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APPRENDIMENTO E FLOW
IN CONTESTI LUDICI MULTIMEDIALI:
CONSAPEVOLEZZA E GENERALIZZAZIONE
DELL'ESPERIENZA
1
Indice
Introduzione .......................................................................................................................4
Conclusioni ...................................................................................................................... 80
Bibliografia ...................................................................................................................... 82
3
Introduzione
4
Capitolo 1
Il rapporto tra uomo e tecnica è un tema fondamentale e ampiamente dibattuto al quale, per
brevità, in questo lavoro si farà riferimento unicamente riguardo alle premesse
antropologiche dell’intero impianto. Le questioni che gravitano attorno al rapporto tra
uomo e tecnica sono fondamentalmente due: se la tecnica sia una parte naturale o meno
dell'uomo e la neutralità della stessa.
Gehlen (1984) definisce l’uomo un animale senza difese, privo d’istinto, che per supplire a
tale mancanza deve avvalersi della tecnica. In questo senso, la tecnica non può essere vista
come qualcosa di estraneo all'uomo, ma deve essere assunta come suo aspetto naturale
(Rivoltella, 2008).
Nei secoli, la coscienza riflessiva e i primi utensili (le prime forme di tecnologia) si sono
sviluppati nel e con l'uomo, in contemporanea; un parallelismo la cui importanza ha
portato a definire la prima specie umana Homo habilis: “La tecnologia è una caratteristica
essenziale della natura umana: nella sua storia è racchiuso l'intero cammino dell'evoluzione
umana.” (Capra, 2002, pg. 146).
Nel corso dell’evoluzione filogenetica, gli influssi della tecnica sull’uomo, sulla sua
cultura e la sua vita non sono sempre stati benefici, basti pensare a come William Blake
(1748-1832) si riferisse allo sviluppo industriale parlando di “oscure fabbriche sataniche”,
o ancora a come Marx (1818 – 1883) descrivesse lo sfruttamento degli operai del settore
tessile e manifatturiero: “Il proprietario di schiavi si compra il lavoratore come si compra il
cavallo”.
In tempi più recenti, quanti si ergono a paladini della tecnologia, la difendono sostenendo
che la tecnica è in sé neutrale e che le sue conseguenze, buone o cattive che siano, non
possono esserle attribuite, poiché dipendono unicamente dal tipo d’impiego che se ne fa
(Weber, 1904). In questa posizione manca tuttavia la comprensione del fatto che poiché la
tecnica è un aspetto così essenziale dell'essere umano, essa andrà sempre a modificarne la
5
natura (McLuhan 1962): “Dire che la tecnologia non è del tutto neutrale – che, cioè, essa
ha delle proprie finalità intrinseche, o che viene a imporre dei propri particolari valori –
significa soltanto riconoscere il fatto che, come parte della nostra cultura, essa influisce
sulla nostra crescita e sul nostro comportamento. Gli esseri umani hanno sempre posseduto
qualche forma di tecnologia, la quale a sua volta ha influenzato la natura e la direzione del
loro sviluppo. Questo processo non può essere fermato, e questa relazione non avrà mai
termine: possiamo soltanto comprenderla e, speriamo, indirizzarla verso scopi degni
[dell'umanità]”. (Kranzberg e Pursell, 1967, pg. 11)
1.2 Rivalutare la comunicazione nell'era dei nuovi media: dalla comunicazione faccia
a faccia a quella mediata
Il primo ostacolo che si deve affrontare per avvicinarsi al mondo dei nuovi media e in
particolar modo a quello dei videogiochi, è quello della comunicazione mediata e delle sue
implicazioni: il cambiamento della tipologia di relazione e di situazione.
Di seguito viene presentata una breve trattazione dei temi fondamentali riguardo alla
comunicazione nei nuovi media. Il principale riferimento è alla teoria dell'interazione
situata (Riva, 2008), attraverso la quale si comprendono le potenzialità dell’efficacia
comunicativa in questi contesti.
Prima di addentrarsi nel discorso sulla comunicazione mediata, pare utile definirla in senso
più generale. La psicologia della comunicazione definisce la comunicazione stessa come
un “processo di co-costruzione del significato che avviene nel qui e ora della
conversazione e che vede come co-attori il parlante e i suoi interlocutori” (Riva, 2008, pg.
16).
Uno degli aspetti più rilevanti in questa definizione è rappresentato dal riferimento alla
dimensione sociale (co-costruzione) della comunicazione che, in quanto tale, è sempre
situata, in altre parole, non è considerabile indipendentemente dal contesto in cui è inserita.
La situazione e la sua definizione sono alcune delle componenti fondamentali per
comprendere la comunicazione sia mediata che non, ma su questo punto si tornerà più
avanti quando tratteremo di esperienze e media 1.
1
Si veda oltre, paragrafo 1.2.4
6
1.2.1 Il medium
Fino a questo punto si è fatto generale riferimento ai media, tuttavia, questo lavoro intende
focalizzare il tema dei nuovi media, in altre parole dei mezzi di comunicazione che
utilizzano il linguaggio digitale (rappresentazione discontinua di un fenomeno) nella
codifica delle informazioni, con particolare riferimento ai videogiochi. I nuovi media sono
inoltre caratterizzati da (Riva, 2008):
Modularità: la possibilità di scomporre gli elementi di un medium in una serie di
elementi combinabili (il personaggio di un videogioco può essere inserito in diversi
ambienti, e gli elementi di questo possono essere combinati in diversi modi a loro
volta);
Interattività: la possibilità di muoversi all'interno di un nuovo media seguendo
diversi nodi che formano una rete (il passaggio da un elemento all'altro in un
videogioco; ad esempio l'esplorazione in un adventure game);
Automazione: la potenzialità di elaborare, in modo automatico e non sempre noto
all'utente, i propri contenuti (l'aggiustamento automatico del livello di difficoltà in
alcuni videogiochi);
Variabilità: la possibilità di riconfigurare i contenuti ottenendo sempre risultati
diversi (la generazione casuale di schemi di gioco basandosi sempre sugli stessi
elementi).
Le caratteristiche dei videogiochi che saranno considerate con maggiore attenzione sono
l'interattività e automazione.
A) Interattività
Come anticipato, l'interattività è la caratteristica dei nuovi media che consente all'utente di
muoversi, quasi liberamente, all'interno dei contenuti. Questa peculiarità porta a un
cambiamento del ruolo dell'utente: mentre con i media della precedente generazione (libri,
8
radio e televisione) l'utente era vincolato a seguire una struttura narrativa di causa-effetto
dettata dai media stessi, nei nuovi media l'utente deve adottare una logica diversa – attiva -
rispetto ai contenuti, che sono ora configurati secondo la modalità del database. Lo stesso
cambiamento di prospettiva coinvolge anche gli autori dei contenuti, chiamati ora a
elaborare non più flussi lineari, ma esperienze (Antonietti e Colombo, 2008). Spiegando
questo tratto, Grodal afferma che: “Interattività significa che l'utente è in grado di
modificare il contenuto visualizzato sul monitor (e/o proveniente dalle casse) mediante una
serie di azioni motorie su un'interfaccia. Più l'attività motoria si svolge in un ambiente che
simula l'interazione con un mondo con caratteristiche simili a quelle reali, maggiore è la
sensazione d’interattività” (Grodal, 2003, pg. 142).
In questo passaggio dalla narrazione lineare all’esperienza, la multimedialità 2 gioca un
ruolo centrale: la digitalizzazione ha infatti permesso che, attraverso l'attivazione
contemporanea di molteplici canali sensoriali, il soggetto si sentisse - e, di fatto, venisse -
maggiormente coinvolto nell'interazione. Uno dei migliori esempi di questo tipo di
processo viene proprio dai videogiochi (ad esempio quelli di ruolo) il cui concetto base è
quello di rappresentare una struttura narrativa con un'esperienza interattiva. Gli autori
vanno a creare degli ambienti in cui, non solo possono essere presenti altri utenti, ma
l'unico limite nell'interazione con l'ambiente stesso è dato dall'interfaccia (Riva, 2008).
B) L'automazione
1.2.3 L'interfaccia
Quando un utente utilizza un videogioco o un qualsiasi altro nuovo media, la prima cosa
con cui si trova a confronto è l'interfaccia.
L'interfaccia e la sua progettazione giocano un ruolo chiave nel successo di un prodotto,
poiché da queste dipende la qualità dell'interazione e quindi dell'esperienza.
Nei nuovi media le informazioni sono codificate in formato digitale (inaccessibile in modo
diretto), quindi l’interfaccia diventa obbligatoria e la possibilità di comunicare con e
attraverso gli oggetti digitali è vincolata alla disponibilità di un’interfaccia adatta.
Si può in questo caso parlare di meta-medium, in altre parole l’interfaccia assume la
posizione di un medium, ponendosi tra utente e medium e sviluppa dimensioni pragmatiche
e simboliche proprie, ma non ha una struttura fisica indipendente e si appoggia a quella del
medium stesso (si veda Figura 1.1).
Struttura
Utente Interfaccia fisica Medium
comune
10
Le principali funzioni dell’interfaccia si possono ricondurre principalmente a tre scopi
(Riva, 2008, pg. 37):
rappresentare le caratteristiche del medium attraverso un modello;
rendere visibili gli oggetti digitali contenuti al suo interno;
facilitarne l'uso mediante un'opera di filtro e di selezione.
La tipologia d’interfacce attualmente utilizzata è denominata a “manipolazione diretta” e si
basa sull’idea di rappresentare gli oggetti digitali in maniera esplicita e sviluppata in modo
che l'utente possa agire su di essi allo stesso modo con cui interagisce sugli artefatti fisici
(Shneiderman, 2004). Questa soluzione si rivela particolarmente interessante per due
motivi: in primo luogo, non richiede di apprendere nuovi schemi percettivo- motori, bensì
permette di adattare quelli comunemente già appresi; inoltre, utilizza metafore orientative.
Come sostengono Lakoff e Johnson (1980), il sistema concettuale in base al quale l’uomo
agisce e pensa è di natura essenzialmente metaforica e trova nel corpo il suo principale
riferimento. Le metafore orientative pongono in relazione interi gruppi di concetti
sfruttando l'orientamento spaziale (scuotere vuol dire errore, una linea da destra verso
sinistra vuol dire indietro) e quindi la corporeità; per questo motivo sono particolarmente
efficaci, poiché l’analogia con il corpo rende vivide, facilitate e trasparenti le interazioni
con il medium.
