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Capitolo 8

Combustione dell’elio e fasi evolutive


avanzate: masse intermedie e grandi
masse

8.1. Lo scenario generale


Lo studio dell’evoluzione delle piccole masse ci ha fornito gran parte degli ingredienti nec-
essari per la comprensione dei meccanismi che caratterizzano e condizionano l’evoluzione di
masse superiori nelle fasi evolutive avanzate. Ricordiamo innanzitutto che masse intermedie
e grandi bruciano in ogni caso H in un nucleo convettivo: all’esaurimento dell’H centrale
subiranno quindi tutte una fase di overall contraction che conduce all’innesco della com-
bustione a shell di idrogeno ai confini del nucleo di He che segnala l’avvenuta combustione
dell’idrogeno. Il nucleo di He è non-degenere, e la combustione a shell assume l’aspetto di una
rapida fase di transizione che porta la struttura sulla sua traccia di Hayashi ove innescherà
la combustione quiescente 3 α al centro del nucleo di elio, mentra la shell di idrogeno resta
attiva ai confini di tale nucleo. In questo intervallo di masse viene dunque a mancare il
Ramo delle Giganti, che resta a contraddistinguere le piccole masse e, dunque, le più antiche
popolazioni stellari.
Stante la forte dipendenza della combustione 3 α dalla temperatura, in tutte queste
strutture si svilupperà una zona convettiva centrale. I fenomeni di trascinamento del nucleo
convettivo, semiconvezione e, eventualmente, ”breathing pulses” che abbiamo riscontrato
nelle piccole masse sono presenti anche nelle masse superiori, contribuendo a prolungare nel
tempo la fase di combustione centrale di He. A somiglianza delle piccole masse, cresce nel
tempo il contributo energetico delle combustioni di He e, tipicamente, nel diagramma HR le
traiettorie evolutive compiono un ”loop” prima allontanandosi dalla traccia di Hayashi, per
tornarvi all’esaurimento dell’elio centrale e l’instaurarsi della fase di combustione a doppia
shell, come già riscontrabile nelle Fig. 6.1, 6.3 e 7.1.
La Fig. 8.1 illustra il comportamento in combustione centrale di elio della struttura di
6 M che avevamo già seguito nelle fasi di combustione di idrogeno (→ Fig. 6.4). Si può
notare il progressivo incremento della luminosità prodotta dalla 3 α a spese dell’efficienza
della shell di idrogeno. Si noti anche il progressivo aumento del nucleo convettivo, segnalato
dalla distribuzione omogenea di 12 C, e lo sviluppo di una limitata regione semiconvettiva,
segnalata dal gradiente nell’abbondanza di elio. Dalle temperature efficaci riportate in figura
si ricava come l’ultimo modello sia già in fase di rientro verso la traccia di Hayashi.

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Fig. 8.1. Evoluzione della struttura interna di una stella di 6 M , y=0.20, Z=10−3 durante la fase
di combustione quiescente dell’elio centrale. I vari parametri sono normalizzati ai loro valori massimi,
riportati in ogni pannello. Per ogni struttura sono anche riportati la collocazione nel diagramma
HR (logL, LogTe ), l’età ed il numero sequenziale del modello. .

Per definizione, le masse intermedie innescano la combustione a shell di elio alla periferia
di un nucleo di CO che diviene rapidamente degenere. Come le piccole masse, esse daranno
quindi vita ad una fase di AGB, raggiungendo fatalmente una fase di pulsi termici attraverso
i quali l’idrogeno dell’inviluppo viene progressivamente trasformato prima in elio e poi in
CO. Se nel frattempo, come si ritiene, la perdita di massa porta le strutture al di sotto del
limite di Chandrasekhar, il destino finale di tali strutture sarà - come per le piccole masse- il
progressivo raffreddamento sotto forma di Nane Bianche di CO. In caso contrario si giungerà
fatalmente alla deflagrazione del Carbonio. Il limite superiore di massa per tale comporta-
mento viene indicato in letteratura come Mup . Il preciso valore di tale limite dipende dalla
composizione originale della stella: possiamo peraltro almeno orientativamente indicare un
valore attorno alle 8 M .
Masse superiori a Mup giungono invece ad innescare la combustione del Carbonio prima
che il nucleo degeneri completamente. In un ristretto intervallo di circa 2 M la combustione
di C conduce alla creazione di nuclei di ONe degeneri. Se, nuovamente, non interviene una
sufficiente perdita di massa, anche queste strutture termineranno o con la deflagrazione del
Carbonio (masse minori) o con processi di cattura elettronica che portano alla implosione
ed alla formazione di una stella di neutroni. Nel seguito considereremo queste strutture
come una sottoclasse della masse intermedie. Stelle con massa ancora maggiore portano
a compimento l’intera catena di combustioni sino alla finale fotodisntegrazione del Fe e
l’esplosione come Supernovae.
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Fig. 8.2. Andamento di alcune variabili di struttura al variare della massa stellare alla transizione
tra piccole masse e masse intermedie. Pannello superiore: massa del nucleo di He all’innesco della
reazione 3α. Pannello intermedio: luminosità del primo modello in combustione quiescente di He.
Pannello inferiore: tempi di vita in fase di combustione di He centrale.

8.2. La transizione tra masse piccole e intermedie


Il dominio delle piccole masse resta definito dalla combustione di idrogeno in una shell
che circonda un nucleo di He elettronicamente degenere, condizione che contrasta l’innesco
della combustione dell’He e prolunga l’evoluzione in combustione di H lungo il Ramo delle
Giganti sino allo sviluppo dell’ He-flash in una struttura con luminosità migliaia di volte
quella solare e con un nucleo di He che raggiunge all’incirca le 0.5 M . All’aumentare
della massa stellare viene progressivamente rimossa la degenerazione e, corrispondentemente,
viene progressivamente facilitato l’innesco dell’He che avviene prima e con un nucleo di He
più piccolo (in massa). Rimossa la degenerazione la struttura è ormai entrata nel dominio
delle masse intermedie.
La Fig.8.2 riporta alcuni dettagli che illuminano il comportamento delle strutture al
variare della massa attraverso la transizione dalle piccole masse alle masse intermedie per
composizioni di tipo solare. Il pannello superiore mostra come alle masse minori il nucleo di
He all’innesco dell’He (flash) si mantenga sensibilmente costante, diminuendo leggermente
all’aumentare della massa. Attorno alle 2.0 M inizia una rapida transizione ed il nucleo
di He raggiunge un minimo per M=2.3 M . In questa struttura la degenerazione è ormai
rimossa e l’innesco dell’elio avviene in maniera quiescente. Il nuovo aumento al di sopra di
M=2.3 M origina dal fatto che la 2.3 M in MS ha già sviluppato un nucleo convettivo, che
all’esaurimento dell’H centrale si trasformerà in un nucleo di elio, e che tale nucleo convettivo
cresce al crescere della massa della stella.
Il pannello intermedio mostra come tali variazioni si riflettano sulla luminosità delle
strutture. Sino a circa 2.0 M , nonostante la leggera diminuzione del nucleo di He, la lumi-
nosità aumenta, segnalando che l’aumentata massa degli inviluppi accresce l’efficienza della
shell di H, compensando la diminuzione del nucleo e governando la luminosità totale della
struttura. Nella fase di transizione è invece la forte diminuzione del nucleo che prende il
sopravvento, inducendo una corrispondentemente rapida diminuzione della luminosità. Sono
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Fig. 8.3. Collocazione nel diagramma HR dei modelli di cui alla figura precedente.

