Академический Документы
Профессиональный Документы
Культура Документы
Ferrante Carla. Fonti archivistiche per una storia dell’ambiente in Sardegna (secc. XVIII-XIX). In: La Gazette des
archives, n°230, 2013-2. Les sources d’archives pour l’étude du climat et de l’environnement. pp. 239-252;
doi : 10.3406/gazar.2013.5044
http://www.persee.fr/doc/gazar_0016-5522_2013_num_230_2_5044
Carla FERRANTE
Version italienne
La Sardegna, contrariamente ad oggi, meta turistica privilegiata per la mitezza del clima, la
bellezza delle coste e l’amenità delle zone boschive, in Età Moderna era conosciuta soprattutto
per il mal aire che affliggeva gli stranieri. Nell’isola regnava la c.d. sarda intemperie, quel calore
eccessivo che, unito alla presenza di zone acquitrinose e paludose, era fonte di malaria1. La sarda
intemperie non solo teneva lontano i forestieri, ma determinava un’elevata mortalità tanto da
essere considerata una delle principali cause del calo demografico. L’infezione provocava una
grande debolezza che, il più delle volte, veniva considerata dai governanti piemontesi una forma
di indolenza e inerzia della gente sarda. Sono abbastanza note le espressioni usate, nel 1728, dal
primo viceré di Sardegna di Casa Savoia, il barone Filippo Guglielmo Pallavicino di Saint Remy
(vicerè negli anni 1720-23 e poi nel 1726-27) che, nel dare informazioni sull’isola al barone di
Montesquieu, aveva dichiarato che se «il re avesse voluto donargli la Sardegna, non l’avrebbe mai
accettata, giacché vi era stato quasi sempre ammalato […], non c’è n’è aria, n’è acqua. L’acqua è
quasi tutta salmastra o salata», tanto da essere stato costretto a farsi portare da Pisa la sua acqua
potabile. «Per cinque mesi all’anno – così aveva rimarcato – non si può uscire dalle città a causa
dell’intemperie, e si possono percorrere spesso più di venti miglia senza trovare né una casa né un
albero»2. Quadro dalle tinte fosche quello descritto dal viceré, che forse nascondeva il rimpianto
di aver dovuto lasciare, suo malgrado, gli ambienti più sontuosi della corte di Torino per risiedere
nella periferica e più modesta città di Cagliari. Tali giudizi, insieme ad altre simili posizioni
manifestate dalla classe dirigente piemontese, contribuirono alla diffusione di una serie di
stereotipi, di tipo anche razziale, nei confronti dei sardi che hanno condizionato a lungo buona
parte della storiografia3.
La ricerca sull’ambiente sardo, nei secoli XVIII-XX, si propone di ricostruire un quadro
d’insieme delle fonti archivistiche conservate nell’Archivio di Stato di Cagliari che, per il periodo
pre-unitario, coprono l’intero territorio regionale: nella città di Cagliari, infatti, antica capitale del
Regno di Sardegna, avevano sede le magistrature centrali di governo. Per il periodo post-unitario
la circoscrizione provinciale di Cagliari abbracciava un territorio molto vasto che andava dalle
regioni meridionali dei Campidani sino alle Barbagie4. L’analisi delle fonti è stata focalizzata su
due temi che ricorrono frequentemente nella documentazione d’archivio: il deforestamento e il
dissesto idrogeologico. Essi rappresentano, infatti, la più significativa testimonianza del rapporto
tra l’uomo e la natura, e consentono di ricostruire le modifiche ambientali intervenute nel corso
dei secoli e che, tra l’altro, hanno favorito lo sviluppo dell’endemia malarica. Questa sarà sconfitta
solo nel secondo dopoguerra negli anni 1946-50, grazie alla grande campagna condotta
1 Sulla «sarda intemperie» esiste una ricca bibliografia, per brevità si rinvia in particolare alle pagine dedicate al tema da
A. MATTONE, Le origini della questione sarda, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Sardegna, a cura di L.
BERLINGUER e A. MATTONE, Torino, 1998, pp. 23-35.
2 C. L. DE MONTESQUIEU, Voyage de Gratz à la Haye, in Oeuvres complete, I, Paris 1964, pp. 607-608, cfr. anche la trad.
italiana di M. COLESANTI, G. MACCHIA, Viaggio in Italia, Roma-Bari, 2008 , pp. 84, 250.
