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Fig. 8.1. Evoluzione della struttura interna di una stella di 6 M , y=0.20, Z=10−3 durante la fase
di combustione quiescente dell’elio centrale. I vari parametri sono normalizzati ai loro valori massimi,
riportati in ogni pannello. Per ogni struttura sono anche riportati la collocazione nel diagramma
HR (logL, LogTe ), l’età ed il numero sequenziale del modello. .
Per definizione, le masse intermedie innescano la combustione a shell di elio alla periferia
di un nucleo di CO che diviene rapidamente degenere. Come le piccole masse, esse daranno
quindi vita ad una fase di AGB, raggiungendo fatalmente una fase di pulsi termici attraverso
i quali l’idrogeno dell’inviluppo viene progressivamente trasformato prima in elio e poi in
CO. Se nel frattempo, come si ritiene, la perdita di massa porta le strutture al di sotto del
limite di Chandrasekhar, il destino finale di tali strutture sarà - come per le piccole masse- il
progressivo raffreddamento sotto forma di Nane Bianche di CO. In caso contrario si giungerà
fatalmente alla deflagrazione del Carbonio. Il limite superiore di massa per tale comporta-
mento viene indicato in letteratura come Mup . Il preciso valore di tale limite dipende dalla
composizione originale della stella: possiamo peraltro almeno orientativamente indicare un
valore attorno alle 8 M .
Masse superiori a Mup giungono invece ad innescare la combustione del Carbonio prima
che il nucleo degeneri completamente. In un ristretto intervallo di circa 2 M la combustione
di C conduce alla creazione di nuclei di ONe degeneri. Se, nuovamente, non interviene una
sufficiente perdita di massa, anche queste strutture termineranno o con la deflagrazione del
Carbonio (masse minori) o con processi di cattura elettronica che portano alla implosione
ed alla formazione di una stella di neutroni. Nel seguito considereremo queste strutture
come una sottoclasse della masse intermedie. Stelle con massa ancora maggiore portano
a compimento l’intera catena di combustioni sino alla finale fotodisntegrazione del Fe e
l’esplosione come Supernovae.
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Fig. 8.2. Andamento di alcune variabili di struttura al variare della massa stellare alla transizione
tra piccole masse e masse intermedie. Pannello superiore: massa del nucleo di He all’innesco della
reazione 3α. Pannello intermedio: luminosità del primo modello in combustione quiescente di He.
Pannello inferiore: tempi di vita in fase di combustione di He centrale.
Fig. 8.3. Collocazione nel diagramma HR dei modelli di cui alla figura precedente.
infine ancora le dimensioni del nucleo di He a guidare la risalita della luminosità sopra le
M=2.3 M , con una crescita che continuerà regolarmente al crescere della massa stellare e
del conseguente aumento dei nuclei convettivi.
Il pannello inferiore riporta infine la rilevante evidenza di come la durata della fase di
combustione di He centrale sia regolata dalle dimensioni del nucleo di He, regola di cui
faremo uso nel discutere gli effetti di un eventuale esteso oveshooting (→ A8.1). Se ne trae
l’evidenza che giusto alla transizione le strutture stellari mostrano una eccezionale durata
della fase di combustione di He centrale, permanendo in tale fase più del doppio del tempo
di ogni altra massa, sia minore che maggiore. Evidenza che in taluni casi si deve tradurre in
una particolare abbondanza di tali strutture.
Più in generale, dai dati in Fig.8.2 e sulla base dei tempi in Tabella 5.1, si trae l’evidenza
che una popolazione stellare di composizione solare e di assegnata età, comincerà a sviluppare
un Ramo delle Giganti dopo circa 600 milioni di anni, tempo evolutivo di una struttura
M=2.3 M all’esaurimento dell’H centrale. A 800 milioni di anni, tempo della combustione
di H di una M=2.1 M , il Ramo delle Giganti è ormai formato e permarrà per tutti i tempi
successivi. Questa fase di apparizione del Ramo delle Giganti prende in letteratura il nome
di Red Giant Transition (RGT) e segna il rapido passaggio dalle tipiche polazioni giovani, a
giganti blu, alle popolazioni più anziane dominate dalle Giganti Rosse.
