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LA CELLULA

Anatomia - Volume 1

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Indice
Voci
MEMBRANA CELLULARE 1
Membrana cellulare 1
Modello a mosaico fluido 9
Composizione della membrana cellulare 11

TRASPORTO DI MEMBRANA 16
Trasporto di membrana 16
Trasporto passivo 19
Diffusione facilitata 22
Trasportatore di membrana 23
Trasporto attivo 26
Recettore (biochimica) 29
Recettore transmembrana 34
Recettori accoppiati a proteine G 35
Recettore intracellulare 39
Canale ionico 41
Potenziale di membrana 45
Citoplasma 49

ORGANULI NON MEMBRANOSI 51


Citoscheletro 51
Microvilli 54
Ciglia (cellule) 55
Flagello (biologia) 56
Centriolo 59
Ribosoma 60

ORGANULI MEMBRANOSI 64
Mitocondrio 64
Nucleo cellulare 70
Reticolo endoplasmatico 76
Apparato del Golgi 78
Lisosoma 79
Perossisoma 82
GIUNZIONI INTERCELLULARI 84
Giunzione cellulare 84
Desmosoma 86

CICLO CELLULARE 87
Ciclo cellulare 87
Interfase 91
Fase G1 92
Fase S 93
Fase G2 94
Replicazione del DNA 95
Mitosi 98

Note
Fonti e autori delle voci 101
Fonti, licenze e autori delle immagini 103

Licenze della voce


Licenza 104
1

MEMBRANA CELLULARE

Membrana cellulare
La membrana cellulare, anche detta
membrana plasmatica, plasmalemma o
citomembrana, è un sottile rivestimento
che delimita la cellula in tutti gli
organismi viventi, la separa con
l'ambiente esterno e ne regola gli scambi
con questo.

Formata in prevalenza da lipidi, e più


precisamente fosfolipidi, viene chiamata
anche bilayer fosfolipidico. Nella
componente lipidica si vanno a collocare,
con importanti funzioni fisiologiche,
proteine e una piccola percentuale di
glucidi, in forma di glicoproteine e
glicolipidi, e di molecole di colesterolo
che la stabilizzano.

Negli organismi procarioti è ricoperta da


un rivestimento protettivo chiamato
parete cellulare, assente invece negli
eucarioti; nelle cellule eucarioti vegetali
essa è presente sottoforma di una parete
cellulare primaria (composta
principalmente da peptina) e di una
parete cellulare secondaria (composta principalmente da lignina).

La membrana cellulare presiede all'omeostasi cellulare, grazie alla sua permeabilità selettiva.
Per la sua posizione di interfaccia, la membrana plasmatica, oltre alla funzione strutturale, svolge tre funzioni
essenziali:
1. la funzione di filtro selettivo, che lascia passare alcune sostanze piuttosto che altre, assicurando così l'integrità
biochimica del → citoplasma;
2. la funzione di superficie di comunicazione, permettendo sia lo scambio di informazioni tra l'ambiente intra- ed
extracellulare, sia l'interazione fisica con le strutture extracellulari circostanti.
3. la funzione di superficie catalitica, dato l'abbondante numero di enzimi ad essa legati, in gran parte coinvolti nella
produzione di messaggeri intracellulari, come le fosfolipasi e la sfingomielinasi, che idrolizzano i fosfolipidi di
membrana, e l'adenilciclasi, che sintetizza AMP ciclico.
Infine, la membrana cellulare partecipa a funzioni complesse: esocitosi (secrezione), endocitosi (ingestione di
sostanze esterne mediante la formazione di vescicole), adesione e movimento cellulare ameboide (es. leucociti).
La struttura e le funzioni della membrana plasmatica sono comuni a quelle delle membrane intracellulari, come ad
esempio la membrana nucleare.
Membrana cellulare 2

Il modello a mosaico fluido


Secondo il "→ modello a mosaico
fluido", proposto nel 1972 da Singer e
Nicholson, il doppio strato lipidico
della membrana plasmatica è allo stato
di liquido-cristallino (vedi "fosfolipidi:
polimorfismo dei fosfolipidi") ed in
esso sono immerse numerose proteine,
che grazie alla fluidità della
componente lipidica presentano un
notevole grado di mobilità; ad esse
spetta lo svolgimento della gran parte
delle funzioni di membrana. Il doppio
strato lipidico non ha carattere
omogeneo, ma piuttosto all'interno del
mosaico fluido sono presenti
microdomini lipidici meno fluidi (rafts. Modello di membrana plasmatica
Simon e Ikonen, 1997), formati
principalmente da sfingolipidi e colesterolo allo stato liquido-ordinato, che funzionerebbero sia da zattere di
trasporto di componenti di membrana, sia da piattaforme per la genesi di segnali intracellulari, per cui in essi sono
concentrate proteine specifiche.

Attualmente si distinguono due tipi di rafts: le caveole e i rafts "non invaginati". Le prime si presentano
morfologicamente come fossette (caveolae) della superficie cellulare e biochimicamente sono caratterizzate dalla
presenza della proteina strutturale caveolina, essenziale per la loro costituzione. I rafts "non invaginati" sono
piattaforme morfologicamente indistinguibili dalla restante porzione della membrana cellulare; in condizioni basali
sono di piccolissime dimensioni, ma sono ingrado di confluire per formare piattaforme di maggiori dimensioni in
seguito a stimolazione, ad esempio in conseguenza del legame dei recettori, contenuti nei rafts, con i corrispondenti
segnali extracellulari.
Il concetto iniziale del modello a mosaico fluido, che prevedeva una distribuzione casuale delle proteine con ampia
libertà di movimento laterale e di rotazione, deve quindi essere rivisto in favore di un modello di membrana in cui
all'interno del doppio strato lipidico fluido esistono domini lipidici e aggregati proteici a carattere dinamico, la cui
mobilità è ristretta sia dai legami lipidi-lipidi, proteina-proteina o proteina-lipidi, sia dalle interazioni delle proteine
con il → citoscheletro, con la matrice extracellulare o con cellule adiacenti.

Composizione e asimmetria della membrana cellulare


Nella membrana cellulare si trova una grande quantità di lipidi (in particolare fosfolipidi). Oltre alla componente
lipidica si trovano numerose proteine (per ogni proteina ci sono circa 50 lipidi), aventi importanti funzioni
fisiologiche. Si riscontra anche una piccola percentuale di glucidi, in forma di glicoproteine e glicolipidi, e di
molecole di colesterolo che stabilizzano la membrana.
La composizione dei due foglietti, esterno e interno, della membrana cellulare presenta notevoli differenze, non solo
nella componente proteica, ma anche nella stessa componente lipidica, per cui la membrana plasmatica è
caratterizzata da una marcata asimmetria, che riflette le differenti funzioni dei due monostrati. Tale asimmetria
presenta importanti funzioni ed è finemente controllata dalla cellula.
Membrana cellulare 3

Fluidità della membrana cellulare


In condizioni fisiologiche, sia le molecole
lipidiche sia quelle proteiche in esse
immerse sono in grado di muoversi
all'interno del proprio monostrato della
membrana cellulare. A temperature
fisiologiche, la membrana cellulare è allo
stato lamellare liquido-cristallino, in cui le
catene idrocarboniose dei lipidi sono allo
stato fluido, per cui manifestano una
notevole libertà di movimento (stato L alfa
di Luzzati). Al contrario, allo stato
cristallino le catene idrocarboniose
presentano una disposizione rigida, parallela
alla perpendicolare della superficie del
doppio strato (L beta) o angolata rispetto a Due stati della membrana cellulare
questa (L beta’). La temperatura alla quale si
verifica la fusione delle catene alifatiche, cioè il passaggio dallo stato cristallino a quello liquido-cristallino, si
definisce temperatura di transizione (Tc o Temperatura Critica oppure Tm da melting).

La maggior parte delle proteine presenta movimenti di spostamento (diffusione) laterale; fanno eccezione le proteine
di membrana ancorate al citoscheletro. Per quanto riguarda i lipidi di membrana, sono stati descritti diversi tipi di
movimenti, che possono essere intramolecolari (1) o intermolecolari (2-4):
1. Rotazione intorno ai legami semplici C-C
2. Rotazione intorno all'asse longitudinale
3. Rotazione intorno all'asse trasversale (la rotazione di 180° porta ad un movimento di flip-flop)
4. Diffusione laterale
5. Movimenti collettivi, come l'ondulazione della membrana
Il movimento intermolecolare si svolge soprattutto in direzione orizzontale (diffusione laterale), oltre che intorno agli
assi longitudinale e trasversale della molecola (rotazione e oscillazione), ma solo raramente avviene la rotazione
trasversale di 180°, che causa il passaggio della molecola da un monostrato all'altro (movimento di flip-flop). Infatti
dal punto di vista termodinamico è sfavorevole per una molecola polare penetrare con la sua estremità idrofila
attraverso la parte idrofoba del doppio strato; la spesa di energia è minore nel caso di una molecola lipidica, ma
anche in questo caso lo spostamento da una parte all'altra della membrana avviene molto lentamente. Nelle
membrane artificiali e naturali, una singola molecola lipidica scambia il posto con quelle vicine con una frequenza di
circa 107 volte al secondo e diffonde alcuni micron al secondo a 37 °C, con un coefficiente di diffusione (D) di circa
10-8 cm²/s. A questa velocità di spostamento, una molecola lipidica può diffondere lungo l'intera cellula batterica
(≈1 micron) in un solo secondo, mentre può percorrere l'intera circonferenza di una cellula animale in circa 20
secondi.
I movimenti intramolecolari consistono nella rotazione intorno ai legami semplici C-C, che comporta
l'isomerizzazione tra le differenti conformazioni della molecola lipidica, in particolare l'isomerizzazione
trans-gauche. I movimenti di rotazione dei gruppi metilici e di isomerizzazione trans-gauche sono massimi verso il
centro del doppio strato lipidico. La conformazione trans è la più stabile (minor contenuto di energia) in quanto i
gruppi metilici sono alla massima distanza tra loro. Alla configurazione all trans (quando tutti i gruppi metilici sono
in conformazione trans) la catena idrocarboniosa ha la sua massima lunghezza, in quanto la molecola è
completamente distesa, mentre la presenza di conformazione gauche causa un piegamento della molecola. Allo stato
Membrana cellulare 4

cristallino (L beta), le catene alifatiche dei fosfolipidi sono in conformazione all trans, con l'aumento della
temperatura l'eccitazione termica delle catene favorisce l'isomerizzazione trans-gauche. Poiché la percentuale delle
conformazioni gauche aumenta con l'aumentare della temperatura, alle alte temperature le catene idrocarboniose dei
fosfolipidi sono più corte.
I principali fattori che determinano la
fluidità della membrana cellulare sono,
oltre alla temperatura:
1. lunghezza degli acidi grassi;
2. grado di insaturazione degli acidi
grassi delle code dei fosfolipidi;
3. caratteristiche della testa polare;
4. concentrazione del colesterolo nella
membrana.
Nei fosfogliceridi si trovano due tipi di
acidi grassi: quelli saturi, in cui tutti i
legami che gli atomi di carbonio
possono formare sono saturati con
atomi di idrogeno, e quelli insaturi, nei
quali si formano doppi legami tra gli
La frequenza dei vari movimenti dei lipidi di membrana
atomi di carbonio.
La fluidità del doppio strato lipidico è
in parte dovuta alla abbondanza relativa degli acidi grassi insaturi; in genere l'acido grasso in posizione 2 dei
fosfogliceridi è insaturo, tuttavia il grado di insaturazione varia a seconda della specie lipidica, essendo la
fosfatidiletanolamina e la fosfatidilserina (prevalenti nel monostrato interno della membrana) più insature rispetto
agli altri fosfolipidi, in primo luogo rispetto alla sfingomielina, che presenta circa il 70% di acidi grassi saturi.

La presenza di catene insature provoca un maggiore disordine nell'allineamento delle catene, rendendo più fluida la
membrana, mentre le catene sature con il loro allineamento più compatto favoriscono la formazione di un reticolo
rigido.
Infatti, i doppi legami con configurazione cis (che costituiscono la configurazione di quasi tutti gli acidi grassi
insaturi naturali) causano un inginocchiamento della catena idrocarboniosa, per cui si riduce la lunghezza dei
segmenti paralleli che interagiscono con le molecole vicine, ottenendo lo stesso effetto di un accorciamento della
catena; il massimo effetto si ha quando il doppio legame occupa la posizione intermedia tra la fine della catena ed il
glicerolo: allontanandosi il doppio legame dalla posizione intermedia, la lunghezza del segmento parallelo aumenta
progressivamente e diventano maggiori le interazioni con le catene vicine.
Al contrario i doppi legami in conformazione trans hanno un effetto di gran lunga inferiore sulla fluidità di
membrana, in quanto la catena idrocarboniosa mantiene quasi la stessa conformazione delle catene sature (la
sfingosina presenta un doppio legame trans).
Un altro fattore che influisce sulla fluidità della membrana cellulare è il volume occupato dalla testa polare dei
fosfolipidi, che è dipendente dal suo grado di idrofilia. Il volume occupato dalla testa idratata rispetto all'area
occupata dalle due catene idrocarboniose influenza lo spazio a disposizione per il movimento delle catene
idrocarboniose e quindi la compattezza del loro allineamento. Per esempio, le teste della fosfatidiletanolamina
occupano poco spazio per la formazione di legami idrogeno tra i gruppi –NH e i gruppi -PO-4, mentre le teste di
fosfatidilcolina, prive di gruppi donatori, intergiscono attraverso le molecole di acqua legate, cosicché l'area occupata
da ciascuna testa misura 47-54 Å, molto di più dell'area di sezione occupata dalle due catene idrocarboniose. Ciò
determina una minore vicinanza delle catene idrocarboniose, che possono così formare un minor numero di legami
fra loro. Di conseguenza, gli acidi grassi della fosfatidilcolina hanno una maggior libertà di movimento, per cui la
Membrana cellulare 5

fluidità della membrana risulta aumentata.


La libertà di movimento della catena idrocarboniosa è espressa dal parametro S o parametro di ordine di
orientamento, che è funzione degli angoli tra la perpendicolare alla membrana e gli assi x,y,z del sistema cartesiano
relativo al gruppo CH2 in esame, in modo che S = 1 significa ordine e S = 0 disordine.
Marcando con deuterio gli atomi di C in posizioni sequenziali lungo la catena idrocarboniosa, le tecniche di
risonanza hanno dimostrato che la massima mobilità si verifica alla estremità delle code idrocarboniose e
corrisponde al centro del doppio strato, mentre la minore mobilità si registra in prossimità della testa polare.
La natura della testa polare influenza l'ordine della catena idrocarboniosa prossimale, cosicché la mobilità è minore
per gli etilenamminofosfolipidi rispetto ai colinofosfolidi.
L'ordine della catena è influenzato anche dalla presenza di colesterolo e dal grado di saturazione della catena e
naturalmente dalla temperatura.

Effetti del colesterolo sulla fluidità della membrana


Sebbene il colesterolo sia troppo idrofobico per formare, in dispersione pura, lamine bimolecolari, tuttavia esso
concorre alla struttura della membrana cellulare intercalandosi tra le molecole di fosfolipidi. Il nucleo steroideo del
colesterolo ha una struttura planare relativamente rigida, che viene in contatto con i gruppi CH2 prossimali (C1 –
C10) delle catene alifatiche dei fosfolipidi, mentre il suo gruppo ossidrilico in posizione 3 è in contatto con
l'ambiente acquoso extracellulare, posizionandosi nei pressi della testa polare dei fosfolipidi, nelle immediate
vicinanze del gruppo carbossilico esterificato degli acidi grassi.
Per questa sua posizione, il colesterolo riduce la libertà di movimento del tratto prossimale (più vicino al glicerolo)
delle catene degli acidi grassi, con scarso effetto sul tratto distale, che occupa il centro della membrana cellulare. Gli
studi di risonanza hanno, infatti, dimostrato che il colesterolo aumenta l'ordine del tratto prossimale delle catene
alifatiche, diminuendo l'isomerizzazione trans-gauche e gli inginocchiamenti transitori delle catene stesse.
Quindi, a causa della rigidità della sua struttura, l'effetto del colesterolo sui fosfolipidi, a temperature al di sopra della
Tm, è quello di aumentare l'ordine del tratto prossimale delle catene degli acidi grassi, mentre l'effetto sul tratto
distale, al centro del doppio strato lipidico della membrana, è scarso.
Al contrario, a temperature inferiori alla Tm, l'effetto del colesterolo è quello di diminuire l'ordine delle catene
alifatiche degli acidi grassi e di ostacolarne la cristallizzazione, in quanto interferisce con l'interazione CH2-CH2 tra
le catene idrocarboniose dei fosfolipidi.
A causa del maggior contenuto di sfingolipidi e di colesterolo, i rafts presentano un minor grado di fluidità rispetto
alle restanti regioni della membrana plasmatica. Proprio il maggior ordine delle catene lipidiche nei rafts, porta alla
separazione di questi microdomini dalla restante membrana allo stato liquido-cristallino L alfa.
Membrana cellulare 6

La nuova fase che si forma per l'effetto del colesterolo


sugli altri lipidi è stata denominate da Zuckermann
(1993) liquido-ordinata o lo, intermedia tra la fase
cristallina e quella liquido-cristallina. Le catene
idrocarboniose in fase lo sono distese e strettamente
impaccate, come nella fase cristallina, ma conservano
un alto grado di mobilità laterale.

Nelle miscele binarie di colesterolo con un fosfolipide


saturo (che quindi ha una elevata Tm), al di sopra della
Tm si separa una fase lo da una fase liquido-cristallina,
mentre al di sotto della Tm la fase lo si separa dalla
fase cristallina.
Rapporti tra rafts e resto della membrana
Poiché gli sfingolipidi hanno una maggiore saturazione
e una più elevata Tm, rispetto ai fosfogliceridi, anche il
maggior contenuto in sfingolipidi favorisce la separazione di domini lo e quindi la formazione dei rafts.
In conclusione, è lo stretto impaccamento delle catene idrocarboniose la caratteristica chiave della esistenza dei rafts.

Data l'asimmetria della membrana, gli sfingolipidi si localizzano per la massima parte nel foglietto esterno del
doppio strato, per cui i rafts sono probabilmente più abbondanti in questo foglietto. Tuttavia, la formazione di rafts
nel foglietto interno è favorita dai fosfolipidi contenenti etanolammina (fosfatidiletanolammina e
plasmeniletanolammina), i quali grazie alla piccola testa polare hanno un'influenza favorevole sull'impaccamento
delle code idrocarboniose. Va sottolineato che la separazione di fase che occorre nei rafts favorisce la partizione di
proteine provviste di ancore lipidiche sature o che comunque abbia preferenza per gli ambienti lo. Per questo motivo
i rafts contengono proteine specifiche.
Un'altra conseguenza dell'effetto del colesterolo sugli acidi grassi dei fosfolipidi è l'aumento di spessore delle
membrane, dovuto alla diminuizione delle isomerizzazioni trans-gauche e, quindi, alla tendenza del tratto prossimale
delle catene alifatiche ad assumere di preferenza la configurazione trans, anche se non si manifesta mai la
configurazione all trans tipica dello stato cristallino. Tuttavia, per concentrazioni di colesterolo superiori al 25%, la
lunghezza delle catene si riduce a causa dell'impaccamento delle catene dei fosfolipidi del foglietto opposto, che
sono disposti di fronte alle molecole del colesterolo. Queste coppie opposte colesterolo-fosfolipidi sono più corte
delle coppie opposte fosfolipidi-fosfolipidi.

Permeabilità della Membrana Cellulare


La membrana plasmatica è una barriera selettivamente permeabile tra il citoplasma e l'ambiente extracellulare.
Questa caratteristica è conseguenza della composizione lipidica e proteica della membrana. Il doppio strato
fosfolipidico permette il libero passaggio, dell'acqua, di gas (O2, CO2) e di piccole molecole liposolubili (prive di
carica), come ammoniaca, urea, etanolo e glicerolo, mentre specifiche proteine di trasporto assicurano il passaggio di
ioni e molecole idrosolubili (elettricamente cariche).
Il passaggio attraverso la componente lipidica della membrana avviene per semplice diffusione passiva, secondo il
gradiente di concentrazione tra i compartimenti intra- ed extracellulare e senza consumo di energia (ATP). Il
movimento delle molecole è diretto dal compartimento a più alta concentrazione a quello a concentrazione più bassa
ed è influenzato dalle dimensioni e dalla lipofilia della molecola.
Ad esempio, la dietilurea, che è 50 volte più idrofobica dell'urea, diffonde attraverso la membrana cellulare 50 volte
più velocemente di questa, nonostante le maggiori dimensioni. Secondo la teoria del mobile kink il passaggio delle
molecole attraverso il doppio strato lipidico avverrebbe attraverso gli spazi tra le catene degli acidi grassi dei
fosfolipidi. La formazione di questi spazi è favorita dalla mobilità, dalla isomerizzazione trans-gauche e dalla
Membrana cellulare 7

presenza di insaturazioni, che causano una piegatura o inginocchiamento (kink) dell'acido grasso. Di conseguenza, la
massima resistenza alla diffusione delle molecole lipofile corrisponde al segmento prossimale delle catene degli
acidi grassi, che presentano una minore mobilità (o maggiore rigidità), mentre la resistenza minore corrisponde al
segmento terminale delle catene, che, al contrario, manifesta la massima mobilità.
La maggioranza delle molecole attraversa la membrana plasmatica con l'aiuto di proteine di trasporto. Oltre alle
molecole idrosolubili, anche alcune molecole liposolubili, come l'urea, si avvalgono anche del trasporto mediato
dalle proteine, con lo scopo di potenziarne il passaggio, qualora siano presenti particolari necessità funzionali, come
si verifica nei tubuli renali. Si riconoscono diversi tipi di trasporto mediato da proteine: → trasporto passivo, che
avviene secondo gradiente e perciò senza dispendio di energia, e → trasporto attivo, che avviene contro gradiente e
perciò con dispendio di energia. Si distinguono inoltre uniporto, simporto e antiporto. Nell'uniporto si ha il trasporto
di un'unica specie di soluto. Nel simporto e nell'antiporto si ha il trasporto accoppiato di due diverse specie di soluti:
nel simporto il trasporto dei due soluti avviene nella stessa direzione, mentre nell'antiporto avviene in direzione
opposta.
Nel trasporto passivo il passaggio di una molecola idrosolubile (uniporto) avviene per diffusione secondo il gradiente
di concentrazione e, nel caso di molecole elettricamente cariche, anche secondo il gradiente elettrico. Tuttavia, a
differenza di quanto accade nella diffusione passiva delle molecole liposolubili, in questo caso la diffusione è
facilitata dall'intervento di proteine. Due classi di proteine sono responsabili del trasporto passivo, i carriers e i
canali.
I carriers mediano il trasporto di glucidi, aminoacidi e nucleosidi. Una volta legato il soluto nel compartimento ad
alta concentrazione, il carrier va incontro ad un cambiamento conformazionale che permette il trasferimento del
soluto nel compartimento a bassa concentrazione.
Nel caso dei canali, le proteine formano dei pori nella membrana plasmatica, che consentono la diffusione di ioni o
di piccole molecole idrosolubili di idoneo peso molecolare e carica elettrica. Fanno parte dei canali le acquaporine,
che favoriscono il passaggio di molecole di acqua.
L'apertura dei canali può essere regolata da recettori (canali ROC o Receptor Operated Channels), da secondi
messaggeri (canali SMOC o Second Messenger Operated Channels) o dal potenziale elettrico della membrana
(canali VOC o Voltage Operated Channels), cosicché il passaggio può essere finemente modulato. Ne è un chiaro
esempio la complessa famiglia dei canali del calcio, la cui complessità è in relazione con il ruolo determinante che il
calcio intracellulare ha nel controllo di un'ampia serie di funzioni cellulari. I canali delle gap junctions permettono il
passaggio di molecole da una cellula all'altra.
Nel trasporto attivo le proteine trasportano i soluti contro il gradiente elettrochimico, utilizzando l'energia ottenuta
dall'idrolisi dell'ATP, per cui queste proteine sono dotate di attività enzimatica (ATPasi). Le pompe trasportano ioni,
mentre i trasportatori ABC (ATP-binding cassettes) trasportano un'ampia gamma di molecole, compresi glucidi,
aminoacidi e ioni. Il legame dell'ATP alla proteina di trasporto permette il cambiamento conformazionale necessario
al trasferimento del soluto.
Nel trasporto attivo secondario, l'energia necessaria al trasporto di un soluto contro il suo gradiente di concentrazione
non è fornita direttamente dall'ATP, ma dall'esistenza di un gradiente elettrochimico del Na+ (o di H+) prodotto dalla
rispettiva pompa ionica. Il trasporto attivo secondario è quindi indirettamente accoppiato ad un sistema di trasporto
attivo primario, che genera il gradiente elettrochimico.
Nel trasporto attivo secondario si ha, quindi, il trasporto accoppiato di due diverse specie di soluti: il Na+ (o H+) è
trasportato passivamente dall'ambiente a concentrazione elevata al compartimento a bassa concentrazione, mentre
l'altro soluto è trasportato, sempre passivamente, contro il gradiente di concentrazione dal compartimento a bassa
concentrazione verso quello ad alta concentrazione. Nel simporto il trasporto dei due soluti avviene nella stessa
direzione, mentre nell'antiporto avviene in direzione opposta. Anche in questo caso il trasferimento dei soluti avviene
grazie al cambiamento conformazionale della proteina trasportatrice, che è indotto dal legame dei soluti stessi.
Membrana cellulare 8

Bibliografia
• Alberts, Bruce: Molecular Biology of the Cell [1], 2002 4th ed.

Voci correlate
• Cellula
• Membrana interna

Altri progetti
• Wikimedia Commons contiene file multimediali su Membrana cellulare
Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
Vai al Progetto Bio   •   Discuti alla Doppia Elica

Note
[1] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ books/ bv. fcgi?call=bv. View. . ShowTOC& rid=mboc4. TOC& depth=10
Modello a mosaico fluido 9

Modello a mosaico fluido


Il modello a mosaico fluido è un modello della struttura della → membrana cellulare. Proposto nel 1972 da Singer e
Nicolson, detto anche modello Singer-Nicolson, ipotizza che la membrana cellulare sia composta da un doppio
strato lipidico nel quale sono immerse le proteine che svolgono la gran parte delle funzioni tipiche della membrana.

Essendo i lipidi costituenti della membrana dei fluidi, le proteine che vi si trovano immerse presentano un notevole
grado di mobilità. Se inizialmente il modello prevedeva una distribuzione casuale delle proteine dando loro ampia
libertà di movimento, questi è stato successivamente rivisto (da Simon e Ikonen, nel 1997) in favore di un modello di
membrana in cui all'interno del doppio strato lipidico fluido esistano zone rese meno fluide dalla presenza di
sfingolipidi e colesterolo allo stato liquido che agirebbero come piattaforme per la genesi di segnali intracellulari
concentrandovi proteine specifiche. La mobilità delle proteine può essere inoltre ulteriormente ristretta sia dai legami
proteina-proteina o proteina-lipidi, sia dalle interazioni delle proteine con il citoscheletro, con la matrice
extracellulare o con cellule adiacenti.
Il modello a mosaico fluido ha sostituito quello precedente (Danielli e Davson, 1935, quindi Robertson, 1959) noto
come modello di unità di membrana, ipotizzato partendo dalle immagini ottenute al microscopio elettronico che
evocavano una sorta di binario ferroviario, secondo il quale la membrana cellulare avrebbe avuto una struttura a tre
lamine, con due strati esterni di natura proteica con configurazione beta ed uno strato intermedio lipidico per uno
spessore complessivo di circa 75Å. Lo strato lipidico intermedio è composto da un doppio foglietto fosfolipidico; in
ciascum foglietto, i fosfolipidi sono disposti in modo tale che le code idrofobe sono rivolte all'interno del doppio
foglietto e le teste idrofile sono orientate all'esterno. La prima indicazione che i lipidi delle membrane biologiche
sono organizzati in un doppio strato risale al 1925, quando Garter e Grendel dimostrarono che i lipidi estratti con
acetone dalla membrana plasmatica dei globuli rossi (l’unica membrana presente negli eritrociti) occupavano una
superficie doppia rispetto a quella dell’intera cellula. Il modello di unità di membrana così ipotizzato è però
inconciliabile con i principi della termodinamica, in quanto i gruppi apolari degli amminoacidi delle proteine
sarebbero esposti all'acqua, mentre le estremità polari dei lipidi non sarebbero in contatto con l'acqua.
Modello a mosaico fluido 10

La fluidità della membrana cellulare è stata dimostrata con un esperimento di Edidin e Frye (1970), in cui cellule
umane e cellule di topo sono state fatte fondere (con l'utilizzo di un virus) in modo da ottenere un'unica cellula
ibrida. All'inizio dell'esperimento, le proteine umane e di topo, marcate con anticorpi, erano presenti solo nelle
rispettive parti originarie della cellula unita ma, 40 minuti dopo, le proteine erano distribuite uniformemente
sull'intera membrana.
Il modello a mosaico fluido, oltre che essere in accordo con i principi della termodinamica, è stato confermato con
tecniche sofisticate, come la diffrazione a raggi X e la microscopia elettronica con crio-decappaggio
(freeze-fracturing), in cui la frattura del campione congelato percorre il doppio strato lipidico, che rappresenta il
punto di minore resistenza. La tecnica di freeze-fracturing consente anche un’analisi particolareggiata della
distribuzione delle proteine di membrana, che appaiono come gibbosità o depressioni.

Voci correlate
• cellula
Composizione della membrana cellulare 11

Composizione della membrana cellulare


La composizione della membrana cellulare consta, essenzialmente, di una grande quantità di lipidi (in particolare
fosfolipidi). Nella componente lipidica si trovano numerose proteine, aventi importanti funzioni fisiologiche. Si
riscontra anche una piccola percentuale di glucidi, in forma di glicoproteine e glicolipidi, e di molecole di colesterolo
che stabilizzano la membrana.

Lipidi della membrana cellulare


I lipidi costituiscono circa il 50% della massa della membrana plasmatica, pur essendo molto più numerosi delle
proteine (circa 50 molecole lipidiche per ogni proteina). Le tre principali classi di lipidi delle membrane sono:
fosfolipidi (70% del peso lipidico totale), colesterolo (20%) e glicolipidi (5%). I principali fosfolipidi di membrana
sono: fosfatidilcolina, fosfatidilserina, fosfatidiletanolamina e sfingomielina; complessivamente queste quattro specie
lipidiche costituiscono oltre il 50% dei lipidi di membrana. Altri fosfolipidi, come fosfatidilinositolo, sono presenti
in piccole quantità, ma svolgono un ruolo cruciale nella genesi dei segnali intracellulari. I plasmalogeni,
principalmente plasmenilcolina e plasmeniletanolammina, costituiscono circa il 18% dei fosfolipidi delle membrane,
con preferenza per le cellule eccitabili: cellule miocardiche, cellule muscolari striate e cellule nervose.

Struttura dei fosfolipidi

Lipidi di membrana %(peso) Monostrato esterno Monostrato


(eritrociti) interno

Colesterolo 23% 50% 50%

Fosfatidilinositolo 1% - -

Fosfatidiletanolammina 18% 20% 80%

Fosfatidilcolina 17% 80% 20%

Fosfatidilserina 7% - 100%

Sfingomielina 18% 90% 10%

Glicolipidi 3% 100% -
Composizione della membrana cellulare 12

Altri 13% - -
Plasmalogeni
Acidi grassi liberi
Colesterolo esterificato

I lipidi di membrana sono molecole anfipatiche, cioè manifestano proprietà sia idrofobiche che idrofiliche. La natura
anfipatica è dovuta alla presenza di una estremità polare idrofila (testa), formata dall'acido ortofosforico (PO4), a cui
si aggiungono gruppi ossidrilico (OH), carbossilico (COOH), aminico (NH2) o ione ammonico quaternario
(N+(CH3)3) del radicale legato all'ortofosfato, e di una estremità apolare idrofoba (coda) formata dalle catene
alifatiche degli acidi grassi o dal → nucleo ciclopentanoperiidrofenantrenico del colesterolo.
A causa della natura anfipatica, i fosfolipidi
e i glicolipidi formano lamine bimolecolari.
In ciascun monostrato i lipidi sono allineati
tra loro, con le teste polari dirette all'esterno,
verso l'ambiente acquoso, e con le code
idrofobiche rivolte verso l'interno del doppio
strato. L'associazione tra le molecole
lipidiche è sostenuta da legami elettrostatici
(dipolari e idrogeno) tra le teste e dai deboli
legami di Van der Waals tra le catene
alifatiche (dipolo indotto-dipolo indotto).
La disposizione dei fosfolipidi all'interno della membrana
I lipidi di membrana svolgono una funzione
strutturale, costituendo l'impalcatura fondamentale della membrana plasmatica; una funzione di barriera
semipermeabile, che si lascia attraversare liberamente dalle molecole liposolubili, ma risulta impenetrabile da quelle
idrosolubili; una funzione metabolica, in quanto rappresentano una fonte di mediatori lipidici, che possono essere
mobilizzati in risposta agli stimoli esterni:inositol-1,4,5-trifosfato (IP3), diacilglicerolo (DAG), acido fosfatidico
(PA), liso-PAF (lyso-platelet-activating factor), ceramidi.