3 Al riguardo cfr. in particolare A. MATTONE, «I sardi sono intelligenti?»Un dibattito del 1882 alla Societé d’Antropologie di
Generale degli Archivi di Stato Italiani, I vol., Roma, 1981, pp. 731-766 e il Patrimonio documentario all’interno del sito web di
Istituto: http://www.archiviostatocagliari.it:443/patrimonioarchivio/patrimonioarchivio.html?filtr=n e del SIAS :
http://www.archivi-sias.it/consulta_archivi_albero.asp?ComplessiRootNode=260440001
240
Fonti archivistiche per una storia dell’ambiente in Sardegna (secc. XVIII-XIX)
dall’ERLAAS (Ente regionale per la lotta antianofelica in Sardegna), con il concorso dell’ERP
(European relief programm) e della Rockefeller Foundation1.
La malaria si abbatteva nelle zone dove l’intemperie aveva dimora stabile, così a Oristano (nel
centro Sardegna), per il pessimo clima, la presenza di paludi, stagni e per le periodiche
inondazioni del fiume Tirso; a sud-ovest, nella fascia costiera tra Pula e lo stagno di Cagliari; a
nord-est, nella pianura della Nurra con le grandi pozze di acqua “morta” e stagni folti di canne
e giunchi infestati dalle zanzare. Nel 1742, l’intemperie che si era manifestata ad Orosei, località
costiera prossima al territorio di Nuoro, era stata definita dal viceré di Sardegna, Ludovico de
Blonay, la «plus mauvaise de tout le Royaume»2. La malaria imperversava inesorabilmente da nord a
sud dell’isola, da est a ovest; le cause venivano individuate nel contesto ambientale ed in
particolare nel regime delle piogge: venivano messe sotto accusa soprattutto quelle «portatrici
di morte» che cadevano all’inizio dell’estate, ingrossavano i torrenti e li spingevano a superare
gli argini e a invadere le pianure permeabili delle zone costiere 3. Il governo sabaudo appariva
impotente dinanzi a tale endemia; a metà Settecento fu valutata la possibilità di bonificare le
paludi, di incanalare i corsi d’acqua, ma poiché le risorse disponibili non erano sufficienti, tutto
rimase allo stato progettuale4 e ci si limitò a emanare istruzioni sanitarie per limitare i danni alle
persone5. La malaria veniva considerata un male irreversibile perché insisteva su gran parte del
territorio costiero e pianeggiante, e si innestava su un fenomeno ambientale legato alla natura
dei corsi d’acqua a carattere torrentizio di per sè complesso da gestire. D’inverno e nella
stagione piovosa, i fiumi si gonfiavano e inondavano le pianure; in estate si asciugavano ma
lasciavano pozze acquitrinose, focolai di miasmi e di infezione malarica.
Per questi anni e per tutto il periodo preunitario non si dispongono di fonti documentarie
dirette o meglio seriali sul clima e sulle precipitazioni, si può contare tuttavia su un’ampia
documentazione che potremmo forse definire indiretta, come ad esempio le relazioni
governative, le istanze presentate dalle comunità o dai vassalli o i dispacci inviati dai funzionari
regi agli amministratori municipali o feudali, che danno informazioni sui cattivi raccolti, sulle
carestie, dovute alle avverse condizioni metereologiche (freddo, gelo, neve, siccità o
precipitazioni abbondanti e esondazioni di fiumi) oppure sulle devastazioni di territori per
incendi o per gli sconfinamenti di bestiame, esiti della secolare contrapposizione tra agricoltori
e pastori. Non mancano poi le fonti narrative tra cui i diari di viaggio scritti da funzionari,
militari e studiosi in giro per l’isola, che ugualmente offrono informazioni, talvolta molto
dettagliate, sul clima e sull’ambiente dei vari centri isolani.
Nei primi anni venti del Settecento l’ingegnere militare Antonio Felice De Vincenti, incaricato
di ispezionare le fortificazioni esistenti nell’isola, compilò un’accurata Descrizione del litorale del
Regno di Sardegna lasciando un’immagine di terra boschiva fiorente, affermando, infatti, che le
1 Cfr. in particolare su questo tema E. TOGNOTTI, Un progetto americano per la Sardegna del dopoguerra (Comunisti e zanzare).