infine ancora le dimensioni del nucleo di He a guidare la risalita della luminosità sopra le
M=2.3 M , con una crescita che continuerà regolarmente al crescere della massa stellare e
del conseguente aumento dei nuclei convettivi.
Il pannello inferiore riporta infine la rilevante evidenza di come la durata della fase di
combustione di He centrale sia regolata dalle dimensioni del nucleo di He, regola di cui
faremo uso nel discutere gli effetti di un eventuale esteso oveshooting (→ A8.1). Se ne trae
l’evidenza che giusto alla transizione le strutture stellari mostrano una eccezionale durata
della fase di combustione di He centrale, permanendo in tale fase più del doppio del tempo
di ogni altra massa, sia minore che maggiore. Evidenza che in taluni casi si deve tradurre in
una particolare abbondanza di tali strutture.
Più in generale, dai dati in Fig.8.2 e sulla base dei tempi in Tabella 5.1, si trae l’evidenza
che una popolazione stellare di composizione solare e di assegnata età, comincerà a sviluppare
un Ramo delle Giganti dopo circa 600 milioni di anni, tempo evolutivo di una struttura
M=2.3 M all’esaurimento dell’H centrale. A 800 milioni di anni, tempo della combustione
di H di una M=2.1 M , il Ramo delle Giganti è ormai formato e permarrà per tutti i tempi
successivi. Questa fase di apparizione del Ramo delle Giganti prende in letteratura il nome
di Red Giant Transition (RGT) e segna il rapido passaggio dalle tipiche polazioni giovani, a
giganti blu, alle popolazioni più anziane dominate dalle Giganti Rosse.
Tempi e masse della Red Giant Transition dipendono dalla composizione chimica origi-
nale delle stelle. La stessa Fig. 8.2 mostra come una diminuzione dell’elio originale si traduca
in un aumento della massa di transizione. Ciò appare in accordo con la regola più volte enun-
ciata secondo la quale diminuire il contenuto di elio (diminuire il peso molecolare medio)
produce strutture più fredde e, di conseguenza, più affette da degenerazione elettronica.
Analogamente si può facilmente predire che al diminuire della metallicità deve diminuire
anche la massa di transizione: una diminuzione di metallicità produce infatti strutture più
calde e meno soggette alla degenerazione elettronica.
La Fig. 8.3 mostra infine la collocazione nel diagramma HR di strutture di transizione
all’inizio della loro fase di combustione quiescente di elio. All’aumentare della massa i mod-
elli raggiungono un minimo nella temperatura efficace per poi tornare verso alti valori di tale
parametro ancor prima di entrare nella fase di vera transizione, marcata dal successivo min-
imo della luminosità. Superata la transizione, la luminosità alla quale inizia la combustione
di elio crescerà infine monotonamente al crescere della massa della struttura.
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Fig. 8.4. Tracce evolutive per stelle di 3, 4, 5, 7 e 9 M dalla MS sino alle fasi di combustione di
He in shell per composizioni chimiche rappresentative della Pop.I e della Pop.II.

8.3. Masse intermedie.


Superata la massa critica per la Red Giant Transition le stelle entrano nel dominio delle
masse intermedie. Tutte queste strutture avevano in MS un nucleo convettivo che nel tempo
è andato ritirandosi lasciando dietro di sé un gradiente di elio. E’ in questa zona semicom-
busta che si innesca la shell di H che conduce la stella nella zona delle Giganti Rosse dove
infine innescherà la combustione centrale dell’He. Per composizioni chimiche normali i tempi
evolutivi sono ormai scesi a centinaia di milioni di anni, troppo corti perchè la diffusione
degli elementi possa modificare in maniera significativa la distribuzione interna delle specie
chimiche. La Fig. 8.4 riporta il tipico cammino evolutivo delle masse intermedie per due
campioni di stelle rappresentativi, rispettivamente, della Pop. I e II. La fase di combustione
di elio centrale è segnalata dai ”loop” in temperature efficaci che prima allontanano e poi
riportano le stella sulla loro traccia di Hayashi. Notiamo qui solamente che al diminuire
della metallicità aumenta l’escursione di tali ”loop”, occorrenza che avrà risvolti rilevanti
nel discutere le proprietà delle veriabili Cefeidi.
Dopo l’esaurimento dell’He centrale e lo spengimento della shell di H la maggior parte
delle strutture subisce il 2 dredge up. La convezione superficiale affonda sino a penetrare
nel nucleo di elio, arricchendo di elio la superfice e avendo come conseguenza anche una
diminuzione delle dimensioni in massa del nucleo medesimo. Il nucleo di CO inizia a de-
generare e la produzione di neutrini raffredda le regioni centrali procurando una inversione
della temperatura. In tale fase il parametro evolutivo che regola il raggiungimento o meno
dell’innesco delle reazioni del Carbonio è la massa del nucleo di CO degenere. Occorrono
grandi nuclei di CO per consentire che la loro contrazione fornisca l’energia che, in concor-
renza con le perdite per termoneutrini, consenta di raggiungere l’innesco del Carbonio. In
pratica si trova che innescano il C le strutture che giungono a costituirsi un nucleo di CO
di massa M maggiore di ∼ 1.1 M .
E’ immediato collegare tale prescrizione alla storia evolutiva della stella e, con essa, alla
massa della struttura. Le dimensioni del nucleo di CO discendono infatti dalle dimensioni
del nucleo di He nella fase di combustione centrale di He e queste sono a loro volta il
ricordo del nucleo convettivo nella fase di combustione di H. Maggiore dunque la massa
della stella, maggiore - come abbiamo visto - il nucleo convettivo in MS e, attraverso la
catena di eventi ora enunciata - facilitato l’innesco del Carbonio. Una simile prescrizione
fornisce anche un criterio per valutare l’effetto della metallicità sul valore della massa critica
Mup . Dalla correlazione a suo tempo indicata per le strutture della Sequenza Principale,
secondo la quale al diminuire della metallicità aumenta la massa dei nuclei convettivi, segue
ora direttamente che al diminuire della metallicità viene favorito l’innesco del C, spostando
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Tab. 1. Parametri evolutivi per le strutture di cui alla Fig. 8.4. Ogni riga riporta nell’ordine: metal-
licità (Z), massa del nucleo convettivo in ZAMS (MM S
cc ), massa del nucleo di elio all’esaurimento
dell’H centrale (MHe ) e all’inizio della combustione di He (MHe
X=0
He ), massa del nucleo convet-
tivo all’innesco dell’He (MHe Y =0
cc ) e le masse del nucleo di elio (MHe ) e del nucleo di CO (MCO )
Y =0

all’esaurimento dell’He centrale. Le ultime quattro colonne riportano infine massa del nucleo di CO
e luminosità della struttura al 2 dredge up e al primo pulso termico. Le lineette indicano un mancato
dredge up. Masse e luminosità sono in unità solari.

Z M MMcc
S
MX=0
He MHe
He MHe
cc MYHe=0 MYCO
=0
MDU
CO LDU MTCO
P
LT P
0.02 3 0.60 0.32 0.37 0.22 0.57 0.21 - - 0.55 3.41
0.02 4 0.88 0.40 0.49 0.32 0.79 0.39 - - 0.79 4.12
0.02 5 1.20 0.58 0.64 0.40 1.04 0.44 0.73 3.95 0.87 4.23
0.02 7 1.93 0.90 0.98 0.71 1.59 0.72 0.94 4.17 1.01 4.46
0.02 9 2.63 1.27 1.39 1.03 2.20 1.03 - - C ignition
0.002 3 0.64 0.34 0.39 0.30 0.70 0.30 - - 0.69 3.74
0.002 4 0.98 0.47 0.51 0.42 0.93 0.47 0.73 4.00 0.86 4.17
0.002 5 1.33 0.59 0.64 0.54 1.19 0.57 0.78 4.00 0.91 4.28
0.002 7 2.11 0.88 0.96 0.81 1.73 0.83 1.01 4.25 1.07 4.51
0.002 9 2.97 1.24 1.37 1.11 2.28 1.11 - - C ignition