Sebbene la funzione dei plasmalogeni non sia del tutto chiarita, si ritiene che questi lipidi possano proteggere le
membrane dallo stress ossidativo, agendo come antiossidanti endogeni, in quanto il legame vinilico è in grado di
legare radicali liberi (effetto scavenger o spazzino). Altre funzioni che sono state attribuite ai plasmalogeni di
membrana includono la modulazione della fluidità di membrana e la partecipazione negli eventi di fusione tra le
membrane cellulari, grazie alla loro propensione a formare fasi esagonali.
Un cenno particolare richiede il fosfatidilinositolo, perché è il precursore di importanti composti fosforilati di
membrana: fosfatidilinositolo-monofosfati [PI-3-P, PI-4-P (PIP), PI-5-P]; fosfatidilinositolo-bifosfati [PI-3,4-P2,
PI-4,5-P2 (PIP2), PI-3,5-P2]; fosfatidilinositolo-trifosfato [PI-3,4,5-P3 (PIP3)]; PIP e PIP2 sono i più abbondanti, dal
momento che costituiscono circa il 60% del totale dei fosfatidilinositol-fosfati. PI-4,5-P2 ha una notevole importanza
perché da un lato da esso deriva l'inositol-1,4,5-trifosfato (IP3), un secondo messaggero solubile prodotto dalle
fosfolipasi C (PLC), dall'altro interagisce, nelle membrane, con numerose proteine, modulandone la funzione.
Composizione della membrana cellulare 13

Le proteine della membrana cellulare


Le proteine sono immerse nel "mare" lipidico e svolgono una serie di importanti funzioni:
1. funzione di trasporto di ioni e molecole1!!!!
2. funzione recettoriale, permettendo il riconoscimento di segnali extracellulari;
3. funzione enzimatica, con la generazione di segnali intracellulari, utilizzando le componenti lipidiche delle
membrana;
4. funzione di collegamento, fungendo da intermediari nella interazione funzionale tra due proteine (per es. fra
recettore ed enzima);
5. funzione strutturale e meccanica, costituendo punti di ancoraggio per strutture extra- e/o intra-cellulari.
Dal punto di vista strutturale, le proteine, in base alle caratteristiche della loro estrazione dalla membrana, possono
essere distinte in due tipi: proteine integrali e periferiche. Le differenze nelle modalità di isolamento riflettono le
caratteristiche dell'inserimento delle proteine nella membrana.

Proteine integrali
Le proteine integrali necessitano, per essere isolate, di trattamenti drastici, che scompaginano la struttura stessa della
membrana cellulare.
Le proteine integrali possono essere distinte in transmembranose, intramembranose e proteine con ancore lipidiche.
Infatti, le proteine integrali possono attraversare il doppio stato lipidico completamente una o più volte (proteine
transmembranose bi- o poli-topiche), oppure possono attraversarlo parzialmente, emergendo con entrambe le
estremità dallo stesso versante, citoplasmatico o extracellulare, della membrana (proteine intramembranose
monotopiche). Le proteine transmembranose possono essere indicate come tipo I o II, a seconda che la loro estremità
C-terminale sia intra- o extra-cellulare.
I segmenti proteici che attraversano il doppio strato lipidico sono composti principalmente da aminoacidi non polari
(idrofobici), soprattutto glicina, leucina, isoleucina, alanina e valina. Poiché i legami peptidici ( -CO-NH+) tra gli
aminoacidi che costituiscono la catena proteica sono essi stessi polari, i segmenti intramembranosi assumono di
regola una configurazione ad alfa elica, in modo tale che tutti i legami peptidici possono formare tra loro legami
idrogeno (O- ••••• H+) riducendo la polarità del segmento intramembranoso.
Una classe importante di proteine integrali contiene catene lipidiche legate covalentemente alla catena peptidica
(lipid-anchored proteins). I gruppi lipidici sono utilizzati come ancore che si inseriscono nella membrana cellulare.
Questi gruppi comprendono: acidi grassi (palmitico e miristico), isoprenoidi (farnesilpirofosfato e
geranilgeranilpirofosfato) o glicosilfosfatidilinositolo (GPI, molecola complessa formata da fosfatidilinositolo e
oligosaccaridi). Le proteine palmitoilate e miristoilate e quelle GPI-legate si distribuiscono di preferenza nei rafts, in
quanto le loro catene lipidiche sature hanno una conformazione particolarmente adatta ad essere accolta nei domini
lipidici allo stato liquido-ordinato. Al contrario, le proteine isoprenilate, che hanno catene lipidiche ramificate e
voluminose, non idonee per i domini allo stato liquido-ordinato, si distribuiscono di preferenza nelle regioni della
membrana più fluide (stato liquido-cristallino). Le proteine GPI-legate sono localizzate esclusivamente nel foglietto
esterno della membrana cellulare, mentre quelle legate ad acidi grassi o isoprenoidi sono presenti unicamente nel
foglietto interno. Gli acidi grassi e gli isoprenoidi sono legati alla molecola peptidica tramite legame estere con il
gruppo tiolico della cisteina. L'idrolisi del legame estere da parte di enzimi specifici permette di regolare
l'associazione di queste proteine al versante → citoplasmatico della membrana cellulare e quindi di controllarne la
compartimentazione fra citoplasma e membrana.
Composizione della membrana cellulare 14

Proteine periferiche
Le proteine periferiche possono essere isolate più facilmente dalla membrana, attraverso trattamenti blandi (es.
variazioni del pH o della forza ionica del mezzo).
Ciò è legato al fatto che le proteine periferiche non si inseriscono nel doppio strato lipidico, ma si associano alla sua
superficie, intra- o extra-cellulare, interagendo con la la testa polare dei lipidi o con le proteine integrali. Fanno parte
delle proteine periferiche associate con la faccia citoplasmatica della membrana cellulare alcuni enzimi e le proteine
del citoscheletro spectrina e actina. Le proteine che contengono domini PH (Pleckstrin Homology), come le
fosfolipasi C (PLC), si legano ai derivati fosforilati dei fosfatidilinositoli. Le proteine provviste di domini C2
(protein kinase C domain 2) aderiscono tramite ponti di Ca+2 a fosfolipidi anionici (fosfatidilserina e
fosfatidilinositolo). La presenza di domini SH (Src Homology) consente alle proteine citoplasmatiche di associarsi ai
residui tirosinfosforilati di proteine di membrana, in particolare dei recettori di membrana con attività
tirosinchinasica.
Una proprietà delle proteine periferiche consiste nella possibilità che la loro associazione con la membrana possa
essere transitoria e soggetta a regolazione, ad esempio dalla attivazione delle proteine stesse o dei substrati ai quali
esse aderiscono. Grazie a questa regolazione le proteine periferiche possono spostarsi fra citoplasma e membrana
plasmatica a seconda delle necessità funzionali della cellula. Alcuni enzimi, come la proteinchinasi C (PKC), si
legano alla membrana in risposta alla attivazione da parte del Ca2+ intracellulare.

Asimmetria della membrana cellulare


La composizione dei due foglietti, esterno e
interno, della membrana cellulare presenta
notevoli differenze, non solo nella
componente proteica, ma anche nella stessa
componente lipidica, per cui la membrana
plasmatica è caratterizzata da una marcata
asimmetria, che riflette le differenti funzioni
dei due monostrati.
In primo luogo i glucidi (oligosaccaridi),
che sono presenti nella membrana
plasmatica in forma di glico-proteine e
glico-lipidi, sono situati nel solo foglietto
esterno, in contatto dell'ambiente
extracellulare, dove possono svolgere una
funzione recettoriale, in particolare nei Asimmetria della membrana plasmatica

processi di adesione tra le cellule, oppure


una funzione protettiva, formando uno strato (glicocalice) che riveste esternamente la membrana plasmatica,
proteggendola dagli insulti meccanici e chimici.

Per quanto riguarda i lipidi, oltre 80% delle molecole che nella testa polare contengono colina
(-(CH3)3N+CH2CH2OH-), precisamente fosfatidilcolina (PC) e sfingomielina (SP), sono situate nel monostrato
esterno della membrana, mentre circa il 90% dei lipidi con teste senza carica netta (fosfatidiletanolamina, PE) o con
carica netta negativa (fosfatidilserina (PS) e fosfatidilinositolo), sono localizzati di preferenza nel monostrato
interno. Ciò comporta una prevalenza di cariche negative sul versante citoplasmatico della membrana cellulare.
Composizione della membrana cellulare 15

Origine dell'asimmetria
L'asimmetria dei fosfolipidi di membrana è generata durante la sintesi della membrana nel → reticolo
endoplasmatico, nel quale carriers (proteine trasportatrici) di fosfolipidi trasportano specifici fosfolipidi da un
monostrato all'altro. Una volta che le neomembrane hanno raggiunto la superficie cellulare, l'asimmetria dei
fosfolipidi è mantenuta dalla attività coordinata di specifici meccanismi di trasporto.
Sono stati identificati almeno tre meccanismi.
• La traslocasi ATP-dipendente specifica per gli aminofosfolipidi (o flippasi), trasporta rapidamente
fosfatidiletanolamina e soprattutto fosfatidilserina dal monostrato esterno a quello interno.
• La floppasi ATP-dipendente non specifica trasporta lentamente e senza specificità fosfolipidi dal monostrato
interno a quello esterno. La floppasi è un membro della superfamiglia ABC di proteine trasportatrici, un gruppo di
proteine specializzate nel trasporto ATP-dipendente di molecole anfipatiche. Fa parte di questa famiglia la
proteina ABCA1, responsabile del trasferimento del colesterolo dalla membrana plasmatica alle HDL.
• La scramblase (dall'inglese to scramble, mescolare), una proteina Ca2+-dipendente non specifica, che consente ai
fosfolipidi di muoversi casualmente tra i due monostrati.
I primi due meccanismi lavorano in concerto per mantenere la distribuzione asimmetrica dei fosfolipidi, mentre il
terzo meccanismo agisce in senso antagonista ai precedenti, provocando un rapido passaggio dei fosfolipidi da un
monostrato all'altro, tanto da generare una distribuzione quasi simmetrica dei fosfolipidi di membrana.In presenza di
fisiologiche concentrazioni intracellulari di Ca2+, la flippasi e la floppasi sono attive e mantengono la normale
asimmetria di membrana. La loro inibizione arresta il trasporto attivo di fosfolipidi tra i foglietti della membrana, ma
per alcuni giorni, in vitro, non risulta nella perdita della asimmetria.Al contrario, l'elevazione della concentrazione
intracellulare di Ca2+ attiva la scramblase Ca2+-dipendente e inibisce l'attività degli altri due trasportatori, per cui
risulta una rapida e casuale ridistribuzione dei fosfolipidi, che compromette l'asimmetria della membrana.

Ruolo dell'asimmetria di membrana


L'asimmetria di membrana ha un ruolo importante nella funzionalità cellulare.
La prevalenza dei fosfolipidi contenenti etanolammina (fosfatidiletanolammina e plasmeniletanolammina) nel
foglietto interno della membrana e dei colino-fosfolipidi nel foglietto esterno potrebbe influenzare i processi di endo-
ed eso-citosi, dal momento che gli etanolammino-fosfolipidi hanno predilezione per la fase HII (vedi voce
fosfolipidi), mentre i colino-fosfolipidi per la fase lamellare.
Inoltre, alcune proteine periferiche (PKC, annessina, spectrina) si fissano alla superficie citosolica della membrana
grazie alla interazione con la fosfatidilserina.
La perdita della asimmetria provoca un aumento degli aminofosfolipidi, in particolare della fosfatidilserina, sulla
superficie cellulare, con notevoli conseguenze per la fisiologia cellulare. La trasformazione della membrana
plasmatica delle piastrine in una superficie procoagulante è causata dalla alterazione della asimmetria dei fosfolipidi,
che comporta un'eccessiva presenza di fosfatidilserina sul foglietto esterno; ciò promuove la coagulazione e la
trombosi, aumentando la formazione di trombina di oltre un milione di volte. L'esposizione della fosfatidilserina
fornisce una superficie catalitica per l'assemblaggio dei complessi enzimatici: protrombinasi (complesso dei Fattori
Va e Xa che catalizza la conversione di protrombina in trombina) e tenasi (complesso attivante il Fattore X,
composto dai Fattori IXa e VIIIa).
Inoltre, l'esposizione della fosfatidilserina nel monostrato esterno rende la cellula riconoscibile ed eliminabile dai
fagociti del sistema reticoloendoteliale.
16

TRASPORTO DI MEMBRANA

Trasporto di membrana
Con il termine trasporto di membrana ci si riferisce a diversi processi attraverso i quali la cellula è in grado di
permettere l'attraversamento delle → membrane biologiche alle molecole che non sono in grado di diffondervi
autonomamente.

Le membrane biologiche
La membrana cellulare è deputata allo svolgimento di almeno quattro importanti funzioni:
• permettere il passaggio selettivo delle molecole destinate ad entrare all’interno della cellula (ad esempio ossigeno,
glucosio o altre sostanze coinvolte nel rifornimento energetico);
• consentire l’uscita verso la matrice extracellulare delle sostanze da eliminare, che possono essere tossiche per la
cellula;
• impedire che agenti esterni possano danneggiare fisicamente i componenti interni della cellula;
• mantenere costante il pH del citosol.

Composizione e struttura della membrana


Le membrane cellulari, sono costituite essenzialmente da un doppio strato di lipidi. I lipidi che concorrono alla
formazione del doppio strato lipidico, sono: fosfolipidi, steroli, glicerofosfolipidi e sfingolipidi.
• I fosfolipidi, costituiti da una coda carboniosa (apolare o idrofobica) e da una testa polare (idrofila), si
dispongono secondo uno schema coda-coda, minimizzando il contatto con le molecole polari come l’acqua. Le
teste polari (possono formare un legame idrogeno) sono rivolte verso l’ambiente acquoso extracellulare ed
intracellulare.
• Gli steroli concorrono al controllo della fluidità delle membrane in funzione della temperatura di transizione.
Nelle membrane cellulari sono presenti anche numerose proteine, in quantità notevolmente minore a quella dei lipidi.
Rispetto alla porzione lipidica, tuttavia, tali molecole hanno solitamente funzioni non semplicemente strutturali. Esse
infatti possono permettere la comunicazione con l’ambiente extracellulare e consentire il passaggio di molecole
specifiche.

Comunicazione con l’ambiente extracellulare


Le cellule, necessitano di comunicare con l’ambiente extracellulare, in modo da organizzare al loro interno le attività
molecolari che possono regolare un determinato processo o evento biochimico. Tale comunicazione può avvenire
tramite segnali molecolari, che vengono trasportati da molecole segnale specifiche come ormoni o proteine. Sulla
faccia esterna della membrana cellulare sono presenti numerose proteine che svolgono la funzione di recettore,
affinché queste molecole segnale vengano riconosciute della cellula. Ogni recettore, ha una conformazione
particolare e specifica, capace di accogliere e di stabilire dei legami solo con una determinata molecola segnale.
Trasporto di membrana 17

Passaggio di molecole specifiche


Le cellule, sono in grado di selezionare le molecole che devono entrare all’interno della cellula affinché possano
soddisfare le esigenze nutrizionali e mantenere l'omeostasi cellulare: il mantenimento costante del pH, ad esempio, è
garantito grazie all’entrata di ioni H+ e ioni OH-. Il passaggio di sostanze specifiche è consentito da specifici canali
proteici, o semplicemente per diffusione di sostanze lipidiche attraverso la membrana. Pertanto, è possibile
distinguere due tipi di trasporti delle sostanze differenti: trasporto passivo e trasporto attivo.

Trasporto passivo
Il trasporto passivo consiste nel passaggio di molecole secondo gradiente. Per tale passaggio non è richiesto l’utilizzo
di energia biochimica (come ATP). Esso può essere mediato da proteine di membrana. Questo tipo di trasporto può
essere di tre tipi differenti: diffusione semplice, diffusione facilitata, osmosi.

Diffusione semplice
La diffusione semplice è un tipo di trasporto che non necessita di nessun sistema proteico. È definito semplice perché
le molecole che sfruttano questo trasporto sono tutte apolari, cioè capaci di diffondere attraverso il doppio strato
lipidico (anch’esso apolare). Tali molecole hanno solitamente le caratteristiche dei lipidi. In questo tipo di trasporto,
il gradiente di concentrazione è favorevole, ed è di segno positivo. Non c'è pertanto una spesa energetica in termini
di ATP per spingere la molecola dall’altra parte della membrana.

Diffusione facilitata
La diffusione facilitata differisce da quella semplice perché sono presenti delle proteine trasportatrici, proteine di
membrana che facilitano ed aumentano la velocità del passaggio di una determinata molecola, attraverso la
formazione di legami deboli, necessari per facilitare il rilascio della molecola dall’altra parte della membrana. In
questo tipo di trasporto, il gradiente di concentrazione è favorevole, ed è di segno positivo, pertanto non c’è una
spesa energetica (in termini di ATP) per spingere la molecola dall’altra parte della membrana.

Osmosi
Quando una membrana non fa passare le molecole di soluto ma solo quelle di solvente (che nel caso delle membrane
biologiche è acqua) allora la membrana si dice semipermeabile per quel soluto specifico. La membrana plasmatica,
ad esempio, è semipermeabile per molti soluti. Quando esiste un gradiente di concentrazione ai lati di una membrana
semipermeabile le molecole di soluto non possono diffondere dall'area a concentrazione maggiore a quella a
concentrazione minore. Si assiste, dunque, al fenomeno dell'osmosi, cioè al passaggio delle molecole di solvente
dall'area a minor concentrazione di soluto a quella a maggior concentrazione di soluto, in modo da diluire la
soluzione più concentrata e annullare il gradiente di concentrazione.

Trasporto attivo
Il trasporto attivo permette il passaggio di soluti contro gradiente di concentrazione. Tale passaggio è mediato da
proteine di membrana che richiedono l’utilizzo di energia biochimica (ATP). Questo tipo di trasporto può essere
ulteriormente suddiviso in diverse tipologie: trasporto attivo primario e trasporto attivo secondario.

Trasporto attivo primario


Trasporto di membrana 18

Il trasporto attivo primario è mediato da proteine di membrana


trasportatrici di soluti. Si occupa di trasferire molecole contro un
gradiente di concentrazione, richiedendo la presenza di ATP (si Scissione dell'ATP in ADP e fosfato inorganico
verifica quindi una spesa energetica). Il trasporto attivo primario è in
grado di generare un gradiente di concentrazione ed un gradiente elettrico a cavallo della → membrana cellulare
(come avviene, ad esempio, quando vengono traspostati degli ioni). Lo spostamento di un soluto dall’altra parte della
membrana, ad opera della proteina di membrana, è strettamente legato alla reazione esoergonica della conversione
dell’ATP in ADP e fosfato inorganico..

Trasporto attivo secondario


Si parla di trasporto attivo secondario quando il trasporto di una molecola (A) contro gradiente è permesso dal
gradiente di un'altra molecola (B) precedentemente creato da un trasporto attivo primario. Infatti è necessario che si
verifichi prima il trasporto endoergonico (che cioè richiede energia) di B, affinché si accumuli da un lato della
membrana. Successivamente si verifica il trasporto esoergonico di B nella direzione del gradiente, creato
precedentemente dal trasporto attivo primario. Tale trasporto esoergonico è solitamente accoppiato al trasporto
contro gradiente di A. Tale accoppiamento è definito cotrasporto ed è realizzato da proteine intrinseche della
membrana cellulare capaci di riconoscere le molecole A e B. Solitamente B è uno ione, sodio o protone, che viene
chiamato ione trainante (driver).
Esistono due tipi di cotrasporto: antiporto e simporto.
• L’antiporto, consente il passaggio contemporaneo ma in direzioni opposte di due ioni differenti.
• Il simporto, consente il passaggio contemporaneo ma nella stessa direzione di due ioni differenti.

Esempi di trasporti attivi


Tra i trasporti attivi (cioè ATP dipendenti) figurano:
• Na+/K+ antiporto;
• Ca2+;
• H+;
• H+/K+ antiporto.
Tra i trasporti secondari figurano:
• Na+/glucosio simporto;
• Na+/amminoacidi simporto;
• Na+/Ca2+ antiporto;
• Na+/H+ antiporto.

Voci correlate
• Endocitosi
• Esocitosi
• Acquaporine
• → Trasportatore di membrana
Trasporto di membrana 19

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Trasporto passivo
Il trasporto passivo è una modalità di
movimento di sostanze chimiche attraverso
membrane biologiche tramite diffusione
(molecole idrofobiche) o → diffusione
facilitata (molecole idrofile). A differenza
del → trasporto attivo, questo processo non
richiede il rilascio di energia chimica
(idrolisi di ATP) poiché, a differenza del
trasporto attivo, riduce l'energia libera e
accresce l'entropia del sistema.

Il trasporto passivo è dipendente dalla


permeabilità della membrana cellulare che, a
sua volta, dipende dalla sua composizione in
lipidi e proteine.
I quattro tipi principali di trasporto passivo
sono la diffusione, la → diffusione facilitata,
Alcune delle possibilità di movimento di molecole tra → citoplasma (1) e spazio
la filtrazione e l'osmosi.
extracellulare (2).
Trasporto passivo:
- A. Diffusione
Diffusione - B. → Diffusione facilitata
La diffusione è il trasporto di materiale da Trasporto attivo:
D. Trasporto primario (contro gradiente)
un'area in cui esso è presente ad alta
C.-E. Trasporto secondario:
concentrazione verso una a più bassa - C. Uniporto
concentrazione. La differenza di - E. Simporto
concentrazione tra le due aree è spesso Esocitosi/Endocitosi:
F.-G. Esocitosi
Trasporto passivo 20

chiamata gradiente di concentrazione. La diffusione continua finché questo gradiente non viene eliminato, per
questo il suo lavoro è detto "secondo il gradiente di concentrazione" (al contrario del → trasporto attivo, che spesso
muove materiale da un'area a bassa concentrazione verso una a più alta concentrazione cioè contro gradiente di
concentrazione).
Se e quando il gradiente di concentrazione è stato eliminato, non avviene altro scambio di materiale. Nonostante
singole molecole continuino a muoversi da un'area all'altra, i trasferimenti sono bilanciati dai movimenti di altro
materiale nella direzione opposta.
La diffusione è fisiologicamente importante perché permette l'abolizione dei gradienti di concentrazione nel corpo.
Ad esempio, l'attività metabolica consuma ossigeno, che riduce la propria concentrazione nel sangue; la diffusione di
ossigeno attraverso gli alveoli polmonari ne permette però il ripristino.

Diffusione facilitata
La diffusione facilitata è il movimento di molecole attraverso la membrana cellulare tramite particolari →
trasportatori di membrana, proteine integrate nella → membrana cellulare che formano dei canali. Molte molecole di
grandi dimensioni, come il glucosio, sono insolubili nei lipidi e troppo grandi per passare attraverso i pori delle
membrane. Per poter attraversare la membrana queste molecole si legano con specifiche proteine di trasporto, quindi
questo complesso viene legato ad un sito recettore e trasportato attraverso la membrana cellulare. A seconda del
gradiente di concentrazione, il trasporto netto di sostanza avverrà in un senso o nell'altro: la diffusione facilitata è
quindi sempre un processo passivo, che non richiede cioè un dispendio di energia.

Filtrazione
La filtrazione è il trasporto di acqua e molecole di soluto attraverso la membrana cellulare, dovuto alla pressione
idrostatica generata dal sistema cardiovascolare. A seconda del diametro dei pori delle membrane, possono essere
trasportate solo molecole di soluto di una determinata grandezza. Ad esempio, i pori di membrana della capsula di
Bowman (nei reni) sono molto stretti e soltanto l'albumina, la più piccola delle proteine, ha qualche possibilità di
filtrare attraverso di essi. D'altra parte i pori di membrana del fegato sono molto ampi, per permettere la
metabolizzazione di una grande varietà di soluti.

Osmosi
L'osmosi è la diffusione di un solvente attraverso una membrana verso una regione ad alta concentrazione di soluto.
Differisce dalla diffusione nel fatto che a muoversi è il solvente e non il soluto, tuttavia segue lo stesso principio per
cui si tende a cancellare un gradiente di concentrazione. Negli organismi viventi il solvente è l'acqua e la maggior
parte delle → membrane cellulari è permeabile all'acqua. In sistemi biologici quindi osmosi significa passaggio di
acqua (diffusione di molecole d'acqua). Questo processo ha un ruolo considerevole nella fisiologia di tutti gli esseri
viventi.
Trasporto passivo 21

Voci correlate
• → Trasporto attivo
• → Trasportatore di membrana

Collegamenti esterni
• (EN) Confronto tra trasporto attivo e passivo [1]
• (EN) Modello di diffusione facilitata attraverso cambiamento conformazionale del trasportatore [2]
• (EN) Modello di diffusione facilitata del glucosio [3]

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Note
[1] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ entrez/ query. fcgi?cmd=Search& db=books& doptcmdl=GenBookHL& term=passive+ transport+ AND+
mboc4%5Bbook%5D+ AND+ 373333%5Buid%5D& rid=mboc4. figgrp. 1995
[2] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ entrez/ query. fcgi?cmd=Search& db=books& doptcmdl=GenBookHL& term=passive+ transport+ AND+
mboc4%5Bbook%5D+ AND+ 373341%5Buid%5D& rid=mboc4. figgrp. 2000
[3] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ books/ bv. fcgi?rid=mcb. figgrp. 4046
Diffusione facilitata 22

Diffusione facilitata
La diffusione facilitata è un processo di →
trasporto passivo cellulare, simile alla
diffusione semplice in quanto non richiede
consumo di ATP: è un trasporto da una zona
ad alta concentrazione di una molecola ad
una a concentrazione più bassa, cioè
secondo gradiente; differisce dalla
diffusione semplice per alcuni aspetti. In
questo caso le molecole trasportate non sono
in grado di oltrepassare la membrana in
quanto non sono liposolubili e hanno quindi
bisogno di mezzi che colleghino l’interno
della cellula con l’esterno. Questi mezzi sono
detti proteine canale o → trasportatori di
membrana e fungono da “canali” nella
membrana cellulare permettendo così un
passaggio di materiale che altrimenti non
Alcune delle possibilità di movimento di molecole tra → citoplasma (1) e spazio
sarebbe potuto avvenire. Il tasso di extracellulare (2).
diffusione non è dato dal numero di Trasporto passivo:
particelle (diffusione semplice) ma da quello - A. Diffusione
- B. Diffusione facilitata
di proteine canale in quanto sono queste
Trasporto attivo:
ultime a determinare le fasi del trasporto. D. Trasporto primario (contro gradiente)
C.-E. Trasporto secondario:
- C. Uniporto
- E. Simporto
Esocitosi/Endocitosi:
F.-G. Esocitosi
Trasportatore di membrana 23

Trasportatore di membrana
Un trasportatore di membrana è un
polipeptide transmembrana in grado di
mediare il trasporto di ioni o molecole polari
di medie dimensioni (amminoacidi,
zuccheri, nucleotidi) all'interno della cellula.
La presenza di trasportatori di membrana è
indispensabile: solamente alcuni composti
sono in grado di diffondere liberamente
attraverso la membrana plasmatica; tutti gli
altri hanno bisogno di metodi alternativi per
entrare nel → citoplasma. Sebbene esista un
gran numero di diversi trasportatori, questi
possiedono alcune caratteristiche in comune: Pompa del Calcio: differenza di conformazione tra stato inattivo e stato attivo

• il trasporto è selettivo per il substrato che deve essere trasportato, e basato su interazioni steriche tra il
trasportatore e la molecola trasportata;
• la traslocazione attraverso la membrana è legata ad un cambiamento conformazionale della proteina trasportatrice,
e più specificamente all'apertura/chiusura di un "canale" all'interno del polipeptide;
• il trasporto può richiedere o meno dispendio energetico, dando vita rispettivamente ad un → trasporto attivo o →
passivo;
• tutte le molecole trasportatrici conosciute sono proteine transmembrana, che attraversano cioè integralmente la
membrana plasmatica.

Modalità di ingresso
L'ingresso nel citoplasma può avvenire in tre modi diversi; la natura del trasporto dipende dalle caratteristiche
steriche e chimiche della molecola in questione.
1. Le piccole molecole polari (come acqua e etanolo), i gas e le molecole apolari (come gli idrocarburi) possono
diffondere attraverso il doppio strato fosfolipidico della membrana plasmatica. Il meccanismo, soprattutto per
quanto concerne il trasporto di acqua, è ancora poco definito.
2. Le macromolecole (come le catene polipeptidiche), i virus, i batteri o frammenti di altre cellule, possono essere
internalizzate solamente tramite processi di endocitosi e fagocitosi. Con un meccanismo simile, detto pinocitosi,
la cellula può immagazzinare anche grandi quantità d'acqua.
3. I trasportatori di membrana invece si occupano dell'internalizzazione di ioni, protoni e molecole polari di medie
dimensioni, come zuccheri, nucleotidi e aminoacidi.
Trasportatore di membrana 24

Classi di trasportatori
I trasportatori di membrana possono essere suddivisi in quattro classi principali:
• ATPasi di trasporto
• Canali ionici
• Permeasi
• Cotrasportatori
Queste differiscono per il meccanismo di azione, la localizzazione nella cellula e il tipo di molecola trasportata.

ATPasi di trasporto
Le ATPasi di trasporto, dette anche pompe ioniche, sfruttano l'idrolisi di ATP per trasportare ioni o protoni contro il
gradiente di concentrazione. Si suddividono in tre classi, a seconda del meccanismo utilizzato e del substrato
trasportato:
• ATPasi di tipo P;
• ATPasi di tipo F e ATPasi di tipo V.

ATPasi di tipo P
Le ATPasi di tipo P sono deputate principalmente al trasporto di ioni. Sono principalmente composte da un'unica
catena polipeptidica che esplica sia la funzione idrolitica che quella trasportatrice.
Vengono dette di tipo P per la presenza di un sito di fosforilazione a livello dell'aspartato, che nelle due diverse
forme apre e chiude il canale per lo ione (Na+/K+, H+/K+, Ca++).
ATPasi di tipo P sono presenti sia sulla membrana plasmatica che sulla membrana del → reticolo endoplasmatico.

ATPasi di tipo F e di tipo V


Le ATPasi di tipo V e di tipo F sono deputate al trasporto di protoni. Questa classe di ATPasi è strutturalmente più
complessa, essendo formata da più subunità proteiche che si assemblano sulla membrana di molti compartimenti ed
organelli cellulari. La loro complessità si evince anche dal maggiore peso molecolare, che può superare i 500 kDa. A
differenza delle ATPasi di tipo P, quelle di tipo V e di tipo F non trasferiscono su un proprio aminoacido un residuo
di fosfato.
Le ATPasi di tipo F si trovano nei → mitocondri, dove sono responsabili della movimentazione di protoni per la
sintesi energetica della cellula.
Le ATPasi di tipo V sono presenti sui lisosomi, dove con il trasporto di protoni favorisce l'instaurazione di un
ambiente idrolizzante acido.

Canali ionici
I canali ionici mediano il trasporto di ioni tra l'ambiente extracellulare ed il → citoplasma o tra compartimenti diversi
della cellula. Il trasporto è → passivo e segue il gradiente degli ioni interessati, con una velocità linearmente
proporzionale alla concentrazione più alta presente su uno dei due lati.
Il trasporto di ioni non è saturabile, poiché questi non formano legami deboli col trasportatore. Il passaggio
attraverso il canale è infatti legato alla dimensione ed alla carica dello ione, perdendo parte della specificità.
Esistono due tipi di canali ionici, che differiscono per il tipo di attivazione:
• canali ionici ligando dipendenti;
• canali ionici voltaggio dipendenti.
Trasportatore di membrana 25

Canali ionici ligando dipendenti

L'apertura del canale è dovuta all'interazione, in un altro dominio del trasportatore detto
"recettoriale", con una molecola estranea al processo ti trasporto detta ligando. Questa
interazione provoca un cambiamento conformazionale nella proteina trasportatrice che
determina l'apertura del canale e l'inizio del trasporto di ioni secondo gradiente.
In alcuni casi la proteina recettoriale è diversa da quella canale, ma legata ad essa
funzionalmente.
I canali ionici prendono il nome dal ligando che li attiva: alcuni esempi sono il canale del
Na+-acetilcolina-dipendente, presente sulla membrana plasmatica, e il canale del
Ca++-fosfatidilinositolo-dipendente, presente sulla membrana dei calciosomi.

