveva solo tre ore e mezza di la
voro al giorno. Fu in quell'anno che la famiglia non poté andare oltre i
sobborghi di Vienna.
Quando scriveva del suo «orrore della miseria», Freud sapeva bene di
che stesse parlando. In una lettera del settembre 1899 raccontò come, in
giovinezza, fosse giunto a conoscere «la miseria disperata» e come la te
messe: «Vedrai che il mio stile migliorerà e le mie idee diventeranno più
giuste quando questa città mi darà da vivere con larghezza.» :B interessante
il fatto che questo passo non fosse stato scritto al congiuntivo: una volta
tanto le sue speranze si avverarono.
Quando lo zar proclamò il suo famoso Manifesto di Pace (agosto 1898),
Freud fece un divertente commento. Anni prima egli era giunto alla con
clusione che lo zar soffrisse di una nevrosi ossessiva con la quale si spie
gava che fosse «iperbuono» e scrupoloso «come Koko nel Mikado». Sta
volta riferl questa sua fantasia: «Da un nostro incontro trarremmo vantag
408 Vita e opere di Freud
gio in due: io vado in Russia per un anno, lo libero dalla nevrosi di quel
tanto perché non soffra più e gliene lascio quanto basta perché non faccia
più nessuna guerra. 20 Dopo di che potremo tenere tre "congressi" all'an
no, esclusivamente in Italia, e potrò permettermi di curare gratis tutti i miei
pazienti.»
Freud aveva solo ambizioni scientifiche: scoprire. La sua ambizione più
mondana era il desiderio di guadagnare abbastanza da permettersi di viag
giare. Un passo avanti nella scala professionale e sociale non significava
forse altro per lui che la possibilità di una maggiore indipendenza. Egli si
lamentava inoltre che i suoi mezzi di sussistenza dipendessero da persone
che disprezzava, cioè dai suoi colleghi. A Vienna in quell'epoca l'intera
società era pervasa da un conformismo senza pari. Reputazione e capacità
erano esclusivamente subordinate ad una pura questione di titolo e la ge
rarchia dei titoli era di una complessità barocca, specialmente nel campo
medico. Dal punto di vista sociale, rivolgersi ad un generico, per quanto
bravo, se ci si potevano permettere gli onorari di un Privatdozent, voleva
dire sminuirsi. Cosi la clientela migliore andava da quei medici che pote
vano fregiarsi dell'agognato titolo di professore. Freud deve aver sincera
mente disprezzato tutto ciò, ma -non poteva fare a meno di riconoscerne
gli importanti -aspetti economici. Unicamente per questa ragione, e non per
altro, egli era stato contento di ottenere quel titolo, la cui conquista da
parte sua fornisce con la sua storia un vivido quadro della Vienna d'allora.
Nel gennaio 1897, dopo essere stato Privatdozent per il periodo insoli
tamente lungo di dodici anni, Freud scrisse che la voce secondo la quale
lo si lasciava indietro una volta di più a favore di colleghi più giovani, lo
lasciava assolutamente indifferente, pur potendo accelerare la rottura defi
nitiva dei suoi rapporti con l'Università. Il mese seguente, però, riferl che
Nothnagel gli aveva detto di volerlo proporre per il posto di professore ag
giunto, d'accordo con Krafft-Ebing e Frankl-Hochwart, e che qualora il Con
siglio di Facoltà non fosse stato d'accordo, essi erano decisi ad inoltrare
personalmente le loro proposte al Ministero. 21 Nothnagel aveva però ag
giunto: _«Lei sa quali altre difficoltà ci sono: forse non otterremo altro che
"metterla sul tappeto".» Ciò che a Freud faceva piacere comunque era il
fatto di poter continuare a considerarli «persone perbene». Egli dovette
preparare a questo scopo un curriculum dei suoi lavori pubblicati, che è
stato edito successivamente.22
La cosa fini n. L'atteggiamento antisemita negli ambienti ufficiali sarebbe
Vita privata (1890-1900)
que egli scrisse a Fliess che di tutte le persone che erano in ballo l'asino
più grande era lui perché conoscendo l'andazzo del mondo viennese avreb
be dovuto sistemare le cose con qualche anno d'anticipo (11 marzo 1902).
In ogni caso la cosa lo divertI e nell'ultima lettera della corrispondenza
con Fliess scrisse: «La popolazione vi prende viva parte. Ora mi piovono
congratulazioni e fiori come se Sua Maestà avesse uflicialmente riconosciuto
il ruolo della sessualità, o il Consiglio dei ministri avesse confermato l'im
portanza dei sogni, o come se la necessità del trattamento psicoanalitico
dell'isterismo fosse passata al Parlamento con una maggioranza di due
terzi» (11 marzo 1902).
Questa assurda storia ebbe i risultati attesi. Conoscenti che quando lo in
contravano fingevano di non vederlo, adesso si inchinavano anche da lon
tano. I compagni di scuola dei suoi figli esprimevano la loro invidia e
- unica cosa importante - la sua professione privata assunse definitivamente
un buon andamento. Se non rispettabile, Freud era ora almeno rispettato.
Questo evento coincise poi con un'altra pietra miliare della sua vita, cioè
con l'uscita dal suo annoso isolamento intellettuale. I primi seguaci, per i
quali volle essere sempre solo «Herr Professor», cominciavano a riunirsi
intorno a lui ancor prima che il mondo esterno prendesse in seria conside
razione il suo lavoro di psicologia.
Ora per Freud .era doveroso presentarsi personalmente davanti all'impe
ratore e ririgraziarlo di aver voluto sancire l'onore concessogli, ma era d'ob
bligo mettere la medaglia militare - che naturalmente era andata perduta
da molto tempo. Il suo amico Herzig allora gli prestò la sua, ma lo avvertI
che appena entrato nella sala delle udienze, l'imperatore dall' occhio di
lince avrebbe subito esclamato: «Ma quella non è la medaglia di Herzig?»
La posizione accademica di Freud non mutò sostanzialmente con il nuo
vo titolo. Come da Privatdozent, egli era autorizzato a tenere conferenze
all'Università, senza esservi obbligato. Solo il professore ordinario membro
della Facoltà aveva questa incombenza.
Freud ricevette questo supremo titolo nel 1920, ma dato che esercitava
la professione privata non fu eletto membro della Facoltà né gli venne
affidato alcun reparto, per cui insomma non fu mai un insegnante accade
. .
IIl1CO vero e proprIO.
Egli si valse liberamente del diritto di tenere corsi di lezioni, e continuò
a farlo, con qualche interruzione, fino alla prima guerra mondiale. Le le
zioni erano bisettimanali, il giovedi e il sabato. Probabilmente non sono iI
Vita privata (1890-1900)
era stato approvato in anticipo, accettò. All'ultimo momento però gli arri
vò un avviso urgente nel quale gli si chiedeva di citare nella prima metà
della conferenza solo esempi da salotto, dopo di che un intervallo avrebbe
permesso alle signore di allontanarsi ed egli avrebbe potuto continuare con
il resto! Naturalmente Freud si rifiutò di parlare (15 febbraio 1901).
Si ritiene di solito che a causa della cattiva accoglienza tributata alle sue
idee Freud avesse deciso di boicottare le riunioni scientifiche viennesi. Que
sto è sicuramente assai lontano dal vero, come risulta dagli interventi da
lui fatti durante le discussioni in varie società di medicina. Esistono anzi i
resoconti di nove o dieci lavori (che saranno elencati nella bibliografia di
Strachey) che Freud lesse personalmente tra il 1892 e il 1896 al Medizi
nisches Club, al Verein fiir Psychiatrie und Neurologie ed al Wiener medi
zinisches Doktorenkollegium. 5010 con la Gesellschaft der Aerzte la pole
mica si protrasse per vari anni. Insomma, sebbene Freud si lamentasse ama
ramente per il suo isolamento e per il fatto che non c'era nessuno a
condividere le sue idee, non gli si imped1 mai di esporle ai suoi colleghi.
Per esempio, una volta un suo lavoro sull'isterismo, letto davanti al Dokto
renkollegium si protrasse per tre intere serate, e due altre furono dedicate
alla discussione. L'ostracismo, se si può usare una parola cos1 dura, era
piuttosto passivo che attivo, e aumentò indubbiamente dopo il 1896, ultimo
anno in cui Freud lesse un lavoro davanti ad una società medica. 28
Non risulta che Freud abbia mai partecipato a riunioni scientifiche in
ternazionali dopo quella di Parigi sull'ipnosi nel 1889, eccettuati natural
mente i congressi internazionali di psicoanalisi degli anni successivi. :B vero
che in tre occasioni egli aveva annunciato a Fliess la sua intenzione di par
teciparvi, ma mancano ulteriori conferme che ciò sia effettivamente acca
duto. Nella 66esima Versammlung deutscher Nalurforscher und Aerzte che
ebbe luogo a Vienna dal 24 al 28 settembre 1894, Freud fu scelto come
segretario della sezione di neurologia, che però non fu poi costituita. Forse
Freud assistette ugualmente al congresso, dal momento che era tornato a
Vienna una settimana prima del suo inizio. Successivamente ebbe l'idea di
partecipare al I Congresso Internazionale di Psicologia che si tenne a Mo
naco nell'agosto 1896, però manca qualunque conferma in proposito, seb
bene gli fosse facile recarvisi da Salisburgo dove si trovava in quel mese.
Un mese dopo si svolse a Francoforte la 68esima Versammlung deulScher
Natllrforscher IInd Aerzte, e Freud aveva accettato l'invito di fungere da
correlato~e sulI'argomento del morbo di Little, nel quale era una delle mag
41)
Vita privata (1890-1900)
giori autorità viventi. Anch~ stavo~ta per qualche motivo s~ono~iuto questa
riunione non si tenne, ma in ogm modo Freud aveva decISO di non pren
dervi parte. 29
tra questi due motivi vi è un evid~nte rapporto, ~erò non bis.ogna ~solu
tamente confonderli. Freud aveva bIsogno dello stlmolo che gh dava ti suo
lavoro, ~ se aveva troppo tempo libero, come ogni tanto accadeva, riusciva
a far poco. CosI, quando aveva dieci pazienti al giorno osservava che forse
erano troppi, però «vado avanti meglio quando c'è un bel po' di lavoro»
(2 febbraio 1897). Quello che conta però è che la felicità e il benessere
non comportavano per lui il lavoro migliore, il quale dipendeva invece
da un malessere interno e alquanto sgradevole che rumoreggia sotto sotto.
Egli stesso osservava: «Ho concluso molto poco perché non si è verificato
quel modesto grado. di malessereso necessario al lavoro intenso» (16 aprile
1896).
I suoi stati d'animo avevano effetti analoghi sulle sue capacità di scrit
tore. Malgrado la felicità e la dignità del suo stile, la sicurezza di Freud
di scrivere bene spesso veniva meno e a quanto pare Fliess fu un giudice
abbastanza severo in proposito. Se per poter lavorare bene era necessaria
una certa dose di infelicità - né troppa né troppo poca - altrettanto acca
deva per le capacità di scrittore. Un passo divertente, che si riferisce a un
capitolo dell'Interpretazione dei sogni, è il seguente: «Il mio stile in sé
era cattivo perché mi sentivo troppo bene fisicamente; per scrivere bene
devo sentirmi un po' infelice» (16 settembre 1899).