Il piano di eradicazione della malaria tra scienza e politica negli anni della guerra fredda (1946-1950), Sassari, 1995 e, sul tema della
malaria in generale della stessa autrice, Per una storia della malaria in Italia. Il caso della Sardegna, Milano 2008; cfr.
ARCHIVIO DI STATO DI CAGLIARI (d’ora in poi ASCA), Alto Commissariato per la Sardegna, Gabinetto, fascc. 114 e 116 e I
Divisione, fasc. 69.
2 ASCA, Segreteria di Stato e di Guerra, prima serie, vol. 283, cc. 70, (21 ottobre 1742).
3 F. GEMELLI, Rifiorimento della Sardegna proposto nel miglioramento di sua agricoltura, Torino 1776, vol. I, p. 78.
4 Di rilievo ad esempio il progetto predisposto dal matematico Gemiliano Deidda nel 1762 che prevedeva interventi di
riassestamento del bacino idraulico del Tirso e la bonifica della pianura di Oristano (ARCHIVIO DI STATO DI TORINO,
Sardegna, Politico, cat. 6, mazzo4).
5 ASCA, Segreteria di Stato e di Guerra, prima serie, vol. 37, cc. 268-78.
241
Carla Ferrante
colline e i monti vicino alle coste erano ricoperti di una folta macchia arbustiva e di boschi 1.
Nel 1768 il sottotenente di artiglieria De Buttet nella Relation sur la quantité et qualité des bois qui
sont sur les côtes de ce Royaume de Sardaigne conferma tale quadro descrivendo minuziosamente le
numerose foreste di chêne vert (leccio), chêne blanc (quercia), liège (sughero), peuplier (pioppo), aulne
(ontano), ormeau (olmo) châtaignier (castagno), olivier sauvage (olivastro), noyer (noce)2. L’interesse
governativo per le foreste sarde era dettato soprattutto da motivi di carattere economico, per
cui da uno sfruttamento moderato e controllato, da parte di chi si approvvigionava nei salti dei
frutti spontanei, delle fascine da ardere, raccogliendo per lo più i rami secchi e tagliando quelli
che impedivano lo sviluppo spontaneo della pianta, oppure facendo pascere solo il bestiame
minuto, si passò ad un uso più selvaggio del bosco. Si intensificò l’uso del legname per la
costruzione dei solai e tetti delle case, per attrezzi agricoli, utensili e arredi, per le fabbriche
militari, artiglieria, marina sino alle traversine per la costruzione della linea ferroviaria, di ponti
e strade3. Si abbatterono alberi in quantità eccessiva senza tener in debito conto quelle che
erano le più elementari regole di agricoltura e di tutela disposte dalla Regia prammatica
spagnola, vigenti anche in epoca sabauda, che oltre ad incentivare l’impianto di alberi dettava
istruzioni ben precise sulle modalità del taglio su como se ha de cortar en los montes, por rama e non
por pie, lasciando i rami principali horca y pendon da cui l’albero pueda tornar a criar, ossia
rigermogliare4. Il viceré Des Hayes, nel 1771, dopo aver effettuato una visita del Regno, ribadì i
provvedimenti spagnoli e dispose il divieto di tagliare piante sì per ardere, che per uso di fabbriche, ed
altre consimili, e proibiva ai baroni ed altri, chiuque siansi, cui spettino i boschi e selve di accordare licenze di
tagliamenti. Il pregone inoltre nel vietare l’estirpazione dei boschi cedui e di alto fusto,
puntualizzava le funzioni di sostegno del terreno svolto dalle piante: «le boscaglie, cespugli, ed
alberi di qualsivoglia sorta, che servono ad impedire le cadute de’ terreni, non potranno
giammai essere tagliati sotto pena di lire 25» 5. Incominciavano così sia pure faticosamente a
farsi strada i principi fisiocratici e illuministi della razionale silvicoltura, basata sul taglio
disciplinato, sul rimboschimento e sul vincolo dei terreni forestali, considerati proprietà dello
Stato e preservati per gli interessi generali. Francesco Gemelli, propugnatore del Rifiorimento
della Sardegna, difendeva il bosco non solo per il rifornimento del legname e per il nutrimento
del bestiame ma anche per gli influssi benefici sul clima: favoriva l’aumento delle precipitazioni
e nello stesso tempo l’azione di difesa contro i danni delle piogge (dilavamento, interramento
degli alvei fluviali, inondazioni)6. Nel 1803 il governo decise di far compilare dall’Intendenza
generale, istituto di natura patrimoniale che sopraintendeva all’amministrazione dell’erario, un
regolamento sui boschi e selve per agevolare l’attività del conservatore del patrimonio forestale:
era un compito piuttosto difficoltoso giacché non doveva limitarsi a legiferare in materia ma
soprattutto attivarsi per incrementare «il numero delle selve fruttifere o cedue, o d’alto fusto,
destinando a ciò i terreni inculti o che sopravanzavano alla pastura». Fu compilato un vero e
proprio Trattato storico, critico, legale dei boschi e selve del Regno di Sardegna, suddiviso in quattro parti
1 La Descrizione del litorale del Regno di Sardegna nella quale si specifica la bontà dei capi, punte, baie, golfi, cale, spiagge, coste, torri e isole
adiacenti, è conservata nella Biblioteca Universitaria di Cagliari, ms. 125.