Canali ionici voltaggio dipendenti

I canali ionici voltaggio dipendenti sono attivati da differenze di voltaggio nel potenziale
di membrana, che modificano la geometria della proteina trasportatrice.
Tra questi, il canale del Na+ e del K+ presenti nelle cellule nervose, e responsabili della
propagazione del potenziale d'azione, nonché della successiva rigenerazione del
Canale del Na+
potenziale di membrana di riposo.
Acetil-colina dipendente

Permeasi
Le permeasi sono responsabili del trasporto di piccole e medie molecole polari, come zuccheri, aminoacidi e
nucleotidi, all'interno della cellula.
Si tratta di proteine molto specifiche, che presentano solitamente 12 regioni transmembrana, poste in posizione
concentrica a formare un canale. Un classico esempio è la permeasi del glucosio, presente in grande quantità sulla
membrana dei globuli rossi.
Sebbene il trasporto sia passivo, questo è accoppiato solitamente a reazioni metaboliche in grado di modificare il
substrato trasportato: nel caso citato, il glucosio viene fosforilato (dall'enzima esochinasi) per evitare che, azzerata la
differenza di concentrazione, il trasporto si interrompa o che la molecola appena internalizzata si rileghi alla
permeasi, saturandola.

Cotrasportatori
I cotrasportatori sono una classe di proteine in grado di mediare il trasporto simultaneo di due ioni, o di uno ione e
una molecola.
Le due molecole possono essere internalizzate in antiporto, quando la direzione di movimento delle due è opposto, o
in simporto, quando la direzione di movimento delle due è la stessa.
I cotrasportatori sono in grado di trasportare un substrato contro il suo gradiente di concentrazione, sfruttando
l'energia ricavata dalla differenza di concentrazione dell'altro substrato. Ad esempio, il glucosio viene trasportato
all'interno delle cellule dell'epitelio intestinale attraverso un simporto che sfrutta il gradiente del Na+ (senza l'utilizzo
diretto di ATP). Nel sistema nervoso i cotrasportatori contribuiscono al funzionamento delle sinapsi rimuovendo
dalla fessura sinaptica i neurotrasmettitori come ad esembio l'acido glutammico o l'acido gamma-aminobutirrico che
vengono riportati all'interno dei neuroni insieme al sodio dopo che hanno svolto la loro azione eccitatoria o
inibitoria. Un esempio di antiporto è invece il trasporto di sodio e potassio da parte della Na+/K+ ATPasi (che sfrutta
l'energia proveniente da una molecola di ATP).
Trasportatore di membrana 26

Voci correlate
• → Trasporto di membrana
• → Trasporto attivo
• → Trasporto passivo

Trasporto attivo
Il trasporto attivo è il trasporto di molecole
attraverso la membrana plasmatica mediato
da una proteina transmembrana detta →
trasportatore di membrana. A differenza di
quanto avviene nel → trasporto passivo, nel
trasporto attivo è richiesta una spesa
energetica ed è sempre necessaria la
mediazione di un trasportatore.

In questa forma di trasporto le molecole si


muovono contro un gradiente elettrico,
chimico o elettrochimico. Per ottenere
questo risultato viene alterata l'affinità del
sito di legame con la molecola da trasportare
o la velocità di cambiamento
conformazionale del trasportatore.

Si distinguono due classi principali di


Alcune delle possibilità di movimento di molecole tra → citoplasma (1) e spazio
trasporto attivo: il trasporto primario, che
extracellulare (2).
usa direttamente l'energia per ottenere il Trasporto passivo:
trasporto e quello secondario, in cui avviene - A. Diffusione
trasporto di una sostanza resa possibile dal - B. → Diffusione facilitata
Trasporto attivo:
trasporto primario di un'altra.
D. Trasporto primario (contro gradiente)
C.-E. Trasporto secondario:
- C. Uniporto
Trasporto attivo primario - E. Simporto
Esocitosi/Endocitosi:
Nel trasporto primario il consumo di
F.-G. Esocitosi
kj/mol, normalmente sotto forma di idrolisi
di molecole di adenosintrifosfato (ATP), è
accoppiata direttamente al movimento della sostanza attraverso la membrana. Nella maggior parte dei casi il
trasporto primario è eseguito da ATPasi. Un tipico trasportatore primario, presente universalmente nelle cellule è la
pompa sodio-potassio (o ATPasi sodio-potassio), che contribuisce nel mantenimento del → potenziale di membrana.

Trasporto secondario
Nel trasporto secondario non viene speso direttamente ATP, ma viene sfruttata la differenza di potenziale
elettrochimico creata dai trasportatori attivi che pompano ioni al di fuori della cellula. Questo significa che il
trasporto secondario si basa comunque sul consumo di ATP, che permette di mantenere la differenza di potenziale
senza la quale non ci sarebbe possibilità di trasporto secondario. Il gradiente creato tramite trasporto secondario può
anche essere utilizzato da altri trasportatori; pur trattandosi dello stesso principio del trasporto secondario, in questo
Trasporto attivo 27

caso il fenomeno può prendere il nome di trasporto terziario. Un esempio di trasporto terziario è l'assunzione di
tripeptidi nell'intestino tenue.
Esistono due forme di trasporto secondario: uniporto e cotrasporto.

Uniporto
L'uniporto è il trasporto secondario di una
sola sostanza che si muove sfruttando la
differenza di potenziale elettrochimico
creato da trasportatori primari.

Cotrasporto
È il trasporto contemporaneo di due specie
ioniche o di altri soluti.
• L'antiporto è il trasporto contemporaneo
I tre tipi di trasporto secondario:
di due specie ioniche o di altri soluti che I. Uniporto
si muovono in direzioni opposte II. Simporto
attraverso la membrana. Una delle due III. Antiporto

sostanze viene lasciata fluire secondo


gradiente, da un compartimento ad alta concentrazione ad uno a bassa concentrazione. Questo genera l'energia
entropica necessaria per guidare il trasporto dell'altro soluto contro gradiente, da bassa ad alta concentrazione.

Un esempio di questo tipo di trasporto è lo scambiatore sodio-calcio, che mediano l'ingresso di ioni sodio e l'uscita
del calcio. Molte cellule possiedono anche una calcio ATPasi che però opera molto più lentamente dello scambiatore
e ha un diverso ruolo fisiologico.
• Il simporto usa, analogamente all'antiporto, il flusso di un soluto secondo gradiente per muovere un'altra
molecola contro gradiente ma il movimento avviene in questo caso attraversando la membrana nella stessa
direzione. Un esempio è il simportatore di glucosio, che cotrasporta secondo gradiente due ioni sodio per ogni
molecola di glucosio importata nella cellula.

Voci correlate
• → Trasporto passivo
• → Trasportatore di membrana

Collegamenti esterni
• (EN) Confronto tra trasporto attivo e passivo [1]
• (EN) Modello di trasportatore primario di protoni (pompa protonica) [1]
• (EN) Modello di simporto glucosio-sodio [2]
Trasporto attivo 28

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
Vai al Progetto Bio   •   Discuti alla Doppia Elica

Note
[1] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ entrez/ query. fcgi?cmd=Search& db=books& doptcmdl=GenBookHL& term=active+ transport+ AND+
cooper%5Bbook%5D+ AND+ 165159%5Buid%5D& rid=cooper. figgrp. 334
[2] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ entrez/ query. fcgi?cmd=Search& db=books& doptcmdl=GenBookHL& term=active+ transport+ AND+
cooper%5Bbook%5D+ AND+ 165878%5Buid%5D& rid=cooper. figgrp. 2009
Recettore (biochimica) 29

Recettore (biochimica)
In biochimica, un recettore è una proteina, transmembrana o intracellulare, che si lega con un fattore specifico,
definito ligando, causando nel recettore una variazione conformazionale in seguito alla quale si ha l'insorgenza di
una risposta cellulare o un effetto biologico.
Il senso farmacologico, invece, è più lato, essendo il recettore
una molecola qualsiasi, bersaglio del farmaco in questione.
Le due concezioni quindi sono leggermente diverse:
• nel primo caso, il recettore sovente si trova inserito in una
membrana cellulare, che sia quella → plasmatica, →
mitocondriale o nucleare
• nel secondo caso può anche trattarsi di un enzima o di altre
molecole solute (pensiamo, per esempio, alle molecole
presenti nel sangue).

Le tipologie di recettori
I recettori possono essere suddivisi in due grandi famiglie, a
seconda della loro localizzazione cellulare:
• recettori transmembrana
• recettori intracellulari

Schema di un recettore di membrana: il ligando (verde) lega


il recettore (arancione) determinandone una modifica
conformazionale che attiva dei sistemi di trasduzione
intracellulari (rosso) del segnale

Recettori transmembrana
I recettori transmembrana, più semplicemente definibili anche recettori
di membrana, sono una classe di recettori che possiede domini
extracellulari, transmembrana ed intracellulari. Anche questa tipologia
di recettori è suddivisibile in due differenti classi: ionotropi e
metabotropici.
• recettori ionotropi definiti anche recettori-canale: sono recettori la
cui apertura causa il flusso di ioni. Tra questi:
• recettore nicotinico Recettore transmembrana:E=spazio
extracellulare; I=spazio intracellulare;
• recettore per la glicina
P=membrana plasmatica
• recettore GABA di tipo A e C
Recettore (biochimica) 30

• recettore del glutammato


• recettore AMPA
• recettore NMDA
• recettore del kainato
• recettore serotoninergico del tipo 5-HT3
• recettori metabotropici: classe di recettori che, in seguito all' interazione con lo specifico ligando, inducono una
cascata di reazioni cellulari. Riconducibili a 4 distinte tipologie recettoriali:
• → Recettori accoppiati a proteine G: strutture recettoriali transmembrana costituiti da 7 domini transmembrana
(TM) la cui risposta è modulata da una proteina G. Tra tali tipi di recettore possiamo trovare:
• recettore muscarinico che lega il ligando endogeno acetilcolina
• recettore adrenergico per il legame di catecolammine come adrenalina e noradrenalina
• recettore GABA di tipo B
• recettore dell'angiotensina
• recettore dei cannabinoidi
• recettore della colecistochinina
• recettore dopaminergico
• recettore dei leucotrieni
• recettore degli oppiodi
• recettore della rodopsina
• recettore della somatostatina
• recettori attivati da proteasi PAR
• probabilmente molti altri ancora non definiti
• recettori tirosin-chinasi, tra cui:
• recettore dell'EGF (fattore di crescita epidermico
• recettore dell'eritropoietina
• recettore dell'IGF-1
• recettori per le citochine, definiti anche recettori accoppiati a chinasi: sono recettori la cui struttura ed il
meccanismo d' azione è simile a quello dei recettori tirosin-chinasi. Al contrario di questi, i recettori per le
citochine non hanno attività tirosinochinasica intrinseca, ma l' attività è mediata da una chinasi cellulare.
• recettori guanilil-ciclasi: sono recettori ad attività guailato-ciclasica, poco rappresentati negli organismi
superiori. Si possono ricordare:
• recettore per il peptide natriuretico
• recettore per la guanilina

Recettori intracellulari
Sono la seconda grande famiglia di recettori, i quali sono localizzati all' interno della cellula, individuabili in due
distinti compartimenti: nel citosol e nel nucleo.
• citosolici
• recettore dei glucocorticoidi
• recettore dei mineralcorticoidi
• nucleari
• recettore degli ormoni steroidei
• recettore della vitamina D
• recettore degli ormoni tiroidei
• recettore dell'acido retinoico
Recettore (biochimica) 31

Caratteristiche generali
I recettori possono essere transmembrana, cioè attraversare tutta la membrana plasmatica, oppure trovarsi su di una
sola superficie della stessa.
I recettori di membrana contengono uno o più segmenti idrofobici strutturati a elica di tipo alfa che attraversano la
membrana più volte.

Recettori transmembrana
• → Recettori accoppiati a proteine G
Sono conosciuti anche come metabotropici. Sono i recettori la cui struttura genica è la più altamente conservata.
Son costituiti da 7 catene polipeptidiche che attraversano la membrana. Sono accoppiati a dei "secondi messaggeri"
detti proteine G, che esercitano gli effetti cellulari attraverso la liberazione di ioni calcio o attraverso la
fosforilazione.
Appartengono a questa classe il recettore muscarinico per l'acetilcolina e i recettori adrenergici.
Possiedono un'ampia regione molto variabile che forma un anello (detto "loop"), che corrisponde al sito di attacco
della proteina G. La regione responsabile del legame con l'agonista si trova in sede extracellulare per le molecole
idrofile e piccole (come i peptidi), mentre all'interno della membrana per le molecole più idrofobe come la
noradrenalina.
I recettori accoppiati a proteine G possono anche essere costituzionalmente attivi, in assenza di qualsiasi agonista.
Sono provvisti di attività enzimatica propria, e l'arrivo del ligando permette un'amplificazione dell'effetto.
Il loro lavoro consiste nell'attivare (pGs) e nell'inibire (pGi) i secondi messaggeri, i reali effettori del messaggio
trasportato dal ligando. Questi sono l'adenilato e la fosfolipasi C, che producono rispettivamente AMP ciclico la
prima, e diacilglicerolo (DAG) e inositolo trifosfato (IP3) la seconda. Inoltre agiscono sulla fosfolipasi A, che induce
la formazione di acido arachidonico e anche sui → canali ionici.
Questa estrema varietà nella trasduzione del messaggio, nonostante l'apparente promiscuità, mantiene
incredibilmente la specificità del messaggio.
• Recettori accoppiati a chinasi
Appartengono a questa classe i recettori per l'insulina e per varie citochine.
Posseggono una sola alfa-elica transmembrana. La zona citoplasmatica possiede una porzione chinasica con un
dominio intracellulare noto come SH2, che si auto-fosforila.
A questa attività segue una cascata di chinasi che permette l'amplificazione del messaggio.
• Recettori accoppiati alle guanilato ciclasi
Non differiscono di molto dai recettori tirosin-chinasici. Anche questa classe, tramite il cGMP, possiede capacità
fosforilante.
Non sono necessariamente transmembrana.
Recettore (biochimica) 32

Canali ionici regolati da → Recettori accoppiati a Recettori accoppiati a chinasi Recettori nucleari
ligandi proteine G

Localizzazione Membrana Membrana Membrana Intracellulare

Effettore Canale Enzima o canale Enzima Trascrizione genica

Accoppiamento Diretto Proteina G Diretto Attraverso il DNA

Esempi Recettore nicotinico Recettore muscarinico Recettori dell'insulina, dei fattori di Recettori degli steroidi e
dell'acetilcolina, recettore dell'acetilcolina, recettori crescita, delle citochine degli ormoni tiroidei
del adrenergici

Struttura Assemblaggio oligomerico Strutture monomeriche Singola elica transmembrana che Struttura monomerica con
di subunità che circondano il comprendenti sette collega il dominio extracellulare del recettore separato e domini
poro centrale -eliche transmembrana recettore al dominio chinasico per legare il DNA
intracellulare

Canali ionici
Detti anche ionotropici, sono recettori transmembrana.
Alcuni canali ionici possono essere direttamente collegati a un recettore, aprendosi quando questo riceve il ligando.
In altri la più semplice interazione è il blocco fisico del poro del canale. Questo caso è esemplificato dall'azione degli
anestetici locali sul canale del sodio.
Esempi più complicati di interazione farmaco-canale comprendono la modulazione dei canali del calcio: in questo
caso il processo di apertura del canale può essere inibito o attivato dalla conformazione strutturale del ligando
diidropiridina.
Il canale che più spesso viene considerato è il recettore nicotinico dell'acetilcolina. Consiste di cinque diverse
subunità chiamate con le lettere greche: due subunità α, una subunità β, una γ e una δ. Ogni subunità attravera la
membrana cellulare per quattro volte, quindi in tutto 20 alfa-eliche. Il canale è molto grande e può essere visto al
microscopio elettronico.
Il sito recettoriale per l'aceticolina si trova sulle subunità alfa; devono essere occupati tutte e due i siti, per
l'attivazione del canale.
L'eterogeneità molecolare all'interno dei vari tipi di recettori ionotropici, anche rispondenti a un unico ligando, è
molto ampia, e il suo significato funzionale rimane ancora oscuro.

Legame recettore-ligando
Il legame tra recettore e ligando è una reazione definita come equilibrio dinamico. Il ligando si lega al recettore
libero, induce la risposta e di seguito vi si distacca, in accordo con la legge di azione di massa ed in accordo con la
seguente formula:

dove Kd indica la costante di dissociazione che rappresenta la capacità del ligando di dissociarsi dal proprio
recettore, ed è perciò un indice dell' affinità del ligando per il recettore
Recettore (biochimica) 33

Modulazione delle risposte recettoriali


Il sistema ligando-recettore è un equilibrio dinamico le cui condizioni sono continuamente regolate dalle stesse
interazioni ligando-recettoriali. La carenza, l'eccesso o la sovraesposizione del recettore al ligando possono
perturbare la risposta ed il segnale generato dal recettore.
La modulazione della trasduzione del segnale avviene a 4 distinti livelli di controllo:
• Ricaptazione e feedback (retroazione): il ligando, una volta distaccatosi dal suo recettore, può essere ricaptato
dalla cellula che lo ha rilasciato. La quantità di ligando ricaptato regola il rilascio successivo di ligando stesso: se
la quantità ricaptata è insufficiente, verrà sintetizzato altro ligando; se invece la quantità ricaptata è eccessiva,
verrà diminuito il rilascio di ligando.
• Fosforilazione: questo segnale agisce a livello dell'interazione ligando-recettore. Le cellule, mediante processi di
fosforilazione e defosforilazione recettoriale, sono in grado di modulare l'affinità del recettore per il ligando. Di
solito, la fosforilazione del recettore induce una modificazione conformazionale nel recettore stesso il quale perde
affinità per il proprio ligando. L'interazione è più breve, più difficile o meno duratura, perciò la risposta generata è
minore.
• Desensitizzazione, downregulation (sottoregolazione) e upregulation (sovraregolazione). La desensitizzazione è
il passo che precede la downregulation. I recettori, ancora tutti presenti a livello della membrana, perdono la
capacità di trasdurre il segnale. A questo fa seguito la sottoregolazione: i recettori vengono legati da proteine
(come la clatrina) e inglobati in specicole vescicole all'interno della membrana. Tale processo viene definito
internalizzazione e ha la funzione di diminuire il numero di recettori che possono legarsi al recettore, senza
distruggere il recttotre stesso. Poi, all'occorenza, senza che così vi sia il bisogno di sintetizzarne di nuovi, i
recettori potranno essere velocemente esposti sulla membrana. All'opposto della downregulation, si definisce la
upregulation: in mancanza o in difetto di ligando, la cellula espone tutti i suoi recettori nel tentativo di captare
tutto il ligando possibile.
• Ultimo livello di controllo è la modulazione di secondi messaggeri. Ciò è particolarmente importante nei recettori
metabotropici. Variando l'attività di secondi messaggeri, è possibile regolare la risposta. L'adenilciclasi sintetizza
cAMP, che è un secondo messaggero. L'attivazione di fosfodiesterasi porta alla degradazione di del cAMP;
diminuendo il cAMP diminuisce la possibilità di trasdurre il messaggio.
Recettore transmembrana 34

Recettore transmembrana
I recettori transmembrana sono proteine integrali di membrana localizzati
principalmnte a livello della membrana citoplasmatica ma evidenziabili anche
in alcune membrane di strutture subcellulari.
Legando uno specifica molecola, definita ligando, i recettori transmembrana
mediano una risposta biochimica intracellulare, fungendo un ruolo
fondamentale nel processo di trasduzione del segnale.

Struttura
I recettori transmembrana sono → recettori ampiamente eterogenei
dal punto di vista strutturale, sia per quanto riguarda il numero di
subunità costitutive, sia nel numero dei domini transmembrana.
Genericamente un recettore transmembrana è costituito da dominii
extracellulari che hanno la funzione di legare il ligando, dominii
transmembrana, di solito ad alfa elica, costituiti da amminoacidi
idrofobici, e dominii intracellulari costituiti da amminoacidi
idrofili. Alcuni recettori possono possedere un solo dominio
transmembrara, come i recettori per le citochine, → canali ionici Struttura generica di un recettore transmembrana

altri possono presentare sette dominii, come i → recettori


accoppiati a proteine G.

Regolazione dell'attività recettoriale


Come per la struttura, anche i meccanismi di regolazione recettoriale sono numerosi e diversi. Il meccanismo che
maggiormente si può evidenziare nel processo di regolazione è la fosforilazione e l'internalizzazione del recettore.

Tipologie di recettori transmembrana


• → Recettori accoppiati a proteine G
• Recettore tirosina chinasi
• Recettore dell'insulina
• Recettore dell'acetilcolina
• Recettore NMDA
• Recettore delle cellule T
Recettore transmembrana 35

• CD28

Recettori accoppiati a proteine G


I recettori accoppiati alle proteine G (o GPCR) sono una famiglia di recettori biologici che comprende i recettori
colinergici muscarinici, i recettori adrenergici, dopaminergici, serotoninergici, i recettori cannabinoidi e i recettori
degli oppiacei e delle purine.

Struttura molecolare
I GPCR sono costituiti da una singola catena polipeptidica formata anche da 1100 residui. La caratteristica strutturale
è rappresentata da 7 -eliche transmembrana, simili a quelle che si trovano nei canali ionici, con un dominio
extracellulare N-terminale di lunghezza variabile e un dominio intracellulare C-terminale.
I GPCR vengono divisi in tre distinte
famiglie che condividono la stessa
struttura eptaelicale ma differiscono
per vari aspetti, principalmente per la
lunghezza della sequenza N-terminale
e la localizzazione del sito di legame
per l'agonista.
• La famiglia A, a cui appartiene la
rodopsina, è di gran lunga la più
numerosa e comprende la maggior
parte dei recettori per le monoamine
e i neuropeptidi.
• La famiglia B è costituita dai recettori della secretina, del glucagone e della calcitonina.
• La famiglia C è costituita principalmente dai recettori metabotropici del glutammato e dai recettori sensibili al
.
Il terzo lungo loop citoplasmatico dei recettori corrisponde alla regione della molecola che si accoppia alla proteina
G. Modifiche di questa porzione della proteina determinano la formazione di recettori ancora in grado di legare i
propri ligandi, ma incapaci di accoppiarsi alle proteine G e di determinare i conseguenti effetti.

Trasduzione del segnale da parte dei GPCR


Attraverso l'attivazione di vari meccanismi di trasduzione del segnale, i GPCR controllano diversi aspetti della
funzione cellulare. Il collegamento tra il recettore e il primo stadio della trasduzione del segnale viene stabilito
attraverso le proteine G.
Le proteine G rappresentano il livello intermedio nella gerarchia organizzativa di gestione della comunicazione tra
recettori ed enzimi effettori o canali ionici. Le proteine G consistono di tre subunità , e . I nucleotidi
guaninici si legano alla subunità , che è provvista di attività enzimatica, catalizzando la conversione del GTP in
GDP. Le subunità e rimangono associate a formare un unico complesso . Tutte e tre le subunità sono
ancorate alla membrana plasmatica mediante la catena di un acido grasso, legata alle proteine G per mezzo di una
reazione chiamata prenilazione.
Recettori accoppiati a proteine G 36

Allo stato di riposo, la proteina G si trova libera nella forma di trimero e con il GDP legato al sito pecifico
della subunità . L'occupazione di un GPCR da parte di una molecola di agonista attiva un cambiamento
conformazionale, che coinvolge il dominio citoplasmatico del recettore con l'acquisizione di uno stato di alta affinità
per il trimero . L'associazione del trimero con il recettore determina il rilascio del GDP legato e la sua
sostituzione con il GTP; questa modificazione, a sua volta causa la dissociazione del trimero dalla proteina G con il
rilascio di -GTP e delle subunità . Queste sono le forme attive della proteina G, che diffondono nella
membrana e possono legarsi con enzimi e canali ionici, causando, a seconda dei casi, l'attivazione o l'inattivazione. Il
processo termina con l'idrolisi del GTP a GDP da parte della subunità , che possiede attività GTP-asica. La
-GDP che così si forma, si dissocia dall'effettore e si combina con , completando in tal modo il ciclo. Poiché
l'idrolisi del GTP è il passaggio che pone fine alla capacità della subunità di determinare il suo effetto, la
regolazione della sua attività GTP-asica da parte dell'effettore implica che l'attivazione di quest'ultimo tende ad
essere autolimitante. Il meccanismo porta a un'amplificazione del segnale, in quanto un singolo complesso
agonista-recettore può attivare parecchie proteine G per volta, e ognuna di queste può rimanere associata con
l'enzima effettore per tempi sufficientemente lunghi da determinare la formazione di molte molecole di prodotto.
Ques'ultimo è solitamente un "secondo messaggero", per cui si verifica un'ulteriore amplificazione prima che sia
evidente la risposta cellulare finale.
Ci sono differenze molecolari tra le varie proteine G: queste differenze danno origine a tre principali classi di
proteine ( , e ), che sono selettive sia per i recettori che per gli effettori con i quali si accoppiano. Le
proteine e promuovono rispettivamente la stimolazione e l'inibizione dell'enzima adenil ciclasi, e un simile
controllo bidirezionale è attivo su altri effettori, come la fosfolipasi C.
Recettori accoppiati a proteine G 37

Bersagli per le proteine G


I principali bersagli delle proteine G, attraverso i quali i GPCR controllano diversi aspetti delle funzioni cellulari,
sono i seguenti:
• adenil ciclasi: l'enzima responsabile della formazione del cAMP;
• fosfolipasi C: l'enzima responsabile della formazione dell'inositolo fosfato e del diacilglicerolo;
• canali ionici: in particolare i canali del calcio e del potassio.

Sistema dell'adenil ciclasi/AMPciclico


Il cAMP è un nucleotide sintetizzato all'interno della cellula a partire da ATP e con l'intervento di un enzima legato
alla membrana, l'adenil ciclasi. Il cAMP viene prodotto continuamente e inattivato per idrolisi a 5'-AMP attraverso
l'azione di una famiglia di enzimi noti come fosfodiesterasi. Molti farmaci, ormoni e neurotrasmettitori agiscono sui
GPCR e producono i loro effetti aumentando o diminuendo l'azione catalitica dell'adenil ciclasi, determinando in tal
modo un incremento o una riduzione della concentrazione intracellulare di cAMP.
Gli effetti regolatori del cAMP sulle funzioni cellulari sono molteplici e comprendono, ad esempio, enzimi coinvolti
nel metabolismo energetico, nella divisione cellulare e nella differenziazione cellulare; il trasporto ionico; canali
ionici e le proteine contrattili della muscolatura liscia. Tutti questi diversi effetti sono, però, provocati da un unico
meccanismo, e precisamente l'attivazione di proteine chinasi da parte del cAMP. Le proteine chinasi determinano
una regolazione funzionale di molte proteine cellulari attraverso la fosforilazione dei loro residui serinici e
treoninici, utilizzando ATP come fonte di gruppi fosfato. La fosforilazione può attivare o inibire gli enzimi bersaglio
o i canali ionici.
Esempi di regolazione da parte della proteina chinasi dipendente dal cAMP includono l'aumento di attività dei canali
del calcio attivati dal voltaggio nelle cellule muscolari cardiache; la fosforilazione di questi canali aumenta la
quantità di calcio che entra nelle cellule durante il potenziale d'azione, incrementando in tal modo la forza di
contrazione del cuore.
Nella muscolatura liscia, la proteina chinasi cAMP-dipendente fosforila, inattivandola, un'altra chinasi, la chinasi
della catena leggera della miosina, che è necessaria per la contrazione. Questo spiega il rilasciamento del muscolo
liscio indotto da molti farmaci che aumentano la produzione di cAMP in questo sito.
Come è stato precedentemente detto, i recettori accoppiati a proteina G inibiscono l'adenil ciclasi e pertanto riducono
la formazione di cAMP. Esempi comprendono il recettore colinergico muscarinico (ad esempio il recettore del
muscolo cardiaco), il recettore adrenergico presente nella muscolatura liscia e i recettori per gli oppiacei.
Il cAMP viene idrolizzato, all'interno delle cellule, dalla fosfodiesterasi, un enzima che è inibito da farmaci come le
metilxantine (ad esempio teofillina e caffeina). La somiglianza tra alcune delle azioni di questi farmaci e quelle delle
catecolamine riflette probabilmente la loro proprietà comune di aumentare la concentrazione intracellulare di cAMP.

Il sistema fosfolipasi C/inositolo fosfato


Molti ormoni, oltre a promuovere l'aumento della concentrazione di calcio libero intracellulare (ad esempio gli
agonisti muscarinici e gli agonisti -adrenergici che agiscono sulla muscolatura liscia e sulle ghiandole salivari, e
l'ormone antidiuretico attivo sulle cellule epatiche), aumentano anche il turnover di inositolo fosfato (PI). In questo
processo gioca un ruolo chiave un membro della famiglia dei PI, e precisamente il fosfatidilinositolo4,5-bisfosfato (
), che possiede gruppi fosfato addizionali attaccati all'anello dell'inositolo. Il è un substrato
dell'enzima di membrana , che lo scinde in diacilglicerolo (DAG) e inositolo1,4,5-trisfosfato ( ):
entrambi funzionano come secondi messaggeri. Dopo la scissione di , viene ripristinata la condizione basale.
Il DAG viene fosforilato a formare l'acido fosfatidico, mentre l' viene progressivamente defosforilato e poi
riaccoppiato con l'acido fosfatidico a riformare .
Recettori accoppiati a proteine G 38

Fosfoinositoli e calcio intracellulare


è un mediatore solubile che viene liberato nel citosol dove si lega al suo recettore specifico (recettore ),
che è un canale del calcio attivato dal ligando localizzato sulla membrana del → reticolo endoplasmatico. Il ruolo
principale di è quello di controllare il rilascio di dai siti di accumulo intracellulare.

Diacilglicerolo e protein chinasi C


Il DAG e l' vengono prodotti dall'idrolisi di PI promossa dall'attivazione del recettore. L'azione principale del
DAG consiste nell'attivazione di una proteina chinasi di membrana, la protein chinasi C (PKC) che catalizza la
fosforilazione di varie proteine intracellulari. Il DAG, diversamente dai fosfoinositoli, è altamente lipo filo e rimane
all'interno della membrana. Si lega a un sito specifico localizzato sulla PKC, che migra dal citosol alla membrana
cellulare in presenza di DAG e viene in questo modo attivata. Esistono almeno 12 sottotipi di PKC, distribuiti
eterogeneamente in cellule diverse e fosforilano proteine diverse. La maggior parte viene attivata da DAG e aumenta
i livelli intracellulari di .
Le varie isoforme di PKC agiscono su varie proteine funzionali come i canali ionici, i recettori, gli enzimi (tra cui
altre chinasi) e alcune proteine del citoscheletro. Le chinasi, in generale, hanno un ruolo centrale nella trasduzione
del segnale e controllano molti aspetti della funzione cellulare.

Canali ionici come bersaglio delle proteine G


I GPCR possono controllare l'attività funzionale di canali ionici direttamente, attraverso meccanismi che non
implicano il coinvolgimento di secondi messaggeri come il cAMP e l'IP.
I recettori muscarinici del muscolo cardiaco aumentano la permeabilità al potassio (K), iperpolarizzando così le
cellule e inibendo l'attività elettrica. Si ritiene che simili meccanismi operino anche nei neuroni, dove gli analgesici
oppiacei riducono l'eccitabilità attraverso l'apertura dei canali del . L'apertura del canale è prodotta
dall'interazione diretta tra le subunità della proteina G e il canale, senza il coinvolgimento del secondo messaggero.
Sia la subunità libera, sia il complesso delle subunità della proteina G possono essere i mediatori che
controllano il canale.

Voci correlate
• Proteina G
• Recettori adrenergici
• Recettori cannabinoidi
• Recettore metabotropico
• Recettore muscarinico
• Recettori oppioidi
• → Recettore transmembrana
Recettore intracellulare 39

Recettore intracellulare
Il recettore intracellulare è una → struttura recettoriale di natura proteica localizzata a livello intracellulare e più
raramente a livello della membrana citoplasmatica. I recettori intracellulari interagiscono con ligandi di natura
ormonale o molecole lipofile specifiche. Il complesso ligando-recettore funge da fattore di trascrizione il quale migra
nel nucleo cellulare e, interagendo con specifiche sequenze di DNA, regola l' espressione genica.