Lo stile di Freud era vigoroso e incisivo, spesso ironico e talvolta cau
stico. Eccone alcuni esempi che tuttavia non possono non perdere con la
traduzione. Annunciando la morte di Billroth, il più grande chirurgo euro
peo dei suoi tempi: «l! da invidiarsi per non essere sopravvissuto a se
stesso» (7 febbraio 1894). Ed ecco altri esempi: «Vivo in un tale isola
mento come se avessi scoperto le più grandi verità» (16 marzo 1896).
«Ciò dimostra una volta di più quanto è difficile vedere tranne che per co
lui che vede» (4 maggio 1896). «Ho troppo buon senso per lamentarmi:
so di valere, per quanto poco, tutto quello cui si ha diritto, secondo le
statistiche dell'umana miseria» (7 maggio 1900).
In quegli anni Freud lesse enormemente, come testimonia la sua biblio
teca. Si era a lungo imbevuto, naturalmente, dei classici tedeschi e spesso li
citava. Nella corrispondenza vi sono casuali riferimenti a libri che stava
leggendo, che però rappresentano solo una parte di tutto quello che lesse.
Tra gli autori citati vi sono Gottfried Keller, ]acobsen,Sl Multatuli, Guy
de Maupassant, KIeinpaul, Dante, Vasari (Vite de' Più eccellenti pittori,
scrittori e architettort), C. F. Meyer, Friedjung (Der Kampi 11m die Vorherr
416 Vita e opere di Freud
14 . I
Vita e opere di Freud
1. Anf., p. 183.
2. lbid., p. 436.
3. In una lettera Freud lo chiamò il migliore amICo che aveva a Vienna.
4. Sua figlia è una nota psicoanalista.
5. Anche sua figlia è una nota psicoanalista.
6. Anf., p. 337.
7. Fu proprio la sua appartenenza a quello che i nazisti chiamarono un
«gruppo politico intestino» che costitul il pretesto al sequestro dell'Interna
tionaler Psychoanalytischer Verlag nel marzo 1938.
8. Una successiva definizione, più amara e solo in parte significativa, è la
seguente: «Ci si abitua gradualmente ad una nuova concezione della natura
della felicità. Si può affermare che la felicità nasce quando il destino non
mette in opera tutte le sue minacce» (24 marzo 1901).
9. [Oh paese donna / corteggiato, non vinto / ancor più amato dalle ma
schie terre del mondo / sul loro cuore invece foggiato.]
10. Lettera di Minna Bernays a sua sorella, -7 agosto 1898.
11. Lettera a Rosa, 5 agosto 1892.
12. G. W., II-III, 202, 203.
13. Corrispondenza inedita di Fliess, 29 agosto 1894.
14. Anf., p. 229.
15. Ibid., p. 228
16. Per gli appassionati delle coincidenze posso affermare che il suo futuro
biografo si trovava Il in quella stessa settimana, e che forse viaggiò nella
stessa diligenza di Freud.
17. G.W., IV, 7.
18. Corrispondenza inedita di Fliess, 14 settembre 1900.
19. Medico, suo vecchio amico, che emigrò più tardi a New York.
20. La Russia era solo una potenziale nemica dell'Austria e l'idea di una
guerra contro di essa non fu mai completamente scongiurata.
21. Siccome l'Università era una istituzione governativa, tutte le cariche
dovevano essere ratificate ufficialmente.
22. I.Z., XXV, 1940. 69.
420 Note
del sogno come appagamento dei desideri. Freud scrisse tuttavia che,. pri
ma che la sua collaborazione con Breuer fosse cessata, cosa che sappIamo
essere avvenuta nella primavera del 1894,13 aveva detto all'amico di avere
imparato a interpretare i sogni. 14
Che l'essenza del sogno sia l'appagamento di un desiderio recondito, idea
che Freud aveva già intravista, venne confermata dalla prima analisi com
pleta di uno dei propri sogni che· egli fece giovedl 24 luglio 1895, data
storica: si tratta del sogno noto come «l'iniezione di Irma». Anni dopo
Fliess dubitò che la data fosse esatta, ma Freud la verificò rifacendosi al
suo diario dell'epoca (lettera del 18 giugno 1900). Una volta Freud mi
condusse al ristorante. Bellevue e potei cos1 occupare il tavolo nell'angolo
nord-est del terrazzo, dove lo storico avvenimento aveva avuto luogo. Feci
allora un ovvio accenno ad una lapide da murarsi, ignorando che anni pri
ma in una lettera Freud aveva chiesto mezzo scherzando a Fliess se pen
sava che in quel punto sarebbe stata mai posta una lapide di marmo con
l'iscrizione: «Qui il 24 luglio 1895 è stato rivelato al dr. Sigmund Freud
il segreto dei sogni» (12 giugno 1900). Non è detto che ciò non avvenga.
Quattro mesi dopo Freud riferl pieno di fiducia di poter confermare
le sue conclusioni, cioè che il motivo dei sogni fosse l'appagamento di un
desiderio (23 settembre 1895). Quindi, di ritorno da una visita a Fliess
a Berlino, scrisse febbrilmente il «Progetto» che verrà trattato nel capitolo
seguente. La prima parte, scritta verso la metà di settembre, contiene tre
capitoli sui sogni. Era la prima volta che Freud affrontava il problema nel
suo insieme, ma lo· fece per via induttiva, cioè limitatamente alle posizio
ni teoriche generali di psicologia che stava cercando di sviluppare in quel
momento, piuttosto che attraverso uno studio circoscritto alle effettive ca
ratteristiche dei processi onirici, cioè l'origine e il contenuto. Il risultato è
ovviamente piuttosto scarso, e sta all'Interpretazione dei sogni di quattro
anni dopo come un villino a un palazzo. Ciononostante esso contiene al
cuni importanti elementi della futura teoria. 15
Freud era già arrivato all'importante distinzione dei processi psichici in
due tipi fondamentalmente diversi, che aveva chiamato rispettivamente pri
mario e secondario. Egli osservò che il processo primario dominava la vita
onirica e spiegò questo fatto con la relativa quiescenza dell'attività dell'Io
(che di solito inibisce il processo primario) e la quasi completa immo
bilità muscolare: se l'investimento energetico dell'Io si fosse ridotto a ze
ro, il sonno sarebbe stato privo di sogni.
Vita e opere di Freud
Egli trattò anche altri aspetti. Il carattere allucinatorio dei sogni, che
viene accettato dalla coscienza onirica (infatti il sognatore crede in quello
che gli sta accadendo), è una «regressione» ai processi di percezione, che
Freud attribuisce al blocco motorio della direzione in cui di solito la sca
"
nca Sl comp1e.
.
I meccanismi che si potevano mettere in evidenza nell'analisi di un so
gno, somigliavano in modo evidente a quelli che Freud ormai conosceva
bene dall' analisi dei sintomi psiconevrotici. A quanto pare però se ne era
dimenticato, perché in una lettera del 19 febbraio 1899 ne parlò come di
una scoperta recente.
Ora Freud era assolutamente certo che ogni sogno rappresentava l'ap
pagamento di un desiderio, ma i suoi sforzi di spiegare perché quest'ultimo
assumesse una forma mascherata non lo portavano lontano. Egli si accorse,
nel tracciare la catena delle associazioni, che durante il sogno alcuni pas
saggi non raggiungevano la coscienza, per cui il sogno sembrava spesso
assolutamente privo di senso. La spiegazione che egli ne dette seguiva i
concetti dell'economia fisiologica e si basava sulla forza di investimento
relativa alle singole idee, ma non lo lasciò per nulla soddisfatto. ~ da no
tare che a questo proposito egli non si servi qui del processo di «rimozio
ne», che nel campo della psicologia gli era già familiare.
Il 2 maggio 1896 parlò sull'argomento davanti a un pubblico di giovani
nella liidisch-Akademische Lesehalle (Sala di lettura dell' Accademia Ebrai
ca). Pare che avesse scritto un abbozzo sull'argomento perché il 7 marzo,
in una lettera a Fliess, gli promise di portarlo a un «congresso». Disgra
ziatamente però non ne è rimasta traccia: sarebbe stato molto interessante
sapere dove Freud era arrivato con la sua teoria a quel tempo. L'anno
seguente tenne una relazione più ampia davanti alla sua associazione ebrai
ca, il Verein B'nai B'rith, che durò due serate (7 e 14 dicembre 1897).
Il 14 maggio 1900, quando era ormai pienamente padrone dell'argomento,
iniziò all'Università un corso di lezioni sui sogni. In quell'occasione tanto
importante ci fu un pubblico di tre persone, cioè Hans Konigstein, figlio
del suo grande amico, la signorina Dora Teleky ed un certo dr. Mercuse
di Breslavia.
In una lettera del 7 luglio 1897, mese in cui cominciò la sua autoanalisi,
Freud parlò della conoscenza dei problemi dei sogni, ivi comprese le leggi
che ne regolano la genesi, come di quella più solida, mentre secondo lui
era circondato da migliaia di altri enigmi. Freud aveva già afferrato la so
L'interpretazione dei sogni (1895-1899) 427
esempio, il misterioso numero 1851 nell' «Assurdo sogno del padre mor
tO»18 che è stato supposto riferirsi alla data del matrimonio del padre di
Freud,19 deriva invece quasi sicuramente dall'età che Freud avrebbe dovuto
raggiungere secondo i calcoli e le previsioni di Fliess.
La stesura dell'opera può essere seguita dettagliatamente. Il 23 febbraio
1898 erano già stati scritti alcuni capitoli; il libro «sembra promettente.
Mi porta ad approfondire la. psicologia più di quanto intendessi. Le mie
aggiunte riguardano tutta la parte filosofica del lavoro: in quella organico
sessuale non ho toccato nulla.» Il 5 marzo un'int~ra parte era terminata,
«senza dubbio la meglio congegnata». Il lO marzo Freud dà un'anticipazio
ne di una ~arte importante del futuro libro quale appariva allora. «Mi
sembra che la teoria dell'appagamento dei desideri fornisca solo la solu
zione psicologica, non quella biologica - o meglio metafisica. (Ti chiedo
seriamente se posso usare il termine metapsicologia per la mia psicologia
che porta al di là della coscienza.) Mi sembra che da un punto di vista
biologico la vita onirica derivi interamente dai residui del periodo preisto
rico (da uno a tre anni), quello stesso che è la fonte dell'inconscio e l'uni
co da cui deriva l'eziologia della psiconevrosi: il periodo per il quale vi
è di solito un'amnesia analoga a quella dell'isterismo. lo sostengo questa
formula: quello che è stato visto in quel periodo preistorico dà origine ai
sogni; quello che è stato udito, alle fantasie; quello che è stato provato
sessualmente, alle psiconevrosi. La ripetizione delle esperienze fatte in quel
periodo è di per se stessa l'appagamento di un desiderio. Un desiderio
recente può determinare un sogno solo se si può collegare con materiale
del periodo preistorico, cioè se è esso stesso il derivato di un desiderio
preistorico ovvero è riportabile a quest'ultimo.» Questo passo rivela appie
no l'attività penetrante ed instancabile della mente di Freud. Da vero uo
mo di scienza egli trovava che, per quanto brillante, la soluzione di un
problema conduceva solo a considerarne altri da essa messi in luce, e cos1
via all'infinito.