Nel caso dei computer, il primo strumento tecnologico che ha permesso questo tipo di
metafora è stato il mouse; mentre per quanto riguarda i videogame, le diverse interfacce
hanno sempre cercato di seguire l’idea della manipolazione diretta, anche se questa ricerca
non è sempre stata supportata da una riflessione adeguata e ha spesso preso direzioni
dettate dall'estetica piuttosto che dall'usabilità. A oggi, questa relazione tra corpo e
intenzioni è rappresentata significativamente dal caso della Wii della Nintendo, sviluppata
con il preciso scopo di rendere lo strumento facilmente accessibile a chiunque, sfruttando
queste metafore, e di rendere l'esperienza la più corporea possibile.
Come già illustrato, l'esperienza è il punto centrale dei nuovi media: deve essere progettata
e studiata in modo da essere il più coinvolgente ed efficace possibile. Si può dire con Riva
che “un nuovo medium diventa un'affordance, un'opportunità per i suoi utenti, quando è in
grado di offrire un maggior livello di presenza e presenza sociale, intese come la capacità
di attuare le proprie intenzioni (presenza) e di comprendere quelle degli altri (presenza
11
sociale) (Riva, 2008, pg. 42-43).
Sintetizzando, i concetti chiave cui fare riferimento mentre si studiano e si progettano i
nuovi media - e quindi anche i videogiochi – sono (Riva, 2008):
Intenzione: ogni comportamento è espressione di una complessa rete intenzionale
organizzata su più livelli e messa in atto mediante una pluralità di canali, questa
definizione è un’integrazione delle posizioni di Anolli (2006) e Pacherie (2008) con
quelle della pragmatica della comunicazione (Watzlawick, Beavin e Jackson 1971).
Le intenzioni sono una struttura dinamica organizzata su più livelli, questa si
sviluppa gerarchicamente (Riva, 2008; si veda Tabella 1.1):
◦ le intenzioni motorie (prensione, contrazione, etc.) sono innate e la loro
soddisfazione è data dall’azione stessa, l’oggetto di queste intenzioni è sempre
il movimento del corpo;
◦ le intenzioni prossimali sono una combinazione di diverse intenzioni motorie
dirette verso un oggetto del mondo presente, la loro soddisfazione dipende dal
rapporto tra il contenuto intenzionale (prendere la bottiglia) e l’oggetto del
mondo reale a cui è diretto (la bottiglia);
◦ le intenzioni distali sono composte da una catena d’intenzioni motorie e
prossimali dirette verso un oggetto che può non far parte del mondo reale ma
del possibile.
Riassumendo, la soddisfazione delle intenzioni motorie e prossimali riguarda
sempre il rapporto tra il soggetto, il corpo e il mondo degli oggetti. Mentre la
verifica delle intenzioni distali è sempre “situata”, in riferimento al rapporto tra il
soggetto, le sue rappresentazioni e i suoi mondi possibili;
Affordance: l'opportunità di azione offerta dall'ambiente all'utente, un invito che
l'ambiente rivolge a essere usato in un determinato modo. Le affordance si
suddividono in due categorie:
◦ Affordance dirette: risultato diretto di un flusso d’informazione; questo tipo
d’affordance è stabile, nel senso che cambia solo modificando le proprietà
fisiche dell’oggetto o dell’ambiente considerato (Riva, 2009).
◦ Affordance mediate: risultato di un’interpretazione che il soggetto attribuisce
all’ambiente; a caratterizzare questo tipo di affordance è invece la sua relatività,
infatti, è il risultato sia del significato attribuito all’oggetto, sia dell’analisi fatta
dal soggetto sul contesto (Riva, 2009);
12
Presenza: la sensazione di «essere» all'interno di un ambiente fisico o digitale, che
risulta dalla capacità/possibilità di attuare le proprie intenzioni. La presenza si
divide in tre livelli (Riva, 2008; si veda Tabella 1.1):
◦ proto-presenza: la capacità di attuazione delle intenzioni motorie attraverso il
movimento del corpo;
◦ presenza nucleare: la capacità di attuazione delle intenzioni prossimali
attraverso l’identificazione delle affordance dirette;
◦ presenza estesa: capacità di attuazione delle intenzioni distali, attraverso
l’identificazione delle affordance mediate
Presenza sociale: la sensazione di «essere con altri da Sé» all'interno di un ambiente
fisico o digitale, che risulta dalla capacità/possibilità di comprendere le intenzioni
degli altri. Si distinguono tre livelli (Riva, 2008):
◦ proto-presenza sociale: la capacità di riconoscimento delle intenzioni motorie,
che permettono al Sé di riconoscere un Altro intenzionale;
◦ presenza sociale oggettuale: la capacità di riconoscimento delle intenzioni
motorie e prossimali che consente al Sé di riconoscere un Altro la cui
intenzione è rivolta verso di lui;
◦ presenza sociale empatica: La capacità di riconoscimento delle intenzioni
motorie, prossimali e distali, che consente al Sé di riconoscere un Altro le cui
intenzioni corrispondano a quelle del Sé.
In termini di valutazione, la qualità dell'interazione tra le intenzioni del soggetto e il
medium dipende dal livello di affordance, di presenza e di presenza sociale che questo
riesce a sviluppare (si veda Tabella 1.1).
13
Tabella 1.1 – I livelli d’intenzione, presenza e presenza sociale (Riva, 2008)
Comportamento: azione
Confine: mondo (muovere il proprio Comportamento
Attività sociale: personaggio nello scenario riconosciuto: azione
interazione di gioco)
14
vincoli dell’ambiente fisico agendo attraverso di essi, come medium ha la caratteristica di
permettere di superare i vincoli della comunicazione a faccia a faccia. Le affordance, le
possibilità di agire, percepite dal soggetto non sono solo quelle dirette, ma anche quelle
mediate: quindi i confini della situazione sono determinati da dove mi trovo (presenza) e
con chi sono (presenza sociale). Tornando alla domanda iniziale, si può dire che la
situazione in cui mi trovo quando sto usando un videogioco è delimitata da tutte le
affordance che percepisco, sia mediate che dirette, da quanto riesco a realizzare le mie
intenzioni, da quanto riesco a comprendere quelle di altri sia nel videogioco che non (Riva,
2008).
3
L'autore stesso, conscio della difficoltà di pronuncia del proprio nome, offre sempre nei suoi libri la
traslazione in inglese: Chicks sent me high lee (2002)
15
esperienze e far fronte a sfide che li impegnano in maniera adeguata sono anche in grado di
determinare la qualità della propria vita.
Czikszentmihalyi descrive il suo approccio come “un modello fenomenologico della
coscienza basato sulla teoria delle informazioni” (Czikszentmihalyi, 2002, pg. 25) e spiega
che l’esperienza ottimale è legata al mantenimento dell’ordine all’interno della coscienza,
controllandone la direzione.
18
1.3.2 Flow e complessità del Sé
4
L’empowerment è un processo attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono
competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare
l’equità e la qualità di vita (Wallerstein, 2006).
19
1.3.3 L’esperienza ottimale nella teoria dell’interazione situata: flow e networked flow
5
Si veda prima, paragrafo 1.2.4
6
Con liminalità si indica una situazione di passaggio, uno “stare per”, in cui non è presente la condizione
positiva passata e non si è ancora creata la condizione positiva futura (Turner, 1982)
20
interventi educativi e di apprendimento può rivelarsi un punto fondamentale per il successo
dell’azione. A esempio l’implementare questi concetti nell’aula scolastica può migliorare il
clima e la relazione educativa, compensando l’ansia d’apprendimento con un supporto del
gruppo all’autoefficacia. Anche in questo caso, vale l’avvertenza rispetto alla dimensione
etica del flow, che non è presente nell’esperienza solo perché questa è di buona qualità, ma
deve essere portata dalle persone che vi partecipano.
Kahneman (2002) integra questo discorso spiegando come mai esistano due sistemi per
cambiare totalmente opposti fra loro. Secondo l’autore le due vie si fondano su diversi
sistemi cognitivi:
sistema 1 - Intuizione: genera impressioni in riferimento agli oggetti percepiti e
pensati. Queste impressioni sono veloci, poco dispendiose dal punto di vista
cognitivo, possono avvenire in simultanea, non sono volontarie e raramente sono
consapevoli. Attraverso questo sistema passa il cambiamento bottom-up;
Il punto rilevante per questo elaborato è se il flow sia utile solo nella dimensione di
empowerment oppure possa essere anche “sfruttato” nell’apprendimento di capacità. In
Finding Flow: The classic work on how to achive happiness, Csikszentmihalyi (2002)
afferma che le capacità di una persona crescono quando questa cerca di avere altre
esperienze di flow e quindi di mantenere l’equilibrio dinamico tra sfida e capacità:
per rientrare in uno stato di flow - e quindi provare gioia durante lo svolgimento
dell’attività - il soggetto dovrà muoversi verso A4; quindi, nel caso si trovi in A2
dovrà aumentare il livello di difficoltà o trovare un avversario più esperto, mentre
nel caso A3 dovrà allenarsi e sviluppare le proprie capacità per far fronte alla sfida;
una volta raggiunto A4 il ciclo, essendo una situazione non stabile, ricomincerà
chiedendo di nuovo al soggetto di bilanciare il livello di capacità e di sfida.
Attraverso questo schema l’autore spiega come la crescita delle capacità di un soggetto
proceda dal punto di vista del flow. Come avvengono questi passaggi da A1 ad An?
Il flow rimane comunque un’esperienza di vita e come tale può essere letto attraverso i
modelli proposti dall’apprendimento esperienziale. All’interno degli approcci del
paradigma costruttivista, si può per esempio assumere a riferimento il modello elaborato da
Kolb (1984):
Esperienza concreta
Afferrare
(Apprehension)
Afferrare
(Comprehension)
Concettualizzazione
astratta
23
Il ciclo di Kolb prevede quattro tappe fondamentali disposte in una sequenza circolare:
esperienza concreta, osservazione riflessiva dell’esperienza, concettualizzazione astratta,
sperimentazione attiva. L’apprendimento, inoltre, si muove su due assi fondamentali: l’atto
dell’Afferrare l’esperienza (asse verticale), la sua rappresentazione figurativa e quello del
Trasformare (asse orizzontale). Che a loro volta si declinano in due parti. L’Afferrare si
divide tra Apprehension, riferito alle caratteristiche tangibili e percettive dell’esperienza, e
Comprehension, riferito alle rappresentazioni mentali, l’interpretazione teorica
dell’esperienza. Mentre sull’asse orizzontale si possono distinguere Trasformare per
Estensione, tramite la manipolazione attiva del mondo, e Trasformare per Intenzione,
attraverso un’attitudine riflessiva, un’introspezione verso il sé (Reggio, 2003).