Tempi e masse della Red Giant Transition dipendono dalla composizione chimica origi-
nale delle stelle. La stessa Fig. 8.2 mostra come una diminuzione dell’elio originale si traduca
in un aumento della massa di transizione. Ciò appare in accordo con la regola più volte enun-
ciata secondo la quale diminuire il contenuto di elio (diminuire il peso molecolare medio)
produce strutture più fredde e, di conseguenza, più affette da degenerazione elettronica.
Analogamente si può facilmente predire che al diminuire della metallicità deve diminuire
anche la massa di transizione: una diminuzione di metallicità produce infatti strutture più
calde e meno soggette alla degenerazione elettronica.
La Fig. 8.3 mostra infine la collocazione nel diagramma HR di strutture di transizione
all’inizio della loro fase di combustione quiescente di elio. All’aumentare della massa i mod-
elli raggiungono un minimo nella temperatura efficace per poi tornare verso alti valori di tale
parametro ancor prima di entrare nella fase di vera transizione, marcata dal successivo min-
imo della luminosità. Superata la transizione, la luminosità alla quale inizia la combustione
di elio crescerà infine monotonamente al crescere della massa della struttura.
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Fig. 8.4. Tracce evolutive per stelle di 3, 4, 5, 7 e 9 M dalla MS sino alle fasi di combustione di
He in shell per composizioni chimiche rappresentative della Pop.I e della Pop.II.
Tab. 1. Parametri evolutivi per le strutture di cui alla Fig. 8.4. Ogni riga riporta nell’ordine: metal-
licità (Z), massa del nucleo convettivo in ZAMS (MM S
cc ), massa del nucleo di elio all’esaurimento
dell’H centrale (MHe ) e all’inizio della combustione di He (MHe
X=0
He ), massa del nucleo convet-
tivo all’innesco dell’He (MHe Y =0
cc ) e le masse del nucleo di elio (MHe ) e del nucleo di CO (MCO )
Y =0
all’esaurimento dell’He centrale. Le ultime quattro colonne riportano infine massa del nucleo di CO
e luminosità della struttura al 2 dredge up e al primo pulso termico. Le lineette indicano un mancato
dredge up. Masse e luminosità sono in unità solari.
Z M MMcc
S
MX=0
He MHe
He MHe
cc MYHe=0 MYCO
=0
MDU
CO LDU MTCO
P
LT P
0.02 3 0.60 0.32 0.37 0.22 0.57 0.21 - - 0.55 3.41
0.02 4 0.88 0.40 0.49 0.32 0.79 0.39 - - 0.79 4.12
0.02 5 1.20 0.58 0.64 0.40 1.04 0.44 0.73 3.95 0.87 4.23
0.02 7 1.93 0.90 0.98 0.71 1.59 0.72 0.94 4.17 1.01 4.46
0.02 9 2.63 1.27 1.39 1.03 2.20 1.03 - - C ignition
0.002 3 0.64 0.34 0.39 0.30 0.70 0.30 - - 0.69 3.74
0.002 4 0.98 0.47 0.51 0.42 0.93 0.47 0.73 4.00 0.86 4.17
0.002 5 1.33 0.59 0.64 0.54 1.19 0.57 0.78 4.00 0.91 4.28
0.002 7 2.11 0.88 0.96 0.81 1.73 0.83 1.01 4.25 1.07 4.51
0.002 9 2.97 1.24 1.37 1.11 2.28 1.11 - - C ignition
dunque Mup verso valori minori, almeno sinché si rimanga nel campo di metallicità tipiche
per le normali popolazioni galattiche.