dunque Mup verso valori minori, almeno sinché si rimanga nel campo di metallicità tipiche
per le normali popolazioni galattiche.
In tale contesto è infine opportuno rilevare come il raggiungimento della massa critica del
nulcleo di CO, e quindi l’innesco o meno del C, dipenda anche dall’efficienza dei meccanismi
di rimescolamento che hanno operato lungo la storia della struttura, con il trascinamento
del nucleo e la semiconvezione indotta che favoriscono l’innesco e il 2 dredge up che invece
lo sfavorisce. La Tabella 1 illustra la catena di avvenimenti che condizionano la massa del
nucleo di CO riportando alcuni parametri significativi per le stelle di cui alla precedente Fig.
8.4.
Come esempio di lettura di tali dati, la Tabella ci dice, ad esempio, che una stella di 5
M , Z=0.02, inizia la sua vita con un nucleo convettivo di 1.20 M che al termine della
combustione di idrogeno si è ridotto a 0.58 M , portato a 0.64 M dalla combustione a
shell di H prima dell’innesco dell’elio. All’inizio della combustione di elio la struttura ha un
nucleo convettivo di 0.40 M , che produce al termine della combustione un nucleo di CO
di 0.44 M , mostrando i ridotti effetti del trascinamento del nucleo in queste masse. Nello
stesso tempo il nucleo di elio è stato portato dalla combustione a shell a 1.04 M . La stella
subisce il 2 dredge up e arriva al reinnesco della shell di idrogeno, precursore della fase dei
pulsi termici, con un nucleo di CO di sole 0.87 M , indicando che a tale valore è calato del
nucleo di elio dopo il dredge up. Si notino nella Tabella le alte luminosità raggiunte dalle
stelle al termine della fase di early AGB. In una stella di 7 M di Pop.II il primo precursore
dei pulsi si manifesta a logL/L =4.5, a luminosità ben più alte che nel caso delle piccole
masse (logL/L ∼ 3).
La traiettoria evolutiva delle condizioni centrali, come riportata in Fig. 8.5 per varie
masse e due metallicità, fornisce un utile compendio della storia delle strutture. Come carat-
teristica generale si noti come l’innesco della combustione centrale di elio sia segnalato da
una espansione delle regioni centrali, cui corrisponde nel diagramma HR il primo tratto
del loop verso alte temperature efficaci. Nelle fasi evolutive successive una stella di 10 M
a bassa metallicità riesce a mantenersi al di fuori della degenerazione, giungendo ad in-
nescare pacificamente il Carbonio. Diminuendo la massa e/o aumentando la metallicità gli
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Fig. 8.5. Traiettoria temporale delle condizioni centrali per stelle di varia massa con Y=0.28 e
Z=10−4 (linee continue) e Z=3 10−2 (linee a tratti). La linea a punti indica il luogo ove l’energia
prodotta dalla combustione del C eguaglia le perdite per termoneutrini. Le masse delle stelle sono
indicate in M all’inizio delle relative tracce. Cerchi o quadrati lungo le tracce segnalano nell’ordine:
1. Sequenza Principale; 2. Inizio della fase di overall contraction; 3. Innesco della combustione di
elio centrale; 4. Esaurimento dell’elio centrale.

effetti della degenerazione finiscono con il prevalere, allontanando le traiettorie dalla curva
di ignizione per imboccare una sequenza di raffreddamento.
L’innesco del Carbonio, che segna il limite superiore delle masse intermedie, avviene
inizialmente in nuclei parzialmente degeneri ove è presente l’inversione di temperatura in-
dotta dall’efficiente produzione di termoneutrini: tale innesco avverrà dunque in una shell
tramite una serie di flash. All’aumentare della massa si passerà ad un flash centrale e, infine
all’innesco quiescente del C che segna l’inizio delle Grandi Masse. Non sorprendentemente,
la stelle che innescano il C in ambiente degenere sono quelle che svilupperanno un nucleo di
ONe definitivamente degenere.
Abbiamo più volte ripetuto come il destino delle masse intermedie, che sviluppano un
nucleo di CO definitivamente degenere, dipenda dalle perdite di massa. Inizialmente, entrate
nel regime di pulsi termici, mostreranno atmosfere arricchite dal 3 dredge up, segnalandosi
come Stelle al Carbonio. Se attraverso il meccanismo dei pulsi termici il nucleo di CO è in
grado di aumentare liberamente, dalla relazione massa del nucleo luminosità si ricava che
a logL/L ∼ 4.7 il nucleo raggiunge la massa di Chandrasekhar: ne segue deflagrazione e
incinerimento della struttura. Si ritiene peraltro che durante i pulsi termici intervenga anche
nelle masse intermedie una perdita di massa parossistica (superwind) che liberi la struttura
del proprio inviluppo, lasciando il nucleo di CO degenere di circa 1 M al centro di una
Nebulosa Planetaria.

8.4. Grandi masse: combustione di H e He


Stelle sufficientemente massicce (M≥ 10 - 11 M ) giungono a superare indenni la com-
bustione del Carbonio, procedendo attraverso le successive combustioni di Neon, Ossigeno,
Silicio sino a formare un nucleo di Fe. Abbiamo già ricordato la sostanziale inosservabilità
delle fasi successive alla combustione dell’elio causata dai brevi tempi evolutivi. A conferma
di ciò la Tabella 2 riporta una stima dei tempi trascorsi nelle diverse combustioni da una
stella di 25 M , confermando come lo studio delle combustioni avanzate debba essere essen-
zialmente volto alla conoscenza dell’evoluzione chimica della materia stellare e ai processi
esplosivi che interessano le strutture finali.
A fronte della breve vita delle grandi masse , non risulta peraltro semplice trovare per
tali strutture opportuni riscontri osservativi anche per le fasi di combustione di H o He. Gli
Ammassi Globulari o Galattici che abbiamo sin qui posto come fondamento delle indagini
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Tab. 2. Temperature, densità e tempi scala nucleari per una stella di 25 M .

Combustione Temperatura Densità Tempi scala


Idrogeno 5 keV 5 gr/cm3 7 106 anni
Elio 20 kev 700 gr/cm3 5 105 anni
Carbonio 80 kev 2 105 gr/cm3 600 anni
Neon 150 kev 4 106 gr/cm3 1 anno
Ossigeno 200 kev 107 gr/cm3 6 mesi
Silicio 350 kev 3 107 gr/cm3 1 giorno
Collasso 600 kev 3 109 gr/cm3 secondi
Massimo del collasso 3 MeV 101 4 gr/cm3 millisecondi
Esplosione 100-600 kev varie 1-10 secondi

Fig. 8.6. Sinistra: Diagramma CM per l’Ammasso Globulare della Grande Nube NGC2004. Destra:
Stesso diagramma ma corretto per un modulo di distanza DM=18.5 e con sovraimposte le tracce
evolutive teoriche per stelle di 2.5 e 16 M . Le stelle del clump indicato dalle frecce sono stelle del
campo della Nube, non appartenenti all’ammasso,

evolutive offrono al riguardo scarsissime evidenze. Fortunatamente nei pressi della Galassia
si trova la galassia satellite della Grande Nube di Magellano, ove è tuttora attiva le for-
mazione di popolosi Ammassi Globulari. Nel seguito introdurremo dunque il discorso sulle
grandi masse avendo come utile riferimento le evidenze osservative che ci provengono da am-
massi della Grande Nube (Large Magellanic Cloud = LMC) quali quello il cui diagramma
CM è riportato in Fig. 8.6.Come mostrato nel pannello di sinistra della stessa figura, as-
sumendo per LMC un modulo di distanza DM ∼ 18.5, troviamo all’estremità superiore della
Sequenza Principale stelle di magnitudine V ∼ -6, oltre 20000 volte più luminose del Sole,
a testimonianza della loro appartenenza al campo delle grandi masse.
Da un punto di vista teorico le fasi di combustione dell’idrogeno non si discostano qual-
itativamente dalle tipiche evoluzioni guidate dalla combustiome CNO. All’aumentare della
massa aumentano temperatura centrale e luminosità delle strutture, e aumentano le dimen-
sioni in massa dei nuclei convettivi di Sequenza Principale, che in una stella di 20 M e
in dipendenza dalla composizione chimica iniziale, possono arrivare a superare anche le 9
M . Come mostrato nel pannello di destra della precedente Fig.8.6 nel caso di una 16 M ,
all’esaurimento dell’idrogeno centrale segue - come di norma - una escusrsione verso il rosso.
Le modalità di tale escursione dipendono peraltro dalle assunzioni riguardanti il criterio per
la stabilità convettiva, come espresso o attraverso la formulazione di Schwarzschild o tramite
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Fig. 8.7. Andamento temporale della temperatura efficace al termine della combustione centrale
di H assumendo per l’instabilità convettiva il criterio di Schwarzschild (S) o di Ledoux (L)

Fig. 8.8. Tracce evolutive di grandi masse per i vari indicati valori della massa e della composizione
chinica originaria.

l’espressione modificata da Ledoux per prendere in considerazione l’intervento dei gradienti


di peso molecolare.
Dall’adozione di uno dei due criteri dipende lo svilupparsi (Schwarzschild) o meno
(Ledoux) di una instabilità convettiva alla periferia del nucleo in contrazione all’esaurimento
dell’idrogeno. Le conseguenze evolutive sono mostrate in Fig.8.7. Adottando il criterio di
Schwarzschild la struttura si sposta lentamente verso la traccia dii Hayashi, andando quindi
a popolare il tratto intermedio. Al contrario, il criterio di Ledoux conduce ad una rapida
escursione alle basse temperature, ove le stelle passerano la loro fase di combustione di elio
sotto forma di Supergiganti Rosse. Al riguardo il diagramma CM di NGC2004 di Fig.8.7
sembra portare una testimoninza decisiva, indicando il criterio di Ledoux come il più adatto
a rappresentare il comportamento reale delle stelle.
Su tali basi la Fig.8.8 riporta un campione di tracce evolutive per diverse assunzioni
riguardanti le masse e le composizioni chimiche originarie. Si vede come al diminuire della
metallicità vengano favoriti i loop della combustione di elio. E’ peraltro da avvisare che
qui, come anche nel caso di masse intermedie, l’estensione dei loop dipende criticamente da
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Tab. 3. Temperature centrali per i modelli di 20 M di cui alla Fig.8.8 nella fase di ZAMS e
all’esaurimento dell’idrogeno.