La lettera del 15 marzo citava i titoli di alcuni capitoli che più tardi
però furono cambiati. A quel tempo Freud aveva intenzione di scrivere
un capitolo su Sogni e nevrosi, progetto che poi abbandonò anche se si ac
costò alla sua realizzazione con l'analisi di Dora, di cui ora parleremo. Il
3 aprile era quasi finita la seconda parte, che tratta dei sogni tipici, ma
che è assai meno soddisfacente della prima. Il 24 maggio Freud riferl che
la terza parte, sulla costruzione dei sogni, era terminata. Subito dopo, però,
L'interpretazione dei sogni (J 895- J 899)
pochi d'altro genere avevano fatto menzione del libro. 28 Esso venne sem
plicemente ignorato. La «Zeit» di Vienna pubblicò una recensione quanto
mai stupida e dispregiativa scritta da Burckhardt, ex direttore del Burg
theater, sei settimane dopo la comparsa del libro, e questo fece cessare le
vendite a Vienna. Brevi articoli apparvero sull'«Umschau» (3 marzo 1900)
e sul «Wiener Fremdenblatt» (lO marzo). Sei mesi dopo usd un articolo
favorevole sul «Berliner Tageblatt» e dopo nove mesi un altro meno favo
revole su «Der Tag». Nient'altro. A Berlino neanche l'influenza di Fliess
riusd a procurare una recensione su un qualsiasi settimanale.
Come esempio dell'accoglienza che il libro ricevette a Vienna, Freud
raccontò che un assistente della Clinica Psichiatrica aveva scritto un libro
per smentire le teorie di Freud,24 senza nemmeno aver letto nnlerprela
zione dei sogni: i colleghi della clinica gli avevano assicurato che non ne
valeva la pena.25 Quell'assistente era il professor Raimann ora defunto. Poco
tempo dopo Raimann tenne una conferenza sull'isterismo davanti a un pub
blico di quattrocento studenti e concluse con queste parole: «Come vedete,
questi malati tendono a scaricare le loro menti. Un collega in questa città
ha sfruttato questa circostanza per costruire una teoria su questo semplice
fatto e potersi cosI riempire adeguatamente le tasche.»26
Il libro non venne tuttavia completamente ignorato nei periodici di psi
cologia, sebbene le recensioni fossero altrettanto distruttive di quanto lo
sarebbe stato un silenzio completo. Lo psicologo Wilhelm Stern, ad esem
pio, denunciò il pericolo che «menti prive di critica si sarebbero trovate
perfettamente a loro agio in un simile baloccarsi con le idee, e sarebbero
finite nel più completo misticismo e in un caotico arbitrio»,21 mentre il pro
fessor Liepmann, pure di Berlino, si limitò ad osservare che «i pensieri
immaginosi di un artista avevano avuto la meglio sul ricercatore scien
tificO».28
Nel 1927 il professor Hoche di Friburgo nel suo libro Das Millmende
l,h (L'Io sognante), in un capitolo sul «Misticismo onirico» continuò a
mescolare la teoria sui sogni di Freud con i sogni profetici e con «i ben
noti libri dei sogni, stampati su cartaccia, che si possono trovare nei cas
setti delle cuoche».
Per alcuni anni l'Interpretazione dei sogni non si vendette affatto. Rara
mente un libro importante come questo ha suscitato tanto poca eco. Fu
solo dieci anni dopo, quando i lavori di Freud cominciarono ad essere ri
L'interpretazione dei sogni ( 1895- 1899) 433
conosciuti, che venne richiesta una seconda edizione. Finché Freud visse
ne furono stampate otto, l'ultima delle quali nel 1929. Non venne mai
apportata nessuna modi.fica fondamentale, né del resto ve n'era bisogno.
Le edizioni differivano esclusivamente perché contenevano un maggior nu
mero di esempi illustrativi, qua e là discussioni più complete ed una più
adeguata trattazione dell'importante argomento del simbolismo, che Freud
ammise di avere dovutamente apprezzato solo in un secondo tempo.
Le prime traduzioni del libro furono quella inglese e quella russa, en
trambe nel 1913. SeguI poi quella spagnola (1922), la francese (1926), la
svedese (1927), la giapponese (1930), l'ungherese (1934) e la ceca (1938).
Il IO febbraio 1900 Freud scrisse di aver promesso una versione con
densata dell'Interpretazione dei sogni per la serie di Loewenfeld intitolata
Grenzfragen des Nerven- und Seelenlebens (<<Problemi marginali della vi
ta nervosa e mentale»). Egli la cominciò in ottobre e deve averla scritta
con la sua solita rapidità, perché fu pubblicata nell'anno seguente, mentre
era impegnato a scrivere contemporaneamente due altre monografie. Non
sarebbe stata la sola volta che Freud avrebbe scritto una versione più di
vulgativa della sua grande opera e ogni volta portò a termine questo com
pito tutt'altro che facile con una straordinaria vivacità, cosicché anche quel
li che conoscevano l'argomento leggevano la nuova versione con l'impres
sione di leggere qualcosa per essi nuovo.
La prima traduzione di quest'opera minore fu di nuovo quella russa
(1909). Le altre sono, in ordine: l'olandese (1913), l'inglese (1914), l'un
gherese (1915), l'italiana (1919), la danese (1920), la polacca (1923),
la spagnola (1924), la francese (1925) e la giapponese (1929).
Freud disse a Fliess che quel caso sarebbe stato intitolato Sogni e isteri
smo, e che era un Frammento di un'analisi di un caso d'isterismo. Questo
secondo fu il titolo prescelto, ma nella descrizione stessa del caso Freud
accennò alla sua precedente intenzione di intitolarlo nell'altro modo.
La paziente - racconta Freud - andò a trovarlo quindici mesi più tardi,
il l° aprile 1902, due settimane dopo aver letto sui giornali che gli ave
vano conferito il titolo di professore. 31
Le testimonianze dell'epoca fissano perciò in modo sicuro la data del
l'analisi. Tuttavia nel 191432 e più tardi nel 1923 33 Freud dette per tre
volte di seguito una data erronea, anticipandola di un anno. :e lecito sup
porre che questo lapsus di memoria gli derivasse dal collegare nella sua
mente il saggio con l'Interpretazione dei sogni (che anche l'editore aveva
spostato di un anno) perché il saggio era coinciso esattamente con il ca
pitolo dallo stesso titolo che Freud aveva avuto intenzione di inserire nel
libro. Dora era giunta in realtà uno o due anni dopo, perciò era stata
l' «onnipotenza del pensiero» ad anticiparne la comparsa. I rapporti tra so
gni e sintomi psiconevrotici preoccupavano Freud per due ragioni, e nel si
stemare il materiale derivante dalle due parti suddette erano sorte alcune
difficoltà. La prima ragione era la notevole analogia del meccanismo fon
damentale dei due processi, come anche delle loro origini nell'infanzia:
analogia che a sua volta dava origine a ulteriori interessanti problemi, co
me ad esempio le differenze esistenti tra loro.
In secondo luogo entrambi i processi fornivano importanti contributi
alla teoria generale della struttura psichica. Questo rendeva difficile sape
re da quale punto di vista quest'ultima andasse descritta. La prima inten
zione di Freud era stata quella di servirsi di entrambe le fonti dopo aver
incorporato nel libro sui sogni un capitolo sui rapporti tra sogni e sintomi
psiconevrotici. Poi, sia perché gli mancava il materiale adatto per questo
capitolo, sia perché giudicava scorretto mescolare due argomenti nello stesso
libro, Freud decise di escludere la psicopatologia e di limitarsi al materiale
onirico. :e perciò che il capitolo finale della Interpretazione dei sogni, cioè
quello che tratta la psicologia generale, è scritto da un solo punto di vista.
Non era un compromesso ideale, infatti in vari punti Freud dovette inter
rompere l'argomento, perché proseguirlo avrebbe suscitato problemi suscet
tibili di essere risolti solo facendo uso del materiale psicopatologico.
Perciò, come si vede, l'analisi di Dora è veramente una continuazione
dell'Interpretazione dei sogni. Essa s'impernia su due sogni principali che
L'interpretazione dei sogni (J 895- J 899) 435
1. lì interessante notare che questi furono gli UniCI libri che Freud tenne
sistematicamente «aggiornati» nelle varie edizioni.
2. G. W., X. 60.
3. lbid., XIV, 20.
4. M., 30 giugno 1882.
5. Ibid., 19 luglio 1883.
6. Ibid., 29 marzo 1884.
7. Città fortemente associata a Martha.
8. M., II novembre 1884.
9. Ibid., 13 gennaio 1886.
La teoria psicologica che Freud si era forgiata verso la fine del secolo
conteneva alcuni elementi ai quali egli sarebbe rimasto poi fedele per tutta
la vita. Altri invece furono da lui modificati o aggiunti, ed altri ancora
rappresentarono ormai la trasformazione di idee sostenute in periodi pre
cedenti.
La data del 1900 è la più adatta al nostro scopo, perché l'esposizione
più completa che Freud dette delle sue idee in questo campo è contenuta
nel notissimo settimo capitolo dell'Interpretazione dei sogni, appunto del
1900. La maggior parte degli studiosi hanno giudicato questo capitolo come
la parte più astrusa e difficile di tutti gli scritti di Freud, che abitualmente
sono invece chiarissimi. Fortunatamente però oggi disponiamo, nei docu
menti inclusi nella corrispondenza con Fliess, di materiale adatto a gettar luce
sulla genesi delle successive idee. La spiegazione del significato ch~ queste
ultime ebbero nella mente di Freud ne viene quindi facilitata.
Spetterà ai filosofi stabilire, secondo il loro modo di pensare, quale eti
chetta applicare alle concezioni basilari di Freud. Noi ci limitiamo a tentare
di descriverne alcune.
Freud aveva tratto dalle sue prime esperienze scientifiche una profonda
fede nell'universalità delle leggi naturali ed un profondo scetticismo nei
miracoli e negli atti spontanei o indeterminati. La ricerca scientifica sarebbe
ovviamente insulsa se l'ordine che essa si propone di scoprire non esistesse.
Freud avrebbe certamente sottoscritto le parole conclusive del discorso che
il suo maestro Meynert tenne alla 54a Versammlung Deutscher Naturfor
La teoria di Freud sulla struttura della vita psiehica (19 00 ) 439
scher und Aerzte, dal titolo «Legittimità del pensiero e del comportamento
umani»: «In via generale sarei tentato di dire che, per quanto è dato
conoscere dalla storia, tutte le filosofie, tutte le ammissioni dell'umana sag
gezza hanno in ~ondo condotto a due sole co~clusio~i, che s~?o quelle per
cui la visione di coloro che hanno sfruttato 11 pensiero dell mtero genere
umano differisce dalla visione dell'uomo qualunque. La prima è che nel
mondo ogni cosa è solo apparenza, e l'apparenza non è identica all'essenza
delle cose;1 la seconda è che anche la libertà che sentiamo in noi stessi è
solo apparente.»2
Meynert spiegava l'illusorietà del libero arbitrio con il fatto che non ci
è ancora possibile seguire i processi normali della vita del cervello nei
loro minimi particolari. L'apparente libertà si basa comunque effettivamente
su una legge, quindi sulla necessità.
Herbart, al quale risalgono in ultima analisi molte delle idee di Meynert
e di Freud, si era già levato, nel 1824, contro «questa falsa dottrina di
un libero arbitrio, che è spuntata fuori negli ultimi anni»3 - alludendo
al suo maestro Fichte, la cui filosofia idealistica cionondimeno egli sentiva
profondamente.
