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LEZIONE - IL LUOGO1

Avrete sentito la parola “luogo” moltissime volte, ve ne avranno sicuramente parlato e


riparlato, il luogo sembra essere uno dei cardini della nostra esperienza di architetti. Cerchiamo
di dipanare un minimo la matassa che avvolge questo termine così complesso. Lo faremo a
nostro modo, cercando di capire il concetto di luogo nei due grandi ambiti che abbiamo
descritto: nel mondo classico e nel mondo contemporaneo.
Non ci sono molti scritti riguardo al luogo, se escludiamo quelli scritti dagli architetti!
Il luogo non è il contesto, quello che generalmente viene chiamato luogo è un contesto.
Allora che cos’è il luogo? Il luogo è fatto di “enti” di cose, l’ente è il termine usato in filosofia
per designare qualsiasi cosa (Aristotele dice che qualsiasi cosa in movimento è un ente.
Qualsiasi cosa che faccia parte del “tutto”). L’unico libro antico che descrive il luogo è la
“fisica” di Aristotele. Aristotele dà una prima definizione del luogo nel libro IV dicendo: “Tutti,
infatti, ammettono che gli enti sono in un ‘dove’ ”2, cioè lui dice che le cose che sono stanno in
un qualche dove. Le cose stanno da qualche parte, quindi divide come concetti la cosa dal suo
“da qualche parte”, come se lui dicesse che qualsiasi cosa che “è”, è da qualche parte, ma
questo “dove” non è la cosa stessa! Cioè esprime la differenza tra ente e contenente. Andando
avanti dice: “Orbene: che cosa mai sia il luogo, ecco come potrebbe diventar chiaro!
Cominciamo ad assumere, a proposito di esso, quante cose sembrano davvero inerirgli come
sue proprietà fondamentali. Anzitutto noi affermiamo che il luogo è ciò che contiene
quell’oggetto di cui è luogo, e che non è nulla della cosa medesima che esso contiene”3.
Dunque, il luogo non è ciò che contiene, ma è di ciò che contiene. Nell’evidenziare questa
dicotomia arriva a sostenere che possono esistere alcune possibilità di luogo: in particolare
quattro. Il luogo, dice Aristotele non è forma, né materia, non è l’intervallo tra ente e
contenente, ma è il punto di contatto tra ente e contenente. Quando abbiamo parlato del
mondo classico abbiamo espresso il concetto del “tutto” e del “nulla” e del fatto che il mondo
classico è appoggiato su questi due concetti. Dobbiamo ricordarci che il tutto è l’insieme totale,
generale, visibile e invisibile delle cose. Allora Aristotele dice che all’interno di questo tutto ogni
ente è contenuto in un luogo. Un ente di per sé non può stare nel nulla! Perché fa parte del
tutto! Quindi il contenente non può avere forma né essere materia e non può essere nemmeno
quello spazio (in grigio) che c’è tra il contenente e l’oggetto stesso.

A A
a b

1 traccia della lezione sul luogo aa 2008/2009 e 2010/2011 per una trattazione più puntuale si veda anche
LAMBARDI S., Note sull’architettura nell’epoca della perdita dei fondamenti, in CAVALLINA G. - LAMBARDI S. -
RUOCCO A., Architettura tra ragioni ed intenzioni, Aión, Firenze 2010.
2 ARISTOTELE, Fisica, libro IV, 1, 208a, 29-30.
3 Ibidem, 4, 210b, 35 - 211a, 2.
Il contenente non può avere forma né materia perché sono caratteristiche dell’oggetto
stesso; e non può essere nemmeno l’intervallo altrimenti sarebbe esso stesso un ente (caso a -
l’intervallo è la parte in grigio).
Si arriva quindi alla quarta possibilità e alla definizione, Aristotele dice che il luogo è “il
punto di contatto tra due enti”. Dobbiamo considerare il fatto che all’interno del tutto non ci
sono “zone neutre”, non ci sono dei vuoti, perché sarebbe il nulla! L’oggetto si manifesta nel
punto di contatto con un altro ente, in molti casi l’aria perché anch’essa è un ente. Il luogo è il
punto di contatto tra due enti perché li definisce (caso b il limite del contenente e dell’oggetto
coincidono). Aristotele dice che anche il cielo sta in un luogo! Ogni cosa che è, è in qualche
luogo. Dà al luogo l’accezione di un contenitore in qualche modo, ma questo contenitore è
adattato alla forma dell’ente. E’ tutto ciò che vi appare davanti agli occhi, il punto di contatto,
dove si forma questa linea che separa i due oggetti, che è la forma dell’ente stesso.
Aristotele scrive ancora “Se dunque il luogo non è nessuna di queste tre cose, ossia né forma
né materia né un intervallo che sia sempre qualcosa di diverso da quello della cosa che viene
spostata, necessariamente il luogo è l’ultima delle quattro cose, il limite, cioè, del corpo
contenente (in quanto esso è contiguo al contenuto).”4. Abbiamo un concetto particolare di
luogo, il luogo è tutte le cose che vediamo, in questo punto ora! Se doveste descrivere il luogo
ora, vi dovreste voltare, girare a 360 gradi, guardare, e vi accorgereste che il luogo e ciò che
vedete perché é il punto dove gli enti entrano in contatto. Il mondo fisico è ciò che è, quello
che osservo. Questo però sta dentro il paradigma classico di pensiero. Il luogo è immodificabile
perché é quello che é. Qui si capisce la differenza tra il concetto di luogo e contesto. Il contesto
rappresenta un valore più ampio. E attenzione che si parte dal concetto che tutti gli enti si
muovono e sono in divenire, quindi questo luogo tra un attimo non è più, è altro-da-sé. Nel
mondo greco si parte sempre dal presupposto che le cose sono in quanto divengono. E queste
cose che si muovono sono contenute in un luogo e questo luogo è il punto di contatto tra una
cosa e l’altra.
Dunque abbiamo detto che Aristotele ci spiega come le cose “siano in qualche dove”, come
l’oggetto e il contenente siano due cose diverse, ma l’ente si manifesta nel punto di contatto con
un altro ente. Se prendete le definizioni di matematica vi accorgete che potete ritrovarvi questi
concetti, perché la matematica è filosofia, è pensiero. Il concetto di limite é un concetto molto
simile a quello che stiamo trattando ora; oppure ad esempio, quando si parla di due insiemi, per
definizione si dice che un insieme si definisce nel punto di contatto con l’altro insieme! Il
concetto é lo stesso, quello che vi sto dicendo è non solo verificabile in logica, ma è anche
valido matematicamente. C’è un punto che apparterrà all’insieme “A”, e dal punto successivo
sarà l’insieme “B”, e non c’è tra “A” e “B” un intervallo “vuoto”, perché in materia tutte le cose
sono qualcosa. Nell’universo non c’è qualcosa che è immateriale...

