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L'editto di Nantes.

Le garanzie accordate agli ugonotti (1598)

L'editto di Nantes rappresenta un grande passo avanti sulla strada della libertà religiosa e di coscienza. Anche se i limiti
dell’editto risultano evidenti ad una attenta lettura, resta il fatto che esso pose fine ad un quarantennio di lotte religiose
che avevano travolto la Francia in un abisso di lutti e di rovine. Se le differenze di culto in Francia non sono ancora eli-
minabili (Dio stesso sembra volerlo consentire), se v'è ancora divisione tra i cristiani, almeno (dice l’editto) non avvenga-
no per essa disordini e tumulti. L'appello alla libertà di coscienza risuona di accenti moderni, ma si è ancora lontani dalla
affermazione dell’assoluta parità di fronte allo Stato di ogni confessione religiosa. Si tratta pur sempre di un culto ufficiale
(il cattolico) largamente professato e di un culto tollerato (il calvinista).
D'altronde risulta sospetta anche la distinzione tra i nobili possessori di feudi con alta giurisdizione (art. VII e VIII) e quelli
che non lo sono; il ché fa ritenere che la piena libertà di culto fosse di fatto riconosciuta solo ai primi, mentre ai secondi
era consentito esercitare il culto della religione riformata solo nell'ambito delle loro case, «soltanto per la loro famiglia».
Tuttavia vi sono talune importanti acquisizioni, quali il riconoscimento della parità di diritti civili (art. XXVII), cioè la capaci-
tà degli ugonotti di occupare ed esercitare cariche ed uffici pubblici alla pari coi cattolici. L'editto è completato da Brevetti,
di cui riportiamo il secondo, che riguarda la concessione fatta agli ugonotti «per otto anni» di numerose piazze, città e
castelli (142 in tutto) da essi occupati nel corso del conflitto, che sarebbero rimasti in loro custodia; il che equivaleva al
controllo politico e militare di intere regioni della Francia; un privilegio di carattere feudale che non avrebbe potuto so-
pravvivere a lungo in uno Stato assoluto; tanto è vero che esso fu ritolto nel 1628 dal Richelieu.
Resta ancora da dire che il principio di tolleranza in materia religiosa fini per imporsi anche perché rispondeva ad e-
sigenze economiche oltreché morali, perché le guerre civili sono distruttive di ogni vita economica, come ha ben visto H.
Laski (Le origini del liberalismo europeo, 1936). «La storia della tolleranza dimostra che è la distruzione economica ope-
rata dalla guerra civile che crea il clima spirituale favorevole alla tolleranza stessa [...]. Il trionfo di Enrico IV è una vittoria
per lo “statalismo": ciò che viene sconfitto è la dottrina che nessun prezzo è troppo elevato per il regno dei cieli; occorro-
no due secoli affinché la sconfitta diventi definitiva, ma qui dall’inizio delle divergente religiose, è significativo che
l’influenza economica si eserciti ardentemente a favore della pace».

Tra le grazie infinite che a Dio è piaciuto concederci, una delle piú insigni e notevoli è quella di averci da-
to la virtú e la forza di non soccombere ai terribili sommovimenti, alla confusione e ai disordini in atto al no-
stro avvento in questo Regno [...] e di averci sostenuto contro questa tormenta sicché infine l'abbiamo supe-
rata e tocchiamo ora il porto di salvezza e quiete di questo stato [...].
Ora che piace a Dio cominciare a farci godere un po' di maggior quiete, abbiamo stimato di non poterla
meglio impiegare se non occupandoci di ciò che riguarda la gloria del suo santo nome e servizio, e provve-
dendo che egli possa essere adorato e pregato da tutti i nostri sudditi; e se non è piaciuto a lui permettere
ancora che ciò avvenga in una comune forma e religione, avvenga almeno con la stessa intenzione e con
regola tale che non accadano per le differenze dì culto disordini e tumulti, e che noi e questo regno possia-
mo sempre meritare e conservare il titolo glorioso di Cristianissimo, che è stato acquistato per tanti meriti e
da tanto tempo, ed eliminare contemporaneamente la causa del male e delle discordie in materia religiosa,
che è sempre la piú difficile e sottile... Abbiamo perciò giudicato necessario dare ora su tutta la questione a
tutti i nostri sudditi una legge generale, chiara, netta e assoluta, la quale regoli la loro condotta in tutte le
controversie che si sono su di ciò già verificate e che potrebbero verificarsi in futuro e la quale sia per gli uni
e per gli altri motivo di soddisfazione, nei limiti, consentiti dalle circostanze [...].