Tipologie di recettori intracellulari


I recettori intracellulari possono essere suddivisi in due famiglie principali (recettori citosolici e recttori nucleari),
ognuna delle quali contiene altre sottoclassi recettoriali. I recettori citosolici sono localizzati a livello del citosol,
accoppiati a strutture proteiche che mantengono il recettore in una forma inattiva. I recettori nucleari sono presenti a
livello del nucleo cellulare, anch'essi in forma inattiva.
• Recettori citosolici
• Recettori dei glucocorticoidi
• Recettori dei mineralcorticoidi
• Recettori nucleari
• Recettori degli estrogeni
• Recettori del progesterone
• Recettore degli androgeni
• Recettore degli ormoni tiroidei
• Recettore della vitamina D
• Recettori dell' acido retinoico

Struttura del recettore intracellulare


Tutti i recettori intracellulari si assomogiano molto sia dal punto di vista strutturale, della sequenza di amminoacidi e
nel meccanismo d' azione. Infatti tuttii i recettori intracellulari appartengono ad una medesima superfamiglia di
recettori; è infatti probabile che tali recettori presentino un capostipite comune dal quale tutti derivano. I primi
recettori ad essere stati caratterizzati sono stati il recettore dei glucocorticoidi, degli estrogeni e del progesterone.
I recettori intracellulari sono costituiti da una sequenza che varia da 400 a 1000 amminoacidi. L' omologia di
sequenza tra le varie forme recettoriali varia da un minimo del 40% ad un massimo del 94%.
Ogni recettore è costituito da 3 regioni funzionali:
• porzione -NH2 terminale (amminoterminale)
• porzione centrale
• porzione -COOH terminale (carbossiterminale)
La porzione amminoterminale è responsabile del processo di dimerizzazione che segue all' interazione
ligando-recettore: 2 recettori si appaiano tramite tali estremità.
La porzione centrale è quella che presenta affinità per specifiche sequenze di DNA. Una volta dimerizzato, il
recettore entra nel nucleo e si lega a specifiche sequenze geniche favorendone o inibendone la trascrizione. Questa
sequenza recettoriale è costituita da circa 70 amminoacidi, in prevalenza basici i quali favoriscono il legame con il
DNA. La diversità, sebbene lieve, di tale sequenza, è la ragione della specificità di legame con le sequenze HRE
(Hormone Responsive Elements, in italiano: sequenze che rispondono agli ormoni). La regione centrale presenta
residui di cisteina ed istidina le quali interagiscono tramite legami di coordinazione con un atomo di zinco: tali
legami sono definiti zinc finger ed hanno la funzione di mantenere il recettore nella conformazione necessaria per
l'interazione con il DNA.
Recettore intracellulare 40

La porzione carbossiterminale è quella che lega il ligando, cioè l' ormone a seguito del legame con il quale si ha
modificazione conformazionale del recettore e migrazione di questo nel nucleo (solo per quelli citoplasmatici).

Meccanismo d'azione
L' attivazione dei recettori intracellulari può avvenire tramite due distinti meccanismi: interazione ligando-recettore,
che è la forma principale di attivazione, e attivazione in assenza di ligando

Attivazione ligando dipendente


Il ligando dei recettori intracellulari sono ormoni, non tutti, i quali in virtù della loro lipofilia, possono attraversare il
doppio strato lipidico della membrana e diffondere all' interno della cellula. Il ligando interagisce così con il proprio
recettore a livello intracellulare (se si tratta di recettori citosolici) o a livello nucleare (se si tratta di recettori
nucleari).
Il recettore normalmente è presente in una forma non attiva. Il recettore non attivo è legato a strutture proteiche che
hanno la funzione di mantenere il recettore in forma quiescente, in modo tale che non possa essere espressa la
propria azione. Queste proteine che inibiscono il recettore sono definite HSP (dall' inglese Heat Shock Protein, cioè
proteine dello shock termico) appaiate da un numero che indica il numero di amminoacidi di cui sono costituite.
Normalmente il recettore inattivo è presente in una conformazione ripiegata a 90 gradi e legato alle HSPs. In seguito
al legame con l'ormone a livello della sezione carbossi-terminale, il recettore passa da 90 a 180 gradi e stacca la
HSP. Si scopre così la porzione centrale del recettore, quella ad affinità per il DNA. Prima di migrare nel nucleo, il
recettore attivato si lega con un altro recettore attivo tramite la porzione amminoterminale e, così dimerizzato, si
dirige verso il nucleo, vi penetra ed interagisce con specifiche sequenze di DNA. L' azione che si può ottenere può
essere attivatoria o inibitoria sull'espressione genica.
Studi dettagliati dell'ultimo decennio hanno confermato che il recettore attivo non agisce da solo. Esso, infatti, viene
accompagnato da co-attivatori, che mostrano specificita' per un particolare tipo di recettore. Si tratta di proteine per
lo più nucleari, con una massa relativamente grande (superiore a quella del recettore dimero attivo) e tutti aventi in
comune un corto motivo di amminoacidi idrofobi col quale legano il loro recettore ormonale.
Il primo ad essere stato clonato nel 1995 è stato SRC-1 (steroid receptor coactivator-1), seguito dal SRC-2 (chiamato
anche GRIP o TIF-2) e risultati abbastanza specifici per l'azione dei glucocorticoidi. Gruppi di ricercatori
indipendenti hanno poi identificato altri coattivatori, come pCIP, ACTR, RAC3, TRAM-1 (specifico per l'azione
degli ormoni tiroidei), AIB-1 ed AIB-3 (specifici per l'azione degli estrogeni e cosi' chiamati perché trovati
amplificati in campioni di carcinoma mammario) ed NCoA6/NRC.
Recentissimi sviluppi della farmacologia hanno portato all'identificazione di sostanze capaci di interferire con
l'interazione tra il recettore a ttivo ed il suo coattivatore. Si tratta di piccole molecole organiche, derivate dall'anello
naftalenico o piridinico con varie modificazioni, che sembrano bersagliare primariamente il coattivatore ed
impedirne la sua interazione col recettore come meccanismo riflesso.
È chiaro che lo sviluppo di tali molecole ha implicazioni non indifferenti per la terapia mirata di certi tipi di tumore
ormono-dipendenti o patologie legate a disturbi della sintesi o dell'azione ormonale.

Attivazione in assenza di ligando


È un tipo di attivazione meno frequente che avviene per modificazioni post-traduzionali (in genere fosforilazione del
substrato). In seguito alla stimolazione di vari recettori di membrana, si ha la produzione di secondi messaggeri che
stimolano delle proteine chinasi che, mediante fosforilazione attivano il recettore intracellulare. Le principali chinasi
coinvolte in questo processo sono in genere la protein chinasi calcio-lipide dipendente (PKC) e la chinasi attivata dal
secondo messaggero AMP ciclico (PKA).
Recettore intracellulare 41

Questo tipo di meccanismo è noto per recettori estrogeni, del progesterone e degli ormoni tiroidei in seguito a
stimolazione dei recettori dopaminergici in particolari aree cerebrali. È stato speculato che, in seguiito a questo
meccanismo, gli ormoni sessuali possano "dialogare" con la dopamina a livello cerebrale e provocare il fenomeno
dell'attrazione tra i due sessi.

Canale ionico
Un canale ionico è una glico-proteina trans-membrana (cioè attraversa la → membrana cellulare) che permette il
passaggio di determinati ioni dall'esterno all'interno della cellula o viceversa. I canali ionici sono selettivi per una o
poche specie ioniche.
La presenza di cariche fisse forti sull'imboccatura del canale rende la sua permeabilità inversamente proporzionale al
raggio anidro degli ioni in quanto viene allontanato l'alone idrico di solvatazione (es: canale per il sodio). La
presenza di cariche fisse deboli sull'imboccatura del canale rende la sua permeabilità inversamente proporzionale al
raggio idrato degli ioni (es: canale del potassio). I canali la cui permeabilità (e quindi la loro specificità) non è
correlata né al raggio anidro né a quello idrato, presentano all'interno una sequenza di specifità che consiste in una
serie di cariche e in una determinata conformazione spaziale che permette il passaggio solo a determinate specie
ioniche.

Classificazione
Due tipi particolari di canali ionici sono quelli voltaggio- e chemio-dipendenti. Tali strutture sono in grado di passare
da uno stato di apertura ad uno di chiusura o inattivazione in seguito a stimolazioni elettriche o chimiche. I canali
chemio-dipedenti sono in grado di aprirsi dopo aver legato un certo messaggero; sono presenti nelle membrane
post-sinaptiche e si aprono dopo aver legato un neurotrasmettitore. I canali voltaggio-dipendenti si aprono in seguito
ad una depolarizzazione della membrana; per esempio, i canali al sodio e potassio presenti nelle membrane assoniche
permettono la propagazione di impulsi elettrici nelle cellule nervose.

Canali ionici attivati da ligando


I canali ionici attivati da ligando sono anche noti come recettori recettori ionotropici. Sono costituiti da proteine di
membrana con struttura simile ad altri canali ionici ma che contengono un sito in grado di legare un ligando
(recettore), solitamente nel dominio extracellulare. Questi sono i recettori su cui agiscono tipicamente i
neurotrasmettitori veloci. Alcuni esempi sono il recettore colinergico nicotinico, il recettore e i recettori
del glutammato del tipo NDMA (N-metil-D-aspartato), AMPA (
-amino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolopropionato) e kainato.
Canale ionico 42

Struttura Molecolare

Struttura molecolare di un canale ionico


regolato da ligando (le zone rosse sono le
subunità alle quali si lega
l'acetilcolina)

I canali ionici regolati da ligandi hanno caratteristiche strutturali in comune con gli altri canali ionici. Il recettore
nicotinico dell'acetilcolina rappresenta il recettore più dettagliatamente studiato. È costituito dall'assemblaggio di
quattro subunità diverse definite , ognuna con una massa molecolare di 40-58 kDa. La struttura
oligomerica ( ) possiede due siti di legame dell'acetilcolina, ognuno situato all'interfaccia fra una delle
due subunità e la subunità adiacente. Per attivare il recettore entrambi i siti devono legare una molecola di
acetilcolina. Ogni subunità attraversa la membrana quattro volte: in tal modo il canale risulta rivestito da non meno
di 20 -eliche che attraversano la membrana formando la parete del poro centrale.
I due siti di legame dell'acetilcolina sono localizzati nella regione N-terminale delle due subunità . Una delle
eliche transmembrana (M2) appartenente a ognuna delle 5 subunità, formala parete interna del canale ionico. Le 5
eliche M2 che formano il poro sono piegate verso l'interno a circa metà dello spessore della membrana dando così
origine a una costrizione; si ritiene che quando le due molecole di acetilcolina si legano ai due siti specifici, le
-eliche piegate possano raddrizzarsi aprendo così il canale.
I recettori per alcuni dei trasmettitori veloci, come ad esempio il recettore , il recettore 5- e il
recettore della glicina sono costruiti sullo stesso modello; il numero di subunità utlizzate per costituire un recettore
funzionale è variabile, anche se solitamente è di 4 o 5.
Canale ionico 43

Il meccanismo di cancello
I recettori di questo tipo controllano gli eventi sinaptici più veloci del sistema nervoso nei quali un neurotrasmettitore
agisce sulla membrana postsinaptica di una cellula nervosa o muscolare e ne aumenta transitoriamente le
permeabilità a particolari ioni. La maggior parte dei neurotrasmettitori eccitatori, come l'acetilcolina a livello della
giunzione neuromuscolare o il glutammato nel sistema nervoso centrale, causa un aumento di permeabilità al sodio e
al potassio. Questo produce essenzialmente una corrente di ioni sodio verso l'interno della cellula, che si depolarizza
e aumenta le probabilità che si generino dei potenziali d'azione. L'azione del neurotrasmettitore raggiunge un picco
in una frazione di millisecondo e decade entro pochi millisecondi. L'elevata velocità di questa risposta implica che
l'accoppiamento tra recettore e canale ionico sia diretto; la stessa struttura molecolare del complesso recettore/canale
ne è una conferma (vedi sopra).

Canali ionici come bersaglio dei farmaci


I canali ionici sono costituiti da molecole proteiche disposte in modo da formare pori ripieni d'acqua che
attraversano le membrane, e sono in grado di passare da uno stato aperto a uno chiuso. L'intensità e la direzione del
movimento ionico attraverso il poro sono governate dal gradiente elettrochimico per lo ione in questione. Questo
fattore dipende dalla concentrazione dello ione ai due lati della membrana e dal potenziale di membrana. I canali
ionici sono caratterizati:
• dalla loro selettività per particolari specie ioniche, che dipende dalla dimensione del poro e dalla natura del suo
rivestimento interno
• dalle loro proprietà di cancello (cioè dal meccanismo che controlla la transizione tra stato aperto e stato chiuso del
canale)
• dalla loro architettura molecolare

Canali ionici come bersaglio dei farmaci


Canali ionici Bloccanti Modulatori

, voltaggio-attivato Anestetici Locali Veratridina

, tubulo renale Amiloride Aldosterone

, voltaggio-attivato Cationi bivalenti Agonisti


-adrenergici

, voltaggio-attivato 4-Aminopiridina

, ATP-sensibile ATP Sulfaniluree

, GABA-attivato Picrotossina Benzodiazepine

Canali cationici, glutammato-attivati (NMDA) Ketamina Glicina


Canale ionico 44

Selettività
I canali sono generalmente selettivi per cationi o anioni.
• I canali selettivi per cationi possono essere selettivi per , o o possono essere non selettivi e
non permeabili a tutti e tre questi ioni.
• I canali anionici sono principalmente permeabili a , sebbene ve ne siano altri tipi.

Regolazione dei canali

Canali regolati dal voltaggio


La maggior parte dei canali regolati dal voltaggio si aprono in seguito a depolarizzazione della → membrana
cellulare. Formano un gruppo molto importante perché la loro funzione è alla base del meccanismo dell'eccitabilità
di membrana. I più importanti canali di questo gruppo sono selettivi al sodio, al potassio o al calcio. In generale,
l'apertura del canale (attivazione) indotta dalla depolarizzazione di membrana è di breve durata; questo avviene
anche se la depolarizzazione viene mantenuta. In alcuni canali, l'attivazione iniziale dei canali è seguita da un
processo più lento di inattivazione.

Canali regolati da ligandi


I canali regolati da un ligando vengono attivati dal legame di una sostanza chimica a un sito posto sulla molecola
del canale. Con questa modalità agiscono i neurotrasmettitori veloci, come il glutammato, l' acetilcolina, il GABA e l'
ATP che legano siti posti sulla parte esteriore della membrana. Alcuni canali attivati da ligandi della membrana
plasmatica rispondono a segnali intracellulari piuttosto che a segnali extracellulari, tra i più importanti si possono
ricordare:
• i canali del potassio -attivati, localizzati nella maggior parte delle cellule, si aprono quando i livelli di
intracellulare aumentano e iperpolarizzano la cellula.
• i canali del potassio ATP-sensibili, che si aprono quando la concentrazione intracellulare di ATP scende a causa
della diminuita scorta energetica della cellula; questi canali, alquanto diversi da quelli che mediano gli effetti
eccitatori dell'ATP extracellulare, sono presenti in un numero piuttosto alto di cellule nervose e muscolari, e
anche nelle cellule che secernono insulina, dove fanno parte del meccanismo che collega la secrezione di insulina
alla concentrazione di glucosio ematico.
• il recettore vanilloide, il cui sito di legame per la capsaicina è localizzato sulla parte citoplasmatica della
molecola.

Canali che rilasciano calcio


I canali che rilasciano calcio sono presenti sul → reticolo endoplasmatico e su quello sarcoplasmatico, ma non
nella → membrana cellulare. I principali sono i recettori per per la rianodina e costituiscono una classe
speciale di canali del calcio attivati da ligandi che controlla il rilascio del dai siti intracellulari di accumulo.

Canali del calcio operati dall'accumulo intracellulare di calcio


Quando i siti di accumulo intracellulari del vengono depletati, i canali della membrana plasmatica si aprono
permettendo l'ingresso di . Questi canali attivati dai livelli accumulati di calcio intracellulare (Store-Operated
Channels, SOC) sono importanti per il meccanismo d'azione di molti GPCR che stimolano il rilascio di .
L'apertura dei SOC permette di mantenere adeguati livelli intracellulari di anche quando i siti di accumulo
sono esauriti, e rappresentano un sistema di riempimento ei siti di accumulo intracellulare.
Canale ionico 45

Farmacologia dei canali ionici


Il controllo e la permeazione dei canali ionici sia voltaggio-dipendenti sia attivati da ligando vengono modulati da
diversi fattori.
• I ligandi che si legano direttamente a vari siti del canale. Tra questi ci sono molti neurotrasmettitori, e anche
una varietà di farmaci e tossine che agiscono diversamente, ad esempio bloccando il canale o influenzando i
processi di attivazione,perciò facilitando o inibendo l'apertura del canale.
• I mediatori di farmaci che agicono indirettamente, principalmente attraverso l'attivazione di GPCR. Questi
ultimi producono i loro effetti influenzando lo stato di fosforilazione di singoli aminoacidi localizzati nella
regione intracellulare della proteina canale. L'apertura del canale può essere facilitata o inibita a seconda di quali
residui vengono fosforilati. Farmaci come gli oppiacei e gli agonisti -adrenergici influenzano i canali del
calcio e del potassio in questo modo, producendo una grande varietà di effetti cellulari.
• Segnali intracellulari, particolarmente e nucleotidi come ATP e GTP. Molti canali ionici possiedono
siti di legame per questi mediatori intracellulari. L'aumento dei livelli intracellulari di apre certi canali del
potassio e disattiva i canali del calcio voltaggio-attivati. I livelli stessi di intracellulare vengono influenzai
dalla funzione dei canali ionici e da GPCR.

Potenziale di membrana

Introduzione
Il potenziale di membrana è un
argomento che rientra nella fisiologia
dei tessuti eccitabili (nervoso,
muscolare). Le cellule dei tessuti
eccitabili presentano una determinata
differenza di potenziale (d.d.p. o E o
V) tra l’interno e l’esterno della →
membrana cellulare che consente, tra
le altre cose, la propagazione degli
impulsi elettrici.
Membrana cellulare
I segnali elettrici transitori sono
particolarmente utili per trasmettere, velocemente e a lunga distanza, informazioni fugaci che possono essere di
vitale importanza per un organismo vivente. Questi segnali elettrici sono dovuti a modificazioni transitorie dei flussi
di corrente che, sotto forma di ioni, entrano ed escono dalle cellule. Tali flussi di corrente sono controllati dai canali
ionici della membrana plasmatica.

I canali ionici
I canali ionici sono proteine transmembranarie che consentono l'attraversamento, veloce ma selettivo, della
membrana cellulare da parte delle varie specie ioniche presenti nelle cellule. Nel → citoplasma dei tessuti eccitabili
sono presenti Na+, K+, Ca+, Mg++, Cl-, A- (anioni proteici organici, cioè grossi peptidi che a pH citosolico sono
sottoforma anionica).
La maggior parte dei canali cationici consentono il passaggio soprattutto di una sola specie ionica, sia essa Na+, K+ o
Ca++, e sono quindi selettivi, ma esistono anche canali che lasciano passare tutti i cationi, quasi senza distinzione.
Anche la maggior parte dei canali anionici sono altamente selettivi e permettono il passaggio di un solo ione di
Potenziale di membrana 46

importanza fisiologica, vale a dire lo ione cloruro.


Ci sono canali attivi (nella cellula a riposo sono per lo più chiusi e si aprono solo in particolari condizioni) e canali
passivi che consentono il passaggio degli ioni secondo il gradiente di concentrazione.
Il gradiente di concentrazione degli ioni fra interno ed esterno della cellula è consentito da un meccanismo attivo che
trasporta gli ioni contro il gradiente naturale (pompe Na+–K+).
Grazie al gradiente di concentrazione e quindi al gradiente elettrico, si genera la differenza di potenziale che è
misurabile applicando due microelettrodi collegati tra loro e a un galvanometro applicabili all’interno e all’esterno
della cellula.
L’interno della cellula ha una prevalenza di cariche negative, mentre l’esterno ha una prevalenza di cariche positive.
Per esempio, La differenza di potenziale transmembranaria della maggior parte dei neuroni, a riposo, varia tra -60 e
-70 mV.

Equilibrio elettrochimico
Consideriamo ora la situazione per
ognuno degli ioni in grado di
oltrepassare i porocanali passivi.

K+

La concentrazione intracellulare di K+
è di 145 mM/l, mentre la
concentrazione extracellulare è 2,5
mM/l. La membrana in condizioni di
riposo ha proteine canale che
consentono il passaggio di K+
(porocanali passivi). Quindi K+ passa
dall’interno all’esterno della cellula
attraverso questi canali seguendo il
gradiente di concentrazione.
Membrana semipermeabile
All’interno della cellula ci sono grossi
anioni proteici (A-) che per la loro
mole non passano attraverso i canali. Quindi ogni K+ che esce dalla cellula rimane confinato nelle immediate
vicinanze della cellula attirato da A-.
L+ è il lavoro chimico ed è legato alla differenza di concentrazione tra interno ed esterno, a R (costante dei gas) e T
(temperatura assoluta).

Lc è il lavoro che il gradiente di concentrazione compie quando K+ passa dall’interno all’esterno.


Lc = R ∙ T ∙ ln [K+]int

[K+]est

La fuoriuscita di K+ crea un gradiente elettrico dovuto allo spostamento di carica. Man mano che K+ esce si crea e
aumenta una E che ostacola sempre più la fuoriuscita di K+ e che quindi compie un lavoro (lavoro elettrico): Le = Z
∙ F ∙ E Il lavoro elettrico dipende da Z (la valenza dello ione, in questo caso il K+ ha valenza +1), da F (Faraday)
che è la quantità di carica portata da uno ione monovalente e da E. Si raggiunge un equilibrio dinamico fra il K+ che
esce a causa del gradiente di concentrazione e il K+ che entra a causa della E causata dalla stessa fuoriuscita. In
questo equilibrio, detto equilibrio elettrochimico, la forza chimica è uguale e contraria a quella elettrostatica e il
flusso complessivo di K+ che attraversa la membrana è pari a zero.
Potenziale di membrana 47

Lc = – Le sostituendo si ha: R ∙ T ∙ ln [K+]int = – Z ∙ F ∙ E

[K+]est

A partire da questa formula si può ricavare la Ex (potenziale transmembranario all’equilibrio elettrochimico di uno
ione x):

EK = _ R ∙ T ∙ ln [K+]int
Z ∙F [K+]est

R, T, Z ed F sono costanti e quindi il rapporto fra queste costanti è una costante (che hanno calcolato essere 60 mV,
non in relazione al ln, ma in relazione al Lg decimale) quindi si ha:

EK = – 60 mV ∙ Lg 140 = – 105 mV
2,5

Quest’equazione è stata formulata da Nernst (equazione di Nernst) ed è applicabile partendo dal presupposto che la
membrana sia permeabile solo ad un unico ione preso in considerazione (in questo caso i K+), ciò evidentemente non
corrisponde perfettamente alla situazione reale. Il valore della Ex di un determinato ione serve a comprendere la
direzione del flusso dello ione quando la differenza di potenziale della membrana non è all’equilibrio elettrochimico
per quel dato ione.
La differenza di potenziale della membrana a riposo (Er) è – 90 mV. Questo valore è diverso da EK (che è – 105
mV). Ciò significa che quando la membrana è a riposo la forza chimica prevale su quella elettrostatica e sposta il K+
dall’interno all’esterno della cellula. Per calcolare la forza che agisce su uno ione (f.e.m.) si usa la formula Er – Ex.
Quindi Er – EK = – 90 mV – (– 105 mV)= 15 mV. Quindi nonostante all’interno della cellula ci siano cariche
negative e all’esterno cariche positive il K+ ha una leggera tendenza a passare dall’interno all’esterno della cellula
spinto dalla forza chimica (che è maggiore di quella elettrostatica) contro il gradiente di carica.

Na+
Consideriamo Na+ come l’unico in grado di attraversare la membrana. La concentrazione extracellulare di Na+ è 140
mM/l, quella intracellulare è 9,2 mM/l.
Applichiamo l’equazione di Nernst per calcolare la d.d.p. all’equilibrio elettrochimico di Na+ (ENa)

ENa = _ R ∙ T ∙ ln [Na+]int = – 60 mV ∙ Lg 9,2 = + 67 mV


Z ∙F [Na+]est
120

ENa è di segno opposto rispetto a EK. Nella situazione reale il potenziale di membrana a riposo (Er) è – 90 mV. Fra
questo e il potenziale di equilibrio di Na+ (ENa) c’è un’enorme differenza.
Per calcolare la forza che agisce su uno ione (f.e.m.) si usa la formula Er – Ex.
Quindi Er – ENa = – 90 mV – 67 mV= – 157 mV.
Quindi Na+ ha una forte tendenza a passare dall’esterno all’interno della cellula, spinto sia dalla forza chimica che da
quella elettrostatica (poiché segue anche il gradiente di carica). Ma nella situazione reale della membrana a riposo le
cose vanno diversamente.
Sebbene il numero atomico di Na+ sia inferiore di quello di K+, il diametro complessivo di Na+ è maggiore di
quello di K+ perché proprio in virtù delle sue dimensioni inferiori Na+ è circondato da un alone di H2O di
idratazione più grande di quello che circonda K+. Per questo motivo Na+ passa con molta più difficoltà attraverso i
porocanali passivi per il K+.
Quindi la forte tendenza che ha il Na+ a passare attraverso la membrana è frenata notevolmente dal ridotto diametro
dei porocanali. L’effetto complessivo è che il Na+ ha una leggera tendenza a passare dall’esterno all’interno della
Potenziale di membrana 48

cellula.

Cl–
[Cl–]int oscilla tra 3 e 4 mM/l, mentre [Cl–]est. ECl = – 90 mV, quindi coincide con il potenziale di membrana a
riposo (Er). Quindi, in condizioni di riposo il flusso netto di Cl– è zero (c’è comunque un equilibrio dinamico).

Considerazioni
Fino ad ora si è discusso prendendo in considerazione l’attraversamento della membrana da parte di un singolo ione
alla volta, in funzione dell’equazione di Nernst. Nella realtà attraverso la membrana possono passare più ioni
contemporaneamente.
Attraverso i porocanali passivi può passare facilmente K+, Na+ ha difficoltà 20 volte superiore a passare a causa del
suo maggiore diametro complessivo. Se la membrana fosse impermeabile al Na+ raggiungerebbe un Er uguale a EK
(ciò accade nelle cellule non eccitabili).
Lo scarso ingresso di Na+ fa sì che Er non sia uguale a EK. I grossi anioni proteici (A–) non passano attraverso i
porocanali perché hanno diametro enorme e restano all’interno della cellula. Per ogni carica positiva che esce dalla
cellula si accumula un A– in prossimità della membrana, ciò che causa il caricamento della membrana di una d.d.p.
(potenziale di membrana o Em).
Man mano che Em aumenta, aumenta il flusso dei Na+ dall’esterno all’interno della cellula.
K+ ha una leggera tendenza ad uscire dalla cellula e Na+ ha una leggera tendenza ad entrare nella cellula. Em è una
media ponderata fra EK e ENa. Per ponderare questa media si tiene conto della permeabilità della membrana che è
alta nei confronti di K+ e bassa nei confronti di Na+.
Per operare con unità di misura comparabili con quelle delle equazioni, si usa la conduttanza (g) che è direttamente
proporzionale alla permeabilità (e quindi anche all’intensità del flusso) ed è la facilità che ha uno ione a passare
attraverso la membrana. La conduttanza è inversamente proporzionale alla resistenza (g = 1/R). La resistenza è la
difficoltà che ha lo ione a passare attraverso la membrana. Per calcolare la Er si usa l’equazione della conduttanza di
membrana o equazione di Goldman che tiene conto della conduttanza e del fatto che la membrana è attraversata da
più ioni contemporaneamente: Em = gK ∙ EK + gNa ∙ ENa + gCl ∙ ECl ∑g ∑g ∑g ∑g è la somma delle
conduttanze di tutti gli ioni coinvolti nel calcolo cioè la conduttanza totale della membrana. Nel calcolare Er il
termine gCl ∙ ECl non lo consideriamo perché ECl = Er.

∑g

Er = gK ∙ EK + gNa ∙ ENa gK + gNa gK + gNa in condizioni di riposo gK è elevata (circa 20 volte) rispetto a gNa
(che, perciò, rispetto a gK è trascurabile) quindi la somma gK + gNa è approssimabile a gK. Quindi
gK = 1 circa e gNa = 0 circa
gK + gNa gK + gNa
In condizioni di riposo Em è influenzato soprattutto da gK ed EK: Em = 1 ∙ EK + 0. Quando una cellula
bioeccitabile raggiunge l’eccitamento, si aprono canali per il Na+ quindi aumenta gNa e quindi per lo stesso
ragionamento di prima Em dipende soprattutto a gNa e da ENa: Em = 0 + 1 ∙ ENa.
Il potenziale di membrana (Em) corrisponde al potenziale di equilibrio (Ex) dello ione verso cui la membrana è
maggiormente permeabile. I valori considerati fino ad ora fanno riferimento al muscolo scheletrico di rana.
I valori relativi ai tessuti del mammifero sono:
Ione Potenziale di equilibrio: Ex (mV) Potenziale di riposo: Er (mV)
K+ – 90 – 70 nel nervo,
da – 80 a – 90 nel muscolo
Na+ + 60
Potenziale di membrana 49

Er e EK non coincidono perfettamente quindi K+ si sposta dall’interno all’esterno perché la forza chimica è maggiore
di quella elettrostatica (all’esterno prevalgono le cariche positive e all’interno le negative): f.e.m. = Er – EK = – 70
mV – (– 90 mV)= 20 mV.
Na+ non è all’equilibrio e si sposta dall’esterno all’interno perché sia la forza chimica che quella elettrostatica sono
concordi poiché segue sia il gradiente di carica che quello di concentrazione: f.e.m. = Er – ENa = – 70 mV – 60 mV
= – 130 mV. Ma la permeabilità (e quindi la conduttanza) della membrana per Na+ è bassa, quindi ne passa di meno
di quello che dovrebbe passare. Quindi nel complesso il flusso di K+ dall’interno verso l’esterno è uguale al flusso
dall’esterno verso l’interno di Na+.
Il Na+ che entra riduce la carica negativa presente all’interno della cellula abbassando la forza elettrostatica e
permettendo così che la forza chimica che agisce sul K+ prevalga su questa, ciò permette il lieve flusso di K+.
Quindi il flusso di K+ è una conseguenza del flusso del Na+.
In base alle considerazioni fatte emerge che i flussi di Na+ e K+ sono uguali ed opposti, quindi l’effetto a breve
termine sul potenziale di membrana complessivo è nullo (poiché la quantità di carica che esce sottoforma di K+ è
uguale a quella che entra sottoforma di Na+).
Ma a lungo termine questo flusso di Na+ e K+, ognuno in un’unica direzione, annullerebbe i gradienti di
concentrazione dei due ioni (cioè la quantità citosolica di uno ione diventerebbe uguale alla quantità extracellulare
dello stesso ione) e quindi porterebbe il meccanismo ad interrompersi: [X]int = [X]est quindi
Ex = _ R ∙ T ∙ ln [X]int = – 60 mV ∙ Lg 1 = – 60 mV ∙ Lg 100 = – 60 mV ∙ 0 = 0 mV
Z ∙ F [X]est
Per evitare che ciò avvenga esiste la pompa Na+, K+ ATPasi che mantiene il gradiente di concentrazione pompando
attivamente Na+ fuori dalla cellula e K+ nella cellula. Inoltre la pompa Na+, K+ è elettrogenica cioè genera
attivamente il 5-10% del potenziale di membrana pompando attivamente 2 K+ dentro e 3 Na+ fuori.

Citoplasma
Il citoplasma è una matrice acquosa colloidale (detta più propriamente citosol) che contiene gli organuli e alcuni
sistemi di membrane; è presente sia nelle cellule eucariote sia in quelle procariote.

Struttura
Il citoplasma occupa circa la metà del volume totale della cellula e vi si trovano disperse tutte le sostanze chimiche
vitali tra cui sali, ioni, zuccheri, una grande quantità di enzimi e proteine e la maggior parte dell'RNA. L'acqua
costituisce circa il 75-85 per cento delle sostanze contenute nel citoplasma, ed è formato inoltre da sali minerali,
sostanze organiche e inorganiche. La matrice citoplasmatica può essere definita plasmagel o plasmasol a seconda
dello stato di aggregazione delle proteine.
Nelle cellule eucariote, il citoplasma contiene un'intelaiatura formata da una complessa rete di filamenti costituiti da
proteine fibrose e/o globulari che costituiscono il → citoscheletro. Il citoscheletro conferisce alla cellula la sua forma
caratteristica, rende possibili gli spostamenti degli organuli cellulari e coordina funzioni biologiche fondamentali,
come la → divisione cellulare.
Citoplasma 50

Principali organuli del citoplasma


Gli organuli cellulari principali contenuti nel citoplasma sono:
• → mitocondri,
• → ribosomi,
• → lisosomi,
• → perossisomi,
• → reticolo endoplasmatico liscio e rugoso,
• apparato di Golgi,
• → centrioli (non presenti in tutte le cellule eucariote).

Funzioni
È proprio nel citoplasma che si svolgono le principali attività della vita cellulare (metabolismo, respirazione
cellulare, movimenti della cellula, assorbimento, glicolisi, processi di sintesi, modificazioni della forma della cellula,
fagocitosi, apoptosi).
Quando si parla di cellule muscolari, il citoplasma assume il nome di sarcoplasma.

Voci correlare
• Cellula
• → Citoscheletro

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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51

ORGANULI NON MEMBRANOSI

Citoscheletro
Il citoscheletro è una fondamentale struttura
cellulare. Il citoscheletro costituisce, per
analogia macroscopica, la struttura
muscolare, di movimento ed ossea, o di
sostegno della cellula. Le sue funzioni di
tipo strutturale sono indispensabili quindi in
quelle cellule eucariotiche prive di parete,
inoltre permette il movimento sia
intercellulare (spostamento e modificazioni
di forma di tutta la cellula) che intracellulare
(spostamento interno dei costituenti la
cellula).