Z 0.01 0.006 0.003 0.002


TMc
S
30.6 31.5 35.9 37.4
X=0
Tc 65.5 67.5 70.8 72.0

dettagli della modellistica: ad esempio, diverse assunzioni sulla ancora incerta sezione d’urto
per la reazione 12 C(α, γ)16 O producono sensibili variazioni sullo sviluppo dei loop.
La Fig.8.8 porta per la prima volta alla luce un accadimento che vedremo avere una
valenza ancor più generale. I modelli a metallicità minore (Z=0.002) non completano
l’escursione verso il rosso, innescando l’elio e iniziando il loop ancora a temperature rel-
ativamente elevate. Come mostrato in Tabella 3, ciò è dovuto al fatto che al diminuire della
metallicita cresce la temperatura centrale dei modelli di ZAMS e crescono ancor di più le
temerature al momento dell’esaurimento dell’idrogeno centrale. La conseguenza è un innesco
anticipato dell’elio e l’interruzione dell’escursione verso il rosso. La temperatura centrale dei
modelli di grandi masse è di per sé così alta che tale innesco anticipato si manifesta già a
metallicità ”normali”, tipiche di una Popolazione II estrema. Nelle masse intermedie una
simile caratteristica si svilupperà solo a metallicità ancor e talora notevolmente minori. Al
contrario, tale anticipazione si manifesterà a metallicità sempre più alte andando a masse
sempre maggiori nel dominio delle grandi masse.

8.5. Limiti superiori di massa. Quadro riassuntivo


Stelle di grande massa percorrono le fasi di combustione nucleare in pochi milioni di anni,
terminando la loro vita esplodendo sotto forma di Supernova. Strutture molto massicce (M≥
60-100 M ), se si formano, sfuggirebbero peraltro a tale destiono a causa di una instabilità
che deve manifestarsi alla formazione di nuclei di Ossigeno. A causa delle altissime temper-
ature centrali i fotoni della radiazione divengono sufficientemente energetici per attivare la
produzione di coppie di elettrone nel campo dei nuclei:

γ → e+ + e−

L’intervento di una ulteriore particella è necessario per conservare la quantità di moto,


come è subito visto mettendosi nel sistema del baricentro della coppia di elettroni prodotta.
La reazione si sviluppa preferenzialmente con l’intervento dei nuclei perché, stante la rela-
tivamente grande massa, contribuiscono al bilancio della quantità di moto assorbendo poca
energia, talché la soglia energetica resta in pratica quella per la produzione delle masse dei
due elettroni E ∼ 2me c2 ∼ 1 Mev. Nel campo di un elettrone tale soglia salirebbe a circa 6
Mev.
L’attivazione del canale di produzione di coppie tende a destabilizzare la struttura: ri-
facendosi al teorema del Viriale ricordiamo come la stabilità richieda che metà dell’energia
guadagnata nella contrazione vada ad aumentare l’energia cinetica delle particelle che com-
pongono la struttura stessa. L’effetto della produzione di coppie è di impedire che l’energia
iniettata nella struttura vada integralmente ad innalzare l’energia cinetica, una parte sempre
maggiore essendo spesa per produrre particelle. Si rompe cosı̀ l’equilibrio del Viriale e la
struttura collassa.
Più in dettaglio, partendo dal teorema del Viriale si può mostrare che una struttura
diventa instabile ogniqualvolta il parametro termodinamico
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Fig. 8.9. Traiettorie temporali delle condizioni centrali nuclei ”nudi” di ossigeno poste a confronto
con le regioni di instabilità per fotodisintegrazione del Fe o per creazione di coppie..

CP
γ =
CV
scende sotto il valore di 4/3. In tale quadro lo scenario qualitativo precedente si mate-
rializza nell’osservazione che al crescere dell’efficienza della produzione di coppie diminuisce
il valore di CV , che tende a zero nel limite in cui tutta l’energia iniettata nella materia vada
in formazione di coppie.
Quando, al crescere della temperatura, il criterio di stabilità viene a risultare violato in
una consistente frazione della struttura, la stella deve contrarre più velocemente da quanto
richiesto dalle perdite di energia. Ne risulta un aumento dell’efficienza della combustione
dell’Ossigeno ed una incontenuta produzione di energia che finisce col distruggere la strut-
tura. In un tale processo sono possibili produzioni di energia termonucleare anche sensibil-
mente maggiori di quelle prodotte nel collasso da fotodisintegrazione del Fe.
La Fig.8.9 riporta a titolo di esempio i risultati di un indagine compiuta seguendo
l’evoluzione di nuclei ”nudi” di Ossigeno, considerando cioè in prima approssimazione come
trascurabile l’influenza degli inviluppi più esterni. Dalla traiettoria evolutiva delle condizioni
centrali, confrontata con la regione di efficienza della produzione di coppie, si evince che
strutture che sviluppano nuclei di Ossigeno sono a 10 M riescono a compiere l’intero ciclo
di combustioni sino al Fe. Stelle con nuclei dell’ordine o maggiori di 30 M sono invece
destinati a penetrare nella zona di produzione di coppie, destabilizandosi.
Definiremo tali strutture, dell’ordine delle 102 M , come oggetti ultra-massivi, essendo
il termine di oggetti super-massivi già entrato in letteratura intorno agli anni ’60, a des-
ignare supposte strutture di 106 - 107 M indagate, ma poi abbandonate, come possibili
controparti teoriche dell’allora recente scoperta dei Quasar. Stelle ultra massive, se si for-
mano, percorrono peraltro in brevissimo tempo l’intero loro ciclo evoluttivo e possono far
parte dell’Universo osservabile al più tramite le loro esplosioni.
Siamo cosı̀ giunti al termine di un lungo percorso che ci ha consentito di indagare la
natura e le proprietà degli oggetti stellari disseminati nell’Universo a comporre galassie ed
ammassi di galassie, creando un quadro conoscitivo che riteniamo copra il destino evolutivo
di tutte le possibili strutture di equilibrio che si sono formate e continuamente si formano
dalla condensazione del gas interstellare. La Fig.8.10 riassume graficamente tale quadro, ri-
12

Fig. 8.10. Quadro riassuntivo della storia evolutiva delle struture stellari.

portando la collocazione osservativa assieme ed indicando alcuni caratteristici episodi strut-


turali e il destino finale di opportune strutture rappresentanti i tre tipi di storie evolutive
che siamo andati identificando e che abbiamo raggruppato nelle categorie di stelle di massa
piccola, intermedia e grande.

8.6. Grandi masse: combustioni avanzate


Pur mancando di un diretto riscontro osservativo, l’indagine sulla evoluzione di strutture di
grande massa attraverso le fasi di combustione successive a quella dell’elio è argomento di
grande rilevanza che ha l’obiettivo di giungere ad identificare le caratteristiche strutturali
e la distribuzione delle specie chimiche all’instaurarsi dell’instabilità. Tali strutture di pre-
supernovae rappresentano l’ingrediente fondamentale per indagare l’evoluzione temporale
dell’instabilità e, in particolare, per valutare tipo e quantità di materia elaborata nuclear-
mente espulsa nel corso dell’esplosione, valutando così il contributo delle varie Supernovae
all’evoluzione nucleare della materia dell’Universo.
E’ da avvisare che il calcolo di tali strutture diviene progressivamente sempre più oneroso
sia per la necessità di valutare il contributo di un sempre maggior numero di concorrenti
reazioni nucleari, sia per il complesso accoppiamento tra reazioni nucleari e mescolamento
convettivo. Orientativamente, ricordiamo che nei calcoli si giunge a seguire l’evoluzione di
13

Fig. 8.11. Evoluzione temporale delle regioni convettive all’interno di una stella di 15 M compo-
sizione solare, dalle fasi iniziali sino alla strutura di pre Supernova.

parecchie centinaia di isotopi valutando l’intervento di migliai di diverse reazioni nucleari.