I. Ordiniamo che la religione cattolica; apostolica, romana sia reintrodotta e ristabilita in tutti i luoghi di
questo regno e dei paesi di nostra obbedienza dove l'esercizio ne sia stato interrotto [...].

VI. Per non lasciare alcuna occasione di disordini e di discordia tra i nostri sudditi, abbiamo permesso e
permettiamo ai seguaci della religione cosiddetta riformata di vivere e dimorare in tutte le città e luoghi di
questo nostro regno e paesi di nostra obbedienza senza essere inquisiti, vessati, molestati, o costretti a fare
alcunché in materia di religione contro la loro coscienza o, per causa di religione, essere perseguiti nelle ca-
se e nei luoghi dove vorranno abitare, purché si comportino per il resto secondo quanto è contenuto nel no-
stro presente editto.

VII. Noi abbiamo anche permesso a tutti i signori, gentiluomini e altre persone, regnicoli o non, profes-
santi la religione cosiddetta riformata e aventi nel nostro regno e nei paesi di nostra obbedienza alta giurisdi-
zione e feudi [...], di praticare l'esercizio del culto di detta religione in una delle loro case nei luoghi ove eser-
citano l'alta giurisdizione o posseggono feudi, obbligandosi ad indicarla ai nostri magistrati [...].

VIII. Nei feudi ove i seguaci della detta religione non avranno la detta alta giurisdizione o feudo, potranno
esercitare il detto culto soltanto per la loro famiglia [...].

IX. Noi permettiamo anche ai seguaci della detta religione di continuare l'esercizìo del culto in tutte le cit-
tà e luoghi di nostra obbedienza dove sia stato già praticato pubblicamente da molti e piú volte nell'anno
1597 fino a tutto agosto, nonostante ogni ordine e sentenza in contrario.
XIII. Proibiamo espressamente a tutti i seguaci della detta religione di praticarla [...] fuori dei luoghi per-
messi e concessi col presente editto.

XIV. Proibiamo anche di praticare la detta religione alla nostra corte e nel nostro seguito ed ugualmente
nelle nostre terre e paesi al di là dei monti e nella città di Parigi fino a cinque miglia dalla detta città; tuttavia i
seguaci della detta religione che dimorino nelle terre e nei paesi al di là dei monti, e nella nostra città e cin-
que miglia intorno ad essa, non potranno essere perseguiti nelle loro case, né costretti a far cosa in materia
di religione contro la loro coscienza, comportandosi per il resto secondo il contenuto del nostro presente e-
ditto.

XXVII. Al fine di unire piú efficacemente le volontà dei nostri sudditi, come è nostra intenzione, e di elimi-
nare ogni contrasto futuro dichiariamo tutti coloro che professano o professeranno la religione cosiddetta
riformata capaci di occupare ed esercitare ogni stato, dignità, ufficio e carica pubblica qualsivoglia, regia,
signorile o delle città del nostro regno, paesi, terre e signorie di nostra obbedienza, nonostante tutti i giura-
menti a ciò contrari, e di essere ammessi e ricevuti in essi senza discriminazione [...].

Nantes, aprile 1598.