2 ASCA, Segreteria di Stato e di Guerra, seconda serie, b. 1280, Cagliari 6 aprile 1768
3 Sull’uso del bosco cfr. C. FERRANTE, Il bosco in Sardegna nei secoli XV-XIX attraverso le fonti documentarie dell’Archivio di Stato di
Cagliari, in VII Settimana della Cultura scientifica, Sassari, 1997, pp. 102-105; A. MATTONE, Boschi, foreste e incendi nella Sardegna
dell’Ottocento, in Storia dell’ambiente in Italia tra Ottocento e Novecento, a cura di A. VARNI, Bologna 1999, pp. 95-123.
4 F. DE VICO, Leyes y pragmaticas reales del Reyno de Sardeña, Napoli 1640, vol. II, tit. XLII, cap. II.
5ASCA, Atti amministrativi e governativi, n. 309, cc. 21-22
(http://www.archiviostatocagliari.it:443/patrimonioarchivio/schedaunita.html?open=F4422770205_SS&t=UD&pg=31&idp=2141)
6 F. GEMELLI, Il Riforimento cit., p.193; sulle stesse posizioni A. MANCA DELL’ARCA, Agricoltura di Sardegna, Napoli 1780,
pp. 84-85
242
Fonti archivistiche per una storia dell’ambiente in Sardegna (secc. XVIII-XIX)
in cui l’autore, Giacomo Alessio Vichard di San Real, allora sovrintendente generale delle
miniere e dei boschi della Sardegna, si soffermò con dovizia di particolari sulla descrizione delle
foreste sarde, ne sottolineò gli aspetti giuridici in materia civile e criminale, l’importanza
economica, e il profitto che il regno avrebbe potuto trarre da interventi di valorizzazione e di
tutela1.
Le buone intenzioni c’erano, ma di fatto le precauzioni non furono rispettate se l’intendente
generale, già l’anno successivo all’emanazione del pregone Des Hayes, stabilì che si potessero
tagliare alberi d’ogni specie senza alcun pagamento, a beneficio delle Regie fabbriche e
fortificazioni del Regno. Queste licenze si moltiplicarono, dando il via alla spoliazione
massiccia dei boschi: così si verificò ad esempio nel Marghine, regione centro settentrionale
della Sardegna, dove il legname fu destinato ai cantieri navali della Regia Marina sabauda e
francese. Per questo tipo di utilizzo venerro tagliate le piante più giovani e così i boschi furono
privati della parte più sana e riproduttiva, giacché restarono in piedi solo gli alberi più vecchi e
danneggiati2.
Alla completa spoliazione delle piante di roverella destinate alla marina e all’artiglieria, si
aggiunse ben presto quella del leccio per la costruzione delle traversine ferroviarie necessarie
alla costruzione delle linee degli Stati di terraferma.
Il disboscamento, nonostante fosse stata approvata una normativa tesa a limitare le spoliazioni
selvagge, subì nel corso della metà dell’Ottocento una violenta accelerata per le richieste
provenienti anche dall’industria mineraria3.
Ci si avviava, ormai, verso la totale distruzione del bosco con gravi conseguenze di cui ancora
oggi si registrano gli effetti: frane, scoscendimenti, alluvioni, mutamenti del sistema
idrometeorologico, paludismo. I problemi causati dagli squilibri, sempre maggiori, del regime
delle acque non vennero, però, mai affrontati nella loro organicità – conservazione dei boschi,
bonifiche, irrigazioni – la questione forestale veniva vista, infatti, separatamente da quella
idrica. Tuttavia vennero effettuati numerosi studi, relazioni, osservazioni sull’ambiente, sul
territorio, sull’idrografia, sulla natura e il corso dei fiumi, sugli stagni esistenti, sulla vegetazione
e sulle condizioni metereologiche.