Il citoscheletro è costituito
fondamentalmente da tre tipi di filamenti
proteici che si distinguono per funzione e
composizione:
• filamenti actinici o microfilamenti
• filamenti intermedi
La tubulina citoscheletrica di alcune cellule endoteliali marcata in verde, l'actina in
• microtubuli
rosso, osservata in microscopia confocale.

Filamenti actinici
La componente proteica di questo tipo di filamenti è l'actina. L'actina è una proteina globulare che lega ATP.
Con il loro spessore di 6-7nm, sono i filamenti citoscheletrici più sottili. Hanno una polarità strutturale, ovvero
hanno un'estremità +, dove l'aggiunta di g-actina avviene velocemente e contribuisce quindi all'allungamento del
filamento, ed una parte - che influisce poco sull'accrescimento.
La polimerizzazione inizia lentamente con 3 molecole di actina che si legano tra loro. Nella cellula la concentrazione
di actina libera è molto alta, quindi altre molecole di actina si legano a questo polimero neoformato ed il processo
diventa man mano più veloce fino a che non si giunge ad un punto di equilibrio con l'actina libera nella cellula.
Le proteine associate ai filamenti actinici sono numerose: ci sono proteine che inibiscono la polimerizzazione dei
filamenti, altre che tagliano i filamenti e altre ancora che li incappucciano per evitare che si accrescano; ci sono
anche proteine che collegano i microfilamenti per formare un fascio, come avviene nei → microvilli, ed altre
proteine che conferiscono la contrattilità ai filamenti actinici rendendoli così capaci di far cambiare forma alla cellula
e di dirigere i traffici interni ad essa.
Citoscheletro 52

La miosina
È una proteina presente in tutte le cellule eucariotiche. È dotata di attività ATPasica, cioè è in grado di idrolizzare
l'ATP (adenosintrifosfato).
Esistono diverse isoforme di miosina all'interno delle cellule. Nel complesso le varie isoforme funzionano da "motori
proteici" per l'actina; in pratica accoppiano l'idrolisi della molecola di ATP con cambiamenti conformazionali che
contribuiscono a generare la forza meccanica per i vari tipi di motilità cellulare e sub-cellulare (contrazione cellulare,
citocinesi, traffico di vescicole).
La struttura della miosina consiste in due parti principali: la testa globulare, che lega la molecola di actina ed è dotata
di attività ATPasica (cioè in grado di idrolizzare l'ATP) e da una coda, unita alla testa, che consiste in due catene
proteiche con conformazione ad elica avvolte insieme.
Il complesso actina-miosina, nelle cellule muscolari scheletriche dei Vertebrati, forma una struttura caratteristica
detta sarcomero, da cui dipende la contrazione delle fibre muscolari. La contrazione muscolare è influenzata
essenzialmente dalla concentrazione intracellulare dello ione calcio, ma anche da altre proteine, come la
tropomiosina, la troponina e la nebulina.

Filamenti intermedi
Chiamati così per il loro spessore (circa 10nm) intermedio tra quello dei microtubuli e quello dei filamenti actinici.
Le molecole che li costituiscono sono filamentose e variano a seconda del tipo di cellula. possiedono una grande
resistenza alla trazione e consentono alla cellula di sopportare stress meccanici. A differenza degli altri filamenti
citoscheoletrici, i filamenti intermedi non sono polarizzati e sono più stabili.
La polimerizzazione dei filamenti intermedi avviene nel seguente modo: 2 molecole di gas si aggregano formando
un dimero, che va ad unirsi ad un altro dimero formando un tetramero; infine i tetrameri si aggregano a loro volta
fino a che non arrivano a formare un filamento di 32 molecole base molto simile ad una corda.
Una categoria di filamenti intermedi presenti in tutte le cellule è quella delle lamìne, ovvero quel particolare tipo di
filamenti che va a costituire la lamina nucleare. Nel processo di divisione cellulare la lamina nucleare deve
scomparire, altrimenti il materiale genetico della cellula non potrebbe ripartirsi tra le due cellule figlie. È necessario
quindi che le proteine che costituiscono i filamenti intermedi della lamina nucleare vengano fosforilate, in modo da
renderle instabili e portarle alla depolimerizzazione. I filamenti intermedi della lamina nucleare sono controllati nei
loro processi di polimerizzazione e depolimerizzazione dalla proteina chinasi.

Microtubuli
Sono tubi proteici cavi del diametro di 25nm (diametro esterno) capaci di autodemolirsi rapidamente in una sede e
ricostituirsi altrettanto velocemente in un'altra. le loro pareti sono formate da 13 protofilamenti. Anche i microtubuli
sono polari. Sono composti da eterodimeri formati da una molecola di tubulina-α e una di tubulina-β. la tubulina è
una proteina capace di legarsi a GTP, ma solo la tubulina-β può idrolizzare GTP a GDP.
Il processo di polimerizzazione dei microtubuli inizia molto lentamente: più eterodimeri di tubulina-αβ, tramite un
processo detto di nucleazione, vanno a formare un piccolo microtubulo. una volta che si è formato, il piccolo
microtubulo si accresce da entrambe le parti (ma la velocità di accrescimento è maggiore all'estremità +) e il
completamento è rapido.
In vitro si osserva che, a bassissime concentrazioni di tubulina libera, sia l'estremità + che quella - si accorciano.
Man mano che la concentrazione di tubulina libera aumenta, la depolimerizzazione rallenta fino a che non si
raggiunge un punto di equilibrio, detto punto critico. l'equilibrio che si raggiunge è di tipo dinamico. In vitro si può
osservare il cosiddetto fenomeno a mulinello. Se le concentrazioni di tubulina libera sono abbastanza elevate, i
microtubuli si formano spontaneamente.
Citoscheletro 53

Nella cellula la concentrazione di tubulina libera non è sufficiente da poter permettere la formazione spontanea dei
microtubuli, i quali per formarsi hanno quindi bisogno di un punto di innesco che, nelle cellule animali è dato dalla
tubulina-γ, una molecola a forma di anello presente sul centrosoma. Mantenendo bassa la concentrazione di tubulina
libera, la cellula può controllare la formazione dei microtubuli, i quali presenteranno quindi un'instabilità dinamica,
ovvero si depolimerizzerano e ripolimerizzerano di continuo a partire dal centrosoma. I microtubuli possono
stabilizzarsi se alla loro estremità + si forma un cappuccio a GTP, che si forma se prima che la tubulina-β idrolizzi il
GTP si attacca al microtubulo un altro eterodimero. Un microtubulo che nasce dal centrosoma può non
depolimerizzarsi se alla sua estremità + (quella più lontana da centrosoma) si va ad attaccare una molecola o una
struttura cellulare. Si potrebbe paragonare il centrosoma ad un pescatore che lancia le sue lenze e, se non abbocca
niente, le ritira indietro per poter effettuare un nuovo lancio.
Due microtubuli possono scorrere l'uno sull'altro grazie a speciali proteine presenti sui microtubuli che trasformano
l'energia derivante dall'idrolisi di ATP in energia motrice. al microtubulo possono attaccarsi anche organuli e
vescicole, che possono quindi scorrere per mezzo delle proteine motrici verso l'estremità + (le proteine motrici
saranno chinesine) o verso l'estremità - (le proteine motrici saranno dineine) del microtubulo.

Ciglia e flagelli
speciali proteine dette MAPs (microtubules associated proteins) possono stabilizzare in maniera permanente i
microtubuli che vanno così a formare ciglia e flagelli.
Le ciglia servono per il movimento della cellula. Generalmente sono numerose sulla superficie cellulare. possono
creare correnti nel liquido intorno alla cellula in modo da indirizzare il cibo verso il luogo in cui verrà digerito, come
succede per esempio nelle spugne. La parte interna di un ciglio è detta assonema ed è costituito da una membrana
che racchiude 9 coppie di microtubuli alla periferia più due microtubuli non accoppiati al centro. Questa struttura è
detta 9+2 e si ritrova in quasi tutte le forme di ciglia e flagelli eucariotici, dai protozoi all'uomo. l'assonema si attacca
al corpuscolo basale, anch'esso formato da microtubuli, con una struttura leggermente diversa da quella
dell'assonema: ci sono 9 triplette ai lati. Nelle ciglia si trovano solo le dineine come proteine motrici.

Voci correlate
• ParM

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

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Microvilli 54

Microvilli
I microvilli sono delle estroflessioni della membrana plasmatica del polo apicale di cellule appartenenti al tessuto
epiteliale di rivestimento. Sono alti 1 μm e larghi 0,08 μm circa. Hanno la funzione di aumentare la superficie di
scambio, infatti si trovano su cellule impiegate nell'assorbimento di acqua e nutrienti, come gli enterociti
nell'intestino e le cellule che rivestono il lume del tubulo contorto prossimale nel rene.

Costituzione dei microvilli


La struttura dei microvilli è mantenuta dal → citoscheletro, costituito da una trentina di microfilamenti di actina
ordinati parallelamente e tenuti insieme da ponti di villina e fimbrina. La zona apicale del fascio di microfilamenti
(terminazione positiva) è stabilizzata da un cappuccio proteico ed è collegata lateralmente alla membrana attraverso
la calmodulina e la miosina I. Alla base del microvillo, i microfilamenti sono invece ancorati ad una zona corticale,
ricca in actina e spectrina.

Osservazione al microscopio
I microvilli, essendo alti 1 micron non sono distinguibili al microscopio ottico (a differenza delle ciglia). La loro
presenza però costituisce un ispessimento della superficie libera delle cellule epiteliali, chiamato "orletto striato".
Sono invece ben identificabili e caratterizzabili con il microscopio elettronico a trasmissione.

Voci correlate
• Ciglia
• Flagello
Ciglia (cellule) 55

Ciglia (cellule)
In una cellula, le ciglia sono delle appendici
cellulari lunghe e sottili che si estendono
dalla superficie di molte cellule
eucariotiche. Queste sono perlopiù lunghe e
numerose. Le ciglia si originano, insieme ai
flagelli, dal corpo basale, anche questo
costituito da microtubuli, il cui numero e
disposizione mostrano qualche differenza.
La struttura delle ciglia e del corpo basale
sono dette "9+2" poiché presentano un
anello di nove doppiette di microtubuli e
due microtubuli al centro dell'anello. I
microtubuli al centro dell'anello sono
separati e completi (possiedono quindi 13
protofilamenti di tubulina). Sezione trasversa di due ciglia, che mostrano la tipica struttura "9+2"

Ciglia mobili
Queste strutture mobili specializzate esercitano un movimento a frusta determinato dalla curvatura dell'assonema.
Hanno un diametro di circa 0,2 μm e una lunghezza di 5 -10 μm.
Le ciglia vibratili caratterizzano la superficie apicale delle cellule epiteliali che tappezzano le vie respiratorie e le vie
genitali femminili: nel primo caso esse sono incaricate di spingere continuamente verso l'esterno lo strato di muco
che ricopre l'epitelio e che contiene eventuali particelle solide, penetrate accidentalmente con l'aria inspirata; nel
secondo caso le ciglia vibratili con il loro movimento facilitano la progressione della cellula uovo dalla tuba verso
l'utero.
Tali strutture sono presenti anche in alcuni protozoi dove con il loro battito sincrono permettono la mobilità e il
convogliamento di particelle alimentari verso l'apparato buccale.

Voci correlate
• Flagello
• Chinociglio

Cellula
Ciglia (cellule) 56

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Flagello (biologia)
I flagelli sono appendici cellulari, lunghe e sottili, disposte in
modo differente in vari organismi monocellulari, tra cui i
flagellati. Hanno una funzione motoria, e sono tipici soprattutto
dei batteri bacillari, in quanto i cocchi preferiscono gli ambienti
secchi.
Nella distribuzione polare sono localizzati ad uno o ad entrambi i
poli della cellula, in quella peritrica si originano da numerosi punti
mentre in quella lofotrica un ciuffo di flagelli si origina da
un'estremità della cellula. A seconda della quantità e della
distribuzione, i batteri prendono il nome di:
• Monotrici (possiedono un solo flagello, ad una estremità)
• Anfitrici (possiedono due flagelli, alle estremità)
• Lofotrici (più flagelli ad un'estremità a formare un ciuffo)
• Peritrici (più flagelli sparsi su tutta la superficie)
I flagelli sono implicati nel moto cellulare, in particolare nella
chemiotassi, che consente alla cellula di compiere un moto
semidirezionato in base al campionamento temporale (compiuto da
Alcuni rappresentanti dell'ordine dei Flagellati da una
chemiorecettori) di attraenti e repellenti. Il movimento rotatorio
stampa antica
non è casuale; un movimento antiorario imprime il moto al
batterio, un movimento orario determina l'arresto. Solo i batteri
monotrici hanno la possibilità di compiere il solo movimento antiorario. La velocità massima che può essere
raggiunta da un batterio dotato di flagello varia tra i 3 e i 60 μm/s.
Flagello (biologia) 57

Costituzione del flagello


Questi hanno forma elicoidale e sono costituiti da tre
domini differenti: filamento, uncino e corpo basale.
Di seguito sono elencate le brevi definizioni di queste
parti del flagello.

Il filamento
Il filamento è la parte che si estende dalla cellula nel
mezzo circostante, è formato da numerose sub unità di
una proteina detta flagellina. A differenza degli
organismi eucarioti, i flagelli dei procarioti non
possiedono dei microtubuli al loro interno.

L'uncino
L'uncino è invece una singola proteina con la funzione
di connettere il filamento al corpo basale, il suo nome
si riferisce alla forma arcata che imprime al filamento
un moto circolare.

Il corpo basale
Il corpo basale o cinetosoma è una struttura complessa
differente nei gram negativi e positivi, accomunata
dalla presenza dell'anello MS immerso nella →
membrana citoplasmatica e complessato con proteine
MOT (che permettono il moto grazie ad una forza
protone-motrice) e proteine FLI (che invertono la
rotazione dell'uncino).

Modello di un flagello batterico


Flagello (biologia) 58

Flagelli in cellule di Metazoi


La forma del flagello si ritrova anche in alcune cellule di metazoi,
come ad esempio gli spermatozoi. Le piante più evolute e i funghi
non producono flagelli, anche se ciò avviene nell'alga verde e nelle
chitridi strettamente imparentate. Molti protisti hanno la forma di
flagelli. I flagelli si trovano in molti organismi eucarioti e
probabilmente tutti gli eucarioti da cui si sono evoluti hanno avuto
origine da questi.

Loro forma e comportamento


I flagelli eucarioti sono coadiuvati da microtubuli in una
disposizione caratteristica, con nove coppie affusolate attorno ai
due singoli centrali. Queste si formano da un corpo basale o
chinetosoma, con le radici dei microtubuli che formano una parte Esempio di microrganismo flagellato
importante della struttura cellulare. In alcuni, ad esempio,
coadiuvano un citostoma p una bocca dove il cibo viene ingerito. I flagelli spesso sono dotati di peli chiamati
mastigonemi, o contengono cannule. La loro ultrastruttura ha un ruolo importante nella classificazione degli
eucarioti.

Nei protisti e negli animali microscopici, i flagelli sono generalmente utilizzati per la propulsione. Potrebbero anche
venire usati per creare una corrente che porta nutrimento. In molti eucarioti uno o più flagelli vengono sistemati
vicino o sulla parte anteriore della cellula. Spesso ve n'è uno diretto in avanti e un altro che lo insegue all'indietro.
Tra gli animali, i funghi e i Choanozoa, che costituiscono un gruppo denominati opistoconti, è presente un unico
flagello posteriore.

Voci correlate
• Flagellata

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Centriolo 59

Centriolo
Il centriolo è una struttura cilindrica presente nel citoplasma (in prossimità del nucleo) delle cellule animali, in
alcuni funghi, alghe e in alcune piante. Un centriolo ha la forma di un cilindro cavo la cui parete è formata da nove
triplette di microtubuli (ossia catene di tubulina alfa e beta che si uniscono a formare foglietti di protofilamenti
ripiegati su sé stessi). In ciascuna tripletta è presente il microtubulo A, B e C dove A è il più vicino al centro ed è
detto "completo" perché formato da 13 protofilamenti. B e C sono detti tubuli incompleti perché formati da 11
protofilamenti ciascuno.
Tale struttura è analoga a quella del corpo basale di ciglia e flagelli.
I centrioli si trovano in coppia e, solitamente, sono disposti tra di loro a formare un angolo di 90°. Essi sono i
responsabili della produzione dei microtubuli che costituiscono il fuso mitotico, hanno quindi un'importante funzione
nella divisione cellulare.
Attorno alla coppia di centrioli è presente un materiale elettrondenso chiamato materiale pericentriolare. L'insieme
dei centrioli e del materiale pericentriolare è detto centrosoma
È stato osservato che eliminando con un piccolo raggio laser i centrioli da una cellula, la capacità di divisione
cellulare non viene persa, ma le cellule figlie risultano organizzate meno ordinatamente.

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Ribosoma 60

Ribosoma
I ribosomi (al singolare ribosoma) sono
organelli immersi nel → citoplasma e sono
le particelle responsabili della sintesi
proteica. La loro funzione è quindi quella di
sintetizzare le proteine leggendo le
informazioni contenute in una catena di
RNA messaggero (m-RNA).

Furono messi in evidenza per la prima volta


al microscopio elettronico nel 1953 dal
biologo rumeno George Emil Palade[1] , Ribosoma 70S di Escherichia coli. In rosso la subunità grande e in blu quella
scoperta che gli valse il Premio Nobel. Il piccola. La scala è 200 Ångstrom (20 nm). I colori più chiari (azzurro e rosa)
termine "ribosoma" fu invece proposto nel indicano le proteine

1958 dallo scienziato Richard B. Roberts[2] .

Struttura
I ribosomi sono formati da tre molecole di RNA
ribosomiale e da proteine che si associano a formare due
subunità di dimensioni differenti (una più grande dell'altra).
I ribosomi dei batteri degli archea e degli eucarioti
differiscono sensibilmente tra loro sia per la struttura sia per
le sequenze di RNA.

Un ribosoma batterico ha una massa di circa 2700 kDa, un


diametro di circa 20nm ed un coefficiente di
sedimentazione di 70 S.
Esso si può suddividere in due parti o subunità, una più
grande ed una più piccola:
• una subunità grande di 50 S avente almeno 34 proteine
(L1-L34) e due molecole di RNA (23 S e 5 S),
• una subunità piccola di 30 S contenente almeno 21
subunità grande del ribosoma dell'archeobatterio Haloarcula
proteine (S1-S21) ed un RNA di 16 S.
marismortui. In blu le proteine, in giallo e rosa i due RNA
Il ribosoma della cellula eucariota (fatta eccezione per
quelli contenuti nei → mitocondri e nei cloroplasti), invece, è più grande ed ha una massa molecolare di 4000 kDa,
un diametro di 23 nm ed un coefficiente di sedimentazione di 80 S. Anch'esso è composto da due subunità, maggiore
a 60 S e minore a 40 S:
• la subunità maggiore è costituita da tre molecole di rRNA, una a 28 S, una a 5,8 S e un'ultima a 5 S.
• la minore consta di una sola catena di RNA 18 S. Nel complesso le due subunità presentano inoltre più di 80
proteine.
Ribosoma 61

Le singole molecole di rRNA (tranne la 5 S) vengono


sintetizzate nei nucleoli come RNA 45 S. Il DNA contenuto
nel nucleolo viene trascritto dalla RNA polimerasi I a
partire da più punti della catena di DNA, in strutture che
vengono dette ad "albero di Natale"; il tronco verrebbe
rappresentato dal DNA, i rami dalle molte catene di rRNA
che vengono trascritte nello stesso momento. rRNA 45 S
appena trascritto è detto pre-rRNA; in seguito a tagli, esso
darà origine a rRNA 18 S (per la subunità minore del
ribosoma) e 32 S, il quale verrà tagliato ulteriormente in 28
S e 5,8 S. Nel pre-rRNA sono presenti pseudouridine e basi
azotate metilate. La funzione di queste modifiche nelle basi
si pensa sia di evitare il taglio enzimatico, o favorire le
interazioni dell'RNA interne alla catena o con altre
molecole. subunità piccola del ribosoma dell'eubatterio Thermus
thermophilus. In blu le proteine, in rosa l'RNA

Disposizione
La loro disposizione all'interno della cellula varia a seconda del tipo di cellula ed è collegata alla funzione di
quest'ultima:
• se la cellula secerne le proteine prodotte, possiede solo ribosomi attaccati al reticolo endoplasmatico (che occupa
gran parte del citosol) e alla membrana nucleare;
• se la cellula immagazzina queste proteine, possiede ribosomi liberi nel citoplasma.

I ribosomi liberi
Sono così denominati i ribosomi che si trovano liberi nel → citoplasma cellulare o che fanno parte dei → mitocondri
o dei cloroplasti. Generalmente sono deputati alla sintesi di proteine che verranno rilasciate ed utilizzate nel
citoplasma o nella parte interna della → membrana cellulare negli organelli precedentemente citati ed anche nei
perossisomi. Più ribosomi sono in grado di unirsi tra loro, utilizzando come legame una stessa molecola di RNA
messaggero attraverso la quale si muovono dal codone iniziale fino a quello finale, in direzione 3', a formare un
poliribosoma (o polisoma).

I ribosomi legati alle membrane


Si trovano legati alle membrane costituenti il nucleo cellulare od il reticolo endoplasmatico ruvido. Si occupano di
sintetizzare e rilasciare proteine all'interno delle membrane di queste strutture, dove poi saranno condotte alla loro
destinazione finale che può essere sia intra- che extracellulare (nel qual caso vengono spesso espulse per esocitosi). È
da segnalare che i ribosomi attaccati alle membrane sono una sezione dell'insieme dei ribosomi liberi, la quale viene
poi reclutata non appena iniziano a sintetizzare proteine specifiche.
Ribosoma 62

Processo di traduzione
Le due subunità del ribosoma si uniscono tra loro ed operano insieme per tradurre un RNA messaggero in una catena
polipeptidica durante la sintesi proteica. Sembra che la parte più importante del ribosoma, sotto quest'aspetto, siano
le molecole di RNA ribosomiale le quali da sole sono in grado, seppur lentamente, d'operare il processo di
traduzione. Questo lascia ipotizzare che la componente proteica agisca in modo tale da potenziare e velocizzare
l'azione dell'RNA ribosomiale.
Prima che le subunità si uniscano insieme per incominciare a tradurre la molecola di m-RNA, c’è bisogno che il
complesso di pre-inizio si leghi alla subunità inferiore; a questo punto il ribosoma si può collegare alla molecola
dell’RNA messaggero, ed una volta che la subunità minore riconosce la tripletta di inizio, si staccano i fattori di
pre-inizio, le due subunità si collegano ed il ribosoma può incominciare a sintetizzare la proteina.
La subunità superiore è composta da tre siti, in ordine E, P (peptidilico) ed A (amminoacilico). Si ricordi che la
subunità inferiore possiede solo un sito d’attacco predisposto per l’mRNA.
Il primo transfert si va ad inserire nel sito P, a questo punto arriva un ulteriore transfert il quale si andrà a posizionare
nel sito A, ora il ribosoma scorre di una tripletta, portando gli amminoacidi tradotti presente dal sito P, a legarsi nel
sito A. La tripletta codificata da P a questo punto passa al sito E, dove verrà rilasciato. In sintesi:
• Il sito A è il sito che attende l’arrivo di nuove triplette da codificare;
• Il sito P tiene salda la sequenza amminica, rilasciandola solamente quando il sito A ha tradotto un’ulteriore
amminoacido;
• Il sito E è il sito che raccoglie le triplette usate per la codifica.

L'ipotesi del segnale


Come si è visto i ribosomi liberi e quelli legati alle membrane sintetizzano due classi di proteine tra loro differenti.
Ma come può la cellula operare una simile distinzione? L'ipotesi del segnale, sviluppata nel 1971, afferma che
l'informazione che permette di operare tale processo è contenuta nella sezione N-terminale della catena polipeptidica,
che è la prima ad emergere dal ribosoma. Successivamente a quest'ipotesi si sono aggiunti dei dati di supporto che
permisero di arrivare al seguente modello.
Il filamento di RNA messaggero da tradurre arriva al ribosoma che in quel momento è libero e contenuto nel
citoplasma. Una volta iniziata la traduzione, nella parte N-terminale (anche se in alcuni polipeptidi è più interna) è
contenuta una sequenza di 6-20 amminoacidi non polari. Tale sequenza viene riconosciuta da una particella di
riconoscimento del segnale (SRP), una struttura formata da una molecola di RNA (RNA 7SL) e 6 catene
polipetidiche, che vi si lega e blocca il suo prematuro ripiegamento e la continuazione della sintesi proteica. Ciò fa sì
che il ribosoma possa arrivare alle membrane del reticolo endoplasmatico rugoso, invece di completare la traduzione
della proteina che altrimenti sarebbe rilasciata nel citoplasma. La particella di riconoscimento del segnale legata
agisce come un ligando che va a legarsi ad due recettori che si trovano sulla membrana citoplasmatica del reticolo
endoplasmatico, uno per la SRP e l'altro per il ribosoma. Per creare il legame tra SRP ed il suo recettore è necessario
che ad SRP si leghi una molecola di guanosina trifosfato (GTP). Successivamente l'SRP viene staccata dalla
sequenza segnale e poi dal ribosoma, per idrolisi del GTP in guanosina difosfato (GDP) mentre la sequenza segnale
va a legarsi ad una sezione d'un canale proteico transmembrana. Essendosi staccato l'SRP il ribosoma riprende la
sintesi proteica ma la catena polipeptidica viene traslocata attraverso il canale e penetra nel reticolo endoplasmatico
(traslocazione). Successivamente la sequenza segnale viene tagliata da un enzima proteolitico, la peptidasi del
segnale, ed il resto della proteina viene sottoposta ad appositi processi di ripiegamento e di formazione di legami
disolfuro.
Ribosoma 63

Bibliografia
• Pasqua G., Abbate G., Forni C., Botanica generale e diversità vegetale, Ed. PICCIN, 2007

Altri progetti
• Wikimedia Commons contiene file multimediali su Ribosoma

Collegamenti esterni
• (EN) Nature Structural & Molecular Biology: SRP meets the ribosome [3]

Note
[1] G.E. Palade. (1955) "A small particulate component of the cytoplasm". J Biophys Biochem Cytol. 1(1):59-68
[2] Roberts, R. B. "Introduction" in Microsomal Particles and Protein Synthesis. New York: Pergamon Press, Inc
[3] http:/ / www. nature. com/ nsmb/ journal/ v11/ n11/ full/ nsmb853. html
64

ORGANULI MEMBRANOSI

Mitocondrio
Un mitocondrio è un organulo cellulare di forma generalmente
allungata, presente in tutti gli eucarioti (con alcune eccezioni). I
mitocondri sono organuli presenti nel → citoplasma di tutte le cellule
animali e vegetali a metabolismo aerobio. Mancano solo nelle cellule
procariotiche, cioè i batteri, dove le funzioni respiratorie vengono
espletate da proteine enzimatiche contenute nella membrana cellulare e
nelle sue invaginazioni, dette mesosomi. I mitocondri sono gli
organelli addetti alla respirazione cellulare, costituiti da sacchette
contenenti enzimi respiratori. Sono costituiti da due membrane: la Schema di un mitocondrio
membrana interna e la membrane esterna; lo spazio fra queste due 1 Membrana interna
membrane è detto spazio intermembrana. Lo spazio delimitato dalla 2 Membrana esterna
3 Cresta
membrana interna è detto matrice mitocondriale; la membrana interna
4 Matrice
si estende nella matrice formando delle pieghe dette creste
mitocondriali, dove si concentrano gli enzimi respiratori.

Struttura
Il mitocondrio, isolato dalla struttura cellulare che lo circonda, assume
una forma che ricorda quella di un salsicciotto ed è lungo 1-4 μm ed ha
un diametro di 0,2-1 μm. Nella cellula, esso assume una forma più
complessa; ad esempio nelle piante (Arabidopsis thaliana) e nel lievito
(Saccharomyces cerevisiae) è più opportuno parlare di una rete
mitocondriale in cui i mitocondri vanno incontro a fissione e fusione
[1][2].

È delimitato da una doppia membrana: quella esterna permette il


passaggio di piccole molecole, quella interna è selettivamente Sezione di due mitocondri visti tramite un
permeabile e ripiegata in estroflessioni chiamate creste mitocondriali microscopio elettronico
che ne aumentano la superficie. La membrana interna si presenta sotto
forma di numerosi avvolgimenti, rientranze e sporgenze, queste sono dette creste mitocondriali. La funzione di
queste strutture è quella di aumentare la superficie di membrana che permette di disporre un numero maggiore di
complessi di ATP sintetasi e di fornire pertanto maggiore energia. Le due membrane identificano due differenti
regioni: lo spazio intermembrana cioè quello interposto tra la la membrana esterna e quella interna, e la matrice,
spazio circoscritto dalla membrana interna.
Mitocondrio 65

Le membrane del mitocondrio


Le due membrane mitocondriali presentano differenti proprietà a causa della loro diversa composizione.
La membrana esterna è composta per il 50% da lipidi e per il resto da svariati enzimi dalle molteplici attività tra cui:
l'ossidazione dell'adrenalina, l'allungamento degli acidi grassi e la degradazione del triptofano. Essa, inoltre, contiene
porine: canali proteici transmembrana, formati per lo più da foglietti β, non selettivi. Ciò fa sì che la membrana
esterna sia assai permeabile e permetta il passaggio di molecole di massa fino a 5000 Dalton. Quest'elevata
permeabilità era già nota all'inizio del XX secolo allorché venne notato il rigonfiamento cui i mitocondri vanno
soggetti a seguito della loro immersione in una soluzione ipotonica.
La membrana interna ha un rapporto proteine/lipidi che si aggira intorno a 3:1 (che significa che per ogni 15 proteine
vi è un fosfolipide) e contiene più di 100 molecole polipeptidiche. Un'altra caratteristica particolare, in quanto
propria delle membrane batteriche, è la presenza di molecole di cardiolipina (difosfatidil-glicerolo) e l'assenza di
colesterolo. La membrana interna, contrariamente a quella esterna, è selettivamente permeabile, priva di porine, ma
con trasportatori transmembrana altamente selettivi per ogni molecola o ione. A seguito di ciò le due facce della
membrana interna vengono chiamate, rispettivamente, versante della matrice e versante citosolico (in quanto viene
facilmente raggiunto dalle piccole molecole del → citosol cellulare) oppure versante N e versante P in ragione del
diverso potenziale di membrana (neutro nel versante citosolico e positivo nello spazio intermembranoso interno).

La matrice mitocondriale
La matrice mitocondriale ha consistenza gelatinosa a causa della concentrazione elevata di proteine idrosolubili
(circa 500 mg/ml). Essa contiene, infatti, numerosi enzimi, → ribosomi (70S, più piccoli di quelli presenti nel resto
della cellula) e molecole di DNA circolare a doppio filamento.

Il genoma mitocondriale
Il genoma mitocondriale contiene 16569 coppie di basi e possiede 37 geni codificanti per due RNA ribosomiali
(rRNA), 22 RNA di trasporto (tRNA) e 13 proteine che fanno parte dei complessi enzimatici deputati alla
fosforilazione ossidativa. È da notare, comunque, che il numero di geni presenti sul DNA mitocondriale è variabile a
seconda delle specie. In ogni mitocondrio si trovano da due a dieci copie del genoma. Il resto delle proteine presenti
nel mitocondrio deriva da geni → nucleari i cui prodotti vengono appositamente trasportati. Le proteine destinate al
mitocondrio generalmente vengono riconosciute grazie ad una sequenza leader presente sulla loro parte N-terminale.
Tale sequenza contiene da 20 a 90 amminoacidi, di cui nessuno carico negativamente, con all'interno alcuni motivi
ricorrenti, e sembra che abbia un'elevata possibilità di dare origine ad una α-elica anfipatica. Circa 28 dei geni
mitocondriali (2 rRNA, 14 tRNA e 12 proteine) sono codificati su uno dei due filamenti di DNA (detto H, da heavy
strand) mentre i rimanenti geni (8 tRNA e 1 proteina) sono codificati sul filamento complementare (detto L, da light
strand). La presenza della catena di trasporto degli elettroni con la sua capacità di produrre radicali liberi, la
mancanza di istoni ed i limitati sistemi di riparo, rendono il DNA mitocondriale facilmente danneggiabile ed in
effetti il suo tasso di mutazione è circa dieci volte maggiore di quello nucleare. Ciò fa sì che si possano avere
sequenza mitocondriali differenti anche all'interno di uno stesso individuo.
La presenza di ribosomi permette al mitocondrio di svolgere una propria sintesi proteica.
Una particolarità del codice genetico mitocondriale sta nel fatto che esso è leggermente diverso da quello
comunemente noto. Il codone UGA, normalemente codone di stop, codifica per il triptofano. I vertebrati, inoltre,
usano la sequenza AUA (e l'uomo anche AUU) per codificare la metionina (e non l'isoleucina) mentre AGA ed AGG
funzionano come codoni di stop. Si è visto, inoltre, che tra specie diverse vi possono essere differenze nel codice
mitocondriale che, di conseguenza, non è uguale per tutti.
Il DNA mitocondriale umano viene ereditato per via matrilineare (eredità non mendeliana) in quanto durante il
processo di fecondazione i mitocondri dello spermatozoo sono marcati con ubiquitina, una proteina che si lega ad
Mitocondrio 66

altre proteine che devono essere degradate. In conseguenza di ciò, il genoma mitocondriale della prole sarà quasi
uguale a quello materno (fatte salve eventuali mutazioni) ed, inoltre, se la madre è affetta da una malattia a
trasmissione mitocondriale, la erediteranno tutti i figli, mentre se ne è affetto il padre, non la erediterà nessuno. In
letteratura sono riportati rarissimi casi in cui il DNA mitocondriale sembra derivare dal padre o da entrambi i
genitori

Le funzioni del mitocondrio


Il mitocondrio è in grado di svolgere molteplici funzioni. La più importante tra esse consiste nell'estrarre energia dai
substrati organici che gli arrivano per produrre un gradiente ionico che viene sfruttato per produrre adenosintrifosfato
(ATP). Gli altri processi in cui il mitocondrio interviene sono:
• l'apoptosi e la morte neuronale da tossicità da glutammato,
• regolazione del → ciclo cellulare,
• regolazione dello stato redox della cellula,
• sintesi dell'eme,
• sintesi del colesterolo,
• produzione di calore.