L’alto autore che vediamo è Heidegger, che in questo saggio “Costruire, abitare, pensare”
affronta il tema del luogo, ma in maniera totalmente diversa. Dice sostanzialmente che un
luogo è ciò che accorda un posto alla quadratura5. Per spiegarlo parte dalla descrizione di un
ponte che accoglie la quadratura.6 Heidegger descrive un fiume, con due sponde, e dice che il
luogo è il punto in cui l’uomo costruisce un ponte, e il ponte è luogo in quanto mette insieme le
4 Ibidem, 4, 212a, 1-5
5 Per Heidegger la quadratura è la dottrina secondo cui l’essere delle cose partecipa di quattro dimensioni: la terra,
il cielo, i mortali e i divini. Questi quattro elementi non vanno visti come enti distinti, ma come direzioni
dell’“orizzonte” del mondo infatti l’essere viene ora pensato come evento che si apre in queste quattro
dimensioni e non più espressione di una considerazione metafisica dell’essere. Il ponte è il posto che l’uomo
destina alla quadratura in quanto quel ponte è il luogo dove avvengono le relazioni tra le quattro direzioni del
mondo, dentro cui la parola poetica, nominando le cose, le chiama ad apparire.
6 HEIDEGGER M., Costruire abitare pensare, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1976, p.102,
persone, le relazioni sono intraprese attraverso quel ponte. Prima di quel ponte c’era solo il
fiume, secondo la definizione Aristotelica il luogo c’è già, ma Heidegger va oltre, entra nel
criterio del pensiero contemporaneo. Ci sono alcuni elementi importanti da osservare: il primo
è la posizione che dà all’uomo: nel concetto classico di luogo l’uomo non c’è, non ha un ruolo,
nel concetto di Heidegger l’uomo è invece determinante, cioè l’uomo diventa necessario alla
costruzione di un luogo, perché quel ponte non viene dal niente, è costruito dall’uomo. Quindi
da una parte introduce l’uomo, e dall’altra introduce l’architettura. La terza cosa che introduce è
che lungo un fiume di ponti ce ne sono molti quindi c’è un’arbitrarietà nella scelta.
La scomparsa dell’Immutabile annuncia l’ingresso per forza di altre cose: la scomparsa del
luogo come rapporto tra due enti, qualsiasi cosa siano, dentro il “tutto”, fa per forza prendere
in considerazione altre cose e cioè l’uomo, il fatto che il ponte è qualcosa che ha a che fare con
noi, con l’opera, con l’architettura. Il luogo è determinato da quel ponte che mette in relazione
le due sponde, questo avrà una dimensione, una misura, è fatto da noi! Da una parte c’è il
concetto di luogo, dall’altra il luogo diventa assolutamente relativo, tanto che nella concezione
che abbiamo oggi del luogo c’è una gerarchizzazione dei luoghi: prendiamo per esempio Genius
Loci un libro legato al Movimento Moderno, ma si basa sulla descrizione di tanti luoghi, tanti
ponti, tanti uomini, tante architetture , tant’è vero che oggi confondiamo la parola luogo con la
parola contesto. Da una parte il limite il margine, il senso profondo del confine, dall’altra
l’opera dell’uomo, l’uomo, l’esistenza - e non l’essenza - e la linguistica, la gerarchia la
descrizione.
Dal momento che Heidegger apre a questo tipo di ragionamento, introduce l’uomo che
costruisce il ponte, le misure, la descrizione del ponte, il linguaggio del ponte. L’uomo è il
padrone di un luogo così concepito, lo determina. Si introduce forte il tema del linguaggio
perché è quel sistema che l’uomo usa, per forza per necessità, per descrivere, perché la
frammentazione dell’opera se non la descriviamo non la comprendiamo. Oggi l’architettura ha
un valore fondamentale perché è quel ponte che mette insieme le due sponde. E siccome il
pensiero contemporaneo frammenta le cose ha poi bisogno delle parole per descriverle. Quindi
il concetto di luogo nel pensiero contemporaneo è adattato a noi, noi siamo i protagonisti, non
è più quel concetto eterno di Aristotele che identificava le cose: è l’architettura che determina il
luogo