Di questo fervore scientifico sono viva testimonianza i progetti di bonifica dello Stagno di
Pauli Pirri, dello stagno di Santa Gilla e delle saline di Cagliari degli anni a cavallo dell’Unità,
dello Stagno di Sanluri avviato nel 1838. Le frequenti alluvioni, fra cui lo straripamento del
fiume Tirso nel 1860, diedero vita, d’altro canto, a rilevazioni statistiche periodiche sulle
precipitazioni atmosferiche.
Gli archivi sardi conservano memoria di tutto questo fermento di idee, dei progetti di bonifiche
e, nello stesso tempo, del difficile stato della popolazione, dei disagi economici, dei gravi
fenomeni metereologici occorsi che contribuivano a rendere sempre più grave la situazione
all’intendente generale, agli intendenti provinciali, al conservatore dei boschi e ad un certo numero di guardie forestali
con il compito di difendere la vegetazione (ASCA, Atti governativi e amministrativi, n. 1556).
http://www.archiviostatocagliari.it:443/patrimonioarchivio/schedaunita.html?open=F4422770706_SS&t=UD&pg=1
6&idp=2117)
243
Carla Ferrante
generale. Con l’emanazione ai primi del ‘900 della c.d. legislazione speciale per la Sardegna, la
questione ambientale venne affrontata in maniera più organica.
L’esito del censimento delle fonti per l’ambiente che in questo contributo viene tratteggiato in
maniera sommaria nella seguente Rassegna, potrà costituire, a breve, una guida tematica
articolata. Di ogni fondo verrà riportata la denominazione, le date estreme, la consistenza, il
soggetto produttore; all’interno del fondo saranno individuate le serie con l’indicazione degli
elementi indispensabili, secondo gli standard descrittivi. Laddove è possibile, potranno essere
descritte in maniera analitica le unità archivistiche con sintesi dei contenuti, e successivamente
procedere alla digitalizzazione.
L’Anai (Associazione nazionale archivistica italiana) potrebbe, coinvolgendo l’Amministrazione
archivistica, farsi promotrice di un progetto di censimento delle fonti per l’ambiente, di un
Portale per l’Ambiente all’interno del SAN (Sistema Archivistico Nazionale), non solo per
finalità storiche di ricerca, quanto al fine di educare al rispetto del territorio e della natura e
magari contribuire ad evitare catastrofi annunciate.
1 La presente rassegna è stata realizzata con il contributo di Consuelo Costa, archivista libero professionista, autrice
della tesi di dottorato Uomo, ambiente e istituzioni nella Sardegna della seconda metà dell’Ottocento. Sfruttamento forestale e disordine
idraulico, Università di Cagliari, Dottorato in Storia moderna e contemporanea (XIX ciclo), e di Maria Salis,
dell’Archivio di Stato di Cagliari.
244
Fonti archivistiche per una storia dell’ambiente in Sardegna (secc. XVIII-XIX)
Documentazione rilevante per quantità e qualità si trova nel superfondo miscellaneo REGIO
DEMANIO che trae origine dall’Archivio patrimoniale piemontese con documenti riguardanti
l’amministrazione demaniale e a cui, in seguito si aggiunse materiale proveniente
dall’Intendenza Generale. Il Regio Demanio è articolato in grandi ripartizioni (subfondi), tra
cui Affari Diversi, serie Boschi e selve (35 bb., 1838-1858) che al suo interno comprende
documentazione relativa all’impianto dell’Amministrazione forestale e alla gestione del
personale, vi si trovano anche circolari e disposizioni di massima sul servizio forestale, tra cui il
regolamento impartito per lo scorzamento delle piante. La maggior parte della documentazione
è tuttavia, costituita dagli estimi ghiandiferi (bb. 1-12), che offrono dati statistici rilevanti sulla
diffusione di querce nei vari territori; dalle concessioni, dagli affittamenti dei boschi, dalle
richieste e successivi di tagli di legname per la Marina e per le traversine delle ferrovie. Altra
parte consistente è quella relativa agli ademprivi e cussorge, ossia agli usi comunitari del bosco,
nonché al contenzioso forestale, relativo alle cause per incendi, devastazioni, nonché
contravvenzioni al regolamento boschivo.