Affrontando questo punto nei suoi scritti, nel 1904 Freud dette la ra
gione della nostra incrollabile convinzione della libertà di scelta. Egli notò
che essa è di gran lunga maggiore per le decisioni futili che per quelle
importanti. In questo secondo caso noi sentiamo di solito che la nostra
natura profonda ci spinge, e che non abbiamo effettivamente alcuna alter
nativa. Nel primo caso invece, come per esempio nella scelta arbitraria di
un numero, non riusciamo a scorgere alcun motivo e quindi non abbiamo
nessuna sensazione che essa realizzi un atto non determinato dal nostro lo.
Se però sottoponiamo questa scelta alla psicoanalisi scopriamo che malgrado
tutto essa è stata determinata, ma che nel suo caso il motivo è di ordine
inconscio. Perciò noi lasciamo che la cosa sia decisa dal nostro inconscio,
per rivendicare il credito del suo risultato. Se si considera la motivazione
inconscia, dunque, la regola del determinismo rimane genericamente valida.·
Freud non dubitò mai di questo suo atteggiamento, e tutta la sua ricerca
sulle attività della mente umana si basa in modo assoluto sulla fede nella
regolare concatenazione degli eventi psichici. Egli avrebbe voluto sottoscri
vere l'opinione del grande antropologo Tylor, per il quale «la storia del
genere umano fa parte della storia della natura, e i nostri pensieri, la
nostra volontà e le nostre azioni sono regolati da leggi altrettanto precise
44° Vita e opere di Freud
di quelle che determinano il moto delle onde». Nel 1924, nell'elencare gli
elementi essenziali della teoria psicoanalitica, Freud incluse «il profondo
significato ed il determinismo dei fenomeni psichici apparentemente più
oscuri ed arbitrari».11 Pare che egli non abbia mai espresso alcuna opinione
sulla teoria generale della causalità, ma probabilmente condivise la sem
plice teoria del diciannovesimo secolo, quella degli antecedenti invariabili.
Psiçhe e materia
In questo campo si potrebbe far rientrare Freud nella categoria qella filo
sofia idealistica, di quella materialistica o magari fenomenologica 8 perché
per ciascuno dei vari periodi della sua vita è possibile trovare qualche suo
brano che giustifichi l'una o l'altra definizione. Egli non mostrò mai la
minima simpatia per il realismo scolastico né per il solipsismo.
Nei suoi primi anni d'università, Freud aveva attraversato una fase di
materialismo radicale 7 che tuttavia non andò oltre il tempo in cui egli
seguiva le lezioni di Brentano e di Meynert. ~ comunque improbabile che
anche nel periodo di maggior estremismo egli abbia accettato il detto di
Cabanis, che il cervello secerne il pensiero cos1 come il fegato la bile!
Successivamente egli assunse un generico atteggiamento di empirismo scien
tifico. La mente" è evidentemente l'unica sorgente di informazione circa il
mondo esterno, ivi compreso lo stesso corpo, ma questo non significa che essa
debba occupare nell'universo una posizione di primato, né significa che i
dati percettivi riguardanti il mondo esterno debbano avere uno stretto rap
porto con la natura essenziale del corpo. Quanto al mondo fisico in sé,
Meynert, come la maggior parte degli scienziati dell' epoca, aveva sostituito
il kantiano Ding an siçh con la nozione di «Forza», e Freud deve certa
mente aver pensato che quest'ultima, insieme alla teoria atomica, permet
teva meglio d'ogni altra di coordinare i dati della chimica e della fisica.
La stupefacente formula E = mc 2 , con la quale Einstein unificò materia
ed energia, fu resa nota cinque anni dopo la data alla quale facciamo rife
rimento. Freud credeva pure che l'ulteriore conoscenza di queste leggi
avrebbe reso possibile la loro applicazione al regno degli organismi viventi.
In tutto ciò egli fu figlio del suo tempo, e non c'è ragione di pensare che
si sia abbandonato a speculazioni personali che fuoruscissero da quelle pre
valenti nel suo ambiente. Egli non fu mai attratto da ciò che era apparen
La teoria di Freud sulla struttura della vita psichica (19 00 ) 44 1
PJiche e cervello
«Sarebbe forse più corretto dire che questi processi non sono di natura
esclusivamente psichica, ma che sono piuttosto processi fisici le cui con
seguenze psichiche vengono rappresentate come se l'espressione "distacco
dell'idea dalla sua carica affettiva e falsa connessione di quest'ultima" si
fosse realmente attuata.»10
Freud sosteneva non solo che la psiche e la materia sono sconosciute
nella loro natura essenziale, ma che esse sono intrinsecamente diverse, per
cui il tradurre una descrizione dei processi dell'una nei termini propri del
l'altra costituisce un errore di logica. Del resto mancava ogni appiglio
atto a chiarire il diretto rapporto esistente tra loro. Il modo in cui un' ec
citazione della retina era seguita da una percezione di luce o di forma era
un mistero indecifrabile. Naturalmente, come tutti i medici e come molta
altra gente, Freud soleva spesso usare un linguaggio libero, che non con
cordava con ciò che abbiamo or ora affermato: cosI, per esempio, modifi
cazioni somatiche, sessuali, producevano l'ansia, oppure un'emozione pro
duceva la paralisi di un arto. :2 chiaro tuttavia che si tratta di espressioni
abbreviate, che non vanno prese alla lettera. Anche la medicina psicosoma
tica, per esempio, ne è piena.
Specialmente nei primi tempi, ma forse in certa misura anche in seguito,
Freud riteneva che la correlazione dei processi mentali con quelli fisiologici
suggerisse una certa analogia dei loro rispettivi modi di comportarsi. Come
ora vedremo egli accarezzò per un certo tempo la speranza che, applicando
ai processi psichici concetti fisici e fisiologici còme quelli di energia, ten
sione, scarica, eccitazione, eccetera, sarebbe stato possibile arrivare a com
prenderli meglio. Fece perfino un tentativo coraggioso, anche se disperato,
di mettere in pratica quest'idea, e nel 1895 scrisse un trattatellol l espo
nendo dettagliatamente il frutto delle sue fatiche. L'opera non fu mai
pubblicata, ed il modo con cui Freud mostrò di considerarla poco tempo
dopo indica come egli stesso avesse ric~nosciuto che si trattava di uno
sforzo prematuro, se non addirittura vano. Da allora in poi decise di seguire
l'esempio dato da Breuer nel suo capitolo degli Studi sull'isterismo: dato
che le idee rappresentano qualcosa di familiare, mentre l'eccitazione cor
ticale è solo un postulato (per cui tradurre le prime in termini propri della
seconda è solo una «inutile mascherata»), bisogna ammettere che «i processi
psichici vanno trattati col linguaggio psicologico».12
A propriamente dire anche il linguaggio fisiologico nel quale Freud tentò
di tradurre i fenomeni psicologici era in fondo un linguaggio fisico ap
La teoria di Freud sulla struttura della vita psichica (19 00) 443
plicato ai dati della fisiologia. Briicke e gli altri della scuola ~i Helmholtz
avevano identificato, con alterno successo, lo scopo della loro vita nel tenta
tivo di descrivere quei dati in termini chimici e fisici, e di applicare per
quanto possibile alla fisiologia le leggi della chimica e della fisica. C'era la
speranza, fatta balenare da Herbart verso il 1820 e poi strenuamente soste
nuta da Fechner, che lo stesso processo potesse essere esteso al campo della
psicologia, e Freud· stesso deve averla certamente nutrita nei primi tempi.
Nei cinquant'anni che seguirono questa speranza sembrò restare del
tutto sopita, ma essa è infine rinata sotto l'impulso del nuovo lavoro in
trapreso nel campo della cosiddetta cibernetica. 13 Sarebbe interessante ten
tare di stabilire un parallelismo tra i primi tentativi di Freud e le mo
derne vedute.
stati morbosi e dei rapporti tra i singoli sintomi è un aspetto che può essere
spiegato in base allo sviluppo- storico della medicina clinica tedesca. Le os
servazioni cliniche dei francesi raggiungono senza dubbio una maggiore in
dipendenza per il fatto che relegan9 i punti di vista fisiologici ad un ruolo
di secondo piano. Questo può spiegare perché la medicina clinica francese
faccia ai non iniziati una strana impressione; ebbene, questo non è frutto
di negligènza, bensl una esclusione deliberata, mossa da fini pratici.»18
Il contatto di Freud con la Francia, sia diretto che attraverso le letture,
deve avergli facilitato l'emancipazione dalla neurologia, anche se passò pa
recchio tempo prima che egli ne approfittasse, evidentemente per la rilut
tanza ad abbandonare quella che sentiva come una base «scientifica» e
sicura.
Viceversa le sue conoscenZe in materia di psicologia contemporanea erano
scarse, e sembra che tutto quello che sapeva l'avesse appreso solo per
sentito dire. Egli ammise spesso la sua ignoranza in proposito, però anche
quando, in un secondo momento, cercò di porvi rimedio, non trovò niente
di utile ai suoi fini, tranne forse due eccezioni. Gli scritti di Lipps17 lo
incoraggiarono ad intraprendere lo studio dei motti di spirito e dell'umo
rismo, che già avevano attratto la sua attenzione. Sia Lipps che ]erusalem,18
che Freud mostrò di apprezzare molto, sostenevano· decisamente la conce
zione dei processi psichici inconsci, anche se non nel senso dinamico di
Freud.
Questa è una delle ragioni per cui gli psicologi, non solo allora ma
anche in seguito, hanno trovato buona parte della terminologia freudiana
estranea alla loro. Non avendo ricevuto alcuna educazione nelle discipline
psicologiche, è ovvio che Freud dovesse essere trascurato ed inesatto nel
l'impiego dei termini, usando ad esempio la parola «percezione» come
equivalente di «idea», ecc. Egli fece a tempo a forgiarsi una terminologia
propria, servendosi largamente dell'artificio di prelevare concetti da altre
branche della scienza e di dargli un significato nuovo, appropriato al loro
attuale contesto. Anche questo rese difficile, per gli psicologi professionisti,
l'assimilazione del suo pensiero.
Sebbene Freud non avesse avuto occasione di approfondire le sue cono
scenze di chimica e di fisica, i concetti basilari di queste due scienze gli
erano indubbiamente familiari, giacché si trattava proprio delle due branche
che i suoi maestri stavano entusiasticamente cercando di introdurre nel
campo della biologia, della fisiologia generale ed in particolare della neu
La teoria di Freud sitUa struttura della vita psichica (1900) 44S
coltà non solo della sua opera, ma anche di quelle ancora più aride, che
saranno scritte per confutare la sua. Coloro che amano questa orribile let
teratura sono serviti; essa ha un valore "disciplinare", ma io non la citerò
mai nemmeno in una nota.»26
Eppure Herbart sosteneva che la psicologia aveva la precedenza sulla
fisiologia, e che lasciare che fosse dominata dal pensiero fisiologico signi
ficava invertire il normale rapporto, «errore frequentemente commesso sia
nei tempi andati che in quelli più recenti».
Nozioni simili a ,quelle ore esposte possono aver filtrato da molte parti
fino a Freud, ma gli echi del passato or ora ricordati rivestono un certo
interesse. ~ poco probabile, anche se possibile, che Freud abbia mai avuto
occasione di fare uno studio degli scritti di Herbart. 21 Non sappiamo nep
pure se li conoscesse Meynert, però le opere pubblicate da quest'ultimo
mostrano con certezza che la psicologia herbartiana gli era abbastanza fami
liare, e che la sua personale, più che basarsi su quella, ne era un amplia
mento e una modificazione. Meynert deve comunque averla appresa attra
verso la completa esposizione fattane da Griesinger, che egli apprezzava
molto e che forse anche Freud lesse.