La produzione di energia
È la funzione principale del mitocondrio e viene svolta utilizzando i principali prodotti della glicolisi: il piruvato ed
il NADH. Essi vengono sfruttati in due processi: il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa.

Il ciclo di Krebs
Le molecole di piruvato prodotte dalla glicolisi vengono trasportate all'interno della matrice mitocondriale dove
vengono decarbossilate per formare gruppi acetili che vengono coniugati con il Coenzima A (CoA) per formare
acetilCoA. Il tutto viene catalizzato dalla piruvato deidrogenasi: un grosso complesso multienzimatico.
Successivamente l'acetilCoA viene immesso nel ciclo di Krebs o ciclo degli acidi tricarbossilici o ciclo dell'acido
citrico che permette di generare 3 molecole di NADH ed una di FADH2 secondo la seguente reazione generale:
AcetilCoA + 2 H2O + FAD + 3 NAD+ + GDP + Pi → 2 CO2 + FADH2 + 3 NADH + 3 H+ + GTP + HS-CoA
Tutti gli enzimi del ciclo di Krebs si trovano liberi nella matrice, fatta esclusione per il complesso della succinato
deidrogenasi che è legata alla membrana mitocondriale interna nel versante N.

Fosforilazione ossidativa: la catena di trasporto degli elettroni


Vengono utilizzati sia il NADH che il FADH2 prodotti dalla glicolisi e dal ciclo di Krebs. Attraverso un complesso
multienzimatico avente le funzioni di catena di trasporto gli elettroni vengono prelevati da NADH e FADH2 e, dopo
una serie di passaggi intermedi, vengono ceduti all'ossigeno molecolare (O2) che viene ridotto ad acqua. Durante il
trasferimento elettronico le varie proteine trasportatrici subiscono dei cambiamenti conformazionali che consentono
di trasferire dei protoni dalla matrice allo spazio intermembrana contro un gradiente di concentrazione.
Nel mitocondrio si possono isolare ben quattro complessi poliproteici responsabili del trasporto degli elettroni:
• Complesso I (NADH deidrogenasi) che contiene almeno 30 diversi polipeptidi, una flavoproteina e 9 centri
ferro-zolfo e per ogni coppia di elettroni fatta passare vengono trasferiti tre o quattro protoni,
• Complesso II (Succinato deidrogenasi) che, oltre a catalizzare una reazione del ciclo di Krebs, consente il
trasferimento di elettroni al FAD ed all'ubichinone ma non permette il passaggio di protoni,
• Complesso III (Citocromo c riduttasi) che contiene circa 10 polipeptidi e gruppi eme ed un centro ferro-zolfo,
permette il passaggio di elettroni dall'ubichinone ridotto al citocromo c e per ogni coppia di elettroni trasferisce
quattro protoni,
Mitocondrio 67

• Complesso IV (Citocromo c ossidasi) che contiene almeno 13 polipeptidi permette il trasferimento di elettroni dal
citocromo c all'ossigeno ed anche lo spostamento dei protoni anche se non ne è ben chiaro il numero (forse
quattro per ossigeno ridotto).
Successivamente i protoni vengono rifatti passare attraverso la membrana interna, in un processo di → diffusione
facilitata, tramite l'enzima ATP sintetasi che ottiene così l'energia sufficiente per produrre molecole di ATP,
trasferendo un gruppo fosfato a dell'ADP. Si è visto che una coppia di elettroni, prelevati da NADH, è in grado di
rilasciare un quantitativo d'energia sufficiente a produrre tre molecole di ATP mentre con una coppia elettronica
ottenuta dal FADH2 se ne ottengono due.
Sia la glicolisi che la fosforilazione ossidativa permettono di ottenere ben trentotto molecole di ATP per ogni
glucosio utilizzato (anche se questo valore può anche variare a seconda del rapporto [ATP]/[ADP] intracellulare).
L'importanza del trasferimento dei protoni attraverso la membrana mitocondriale interna nella sitesi di ATP,
meccanismo definito chemioosmotico, venne individuato nel 1961 da Peter Mitchell il quale ottenne, per questo, il
premio Nobel per la chimica nel 1978. Nel 1997 a Paul D. Boyer e John E. Walker venne consegnato le stesso
premio per aver chiarito il meccanismo d'azione della ATP sintetasi

Il mitocondrio e l'apoptosi
Il mitocondrio funziona da centrale d'integrazione degli stimoli apoptotici. Essi possono essere di molteplice natura
(caspasi, ceramide, vari tipi di chinasi, ganglioside GD3, ecc...) e sono in grado di determinare l'apertura di un
complesso poliproteico chiamato poro di transizione mitocondriale (Permeability Transition Pore Complex, PTPC)
localizzato in alcuni punti di contatto tra le due membrane mitocondriali. Quest'evento che fa cadere la differenza di
potenziale, per uscita dei protoni, ed ingresso di molecole prima interdette all'ingresso. Come risultato finale, il
mitocondrio si riempe di liquido e la membrana esterna scoppia liberando nel citoplasma fattori stimolanti l'apoptosi
come AIF, (Apoptosis Inducing Factor) che è in grado di raggiungere il nucleo ed attiva una via indipendente dalle
caspasi in grado di degradare il DNA, ed il citocromo c che si lega alle proteine Apaf-1 (apoptotic protease
activating factor) e caspasi 9 ed una molecola di ATP formando un complesso definito apoptosoma. La caspasi 9
presente diviene in grado di attivare altre caspasi che danno il via ad una cascata molecolare che si conclude con la
degradazione del DNA ad opera di fattori nucleari.
Ai processi di alterazione della permeabilità del mitocondrio prendono parte anche i membri della famiglia di bcl-2,
composta da almeno 16 proteine, le quali sono in grado di interagire con le membrane nucleari, mitocondriale
esterna e del reticolo endoplasmatico grazie al loro dominio C-terminale. Tale famiglia contiene elementi sia
antiapoptotici, come Bcl-2 e Bcl-XL, sia proapoptotici, come Bax, Bid, Bad, Bik, Bim, Bcl-XS, DIva.
Tali membri possono unirsi formando omodimeri od eterodimeri che hanno attività sia propoptotica (es:Bax/Bax) sia
antiapoptotica (es:Bcl-2/Bcl-2, Bcl-XL/Bcl-2). L'evento chiave consiste nell'abbondanza dei fattori propapototici
rispetti a quelli protettivi. Se questo evento avviene allora si formeranno dimeri i grado di alterare la permeabilità del
mitocondrio.

Il mitocondrio e la tossicità da glutammato


L'eccessiva stimolazione del recettore per l' N-metil-D-aspartato (recettore NMDA), da parte del glutammato, è in
grado di produrre un ingresso massivo di calcio che può portare a morte il neurone tramite diverse vie apoptotiche o
per necrosi a seconda dell'intensità dello sitimolo. Una di queste vie interessa anche il mitocondrio.
Il calcio in eccesso che affluisce, in effetti, va a sovraccaricare il mitocondrio, penetrandovi, determinando così
perdita del suo potenziale di membrana e diminuzione della produzione di ATP per disaccoppiamento della
fosforilazione ossidativa con la sintesi di ATP. Ciò fa sì che le pompe di membrana ATP dipendenti responsabili del
mantenimento della depolarizzazione smettano di funzionare e ciò, in un circolo vizioso, aumenta l'ingresso di
calcio. Viene, inoltre, stimolata la produzione d'ossido nitrico che sembra possedere un'azione inibitoria sulla catena
di trasporto mitocondriale.
Mitocondrio 68

Il mitocondrio e lo stato ossidoriduttivo della cellula


Durante la fosforilazione ossidativa può accadere che un solo elettrone vada a ridurre una molecola di O2
determinando la produzione d'un anione superossido (O2•), un radicale assai reattivo. Generalmente questo
fenomeno viene evitato, tuttavia non è possibile evitarlo completamente.
O2• può essere protonato a formare il radicale idroperossido (HO2•) che può reagire, a sua volta, con un altro anione
superossido per produrre perossido di idrogeno (H2O2) secondo la seguente reazione:
2 HO2• → O2 + H2O2
La sintesi di radicali liberi è anche un processo che, se opportunamente controllato, può essere una valida arma
contro determinati microorganismi. Durante l'infiammazione, infatti, i leucociti polimorfonucleati sono soggetti ad
una produzione massiva di questi radicali per attivazione dell'enzima NADPH ossidasi.
Per far fronte alla presenza di radicali liberi, che potrebbero comportare dei gravi danni, la cellula deve utilizzare
degli specifici sistemi atti alla loro eliminazione:
• la catalasi che è un enzima che catalizza la reazione di eliminazione del perossido di idrogeno (2 H2O2 → O2 + 2
H2O),
• il glutatione (GSH) che determina l'eliminazione dei radicali liberi sfruttando il gruppo sulfidrile nella sua forma
ridotta (H2O2 + 2 GSH → GSSG (omodimero di glutatione) + 2 H2O, 2 OH• + 2 GSH → GSSG + 2 H2O),
• vari antiossidanti quali l'acido ascorbico e le vitamine A ed E,
• il gruppo delle superossidodismutasi.

La sintesi dell'eme
La sintesi delle porfirine è un processo enzimatico altamente conservato che nell'uomo determina la sintesi del
gruppo eme mentre in altri organismi serve anche a produrre composti strutturalmente simili, come la cobalamina, le
clorine e le batterioclorine. All'interno del mitocondrio avvengono parte delle reazioni che portano alla sintesi
dell'eme che poi viene portato fuori nel citoplasma dove viene coniugato con le catene polipeptidiche.
La prima tappa di questo processo consiste nella condensazione, catalizzata dalla acido d-aminolevulinico sintetasi,
della glicina con il succinilCoA che porta alla formazione di acido d-aminolevulinico che poi esce dal mitocondrio.
Successivamente due molecole di acido d-aminolevulinico si condensano, per azione della acido d-aminolevulinico
deidratasi, a formare il porfobilinogeno. Quattro molecole di profobilinogeno, poi, si condensano per formare un
tetrapirrolo lineare, per opera della porfobilinogeno deaminasi. Il tetrapirrolo ciclizza formando uroporfirinogeno III
che dopo viene trasformato in coproporfirinogeno III, dalla uroporfirinogeno III decarbossilasi, il quale rientra nel
mitocondrio. Successivamente, ad opera della coproporfirinogeno III ossidasi, viene sintetizzata il
protoprofirinogeno IX che, dalla protoporfirinogeno IX ossidasi viene trasformato in protoprofirina IX cui, dalla
ferrochelatasi viene aggiunto Fe2+ per formare il gruppo eme.

La sintesi del colesterolo


La sintesi del colesterolo è un fenomeno che avviene a livello del citoplasma cellulare e che parte con l'acetilCoA il
quale viene prodotto a livello mitocondriale durante il ciclo di Krebs.

La produzione di calore
Alcuni composti come il 2,4-dinitrofenolo od il carbonilcianuro-p-fluorometossifenildrazone sono in grado di creare
un disaccoppiamento tra il gradiente protonico e la sintesi di ATP. Ciò avviene in quanto hanno la capacità di
trasporatare essi stessi i protoni attraverso la membrana mitocondriale interna. Il disaccoppiamento creatosi aumenta
il consumo di ossigeno e la velocità con cui il NADH si ossida. Questi composti hanno permesso di indagare meglio
sulla fosforilazione ossidativa ed hanno anche permesso di capire che il fenomeno del disaccoppiamento ha la
funzione di produrre calore, in diverse condizioni, al fine di mantenere costante la temperatura corporea: in animali
Mitocondrio 69

in letargo, cuccioli appena nati (tra cui anche l'uomo) ed in mammiferi che si sono adattati ai climi freddi.
Il disaccoppiamento avviene in un tessuto specializzato: il tessuto adiposo bruno. Esso è, infatti, ricco di una proteina
disaccoppiante chiamata termogenina, formata da due subunità con massa complessiva di 33 Kd, che ha la capacità
di formare una via in cui i protoni possono transitare per entrare nella matrice mitocondriale e ciò determina
produzione di calore. Questo fenomeno è attivato dalla presenza di acidi grassi che vengono liberati, in risposta a
segnali ormonali, dai trigliceridi cui si trovano attaccati.

Analisi del DNA mitocondriale


Vista la matrilinearità dell'ereditarietà del genoma mitocondriale, i genetisti e gli antropologi hanno utilizzato il
DNA del mitocondrio in studi di genetica delle popolazioni e d'evoluzionistica ma esso viene anche impiegato nel
campo delle scienze forensi specie in casi in cui il materiale biologico sia molto degradato. L'analisi del DNA del
mitocondrio permette di far luce sui gradi di parentela, sulle migrazioni e discendenze delle popolazioni e può venir
usato anche per dirimere casi di determinazione del sesso.
Le principali metodiche utilizzate nello studio del DNA mitocondriale sono:
• il southern blot dopo un taglio effettuato tramite enzimi di restrizione,
• la marcatura terminale, che rispetto al Southern Blot consente di visualizzare frammenti di DNA molto corti che
altrimenti sfuggirebbero,
• la reazione a catena della polimerasi (PCR, Polymerase Chain Reaction), che consente di amplificare anche
pochissime sequenze di DNA.

L'origine del mitocondrio: la teoria endosimbiotica


Come si è visto precedentemente, il mitocondrio presenta alcune caratteristiche tipiche dei batteri: presenza di
molecole di cardiolipina ed assenza di colesterolo nella membrana interna, la presenza di un DNA circolare a doppia
elica e la presenza di ribosomi propri e di una doppia membrana. Come i batteri, i mitocondri non hanno istoni ed i
loro ribosomi sono sensibili ad alcuni antibiotici (come il cloramfenicolo). In più i mitocondri sono organelli
semiautonomi in quanto replicano, per scissione binaria, autonomamente rispetto alla cellula.
Stante queste similitudini, la teoria endosimbiotica afferma che i mitocondri deriverebbero da ancestrali batteri,
dotati di metabolismo ossidativo, che sarebbero stati inglobati dalle cellule eucariote con conseguente mutuo
beneficio. Successivamente i batteri avrebbero trasferito gran parte del loro materiale genetico a quello cellulare,
divenendo così, mitocondri.

Voci correlate
• Alterazione omeostasi del calcio
• Miopatia mitocondriale

Altri progetti
• Wikimedia Commons contiene file multimediali su Mitocondrio

Collegamenti esterni
• (ES) Società Catalana di Neurologia: Il Mitocondrio [3]
Mitocondrio 70

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Note
[1] http:/ / www. pnas. org/ content/ 101/ 20/ 7805. abstract
[2] http:/ / www. jcb. org/ cgi/ pmidlookup?view=long& pmid=15631992
[3] http:/ / www. scn. es/ cursos/ muscular/ genmito/ mitocondria. htm

Nucleo cellulare
Il nucleo cellulare è un organulo presente nella quasi totalità delle cellule eucariote, con forma e sede molto variabili
e un volume proporzionale a quello di una cellula.
La posizione dipende dal contenuto e dalla funzione della cellula, ad esempio in cellule polarizzate con una zona
apicale deputata alla secrezione (cellule mucipare, cellule a secrezione apocrina), o all'assorbimento (enterociti),
hanno il nucleo in posizione basale, cellule molto "piene" come gli adipociti univacuolari (grasso bianco) o i miociti
dei muscoli scheletrici hanno il nucleo in posizione sublemmare (cioè addossato alla → membrana cellulare).
Anche la forma del nucleo cambia notevolmente, generalmente seguendo la geometria della cellula, dunque cellule
cilindriche avranno nuclei oblunghi, mentre cellule cubiche avranno nuclei sferici.
Nucleo cellulare 71

Struttura del nucleo

Nucleo di cellula eucariotica. In questa figura è visibile la doppia Sezione trasversa di un poro nucleare sulla superficie della
membrana punteggiata di → ribosomidella membrana nucleare, il membrana nucleare (1). (2) anello esterno del poro, (3) raggi, (4)
DNA (complessato in cromatina) e il nucleolo. All'interno del nucleo canestro nucleare, (5) fibrille.
è presente un liquido viscoso chiamato nucleoplasma, simile al →
citoplasma che si trova al suo esterno.

Il nucleo è un organulo che si trova all'interno della cellula ed è sede di importanti reazioni. Il suo scopo è quello di
contenere gli acidi nucleici, provvedere alla duplicazione del DNA, alla trascrizione e alla maturazione dell'RNA. Il
nucleo è presente solo negli eucarioti ed è delimitato da una doppia membrana fosfolipoproteica in continuità con il
RER.
Nel nucleo possono essere distinti:
• una doppia membrana, che lo separa dal → citoplasma della cellula
• un materiale filamentoso, la cromatina, costituita da proteine ed acidi nucleici
• i nucleoli, immersi nella sostanza nucleare.

Involucro nucleare
L'involucro nucleare è composto da due doppie membrane fosfolipoproteiche concentriche, ciascuna di spessore di 8
nm circa, che delimitano il lume della cisterna perinucleare di 15-40 nm. Tale cisterna è in continuità con il RER. La
cisterna è interrotta a livello dei pori dove le due membrane si fondono.
La membrana esterna e quella interna, sebbene non contravvengano al principio di membrana unitaria hanno
composizione differente sia in fosfolipidi che in proteine. La membrana interna è rivestita sul lato interno da una fitta
maglia di proteine chiamata làmina nucleare, composta da quattro tipi di lamìna nucleare o fibrosa (A, B1, B2, C)
che identifica il filamento intermedio specifico per il nucleoscheletro, il cui scopo è di fornire un sostegno per il
nucleo e un ancoraggio per la cromatina.
La lamìna viene trasportata qui grazie alla sequenza di indirizzamento nucleare ed, all'inizio della → mitosi, viene
scomposta ad opera dell'enzima protein chinasi Cdc2, come anche alla morte cellulare (apoptosi). La lamina nucleare
separa la cromatina (DNA non spiralizzato) dalla membrana nucleare interna, ed ha un spessore che varia dai 10 ai
20 nm. La struttura a maglia, con cui è disposta, si interrompe in corrispondenza dei pori nucleari ed ha una forma
simile in cellule dello stesso tessuto.
La membrana esterna nucleare può invece presentare ribosomi (come facilmente immaginabile, a causa della
continuità con il reticolo rugoso).
Nucleo cellulare 72

Pori nucleari
La membrana nucleare non è continua, ma presenta dei fori, detti pori nucleari, il cui scopo è quello di permettere il
passaggio delle molecole dal citosol al nucleoplasma.
I pori nucleari sono composti da 8 proteine canale disposte ad ottametro e da centinaia di altre proteine che formano
le diverse subunità, per un totale di 120 MDa di massa. Abbiamo le subunità ad anello, subunità a colonna, subunità
laminare, subunità anulare, fibrille e canestro nucleare.
Le molecole più piccole (fino a 5.000 Da) passano per diffusione, molecole più grandi (fino a 60.000 Da) prive di
segnali di localizzazione nucleare (NLS, vedi sezione Trasporti nucleo-citoplasma) passano con velocità
inversamente proporzionale alla loro massa.
Dalle osservazioni di microscopia elettronica si ritiene che il poro sia formato da due anelli: 1- anello citoplasmatico
(a cui sono legati filamenti citoplasmatici), sulla membrana esterna; 2- anello nucleare sulla membrana nucleare
interna; i due ottameri sono collegati tra loro grazie a una struttura a raggiera, formata da proteine che delimitano il
canale centrale che attraversa l'involucro. All'interno del canale sono state riscontrate altre proteine e trasportatori
responsabili del movimento delle macromolecole attraverso la membrana nucleare.
Le molecole più piccole non passano attraverso il canale centrale, ma attraverso canali più piccoli (9-10 nm) ricavati
tra i "raggi". Mentre quelle più grandi necessitano di un segnale che permetta loro di allargare il canale.

Cromatina
Il nucleo cellulare ha una funzione essenziale nella trasmissione dei caratteri ereditari (meiosi, → mitosi) e nel
controllo del metabolismo cellulare. Il DNA che si trova nel nucleo non è sparso ma ben organizzato in un
superavvolgimento dato dall'associazione del DNA stesso con 5 proteine istoniche: H2A; H2B; H3; H4; H1. Le
prime quattro associate al DNA formano degli ottameri ricchi di DNA superavvolto detti nucleosomi. La proteina
istonica H1 ha il compito specifico di mantenere collegati tra loro i diversi istoni. L'intera struttura è detta cromatina.
La cromatina, si suddivide eucromatina ed eterocromatina (a seconda che si colori o meno), a sua volta suddivisibile
in eterocromatina costitutiva (centromero e telomero) e facoltativa, ovvero quelle regioni di DNA silenziato in
ragione della specificità cellulare dovuta al differenziamento, oppure ad una temporanea inattività di quei particolari
geni.

Nucleolo
Si notano facilmente, nel nucleo → interfasico, corpi circolari
fortemente basofili (solitamente più scuri del resto del nucleo) a
causa dell'abbondanza di RNA, ma affini anche a molti coloranti
acidi (al contrario del resto del nucleo) a causa della presenza di
proteine basiche. È Feulgen negativo perché contiene poco DNA.
La grandezza del nucleolo va da 1 a 3 μm.

Il numero di nucleoli osservabili in un nucleo è compreso tra uno e


sei. Tuttavia la presenza di più nucleoli rappresenta una situazione
transitoria, infatti il nucleo uscente dalla → mitosi (dove il
nucleolo era sparito) forma piccoli nucleoli provvisori, attorno agli
organizzatori nucleolari, che poi si fondono in un unico corpo.
Il nucleolo è la sede di produzione dei ribosomi, sia per quanto
Foto al microscopio elettronico di un nucleo cellulare; riguarda la produzione del rRNA (RNA ribosomiale) sia per
in evidenza il nucleolo, più scuro.
l'assemblaggio delle proteine (basiche) presenti nelle subunità
Nucleo cellulare 73

ribosomiali. Il genoma umano contiene centinai di copie del gene per rRNA raggruppati in 5 coppie di loci su
altrettante coppie di cromosomi. Dunque, queste 10 porzioni di DNA vengono chiamate organizzatori nucleolari.
Nel nucleolo si distinguono tre regioni (dal centro alla periferia):
• Centro fibrillare: sede della maggior parte dell'organizzatore nucleolare
• Componente fibrillare densa: dove risiede parte dell'organizzatore e i trascritti di rRNA
• Componente granulare: sede della maturazione delle sunbunità ribosomiali (granuli da 15 nm)
I nucleoli sono sovente circondati da cromatina addensata che prende il nome di cromatina associata al nucleolo o
cromatina perinucleolare.

Le attività del nucleo

Trasporti nucleo-citoplasma. Il ciclo delle importine


Abbiamo precedentemente accennato a
come le piccole molecole passino
spontaneamente attraverso il poro
nucleare, ma come fanno le molecole
più grandi (sopra i 60 kDa)?
È infatti noto che proteine e molte
delle strutture utilizzate nel nucleo non
vengono sintetizzate in loco ma
vengono create nel citosol e importate
all'interno. Basti pensare alla sintesi
dei ribosomi, in cui le proteine
ribosomali create nel citosol vengono
portate all'interno del nucleo,
complessate con rRNA e riesportate
Macromolecole, come l'RNA e le proteine vengono attivamente trasportate attraverso la
nuovamente. Come è possibile tutto
membrana nucleare
questo se il poro è largo al massimo 9
nm? Il trucco c'è ed è stato visto al
microscopio elettronico. Le molecole più grandi, sia per entrare che per uscire dal nucleo, hanno bisogno di
particolari recettori proteici, detti Recettori di Importazione Nucleare (o Importine), e Recettori di Esportazione
Nucleare (o Esportine), che indicano al poro di allargarsi ulteriormente (fino a 26 nm) per permetterne il passaggio.
Il meccanismo dipende inoltre dalla piccola GTPasi monomerica Ran. Come tutte le proteine G, Ran è attiva quando
legata a GTP, e inattiva quando legata a GDP. GAP (GTPase Activator Protein) è l'enzima che "spegne" Ran,
attivandone l'attività GTPasica; la stimola cioè ad idrolizzare il GTP a GDP+Pi. GEF (Guanilic nucleotide Exchange
Factor), al contrario, stimola Ran a scambiare GDP con GTP (ATTENZIONE! GEF non è una chinasi, cioè non
fosforila GDP, ma lo fa rilasciare e scambiare con un GTP). Poiché Ran-GAP si trova soprattutto nel citosol, mentre
Ran-GEF si trova soprattutto nel nucleoplasma, si viene a creare un gradiente delle due forme conformazionali di
Ran (Ran-GTP e Ran-GDP) tra interno ed esterno del nucleo. Questo gradiente spinge il trasporto nella direzione
appropriata.

1) Le proteine citosoliche di nuova sintesi destinate al nucleo contengono una sequenza segnale (NLS, nuclear
localisation signal), che indica come destinazione il nucleo (solitamente questa sequenza consiste in residui carichi
positivamente di Arg, Lys, Pro);
2) Un'importina (Recettore di Importazione Nucleare) lega la NLS di una proteina, formando un complesso di
importazione;
Nucleo cellulare 74

3) I recettori di importazione si attaccano alle ripetizioni FC (cioè ricche di amminoacidi Fenilalanina e Glicina)
delle fibrille del poro nucleare;
4) L'intero complesso, in un modo non del tutto chiaro, indica al poro di allargarsi e la struttura entra nel nucleo;
5) All'interno del nucleo, una Ran-GTP si lega all'importina, provocando il rilascio del cargo nel nucleoplasma;
6) Il gradiente di concentrazione di Ran-GTP/Ran-GDP che esiste tra l'interno e l'esterno del nucleo spinge il
complesso Importina/Ran-GTP a fuoriuscire nuovamente attraverso il poro nucleare;
7) Nel citosol, Ran-GTP viene attaccata da due proteine: una Proteina che Lega Ran e una Ran-GAP (Proteina che
Attiva la GTPasi dei Ran). La Proteina che Lega Ran sposta Ran-GTP dall'Importina, che può così riprendere il suo
ciclo, mentre Ran-GAP stimola l'attività GTPasica di Ran;
8) Ran idrolizza quindi il suo GTP e rilascia il fosfato Pi, staccandosi infine dalla Proteina che Lega Ran.

Modificazione del nucleo durante il ciclo cellulare


Durante la profase i filamenti di cromatina si ripiegano e si
compattano in lunghi cromosomi che continuano ad
impacchettarsi diventando più corti e spessi (i cromatidi
fratelli si appaiano longitudinalmente formando cromosomi
dicromatidici dalla tipica forma a X). In seguito i
cromosomi si accostano alla membrana nucleare e la parte
centrale di nucleoplasma rimane relativamente vuota.
Scompare il nucleolo, in risposta alla cessazione della
sintesi di rRNA.

La fine della profase è segnata dalla prometafase, quando


l'involucro nucleare si dissolve. Questo disassemblaggio è
dovuto alla depolimerizzazione delle lamìne nucleari, a
Immagine di una cellula di polmone di anfibio urodelo colorata quella dei pori, e alla frammentazione della membrana
con coloranti fluorescenti durante la metafase. Il fuso mitotico, fofolipidica in vescicole.
visualizzato in verde, ha attaccati due set di cromosomi (in blu).
• Le vescicole di membrana vengono riassorbite e fuse nel
Tutti i cromosomi tranne uno sono già allineati lungo la
cosiddetta piastra metafasica. reticolo endoplasmatico circostante (tant'é che non si
distinguono più visivamente, se non con metodi
immunoistochimici) anch'esso in via di frammentazione;
• I filamenti di lamìna nucleare vengono fosforilati dalla proteina chinasi CDK1 (Ciclin Dependent Kinasi), la
fosforilazione porta alla dissociazione dei filamenti in dimeri di lamina; le lamine A e C si dissociano dalla
membrana e vengono liberate come dimeri nel citosol, mentre le lamine B restano associate alle vescicole;
• Anche varie proteine del poro vengono fosforilate inducendone il disassemblaggio in subunità.
Il nucleo verrà ricostituito in telofase, quando la cromatina comincerà a despiralizzarsi e numerose vescicole di
reticolo endoplasmatico verranno a fondersi per ricostituire l'involucro nucleare; ricompariranno quindi i nucleoli
attorno agli organizzatori nucleolari. Successivamente si riformeranno anche i pori.
Nucleo cellulare 75

Nuclei multipli, nuclei assenti

Cellule con più nuclei


Normalmente le cellule eucariote sono mononucleate. Nei Ciliati sono presenti più nuclei ma uno solo (il
micronucleo) garantisce l'ininterrotta continuità del genoma, mentre i macronuclei sono delle "copie di lavoro" il cui
genoma non si replica con accuratezza.
I sincizi sono cellule polinucleate derivanti dalla fusione di cellule normali: un tipico esempio sono le fibre muscolari
scheletriche degli animali. Altri sincizi che si possono citare nell'organismo umano sono: il sinciziotrofoblasto
(necessario all'impianto della blastocisti nella decidua uterina), gli osteoclasti, le cellule giganti da corpo estraneo
(non sono altro che numerosi macrofagi fusi, in grado di fagocitare corpi molto grandi estranei o di tessuti necrotici)
I plasmodi sono cellule in cui le divisioni nucleari non sono state seguite dalla divisione cellulare. Nelle ife
filamentose dei Funghi in genere la separazione tra le cellule è assente o incompleta. Nell'uomo si hanno plasmodi in
alcuni epatociti e in alcune cellule degli epiteli di transizione (vescica), nonché durante la maturazione degli
spermatozoi.

Cellule senza nucleo


Vi sono cellule che non hanno nucleo, come nel caso dei globuli rossi dei
mammiferi che perdono il nucleo in seguito al loro differenziamento, infatti
il loro unico scopo è quello di trasportare i gas coinvolti nella respirazione.
Si discute, comunque, se sia giusto chiamare l'eritrocita cellula o piuttosto
derivato cellulare.
I globuli rossi degli uccelli, degli anfibi, dei rettili e dei pesci sono invece
provvisti del nucleo.
Tra le altre cellule prive di nucleo si annoverano anche le piastrine e le
squame cornee della pelle.

Gli eritrociti umani, come quelli degli altri


mammiferi, sono sprovvisti di nucleo.
Questo rientra nel normale sviluppo della
cellula.

Cellula

Organuli e strutture cellulari

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Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
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Metabolismo delle macromolecole

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Nucleo cellulare 76

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Reticolo endoplasmatico
Il reticolo endoplasmatico (RE) è un
complesso organulo, con una struttura
cellulare costituita da regioni
citoplasmatiche delimitate da
membrane che possono avere la forma
di cisterne o tubuli. Lo spazio interno
che si identifica tra le pieghe del
reticolo è detto lume, e vede la
presenza di una serie di enzimi che
catalizzano diverse reazioni chimiche.

Il termine reticolo endoplasmatico


nasce dal fatto che i primi studiosi, tra i
metodi di colorazione delle cellule per
la loro osservazione al microscopio
ottico, usavano l'impregnazione
Schema del nucleo cellulare e del reticolo endoplasmatico annesso.
argentica, metodica secondo cui la
precipitazione dell'argento metteva in
evidenza una trama per l'appunto reticolare sita in posizione perinucleare (endoplasmatica).
Vi sono due tipologie di RE differenti per morfologia e funzione, ed il cui prevalere dell'uno sull'altro dipende dalla
tipologia cellulare di cui fa parte: il reticolo endoplasmatico rugoso (RER) e quello liscio (REL).