Vediamo ora il contributo di Cacciari che affronta il tema del luogo. Dice che il concetto di
luogo è legato al concetto del soggiornare, dell’abitare, e sottolinea questo concetto dicendo che
vale sia nella cultura stanziale che in quella nomade. Il soggiornare e l’abitare sono tanto validi
per noi occidentali che facciamo del luogo un punto fermo, quanto per i popoli nomadi che
invece vivono il luogo attraverso altri simboli, in questo caso il luogo è qualcosa di mobile che
comunque c’è ed è legato al soggiornare. Nella definizione di Aristotele il luogo è il punto di
contatto, cioè il fine dell’ente, l’eschaton dell’ente che significa appunto fine, non solo dal punto
di vista filosofico, ma anche fisico, cioè il luogo è l’eschaton dell’ente, la definizione dell’ente.
Cacciari fa un’apertura verso il concetto di “confine”. Partendo dal concetto che il luogo è il
punto di contatto tra due enti, cioè l’eschaton dell’ente, il suo fine, (fine fisico ma anche fine
come scopo, ciò a cui tende l’ente) il punto oltre il quale l’ente è un altro ente, quel punto,
quella linea Cacciari la definisce come un “confine”. Confine, limite, margine, quante volte
avete sentito queste parole... Tutti parlano di limite, di confine, di margine. Cacciari scrive: “La
linea lyra che abbraccia in sé la città deve essere ben fissata, deve rappresentare un finis così forte,
da condannare colui che ne venga e-liminato al de-lirio”7.

7 CACCIARI M., Nomi di luogo: confine, in Aut-Aut, n. 299-300, 2000, p. 73.


Il confine definisce, ad esempio la città dalla campagna, due parti, la linea che traccia queste
parti. Infatti Cacciari dice che la città deve avere una linea così rimarcata da condannare al de-
lirio chi viene e-liminato, cioè chi sta fuori dalla linea è un delirante, invece chi sta dentro sta nel
giusto. Dentro questo concetto ci sono il concetto di giusto e sbagliato etc...
Il limite che cos’è? Il limite ha due termini che lo definiscono: limen che significa soglia, e
limes che significa linea invalicabile. Il confine è quella linea che determina il de-lirio, il dentro-
fuori, e che identifica, perché all’interno di quella linea ci possono essere delle caratteristiche
che appunto individuano ciò che vi è incluso. Quindi il limite ha due definizioni. Il limen è il
limite che si può attraversare, perché ogni ente ha una relazione con altri enti: Platone infatti nel
Cratilo scrive che la bellezza è l’insieme delle relazioni. Il fatto che io identifichi le cose, il fatto
che le posizioni in un luogo, che gli dia una forma, significa che le metto in relazione. Quindi
questo limite che definisce l’ente, che definisce il luogo, la città, non può essere solo un limite
restrittivo, solo un limes, perché non avrebbe contatto, non avrebbe possibilità di svilupparsi, di
crescere o di diminuire. Quindi nel concetto di limite vi sono entrambe le componenti: è sì
restrittivo, ma lascia entrare le cose, lascia che questa soglia sia attraversabile. Se fosse solo
rigido e inattraversabile sarebbe una prigione. Sarebbe un luogo che non ha relazioni, mentre
se invece fosse solo limen non avrebbe rapporti, avremmo quello che oggi chiamano la
globalizzazione. Tutto questo mi porta a ragionare sul fatto che il limite di qualcosa non può
essere bloccato, né inesistente perché non identificherebbe quel qualcosa. L’evidenziazione di
un confine, di un margine è semplicemente il fatto che si identifichi qualcosa, che gli si dia un
nome e una forma.

BIBLIOGRAFIA FONDAMENTALE:

- ARISTOTELE, Fisica, libro IV


- HEIDEGGER M., Costruire abitare pensare, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1976
- CACCIARI M., Nomi di luogo: confine, in Aut-Aut, n. 299-300, 2000

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