Quando questo capitolo era già finito il dr. Bernfeld e sua moglie, ai
quali dovevo già tanto, mi comunicarono un fatto di grande interesse:
quando Freud frequentava l'ultimo anno del Gymnasiwn era in uso il
libro di Gustaf Adolf Lindner Lehrbuch det' emPirischen Psychologie nach
genetischer Methode (<<Trattato di psicologia empirica secondo il metodo
genetico», 1858). L'autore, che aveva avuto per maestro Franz Exner,
padre di quell'Exne! che istrul Freud nell'istituto di Briicke, stabiliva
categoricamente nella prefazione che sarebbero stati presi in considerazione
solo i pensatori della scuola di Herbart, ed infatti il libro può essere con
siderato un compendio di psicologia herbartiana. Tra gli altri, esso contiene
il passo seguente: «Un risultato della fusione di varie idee dimostra che
idee precedentemente coscienti, che siano state rimosse (verdran gt) dalla
coscienza per una qualsiasi ragione, non sono perdute, ma possono tornare
in determinate circostanze.»28 Segue quindi una dettagliata esposizione dei
conflitti tra idee più forti e più deboli, secondo la linea herbartiana ortodossa.
La psicologia di Fechner è interamente costruita su quella di Herbart.
Fechner condivideva pienamente i prindpi fondamentali di Herbart (ec
cetto quelli metafisici) e ne aveva rafforzato la teoria mediante l'applica
zione agli organismi viv~nti del principio della conservazione dell'energia,
Vita e opere di Freud
da poco scoperto. Egli era perfino andato oltre, affermando che i fenomeni
di piacere-dolore potevano essere concepiti pure su un piano quantitativo,
e non semplicemente qualitativo. La parola «soglia» figura in tutti gli
scritti di Fechner, il quale sosteneva che quando certi processi fisiologici
raggiungono una data intensità vengono seguiti da altrettanti fenomeni di
coscienza. Circa la questione se i processi inconsci fossero psichici, egli non
si pronunciava, pur essendo convinto della loro importanza. «Ciò che è al
di sotto della soglia porla la coscienza, perché realizza la connessione fisica
intermedia.»29 Fechner paragonava la mente ad un iceberg il quale, som
merso per nove decimi, è diretto nel suo cammino non solo dal vento che
soffia alla superficie, ma anche dalle correnti marine profonde.
Fecbner esercitò una notevole influenza su Briicke, il quale sosteneva che
«i movimenti del sistema nervoso danno origine alle idee», su Meynert,
di cui ci occuperemo fra poco, e su Breuer, che lo ravvicinava a Goethe.
Anche Freud, che ne aveva studiato gli scritti di prima mano, parlava di
lui con ammirazione, e scrisse: «Sono stato sempre sensibile alle idee di
G. T. Fechner e ho seguito il suo pensiero in molti importanti problemi.»30
Per Meynert psiche e cervello erano tanto strettamente uniti che se ne
poteva parlare come di una cosa sola, riferendosi magari indifferentemente
all'una o all'altro: la «meccanica del cervello» era una delle sue espres
sioni preferite. Sebbene egli risentisse molto delle idee di Kant e di Scho
penhauer - aveva una cultura filosofica molto vasta - la sua psicologia si
fondava essenzialmente su quella «associazionistica» di Herbart e Fechner.
Tutti e tre avevano ripudiato la «psicologia delle facoltà» che aveva avuto
tanti seguaci in Inghilterra nella prima parte del diciannovesimo secolo.
Una caratteristica importante della psicologia di Meynert era la sua
teoria della «proiezione», nella quale aveva introdotto varie analogie tratte
dall'ottica (camera oscura, ecc.), come in seguito avrebbe fatto anche Freud.
Con il termine «proiezione» Meynert intendeva la raccolta delle impressioni
a partire dalle loro varie fonti, il loro arrivo nelle cellule della corteccia
cerebrale e quindi la loro «proiezione nella coscienza». 31 Si ricorderà che
Freud nel suo libro sull'afasia aveva già fatto notare gli errori dello
schema anatomico immaginato da Meynert per questo processo. 82 La fun
zione principale delle cellule cerebrali, secondo Meynert, è quella di sta
bilire associazioni, ma esse ·10 fanno in un modo particolare. Poiché il
cuore non può regolare con sufficiente efficienza il flusso sanguigno nei vasi
più piccoli, le cellule nervose suppliscono a questa necessità, inviando ai
La teoria di Freud sulla struttura della vita psiehiea (19 00) 449
15 - I
450 Vita e opere di Freud
più romantici del diciottesimo secolo e della prima metà del diciannovesimo
hanno fortemente sostenuto questa concezione, che ha toccato il culmine con
la celebre opera di Von Hartmann. 47 Era inevitabile che nel campo medico
gli autori mettessero in rapporto con l'attività cerebrale questa regione sco
nosciuta ancora più strettamente di quanto avessero fatto per la mente co
sciente, ed infatti in Inghilterra l'espressione di Carpenter «cerebrazione
inconscia» divenne un esempio comune di questo fenomeno.
La seconda osservazione è che Maria Dorer, a quanto pare, non è arri
vata a cogliere la grossa differenza che passa tra la generica affermazione
teorica delle idee in questione e le dettagliate ricerche sperimentali che
nelle mani di Freud le resero vitali e significative. Tanto per fare qualche
esempio, il verso di Wordsworth «Il bambino è il padre dell'uomo» è
diventato proverbiale, ma la scoperta di Freud del modo preciso con cui
la base istintuale della vita infantile, fin allora sconosciuta, evolve nella
personalità adulta, gli ha conferito un significato ben più profondo.
Altro esempio: la rete di idee associate, descritta nel diciannovesimo
secolo dalla psicologia associazionista con le sue categorie di contiguità,
causalità, ecc., ha assunto un significato ben diverso da quando Freud ha
introdotto il concetto delle «idee finalistiche» nell'inconscio, e la concezione
dinamica della soddisfazione dei desideri.
Infine l'osservazione che gli esseri umani preferiscono il piacere al do
lore costitul la base di una filosofia edonistica, che però la maggior parte
dei filosofi si rifiutò di considerare esauriente, essendovi apparentemente
molte eccezioni alla regola. La dimostrazione data da Freud dell'evoluzione
del principio del piacere-dolore in quello da lui successivamente definito
principio di realtà ha dato un significato più profondo alla teoria edoni
stica.
La concezione dualistica della psiche si era fino allora basata in parte
sulla teologia ed in parte sulla fisiologia. Come vedremo meglio più avanti,
Freud dimostrò l'esistenza di due tipi differenti di attività psicologica, che
egli chiamò rispettivamente «processo primario» e «processo secondario»,
e di cui descrisse nei minimi particolari le caratteristiche che li differen
ziano nettamente l'uno dall'altro. Questo si ricollega alla sua esplorazione
dell'inconscio, alle origini, alle caratteristiche particolari ed al modo di
funzionare di esso: tutto ciò ha aperto orizzonti nuovi e completamente
diversi da quanto i precedenti postulati filosofici prevedevano. Se si affer
La teoria di Freud sulla struttura della vita psiehica (19 00) 4S3
essere descritta in termini di neuroni, dei loro processi e delle loro sinapsi!
Questo pensiero deve averlo affascinato.
Un'altra considerazione importante è costituita dal fatto che fino agli
ultimi tempi della sua vita, cioè per quanto ne sappiamo, mai più Freud
si abbandonò, come in questo caso, ai ragionamenti deduttivi. ~ vero
che il grande Herbart aveva sostenuto che in psicologia la deduzione ha
diritti pari a quelli dell'induzione, ma questa eresia metafisica era stata fe
rocemente ripudiata sia da Griesinger che da Meynert, e Freud stesso era
stato allevato nella sacra dottrina che tutte le conclusioni devono essere fon
date sull'esperienza e su essa sola. Nel «Progetto» invece vengono fatti ben
pochi riferimenti diretti a qualsiasi esperienza. Gli assiomi e le afferma
zioni - a prescindere dalla loro plausibilità - fungono da punti di partenza
per successioni di pensieri che conducono lontano, e per conclusioni piutto
sto dogmatiche. Un saggio del genere sarebbe stato normale aspettarselo da
un filosofo, più che da un patologo.
La parola filosofo fa pensare che Freud stava forse realizzando proprio
in quel periodo la sua tendenza a filosofare, precoce e finora tenuta tanto
energicamente a freno. La febbrile ossessività con cui egli scrisse il saggio
rivela un' attività profonda sottostante, e la successiva e subitanea sconfes
sione va interpretata come la disapprovazione di essa. Se non fosse stata
tenuta a freno, questa tendenza avrebbe portato ad una sterile speculazione,
ad una arida intellettualizzazione delle istanze profonde. Per fortuna invece
la conclusione fu diversa: Freud tornò all'esperienza empirica delle sue
osservazioni cliniche. Un passo decisivo l'aveva però compiuto: quello di
scaricare, sia pure per un mese o due, qualcosa di vitale che era in lui e
che si sarebbe trasformato nella sua immaginazione scientifica, cioè nel re
gno in cui entrambi i lati della sua natura avrebbero trovato libero sfogo
in una proficua cooperazione.
~ interessante notare, infatti, con quanta fedeltà il -,<Progetto» riunisca
ed esprima i due lati opposti della natura di Freud, quello conservatore e
quello fantasioso. Fu senza dubbio questa combinazione che, una volta rea
lizzata, conferl una simile urgenza alla stesura del <<Progetto», mentre la
relativa sterilità di esso va spiegata con il distacco di Freud dai dati della
clinica. Egli doveva trovare ancora sbocchi più proficui, che solo il corag
gio di esplorare le esperienze emotive gli avrebbe potuto fornire.
Dopo un preambolo cosI lungo è giunta l'ora di esaminare il contenuto
del «Progetto». Purtroppo esso non solo è molto astruso, ma è talmente
La teoria di Freud sulla struttura della vita psichica (19 00) 4S9
tità, che poteva venire ostacolato o facilitato a seconda dello stato delle
«barriere di contatto» esistenti tra i vari neutoni.
Il funzionamento del sistema nervoso secondo il «Progetto» era soggetto
a due princlpi strettamente connessi. Uno era quello della «inerzia» (Trag
heil) per cui i neuroni tendono a liberarsi di tutta la quantità che conten
gono,70 e che negli anni successivi divenne il principio del piacere-dolore.
Freud sosteneva che questa idea gli era venuta durante le sue osservazioni
cliniche di psiconevrosi, dalle nozioni di idee intensive, di stimolazione, di
sostituzione, di scarica, ecc., che gli sembrava lecito trasferire nel campo
dell'attività neuronica (che a sua volta doveva spiegare lo svolgersi dei
processi mentali). Il movimento riflesso, nel quale un eccitamento sensitivo
è seguito da una scarica motoria, è negli animali la forma più pura di questo
principio. Freud faceva risalire la reazione neuronica all'eccitabilità dello
strato superficiale del protoplasma.