La complessità dei calcoli e delle relative strutture è ben illustrata in Fig. 8.11, che riporta
l’evoluzione tenporale delle regioni convettive in una stella di 15 M composizione solare,
dalle fasi iniziali sino alla strutura di pre Supernova. Vi si riconosce facilmente la attesa
regressione dell’iniziale nucleo convettivo indotto dalla combustione CNO e nella succes-
siva fase di combustione di elio, il nuovo nucleo convettivo in progressivo aumento per il
meccanismo di autotrascinamento.
Dopo l’esaurimento dell’He centrale, l’evoluzione è caratterizzata dalla formazione di
nuovi nuclei convettivi in corrispondenza delle maggiori fasi di combustione di C, Ne, O e
Si e dall’alternarsi di episodi di convezione in shell che seguono l’innesco delle varie shell di
combustione. L’affondarsi della convezione superficiale dimostra che a partire dal termine
della combustione dell’elio e sino alla sua esplosione la stella raggiunge e permane nello stato
di Supergigante Rossa. Strutture a minore metallicità non completano invece l’escursione
verso il rosso, ed esploderanno come Supergiganti Blu ad alta temperatura superficiale.
Come già preconizzato sin dal Capitolo 4 sulla base di ”principi primi”, la struttura
di pre supernova conserva memoria della sua storia nucleare distribuendo in una struttura
”a cipolla” i prodotti di tutte le passate combustioni. La Fig. 8.12 porta l’esempio della
distribuzione delle specie chimica nella struttura di presupernova di una stella di 25 M .
Dall’esterno verso l’interno si riconoscono prima gli strati incombusti ( 25 < M/M < 10),
seguiti dalle shell con i prodotti di combustione prima dell’H, poi dell’He sino alla produzione
del nucleo di 54 Fe.
L’abbondanza delle specie chimiche all’interno di una struttura di presupernova non è
peraltro ancora rappresentativa della composizione chimica della materia che verrà eiettata
nello spazio a seguito dell’esplosione. Ci si attende infatti che tale composizione venga anche
sostanzialmente modificata dal passaggio dell’onda d’urto provaocata dall’esplosione medes-
ime, onda che innalza anche di ordini di grandezza le temperature locali provocando un
ultimo episodio di Nucleosintesi Esplosiva.
Notiamo qui che in tale episodio le reazioni nucleari possono seguire strade anche molto
diverse da quelle che abbiamo indagato interessandoci delle combustioni quiescenti. In quelle
condizioni, il fabbisogno energetico della struttura è soddisfatto da una bassa efficienza delle
reazioni e, conseguentemente, abbiamo implicitamente assunto che la bassa frequenza di
reazioni consentisse in ogni caso che gli elementi instabili prodotti durante una catena di
reazioni decadessero prima di subire una reazione di fusione con un ulteriore particella. Nella
14

Fig. 8.12. La distribuzione delle specie chimiche in una struttura di presupernova, calcolata al
momento in cui la velocità massima di collasso nel nucleo causata dall’instabilità per fotodisinte-
grazione del Fe ha raggiunto 1000 km/sec. La massa M è in masse solari.

Fig. 8.13. Distribuzione delle specie chimice nel nucleo della struttura di cui alla precedente figura
dopo la rielaborazione terminale causata dalla nucleosintesi esplosiva.

Nucleosintesi Esplosiva tale condizione viene a cadere, e le reazioni seguono nuovi cammini
di cui abbiamo dato un esempio trattando negli Approfondimenti del Ciclo CNO veloce.
Sfortunatamente, al presente i calcoli idrodinamici non riescono ancora a riprodurre nel
dettaglio la fase del collasso e della conseguente successiva espulsione di strati esterni. Si
ritiene che nel collasso gli strati esterni ad un nucleo centrale neutronizzato dovrebbero
finire col venire riflessi a causa dell’energia proveniente dal centro della struttura, ed eiettati
da ciò che resta della stella. In linea generale, è infatti da notare che qualunque meccan-
ismo che consenta di trasferire all’inviluppo anche pochi percento dell’energia prodotta dal
nucleo collassante giunge inevitabilmente ad invertire il collasso dell’inviluppo medesimo,
trasformandolo in una esplosione.
In assenza di una descrizione dettagliata, la nucleosintesi esplosiva viene investigata va-
lutando con vari argomenti la parte del nucleo sopravvivente all’esplosione e provocando
l’espulsione degli strati al di sopra di tale nucleo con vari artifici, quali una improvvisa
iniezione di energia o una perturbazione con effetto di pistone. Si ritiene peraltro che i
risultati, quali quelli presentati in Fig. 8.13 siano largamente significativi.
Con riferimento alla citata figura e con riferimento alle più macroscopiche modificazioni,
si può notare come giusto all’esterno del nucleo neutronizzato la nucleosintesi esplosiva del
Silicio conduca ad una completa distruzione del Si con produzione di 56 Ni. Più all’esterno,
dalla combustione incompleta del Si originano strati ricchi di Si, S, Ca e Ar. Aggiungiamo
15

solo che i calcoli dettagliati forniscono valutazioni dettagliate sull’abbondanza dei diversi
isotopi dei vari elementi, valutazioni che esulano dai limiti della presente esposizione, ma
che sono alla base di interessantissimi capitoli dell’Astrofisica Nucleare basati sul confronto
con l’abbondanza naturale di quegli isotopi.
Il destino del nucleo della Supernova dipende dalla sua massa. Se inferiore alla massa
critica per strutture di neutroni degeneri esso permarra sotto forma di una Stella di Neutroni
dal diametro dell’ordine della diecina di km. In tal caso, stante la necessaria conservazione
del momento angolare, è facile prevedere come tali strutture possano diventare rapidissimi
rotatori, e non stupisce riconoscere tali strutture nelle Pulsar, emettitori radio con periodi
dei segnali (e della rotazione) anche notevomente minori al secondo.
Per masse maggiori, non paiono esistere meccanismi fisici in grado di fermare il collasso
gravitazionale, e la materia appare destinata a proseguire il collasso raggiungendo il suo
Raggio di Schwarzschild, scomparendo dall’Universo osservabile sotto forma di Buca Nera.
16

Fig. 8.14. Collocazione nel diagramma HR di modelli in fase iniziale di combustione di elio
al variare dell’età. Per i vari modelli sono riportati massa (masse solari), età (miliardi di anni),
abbondanza di elio superficiale e massa del nucleo di He. Per i vari modelli sono riportate anche
le tracce evolutive in fase di combustione centrale di He e gli spostamenti del modello iniziale per
perdite di massa multiple di 0.1 M .

Approfondimenti

A8.1. Strutture ”Not-too-old” in combustione di He


Abbiamo visto come all’inizio della combustione di elio i modelli che portano alla transizione RGT
si dispongano al variare della massa, e quindi dell’età, lungo una sequenza che raggiunge un minimo
nella temperatura efficace per poi tornare verso alte temperature incrementando leggermente la
loro luminosità. Possiamo trovare una ragione per tale andamento sulla base di semplici consider-
azioni strutturali svolte in analogia a quanto discusso nel caso delle ZAHB. Nel caso delle ZAHB il
parametro libero era la perdita di massa, qui assumiamo come parametro libero l’età della struttura.
E’ subito evidente che per età opportunamente alte ci attendiamo in combustione di elio stelle
di massa poco superiore alla massa del nucleo elettronicamente degenere. Stelle quindi con shell di
idrogeno poco efficiente, che si devono collocare ad alte temperature in prossimità della Sequenza
Principale dell’He. Al diminuire dell’età cresce la massa della struttura e cresce con essa la massa
dell’inviluppo di H: la shell di combustione dell’H diviene sempre più efficiente e la stella si sposta
verso la sua traccia di Hayashi. Si può comprendere peraltro come tale processo non possa continuare
indefinitamente. Al progressivo aumentare dell’inviluppo di H la produzione di energia della shell
si viene peraltro a trovare in regioni sempre più interne, così che comincia sempre più ad essere
”sentita” dalla stella come una combustione centrale e la stella riguadagna il suo cammino verso le
alte temperature.
Accenni ad un simile comportamento si trovano già all’estremità rossa di alcune ZAHB. La Fig.
8.14 mostra in dettaglio la distribuzione dei modelli che nel caso Z=10−4 coprono il minimo in
temperatura efficace di cui andiamo discutendo. Nella stessa figura vengono riportati i parametri
evolutivi dei vari modelli: massa, età, abbondanza di He nell’inviluppo (dopo il primo dredge up) e
massa del nucleo di He all’innesco della reazione 3α. La stessa figura riporta anche le tracce evolutive
dei vari modelli nella fase di combustione di He centrale e la distribuzione dei modelli iniziali per
perdite di massa multiple di 0.1 M .
17

Fig. 8.15. Modelli evolutivi di HB per stelle ”metal-deficient” originate da un progenitore di 1.0
M . Si noti il ”turn over” della ZAHB che segnala la massima escursione dei modelli verso il rosso.
Le linee a tratti delimitano la regione di instabilità per pulsazioni radiali delle variabili di tipo RR
Lyrae.

