Академический Документы
Профессиональный Документы
Культура Документы
a cura di
SPOLETO
CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL'ALTO MEDIOEVO
INDICE
eretti in onore dei principi, forniva uno strumento serio per raggiun-
gere direttamente l'antichità e completare la documentazione offerta
dalla letteratura, il cui primato non era messo in discussione. Le
esplorazioni sempre più approfondite dei paesi «classici» e i primi
scavi archeologici, del resto, avevano da poco ampliato enormemen-
te il campo della nuova disciplina. Già dalla fine del XIX secolo l'e-
pigrafia entrava a far parte del programma scolastico.
Teniamo dunque a mente questa prima constatazione. L'epigrafia
è stata inventata per illuminare lo studio dell'antichità: innanzi tutto
quello della storia politica, poi quello delle istituzioni civili e militari,
della lingua, della geografia storica, della religione e della vita sporti-
va, e più tardi della società, dell'economia, della cultura e dell'ono-
mastica. Non si trattava di contestare il primato della filologia: al
contrario, lo studio degli autori, soprattutto dei grandi autori, resta-
va alla base dell'Altertumswissenschaft. Ora, l'antichità ha avuto un
inizio, un'epoca d'oro e una fine che segnavano anche i limiti dell'e-
pigrafia in quanto scienza ausiliaria. La fine dell'antichità, tuttavia,
è una nozione imprecisa, diversa per i grecisti e i latinisti. Se è con-
sentito citare l'esperienza inglese, il primo manuale di epigrafia greca
ad usum scholarum, quello di E. L. Hicks (1882), giungeva fino alla
conquista romana, ossia alla presa di Corinto, che segnava la fine
della Grecia come paese autonomo. Nei successivi rifacimenti di
questo manuale il limite inferiore fu fatto dapprima retrocedere al-
l'avvento al trono di Alessandro, e poi, nell'ultima edizione, alla fine
del V secolo avanti Cristo, escludendo in tal modo dal campo degli
studi universitari tutta l'epoca ellenistica, per non parlare del seguito.
Per i latinisti, ovviamente, la situazione è diversa. La fine dell'anti-
chità coincide con i disordini del III secolo o con la Tetrarchia op-
pure, se si vuole andare fino in fondo, con il crollo dell'impero d'Oc-
cidente. Queste divisioni tradizionali lasciano, soprattutto per le pro-
vince orientali, un terreno abbandonato, una no man's land che non
si sa come suddividere. Si parla di iscrizioni cristiane o di iscrizioni
bizantine, oppure di entrambe contemporaneamente. Tuttavia le
iscrizioni cristiane, soprattutto gli epitaffi, iniziano verso l'anno 200
e difficilmente si possono separare dalle iscrizioni pagane della stessa
epoca. Si è giunti dunque, per il periodo precedente a Costantino, al-
l'accordo di annoverare come cristiane soltanto le iscrizioni che con-
tengono un segnale esplicito del cristianesimo, mentre per l'epoca
successiva a Costantino si fa il contrario: si considerano cristiane
PREFAZIONE IX
secolo l'epigrafia a Bisan zio non svolge più lo stesso ruolo che aveva
ricoperto nell'antichità: tra i due periodi si frappone un mutamento
di cultura. Il nuovo ruolo dell'epigrafia illustra bene la storia degli
edifici, ma non la storia cronachistica, né quella delle istituzioni, a
parte il campo sigillografico. Essa abbandona di buon grado la pie-
tra per invadere gli oggetti di lusso, gli avori, i rivestimenti di icone,
le croci processionali. Al contrario che per l'antichità, si potrà sem-
pre scrivere la storia di Bisanzio senza ricorrere all'epigrafia.