La scarica può essere definita la funzione primaria del sistema neuroni
co: non importa altro che la scarica in ogni direzione. Quando vengono
scelte vie di scarico tali da esaurire lo stimolo entra in gioco una funzione
secondaria: la «fuga dall'eccitamento». Ciò che determina realmente la
rottura del meccanismo, per cui esso deve essere modificato, è la sua inca
pacità a cavarsela con uno stimolo interno (somatico) nella stessa seml?lice
maniera con cui reagisce a uno stimolo esterno. In questo caso sia la scarica
che la fuga sono impossibili, e la situazione può essere risolta solo da modi
ficazioni apportate al mondo esterno, per esempio con l'assumere cibo. Per
ciò i neutoni devono tener pronta una certa riserva di quantità, non essen
do più possibile ridutla a zero.
L'altro principio, quello della «costanza», era derivato più chiaramente
dal campo della fisica. Esso era stato largamente usato sia da Breuer che da
Freud, sebbene Breuer avesse riconosciuto a Freud il merito di averne in
tuito l'importanza nel problema in questione. 71 Nel 1892 essi l'avevano de
finito insieme nel modo seguente: «Il sistema nervoso tende a mantenere
costante, nella sua condizione funzionale, qualcosa che può essere definito
come "somma di eccitazioni".»12
Su questa base Freud costrul ciò che James Strachey ha definito «un mo
dello estremamente complicato e straordinariamente ingegnoso della mente,
concepito come un lavoro di ingegneria neurologica»,73 che nelle parole
di Freud «funzionava quasi da solo».
Il primo problema affrontato era quello della memoria. Com'era possi
La teoria di Freud sulla struttura della vita pslchica (19 00)
stinzione dei neuroni in due tipi, Freud emise l'ipotesi che la maggiore o
minore permeabilità non dipendesse dal tipo cellulare ma dalla quantità
proveniente dalle diverse fonti di eccitazione: dal mondo esterno per i
neuroni tp e dalle cellule del corpo per quelli ~ (più gli stimoli percettivi
pervenuti loro attraverso i neuroni <p ). Tutto faceva pensare che la forza
del primo tipo di stimoli fosse maggiore della seconda, perciò Freud sup
pose che la disposizione delle terminazioni nervose periferiche funzionasse
come uno schermo (idea che avrebbe successivamente elaborato nella sua
psicologia). Gli stimoli superavano quindi facilmente la resistenza opposta
dalle barriere di contatto tp. In tal modo Freud faceva corrispondere la
sua distinzione alle funzioni biologiche fondamentali del sistema nervoso,
che sono quelle di elaborare gli stimoli provenienti rispettivamente dal mon
do esterno e dal corpo.
Solo il dolore somatico aveva la possibilità di sconvolgere il meccanismo
di cui sopra: agli stimoli dolorosi nessuna barriera di contatto era in grado
di resistere. Sfuggire al dolore è quindi un'esigenza primordiale del sistema
nervoso, e per:6.no il ricordo dell'oggetto che ha detenninato il dolore è
fonte di sofferenza (Un/ust). Più tardi Freud collegò questo concetto della
rottura delle barriere sia con !'importanza del ruolo del trauma in psicopa
tologia, sia con la teoria della paura e con i segni d'allarme dell'ansia.
Il problema della coscienza presentava naturalmente grosse difficoltà, per
ché oltre alle leggi fisiche che regolavano le variazioni della quantità, fa
ceva il suo ingresso un nuovo fattore, la qualità. Freud introdusse quindi
un terzo tipo di neuroni, indicati con la lettera 6), che erano intermedi fra
quelli ~ e quelli <p, ed avevano lo scopo di trasformare la quantità in
qualità. Gli altri due tipi agivano solo in funzione del gruppo C&). Freud
non concepiva la coscienza né come un semplice accessorio dei processi fi
siopsichici né come l'aspetto soggettivo di tutti i processi psichici, ma come
l'aspetto soggettivo di una parte di essi, cioè di quelli percettivi (C&) ).
Quando la coscienza manca l'apparato è quindi diverso, perché allora i neu
roni C&) non forniscono nessun contributo. A questo punto però il mecca
nismo sembrava stridere un po', e Freud fu costretto ad introdurre tra le
sue misure una terza dimensione, quella del tempo, che egli definì «perio
do».
Qui s'incontra il noto concetto che la sofferenza (Un/llst) consista in un
aumento di livello della quantità, il piacere invece nella sua scarica. Esso
è alla base del principio del piacere-dolore.
La teoria di Freud sulla struttura della vita psiehica (19 00)
parsa della pubertà, spiegazione che divenne inadeguata dopo che egli stes
so ebbe scoperta la sessualità infantile. L'enigma della rimozione non era
stato quindi del tutto risolto. Rimaneva però valida la conclusione per cui
gli affetti facilitando i processi primari impediscono il pensiero, il quale
può svolgersi solo «per tentativi», con piccole cariche di quantità.
Nella terza parte Freud applicava i prindpi generali suddetti all'attività
della mente normale nel suo insieme. Questa parte è cos1 tecnica, compli
cata e piena di ragionamenti serrati che avrebbe bisogno di uno speciale
commento esplicativo. Essa si riferisce soprattutto alle modificazioni del
!'investimento ed al flusso di energia che si suppone passi da un gruppo
di neuroni all'altro durante i diversi tipi di pensiero - osservare, ricono
scere, giudicare, discriminare, pensare «in pratica», riflettere - come anche
durante i vari tipi di processi patologici del pensiero.
Un concetto fondamentale era quello di attenzione. Freud affermava che
i neuroni dell'Io rispondono ad uno stimolo esterno non soltanto in modo
passivo ma anche trasmettendo attivamente una carica di energia ai neu
roni (O. Questo accade soprattutto quando la coscienza è vigile. Pur aven
do tentato di spiegare meccanicamente tale processo egli pensava che fosse
più facile spiegarlo biologicamente. Benché nei suoi scritti successivi questo
argomento abbia un ruolo trascurabile, nel «Progetto» Freud affermava che
una delle sue due «leggi biologiche» era quella per cui l'Io esercita la ca
tessi su ogni elemento percettivo che possieda qualche caratteristica di realtà
(Realitatszeichen), cioè che dimostri di provenire dal mondo esterno. L'al
tra legge è quella della difesa primaria contro il dolore.
Alle associazioni di linguaggio Freud attribuiva grande importanza. Esse
possiedono due caratteristiche proprie: sono limitate nel numero e sono
esclusive o particolari. I loro aspetti motori sono importanti sia perché for
niscono una delle prove della realtà, sia perché facilitano i processi mne
monici. Negli scritti successivi di Freud il linguaggio è considerato un at
tributo che distingue il preconscio dall'inconscio propriamente detto.
Esso ha pure un ruolo importante nelle prime fasi di sviluppo delle
relazioni con l'ambiente umano circostante. In questo caso le inevitabili fru
strazioni sono lo stimolo principale che il mondo esterno impiega per ri
svegliare il senso di realtà, e il pianto è il primo tentativo di sostituire la
fonte di soddisfazione originale con l'immagine allucinatoria, secondo il
metodo indiretto di modificare qualche aspetto del mondo esterno.
L'origine dell'Io era per Freud il problema più oscuro. Egli la spiegava
Vita e opere di Freud
Abbiamo già detto che Freud mise subito da parte questo interessante
lavoro come una cosa di nessun valore, della quale provava anzi Wla certa
vergogna. Questo non è però il particolare più curioso della storia. Il suo
voltafaccia, dalla soddisfazione alla devalorizzazione, non derivò - come
si potrebbe pensare - dall' essersi accorto della incompatibilità del duplice
compito che si era imposto. Al contrario, egli continuò per oltre un anno
ad apportare modifiche alla sua teoria negli stessi termini di anatomia e
fisiologia cerebrale. Non che egli si fosse reso conto dell'impossibilità del
compito, piuttosto non era rimasto soddisfatto dal risultato dei suoi sforzi.
La sicurezza in proposito non è però assoluta. Come abbiamo già visto
parlando della sua teoria della seduzione, Freud continuava ad insistere
su un'idea anche quando era certo per metà di battere una strada sbagliata.
Tornare sui propri passi non fa piacere a nessuno, perciò la spiegazione
alternativa dell'aver chiarito le proprie idee è forse quella giusta.
Comunque stiano le cose, in una lettera a Fliess del IO gennaio 1896 il
filo di pensiero del «Progetto» continua in termini di fisiologia. Freud ap
portava parecchie modificazioni alla precedente versione, arrivando a sem
Vita e opere di Freud
plificarla in una certa misura. La modifica più importante era forse quella
per cui la quantità che arriva ai neuroni deriva da un'unica fonte, ossia
dagli organi interni, i quali non hanno alcuna capacità di eccitare i neu
roni CI). Gli stimoli che arrivano al cervello dagli organi di senso eccitano
semplicemente i neuroni senza farne aumentare la quantità. Essi trasmetto
no però la loro componente qualitativa al gruppo CI) dei neuroni ~, deter
minando in tal modo la coscienza. Questa semplificazione sembrava rendere
superfluo il concetto degli speciali neuroni q:>, che veniva infatti modificato
nel modo seguente: essi ricevono gli stimoli degli organi dei sensi, e ne
trasmettono la componente qualitativa ai neuroni CI), i quali a loro volta sti
molano i neuroni ~ senza trasmetter loro né qualità né quantità.
I neuroni ~ di per se stessi non sottintendono la coscienza finché non
entrano in rapporto con associazioni di linguaggio.
L'inversione dell'eccitazione che si verifica nelle allucinazioni non avvie
ne solo in direzione dei neuroni ~, ma anche di quelli CI).
Freud faceva poi risalire l'origine della sofferenza ad un conflitto tra la
quantità contenuta nei neuroni ~, proveniente dagli organi interni (ivi
compresa l'energia sessuale), ed i processi di coscienza. In altre parole egli
aveva capito che il conflitto psichico e la sofferenza derivano essenzialmente
dalla difficoltà, da parte dell'uomo, di fronteggiare i bisogni e gli impulsi
del proprio corpo, soprattutto quelli di natura sessuale.
In una lettera del 6 dicembre 1896 Freud mostrò di aver compiuto ul
teriori progressi sotto vari punti di vista. Il fatto più originale era il con
cetto che le tracce mnemoniche non si depositano una volta per tutte, ma
che con il passar del tempo vanno incontro a parecchi rimaneggiamenti.
Nel suo libro sull'afasia egli aveva già espresso un'ipotesi analoga per
quanto riguardava le vie afferenti dalla periferia, punto che citava nella
sua lettera.
Egli sosteneva il punto di vista che nei neuroni CI) , connessi con la co
scienza, non resti alcuna traccia mnemonica, per cui memoria e coscienza
sono «vicendevolmente indipendenti». La prima traccia mnemonica si inci
de (ovviamente nel «processo primario») secondo la legge associativa della
simultaneità. La seconda registrazione, che si forma in base ad associazioni
causali, è anch'essa inconscia e perciò inaccessibile alla coscienza, e corri
sponde al pensiero concettuale. La terza, legata alla formazione delle im
magini verbali, appartiene al sistema preconscio. 811 La coscienza pensante
La teoria di Freud sulla struttura della vita psichica (19 00)
intelligibile. Per far ciò essa deve evitare qualunque preconcetto estraneo
di natura anatomica, chimica o fisiologica, e lavorare solo su ipotesi utili,
esclusivamente psicologiche.»9!