E’ subito visto che per età dell’ordine di quelle degli Ammassi Globulari galattici (11-12 Gyr)
anche in assenza di perdita di massa le stelle in combustione di elio si collocherebbero sul ramo
inferiore, prima del minimo in temperatura efficace. In tal caso, come abbiamo già visto, anche
contenute perdite di massa sono in grado di aumentare notevolmente la temperatura efficace delle
strutture, creabdo i ben noti Rami Orizzontali. Il quadro cambia notevolmente andando ad età
minori, quali quelle rilevanti non solo per alcuni ammassi stellari galattici di vecchio disco, ma per
Ammassi Globulari nelle Nubi di Magellano e per le popolazioni stellari in alcune Galassie Nane
del Gruppo locale.
Diminuisce infatti notevolmente la sensibilità alla perdita di massa e la traiettoria dei modelli a
massa variabile segue in qualche maniera i precetti delineati in precedenza: ne segue in particolare
che la perdita di massa cessa di essere in grado di portare le strutture verso le alte temperature.
I Rami Orizzontali restano quindi una prerogativa delle popolazioni stellari, quali gli Ammassi
Globulari galattici, con età dell’ordine di quella dell’Universo (Tempo di Hubble).
Non sorprendentemente, in tale escursione delle strutture pre-transizione verso il rosso il minimo
di temperatura efficace dipende sensibilmente dalla metallicità: diminuendo la metallicità le stelle
restano più calde. al Fig. 8.15 mostra come scendendo a valori esteremamente bassi di Z il ”turn
over” dei modelli raggiunga temperature dell’ordine 104 K, accadimento che può essere messo in
relazione con le diminuita efficienza della shell di combustione dell’idrogeno. Come discuteremo in
uno dei capitoli seguenti, ciò avrà rilevanti conseguenze sulle predizioni concernenti l’apparizione di
stelle variabili nelle popolazioni più povere di metalli.

A8.2. La Red Giant Transition


Una estrema sottoabbondanza di metalli ha conseguenze rilevanti anche sui parametri della Red
Giant Transition. Il pannello di sinistra della Fig. 8.16 mostra l’andamento della luminosità
all’innesco dell’elio (”tip” delle Giganti Rosse) al variare della massa stellare per diverse valori
di sottoabbondanza. La luminosità in oggetto è un ulteriore parametro che segnala la transizione:
18

Fig. 8.16. Pannello di sinistra: andamento della luminosità al ”tip” delle Giganti Rosse al variare
della massa attraverso la RGT per gli indicati valori di metallicità. Pannello di destra: come nel
pannello di sinistra ma in funzione dei tempi all’innesco dell’elio.

Tab. 4. Parametri evolutivi per modelli stellari al minimo della transizione per diverse assunte
metallicità. Per ogni Z sono riportati la massa Mmin al minimo del nucleo di He, in masse solari,
il suo tempo evolutivo (milioni di anni), la massa del nucleo di He M min
c e la luminosità di ”tip”
Lmin
tip . ambedue in unità solari.

Z 10−10 10−6 10−4 4 10−3 10−2 4 10−2


Mmin 1.5 1.9 2.4 2.5 2.6 2.9
tmin 4500 2650 769 636 612 531
M min
c 0.29 0.34 0.32 0.33 0.33 0.33
Lmin
tip 2.04 2.15 2.11 2.26 2.31 2.27

Fig. 8.17. Variazione con il tempo dell’abbondanza relativa di stelle in fase di combustione a shell
di H (subgiganti e giganti) o in fase di combustione centrale di elio. Il tempo t è in milioni di anni.

all’aumentare delle masse attraverso la transizione tale luminosità diminuirà seguendo la progres-
siva scomparsa del Ramo delle Giganti Rosse , raggiungendo un minimo in corrispondenza del
minimo valore del nucleo di elio, per poi risalire seguendo l’aumento delle masse stellari e delle loro
luminosità evolutive.
Il pannello di destra della stessa figura mostra ancora la luminosità di ”tip” ma in funzione del
tempo all’innesco dell’elio. Dai dati in figura si trae l’evidenza che popolazioni sottoabbondanti di
metalli possono sperimentare la RGT a masse notevolmente minori e, conseguentemente, a tempi
notevolmente maggiori di una normale popolazione stellare, sviluppando un Ramo delle Giganti
Rosse solo dopo alcuni miliardi di anni. La Tabella 8.16 riporta alcuni parametri caratterisatici
della RGT per metallicità che coprono l’intervallo da Z= 10−10 al valore soprasolare Z= 4 10−2 .
19

Tab. 5. Per le varie masse M (in masse solari) ogni riga riporta nell’ordine la massa del nucleo di
He e l’età all’innesco dell’elio centrale seguite dai tempi di vita nelle fasi d combustione a shell di
idrogeno, combustione centrale di elio e early AGB.

H He
M Mc t(flash) τshell τcentral τ He shell
1.0 0.472 13527 1982 118 10
1.2 0.471 6851 986 111 10
1.5 0.470 3105 632 117 10
2.0 0.444 1158 137 130 11
2.3 0.341 740 58 260 25
2.5 0.330 573 33 231 23
3.0 0.363 341 14 136 13

Fig. 8.18. Evoluzione delle condizioni centrali di stelle di varia massa dalla fase di presequenza
sino alle fasi evolutive avanzate.

Per indagare infine con qualche maggiore dettaglio le modalità della transizione riportiamo in
Tabella 5 una selezione di tempi evolutivi per una serie di masse di composizione solare a cavallo
della transizione. Sulla base di tali dati la Fig.8.17 mostra la variazione con il tempo dell’attesa
abbondanza relativa di stelle in fase di combustione a shell di idrogeno o combustione centrale di
elio. Se ne ricava l’evidenza di come alle minori età le fasi post MS siano dominate dal clump delle
stelle nella combustione centrale di elio. La transizione avviene a circa 1 Gyr, quando giungono al
flash le stelle di ∼ 2.0 M .

A8.3. Nuclei degeneri. Pulsi termici. Biforcazione del Carbonio.


Allorquando in una struttura stellare si sviluppa un nucleo degenere l’evoluzione delle condizioni
interne appare largamente condizionata dalle caratteristiche del nucleo stesso. Un’evidenza di ciò
proviene dalla esistenza di una relazione ”massa del nucleo-luminosità” sia per le Giganti Rosse
di piccola massa, con nucleo di He degenere, che per piccole masse e masse intermedie in fase di
AGB. A titolo di esempio la Fig. 8.18 riporta l’evoluzione temporale delle condizioni centrali di un
campione di masse stellari, mostrando come le strutture con nuclei degeneri di He convergano verso
un’unica sequenza temporale.
Strutture con nucleo di CO degenere sono fatalmente destinate a innescare pulsi termici. Il
termine della fase di early AGB e l’innesco dei pulsi è segnalato da alcuni eventi precursori, quali
una rinnovata efficienza della shell di idrogeno e alcuni lievi massimi secondari nell’evoluzione della
luminosità della struttura. Ancora a titolo di esempio la Fig.8.19 mostra l’andamento di tale lu-
minosità in un modello di 2.5 M di composizione chimica solare. Si può notare come la crescita
continua della luminosità assuma gradatamente un andamento oscillante sino a innescare il primo
vero e proprio pulso che, dopo un transiente riaggiustamento, dà inizio ad una sequenza omogenea di
successivi pulsi. Si noti al riguardo anche la relativamente bassa luminosità alla quale si sviluppano
i pulsi rispetto alle strutture più massicce.
20

Fig. 8.19. Andamento temporale della luminosità nella fase di innesco dei pulsi termici in un
modello di 2.5 M di composizione solare.