Nella prospettiva di un confronto tra l'Oriente e l'Occidente negli
usi epigrafici, si possono indicare, a questo punto, almeno alcune
delle linee di identità o di demarcazione? E quali? Tra antichità tar-
da e alto medioevo le scritture esposte nell'Europa occidentale segui-
rono le sorti di ogni altra manifestazione della cultura grafica: esse
vennero a rarefarsi e a rinchiudersi all'interno degli spazi del sacro,
le chiese, tanto più se urbane e sedi vescovili, e le abbazie (si pensi a
S. Vincenzo al Volturno). Anche i graffiti - la manifestazione grafica
nel mondo antico offerta forse più d'ogni altra alla lettura di molti
perché semplice e immediata - si rinchiudono prima nelle catacombe
e poi, più in generale, nei luoghi di culto , trasformandosi da messag-
gio in invocazione pia. Ed anche in Occidente è il crollo della vita
urbana antica, la riconversione della.città da 'spazio da vivere' a op-
pidum, fortificazione, che determina nell'alto medioevo la drastica ri-
duzione dei luoghi aperti di esposizione dello scritto fino alla quasi
totale scomparsa. Ugualmente, nel suo adattarsi a nuovi e ristretti
spazi espositivi, viene a ridursi il repertorio d'uso delle epigrafi, limi-
tato alle iscrizioni funerarie, a quelle per la consacrazione di chiese o
di altari, a scritte con varia funzione esplicativa o esornativa deco-
ranti immagini, a tituli votivi, rivolti ai fedeli tutti, che proponevano
negli edifici di culto la tradizione scritturale come testo esposto, pa-
gina in pariete reserata Del resto, l'alfabetismo stesso - la possibili-
tà di leggere iscrizioni - resta sempre più circoscritto in Occidente
agli uomini di preghiera, gli oratores, concentrato perciò negli spazi
del sacro.
E tuttavia, quando tra XI e XII secolo, con la rinascita delle cit-
tà, intenso si fa nell'Europa medievale il confronto con la civiltà di
Roma antica, anche l'epigrafia riconquista spazi aperti, superfici
esterne, maniere concettuali che rimandano ad usi antichi e propri
della romanitas, come quelli di illustrare la memoria cronachistica o
la storia delle istituzioni. Si prendano, per esempio, le lastre monu-
PREFAZIONE XIII
mentali del tardo secolo XI poste sulla facciata della cattedrale di Pi-
sa - fondata nel 1064 - sulle quali si trova scritto in versi il ricordo
esaltante delle imprese vittoriose vissute dalla città in un momento
di forte espansione politica ed economica. O si consideri, ancora, l'i-
scrizione che commemora la rifondazione delle mura di Milano dopo
la distruzione del 1171. E quanto alla storia delle istituzioni, si pensi
al testo statutario comunale del 1173 inciso lungo le pareti del duo-
mo di Ferrara. La storia dell'Occidente europeo non si può scrivere
senza epigrafi come queste.
Su altro versante vi sono le chartae lapidariae - quelle che Wolf-
gang Mùller ha chiamato ({ Urkundeninschriiten » - le quali recano
bolle, decreti, diplomi di carattere pubblico o anche donazioni e te-
stamenti privati. Incise con l'intento sia di dare il massimo di pub-
blicità alla manifestazione di volontà dell'autore del documento, sia
di assicurare a questa una durevole resistenza nel tempo, queste
chartae hanno di regola a monte un originale scritto su altro mate-
riale (quasi sempre andato perduto), mostrando comunque che il filo
di quella tipologia epigrafica legata nella prassi di età romana alla
promulgazione di leggi e decreti o al diritto continuava ad avere nel
medioevo una sua tradizione, pur se adattata a nuove realtà storiche
e a diversi atteggiamenti mentali.
Sotto certi aspetti vi sono analogie negli itinerari medievali di
epigrafia greca ed epigrafia latina. Ma ciascuna mostra pur sempre
specificità sue proprie. Anche nel medioevo occidentale la scrittura
viene ad invadere gli oggetti, quali avori, smalti, tessuti e soprattutto
l'oreficeria, ma non abbandona la pietra. Quel che si può rilevare,
piuttosto, è che questa 'diffrazione' della scrittura sugli oggetti, nata
nelle arti minori, nel basso medioevo finisce con il determinare forti
innovazioni nella disposizione della scrittura su pietra o per iscrizio-
ni monumentali d'altra indole. Nell'epigrafia funeraria ne sono
espressione massima le lastre terragne, con lo scritto disposto in una
fascia esterna che incornicia lungo i quattro lati la figura del defun-
to. Ma ancor più evidente si mostra il fenomeno - complice la più
ampia diffusione dell'alfabetismo e di oggetti della cultura scritta
propria del basso medioevo - nella pittura, ove lo scritto non si col-
loca più in un unico e ordinato spazio proprio, come in precedenza,
ma si dispone, spesso frantumandosi, su cartigli, libri, tabulae, ri-
quadri, oggetti vari.
Infine, capitolo ancora da organizzare in un disegno sistematico,
XN GUGUELMO CAVALLO E CYRIL MANGO