Nel flow ritroviamo un’esperienza concreta, in una situazione specifica, di alta qualità,
ottimale, con motivazione intrinseca elevata, un profondo controllo e ordine nell’agire e il
tentativo di riprodurre la condizione appena sperimentata. Quello che non si trova
direttamente nell’esperienza ottimale sono la dimensione di riflessione e di
concettualizzazione astratta. I soggetti intervistati da Czikszentmihalyi e dal suo gruppo di
ricerca (2002) riportano che queste esperienze rimangono vividamente impresse nella loro
memoria, di come le rivivano e si siano sentiti bene. Non traspare una presa di coscienza
chiara delle capacità sviluppate: i soggetti migliorano la propria rappresentazione di sé
grazie all’esperienza gratificante e alla percezione di aver sviluppato della capacità
attraverso il superamento di una sfida impegnativa.
Questa rappresentazione di sé rischia tuttavia di rimanere una semplice percezione, a meno
che non venga elaborata e apprendimento diventi un’acquisizione consapevole, quindi
gestibile indipendentemente dal contesto specifico di attivazione. All’interno di
un’esperienza di flow il soggetto sviluppa delle capacità, ma per portare questo sviluppo a
livello di apprendimento e poterlo poi elaborare e rendere consapevole, dunque trasferibile
ad altri contesti, bisogna abbinare all’esperienza una riflessione, quel Trasformare per
Intenzione e Afferrare del secondo quadrante di Figura 1.1. Questo anche in coerenza con i
due sistemi di cambiamento identificati da Kahneman, il quale suggerisce che il metodo
migliore per favorire il cambiamento è l’uso di entrambi i sistemi, quindi il fare qualcosa
(esperienza, sistema 1: intuizione) e riflettere su quanto è stato fatto (Metacognizione,
sistema 2: ragionamento).
Da punto di vista formativo, ad ogni esperienza di flow bisognerebbe dunque abbinare un
momento di analisi e riflessione sull’esperienza, un debriefing onde evitare che l’unico
ricordo del vissuto sia la bella esperienza.
24
Il grande vantaggio per l’apprendimento costruito nell’ottica del flow, è principalmente
motivazionale: trovando una gratificazione intrinseca all’agire, il soggetto è molto
motivato a rimanere nell'attività che sta svolgendo, a rimanere nel flow. Oltre al fattore
motivazionale abbiamo, come già indicato in precedenza, lo sviluppo di autoefficacia, di
empowerment, che il soggetto guadagna nell’esperienza ottimale, il benessere nell’aumento
di complessità del sé.
7
Per il titolo di questo lavoro si è scelto di utilizzare un termine più comunemente riferito a questo tipo di
processo (“generalizzazione”), onde non incorrere in travisamenti circa il senso del contributo e riservandosi,
tuttavia, di chiarire meglio il discorso in fase di argomentazione.
25
simili soggettivamente da quanti devono eseguire il transfer, che determinano la probabilità
del transfer stesso (Rey, 1996; Gick e Holyoak, 1987).
La seconda concezione erronea riguarda le competenze trasversali, spesso ritenute,
riprendendo l’espressione di Tardif, “la pietra filosofale del transfer”. Generalmente, si
ritiene che le competenze trasversali sviluppate all'infuori di contenuti specifici siano
trasferibili a situazioni particolari. Il processo di elaborazione delle competenze trasversali
si basa invece su situazioni particolari che danno progressivamente luogo, grazie ad un
adeguato supporto pedagogico, a delle competenze trasversali che potranno in seguito
essere trasferite in altre situazioni particolari (Tardif, 1999).
Vi è poi la questione della rappresentazione del processo di transfer come semplice
generalizzazione degli apprendimenti. Questa terza concezione erronea e la sua relativa
critica si basano sul concetto che per ottenere un certo grado di trasferibilità un
apprendimento debba essere prima inserito in un contesto particolare, in linea con i principi
dell’apprendimento situato (Lave e Wenger, 1990). Il transfer si baserebbe, quindi, in un
primo momento su un processo di particolarizzazione degli apprendimenti in molteplici
contesti, e in seguito su un processo di generalizzazione. In questo modo il transfer è
supportato dal riconoscimento della situazione e non solo dal riconoscimento di criteri
astratti.
La quarta concezione erronea è probabilmente una delle più diffuse e riguarda
l’affermazione che l’intelligenza sia la risorsa cognitiva cruciale per mettere in atto il
transfer. Come richiama Tardif, si tratta di una convinzione particolarmente rischiosa,
soprattutto a livello scolastico, perché su questa base, il docente delega all’intelligenza
dell’alunno il compito di mettere in atto e sviluppare il transfer. In realtà, il fattore cruciale
per il transfer è proprio il grado di padronanza di conoscenze specifiche o di conoscenze
riguardanti il contenuto in oggetto (Tardif, 1999).
Il transfer come puro pensiero analogico è un'altra concezione erronea molto diffusa. Come
emerge dalle ricerche della Bracke (1998), il pensiero analogico non è che una parte del
processo di transfert transfer: l’accessibilità e l’elaborazione logica dei due elementi sono
tappe fondamentali quanto il mettere in analogia i due compiti.
Una sesta concezione erronea riguarda l’identificazione del transfer nel passaggio di un
determinato contenuto da una categoria di conoscenze (dichiarative, procedurali,
condizionali) a un'altra. Le ricerche di Anderson (1990) dimostrano che questi diversi
domini sono rappresentati nella memoria in aree e con modalità diverse. Si tratta quindi,
non di un transfer ma di una trasposizione cognitiva o della creazione di una nuova
26
rappresentazione nella memoria.
Il settimo punto dell’argomentazione elaborata da Tardif si riferisce alla costruzione di
conoscenze senza uno specifico riferimento a un contesto specifico, quelle tipicamente
insegnate in un contesto scolastico, e alla possibilità che queste possano essere in seguito
trasferite in altre situazioni e competenze. L’autore mette in luce che l’integrazione in una
competenza di una conoscenza costruita senza farvi riferimento specificatamente
costituisce un nuovo apprendimento e non un transfer.
Le ultime due concezioni riportate da Tardif, fanno di fatto riferimento al contesto
scolastico canadese, ma risultano comunque interessanti e applicabili in senso più ampio. Il
“mestiere di studente” contiene delle incitazioni al trasferimento degli apprendimenti
realizzati a scuola: questa concezione insita nel sistema d’istruzione va in contrasto con
quello su cui è poi messo l’accento durante le lezioni, nelle quali si pone molta più
attenzione alla decontestualizzazione degli apprendimenti piuttosto che alla loro
contestualizzazione e trasferibilità. Non vi è una contestualizzazione degli apprendimenti
scolastici entro la storia personale dello studente e questo stato di cose è ostativo al
potenziamento della realizzazione di transfer.
L’ultima concezione è in stretta relazione con la precedente e si riferisce all’idea che
l’organizzazione del lavoro a scuola porti gli insegnanti a creare il maggior numero di
situazioni significative nell’ottica di sviluppare il transfer. Al contrario, sostiene Tardif,
essendo la scuola impostata sulla divisione degli insegnamenti e la non contaminazione tra
i diversi campi disciplinari, gli insegnanti difficilmente trovano spazi per promuovere
situazioni per la realizzazione del transfer degli apprendimenti.
Sgombrato il campo dalle principali concezioni erronee attorno il concetto di transfer degli
apprendimenti, si può passare ora a definire la dinamica di processi entro la quale questo si
realizza.
Fondamentalmente, in una situazione di transfer degli apprendimenti il soggetto ri-
contestualizza entro un compito mirato delle conoscenze costruite o delle competenze
elaborate entro un compito di origine. Un avvertenza è debita, non tutte le volte che delle
conoscenze o delle competenze sono riutilizzate ci si trova in una situazione di transfer
degli apprendimenti, esempio come nel caso in cui non sia richiesto un adattamento
dell’apprendimento, ma solo una semplice applicazione. In definitiva ogni transfer deve
portare alla realizzazione di nuovi apprendimenti.
Tardif (1999) pone l’accento sul fatto che il transfer si basi su un forte coinvolgimento e
un’alta motivazione del soggetto che deve svilupparlo e indica tre vincoli principali:
27
il rapporto pragmatico con la conoscenza: rendere consapevole il soggetto che
quanto appreso rappresenta un importante strumento di riflessione che gli permette
di sviluppare la sua comprensione dell’azione rispetto a dei compiti mirati;
I primi due vincoli possono essere riletti nella situazione di flow in cui si ha come rapporto
pragmatico con la conoscenza la possibilità di vivere esperienze gratificanti e accrescenti
in altri compiti oltre a quelli nei quali si è già sperimentato il flow. A questo stessa
dimensione si può ricollegare un supporto alla motivazione. Il terzo vincolo invece può
essere inserito nell’ottica di elaborazione e riflessione successiva 8 proposta nella
apprendimento esperienziale.
Tardif schematizza la dinamica del transfer in sette processi sequenziali:
8
Vedi prima, p. 1.4
28
Figura 1.2 Dinamica dei processi che compongono il transfer degli apprendimenti
1. Codifica degli
apprendimenti
7. Generazione di 2.
nuovi Rappresentazione
apprendimenti del compito mirato
3. Accessibilità alle
6. Valutazione della conoscenze e
validità della messa competenze nella
in corrispondenza memoria a lungo
termine
4. Messa in
5. Adattamento corrisponedenza
degli elementi non degli elementi del
corrisponendenti compito mirato col
compito iniziale
In un primo momento è necessaria una codifica degli apprendimenti, questa può essere
fatta attraverso la contestualizzazione degli stessi (organizzandoli, stendendone le relazioni
e/o catalogandoli in ordine condizionale) con riferimento a quando e perché vengono
impiegati. Il secondo processo consiste nel preparare una rappresentazione del compito
mirato, attraverso un’analisi dello stesso: gli obiettivi, i vincoli, distinguendo tra dati
strutturali e dati superficiali e sviluppando in definitiva un modello mentale del compito.