Reticolo endoplasmatico rugoso


Il reticolo endoplasmatico rugoso (o ruvido, o granulare) è un organello della cellula eucariote sia vegetale che
animale; è costituito da una serie di membrane piegate una sull'altra a formare cisterne, mentre il termine rugoso (o
ruvido) si riferisce al fatto che il versante citoplasmatico delle sue membrane è ricco di ribosomi. Compito del
ribosoma è quello di sintetizzare le proteine tramite il processo della "sintesi proteica". Una volta formata la proteina,
questa viene impacchettata in una membrana (gemmazione della vescicola di transizione) che, trovatasi nel
citoplasma può fuoriuscire dalla cellula (esocitosi), o sostare nel citoplasma, o andare nell'apparato di Golgi dove
verrà modificata. Tutti i movimenti delle vescicole possono essere compiuti tramite il coordinamento del →
citoscheletro. Il RER è erroneamente denominato in italiano "rugoso". Il termine deriva infatti da una errata
traduzione del vocabolo inglese "rough". Infatti, se il reticolo endoplasmatico fosse realmente "rugoso",
presenterebbe dei ripiegamenti su se stesso.

Reticolo endoplasmatico liscio


Il REL è costituito da un sistema di sacche tubolari. È il maggior responsabile della sintesi dei lipidi, degli steroidi e
del metabolismo del glicogeno. Ha come compito quello di detossificare sostanze altrimenti dannose per
l'organismo, come ad esempio l'etanolo contenuto nelle bevande alcoliche. Per questo motivo ritroveremo una
rigogliosa presenza di Rel in cellule epatiche. Si è osservato infatti che, somministrando sostanze tossiche
all'organismo, l'estensione del Rel nelle cellule epatiche aumenta notevolmente. Il Rel inoltre è sede primaria del
metabolismo di fosfolipidi, acidi grassi e steroidi, serve a sintetizzare i lipidi utili per costruire e riparare tutte le
Reticolo endoplasmatico 77

membrane della cellula.


Il REL ha anche la funzione di immagazzinare ioni calcio. Nel tessuto muscolare, questi ioni sono necessari per la
contrazione; quando un impulso nervoso stimola una cellula muscolare, gli ioni calcio passano dal reticolo liscio nel
fluido citoplasmatico, dove innescano la contrazione della cellula. Funzione altrettanto importante svolta dal Rel è
quella del metabolismo del glicogeno. Gli enzimi necessari per la glicogenosintesi sono di tipo solubile e si trovano
nello ialoplasma o, in alternativa, legati alle stesse particelle di glicogeno. La glicogenolisi invece è mediata da
enzimi fosforilasici che inducono la liberazione di molecole di glucoso-1-fosfato, poi trasformato in
glucoso-6-fosfato dall'enzima fosfoglucomutasi, e successivamente per lo più liberato (tramite il trasportatore
insulino-indipendente GLUT2) nella circolazione sanguigna come glucoso, a seguito dell'azione dell'enzima
glucoso-6-fosfatasi (solo le cellule epatiche però hanno l'enzima glucoso-6-fosfatasi: anche il muscolo striato
possiede riserve di glicogeno, ma anziché liberarlo in circolo, lo indirizza alla glicolisi come glucoso-6-fosfato). I
processi di glicogenolisi e glicogenosintesi aumentano in risposta a particolari stimoli ormonali rilasciati dal
pancreas (il glucagone attiva la glicogenolisi ed inibisce la glicogenosintesi, mentre l'insulina ha effetto opposto).

Cellula

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Metabolismo delle macromolecole

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Apparato del Golgi 78

Apparato del Golgi


L'apparato del Golgi (spesso detto
semplicemente Golgi) è un organulo di
natura lipidica scoperto nel 1898 dal medico
e microscopista italiano Camillo Golgi, che
lo identificò come una delicata struttura
localizzata nella cellula in posizione
paranucleare. Golgi diede all'organulo il
nome di apparato reticolare interno.

La struttura si evidenzia trattando le cellule


con sali d'argento. Viene detta zona di
Golgi la zona di → citoplasma nella quale
risiede l'apparato.

Struttura Microfotografia al microscopio elettronico dell'apparato del Golgi

L'Apparato del Golgi venne evidenziato


verso la fine dell'800, precisamente nel 1898, da Camillo Golgi, attraverso un'impregnazione cromoargentica
effettuata su cellule nervose del gatto. Notò così che una zona del reticolo endoplasmatico interno presentava una
maggiore addensazione del metallo e la descrisse come apparato reticolare interno. Con il miglioramento delle
tecniche di osservazione venne poi osservato più dettagliatamente e chiamato Apparato del Golgi.
Esso è formato da sacche membranose impilate le une sulle altre, che modificano proteine e lipidi, sintetizzano
carboidrati e "impacchettano" le molecole che devono essere trasportate all'esterno della cellula. Anche se può
variare leggermente a seconda delle cellule studiate, in linea di massima la sua struttura è pressoché uniforme: è
formato da dittiosomi, strutture formate a loro volta da sacculi appiattiti e da piccole formazioni cave, le vescicole
golgiane. I sacculi sono impilati strettamente gli uni agli altri e possono trovarsi singolarmente nel citoplasma o
associati nei cosiddetti corpi golgiani. I sacculi presenti in prossimità del nucleo sono detti inferiori o prossimali e
costituiscono la regione cis del dittiosoma. I sacculi che invece sono presenti in prossimità della superficie cellulare
sono detti superiori o distali e costituiscono la regione trans dello stesso dittiosoma.

Funzioni
L'apparato del Golgi ha la funzione di rielaborare, selezionare ed esportare i prodotti cellulari. Questo organulo può
interagire con altri (come il reticolo endoplasmatico rugoso) per indirizzare ed etichettare certe vescicole contenenti
prodotti cellulari verso la loro destinazione, che può essere quello di confluire in altri organi o ingranare nella
membrana plasmatica e farne uscire il contenuto.
Possiamo fare un esempio con una proteina che deve raggiungere un → lisosoma. Inizialmente questa proteina viene
fornita di una specifica sequenza segnale che la indirizza nel reticolo endoplasmatico rugoso. Qui, le viene rimossa la
sequenza segnale, sostituita con un oligosaccaride (cioè l'indirizzo in etichetta), e la proteina ora si chiama
glicoproteina. Gli enzimi del Golgi modificano l'oligosaccaride aggiungendogli un gruppo fosfato, processo
chiamato fosforilazione. La proteina fosforilata si lega ad un recettore specifico; dopo viene racchiusa all'interno di
una vescicola mediante l'estroflessione della membrana plasmatica; in questo modo la proteina resta divisa dal →
citoplasma quindi può raggiungere il lisosoma.
Meccanismi simili regolano ed indirizzano proteine diverse verso altri componenti cellulari. L'apparato del Golgi è
responsabile dell'esportazione di queste proteine, ed è anche coinvolto nell'immagazzinamento di altre, fino a che
Apparato del Golgi 79

queste non devono essere utilizzate o espulse dalla cellula.


I prodotti di questo apparato vengono secreti come piccole vescicole che migrano verso la → membrana cellulare e
con quest'ultima si fondono per rinnovarne i componenti.

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Lisosoma
Il lisosoma (dal greco lysis,
dissoluzione, e soma, corpo) è una
vescicola (organello) presente in
numerose copie in cellule eucariotiche
e rappresenta il sistema digerente della
cellula in quanto è responsabile della
degradazione e della digestione
(distruzione) di molecole estranee e
macromolecole ingerite dalla cellula
via endocitosi così come di
macromolecole endogene. I lisosomi si
occupano del turnover degli altri
organelli della cellula stessa. Schema di una tipica cellula animale con tutti i suoi componenti subcellulari. (1)
Attraverso questo stesso processo i nucleolo, (2) nucleo, (3) → ribosoma, (4) vescicola, (5) reticolo endoplasmatico rugoso,
globuli bianchi sono in grado di (6) → apparato del Golgi, (7) → citoscheletro, (8) reticolo endoplasmatico liscio, (9) →
mitocondri, (10) vescicola, (11) → citoplasma, (12) lisosoma, (13) → centrioli.
"disfarsi" di microrganismi patogeni o
cellule morte precedentemente
fagocitate.

I lisosomi furono scoperti dal citologo belga Christian de Duve nel 1949.

Meccanismo
La degradazione avviene per mezzo di enzimi idrolitici contenuti nell'organello in grado di degradare proteine, lipidi
e carboidrati nei loro costituenti elementari per poi, quando possibile, venire riutilizzati in altro modo o essere
Lisosoma 80

espulsi.
Questi enzimi si attivano a pH bassi (4,8), e questo è importante poiché riduce il pericolo della distruzione della
cellula ospitante qualora vi sia la liberazione accidentale di tali enzimi nel citoplasma (che ha pH 7). Per ulteriore
protezione, la membrana del lisosoma contiene, oltre a proteine di trasporto per portare nel citosol i prodotti della
digestione, grandi quantità di glucidi legati a lipidi o a proteine della faccia non citosolica. Inoltre sembra che il
lisosoma sia protetto dall'azione enzimatica del suo contenuto grazie alla particolare struttura tridimensionale delle
proteine della sua membrana interna che riescono a proteggere i siti vulnerabili agli attacchi enzimatici.
Il basso pH viene creato e mantenuto grazie a pompe protoniche che pompano ioni H + dal citoplasma nonché da →
canali ionici.
Poiché gli enzimi contenuti nel lisosoma sono potenzialmente pericolosi, essi non possono essere rilasciati nel
citoplasma ma debbono sempre essere confinati all'interno di strutture membranose in grado di contenerli. Il
meccanismo con cui tali enzimi entrano in contatto con le sostanze da degradare viene definito autofagìa o
fagocitosi a seconda dell'origine di tali sostanze.
• Per autofagia si intende la degradazione di componenti della cellula stessa, siano essi macromolecole o organelli.
In questo caso questi vengono circondati da vescicole derivanti dalla membrana del → reticolo endoplasmatico,
portando alla formazione del cosiddetto autofagosoma. Successivamente questo si fonde col lisosoma che è
quindi libero di riversarvi il proprio contenuto, formano autofagolisosoma.
• Nella fagocitosi, grosse particelle (come un batterio o un virus) vengono inglobate (fagocitate) dalla cellula.
Anche in questo caso la vescicola formatasi, questa volta derivante dalla → membrana cellulare (fagosoma), si
fonde col lisosoma formando un cosiddetto fagolisosoma dove il suo contenuto viene digerito.

Formazione
Il lisosoma si forma per gemmazione dall'→ apparato del Golgi che provvede anche al processamento degli enzimi
litici prodotti dal reticolo endoplasmatico. Questi enzimi vengono diretti nei lisosomi tramite fosforilazione a livello
del versante cis del Golgi ad opera di una fosfotransferasi che forma un residuo di mannosio-6-fosfato. Gli enzimi
marcati con questo motivo vengono diretti specificamente verso i pre-lisosomi (così definiti in quanto il pH non è
sufficientemente acido) tramite vescicole endosomali dotate di pH più basso. Quindi, man mano che nuove vescicole
apportanti nuovi enzimi si fondono al pre-lisosoma, il suo pH si abbassa attivando infine gli enzimi litici e
trasformandosi in vero e proprio lisosoma.
I lisosomi osservati al microscopio elettronico si presentano sotto 3 aspetti strutturali, Lisosomi primari, secondari e
terziari.
- Lisosomi Primari: si presentano sotto forma di piccole vescicole sferiche che hanno al loro interno un alto
contenuto di acido idrolitico. Gli enzimi lisosomali sono sintetizzati nei libosomi attaccati al reticolo
endoplasmatico, si accumulano nel lume dello stesso (RE) da dove poi passano nel complesso di golgi da dove si
libera sotto forma di piccole vescicole avvolte da Clatrina, dalla faccia trans.
- Lisosomi Secondari (endolisosomi): si formano tramite la fusione dei lisosomi primari con endosomi, ovvero con
vacuoli che contengono materiale extracellulare penetrato nella cellula tramite endocitosi. Per questo codesti
lisosomi vengono chiamati endolisosomi. Gli endolisosomi possono funzionare con altri lisosomi, formando, un
fagolisosoma. Gli organismi cellulari alterati vengono avvolti ed isolati con una membrana dopo di ciò la rispettiva
forma si fonde con un lisosoma secondario ottenendo un autofagolisosoma ovvero una formazione nella quale si
autolesiona il materiale intracellulare proprio della cellula.I prodotti ottenuti dalla digestione che ha luogo a livello
degli endosomi, raggiungono il citoplasma e sono riutilizzati dalla cellula. Vengono praticamente riciclati.
- Lisosomi Terziari (corpi residui): i corpi residui che resistono al processo di digestione intracellulare sotto forma di
resti non digeribili costituiscono i lisosomi terziari. Alcuni vengono eliminati dalla cellula mentre altri vengono
depositati all'interno della stessa.
Lisosoma 81

Rilevanza clinica
Diverse patologie, molto spesso ereditarie, quali la malattia di Tay-Sachs o il morbo di Pompe sono state associate a
malfunzionamenti dei lisosomi, dei loro enzimi o dei processi portanti alla loro formazione. Queste malattie sono
dovute alla mancanza di particolari proteine litiche, che porta all'accumulo dei loro substrati all'interno della cellula,
con conseguenti problemi nel metabolismo cellulare.
Ad oggi si conoscono più di 40 diverse malattie genetiche causate dalla deficienza di questi enzimi. Queste malattie,
generalmente note col nome di Lysosomal Storage Diseases (letteralmente malattie di immagazzinamento
lisosomale) si possono classificare in gruppi a seconda del tipo di enzima che viene a mancare (e quindi del tipo di
prodotto che si accumula):
• mucopolisaccaridosi (MPS) di tipo I-VII, provocate da difetti nella degradazione dei mucopolisaccaridi (o
glicosaminoglicani)
• sfingolipidosi (o glicolipidosi), in cui è presente un difetto di degradazione delle sfingomieline, dei cerebrosidi e
dei gangliosidi, importanti componenti delle cellule nervose: tra esse si annota la gangliosidosi GM2 (malattia di
Tay-Sachs)
• oligosaccaridosi, in cui è presente un difetto nella degradazione degli oligosaccaridi e delle glicoproteine
• malattie dovute al trasporto lisosomiale alterato, in cui alcune sostanze non vengono trasportate correttamente nei
lisosomi per essere degradate
• malattie dovute al mancato trasporto degli enzimi lisosomiali, in cui alcuni enzimi non vengono trasportati
correttamente nei lisosomi e quindi non riescono ad assolvere la loro funzione
• altri tipi di malattie lisosomiali, tra cui il morbo di Pompe.

Bibliografia
• Neil Campbell and Jane Reece (2002). Biology 6th ed. Benjamin Cummings. San Francisco. ISBN 0-8053-6624-5
• Lubert Stryer (1996). Biochimica, 4° ed Zanichelli. ISBN 88-08-09806-0

Voci correlate
• Proteasoma
• → Apparato del Golgi

Collegamenti esterni
• (EN) filmato Flash sul lisosoma [1]
• (EN) Strutture in 3D delle proteine associate alla membrana lisosomale [2]
• (EN) Science Primer [3]
• malattie lisosomali-Telethon [4]
• mucopolisaccaridosi.it [5]
Lisosoma 82

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Note
[1] http:/ / www. maxanim. com/ physiology/ Lysosome/ Lysosome. htm
[2] http:/ / opm. phar. umich. edu/ localization. php?localization=Lysosome%20membrane
[3] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ About/ Primer
[4] http:/ / www. telethon. it/ informagene/ dettaglio_malattia. asp?id=26
[5] http:/ / www. mucopolisaccaridosi. it

Perossisoma
Il perossisoma è un organello cellulare vescicolare di circa 0,5-1 μm di diametro, ubiquitario negli eucarioti,
separato dal → citoplasma da una membrana che contiene almeno 50 enzimi ossidativi. In una cellula epatica vi
possono essere fino a 600 perossisomi all'interno dei quali è a volte rintracciabile un nucleo denso che contiene vari
enzimi come l'urato ossidasi, la catalasi, il D-amminoacido ossidasi. I perossisomi furono identificati per la prima
volta come organelli cellulari dal biochimico belga Christian de Duve nel 1967 dopo che erano stati descritti nel
1954 dallo svedese Johannes Rhodin. I perossisomi esercitano molte azioni che vanno dall'ossidazione degli acidi
grassi a lunga catena (detta beta-ossidazione), alla sintesi del colesterolo e degli acidi biliari nelle cellule epatiche,
alla produzione di plasmalogeni. Intervengono altresì nel metabolismo degli amminoacidi e delle purine e prendono
parte al processo di smaltimento dei composti metabolici tossici.
I perossisomi elaborano al loro interno il perossido di idrogeno (H2O2), (da cui presero il nome) a seguito dei
processi di ossidazione, catalizzati da vari enzimi (urato ossidasi, glicolato ossidasi, amminoacido ossidasi) che per
svolgersi necessitano di ossigeno molecolare (O2). Il perossido di idrogeno è altamente reattivo ed ha azione
ossidante per cui viene subito eliminato dall'enzima catalasi (uno dei più rappresentati) che catalizza la seguente
reazione:
2 H2O2 → O2 + 2 H2O
Dal catabolismo degli acidi grassi a lunga catena si formano perossido di idrogeno e acetil coenzima A (acetil CoA).
L'acetil CoA viene utilizzato dalla cellula per il proprio metabolismo. Il perossido di idrogeno ha potere lesivo nei
confronti di microrganismi ed interviene in alcuni processi di detossificazione.
Perossisoma 83

La formazione del perossisoma


Il perossisoma contiene una membrana che separa il citoplasma cellulare dalla matrice, la parte interna
dell'organello. La membrana non ha solo funzione di barriera ma contiene molte proteine, così come la matrice,
necessarie per il fuzionamento complessivo del perossisoma.
L'assemblaggio del perossisoma sembra avvenire in tre fasi:
• all'inizio viene formata la membrana (pare che vi siano coinvolte almeno tre proteine PEX3, PEX16, PEX19.),
• successivamente vengono inserite le proteine transmembrana,
• infine vengono inserite le proteine della matrice.
Tutte le proteine del perossisoma vengono precedentemente sintetizzate nel citoplasma e successivamente vengono
condotte alla loro destinazione finale. Al momento si conoscono due sequenze segnale (PTS1 e PTS2 da peroxisomal
targeting signal) che vengono utilizzate per indirizzare le proteine al perossisoma. Tali sequenze sono riconosciute
da recettori specifici, PEX5 per PTS1 e PEX7 per PTS2, che trasportano la proteina interessata al perossisoma dove
altre proteine vengono utilizzate per effettuare il trasporto transmembrana fino alla matrice.

Collegamenti esterni
http://www.peroxisome.org/

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GIUNZIONI INTERCELLULARI

Giunzione cellulare
Una giunzione cellulare altro non è se non una specializzazione del lembo di membrana che rende possibile e
controlla i processi di adesione tra cellule. Tali processi sono anche resi possibili dalla struttura di rivestimento
esterno adesa al versante extracellulare del plasmalemma detta glicocalice. Nei vertebrati, a livello funzionale si
distinguono tre tipi di giunzioni cellulari:
• Giunzioni occludenti (tight junctions o zonulae occludentes)
• Giunzioni comunicanti (gap junctions)
• Giunzioni aderenti o di ancoraggio (anchoring junctions o zonulae adherentes, nel caso particolare dei
desmosomi è maculae adherentes)

Giunzioni cellulari principali

(piccolo errore nell'immagine a proposito dei desmosomi. I prolungamenti sono filamenti intermedi e non di actina)
Negli inverterbrati, esistono molti altri tipi di giunzioni cellulari.
A seconda, invece, dell'estensione sulla membrana si distinguono tra:
• A fascia o 'zonulae': una zonula è una giunzione perimetrale che coinvolge una banda che circonda la cellula e
consente l'adesione completa di tutta la superficie in cui è presente
• Circoscritte o 'maculae': le maculae sono dei dispositivi funzionali di forma rotonda o ovale che occupano una
porzione circoscritta della superficie del plasmalemma.

Giunzioni occludenti
Le giunzioni occludenti (giunzioni strette o tight; o Zonulae occludentes) impediscono il passaggio dei fluidi tra le
cellule. Si tratta di zonulae e sono particolarmente presenti nella pelle e negli epiteli intestinali. Nelle giunzioni
occludenti gli spazi interstiziali sono annullati in corrispondenza dei punti nodali: punti in cui i lembi di membrana
che si affrontano sono saldamente coesi. La totalità delle membrane adiacenti è percorsa da ripetute serie di tali
punti, sicché i lembi di membrana appaiono anastomizzati tra loro. Due sono le principali proteine integrali di
membrana coinvolte: Claudina e Occludina, che sporgono sulla faccia esterna delle membrane e sono tra loro unite
da legami non covalenti. Queste due proteine formano una cintura intorno alla cellula che nemmeno le proteine di
membrana possono attraversare, dividendola quindi in due o più domini. Sono formate da linee di fusione
anastomizzate tra di loro ed estese a tutto il perimetro delle cellule epiteliali adiacenti. Al microscopio elettronico
quindi la zonula occludens appare come una struttura a tre binari elettrondensi: i due più esterni sono rappresentati
dagli strati fosfolipidici più interni delle due cellule coinvolte nella giunzione, quello più interno è dato dalla fusione
dei due strati fosfolipidici esterni delle due cellule. Di conseguenza la membrana cellulare nel suo insieme, a livello
della giunzione occludente, assume un aspetto pentalaminare in quanto le tre bande elettrondense sono intercalate a
Giunzione cellulare 85

bande elettrontrasparenti.
Le Giunzioni occludenti svolgono una funzione sigillante, uniscono le due cellule adiacenti senza lasciare interstizi,
in modo che le molecole idrosolubili non filtrino facilmente tra una cellula e l'altra. Sono localizzate generalmente
all’apice di cellule polarizzate come quelle dell’epitelio intestinale e impediscono alle molecole presenti, ad esempio,
nel lume dell’intestino di valicare la lamina cellulare; se una molecola deve passare dal lume intestinale all’interno
dell’organismo o passare da cellula a cellula deve sottostare necessariamente all’azione di vaglio dei dispositivi della
cellula.

Giunzioni comunicanti
Le giunzioni comunicanti (o serrate o nexus o gap) consentono il passaggio di determinate sostanze (ioni o molecole
di basso peso molecolare) tra le cellule, avendo dei canali, i connessori, che si aprono in risposta a determinati
segnali chimici (modificazioni piaccametriche o della concentrazione di ioni calcio) che hanno il ruolo di
interfacciare le cellule. Questi canali istituiscono dei ponti citoplasmatici (pori acquosi) tra cellule adiacenti con un
lume di circa 2nm. Le giunzioni comunicanti sono formate da complessi proteici detti Connessoni, composti da sei
monomeri di proteine integrali transmembranali(le connessine), di lunghezza circa 7-7,5nm. Tali istoni sporgono dal
lato non citosolico per 1,5nm, e sono contigui con quelli della membrana vicina, che pertanto deve avvicinarsi fino
ad una distanza di 3 nm. Questo crea una zona in cui le membrane si avvicinano, che è visibile al microscopio
elettronico.

Giunzioni aderenti
Le giunzioni aderenti (ancoranti, di ancoraggio, o zonulae adherentes) forniscono un supporto strutturale ai tessuti,
come ad esempio i muscoli e le cellule dell'epidermide, andando a costituire nel tessuto un dispositivo tramite cui le
forze applicate si scompongono secondo tante direttrici. Inoltre i microfilamenti che si legano alla placca di adesione
trovano proprio nella zonula adhaerens un punto di forza per poter esercitare un movimento all’interno della cellula.
Questo tipo di giunzione è reso possibile grazie a proteine di adesione, le caderine E: proteine integrali che
presentano un dominio all'esterno della cellula che, tramite ioni calcio, aderisce al dominio omologo di un'altra
caderina nella cellula adiacente; mentre con la loro porzione citoplasmatica si legano indirettamente ai
microfilamenti actinici (che decorrono parallelamente e al di sotto della membrana plasmatica) tramite proteine
ponte come la vincolina, la tolina o l'α-actinina formando la Placca di adesione. Nelle giunzioni aderenti i due lembi
di membrana che si affrontano corrono parallelamente tra loro e lo spazio interstiziale ha uno spessore di 15-25 nm.

Desmosomi
I desmosomi, o maculae adhaerentes, sono le giunzioni cellulari più conosciute perché al microscopio elettronico
hanno una configurazione caratteristica. Immediatamente sotto la membrana plasmatica appare una zona
marcatamente elettrondensa: essa è costituita da un addensamento di materiale proteico citoplasmatico che viene
definito placca di adesione (formata dalle desmoplachine) cui convergono i filamenti intermedi del citoscheletro
(principalmente filamenti di vimentina o cheratina negli epiteli, questi ultimi detti anche tonofilamenti), che si legano
lateralmente alla placca di adesione per poi ricurvare con un andamento che può essere paragonato a quello di un
arco a tutto sesto. Nello spazio interstiziale, dello spessore di 20 nm, compare una linea mediana elettrondensa
determinata da proteine calcio-dipendenti (Caderine) quali desmocollina e desmogleina che si legano alla placca di
adesione e alle loro omologhe in modo analogo rispetto a quanto descritto sopra per le giunzioni aderenti. Come le
giunzioni aderenti, i desmosomi assolvono prevalentmente a funzioni meccaniche: grazie al decorso dei filamenti
intermedi, le forze conseguenti a insulti meccanici vengono ben scaricate nel tessuto.
Giunzione cellulare 86

Emidesmosomi
Gli emidesmosomi, che visti al microscopio elettronico appaiono morfologicamente simili a mezzo desmosoma,
sono in realtà molecolarmente, e funzionalmente, alquanto diversi da essi. Negli emidesmosomi, come nei
desmosomi, le desmoplachine si legano principalmente ai filamenti intermedi, ma le proteine di membrana coinvolte
non sono caderine, bensì integrine che, mediante altre molecole-adattatore, si legano con le fibre della lamina basale
ancorando e incollando il tessuto epiteliale alla lamina basale.

Bibliografia
• Bruce Alberts, Dennis Bray, Karen Hopkin, Alexander Johnson, Julian Lewis, Martin Raff, Keith Roberts, Peter
Walter: "Biologia Molecolare della Cellula" (ed. Zanichelli)
• Don W. Fawcett: "Trattato di Istologia" (ed. McGraw-Hill)

Collegamenti esterni
• NIH [1]

Note
[1] http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ books/ bv. fcgi?rid=mboc4. section. 3469

Desmosoma
Un desmosoma è una giunzione di natura
proteica tra cellule epiteliali adiacenti che
salda i rispettivi citoscheletri (in particolare i
filamenti intermedi) donando al tessuto di
cui le cellule fanno parte resistenza alla
trazione ed altri traumi fisici. Il desmosoma
si lega ai filamenti intermedi, fatti di
cheratina, tramite una placca citoplasmatica
composta da due proteine chiamate
desmoplachina e placoglobina, che legano
anche le proteine integrali di membrana
desmocollina e desmogleina, alle quali
spetta il compito di legarsi a proteine
analoghe su di un desmosoma della cellula
adiacente.

Voci correlate
• E caderine

Diagramma di un desmosoma
87

CICLO CELLULARE

Ciclo cellulare
Il ciclo cellulare, o ciclo di divisione cellulare (CDC), è la serie di
eventi che avvengono in una cellula eucariote tra una divisione
cellulare e quella successiva. La durata del ciclo cellulare varia col
variare della specie, del tipo di cellula e delle condizioni di crescita.

Cenni generali
Il ciclo cellulare è un processo geneticamente controllato, costituito da
una serie di eventi coordinati e dipendenti tra loro, dai quali dipende la
corretta proliferazione delle cellule eucariotiche. Gli eventi molecolari
che controllano il ciclo cellulare sono ordinati e direzionali: ogni
processo è la diretta conseguenza dell'evento precedente ed è la causa Schema del ciclo cellulare. I = → Interfase, M=→
di quello successivo. Mitosi. La durata delle varie fasi non è in
proporzione
Molti geni coinvolti nella progressione del ciclo cellulare sono stati
individuati agli inizi degli anni settanta grazie ad uno studio condotto
da Lee Hartwell e collaboratori sul lievito Saccharomyces cerevisiae, un microrganismo eucariotico unicellulare che
si presta molto bene alle analisi genetiche; grazie a questo lavoro furono isolati e caratterizzati mutanti che
presentavano alterazioni nelle diverse fasi del ciclo cellulare (Hartwell, 1974).
Nelle cellule eucariotiche la progressione attraverso le varie fasi del ciclo cellulare risulta essere finemente regolata
dalle chinasi ciclina-dipendenti o CDK (Cyclin-dependent Kinases) una famiglia di protein chinasi la cui attività
dipende dalla loro associazione con delle subunità proteiche regolative dette cicline; queste ultime sono proteine
instabili, sintetizzate e degradate periodicamente, che si accumulano in fasi del ciclo specifiche e che non solo
attivano le CDK, ma ne determinano anche la specificità di substrato.
Leland H. Hartwell, R. Timothy Hunt e Paul M. Nurse hanno vinto il Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina
nel 2001 per la loro scoperta del ruolo centrale di queste molecole nel ciclo cellulare. Le scoperte sono state ottenute
studiando il ciclo cellulare rispettivamente nel lievito gemmante Saccharomyces cerevisiae, nelle uova del riccio di
mare Sphaerechinus granularis ed nel lievito a fissione Schizosaccharomyces pombe
Negli eucarioti multicellulari la necessità di rispondere a una maggiore quantità di stimoli esterni ed interni ha
permesso l’evoluzione di molteplici e diverse CDK: i vari complessi CDK - ciclina che si formano durante il ciclo
cellulare di tali organismi cambiano sia per quanto riguarda la subunità regolatoria (ciclina) sia per quanto riguarda
la subunità catalitica (CDK). In ogni periodo del ciclo cellulare è presente quindi un solo tipo di complesso CDK -
ciclina cataliticamente attivo e, a seconda del complesso formatosi, vengono fosforilate molecole bersaglio differenti
.
Oltre all’azione regolatoria della ciclina, il complesso CDK - ciclina è anche soggetto all’azione di inibitori in grado
di legarsi a tale complesso e di renderne inattiva la subunità catalitica: questa classe di proteine prende il nome di
CKI (CDK Inhibitors). Inoltre, determinati siti della subunità catalitica delle CDK risultano essere bersaglio di molte
chinasi e fosfatasi che, determinando lo stato di fosforilazione del complesso, ne modulano più finemente la sua
attività.
Ciclo cellulare 88

Fasi del ciclo cellulare


Il ciclo cellulare è un evento molto importante, per questo motivo è regolato in tutte le sue dimensioni. Affinché
l’informazione genetica venga correttamente trasmessa dalla cellula madre alle cellule figlie, il genoma deve essere
prima duplicato durante il periodo di tempo denominato fase S e in seguito i cromosomi devono venire segregati
nelle due cellule figlie durante la fase M. La fase M è a sua volta composta da due processi, strettamente collegati: la
→ mitosi, durante la quale i cromosomi della cellula sono divisi tra le due cellule figlie e la citodieresi, che comporta
la divisione fisica del → citoplasma della cellula. Esiste una fase chiamata G0 (g zero) in cui la cellula ferma il suo
ciclo cellulare. Le cellule nervose e quelle muscolari (striate scheletriche) rimangono in questo stadio per tutta la vita
dell'organismo.

I punti di controllo
Il ciclo cellulare è un processo estremamente importante; errori in questo processo potrebbero compromettere la
vitalità cellulare. Per tale motivo, nel ciclo cellulare, sono presenti dei punti di controllo o checkpoints, localizzati a
livello delle transizioni G1/S e G2/M. Infatti, tra le fasi S ed M ci sono normalmente due periodi di tempo detti
"gap": G1 fra la fine della mitosi e l’inizio della fase S e G2 fra il termine della fase S e l’inizio della fase M. In
questi periodi di tempo si ha la maggior parte della sintesi proteica con conseguente aumento della massa cellulare e
la realizzazione dei controlli che impediscono l’inizio della fase successiva se non è stata completata quella
precedente. Le fasi G1 e G2 sono quelle che possono subire la maggior variabilità di durata e in alcuni casi
particolari possono anche essere eliminate, contrariamente alle fasi S e M che sono essenziali e che rappresentano
due eventi chiave del ciclo cellulare. L'insieme delle fasi G1, S e G2 è collettivamente identificato come → interfase.
Si dice che le cellule che hanno smesso di dividersi, in modo temporaneo o irreversibile, sono in uno stato di
quiescenza (fase G0); le cellule che non vanno più incontro a divisione in modo permanente, in seguito ad
invecchiamento o a danni al DNA sono chiamate senescenti. È da osservare che la mitosi produce sempre due cellule
geneticamente identiche alle cellula madre e che la maggior parte degli organuli citoplasmatici si distribuisce a caso
nelle cellule figlie.