In tale contesto è infine opportuno rilevare come il raggiungimento della massa critica del
nulcleo di CO, e quindi l’innesco o meno del C, dipenda anche dall’efficienza dei meccanismi
di rimescolamento che hanno operato lungo la storia della struttura, con il trascinamento
del nucleo e la semiconvezione indotta che favoriscono l’innesco e il 2 dredge up che invece
lo sfavorisce. La Tabella 1 illustra la catena di avvenimenti che condizionano la massa del
nucleo di CO riportando alcuni parametri significativi per le stelle di cui alla precedente Fig.
8.4.
Come esempio di lettura di tali dati, la Tabella ci dice, ad esempio, che una stella di 5
M , Z=0.02, inizia la sua vita con un nucleo convettivo di 1.20 M che al termine della
combustione di idrogeno si è ridotto a 0.58 M , portato a 0.64 M dalla combustione a
shell di H prima dell’innesco dell’elio. All’inizio della combustione di elio la struttura ha un
nucleo convettivo di 0.40 M , che produce al termine della combustione un nucleo di CO
di 0.44 M , mostrando i ridotti effetti del trascinamento del nucleo in queste masse. Nello
stesso tempo il nucleo di elio è stato portato dalla combustione a shell a 1.04 M . La stella
subisce il 2 dredge up e arriva al reinnesco della shell di idrogeno, precursore della fase dei
pulsi termici, con un nucleo di CO di sole 0.87 M , indicando che a tale valore è calato del
nucleo di elio dopo il dredge up. Si notino nella Tabella le alte luminosità raggiunte dalle
stelle al termine della fase di early AGB. In una stella di 7 M di Pop.II il primo precursore
dei pulsi si manifesta a logL/L =4.5, a luminosità ben più alte che nel caso delle piccole
masse (logL/L ∼ 3).
La traiettoria evolutiva delle condizioni centrali, come riportata in Fig. 8.5 per varie
masse e due metallicità, fornisce un utile compendio della storia delle strutture. Come carat-
teristica generale si noti come l’innesco della combustione centrale di elio sia segnalato da
una espansione delle regioni centrali, cui corrisponde nel diagramma HR il primo tratto
del loop verso alte temperature efficaci. Nelle fasi evolutive successive una stella di 10 M
a bassa metallicità riesce a mantenersi al di fuori della degenerazione, giungendo ad in-
nescare pacificamente il Carbonio. Diminuendo la massa e/o aumentando la metallicità gli
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Fig. 8.5. Traiettoria temporale delle condizioni centrali per stelle di varia massa con Y=0.28 e
Z=10−4 (linee continue) e Z=3 10−2 (linee a tratti). La linea a punti indica il luogo ove l’energia
prodotta dalla combustione del C eguaglia le perdite per termoneutrini. Le masse delle stelle sono
indicate in M all’inizio delle relative tracce. Cerchi o quadrati lungo le tracce segnalano nell’ordine:
1. Sequenza Principale; 2. Inizio della fase di overall contraction; 3. Innesco della combustione di
elio centrale; 4. Esaurimento dell’elio centrale.
effetti della degenerazione finiscono con il prevalere, allontanando le traiettorie dalla curva
di ignizione per imboccare una sequenza di raffreddamento.
L’innesco del Carbonio, che segna il limite superiore delle masse intermedie, avviene
inizialmente in nuclei parzialmente degeneri ove è presente l’inversione di temperatura in-
dotta dall’efficiente produzione di termoneutrini: tale innesco avverrà dunque in una shell
tramite una serie di flash. All’aumentare della massa si passerà ad un flash centrale e, infine
all’innesco quiescente del C che segna l’inizio delle Grandi Masse. Non sorprendentemente,
la stelle che innescano il C in ambiente degenere sono quelle che svilupperanno un nucleo di
ONe definitivamente degenere.