1 La denominazione dell’unità è ricostruita giacché si tratta di un Registro delle persone cui fu concesso il permesso di
legnare, far carbone ecc.
245
Carla Ferrante
Ademprivi 1845-1858 b. 18
246
Fonti archivistiche per una storia dell’ambiente in Sardegna (secc. XVIII-XIX)
Personale 1847-1865
Arboricoltura 1863
Contravvenzioni 1860
247
Carla Ferrante
248
Fonti archivistiche per una storia dell’ambiente in Sardegna (secc. XVIII-XIX)
Per quanto riguarda gli aspetti normativi, in periodo preunitario, la Raccolta degli ATTI
GOVERNATIVI E AMMINISTRATIVI (1720-1848) consente di ripercorrere le disposizioni emanate
in tema di tutela e di salvaguardia dei boschi a partire dal pregone del viceré Des Hayes del
1771:
Oggetto Data N.
Proibizione di sradicare i boschi sia cedui che d’alto fusto
per ridurre il terreno a coltura senza licenza del governo.
1771, 2 aprile 309
Altri provvedimenti per impedire la minacciante
decrescenza dei boschi
Circolare viceregia sugli incendi nelle campagne 1787, 7 luglio 462
Lettera viceregia al vescovo di Bosa colla quale si approva
il piano delle opere per impedire l’inondazione del fiume 1802, 5 luglio 723
Temo
Regio Editto sovra gli incendi che accadono nelle
1806, 22 luglio 790
montagne e nelle pianure dell’isola
Pregone portante varie disposizioni per la conservazione dei
1837, 25 ottobre 1304
querceti, taglio e smercio dei sugheri
Pregone viceregio col quale si rendono pubbliche le R. Patenti
1838, 26 aprile 1313
relative al prosciugamento degli stagni di Sanluri e di Samassi
Disposizioni viceregie relativamente agli incendi 1840, 6 giugno 1390
Pregone del conte di Asarta con cui si danno
1459
provvedimenti sovra lo scorzamento degli alberi 1841, 7 dicembre
bis
producenti il tannino ad uso delle conce
Circolare viceregia ai giudici di mandamento con cui si
raccomanda loro di raddoppiare le cure per impedire gli 1843, 13 agosto 1524
incendi
Regie patenti colle quali si approva un regolamento pel
1844, 14 settembre 1556
governo dei boschi
Regio brevetto col quale si approva un regolamento che
contiene norme di disciplina per gli agenti forestali del 1844, 8 ottobre 1557
Regno.
Circolare sulle contravvenzioni boschive 1845, 15 novembre 1593
Regie patenti colle quali si provvede al governo delle acque
1845, 29 aprile 1578
e all’esercizio della pesca fluviale
Regie patenti colle quali alla pena della galera si sostituisce
quella del carcere contro chi, prima dell’8 settembre, metterà 1846, 29 dicembre 1635
fuoco nelle terre aratorie.
249
Carla Ferrante
L’archivio del GENIO CIVILE (1822-1987), istituto che trae origine dal Corpo reale del Genio
civile del 1825, tra le sue competenze annoverava attribuzioni importanti in materia di acque e
conserva molte unità che interessano le questioni ambientali:
Grande rilevanza quantitativa e qualitativa, soprattutto per la ricostruzione dei contesti sociali,
è costituita dalle carte provenienti dagli organismi giudiziari presenti nel Regno di Sardegna in
epoca preunitaria e post-unitaria, in particolare si tratta dei procedimenti giudiziari in materia
criminale relativi alle Contravvenzioni forestali e ai tagli di alberi prodotti dalla REALE
UDIENZA DI SARDEGNA (1564-1848), supremo tribunale di appello di origine spagnola e
vissuto senza soluzione di continuità sino alla fusione perfetta con gli stati di terraferma nel
1848, e nello specifico la Classe III, Cause criminali, e dal TRIBUNALE DI CAGLIARI, Cause
penali, Processi decisi (1805-1909). I procedimenti riguardano le contravvenzioni forestali, i
danneggiamenti di alberi, i tagli abusivi e gli incendi dolosi1.