Fig. 8.20. Evoluzione temporale delle temperature centrali e delle temperature massime in una
serie di modelli con Z=8 10−3 a cavallo dei limiti per l’innesco del Carbonio.

La Fig.8.20 mostra infine come l’innesco del Carbonio si presenti come una vera e propria
biforcazione nel destino evolutivo delle strutture stellari. A densità logρc ∼6 al centro di tutte le
strutture inizia a prevalere la produzione di neutrini, provocando una inversione di temperatura ed
il progressivo raffreddamento delle regioni centrali. La temperatura continua peraltro a crescere in
una shell intermedia, sinché avviene la netta e brusca separazione tra le strutture che innescano e
quelle che raffreddano.

A8.4. Modelli con Overshooting invasivi.


Nel trattamento della convezione adottato nel testo, si è esplicitamente assunto che ai bordi
delle zone convettive esista una regione di ”overshooting” di estensione trascurabile. La presenza
dell’overshooting si manifesta dunque in tale modellistica ”classica” solo nella fasi di conbustione
dell’elio attraverso i meccanismi del trascinamento del nucleo convettivo e nelle successiva fase di
semiconvezione. Attorno agli anni ’80 fu peraltro avanzata da alcuni ricercatori l’ipotesi di ”over-
shooting invasivi”, cioè con dimensioni non trascurabili. In assenza di una teoria al proposito,
l’estensione di tali overshooting viene ad assumere l’aspetto di un parametro libero ed è usualmente
espressa in unità di quella lunghezza di scala di pressione HP che appare anche nel trattamento
della convezione superadiabatica, ponendo l=β HP .
La reale efficienza di tale meccanismo, peraltro ignorato nella formulazione dei Modelli Solari
Standard, è stata l’oggetto di un lungo dibattito che si prolunga sino al presente. Le varie evidenze
osservative di volta in volta invocate in supporto del fenomeno sono talora risultate incosistenti e, nel
tempo, le estensioni di overshooting adottate sono progressivamente scese da β ∼ 1 a 0.25. Notiamo
qui che un’estensione dell’orine do 0.1 HP produce modelli che che cominciano a confondersi con lo
scenario classico.
Da un punto di vista generale è facile prevedere le conseguenxe di un efficiente overshooting
invasivo, che si traduce in accresciute dimensioni delle regioni rimescolate ed omogeneizzate dai
21

Fig. 8.21. Tracce evolutive di una struttura di 4.0 M come calcolate seguendo le segnalate
assunzioni sull’efficienza di overshooting invasivi.

nuclei convettivi. Piccole masse in fase di combustione di idrogeno, essendo prive di nuclei convettivi,
risultano quindi immuni dall’intervento da tali extra rimescolamenti, che invece interesseranno i
nuclei convettivi della fase di combustione di elio e le strutture in combustione sia di H che di He
in masse intermedia e grandi. Conseguentemente, un efficiente overshooting produce nelle piccole
masse solo un’allungamento della fase di HB proporzionale al combustibile portato nel nucleo di
combustione di elio e, dunque, alle dimensioni di overshooting adottate.
In masse intermedie e grandi l’overshooting modifica invece già le strutture di ZAMS, generando
una catena di conseguenze che possono essere riassunte nei seguenti punti:

1. Si prolunga la vita in fase di combustione centrale di H, con modifiche della traccia di uscita
dalla ZAMS.
2. All’esaurimento dell’H centrale la struttura ha nuclei di He più massivi e, di conseguenza, si
abbassa il valore della massa critica per la RGT.
3. Le stelle si presentano in fase di combustione di elio centrale con nuclei di elio più massivi
risultando più luminose e con vite medie più brevi.
4. Le strutture sviluppano infine nuclei di CO più massivi, di conseguenza, scende il valore di Mup .

che rappresentano, nel contempo, le caratteristiche osservative sulle quali è possibile in linea di
principio verificare e/o calibrare l’efficienza dell’overshooting.
La Fig.8.21 riporta un esempio di tale comportamento, mettendo a confronto la traccia evolutiva
di struttura di 4 M calcolata con le assunzioni classiche con tracce per la stessa struttura ma
calcolate assumendo un’estensione dell’overshooting pari a 0.10 o 0.25 HP .
Per ovviare ad alcune inconsistenze, nei calcoli recenti sono stati introdotti approcci più arti-
colati, ad esempio inibendo del tutto l’efficienza dell’overshooting per masse minori od eguali a 1
M , ad evitare le predizioni di un nucleo convettivo nell’attuale Sole, aumentando gradatamente
il valore di tale perametro portandolo in piena, seppur moderata, efficienza per stelle di massa ≥
1.5 M . La modellistica è ulteriormente complicata dalla coerente introduzione di un parallelo ”un-
dershooting” alla base degli inviluppi convettivi, anch’esso modulato in termini di HP , seppur con
valori autonomi ed in genere diversi da quelli utilizzati per la convezione interna.

A8.5. Strutture deficienti in metalli e Mup


Le stelle, a parità di massa, al diminuire dei metalli risultano progressivamente ”più calde”, allu-
dendo con ciò alla predizione di maggiori temperature centrali. Ne segue, come discusso in altro
punto, una corrisponente diminuzione della massa della RGT. Nel caso delle grandi masse, per Z≤
0.002 ne segue anche una accelerazione della combustione dell’elio, il cui innesco avviene prima che
la struttura raggiunga la sua traccia di Hayashi. E’ facile comprendere come tale effetto scali con
le masse: masse minori hanno temperature centrali minori e e saranno necessarie minori metallicità
22

Fig. 8.22. Tracce evolutive per masse intermedie con metallicità Z= 10−4 .

Fig. 8.23. Evoluzione temporale dei nuclei convettivi in strutture con Z=10−10 e gli indicati valori
delle masse. In ascissa la concentrazione di idrogeno al centro Xc .

per innalzare sufficientemente le temperature e produrre l’innesco anticipato. In effetti la Fig. 8.22
mostra come scendendo a Z=10−4 anche le masse intermedie mostrano un simile comportamento.
A metallicità ancora minori, piccole masse anticiperanno l’innesco dell’elio diminuendo progressiva-
mente la luminosità del tip del Ramo delle Giganti.
L’effetto della metallicità sul valore di Mup è più complesso. L’innesco della combustione del
Carbonio resta infatti collegato alle dimendioni del nucleo di CO e tali dimensioni risultano an-
che dal tipo di reazioni che hanno sorretto la fase di combustione dell’idrogeno. Diminuendo la
metallicità a partire da valori solari, a parità di massa aumentano i nuclei convettivi e diminuisce
corrispondentemente il valore di Mup . Al progressivo diminuire di Z inizia però ad essere progressi-
vamente sfavorita la combustione CNO, che è all’origine dei nuclei convettivi, a favore della catena
pp. Ciò riduce la dimensione dei nuclei convettivi, sfavorendo l’innesco del Carbonio ed innalzando
nuovamente il valore di Mup .
Come caso limite, la Fig.8.23 riporta la storia dei nuclei convettivi in strutture di masse interme-
die e grandi con Z=10−10 . In tutti i casi, la ricrescita della convezione nel corso della combustione
centrale di idrogeno corrisponde all’intervento della reazione 3α con la conseguente produzione di
Carbonio ”fresco” che incentiva un passaggio verso la combustione CNO. Le conseguenze su Mup
sono mostrate in Fig. 8.24: in strutture deficienti in metalli il valore di Mup risale sensibilemte. Se a
23

Fig. 8.24. Andamento di Mup al variare delaa metallicità .

ciò corrispondesse anche una diminuzione della perdita di massa, forse masse intermedie delle prime
popolazioni stellari potrebbero non terminare le loro vitsa come Nane Bianche di CO, ma subire la
deflagrazione del Carbonio.