Meccanismi molecolari comuni


Uno fra i cicli cellulari più semplice è quello del lievito Saccharomyces cerevisiae, nel quale è presente una sola
chinasi ciclina dipendente (CdK) chiamata Cdc28 e due sole classi di cicline: G1 (Cln) e B (Clb). Nella fase G1 del
ciclo cellulare è attiva la trascrizione del gene che codifica per una particolare ciclina di fase G1 della Cln3, che
sembra agire da sensore della massa cellulare. Infatti quando la cellula raggiunge la sua massa critica, la
concentrazione di questa ciclina aumenta, ed associandosi con Cdc28 attiva un complesso programma trascrizionale
che comprende fra gli altri i geni codificanti per le cicline Cln1, Cln2, Clb5 e Clb6. Ciò porta alla formazione dei
complessi Cln1/2-Cdc28 responsabili della formazione della gemma (la cellula figlia) e della duplicazione del corpo
polare del fuso. Anche le cicline Clb5/6 si associano alla CdK formando il complesso Clb5/6-Cdc28 la cui attività
chinasica è però bloccata attraversi il legame dell'inibitore Sic1. Quando la concentrazione del complesso
Cln1/2-Cdc28 ha raggiunto una soglia critica, questo è in grado di fosforilare Sic1, indirizzandolo verso la
degradazione e permettendo l'attivazione dei complessi Clb5/6-Cdc28 sino a quel momento accumulati che a loro
volta fosforilano e degradano Sic1, mantenendone bassi i livelli. Questa attivazione è direttamente responsabile
dell'inizio della replicazione del DNA a livello delle origini di replicazione, sulle quali è assemblato il complesso
pre-replicativo (pre-RC). In seguito all'utilizzo dell'origine di replicazione, il complesso Clb5/6-Cdc28 converte il
pre-RC nel post-RC, impedendo che quella stessa origine sia riutilizzata prima della successiva fase S. In tarda fase
S si ha la trascrizione dei geni codificanti per le cicline Clb3 e Clb4 ed alla loro associazione con Cdc28, necessaria
per l'entrata in → mitosi e l'allungamento del fuso mitotico, che in Saccharomyces cerevisiae avviene
immediatamente al termine della fase S. In altri organismi, invece, a questo punto si ha la fosforilazione della CdK
da parte della chinasi Wee1 (presente anche in lievito), la quale inattiva i complessi Clb-Cdc28 che si vanno via via
Ciclo cellulare 89

accumulando. Quando giunge il segnale di "via libera" la fosfatasi Cdc25 interviene eliminando il gruppo fosfato sul
complesso Clb-Cdc28, il quale attivandosi porta alla fosforilazione ed inattivazione di Swe1, in un feedback positivo
che produce un rapido aumento della forma attiva di Clb-Cdc28, portando all'entrata in → mitosi. Il complesso
Clb-Cdc28 quindi attiva il complesso promuovente l'anafase (APC) il quale, grazie all'associazione con Cdc20, va ad
indurre la degradazione di una serie di proteine fra cui la securina (Pds1). La degradazione di quest'ultima porta alla
liberazione della separasi (Esp1) che permette il taglio delle coesine che mantengono legati i cromatidi fratelli,
permettendone la migrazione ai poli opposti della cellula. L'associazione dell'APC con la proteina Cdh1 induce
inoltre la degradazione di tutte le cicline di tipo B, provocando il crollo dell'attività di Cdc28, con la conseguente
uscita dalla mitosi. La perdita di attività di Cdc28, privo di cicline, porta anche al riassemblamento dei complessi
pre-RC sulle origini di replicazione, alla possibilità di accumulare nuovamente l'inibitore Sic1, nonché alla
trascrizione delle cicline di fase G1 (Cln)... ed un altro ciclo può ricominciare

Il ciclo cellulare negli eucarioti superiori

Gateway G1/S
In questo punto, interviene il complesso cicline-CDK, il cui compito è quello di determinare la iperfosforilazione ed
attivazione della proteina p105RB codificata dal gene RB1 (la cui mutazione può causare un tumore dell'età
pediatrica, il retinoblastoma (RB)). Le cicline implicate in questo evento sono soprattutto le classi D1, D2, D3, della
ciclina-D, la quale viene prodotta durante la fase G1, ma nella fase S non è più possibile ritrovarla. La ciclina-D, si
lega alla CDK4, il complesso risultante, determina la iperfosforilazione del RB ed il rilascio del fattore di
trascrizione E2F. Successivamente alla sua attivazione, il fattore di trascrizione E2F viene rilasciato e favorisce
l'entrata della cellula nel ciclo cellulare. Inoltre, alcuni fattori di crescita come il TGF-β e la p53, favoriscono
l'aumento delle concentrazioni di p16, la quale blocca le CDK ed il ciclo cellulare. Altri fattori di crescita come il
PDGF e l'FGF, favoriscono l'attivazione delle CDK.

Meccanismo d'azione del retinoblastoma


Il gene RB1 è un oncosoppressore localizzato sul cromosoma 13. La proteina del retinoblastoma p105RB da esso
codificata, può essere o nella forma ipofosforilata (inattiva) o iperfosforilata (attiva). La forma inattiva è
caratterizzata dal fatto che p105RB mantiene complessato nella sua struttura il fattore di trascrizione E2F, pertanto, il
ciclo cellulare è inibito. Mentre, la forma attiva è caratterizzata dal fatto che non mantiene complessato nella sua
struttura il fattore di trascrizione E2F, pertanto, il ciclo cellulare è favorito. Nelle forme mutate del RB, il fattore di
trascrizione E2F è sempre libero, pertanto il ciclo cellulare non è controllato.

Gateway G2/M
Il fattore di trascrizione E2F, precedentemente rilasciato dal RB, favorisce la formazione del complesso
ciclina-A-CDK2 che agisce sia a livello della mitosi che della profase, nella quale il complesso ciclina-B-CDK1
favorisce la degradazione dell'involucro nucleare e consente l'avvio della mitosi. Inoltre questi ultimi due complessi,
comportano la separazione dei centromeri e l'addossamento dei cromosomi. Successivamente, la cellula va incontro
a divisione.
Ciclo cellulare 90

Controllo della proliferazione cellulare


Negli organismi pluricellulari le cellule, normalmente in uno stato quiescente, decidono di entrare in un nuovo ciclo
cellulare in risposta ad eventi biochimici fra i quali ci sono ad esempio, la ricezione attraverso il meccanismo di
trasduzione del segnale di fattori di crescita sintetizzati da altre cellule.

Bibliografia
• Hartwell LH, Culotti J, Pringle JR, Reid BJ Genetic control of the cell division cycle in yeast. SCIENCE. 1974
JAN 11;183(120):46-51.

Voci correlate
• → Fase G1
• → Fase S
• → Fase G2
• → Mitosi

Collegamenti esterni
• Pagina dell'Università di Tuscia dedicata al ciclo cellulare [1]

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Note
[1] http:/ / www. unitus. it/ Scienze/ giovani/ Contadini/ Pagina%20vuota%205. htm
Interfase 91

Interfase
L'interfase è il periodo di tempo del → ciclo cellulare che intercorre tra una → mitosi e la successiva nelle cellule
eucariotiche. In tale periodo avviene il processo di duplicazione del materiale genetico (DNA), degli organelli
cellulari, quali i centrioli ed i mitocondri ed in generale l'aumento di massa e di dimensioni della cellula, in modo
tale da permettere la formazione di due cellule a partire dalla prima..
L'interfase si suddivide in tre fasi che, a seconda dell'organismo e del tipo di cellula possono essere più o meno
facilmente distinte. Queste fasi sono:
• → fase G1: nella quale la cellula produce le proteine necessarie per l'accrescimento della massa cellulare, svolge
il compito tipico del suo tipo di cellula (come la produzione di ormoni od altro)e prepara i complessi enzimatici
per la successiva fase.
• → fase S: in questa fase avviene la duplicazione del materiale genetico. Il DNA, a livello delle origini di
replicazione, si despiralizza, permettendo ai due filamento nucleotidici di separarsi. In tali punti viene assemblato
il complesso di replicazione, costituito da diverse proteine fra cui la più importante è la DNA polimerasi. Questa
proteina è la principale responsabile della sintesi dei due nuovi filamenti, utilizzando come stampo (detto anche
templato) i filamenti della cellula madre in un processo detto replicazione semiconservativa.
• → fase G2: nella quale la cellula continua l'accrescimento della massa ed inizia a prepararsi alla successiva →
mitosi spesso sintetizzando altre sostanze indispensabili per la divisione quali i centrioli.
Durante l'interfase, all'interno del nucleo, è impossibile osservare i cromosomi perché esso si trova sottoforma di
cromatina ancora non condensata; possono essere però distinti uno o più nucleoli, le regioni dove si trovano i geni
codificanti per l'RNA ribosomale, che durante le fasi G1 e G2 sono altamente trascritti per permettere la produzione
di ribosomi.
Di norma nei mammiferi la → fase G1 dura circa 5 ore, la → fase S 7 ore e la → fase G2 3 ore; invece la divisione
cellulare dura solamente 1 ora.

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Fase G1 92

Fase G1
La fase G1 (G come gap, in inglese "intervallo") è in citologia la prima fase del → ciclo cellulare, che dà inizio
all'→ interfase.
Essa è un periodo di intensa attività biochimica che ha inizio immediatamente dopo la nascita della cellula ed è
seguita dalla → fase S. Nella fase G1 la cellula, appena uscita dal processo di → mitosi e quindi avente dimensioni
ridotte, accresce il suo volume e costruisce le strutture necessarie per sostenerlo: vengono perciò sintetizzate
numerosi organuli ed in particolare si ha una elevata attività di sintesi di proteine e di RNA. Inoltre nelle cellule
animali i due centrioli, a differenza delle cellule vegetali, iniziano a separarsi ed a duplicarsi. Questa fase ha una
durata temporale che può oscillare ampiamente a seconda del genere di organismo di cui fa parte e del tipo di cellula,
tuttavia è in genere breve rispetto alle altre fasi e talvolta può essere anche nulla.

Fonti
• Pagina web dell'Universita di Tuscia dedicata al ciclo cellulare [1]

Voci correlate
• → Ciclo cellulare

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• → Perossisoma

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Fase S 93

Fase S
La fase S (S come sintesi) è in citologia una fase del → ciclo cellulare, durante la quale il processo principale è la
sintesi e duplicazione del codice genetico contenuto nel DNA.
In questa fase, che ha inizio dopo la → fase G1 e che è seguita dalla → fase G2, i 2 filamenti appaiati che
compongono la molecola di DNA progressivamente si separano facendo da stampo ognuno per un nuovo filamento
complementare. La fase S in genere dura meno della → fase G1 che la precede, ma comunque la sua durata oscilla
molto a seconda dell'organismo di cui fa parte la cellula e del tipo di cellula.

Voci correlate
• → Ciclo cellulare

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Fase G2 94

Fase G2
La fase G2 (G come gap, in inglese: intervallo) in citologia è una fase del → ciclo cellulare, l'ultima dell'→
interfase.
In questa parte del ciclo, che segue la → fase S nella quale viene duplicato il DNA, avvengono i preparativi finali per
la → mitosi: la cellula inizia ad assemblare le strutture necessarie non solo per distribuire il corredo cromosomico a
ciascun → nucleo figlio, ma anche per dividere il citoplasma e separare i nuclei figli. Anche questa fase ha una
durata che è determinata dal tipo di organismo e di cellula.

Voci correlate
• → Ciclo cellulare

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Replicazione del DNA 95

Replicazione del DNA


La replicazione (o duplicazione) è il meccanismo molecolare
attraverso cui viene prodotta una copia del DNA cellulare. Ogni volta
che una cellula si divide, infatti, l'intero genoma deve essere duplicato
per poter essere trasmesso alla progenie (tramite → mitosi o meiosi). Il
meccanismo della replicazione è complesso e richiede l'intervento di
numerosi enzimi e di proteine iniziatrici. Il processo di replicazione
del DNA si definisce semiconservativo: il doppio filamento di DNA
parentale funge da stampo per la sintesi di due filamenti figli
complementari.

DNA polimerasi
L'enzima basilare della replicazione è la DNA polimerasi, che
catalizza il legame di deossiribonucleotidi trifosfato (dNTP)

Polimerasi nei procarioti


I procarioti possiedono cinque tipi di DNA polimerasi:
• DNA polimerasi I: implicata nella riparazione del DNA e nella
rimozione degli inneschi dei frammenti di Okazaki. Possiede
attività esonucleasica sia in direzione 5'->3', sia in direzione 3'->5',
quest'ultima attività permette la lettura delle basi precedentemente
unite (proofreading o "lettura delle bozze") e l'eventuale correzione
Nel corso della replicazione del DNA, la doppia
in caso di errore. Velocità di polimerizzazione circa 14-20
elica si divide in due; le basi azotate di ciascuna
nucleotidi/secondo metà consentono l'accoppiamento con la base
• DNA polimerasi II: indotta da danni al DNA per riparazione corrispettiva, formando così il filamento mancante
incline all'errore (error-prone). Ha attività polimerasica 5'->3' ed
esonucleasica 3'->5'. Velocità di polimerizzazione circa 40 nucleotidi/secondo
• DNA polimerasi III: l'enzima principale per la replicazione, con attività polimerasica 5'->3' ed esonucleasica
3'->5' (proofreading). Attiva sia nella sintesi del filamento leading, sia in quella dei frammenti di Okazaki. Ha una
struttura particolarmente più complessa delle due precedenti, risulta costituito da due nuclei, a loro volta formati
da subunità α ε θ (subunità alpha, epsilon e theta), i due nuclei sono uniti da una subunità τ (tao); sono inoltre
presenti strutture addizionali dette subunità χ e ψ (chi e psi), che vanno a costituire i complessi γ o di pinza, che
permettono un incremento esponenziale del processo duplicativo. Velocità di polimerizzazione circa 250-1000
nucleotidi/secondo
• DNA polimerasi IV e DNA polimerasi V: anch'esse coinvolte nella riparazione incline all'errore
Replicazione del DNA 96

Polimerasi negli eucarioti


Le Polimerasi degli eucarioti sono costituite invece da:
• DNA polimerasi α: è associata a una primasi (enzima che sintetizza i primer di RNA) e procede all'allungamento
degli RNA-primer con alcune decine di deossiribonucleotidi (circa 20).
• DNA polimerasi β: coinvolta nella riparazione del DNA
• DNA polimerasi γ: replica il DNA mitocondriale
• DNA polimerasi δ: l'enzima principale della replicazione eucariotica. Sintetizza sia il filamento leading, sia il
filamento lagging. Quando la polimerasi raggiunge il frammento di Okazaki precedentemente sintetizzato,
continua a muoversi lungo il filamento stampo lagging, spostando il primer a RNA che verrà poi rimosso da una
endonucleasi (FEN-1). L'interruzione tra i desossiribonucleotidi è poi saldata da una ligasi.
• DNA polimerasi ε: stessa funzione della Polimerasi δ.

Il meccanismo della replicazione


Vi è un singolo sito cromosomico, definito origine di replicazione da cui prende via il processo. A livello
dell'origine di replicazione, la doppia elica si apre e la replicazione inizia su entrambi i filamenti. Man mano che la
replicazione procede,la forca replicativa (il sito in corrispondenza del quale avviene la replicazione) si muove lungo
il DNA.
Un filamento di DNA, detto a replicazione
progressiva (in inglese filamento leading,
filamento guida), viene sintetizzato in modo
continuo; l'altro, detto a replicazione
regressiva (in inglese filamento lagging,
filamento lento), è dapprima formato da
corti frammenti di DNA (i frammenti di
Okazaki) di 1-3 kilobasi. In seguito i
frammenti sono uniti dall'enzima DNA
ligasi. Enzimi coinvolti nella replicazione del DNA
La sintesi di DNA non può iniziare ex novo,
quindi l'enzima primasi sintetizza corti
inneschi di RNA complementari al DNA
stampo. Nei procarioti gli inneschi dei
frammenti di Okazaki sono rimossi
dall'enzima RNasi H e dalla DNA
polimerasi I. Negli eucarioti altri enzimi
rimuovono i primer e la Polimerasi δ
riempie le interruzioni tra i frammenti.

Le DNA polimerasi, affinché il processo di


replicazione sia efficace, necessitano di
proteine che aumentino la loro attività e le
stabilizzino sul filamento. Le clamp-loading
legano il DNA alla giunzione tra l'innesco e
lo stampo, le sliding-clamp si congiungono
Schema della forca replicativa del DNA
a queste ultime, caricano la Polimerasi sul
DNA e garantiscono la sua stabilità.
Replicazione del DNA 97

Lo svolgimento del DNA parentale è catalizzato dall'enzima elicasi, che denatura il filamento sfruttando l'idrolisi
dell'ATP. Proteine che si legano al DNA a singolo filamento stabilizzano il DNA denaturato in modo che la
Polimerasi possa scorrervi.
Per evitare che i filamenti si attorciglino le topoisomerasi introducono tagli singoli (nel caso delle Topoisomerasi I) o
doppi (nel caso delle Topoisomerasi II). Queste rotture reversibili fungono da perni, che consentono al DNA di
ruotare liberamente.
La replicazione inizia in corrispondenza di una specifica sequenza chiamata origine di replicazione, che costituisce
un sito di legame per proteine iniziatrici. Una proteina si lega all'origine e inizia a svolgere il DNA; recluta in seguito
altre proteine e, insieme a esse e all'elicasi, continua la denaturazione. Le primasi inizia la sintesi dei primer. La
regione in cui i filamenti parentali si separano e i due nuovi filamenti si allungano è denominata forca replicativa.
Nei procarioti, il cui DNA è generalmente circolare, sono presenti due forche replicative che dipartono dalla
medesima origine. Quando le due forche si incontrano la replicazione è terminata.
I genomi eucariotici sono spesso assai più grandi di quelli procariotici e necessitano di origini multiple. Da ogni
origine di replicazione nasce una bolla replicativa che si espande in direzioni opposte. Due bolle replicative entrate
in contatto si fondono formandone una sola.

Collegamenti esterni
• Animazione: replicazione del DNA [1]

Cellula

Organuli e strutture cellulari

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Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

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Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Note
[1] http:/ / strangepaths. com/ replicazione-del-dna/ 2007/ 07/ 03/ it/
Mitosi 98

Mitosi
La mitòsi è la riproduzione per
divisione equazionale della cellula
eucariote. Il termine viene spesso
utilizzato anche per la riproduzione
delle cellule procariote, un processo
molto più semplice e più correttamente
chiamato scissione binaria o amitosi. Il
termine mitosi deriva dal greco mìtos,
Le fasi della duplicazione cellulare.
"filo"; nome dovuto all'aspetto
filiforme dei cromosomi durante la
metafase.

La mitosi, nell'uomo, riguarda le cellule somatiche dell'organismo (ossia tutte le cellule fuorché quelle che hanno
funzione riproduttiva: i gametociti primari, i quali vanno incontro alla meiosi) e le cellule germinali ancora
indifferenziate.

La mitosi nel ciclo cellulare


Il → ciclo cellulare si suddivide in tre fasi: l'→ interfase, in cui la cellula si prepara alla divisione; la mitosi, periodo
di gran lunga più breve in cui la cellula si divide; il periodo G2 - più o meno definitivo -, nel quale la cellula si
specializza nella sua funzione. In quest'ultimo periodo, la cellula non è in grado o non è stimolata a riprodursi.
Il processo inizia con la condensazione della cromatina, che avviene grazie alla presenza di proteine istoniche che
fungono da centri primari di organizzazione del riavvolgimento del DNA - primo ordine di spiralizzazione - e della
topoisomerasi II, che, oltre alla sua funzione catalitica, agisce come centro di organizzazione del secondo ordine di
spiralizzazione. Segue un terzo ordine di cui non si conoscono le proteine implicate; forse è conseguenza della
tensione accumulata dalle precedenti spiralizzazioni. Questo grosso superfilamento viene prima impaccato formando
delle anse che poi si riuniscono formando il cromosoma visibile. La durata media di questo meccanismo di
riproduzione cellulare varia in media, negli organismi superiori, tra le 15 e le 30 ore.

Eventi precedenti la mitosi


Prima della mitosi avviene l'→ interfase, momento molto importante nella vita della cellula. Difatti proprio in questa
fase gli organelli della cellula aumentano e ne permettono la duplicazione. L'interfase si suddivide in tre sottofasi: la
fase G1, in cui la cellula si accresce; la fase S, nella quale la cellula replica il materiale nucleare e il DNA; la fase G2,
durante la quale la cellula si prepara a dividersi.

Profase
Durante la prima fase della mitosi, nel caso della specie umana, i cromosomi si condensano e sono visibili anche al
microscopio ottico sotto forma di doppi bastoncelli basofili: i cromatidi gemelli (o fratelli). Questi sono agganciati
tra loro in un punto centrale, detto centromero, grazie ad un complesso sistema di interazioni tra il DNA e numerose
proteine chiamato fuso acromatico.
Viene sintetizzato un secondo centrosoma, ed entrambi appaiono circondati da una coltre di microtubuli: è il fuso
mitotico, formato da dimeri di sub-unità proteiche tubulina alfa e beta. Il ciclo si potrebbe interrompere in questo
punto se alla coltura si aggiungesse la tossina falloidina, che impedisce la formazione dei filamenti di microtubuli;
ciò si fa quando si vogliono visualizzare al microscopio i cromosomi per studiarne le caratteristiche. L'→ apparato
del Golgi e il → reticolo endoplasmatico in questa fase si scompongono in piccole vescicolette che si distribuiscono
Mitosi 99

uniformemente in tutto il → citoplasma; anche la membrana nucleare, grazie alla sua doppia struttura, si scompone
similmente ai suddetti organelli.

Metafase
Questa fase inizia attraverso una sub-fase, la prometafase, in cui avviene l'improvvisa dissoluzione della membrana
nucleare, che si frammenta in tante vescicolette. Tale processo viene innescato dalla fosforilazione, attraverso delle
chinasi, dell proteine delle lamine (filamenti intermedi) che costituiscono la lamina nucleare; in conseguenza della
fosforilazione i filamenti si dissociano negli elementi costitutivi.
I due centrosomi si portano ai poli opposti della cellula ed agiscono come centri di organizzazione microtubulare,
catalizzando l'allungamento ed assicurando il corretto orientamento dei microtubuli che andranno a breve a legarsi al
centromero di uno dei due cromatidi gemelli. In questa fase si possono verificare degli errori e due microtubuli si
possono agganciare allo stesso cromatidio dando poi una cellula figlia mutilata e non vitale.
Le ventitré coppie di cromatidi vengono portate nella parte mediana della cellula, formando la piastra equatoriale, in
cui un piano immaginario, passante per i centromeri, divide le coppie di DNA. È questo il momento più favorevole
per lo studio dei cromosomi, che sono ora al massimo della loro spiralizzazione e affiancati ordinatamente lungo la
piastra equatoriale posta al centro della cellula.

Anafase
Durante l'anafase, i cromatidi migrano verso i due centrosomi ai poli opposti della cellula. Si riconoscono due
momenti, detti anafase A e anafase B. Nella prima si assiste alla separazione dei due cromatidi fratelli ad opera di un
enzima, detto separasi, con relativa migrazione degli stessi grazie a proteine motore (tipo dineine citoplasmatiche)
presenti a livello del cinetocore. Nell'anafase B si assiste al reciproco scorrimento dei microtubuli polari del fuso
mitotico con conseguente allontanamento dei due centrosomi verso direzioni opposte. Pertanto si ottiene il ripristino,
per ogni polo, del numero originario di cromosomi.

Telofase
Nell'ultima fase della mitosi, i cromosomi si despiralizzano. Intorno ai due nuovi complessi cromosomici
ricompaiono le membrane nucleari e gli organelli si ricompongono. La telofase si conclude con una sottofase: la
citodieresi, in cui si separa il → citoplasma in modo equivalente in entrambe le nuove cellule. La cellula si divide al
centro formando due cellule figlie, esattamente identiche alla cellula madre ma più piccole. Questo avviene grazie ad
un anello di actina creatosi al centro della cellula madre che, contraendosi, stringe la cellula al centro. A tal punto le
proteine specializzate operano la fusione e la separazione della membrana in punti specifici e le due cellule si
separano.
In alcune cellule la telofase non avviene e si accumulano all'interno di uno stesso nucleo di una stessa cellula da due
ad alcune decine di corredi cromosomici. Questo tipo di cellule si chiama plasmodio. L'esempio principale sono i
protozoi del genere plasmodium come il P. malariae. Anche cellule umane vanno incontro a questo processo o
patologicamente, come le cellule tumorali, o fisiologicamente come nel megacariocita.
Mitosi 100

Collegamenti esterni
• (IT) Video che mostra il processo di divisione cellulare. [1]

Voci correlate
• Meiosi
• Cellula
• → Ciclo cellulare

Cellula

Organuli e strutture cellulari

→ Apparato del Golgi • Apparato mitotico • → Centriolo • → Ciglia • → Citoplasma • Cloroplasto • → Citoscheletro • →
Flagello • Leucoplasto • → Lisosoma • → Membrana cellulare • → Mitocondrio • Membrana nucleare • → Nucleo • Nucleolo
• → Perossisoma

Processi cellulari

Apoptosi • → Ciclo cellulare • Divisione cellulare • Endocitosi • Esocitosi • Fagocitosi • → Interfase • Meiosi • → Mitosi •
Necrosi • Pinocitosi • Respirazione cellulare • → Trasporto di membrana (→ Trasporto attivo • → Trasporto passivo)

Metabolismo delle macromolecole

Folding • → Replicazione del DNA • Riparazione del DNA • Sintesi proteica • Trascrizione
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Note
[1] http:/ / fisica. decapoa. altervista. org/ fisica/ index. php?w0=mitosi_e_meiosi& & id=898
Fonti e autori delle voci 101

Fonti e autori delle voci


Membrana cellulare  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=28246688  Autori:: .snoopy., 212.141.187.xxx, Al Pereira, Alexxxx, Alfio, Anassagora, Andrea.gf, Archenzo, Ary29,
Davide, Dread83, Drosophil4, Esculapio, Frieda, Ft1, Gac, Ggonnell, Ghazi85, Giac83, GiòGiò, Ic4ns33, Jalo, Joana, Jotar, Kiado, Maluv, Marcel Bergeret, Metis, Mitchan, Nijeko, Oks, Osk,
Phantomas, Pirandello63, Red devil 666, Retaggio, Ricce, Riccioli72, Sbisolo, Simone, SkY`, Snowdog, Template namespace initialisation script, Tuttigiu, VincenzoX, 130 Modifiche anonime

Modello a mosaico fluido  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=18825154  Autori:: Alexxxx, Frieda, Ggonnell, Giac83, Hellis, Oks, Paginazero, Sbisolo, 17 Modifiche anonime

Composizione della membrana cellulare  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27239520  Autori:: Ggonnell, Giac83, MaEr, Ronkas, Senpai, 9 Modifiche anonime

Trasporto di membrana  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27177590  Autori:: .jhc., Barbaking, Gabbiere, Ggonnell, Giac83, Tizianok, Toxicologytoday, Yuma, 11 Modifiche
anonime

Trasporto passivo  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27893756  Autori:: .jhc., Barbaking, Colom, Elisa C., Gabbiere, Ggonnell, Giac83, Leptictidium, Luckyz, Marcol-it,
Tizianok, 7 Modifiche anonime

Diffusione facilitata  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=25122770  Autori:: Ariel, Barbaking, Elisa C., Kintaro Oe, Lillolollo, Marcol-it, No2, Sbisolo, 1 Modifiche anonime

Trasportatore di membrana  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27118760  Autori:: .jhc., Alec, Aytrus, Barbaking, Cisco79, Franca.Sacchi, Gabbiere, Giac83, ZioNicco

Trasporto attivo  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=28140136  Autori:: Barbaking, Colom, Davide21, Gabbiere, Ggonnell, Giac83, Iacopo.lea, Marcol-it, Moos, Remulazz,
Sbisolo, Tizianok, Tomfox, Waglione, 15 Modifiche anonime

Recettore (biochimica)  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=26496392  Autori:: Alessio Facchin, Fafabifiofo, Gliu, Orisemi, Perkele, Remulazz, Sky, Waglione, 7 Modifiche
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Recettore transmembrana  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27449756  Autori:: Gliu, Perkele, Waglione

Recettori accoppiati a proteine G  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27118845  Autori:: Alessio Facchin, Bultro, Esculapio, Fafabifiofo, Gabriele85, Ghazi85, 4 Modifiche
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Recettore intracellulare  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=26851850  Autori:: Bbruno, Brownout, Perkele, Sunflower, 8 Modifiche anonime

Canale ionico  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27118754  Autori:: AttoRenato, Eremdaviq, Ghazi85, Giac83, Ines, Irondelvif83, Laura8510, Lilja, Maloc8, Perkele, The Doc,
TierrayLibertad, 5 Modifiche anonime

Potenziale di membrana  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=26390257  Autori:: Al Pereira, Amarvudol, Fabio.gastone, Giac83, Iakopo, Littoria, MaEr, Madrepora, Phantomas,
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Citoplasma  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27341665  Autori:: .jhc., Alleborgo, Anassagora, Ares, DarkAp, Gazal Cotre, Ggonnell, Giac83, Hellis, Lorikholmes, Maquesta,
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Citoscheletro  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=28138876  Autori:: Anassagora, AnjaManix, Aytrus, Chiaraalb, Francesco86, Frieda, Ggonnell, Giac83, Guidomac, Henrykus,
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Microvilli  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=20636897  Autori:: FagoLambda, Gliu, Trixt

Ciglia (cellule)  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27994029  Autori:: DanGarb, Fafabifiofo, Ggonnell, Giac83, Gliu, Jacopo, Phantomas, Ricce, Trixt, 4 Modifiche anonime

Flagello (biologia)  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27567638  Autori:: Al Pereira, BlackMew9z, Bultro, Enea29, Esculapio, Fafabifiofo, Flavio.brandani, Ggonnell, Giac83,
Henrykus, Jacopo Werther, Mattia Luigi Nappi, Nijeko, Quindicidodici, Salvatore Ingala, Supergiuggiola, Way, 7 Modifiche anonime

Centriolo  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27801819  Autori:: DanGarb, Ggonnell, Giac83, Malaussene, Mtt, Pietrodn, Qandal, 7 Modifiche anonime

Ribosoma  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27566015  Autori:: .jhc., Anassagora, Ary29, Brískelly, Bultro, Clematis, Cryptex, Crypto, Diablo, Elen Skywalker, Frack, Gacio,
Ggonnell, Mattia Luigi Nappi, Maxcip, Murtasa, Nicksoft, Oks, Paobac, Pumilio, Romanm, Rosco, Vituzzu, Walter Tizzano, 27 Modifiche anonime

Mitocondrio  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=28284387  Autori:: Alchimico, Alfio, Anassagora, Andrea.gf, Ares, Ary29, Aytrus, Cenerentolainnamorata, Clematis, Danilo,
Derfel74, Fabio.gastone, Ggonnell, Giac83, Gioland71, Hashar, Hellis, Iron Bishop, KaeZar, Klaudio, M7, MaEr, Marcok, Memoria, Muthafxcka, Nase, Oks, Paginazero, Phantomas, Pietrodn,
Pumilio, Romanm, Senpai, Sergio N. Carlini, SkY`, Snowdog, The Doc, Toxicologytoday, Zarathustra, 57 Modifiche anonime

Nucleo cellulare  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=28139446  Autori:: Anassagora, Andraaide, AttoRenato, Codeberry, Danilo, Davide, EdoM, Fljll Flòi, Frieda, Gerlo, Gggg81,
Ggonnell, Giac83, Gianluigi, Guglielmo Vacirca, Hill, Luckyz, M7, Maurice Carbonaro, Oks, PaoloCampanella, Piemmea, Rael, Renato Caniatti, Rob-ot, RockScorpion, ThePaladin89, Tux,
Vipera, Wilson22, host4-21.pool80180.interbusiness.it, 59 Modifiche anonime

Reticolo endoplasmatico  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27331902  Autori:: Anassagora, Aytrus, Despertos, Fra74, Ggonnell, Giammy Fuser, Gozzi, Hashar, Lombardelli,
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Perossisoma  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27264423  Autori:: .jhc., Anassagora, Gac, Ggonnell, Giac83, Manutius, Oks, Senpai, Superzen, 10 Modifiche anonime

Giunzione cellulare  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27429755  Autori:: Alletto, Barbaking, Blakwolf, Br4d1p0, Daniele Chignoli, Dread83, Ecodop, Fabio.gastone, Giac83,
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Ciclo cellulare  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=28002190  Autori:: A.massaro, Barbaking, Behemot, Cisco79, Daniele Chignoli, Ggonnell, Giac83, Incola, Kibira, Lived, Mattia
Luigi Nappi, Osk, Pfabio, Phantomas, Septem, TierrayLibertad, Tizianok, Toxicologytoday, Triph, Twice25, White wolf, Yoruno, 39 Modifiche anonime

Interfase  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=28060533  Autori:: Buggia, Ggonnell, Giac83, Luisa, Marius, Mattia Luigi Nappi, Pfabio, Snowdog, Supermary, Tizianok, 10
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Fase G1  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27575934  Autori:: Caio Cesare, Mattia Luigi Nappi, Starwars, Triquetra, 10 Modifiche anonime

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Replicazione del DNA  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=27916336  Autori:: *Raphael*, Andmari, Casso89, ChemicalBit, Danilo, Elborgo, Gabriele85, Ggonnell, Giac83, Hellis,
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Fonti e autori delle voci 102

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Fonti, licenze e autori delle immagini 103

Fonti, licenze e autori delle immagini


File:Cell membrane detailed diagram 4 it.svg  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Cell_membrane_detailed_diagram_4_it.svg  Licenza: Creative Commons
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