Con l’accessibilità alle conoscenze e alle competenze nella memoria a lungo termine Tardif
si riferisce a un momento di recupero, di attivazione delle conoscenze e delle competenze
antecedenti in modo di averle ben presenti e a disposizione. A questo punto si tratta di
mettere in corrispondenza gli elementi del compito mirato e quelli del compito iniziale,
definendo le relazioni di similarità e quelle di differenza, facendo una selezione delle
29
conoscenze e competenze che si vogliono trasferire. Una volta chiare le relazioni che
intercorrono tra i due compiti, vanno adattati gli elementi che non corrispondono,
conciliando le differenze e inferendo nuovi legami. La fase successiva consiste nel valutare
quanto fatto, mettendo in corrispondenza i due compiti, per determinare lo scarto tra
compito mirato e compito di origine, e la probabilità di riuscita del transfer. In
chiusura/apertura della dinamica vi è la generazione di nuovi apprendimenti, caratterizzata
dall’estrazione di nuove conoscenze e competenze, l’organizzazione e catalogazione
condizionale delle stesse.
Ovviamente, data la natura dinamica del modello del transfer delle competenze, in ogni
momento è possibile un ritorno ai processi precedenti per eventuali adattamenti.
30
Attualmente, nel mondo dei videogiochi si possono distinguere due orientamenti
principali: all’interno della corrente che si concentra sullo sviluppo apposito di
videogiochi, si distinguono l’edutainment (giochi sviluppati con l’apposito fine di
stimolare una particolare capacità) e i serious game (giochi con fini diversi dal semplice
intrattenimento del giocatore, come nel caso della comprensione di una determinata
situazione sociale). Il secondo orientamento è quello dell’impiego di giochi tradizionali a
fini educativi (traditional games for serious purpose), ovvero, la rilettura di un gioco
originariamente sviluppato senza un esplicito fine educativo o didattico; questa via è di
lunga tradizione per quanto riguarda i giochi cartacei ma solo negli ultimi anni si sta
incominciando a sperimentare con i videogiochi (Engenfeldt-Nielsen, Smith e Tosca,
2008).
Il discorso finora affrontato può offrire un apporto a entrambe le vie. Per quanto riguarda i
serious game e l’edutainment si possono estrapolare criteri utili per la progettazione:
la possibilità d’implementare un sistema che regoli il livello di difficoltà
dinamicamente in relazione alle capacità del soggetto;
la dichiarazione esplicita dei fini e degli obiettivi che si vogliono perseguire nei
vari momenti del gioco;
lo sviluppo di interfacce che diano un chiaro e veloce feedback in relazione alla
performance dell’utente;
la progettazione del videogioco e del sistema d’interfaccia con attenzione alle
intenzioni, in modo da massimizzare il livello di presenza e di presenza sociale;
la previsione di momenti di recupero dell’esperienza, di rallentamento e analisi, per
consentire al soggetto di afferrare e trasformare quanto sviluppato;
l’offerta al soggetto di molteplici situazioni particolari, e se possibile il supporto al
processo di transfer, mettendo in evidenza gli elementi in comune e le strategie
possibili;
il collegamento, laddove possibile, tra il contesto sociale del giocatore e le
situazioni proposte.
Con riferimento invece all’uso dei videogiochi tradizionali a fini educativi si possono
elaborare dei criteri di lettura per scegliere in modo consapevole i videogiochi:
Che tipo d’intenzioni mi permette di realizzare questo videogioco?
Riesco a comprendere le intenzioni degli altri attori presenti in esso?
E’ chiaro cosa si deve fare?
31
Mentre si gioca, è chiaro se si sta andando bene o male?
Che tipo di situazioni deve affrontare il giocatore?
Sono presenti molteplici situazioni?
E’ possibile creare un collegamento tra queste diverse situazioni?
Il videogioco rispetta il diverso livello di capacità dei giocatori?
Il videogioco si adatta alla curva d’apprendimento del giocatore?
Infine, si sottolinea la tappa del debriefing dell’esperienza come momento fondamentale
per trarre il massimo delle potenzialità dall’uso dei videogiochi in contesti educativi
(Engenfeldt-Nielsen, Smith e Tosca, 2008).
Un utente di videogiochi che si muova in ambienti conformi a questi criteri vede tutelata la
possibilità di trasformare queste esperienze, e le capacità in esse sviluppate, in occasioni di
apprendimento trasferibile, anche in assenza di momenti o occasioni di riflessione
sistematica (passaggio comunque consigliabile). Quest’ambito di ricerca e riflessione è ad
oggi ancora largamente trascurato, fatta eccezione per la proposta di Engenfeldt-Nielsen
(2005), il quale ha condotto una ricerca sull’introduzione dei videogame strategici a sfondo
storico nelle classi elementari danesi.
In quest’ottica viene proposto il contributo empirico di questo elaborato.
32
Capitolo 2
Come illustrato nel precedente capitolo, cercando di costruire un quadro di comprensione integrato
che ponga in relazione la teoria dell’interazione situata, i concetti di stato di flow, di apprendimento
esperienziale e di transfer, si delineano le condizioni per la realizzazione di esperienze di
apprendimento attraverso i videogiochi.
Lo studio che viene descritto in questo capitolo ha come principale finalità il tentativo di vagliare
empiricamente le potenzialità d’apprendimento e di flow dei videogiochi sviluppati con finalità di
puro intrattenimento e quindi basati più su aspetti motivazionali che cognitivi. Parallelamente, si
sono volute esplorare le rappresentazioni dei videogiochi, del loro potenziale di apprendimento e
delle caratteristiche dei loro utenti.
Il lavoro si sviluppa in tre fasi di rilevazione principali:
Fase 1 (Q1): rilevazione delle rappresentazioni sui videogiochi e, nello specifico, sul
rapporto tra videogiochi e apprendimento;
Fase 2: esperienza di gioco on-line (G) e successiva compilazione di un
questionario (Q2) sulla percezione della qualità e del potenziale di apprendimento
dell’esperienza, proposta a un sottocampione della Fase 1;
Fase 3: Focus group (F) con i partecipanti della Fase 2 a una settimana dal
completamento della stessa.
Riassumendo:
Q1 G Q2 F
33
2.2 Fase 1
2.2.1 Metodo
A) Materiali
B) Partecipanti
Il questionario è stato somministrato on-line a studenti del primo anno della Facoltà di
Scienze della Formazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (C1) e a
studenti del terzo anno del corso di laurea di Scienze dell'Educazione (indirizzo Infanzia e
Servizi persona) della stessa università (C2). Questa scelta nella selezione del campione è
stata fatta, a scapito di un campione casuale, per rilevare l’atteggiamento dei futuri
formatori ed educatori in questo ambito d’indagine.
Il questionario è stato inoltre reso disponibile con un campionamento a “palla di neve” a un
pubblico più eterogeneo attraverso reti sociali digitali (C3), questo per avere un termine di
paragone, rispetto alle opinioni di formatori, dato dal senso comune. La distribuzione dei
partecipanti è illustrata in Figura 2.1.
34
Figura 2.1 – Distribuzione del campione rispetto alla provenienza dei partecipanti
37,40%
45,53% UCSC 1° anno
UCSC 3° anno
Rete
17,07%
35
Figura 2.2 – Distribuzione del campione in base al genere (a) e all’età (b)
a b
9,76%
11,38% 14-20
30,89% 34,96%
M 21-25
F 26-32
69,11%
>33
43,90%
Al fine di mettere in luce l’eterogeneità dei rispondenti rispetto alla professione, non si è
ritenuto di raggruppare le diverse tipologie in macro-categorie. Rispetto alle 9 possibilità di
risposta proposte nel questionario (si veda Appendice 1), il 73,98% del campione risulta
formato da studenti universitari, tuttavia, tutte le categorie professionali sono rappresentate
(si veda Figura 3.3). La distribuzione dell’età del campione rispetto alla professione risulta
statisticamente significativa (X2(24, N=123)=70,607; p<0,001).
1,63% 4,88%
0,81%
1,63%
6,50% Studente Uni.
Studente Sup.
4,88%
Libero Professionista
Docente
Aritgiano
3,25%
Commerciante
Dirigente
2,44% 73,98% Impiegato
Non occupato
36
L’82,9% dei partecipanti ha già avuto esperienze di videogiochi. Nel caso dei soggetti che
rispondevano negativamente, il questionario reindirizzava automaticamente chiedendo di
proseguire nella compilazione sulla base della rappresentazione soggettiva del giocatore di
videogiochi e delle caratteristiche dei videogiochi stessi.
La distribuzione del campione in base al genere e alla provenienza, rispetto all’esperienza
di gioco sono statisticamente significativi (rispettivamente: genere: X2(1, N=123)=11,321;
p<0,001; provenienza: X2 (2, N=123)=6,511; p<0,05).
Le opzioni di risposta per le domande chiuse sono state tratte dalla letteratura. Nel caso
invece delle domande aperte, le risposte sono state codificate sulla base del contenuto
creando categorie ad hoc (si veda Tabella 2.1)
Categorie Descrizione
Stare insieme, tenere Puoi giocarci anche da solo, ci si può svagare anche con
compagnia gli amici, non si soffre la solitudine
Nessuno Nessuno
37
Indica un aspetto negativo dei videogiochi:
Categorie Descrizione
Categorie Descrizione
38
Caratteri cognitivi Buona memoria, buona memoria visiva, osservatore,
(memoria,attenzione) attento ai dettagli, scrutatore, intuitivo, creativo,
Categorie Descrizione
I dati sono stati trattati statisticamente con il software SPSS. Vengono commentati i dati
significativi al test del chi quadro.
In primo luogo, è stato chiesto di indicare un aspetto positivo e uno negativo dei
videogiochi. Diversamente da quanto comunemente ritenuto, la distribuzione delle risposte
dei partecipanti non risulta influenzata dal genere, dall’esperienza di gioco, dalla
provenienza né dall’età, tuttavia le categorie di risposta indicate dai partecipanti sono
statisticamente molto significative (aspetto positivo: X2(13, N=123)=174,525; p<0,001);
aspetto negativo: X2 (11, N=123)=163,146; p<0,001).
Sebbene, come prevedibile, la maggior parte dei partecipanti associ il videogioco a
momenti di divertimento (29,3%) e di relax (29,3%), è interessante notare come oltre un
terzo delle risposte (34,1%; si veda Figura 3.4) evidenzi la potenzialità dei videogiochi di
sviluppare capacità sia in termini di ragionamento (logica, strategia, ecc.) che di
39
coordinazione motoria (riflessi, tempi di reazione, ecc.). Alcune delle risposte all’interno di
questa categoria fanno esplicito riferimento alla valenza educativa dei videogiochi
(“Spesso hanno una storia che ti fa capire molte cose che accadono anche nella vita reale”).