Ed eccoci finalmente giunti alla descrizione che Freud pubblicò della sua
teoria psicologica, e che si trova nel settimo capitolo dell' I n/erpre/azione
dei sogni, il quale è sempre servito da punto di partenza per le successive
estensioni e modificazioni delle idee del suo autore.
Egli adottò in quel capitolo uno schema dell'attività psichica molto simile
a quello del «Progetto», come pure buona parte degli stessi concetti fon
damentali, ma la terminologia fisiologica era quasi completamente scompar
sa. Rispetto al «Progetto» il capitolo in questione è più semplice e più
chiaro, anche perché fu scritto per un pubblico più vasto e meno specializ
zato.
Freud, che aveva naturalmente tratto il suo bagaglio di psicologia pratica
quasi per intero dalla sua esperienza clinica, vagheggiò per lungo tempo
l'ambizione di fare uso di tale esperienza per formulare una psicologia teo
rica. Perciò rinunciare a questo progetto in favore di un altro basato sulle
sue recenti acquisizioni sui processi onirici deve essergli costato molto caro.
Eppure, se voleva fare del suo libro sui sogni un' opera completa, c'erano
sufficienti motivi per prendere una simile decisione. Per un po' egli si cullò
nell'idea di sfruttare entrambe le fonti, e fu presumibilmente il suo senso
artistico della misura che lo spinse a fare dell'Interpretazione dei sogni solo
un libro sulla vita onirica. Dal suo punto di vista ebbe indubbiamente ra
gione, però in tal modo ci è giunta un'espressione meno completa delle sue
idee. Egli stesso precisò infatti che il modello della mente che presentava
in quel libro era necessariamente parziale, e che esso richiedeva di essere
ampliato con ricerche basate su dati diversi da quelli onirici.
Esporremo ora i prindpi psicologici desumendoli dalla loro applicazione
ai particolari processi della psicologia onirica, alla quale il capitolo del li
bro di Freud si riferiva.
Tra le affermazioni psicologiche contenute negli scritti pubblicati da Freud
prima dell'Interpretazione dei sogni ve ne sono due, entrambe datate 1894,
che meritano un particolare interesse. La prima è il principio di costanza,92
meccanismo regolatore al quale Freud restò sempre fedele. 9s Esso derivava
evidentemente dal principio della conservazione dell'energia di Helrnholtz,
secondo il quale in ogni sistema isolato la somma delle forze rimane co
La teoria di Freud sulla struttura della vita psichica (J 900) 47 1
che Freud fece dei due ordini di processi, e che prima d'allora non era
stata mai tentata. IOI
:e vero che questa distinzione della natura dei processi psichici corrispon
de grossolanamente alla distinzione tra inconscio e coscienza, ma questa
seconda concezione è più vasta e richiede ulteriori precisazioni, come ora
faremo risaltare.
Freud fece a questo proposito una osservazione notevole, cioè che da certi
punti di vista il contrasto fra l' «lo» ed il «rimosso» è più. istruttivo di
quello tra coscienza ed inconscio.lo2 Parlando del «Progetto» abbiamo già
considerato, in un linguaggio diverso, molte delle idee esposte nell' I n/er
pretazione dei sogni. Alcune non hanno che da essere tradotte, cos1 per
esempio: invece dei sistemi di neuroni abbiamo altrettante costellazioni psi
chiche, invece del concetto fisico di quantità abbiamo un ipotetico <<inve
stimento» dell'energia psichica, e il principio fisico dell'inerzia SI trasforma
in quello ben noto del piacere-dolore (Lusl-Un/usl).
Freud usava ancora la parola «apparato», e il modello che egli esponeva
era costruito su linee molto simili a quelle del modello fisiologico. Qui
però, in termini di processi psichici, il modello cominciava a prender vita.
Il concetto di azione riflessa veniva preso come prototipo di tutto il fun
zionamento psichico. Nel modello della mente l'energia fluisce dalla via
d'entrata, afferente, alla via d'uscita, efferente, di essa. Questo andamento
«progr~ssivo» nei riguardi delle sensazioni e percezioni in arrivo è però
sostituito in certi casi da un andamento «regressivo».lo3 Il «processo pri
mario» in sé si avvicina ad un semplice riflesso. L'eccitazione procede indi
sturbata verso la scarica motoria.
Come abbiamo già detto parlando del «Progetto», Freud aveva sempre
recisamente distinto la percezione dalla memoria, ed infatti nel suo plastico
modello egli assegnava alle due funzioni un posto diverso. Le tracce mne
moniche si depositano oltre il punto d'entrata delle percezioni e - proprio
come nella descrizione fisiologica - esse vengono registrate più volte, a se
conda del tipo d'associazioni che ciascuna nuova idea stabilisce. lo4 Sono tutte
inconsce (o preconsce), sebbene alcune possano entrare nella coscienza, ed
è perciò che Freud, un po' sommariamente, affermava che «coscienza e me
moria si escludono a vicenda».
Freud partiva da quella che secondo lui era l'unica forza motrice dell'in
tero apparato: il desiderio. Egli lo definiva «una corrente che circola nel
l'apparato partendo dalla sofferenza (Un/ust) e raggiungendo il piacere
474 Vita e opere di Freud
perché pochi mesi dopo disse all' amico di non aver ancora la possibilità
di saggiare quella ipotesi (che gli attribuiva) né la propria, che era esatta
mente opposta, cioè che fosse l'elemento maschile ad essere rimosso dal
femminile (15 ottobre). Dopo appena un mese però Freud annunciò di
aver abbandonato questa seconda idea (14 novembre). [Questi concetti sono
analoghi a quelli espressi più tardi da Adler (la «protesta maschile») al
tempo della sua secessione da Freud. Freud spiegò più tardi perché essi
non davano ragione dei dati analitici.] Vari anni dopo tuttavia egli pro
clamò con molta sicurezza che la rimozione era possibile solo attraverso
una «reazione» (cioè un conflitto) tra due tendenze sessuali (7 agosto
1901). Da questa successione di pensieri resta acquisita l'importanza che
Freud attribul sempre al ruolo della bisessualità nei conflitti intrapsichici.
Egli spiegava la parte specifica che gli impulsi sessuali svolgono nella
rimozione con il fatto che il ricordo di esperienze sessuali spiacevoli ha il
potere di determinare una sofferenza attuale (14 novembre 1897). Questa
concezione però si basava largamente sulla sua vecchia idea che i traumi
sessuali dell'infanzia raggiungessero la loro efficacia solo al momento della
pubertà, epoca alla quale veniva fatta risalire, prima di Freud, la prima
comparsa delle emozioni sessuali.
Le fasi dello sviluppo sono quindi tre: 1. la difesa primaria contro il
dolore o i traumi; 2. la successiva rimozione, con cui l'Io preconscio evita
tutto ciò che tende a provocare una sofferenza (Unlusl) sessuale; 3. la di
sapprovazione cosciente di un impulso per mezzo di un atto di giudizio.
Com'è noto, Freud divideva la mente, secondo un immaginario piano to
pografico, in tre parti: inconscio vero e proprio, preconscio e conscio. Va
.però tenuto ben presente che la linea divisoria più importante non è quella
che sta tra la coscienza e il resto, ma quella tra l'inconscio e le altre due
parti. Che un dato processo sia conscio o no conta meno del fatto che esso
appartenga al sistema primario o piuttosto al secondario. In quest'ultimo
caso esso può essere conscio oppure non esserlo.
Il «processo primario», come definito prima, costituisce il nucleo dell'in
conscio propriamente detto, quella remota provincia della mente che Freud
poteva a buon diritto affermare di aver scoperto ed esplorato. Esso è carat
terizzato dal fatto di non poter essere ammesso alla coscienza (bewuIIt!eim
unftihig secondo Breuer).
Freud sosteneva quindi che ciò che è psichicamente reale esiste sotto più
di una forma,llo e inoltre «che l'inconscio è la vera realtà psichica; nella
Vita e opere di Freud
sua natura profonda esso è per noi altrettanto sconosciuto di quanto lo sia
la realtà del mondo esterno, e ci viene reso noto dai dati della coscienza in
modo altrettanto imperfetto di quanto la realtà esterna ci venga resa nota
dall'informazione dei nostri organi di senso. 111 Freud evitò sempre di usare
il termine IInle,bewlIssl (subcosciente) che considerava ingannevole 118 in
quanto fa pensare a qualcosa che sia un po' meno che conscio. Agli inizi
però egli impiegò in una occasione il termine francese sllbconscient. 119
Quello che egli definiva p,econscio contiene la maggior parte della psi
che, se è lecito dir cosI. Il preconscio non è accompagnato dalla coscienza,
e corrisponde perciò a quello che gli scrittori precedenti avevano chiamato
«inconscio» o «subconscio». Ecco coincide quasi con ciò che chiamiamo lo,
sebbene quest'ultimo affondi alcune delle sue «propaggini» sia nell'inconscio
vero e proprio che nella coscienza. Abbiamo già parlato dell'importante
fUll2ione inibitrice del preconscio sul flusso di energia, originalmente libero,
che è la caratteristica fondamentale del sistema secondario. Tra l'inconscio
ed il preconscio c'è però una barriera simile ad un filtro, e un'altra si trova
tra preconscio e coscienza: le idee possono attraversare queste barriere solo
quando sono soddisfatte certe condizioni, e anche in questo caso funge da
regolatore il principio del piacere-dolore. Siccome in una lettera del 22
dicembre 1897 Freud paragonò la barriera alla censura russa, inefficiente
strumento che il regime zarista aveva opposto alla contaminazione da parte
delle idee occidentali, la parola «censura» è entrata da allora a far parte della
terminologia psicoanalitica. Freud l'aveva però già usata in un suo lavoro
stampato l'anno prima. 120
n preconscio, secondo Freud, non possiede attributi qualitativi, ma solo
quantitativi. In questo esso differisce dalla coscienza, che trae le sue qua
lità da tre fonti: 1. dalla liberazione del piacere e della sofferenza; 2. dal
l'associazione con i ricordi verbali, che hanno una qualità propria; 3. dalle
percezioni, più direttamente. Sell2a una certa dose di qualità non può esservi
coscienza. Freud poteva quindi definire la cosciell2a «un organo di senso
per la percezione delle qualità psichiche».121 La coscienza può essere evo
cata in due modi: per mezzo di uno stimolo percettivo proveniente dal
mondo esterno o per mezzo della fuoruscita di piacere o di sofferenza dal
preconscio. Dal punto di vista della coscienza il resto della mente può es
sere considerato come un mondo esterno. La coscienza percepisce qualcosa
del resto della mente, in modo analogo a quanto accade nel processo per
cettÌvo primario.
La teoria di Freud sulla struttura della vita psichica (19 00) 479
Al punto in cui siamo giunti, e che coincide con l'inizio del secolo, si
può tranquillamente affermare che Freud aveva raggiunto in ogni senso
una piena maturità. Il suo sviluppo intellettuale era stato precoce, ma il
lato emotivo della sua vita, già tardo a lasciarsi risvegliare in genere, aveva
richiesto un tempo maggiore prima di raggiungere la stabilità. Trascorso
questo periodo, però, c'imbatteremo in un essere molto diverso dall'uomo
sofferente e angustiato che aveva dovuto aprirsi la strada in mezzo a diffi
coltà sia esteriori che interiori.