BREVETTO II

Oggi 30 aprile 1598 il re a Nantes, volendo dare ogni soddisfazione possibile ai suoi sudditi della religio-
ne cosiddetta riformata sulle richieste e domande a lui presentate da parte loro circa ciò che essi hanno sti-
mato esser loro necessario, tanto per la libertà delle loro coscienze che per la sicurezza delle loro persone,
fortune e beni, e per la certezza che Sua Maestà ha della loro fedeltà e sincera devozione al suo servizio,
con molte altre considerazioni importanti al bene e alla quiete di questo stato la detta Maestà, oltre ciò che è
contenuto nell'editto recentemente approvato [...], ha loro promesso e accordato che tutte le piazze, città e
castelli che essi occupavano alla fine del mese di agosto scorso [...] rimarranno in loro custodia sotto l'autori-
tà e l'obbedienza della detta Maestà per lo spazio di otto anni, a contare dal giorno di pubblicazione del detto
editto.
(da Fonti per la storia moderna. Convenzioni religiose del XVI secolo, in Gaeta-Villani DT).

Discorso di Enrico IV al Parlamento di Parigi a proposito dell'editto di Nantes


La concessione di piazze, città e cartelli agli ugonotti «tanto per la libertà delle loro coscienze che per la sicurezza delle loro
persone, fortune e beni» risponde alla struttura giuridica di uno Stato ancora fondato sui privilegi riconosciuti a «corpi» e «ceti»
separati, ancorché avviato a divenire Stato assoluto. D'altronde era la situazione politica che non consentiva per il momento altra
soluzione.
L'editto dové incontrare serie resistenze da parte del Parlamento di Parigi se Enrico IV si indusse a tenere un linguaggio cosí
fermo e minaccioso (« Taglierò le radici di tutte le fazioni e della propaganda sediziosa, e farà decapitare quelli che le suscita-
no») : un linguaggio da re, che, a differenza dei suoi deboli predecessori, ha conquistato il trono con la forza e la virtù ed è deci-
so ad imporre la sua autorità sovrana contro le forze particolaristiche e le tendenze centrifughe della grande nobiltà francese.
Ciò è confermato dalla relazione dell'ambasciatore veneto Angelo Badoer: «Ma questo re che ha riacquistato il regno con la
forza e con il valore, ha insieme sottomesso l'autorità e orgoglio di tutti i grandi; sicché resta libero e assoluto signore d'ognuno».
Enrico traccia perciò la strada dell'assolutismo monarchico, sulla quale procederanno il Richelieu e il Mazzarino.

Ciò che voglio dire è che vi prego di approvare l'editto che ho accorato agli ugonotti. Quel che ho fatto è per il bene della
pace; l'ho realizzata al di fuori [allude al trattato di Vervins (1598), che pose fine alla guerra tra Enrico IV e Filippo II di
Spagna], voglio realizzarla dentro il mio regno. Voi mi dovete obbedire, in considerazione della mia qualità e dell'obbligo
che hanno verso di me i miei sudditi e particolarmente voi del Parlamento. Ho riportato gli uni nelle loro case, dalle quali
erano stati banditi, gli altri nella fede che non avevano più. Se ai miei predecessori era dovuta obbedienza, a me si deve
altrettanto ed anche maggiore devozione, perché ho ristabilito lo Stato, avendomi Dio designato per mettermi nel regno
che è mio per eredità ed acquisto [...]. Taglierò le radici di tutte le fazioni e della propaganda sediziosa, e farò decapitare
quelli che le suscitano. Ho scavalcato mura di città, saprò bene scavalcare barricate [...]. E non sollevate questioni in
nome della religione cattolica: io l'amo piú di voi, sono piú cattolico di voi, sono figlio prediletto della Chiesa. Vi sbagliate
se pensate di appoggiarvi al papa; egli è piú vicino a me che a voi. Se non vorrete obbedirmi, vi farò dichiarare tutti ereti-
ci [...].
Ho fatto il soldato, e non per parata. Ora sono re, e parlo da re. Voglio essere obbedito. In verità, gli uomini di legge
sono il mio braccio destro, ma se la cancrena si diffonde nel braccio destro, bisogna che il sinistro lo tagli.

(da M. ARONDEL-J.BOUILLON-J.RUDEL, XVII, XVIII, XVIII6 siècle.c, in Villari Sn.

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