Figura 2.4 – Distribuzione percentuale delle risposte alla domanda sugli aspetti postivi dei
videogiochi.
34,15%
29,27% 29,27%
4,07%
1,63% 1,63%
Anche nel caso degli aspetti negativi, incuriosisce il fatto che, non risultando differenze in
base all’esperienza di gioco, le categorie di risposta più frequenti, facilmente accomunabili
alle campagne mediatiche contro i videogiochi, trovino d’accordo sia coloro che non
giocano, sia coloro che, di fatto, fruiscono anche in modo assiduo dei videogiochi (si veda
per i dettagli in Figura 2.5). Diverse invece le critiche di chi lamenta difficoltà
nell’accessibilità (6,5%), quindi nell’uso dei videogiochi, osservazione facilmente
ricollegabile al ruolo delle interfacce9 nel rafforzare la qualità dell’esperienza del soggetto
aumentandone il livello di presenza e presenza sociale nel videogioco.
9
Si veda a questo merito il par. 1.2.1.D
40
Figura 2.5 – Distribuzione percentuale delle risposte alla domanda sugli aspetti negativi dei
videogiochi.
42,98%
23,14%
12,40%
9,92%
6,61%
4,13%
0,83%
41
Figura 2.6 – Percentuali di distribuzione delle risposte alla domanda sulla competenza nei
videogiochi
30,00%
25,00% 24%
23%
20,00% 18%
15%
15,00% 14%
12% 12%
10,00%
5%
5,00%
0,00%
1 2 3 4 5 6 7 8
42
Per quanto riguarda le abitudini di utilizzo, il campione risulta costituito al 70,73% da
giocatori occasionali, con un’incidenza del genere sulla risposta (X 2 (3, N=123)=33,615;
p<,001): l’85,9%, delle donne gioca in modo occasionale contro il 36,8% degli uomini; il
28,9% degli uomini ha una media di 3–4 sessioni di gioco a settimana.
La maggior parte dei giocatori (69,10%) ha sedute di gioco di durata tra 30 minuti e 2 ore
(si veda Figura 2.7 a). Coerentemente con i risultati precedenti, anche in questo caso
emerge una differenza di genere (X2 (4, N=123)=31,154; p<,001): le donne si orientano
soprattutto alla fascia d’uso medio – bassa, mentre gli uomini su quella medio – alta e sono
gli unici giocatori con sedute di oltre 5 ore (23,5%).
Figura 2.8 - Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto alla frequenza (a) e alla
durata (b) delle sedute di gioco
a
8,94%
10,57%
Tutti i giorni
3 - 4 volte
9,76%
1 - 2 volte
70,73% occasionalmente
b
0,81% 6,50%
23,58%
5 ore o più
3 - 4 ore
1 - 2 ore
38,21%
mezz'ora
30,89% qualche minuto
43
Figura 2.9 – Tempo di gioco per sessione in base al genere
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
Avventu Rompica Simulazi Strategi Musical
Quiz RPG Sport Azione
ra po one a e
Off-line 36,6% 39,8% 26,8% 23,6% 29,3% 39,0% 32,5% 18,7% 20,3%
On-line 13,8% 48,8% 26,0% 16,3% 13,0% 8,9% 25,2% 8,1% 15,4%
Le domanda “Quando giochi lo fai…”, ci permette di avere delle informazioni sul tipo di
situazione in cui il giocatore fruisce di videogiochi; ai soggetti era presentata una lista a
scelta singola: il 55,28% dichiara di giocare prevalentemente da solo. Questo dato sarà
determinante per la scelta del metodo di somministrazione della seconda fase di ricerca e
della sua validità ecologica 10.
Figura 2.11 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto alla situazione di gioco
10
Si veda oltre, paragrafo 2.3.1 A
45
E’ stata poi proposta una domanda a scelta multipla che indagava l’autopercezione dei
partecipanti in quanto giocatori. Come si può evincere da Figura 2.12 la maggioranza dei
soggetti ritiene di essere un giocatore controllato (58,5%).
Figura 2.12 – Distribuzione percentuale delle risposte nelle auto-attribuzioni come tipo di
giocatore
70,0%
58,5%
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
19,5% 17,9% 19,5%
20,0%
10,0%
0,0%
Impulsivo Pianificatore Emotivo Controllato
46
L’ultima domanda di quest’area chiedeva di attribuire tre tratti caratteristici al buon
giocatore, allo scopo di delineare la rappresentazione del giocatore abile ed efficace..
Dalla distribuzione presentata in Figura 2.14, si può notare come la dimensione di
controllo/calma sia quella proposta con maggiore frequenza sia come prima (44,1%; X2(8,
N=118)=136,898; p<,001) sia come seconda (25%; X2(9, N=116)=59,690; p<,001) scelta.
La terza scelta è invece maggiormente distribuita entro le diverse categorie, con due picchi
relativi sulle categorie “abile” (17,8%) e “controllato” (14,9%; (X2(9, N=101)=23,851;
p<0,01).
50,0%
45,0%
40,0%
35,0%
30,0%
25,0%
20,0%
15,0%
10,0%
5,0%
0,0%
Car
Abilità Consape Controll Appassi Fortuna
Abile Esperto Cognitiv Furbo Stratega
sociali vole ato onato to
e
1 3,4% 10,2% 44,1% 11,0% 6,8% 3,4% 5,9% 10,2% 5,1% 0,0%
2 0,9% 8,6% 25,0% 19,0% 7,8% 11,2% 8,6% 12,9% 5,2% 0,9%
3 4,0% 9,9% 14,9% 17,8% 5,9% 10,9% 12,9% 12,9% 9,9% 1,0%
Riassumendo i dati raccolti in merito alla tipologia di giocatore e alle sue attribuzioni,
emerge che i partecipanti si ritengono poco esperti: il 47,97% si colloca tra il primo e il
terzo livello sugli otto possibili. Si tratta di giocatori occasionali (70,73%), che giocano
prevalentemente da soli (55,28%) e le cui sedute di gioco durano tra la mezz’ora e le due
ore (69,1%). Le tipologie di gioco in assoluto più utilizzate sono i Quiz e i giochi
strategici, on-line vengono utilizzati i Rompicapo e off-line giochi di Sport e d’Avventura.
47
In generale i partecipanti si ritengono giocatori controllati (58,5%) e attribuiscono al
giocatore ideale i tratti dell’abilità e del controllo. Queste informazioni acquisteranno
maggiore rilevanza nella seconda fase della ricerca, quando si analizzeranno i
comportamenti di gioco dei partecipanti in relazione all’eventuale esperienza di flow e
percezione di apprendimento.
La terza macro-area del questionario, “La tua esperienza di gioco”, ha approfondito il
vissuto del giocatore durante la seduta di gioco e la sua rappresentazione dell’esperienza
videoludica. In primo luogo era chiesto di definire con un aggettivo il tempo speso usando
i videogiochi, per andare a vagliare la connotazione data a queste esperienze e il
corrispondente atteggiamento dei giocatori. Come si può evincere da Figura 2.15, una
buona fetta di soggetti (41,46%) si riferisce al tempo speso con i videogiochi in modo
positivo e attivante, questo dato è particolarmente importante in riferimento alle condizioni
che facilitano l’esperienza di uno stato di flow11. Allargando questa categoria a contenere
sia chi vi si riferisce come rilassante sia come attivante, otteniamo un 65.85% del
campione che si trova a suo agio mentre usa i videogiochi.
Figura 2.15 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto alla definizione del tempo
trascorso con i videogiochi
5,69%
28,46% Perso/alienante
24,39% Positivo/attivante
Rilassante
Generico
41,46%
11
Si veda in merito il paragrafo 1.3.3.
48
Con la domanda successiva si è entrati maggiormente nel dettaglio riguardo a come il
soggetto si senta durante il tempo di gioco. La modalità di risposta, una scala Likert a
quattro livelli, ha permesso, non solo di conoscere lo stato del soggetto mentre gioca, ma
anche le sfumature rispetto ai diversi stati. Gli item sono stati elaborati tenendo presente le
dimensioni dell’esperienza di flow. Nella Figura 2.16 a ogni item è stata abbinata la moda
di risposta insieme alla media, utile in questo caso per leggere la tendenza, verso l'alto o
verso il basso, della risposta stessa.
I dati rilevati attraverso questa domanda sono incoraggianti rispetto alla possibilità di flow
all’interno dei videogiochi, infatti, le dimensioni rilevanti per tale esperienza (coinvolto,
concentrato, attivato, soddisfatto, motivato, distaccato dalla realtà, capace, perdi la
concezione del tempo), hanno quasi tutte ottenuto una valutazione medio – alta, mentre gli
elementi che contrastano l’esperienza di flow (stanco, nervoso, frustrato, annoiato) hanno
ottenuto una valutazione tra il medio – basso e il basso.
La domanda di chiusura di questa sezione indagava la persistenza del coinvolgimento
nell’attività di gioco, chiedendo se il soggetto rielaborasse le situazioni incontrate nel
contesto videoludico anche mentre non stava giocando. La domanda è stata lasciata aperta,
per consentire ai soggetti di portare esempi ed esperienze a riguardo. I dati sono stati
categorizzati in modo dicotomico (si veda Figura 2.17), per essere trattati dal punto di vista
statistico.
Il 39,84% dei soggetti sostiene di recuperare l’esperienza di gioco nel tentativo di
migliorare le proprie strategie di gioco, e questo senza una stimolazione diretta. Questo ci
dà un primo dato circa l’influenza che l’esperienza di gioco esercita sul soggetto,
soprattutto considerando che il campione di riferimento è costituito da giocatori
occasionali che non si ritengono particolarmente abili e che di conseguenza potrebbero non
avere grandi spinte motivazionali verso i videogiochi. A riprova di questa ipotesi di lettura
del dato, emerge una differenza statisticamente significativa delle risposte in base
all’esperienza di gioco: solo il 4,76% di quanti hanno esperienza sostiene di non pensare
mai a situazioni di gioco fuori contesto (X2(1, N=123)=12,999; p<,001), tra quanto invece
non hanno esperienza il 47,06% indica che nella sua rappresentazione del giocatore questo
non ripensa alle esperienze di gioco in altri contesti.