A8.6. Il bilancio del viriale ed il criterio di stabilità delle strutture


Dal teorema del Viriale, per una struttura quasi stabile deve valere

2T + Ω = 0
con l’ormai usuale significato dei simboli. Si può indagare più a fondo il bilancio energetico della
struttura ricordando (→ A2.1) che l’energia interna per particella risulta
n
u= kT
2
dove n è il numero di gradi di libertà. Per l’energia cinetica della particella si ha in particolare
3
w= kT
2
da cui
3 3 2
w=u = ( )u
n 2 n
Ponendo γ = 1 +2/n, γ -1= 2/n e per l’energia cinetica si ha la forma
3
w= (γ − 1)u
2
Dalla termodinamica elementare si ricava facilmente che γ è il rapporto CP /CV dei calori
specifici a pressione o volume costanti.
La precedente relazione tra energia cinetica ed ebergia totale della materia consente di ricavare
un dettagliato bilancio energetico del processo di contrazione. L’energia totale posseduta dalla
struttura risulterà infatti, ponendo U = Σi ui

E =U +Ω
ma per il viriale, risultando T=Σi wi , deve anche valere

3(γ − 1)U + Ω = 0
da cui si ricava in definitiva
24

3γ − 4
E= Ω
3(γ − 1)
Per una contrazione, dΩ < 0, e le due precedenti relazioni forniscono

3γ − 4
dE = dΩ
3(γ − 1)
1
dU = − dΩ
3(γ − 1)
Ne segue che per γ > 4/3 la contrazione comporta una diminuzione di E: è questa l’energia
disponibile per essere irradiata. Nel contempo la contrazione implica un aumento di U, confermando
che in tal caso la contrazione aumenta l’energia interna e con essa l’energia cinetica della struttura.
Per un gas perfetto monoatomico γ = 5/3, W = U, e si riconosce come metà dell’energia
guadagnata dalla contrazione vada in energia cinetica delle particelle e metà venga irradiata. E’
subito visto che al diminuire di γ aumenta la frazione di energia gravitazionale che deve essere
immagazzinata come energia interna per mantenere l’equilibrio. Al limite γ = 4/3 (gas di fotoni)
tutta l’energia guadagnata dalla contrazione deve andare in energia interna.
Le precedenti considerazioni forniscono agevolmente un criterio di stabilità per la struttura.
Sinché γ > 4/3 resta possibile l’equilibrio di una struttura stellare, in quanto l’energia guadagnata
nella contrazione è sufficiente per innalzare adeguatamente l’energia interna e soddisfare le richieste
del viriale. Per γ < 4/3 ciò non è più possibile: l’energia guadagnata dalla contrazione diventa
minore di quella necessaria per mantenere l’equilibrio idrostatico e si deve manifestare una instabilità
gravitazionale. La condizione γ > 4/3 è quindi condizione necessaria per la stabilità delle strutture
stellari.

A8.7. La storia gravitazionale


Nel seguire la storia evolutiva delle strutture stellari abbiamo di volta in volta posto in luce
l’intervento della gravitazione come elemento centrale che guida la contrazione ed il riscaldamento
della materia di cui le stelle sono composte. E’ restato peraltro in secondo piano il reale contributo
di energia con cui il campo gravitazionale ha contribuito al bilancio energetico generale.
E’ dunque interessante esplorare la storia gravitazionale delle strutture stellari, come ricavabile
dall’andamento temporale dell’ energia di legame gravitazionale
Z
Mr ρ
Ω=G
r
.
che fornisce in ogni istante il bilancio dell’energia prodotta lungo tutta la precedente storia della
stella a spese del campo gravitazionale.
La Fig. 8.25 riporta nel pannello inferiore un esempio di tali andamenti nel caso di una stella
di 5 M di composizione solare, seguita dalla Sequenza Principale sino alle fasi avanzate di AGB
lungo la traccia riportata nel pannello superiore della stessa figura.
Se ne trae la sorprendente evidenza di quanto l’intervento dell’energia nucleare, intrecciandosi
con le condizioni strutturali, finisca con il modificare la semplice pittura che avevamo a suo tempo
derivato dal Teorema del Viriale. In effetti la Fig. 8.25 mostra che, in totale, l’energia gravitazionale
della struttura rimane per lungo tratto del’evoluzione addirittura minore di quella del modello di
MS, finendo con l’aumentare sensibilmente solo durante la fase di crescita del nucleo degenere di
CO durante la fase di AGB.
La storia di una stella, come dipinta dal Viriale, e’ dunque largamente una storia dei nuclei
stellari, mentre le varie e successive espansioni degli inviluppi tendono a bilanciare le variazioni
dell’energia totale gravitazionale. Come mostrato in Fig. 8.26 , la storia gravitazionale di una pic-
cola massa quale il Sole, risulta ancor più lineare, con le fasi di combustione centrale a legame
sensibilmente costante, l’aumento di legame durante le fasi di combustione a shell e l’evidente es-
pansione causata dal flash dell’elio e il conseguente riaggiustamento della stella in una struttura di
25

Fig. 8.25. Pannello superiore: Traccia evolutiva di una stella di 5 M e composizione chimica
solare. Pannello inferiore: Andamento temporale dell’energia dii legame della struttura di cui al
pannello superiore. Le frecce indicano alcune fasi evolutive.

Fig. 8.26. Andamento temporale dell’energia di legame di una struttura di 1M seguita dalla fase
iniziale di Sequenza pPrincipale sino alle fasi avanzate di Ramo Asintotico. .

HB. In passim, dai dati in figura, si ricava facilmente che l’antica evidenza per la quale l’energia
gravitazionale del Sole potrebbe sostenere l’attuale luminosità per meno di 108 anni.
Come accenato in precedenza, il motore di tutta l’evoluzione delle strutture stellari resta peraltro
e in ogni caso la gravitazione, il cui contributo energetico è all’origine della serie di complessi
fenomeni che caratterizzano la vita delle strutture stellari e che, sola, riesce a risvegliare l’energia
latente nei nuclei per porla a disposizione della stella.
26

Origine delle Figure

Fig.8.1 Castellani V., Chieffi A., Pulone L., Tornambé A. 1985, ApJ 283, L89
Fig.8.2 Castellani V.,Degl’Innocenti S.,Girardi L., Marconi M.,Prada Moroni P.G.,Weiss A. 2000, A&A 354,150
Fig.8.3 Castellani V.,Degl’Innocenti S.,Girardi L., Marconi M.,Prada Moroni P.G.,Weiss A. 2000, A&A 354,150
Fig.8.4 Castellani V., Chieffi A., Pulone 1990 ApJS 74, 463
Fig.8.5 Alcock C., Paczynski B. 1978, ApJ 223, 224
Fig.8.6 Bencivenni D., Brocato E., Buonanno R., Castellani V. 1991, AJ 102, 137
Fig.8.7 Brocato E., Castellani V. 2003, ApJ 410, 99
Fig.8.8 Brocato E., Castellani V. 2003, ApJ 410, 99
Fig.8.9 Barka T.S. 1977, in ”Supernovae”, O.N. Schramm ed., Reidel Publ. Comp.
Fig.8.10 Iben I.Jr. 1980, in ”Physical Processes in Red Giants”, Reidel Publ. Comp.
Fig.8.11 Limongi M., Chieffi A., Straniero O. 2001, Mem. Soc. Astron. It. 72, 289
Fig.8.12 Woosley S.S., Weawer S.E. 1982, in ”Essays in Nuclear Astrophysics”, Cambridge University Press.
Fig.8.13 Woosley S.S., Weawer S.E. 1982, in ”Essays in Nuclear Astrophysics”, Cambridge University Press.
Fig.8.14 Castellani V.,Degl’Innocenti S. 1995, A&A 298, 827
Fig.8.15 Cassisi S., Castellani V., Tornambé A. 1996, ApJ 459, 298
Fig.8.16 Cassisi S., Castellani V. 1993, ApJS 88, 509
Fig.8.17 Castellani V., Chieffi A., Straniero O. 1992, ApJS 78, 517
Fig.8.18 Iben I.Jr. 1973, in ”Explosive Nucleosynthesis”, D.N. Schramm ed., Univ. Texas Press
Fig.8.19 Castellani V., Chieffi A., Straniero O. 1992, ApJS 78, 517
Fig.8.20 Castellani V., Degl’Innocenti S., Marconi M., Prada Moroni P.G. Sestito P. 2003 A&A 404, 645
Fig.8.21 Castellani V., Degl’Innocenti S., Marconi M., Prada Moroni P.G. Sestito P. 2003 A&A 404, 645
Fig.8.22 Cassisi S., Castellani V. 1993, ApJS 88, 509
Fig.8.23 Cassisi S., Castellani V. 1993, ApJS 88, 509
Fig.8.24 Cassisi S., Castellani V. 1993, ApJS 88, 509
Fig.8.25 Castellani V., Marconi M. unpublished
Fig.8.26 Castellani V., Marconi M. unpublished

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