Che sia stato un uomo laborioso, anzi un lavoratore eccezionalmente ac
canito preso al massimo dal suo lavoro, risulta chiaro da tutto ciò che rea
lizzò, e di cui è rimasta solo una piccola parte. Che sia stato un pensatore
brillante è evidente a chiunque abbia letto quest'ultimo capitolo. Ma aveva
due qualità, di gran lunga più rare di queste: un'immaginazione crea
tiva che, una volta affrancatasi dalla rigida disciplina dell'educazione scola
stica, lo condusse agli estremi confini del pensiero, ed un superbo coraggio
che, insieme alla sua assoluta integrità, gli permise di afferrare fantasmi
nascosti in quegli abissi dove nessun essere umano aveva ancora osato av
venturarsi.
Note
16 - I
Note
95. V. p. 288.
96. G.s., I, 305.
97. J. H. Schult2, Psychot#naly.re,· die Breller-Prelldschen Lehren, ihre Enl
wicklllng IInd AlIfnahme, «Zeitschrift fiir angewandte Psychologie», II. 1909,
442.
98. S. Wilks, Brain, II, 1885, 553.
99. Lipps, Grllndtalsachen des Seelenlebens, 1883, p. 149.
100. Anf., p. 296.
101. Per ciò il lettore va rimandato agli scritti originali di Freud.
102. G. W., XIII, 244.
103. Freud distinse raramente le une dalle altre ed usò indiscriminatamente
il termine Empfindllngen.
104. V. p. 461.
105. G. W., II-III, 604.
106. lbid., p. 570.
107. lbid., p. 554.
108. lbid., p. 580.
109. H. R. Marshall, Pain, Pleasllre and Anthelics, New York 1894; Aesthe
tic Principles, New York 1895.
110. G. W., II-III, 605.
111. lbid., p. 533.
112. lbid., p. 607.
113. lbid., p. 588.
114. SllIdien, p. 146.
115. Anf., p. 158.
116. G. W., II-III, 620.
117. lbid., p. 617.
118. lbid., p. 620.
119. G.s., I, 288.
120. lbid., p. 386.
121. G. W., II-III, 620.
122. lbid.
Indice analitico
Abbazia, 402
Antisemitismo, 356, 408
Adriatico, 68
Aschenbrandt Theodor, 115, 135n
Agnosia, 266
Associazionistica, psicologia, 424, 448,
Alessandro Magno, 45
452
Allotrion, 119
Aussee, 364, 392, 400, 401, 403,
Amilcare, 49
Autoanalisi, 320, 370, cap. XIV
Amoeceti, 78
Annibale, 49
Balzac, 47
Anscherlik, 100
Bamberger von, 283
Indice analitico
Beard, 310
Minna, 125, 136n, 142-143, 156
Bellevue, 400, 42~
157, 185, 193-197, 207, 210-211,
Bergamo, 406
10~, 112n, 133, 204, 283
Berghof, 405
Bernhardt 269
402
traduzioni, 263, 282, 292
Bernays famiglia
Bernina, Passo del, 404
Berman. 140
Bettelheim, 209
Edward, 159
Bibbia, 46, ~7
208-209, 212
Binet, 333
154, 158
Bismarck, 238
189
Bloch, 401
temperamento, 154
B'nai B'rith Verein, 399, 426
Isaac, 140
Bolzano, 47, 405
Jakob, 140
Bonaparte Marie, 20, 87, 91n, 351
letteratura, 218-220
Braun, 209
166, 171
Breslavia, 36, 364, 379
Michael, 140
Bressanone, 25
Indice analitico
carriera, 276
Burns Robert, 219
e Fleischl, 126
Butler Samue1, 87, 91n
277
Byron, 219
206, 231
Cajal Ramon y, 81
Brody, 27
Cattaro, 404
e Fleischl, 127
nervose, 79-83
303
Censura, 429-430, 445-446, 478
106
Cervelletto, 256, 270
Briihl Carl, 57 .
casa visitata da Freud, 232-233
Beust, 209
come insegnante, 231-232, 258
Indice analitico
Chimica, 57, 93
154
Chioggia, 402
Dickens Charles, 144, 207, 220
Chiusi, 403
Dinamometro, 86, 128
Cloruro d'oro, metodo del, 82, 253 Dorer Maria, 445, 450-452
256
Dresda, 223, 227, 364
62
Edipo, complesso di,52, 295, 371,
Coquelin, 223
Ehrmann, 253
460, 470
Elettricità, 236, 251, 288-289
Dachstein. 401
Emianopsia, 263
Dalmazia, 404
Enuresi, 267
Dante, 415
Eraclito. 386
Indice analitico
Evans, Sir Arthur, 355, 399 dispute con Freud, 208, 377-380,
Evoluzione, 57, 73 391
Exner Franz, 447 idee, 352-354
Exner Sigmund, 68, 70, 76, 83, 94, personalità, 352
126, 138, 214, 263, 273n, 277, 409, Fluss Alfred, 30, 209
423, 454-455, 459 Fluss Emil, 30, 47, 64, 209
Fluss Gisela, 30, 51-52, 62, 65n, 138,
Facoltà, psicologia delle, 448 209
Fluss Richard, 30, 89, 209
Faenza, 402
Forel August, 81, 290
Fechner G. T., 277, 446-448
Forze fisiche, 71-74
Ferenczi Sandor, 208, 411
Franceschini R., 128, 209
Ferrier, Sir David, 253, 453
Frankl-Hochwart, 408
Ferstel Marie, 409 Freiberg, 25, 30, 35, 36, 61, 356
Fichte, 439 Freud Adolfine (Dolti), 27, 33, 185
Fielding, 220 Freud Alexander, 27, 45, 156, 398,
Finkelnburg, 265 402-403
Firenze, 402, 406 Freud Amalie (nata Nathansoho), 26
Fisiologia, 64, 67-68, 73, 83 27, 33, 34, 36, 46, 239, 247n
Flaubert, 221 Freud Anna, cap. XIV, 87, 91n, 209,
Flechsig, 99, 253, 254, 255 277, 322n, 351
Fleischl-Marxow Ernst von, 68, 70, Freud Anna (più tardi Beroays), 27,
75, 83, 88, 96, 110, 124, 205, 206, 32, 33, 38, 47, 49, 50, 142, 148,
231, 236, 251, 253, 423, 455 158, 405
e la· cocaina 115-116, 118, 126, 127 Freud Bertha, 52, 55
129, 132 . Freud Emanuel, 26, 29, 32, 34, 37, 50
e la mortina, 115-116, 118, 126 52, 202-203, 226, 378
morte, 96-97, 128 Freud Ephraim, 26
personalità, 75, 125, 126 Freud Ernst, 26, 46, 196, 239, 431,
posizione, 75 437n
sofferenze, 115, 126, 127 Freud Harry, 48
Fliess Wilhelm, 239, 296, 308-309, Freud Jakob, 26-27, 30, 32, 34, 35-36,
313, 319, 332, cap. XIII, 455, 476 45, 46, 94, 122, 239
477 cambiamento della data di nascita,
congressi, 364-365 239
corrispondenza, scoperta della, 350 morte, 26, 239, 391-392, 427, 436n
351 nascita, 26
Indice analitico
Freud Joho, 26, 31-32, 34, 37, 38, ~O, esami, 46-47, 56, 61, 88-89, 92
96 esperimenti, 84-86, 128
Freud Josef, 28 fidanzamento, anello di, 145-146,
Freud Julius, 27, 31 253
Freud Marie (Mitzi), 26, 27 61osofia, 58, 6B, 70, 87, 358, 458
Freud Martin, 196, 240, 247n fumo, 373-375
Freud Mathild~ 196, 213, 261, 277 gelosia, 31, 38, 149 sgg.
Freud Moritz, 26 guadagni, 406
Freud Oliver, 196 guerrieri, ideali, 31, 49, 59
Freud Paula, 27 ideali, 60, 62, 71
Freud Pauline, 26, 34, 52 infanzia, memorie di, 30-31, 32,
Freud Philipp, 26, 33-34, 37, 38, 41n 33, 42, 43
Freud Rosa, cap. XIII, 27, 33, 47, 124 ipnotismo, 228, 283, 290, 292-294,
148, 192, 201, 203, 209. 401, 40~ 296-298
Freud Schlomo, 26 letteratura, 218-221, 355, 415-416
Freud Sigmund libri progettati, 262-263, 418, 431
aggressività, 32, 244 lingue, 48
ambivalenza, 32 manoscritto (Fliess), 350
amore per l'Inghilterra, 37, 47, 50, materialismo, 74
225 matrimonio, 191-195
amore per la natura, 35, 400 medica, abilitazione, 88-89, 92-93
anonimi, scritti, 30 medica, professione, 56, 92, 95, 96
antisemitismo, 49, 50, 224, 356 98
avversione per le cerimonie, 183, mediche, societ~, 411-412
193, 213 mento, ferita al, 31
per Vienna, 42, 224, 356 militare, servizio, 86, 190-194, 239
Berggasse, 397 241
bibliografie, 80, 90-91n, 269 modo di lavorare, 133, 413-415
borse crt studio, 68, 107-109 morte, 25
cattoliche, -credenze, 29, 35, 45-46 predizione della, 374
conferenze e lezioni, 205, 2~O, 272n musica, 44
410-412, 426 nascita, 25, 26, 28
congressi, 364-365, 412 nevrastenia, 216-217, 368-369
docenza, 102-106, 217, 226 opinioni, sul popolino, 237-238
ebraici, sentimenti, 49 sulle donne, 221-223
emigrazione, piani di, 225, 249 ottimistica, natura, 109, 218
eredità. 26, 27, 28 passione degli aneddoti, 49
Indice analitico 491
precisione, 62-64, 71
GattI, 403
prime pubblicazioni, 78
Giurisprudenza, 56, 57
professorato, 408-410
Gleichenberg, 211
religione, 45-46
Gmunden, 214, 221, 228
114, 118-119
Grillparzer, 223
sport, 45
austro-italiana, 35
vaiuolo, 214-215
franco-prussiana, 44
369, 370
zii, 27-28
Hallstatt, 401
Friedjung, 415
Hlirtel Freiherr von, 409
Fritsch, 453
Hartmann Ed. von, 452
Galizia, 25-27, 36
Hebbel, 331
49 2 Indice analitico
Pascal, 446
basi della, 443 sgg.
Pasqua, 187
nascita della, 305-306
Perugia, 403
Puner Helen, 39n, 40n, 54n, 65n
Pisa, 403
Raimann, 432
Platone, 87
Rank Otto, 411
Plowitz, 251
Ranke, 220
Podratzsky (generale), 86
Ranvier, 233-234
Poggibonsi, 403
Rasmussen T., 467
Polineurite, 250
Ravenna, 402
Pontresina, 404
Realtà, 463, 465, 472, 475-476
430
Reichenhall, 227, 403-404
Processi
Reuter Pritz, 220
474, 477
Richetti, 234-235
Indice analitico
306
Schwab Sophie, 183, 209
Riva, 40'
Seduzione, teoria sulla, 317-321, 388,
Rosanes, 209
Sessuale, chimica, 313, 363
Roznau, 42
Siemens Sir William, 139
Sifilide, 100
420n
Sofocle, 47
Sanscrito, 76
Spalato, 404
Schelling, 74
Spina, 86
Schenk, 127
Spinale, midollo, 78-79, 270
249
Steigenberger, 103
211
Steinamanger, 211
Wordsworth, 452
Zuckerkandl E., 82