49
Figura 2.16 – Moda e media rispetto ai diversi stati del soggetto mentre gioca
Totalmente d'accordo 4
3,22
3 3,05 3 3 3 3 3 3
Abbastanza d'accordo
2,84 2,86
2,75
2,54 2,54 2,57 2,53
2,49
2,33
2,19
Parzialmente d'accordo 2 2 2,02 2 2 2
1,80
1,61
1,43
12
Si veda in merito il paragrafo 1.3.3.
51
Figura 2.17 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto alla rielaborazione esterna
di situazioni videoludiche
39,84%
Sì
60,16% No
52
N=123)=4,626; p<,05) sulla convinzione del potenziale di apprendimento dei videogiochi:
lo scarto tra quanti ritengono che non si possa imparare con i videogiochi e che ne hanno
esperienza e chi invece non ne ha è del 17,2%, un’ipotesi di lettura di questo dato è che
quanti hanno sperimentato i videogiochi abbiano una rappresentazione più chiara e
attendibile delle risorse attivate e investite nell’esperienza di gioco, mentre coloro che si
basano su una rappresentazione non esperienziale non riescono a vederne le implicazioni a
medio-lungo termine, al di là dell’immediata gratificazione.
Figura 2.18 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto alla possibilità d’imparare
dai videogiochi
13,82%
Sì
No
86,18%
53
Figura 2.19 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto alla possibilità di imparare
dai videogiochi in base all’esperienza di gioco dei soggetti
I contenuti di apprendimento vengono indagati nella domanda successiva con una lista
a scelta multipla. In aggiunta alle categorie proposte, i soggetti hanno inserito - sfruttando
l’opzione “altro” - abilità fisiche (riflessi e coordinazione) e lingue. Le risposte indicano
che si possono apprendere soprattutto abilità cognitive e nozioni, ovvero gli aspetti cui è
fatto appello in maniera più diretta durante l’uso di un videogioco. Sull’affermazione circa
la possibilità di apprendere nozioni, in particolare, incide l’età dei rispondenti (X2(3,
N=123)=8,952; p<,05): le fasce tra i 21-25 anni (54,41%) e i 26-32 anni (71,43%) sono più
inclini a ritenere che si possano acquisire informazioni dai videogiochi. Questo dato può
essere letto in ottica generazionale, infatti, tra i 20 e i 30 anni, pur essendo già nati
all’interno di una cultura dei videogiochi, i soggetti hanno avuto più modo e occasione di
sperimentarli ed elaborare qualche convinzione in merito, al contrario, gli adolescenti
(14/20 anni) potrebbero ancora essere in una fase di fruizione prevalentemente centrata
sull’intrattenimento, con un uso non consapevole.
54
Figura 2.20 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto ai possibili apprendimenti
nei videogiochi
60,0% 56,1%
48,8%
50,0%
40,0%
30,0%
22,0%
18,7%
20,0% 16,3%
11,4%
10,0% 5,7%
1,6%
0,0%
Atteggiame Informazion Comportam Abilità Abilità Consapevol Abilità
Lingue
nti i enti Relazionali cognitive ezza di se fisiche
22,0% 48,8% 18,7% 11,4% 56,1% 16,3% 5,7% 1,6%
55
In seguito si è spostato il focus su cosa i soggetti ritengono di aver sviluppato e imparato
attraverso l’uso dei videogiochi e su come imparano a giocare.
La percezione delle capacità e delle conoscenze migliorate è stata rilevata attraverso una
scala Likert a quattro livelli, questa modalità è stata scelta per ottenere non solo una lista di
aree che i soggetti ritengono di aver sviluppato, ma anche i rispettivi livelli di questo
sviluppo. Con riferimento alle capacità, la Figura 2.22 riassume le risposte; a ogni item è
stata abbinata la moda di risposta insieme alla media, utile in questo caso per leggere la
tendenza, verso l'alto o verso il basso, della risposta stessa.
Dalla Figura 2.22 si evince che i soggetti ritengono la prontezza dei riflessi, l’attenzione ai
dettagli, la concentrazione, l’intuito e la capacità di visualizzazione le aree che più sono
sviluppate con l’uso dei videogiochi. Dall’analisi statistica è risultata una significatività
dell’esperienza con i videogiochi su alcune dimensioni: la capacità di decidere
velocemente (X2(3, N=123)=9,083; p<,05), la capacità di elaborare delle strategie efficaci
(X2(3, N=123)=9,749; p<,05), la capacità d’analisi (X2(3, N=123)=8,041; p<,05) e la
capacità di visualizzazione (X2(3, N=123)=8,859; p<,05). Un confronto è proposto in
Figura 2.23.
56
Figura 2.22 – Distribuzione delle risposte circa le capacità che i soggetti ritengono di aver sviluppato utilizzando i videogiochi
Molto
Abbastanza
Un po'
Per niente
Capacità di
persistenz
Capacità di Capacità di Capacità di Capacità di
a nel Flessibilità Capacità di Capacità di
Prontezza Attenzione gestire decidere Attenzione gestire Concentra elaborare Capacità di Capacità
raggiungim Autostima rispetto al pianificazio Intuito visualizzazi
di riflessi prolungata situazioni velocemen ai dettagli scenari zione strategie leadership d'analisi
ento contesto ne one
complesse te complessi efficaci
dell'obietti
vo
Moda 3 2 1 2 2 3 2 1 3 2 2 3 2 1 2 3
Media 2,34 2,13 1,90 2,31 2,44 2,56 2,15 1,77 2,46 2,10 2,26 2,42 2,32 1,76 2,21 2,40
Figura 2.23 – Distribuzione percentuale delle risposte circa le capacità sviluppate in base
all’esperienza di gioco
Molto
Abbastanza
Un po'
Per niente
Capacità di
Capacità di decidere Capacità di
elaborare strategie Capacità d'analisi
velocemente visualizzazione
efficaci
Moda con Esp 3 3 2 3
Media con Esp 2,54 2,43 2,31 2,51
Moda 2 2 2 3
Media 2,44 2,32 2,21 2,40
In Figura 2.23 le prime due colonne di ogni raggruppamento di quattro rappresentano i dati
filtrati delle risposte di quanti hanno esperienza nei videogiochi. Tramite quest’operazione
vi è un rialzo medio del 4,5% nella media, in oltre nella capacità di decidere velocemente e
nella capacità di elaborare strategie efficaci vi è un cambio di moda.
Coerentemente con le modalità assunte per la rilevazione delle capacità, anche nel caso
della valutazione delle conoscenze sviluppate è stata proposta una scala Likert a quattro
livelli. Nel grafico riportato in Figura 2.24, a ogni item è stata abbinata la moda di risposta
insieme alla media, la media in questo caso serve di riferimento per leggere la tendenza,
verso l’alto o verso il basso, della risposta. Da questo grafico si può notare che il tipo di
conoscenza che i soggetti ritengono di aver maggiormente sviluppato con l’uso dei
videogiochi è quella linguistica.
58
Figura 2.24 – Distribuzione delle percentuali di risposta alla domanda sulle conoscenze che
i soggetti ritengono di aver sviluppato utilizzando i videogiochi
Molto
Abbastanza
Un po'
Per niente
Storiche Geografiche Culturali Economiche Linguistiche
Moda 1 1 2 1 3
Media 1,76 1,91 2,15 1,49 2,29
59
Figura 2.25 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto all’approccio a un nuovo
videogioco
80,0%
70,0%
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
Cerchi info
Esplori il gioco Leggi il manuale Tutorial Ti fai spiegare
online
72,4% 24,4% 12,2% 32,5% 27,6%
13
Si veda paragrafo 1.3.1.
60
Figura 2.26 - Distribuzione delle percentuali di risposta sugli stati emotivi che i soggetti
vivono nell’approccio a un nuovo videogioco
Molto
Abbastanza
Un po'
Per nulla
Disorientato Emozionato Sicuro Curioso Tranquillo
Moda 2 3 2 4 3
Media 2,25 2,35 2,01 3,34 2,89
L’ultima domanda del questionario mira a vagliare la posizione dei rispondenti rispetto alla
possibilità di trasferire ad altri contesti l’esperienza acquisita all’interno del videogioco. La
domanda è aperta, per dare ai soggetti la possibilità di portare esempi e commenti. In
Figura 2.27 la distribuzione dicotomica.
Generalmente, i videogiochi non presentano elementi di supporto al trasferimento
dell’esperienza, ciò nonostante, il 20,33% degli utenti sostiene di essersi servito di abilità
simili, o di aver incontrato situazioni collegabili a quelle di gioco.
Quanti rispondono in modo affermativo, portano vividi resoconti di queste esperienze, di
seguito vengono riportate alcune delle risposte:
“Sì, in alcuni giochi devi riuscire ad adattarti con quello che hai a disposizione,
armi, cibo, vestiti, qualunque cosa, spesso mi è capitato di far fronte ai problemi
utilizzando come nel caso dei videogiochi, ciò che avevo intorno o con me al
momento per trasportare oggetti sulla bici in mancanza totale di apposite strutture
portapacchi”;
“Gioco spesso a un gioco di investigazione (tipo CSI) e quando scompare qualcosa
a casa cerco di scoprire quale componente della mia famiglia sia il colpevole”;
“Io faccio prevalentemente giochi gestionali quindi in generale giocando alla
gestione di un centro commerciale, di un chiosco di limonate, di un centro
61
benessere imparo a gestire più cose contemporaneamente, il fattore tempo, clienti,
qualità del servizio, prezzo, spese e guadagni. guardare a più fattori
contemporaneamente sia quando svolgo una attività sia quando mi trovo ad
osservare una realtà commerciale. spesso mi trovo a giudicare esercizi commerciali
in base ai fattori che sono gli stessi che mi trovo a dover soddisfare nel gioco”;
“Mi è capitato di dover rifare alcuni esercizi sportivi fatti con Nintendo Wii sport”;
“Sì, girando in pista a Monza ho seguito i consigli di f12007”;
“Diablo - pianificazione dell'albero della abilità (se sbagli a scegliere perdi
parecchio tempo e sei svantaggiato nel gioco , min-max strategies ) - si riflette nelle
scelte di studio e di apprendimento nella vita”;
“Sì. In alcuni giochi con ambientazioni reali mi hanno facilitato nell'orientarmi”.