1 Complessivamente nel Fondo Reale Udienza si possono reperire n. 16 fascicoli per contravvenzione forestale (1845-1847),
n. 30 per danneggiamento e taglio di alberi (1820-1848) e circa 170 per incendio (1807-1853). Nel Tribunale 716 unità per
contravvenzioni forestali (1846-1877); n. 136 per danni e tagli di alberi, 2878 per incendi e appicciamento di fuoco (1831-1878).
Si rinvia tuttavia al motore di ricerca del sito web dell’Archivio di Stato di Cagliari, all’indirizzo
(http://www.archiviostatocagliari.it:443/patrimonioarchivio/ricercapatrimoniodocumentario.html).
250
Fonti archivistiche per una storia dell’ambiente in Sardegna (secc. XVIII-XIX)
Di notevole interesse per gli aspetti paesaggistici e ambientali rivestono infine le fonti
cartografiche che, per quanto riguarda la Sardegna, furono elaborate nella prima metà
dell’Ottocento (1842-1851) dal REAL CORPO DI STATO MAGGIORE GENERALE. Esse
rappresentano la prima rilevazione geodetica del territorio, basata su principi scientifici 1. Le
mappe sono costituite da fogli di unione dei Comuni e dalle rispettive tavolette, disegnate con
il fine di individuare le zone di pertinenza demaniale, comunale e statale, e privata; riportano
l’idrografia, l’orografia e l’indicazione dei campi coltivati, delle foreste e dei pascoli. L’archivio
cartografico è stato totalmente digitalizzato ed è consultabile nel sito dell’Archivio di Stato di
Cagliari all’interno del progetto CARSTOS (Cartografia storica della Sardegna), all’indirizzo
web: http://www.archiviostatocagliari.it/archivio2/ 2.
Di grande rilevanza anche le carte elaborate successivamente, a partire dal 1865, in seguito
all’abolizione degli ademprivi e delle cussorge, istituti di antica tradizione sarda, per lo scorporo
e l’assegnazione dei terreni ex-ademprivili alla Compagnia reale delle strade ferrate3. Anche
queste carte sono presenti nel progetto Carstos.
Notevole apporto, infine, per la ricostruzione storica del territorio e del paesaggio è costituito
dai disegni e dalle carte conservate nella raccolta TIPI E PROFILI (XVII-XX) aventi ad oggetto
stagni, saline, paludi e foreste4:
Titolo Data N.
Progetto relativo alle saline costruite e da costruirsi nei dintorni di
sec. XIX 73
Cagliari
Piano della zona delle saline all’est di Cagliari sec. XIX 114
«Piano delle Regie Saline e Stagni adiacenti di Terranova» sec. XIX 117
«Regno di Sardegna. Genio Civile. Regie Saline. Profilo longitudinale
e sezioni trasversali della Tratta di Canale Navigabile da aprirsi fra i
1836 118
Pozzi a Ruota di Molentargius e la Nuova Darsena di Palamontis
della lunghezza di Metri 1041»
«Disegni relativi al progetto di Saracinesche per somministrare
1836 137
l’acqua alle Saline della Palma nel nuovo Stabilimento»
«Regno di Sardegna. Genio Civile. Regie Saline. Canale Navigabile.
1836 163
Disegni della nuova Darsena di Palamontis»
"«Carta dimostrante le Saline artificiali di pertinenza del Signor Conte
1828 172
Ciarella. Salina detta Media Plaja; Salina detta La Vittoria»"
1 Cfr. M. PIRAS, Le fonti cartografiche coinservate nell’Archivio di Stato di Cagliari, in Cartografia e istituzioni in Età moderna,
Roma, 1987, vol. II, pp. 813-823 (Pubblicazioni degli Archivi di Sto. Saggi 8).
2 Sul progetto cfr. C. FERRANTE, CARSTOS, la cartografia storica della Sardegna, Cagliari, 2008, pp. 15-23.
3 C. FERRANTE, Cussorge e ademprivi nella cartografia storica dell’Archivio di Stato di Cagliari, Cagliari, 2012 , pp. 53-70.
4 La raccolta è interamente digitalizzata all’interno del Progetto Imago II, ed è consultabile sul web all’indirizzo:
http://www.archiviostatocagliari.it/imago2/index.php?op=search&tipologia=tipi_profili.
251
Carla Ferrante
Carla FERRANTE
Directrice des archives de l’État d’Oristano et directrice adjointe des Archives de l’État de Cagliari
252