Da questi commenti emergono due elementi interessanti, il primo è che queste persone
hanno tratto dei vantaggi nella loro esperienza quotidiana da quella sviluppata all’interno
dei videogiochi; il secondo è che nonostante vi sia stato un transfer, il confine tra le due
dimensioni rimane ben chiaro, questo in controtendenza rispetto alle critiche generalmente
mosse dall’opinione pubblica ai videogiochi e ai suoi utenti.
20,33%
Sì
No
79,67%
Le informazioni raccolte attraverso questa prima fase della ricerca sono incoraggianti, non
emergono differenze significative tra il senso comune e le opinioni dei futuri
formatori/educatori, rispetto alla possibilità d’imparare in contesti videoludici ed entrambi
62
dimostrano un atteggiamento generalmente positivo al riguardo.
Dopo un breve lasso di tempo un sottocampione della Fase 1 è stato ricontattato per la
seconda fase, questo è interamente composto da futuri formatori/educatori.
2.3 Fase 2
2.3.1 Metodo
A) Materiali e procedura
Figura 2.28 – Schermate di gioco delle due esperienze proposte: Flow (a) e GateWay 2 (b)
a b
63
Il primo gioco - Flow14 - è stato sviluppato (Chen, 2007) cercando di tenere presenti i
criteri dell’esperienza ottimale, questo non con fini d’apprendimento ma per massimizzare
la longevità del gioco. In quest’ottica il gioco implementa un sistema di adattamento
dinamico del livello di difficoltà cercando d’incontrare le capacità del giocatore. La scopo
del gioco è far mangiare il proprio personaggio e sconfiggere gli avversari per evolvere in
diversi organismi. Il secondo gioco – GateWay 215 - propone invece una serie di sfide di
pensiero laterale abbastanza impegnative. In questo caso nessuno dei criteri dell’esperienza
ottimale è stato tenuto presente, il livello di difficoltà non si adatta in modo dinamico alle
capacità del giocatore, ma aumenta in modo graduale. Lo scopo del gioco è ricostruire la
storia del conflitto in una famiglia.
Tra i due giochi vi è una rilevante differenza di difficoltà e d’impegno di risorse cognitive.
L’adottare due videogiochi così differenti dal punto di vista strutturale è stato fatto per
mettere in luce le differenze tra situazioni costruite con l’intento di stimolare il flow e
quante invece no, questo non implica che non ci sia la possibilità di avere esperienze
ottimali anche in questo caso.
I soggetti coinvolti rappresentano la prima tranche di uno studio ancora in corso, questa
fase serve a capire gli orientamenti e le possibilità di quest’approccio di ricerca.
Dopo una sessione di gioco on-line di almeno 5 minuti, i soggetti hanno risposto ad un
questionario sempre somministrato on-line. In questo caso sono state presentate 15
domande eterogenee quanto a modalità di risposta (scelta multipla, scelta singola, scala
Likert, domanda aperta; si veda Appendice 2) organizzate in 3 macro aree:
situazione di gioco: le prime domande erano funzionali alla ricostruzione delle
condizioni in cui il soggetto ha usufruito del gioco;
esperienza di gioco: con queste domande si è voluto indagare come il soggetto
avesse vissuto l’esperienza e quali qualità avesse attribuito16. Per questa sezione
sono stati ripresi gli item della Flow State Scale di Jackson e Marsh (1996) tradotta
e validata in italiano da Muzio (2004);
percezione di crescita e sviluppo: queste domande si concentrano sul possibile
sviluppo indotto dall’esperienza di gioco e sulla percezione che ne ha avuto il
soggetto.
14
Reperibile su: http://intihuatani.usc.edu/cloud/flowing/
15
Reperibile su: http://cockroach.se/gateway_2/
16
Si veda paragrafo 1.3.1.
64
B) Partecipanti
Ha partecipato a questa seconda fase un sotto campione del primo studio di C117 (Cs)
costituito da 18 studentesse del primo anno della Facoltà di Scienze della Formazione, a
loro volta assegnate nelle due condizioni G e F (si veda Figura 2.29).
Flow
55,56% 44,44%
GateWay
Mettendo in relazione i dati della Fase 1 con quelli raccolti su Cs risulta che rispetto
all’esperienza pregressa nei videogiochi il campione si compone del 72,22% con
esperienza e il 27,78% senza (si veda Figura 2.30 a). Il 94,44% dei partecipanti ritiene che
si possa apprendere dai videogiochi, questo dato è interessante dal punto di vista della
tipologia di campione: il fatto che una percentuale così alta di futuri formatori e educatori
abbia questo tipo di visione è incoraggiante nel merito dell’evoluzione che quest’ambito
potrà avere.
17
Si veda p. 2.2.1 B
65
Figura 2.30 – Percentuali di distribuzione delle risposte di Cs rispetto all’esperienza nei
videogiochi (a) e la possibilità di apprendere dai videogiochi (b)
a b
5,56%
27,78%
Si Sì
72,22% No No
94,44%
Figura 2.31 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto al tempo di gioco per
sessione
25,00%
20,00%
15,00%
10,00%
5,00%
0,00%
1 2 3 4 5 6 7
22,22% 16,67% 11,11% 22,22% 5,56% 5,56% 16,67%
Le opzioni di risposta per le domande chiuse sono state tratte dalla letteratura. Nel caso
delle domande aperte le risposte sono state codificate sulla base del contenuto creando
categorie ad hoc (si veda Tabella 2.2).
Categorie Descrizione
67
I dati sono stati trattati statisticamente con il software SPSS. Vengono commentati i dati
significativi al test del chi quadro.
E’ stato inizialmente chiesto ai partecipanti quanto tempo avessero dedicato all’esperienza
di gioco proposta. In generale, quasi la metà del campione è rimasta sul gioco 10-15
minuti. Rispetto alla longevità dell’esperienza non è stata trovata una differenza
significativa tra i due videogiochi proposti.
11,11%
22,22%
5 min
5 - 10 min
10 -15 min
44,44% 22,22% <20 min
Sono state poste una serie di domande per identificare la situazione nella quale i soggetti
hanno usufruito dell’esperienza. La totalità dei partecipanti si trovava a casa propria e da
solo, e la maggior parte (83,33%) ha svolto il gioco nel momento pomeridiano–serale della
giornata (si veda Figura 2.34).
68
Figura 2.34 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto al momento della giornata
di fruizione
16,67%
mattino
38,89%
pomeriggio
sera
44,44%
18
Si veda paragrafo 1.3.1
69
Figura 2.35 – Percentuali di distribuzione delle risposte in riferimento ai livelli di
divertimento
5,56%
16,67%
1
27,78% 2
3
50,00% 4
Al fine di avere una migliore descrizione delle variabili incidenti sul livello di divertimento
- e quindi di motivazione a rimanere nell’attività - è stato chiesto ai soggetti di indicare il
momento migliore e quello peggiore della propria esperienza di gioco. Analizzando i dati
del momento migliore alla luce del tempo speso a giocare (X 2(6, N=18)=12,63; p<,05)
emerge che quanti hanno speso poco tempo a giocare danno risposte distribuite sulle tre
categorie, coloro che hanno speso un tempo medio indicano soprattutto (87,5%) azioni e
fasi di gioco, mentre chi ha giocato a lungo esprime giudizi complessivi sul gioco (si veda
Figura 2.36). Questa suddivisione può essere letta in base alla dimensione di flow: quanti
hanno giocato più a lungo, e di conseguenza tratto maggior divertimento dal gioco (si veda
paragrafo precedente), hanno un approccio globale alla qualità dell’esperienza esprimendo
quindi giudizi generali, i soggetti che si sono espressi sulle azioni denotano un
avvicinamento allo stato di flow (esperienza autotelica19), i restanti, non essendo entrati in
un’interazione chiara con il videogioco esprimono giudizi vaghi senza riferimenti concreti.
19
Si veda p. 1.3.1
70
Figura 2.36 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto alle categorie di momento
migliore (a) e di momento peggiore (b) dell’esperienza di gioco
a b
Comprensione/Scopo Comprensione/Scopo
Generico Generico
Azione/Fase di gioco Azione/Fase di gioco
18,75%
31,25%
50,00% 12,50%
68,75%
18,75%
E’ stato chiesto ai partecipanti di attribuire al gioco un livello di difficoltà in base alla loro
esperienza (1 Molto facile – 4 Quasi impossibile). Come si evince da Figura 2.37,
l’83,33% dei partecipanti attribuisce un livello intermedio di difficoltà al gioco, non è stata
rilevata una differenza statisticamente significativa tra i due giochi proposti.
Figura 2.37 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto alla difficoltà del gioco
50,00%
45,00%
40,00%
35,00%
30,00%
25,00%
20,00%
15,00%
10,00%
5,00%
0,00%
1 2 3
16,67% 38,89% 44,44%
71
La maggior parte (88,9%) dei soggetti ha sperimentato un basso livello d’identificazione
con il personaggio del videogioco, non sono state riscontrate differenze riguardo al livello
di divertimento sperimentato e al tipo di gioco.
E’ stata poi proposta ai partecipanti la Flow State Scale elaborata da Jackson e Marsh
(1996) e tradotta e validata in italiano da Muzio (2004), questa lista di 36 item, 4 per ogni
dimensione del flow20, disposti su una Likert serve a valutare la qualità dell’esperienza del
soggetto in riferimento ai criteri di flow. La scala è stata adattata al contesto videoludico.
Al partecipante era richiesto di indicare il livello di accordo o disaccordo con le
affermazioni presentate. La modalità di lettura di Figura 2.38 è che maggiore è l’area
coperta dal grafico più i soggetti si sono avvicinati a un esperienza ottimale, solo con
punteggi di 4 o superiori, entro la singola dimensione, si può considerare che il soggetto
abbia raggiunto un livello sufficiente ad entrare in flow (Jackson e Marsh 1996). I punteggi
nelle varie dimensioni (D1 – D9) sono la sintesi dei 4 item che la rappresentano, di seguito
la legenda in riferimento alle dimensioni del flow.
D1 : equilibrio dinamico tra sfida e capacità;
20
Si veda p. 1.3.1
72
Figura 2.38 – Rappresentazione della qualità media dell’esperienza di gioco
D1
5,00
4,50
D9 4,00 D2
3,50
3,00 2,72
2,89
2,50 3,42
2,00
1,50
D8 2,96 1,00 D3
0,50
0,00 2,79
2,65
2,85
D7 D4
2,93
3,01
D6 D5
Mediamente i partecipanti non si sono avvicinati a uno stato di flow, ad eccezione di due
casi riportati in Figura 2.39. Da Figura 2.38 si evince che la dimensione del flow che è
stata più riscontrata è l’integrazione tra azione e consapevolezza (media 3,42). Leggendo i
dati alla luce dell’identificazione con il personaggio si riscontra una significatività nelle
dimensioni D5 (X2(12, N=18)=24; p<0,05) e D7 (X2(14, N=18)=27; p<0,05): un più alto
livello d’identificazione ha significato un punteggio maggiore in entrambe le dimensioni.
Un altro dato indicativo riguarda il feedback immediato e inequivocabile (X2(9, N=18)=18;
p<0,05), quanti ritengono che si possa imparare dai videogiochi hanno espresso un livello
medio - alto per questa dimensione al contrario, quanti non lo ritengono possibile hanno
assegnato un livello basso.
73
Figura 2.39 – Rappresentazione dei soggetti che si sono avvicinati allo stato di flow
D1
5,00
4,50
D9 4,00 D2
3,50
3,00
2,50
2,00
1,50
D8 1,00 D3
0,50
0,00
D7 D4
D6 D5
I due soggetti che si sono avvicinati a sperimentare questo stato hanno una distribuzione
molto regolare su tutte le dimensioni, questo in riferimento all’approccio globale del flow
alla qualità dell’esperienza.
Il questionario proponeva poi due domande volte a verificare se i partecipanti ritenessero
di aver sviluppato o migliorato qualche cosa nel corso dell’esperienza, con la richiesta di
specificare la risposta.
Come si evince da Figura 2.40, la maggior parte dei soggetti (88,89%) ritiene di aver avuto
un’evoluzione attraverso il gioco e valuta le opzioni proposte indicando soprattutto
sviluppi in termini di attenzione ai dettagli, orientamento nello spazio, coordinazione
occhio mano, fare collegamenti e visione d’insieme (si veda la Figura 2.40).
74
Figura 2.40 – Percentuali di distribuzione delle risposte rispetto all’autovalutazione di
cambiamento nell’arco dell’esperienza di gioco
11,11%
Si
No
88,89%
Questo prima tranche di studio, anche con un campione così limitato, ha permesso di
effettuare un primo punto della situazione in base al quale poi orientare il prosieguo della
ricerca. L’ipotesi di lavoro risulta solida e alcuni dati sembrano andare nella direzione
giusta, tuttavia si possono fare degli aggiustamenti di carattere metodologico, per esempio
lo sfruttare in alcune domande la modalità a differenziale semantico, o di inserire altri
giochi più noti per rilevare le differenze rispetto alla conoscenza del gioco, o ancora di
affiancare un campione di giocatori esperti per rilevare le differenze in base alla
competenza.
75
Figura 2.41 – Distribuzione delle risposte circa il livello di sviluppo percepito nell’esperienza di gioco
Molto
Abbastanza
Un po'
Per niente
Capacità Capacità
Capacità Coordina Velocità Orientam
Attenzio Visione di di Fare Fare Elaborar
Pensiero Creativit di usare Deduzion zione nella ento
ne ai d'insiem Memoria riordinar Intuito cambiare delle collegam e
laterale à soluzioni e occhio presa di nello
dettagli e e gli prospetti analogie enti strategie
già viste mano decisione spazio
eventi va
Media 1,83 2,61 2,44 1,94 1,83 1,83 2,33 2,22 1,83 2,22 2,39 2,39 2,11 2,67 2,22 2,72
Moda 2 3 3 2 2 1 2 2 2 3 2 3 3 2 2 3
2.4 Fase 3
I risultati della Fase 2 hanno messo in luce una certa difficoltà dei partecipanti ad entrare
nello spirito dei giochi proposti. Si è pertanto deciso di approfondire l’analisi delle variabili
intervenute nell’esperienza di gioco con un Focus group al quale hanno preso parte sia le
studentesse coinvolte nella precedente fase, sia un gruppo di studentesse dello stesso corso
che avevano partecipato solo alla prima fase.
Si è cercato di ripercorrere l’esperienza di gioco ponendo particolare attenzione alla
comprensione dello scopo e delle strategie impiegate per superare i diversi ostacoli. Le
partecipanti hanno dimostrato di aver colto chiaramente lo scopo del gioco GateWay 2; al
contrario, nel caso di Flow vi sono state maggiori difficoltà: è stato colto lo scopo
immediato (far crescere il proprio personaggio), ma non quello generale (farlo evolvere).
In entrambe i sotto gruppi, i soggetti ricostruiscono di aver proceduto sostanzialmente con
una modalità per prova ed errori che conferma l’atteggiamento esplorativo nel caso di
nuovi giochi già dichiarato nella Fase 1.
Il Focus è poi proceduto portando l’attenzione sul recupero dell’esperienza e le possibili
letture in merito: dopo la sessione di gioco, quasi tutte le partecipanti affermano di aver
ripensato a come superare gli ostacoli del gioco, addirittura alcune hanno collegato gli
scenari proposti a esperienze mutuate in altri contesti, come nel caso della rievocazione
della scena di un film.
Dopo aver esposto brevemente il concetto di flow e le sue implicazioni per l’esperienza è
stato chiesto alle partecipanti se avessero sperimentato questo stato durante il gioco. Come
già emerso dai dati della Fase 2, la risposta è stata mediamente negativa: le studentesse
hanno esplicitato una certa fatica nel pensare ai diversi modi di agire, sebbene riuscissero a
realizzare le proprie intenzioni facilmente. In GateWay 2 la difficoltà è stata percepita
graduale, anche ai livelli più difficili le partecipanti si sono sentite efficaci nel risolvere gli
indovinelli, sebbene dopo molteplici tentativi.
Ricostruiti alcuni aspetti caratterizzanti del flow all’interno dell’esperienza di gioco, si è
passati a cercare di recuperare alcune esperienze in cui le partecipanti ricordassero di aver
sperimentato un reale stato di flow. La maggioranza ha riportato esempi legati ad attività
sportive (corsa, palestra) e d’intrattenimento (guardare un film, ascoltare musica, leggere
un libro). Il discorso è stato poi focalizzato sull’ambito scolastico, chiedendo se fosse mai
capitato loro di sentirsi in flow mentre studiavano. Alcune delle partecipanti hanno
77
raccontato di lezioni tenute da docenti particolarmente coinvolgenti o di episodi di studio
di un argomento vissuto come particolarmente interessante.
Alla domanda se dalle esperienze di flow pensassero di aver imparato qualcosa si è
ottenuto un riscontro generalmente positivo: nel contesto scolastico è stato posto l’accento
sul fatto che in queste situazioni si sta particolarmente attenti e questo favorisce
l’assimilazione; mentre nel caso delle attività sportive una partecipante ha spiegato che
ogni volta che entra nello stato di flow, la volta successiva le sembra più facile ritrovarlo.
Spostando il discorso sui videogiochi e la possibilità di avere esperienze di flow durante le
partite, le partecipanti si espresse con opinioni generalmente positive, ma non sono poi
state in grado di specificare quali vincoli particolari il videogioco dovrebbe rispettare. Si è
realizzato un interessante confronto tra giocatrici con diversi gradi di esperienza e abilità
che ha contribuito a mettere in luce l’incidenza della familiarità con il mezzo sia nella
capacità di analizzarne le caratteristiche in modo adeguato, sia nella possibilità di avere
un’esperienza di flusso nella quale ci si “abbandona” all’esperienza stessa, si può
immaginare che implementando delle interfacce basate sulle metafore orientative si
potrebbe attenuare questa differenza. Alla richiesta di confrontare esperienze di flusso
mediate e non, le partecipanti hanno indicato che ritengono vi sia una differenza nelle
capacità impiegate, ma non nella sensazione generale.
Tornando all’esperienza di gioco, è stata stimolata una riflessione in merito a quanto
potessero aver imparato: superamento dell’impulsività, attenzione ai dettagli e
pianificazione delle mosse sono gli elementi cui è stata data maggiore enfasi. In merito
all’utilità di questi apprendimenti, le partecipanti hanno espresso opinioni discordanti,
affermando in alcuni casi la necessità di un training costante (non episodi occasionali) per
poter appropriarsi delle competenze citate, ritenendo in altri casi che l’esperienza diretta
sarebbe comunque meglio più efficace. Anche in questo caso si è aperto un confronto
spontaneo tra giocatrici di diversa esperienza: una delle studentesse che aveva partecipato
solamente alla Fase 1 ha affermato di sperimentare spesso il flow mentre gioca ai
videogiochi, spiegando che attraverso, per esempio l’uso del videogioco The Sims 3, ritiene
di aver ampiamente sviluppato la visione spaziale, collegandola alla capacità di
immaginare come disporre i mobili della casa. Alla domanda se ritenesse che in un
compito di visione spaziale sarebbe risultata più brava rispetto a una non giocatrice – a
parità di condizioni – ha risposto “sarei più veloce, non necessariamente più brava”,
dimostrando di riuscire a distinguere lucidamente – diversamente dalle non giocatrici - le
variabili che potrebbero incidere sulla performance. Questa fase di Focus Group ha
78
permesso di mettere in luce l’importanza della rielaborazione post-esperienza, come
previsto dal ciclo di Kolb21 (1984), e di come un’esperienza di flusso senza di essa dia sì
una sensazione di crescita delle abilità ma senza permettere d’identificarle chiaramente. Da
questo il ruolo fondamentale di una riflessione guidata per fissare chiaramente questo
sviluppo e renderlo consapevole, trasformandolo in apprendimento.
21
Si veda p. 1.4
79
Conclusioni
80
In chiusura si può affermare che, per quanto sia necessaria ancora molta sperimentazione e
ricerca, il connubio apprendimento, esperienza, flow e videogiochi si rivela concretamente
promettente.
81
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86
Appendice 1
Questionario Fase 1
87
88
89
90
91
92
93
Il questionario nella sua forma originale è visionabile su:
http://spreadsheets.google.com/viewform?formkey=dHpJOFdoMG1Rc0ZWZTFEQ2xHS2
8yX0E6MA
94
Appendice 2
Questionario Fase 2
Per le due diverse esperienze di gioco solo la prima parte del questionario si differenziava.
Prima parte Flow:
95
96
Prima parte GateWay 2:
97
98
Parte comune ad entrambi:
Flow State Scale
99
100
101
102
Il questionario nella sua forma originale è visionabile su:
https://spreadsheets.google.com/viewform?hl=it&formkey=dE5xSnFnX0JQV29CQUJiM
mpOX3liQXc6MA
103