Abbiamo più volte ripetuto come il destino delle masse intermedie, che sviluppano un
nucleo di CO definitivamente degenere, dipenda dalle perdite di massa. Inizialmente, entrate
nel regime di pulsi termici, mostreranno atmosfere arricchite dal 3 dredge up, segnalandosi
come Stelle al Carbonio. Se attraverso il meccanismo dei pulsi termici il nucleo di CO è in
grado di aumentare liberamente, dalla relazione massa del nucleo luminosità si ricava che
a logL/L ∼ 4.7 il nucleo raggiunge la massa di Chandrasekhar: ne segue deflagrazione e
incinerimento della struttura. Si ritiene peraltro che durante i pulsi termici intervenga anche
nelle masse intermedie una perdita di massa parossistica (superwind) che liberi la struttura
del proprio inviluppo, lasciando il nucleo di CO degenere di circa 1 M al centro di una
Nebulosa Planetaria.
Fig. 8.6. Sinistra: Diagramma CM per l’Ammasso Globulare della Grande Nube NGC2004. Destra:
Stesso diagramma ma corretto per un modulo di distanza DM=18.5 e con sovraimposte le tracce
evolutive teoriche per stelle di 2.5 e 16 M . Le stelle del clump indicato dalle frecce sono stelle del
campo della Nube, non appartenenti all’ammasso,
evolutive offrono al riguardo scarsissime evidenze. Fortunatamente nei pressi della Galassia
si trova la galassia satellite della Grande Nube di Magellano, ove è tuttora attiva le for-
mazione di popolosi Ammassi Globulari. Nel seguito introdurremo dunque il discorso sulle
grandi masse avendo come utile riferimento le evidenze osservative che ci provengono da am-
massi della Grande Nube (Large Magellanic Cloud = LMC) quali quello il cui diagramma
CM è riportato in Fig. 8.6.Come mostrato nel pannello di sinistra della stessa figura, as-
sumendo per LMC un modulo di distanza DM ∼ 18.5, troviamo all’estremità superiore della
Sequenza Principale stelle di magnitudine V ∼ -6, oltre 20000 volte più luminose del Sole,
a testimonianza della loro appartenenza al campo delle grandi masse.
Da un punto di vista teorico le fasi di combustione dell’idrogeno non si discostano qual-
itativamente dalle tipiche evoluzioni guidate dalla combustiome CNO. All’aumentare della
massa aumentano temperatura centrale e luminosità delle strutture, e aumentano le dimen-
sioni in massa dei nuclei convettivi di Sequenza Principale, che in una stella di 20 M e
in dipendenza dalla composizione chimica iniziale, possono arrivare a superare anche le 9
M . Come mostrato nel pannello di destra della precedente Fig.8.6 nel caso di una 16 M ,
all’esaurimento dell’idrogeno centrale segue - come di norma - una escusrsione verso il rosso.
Le modalità di tale escursione dipendono peraltro dalle assunzioni riguardanti il criterio per
la stabilità convettiva, come espresso o attraverso la formulazione di Schwarzschild o tramite
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Fig. 8.7. Andamento temporale della temperatura efficace al termine della combustione centrale
di H assumendo per l’instabilità convettiva il criterio di Schwarzschild (S) o di Ledoux (L)
Fig. 8.8. Tracce evolutive di grandi masse per i vari indicati valori della massa e della composizione
chinica originaria.
Tab. 3. Temperature centrali per i modelli di 20 M di cui alla Fig.8.8 nella fase di ZAMS e
all’esaurimento dell’idrogeno.
dettagli della modellistica: ad esempio, diverse assunzioni sulla ancora incerta sezione d’urto
per la reazione 12 C(α, γ)16 O producono sensibili variazioni sullo sviluppo dei loop.
La Fig.8.8 porta per la prima volta alla luce un accadimento che vedremo avere una
valenza ancor più generale. I modelli a metallicità minore (Z=0.002) non completano
l’escursione verso il rosso, innescando l’elio e iniziando il loop ancora a temperature rel-
ativamente elevate. Come mostrato in Tabella 3, ciò è dovuto al fatto che al diminuire della
metallicita cresce la temperatura centrale dei modelli di ZAMS e crescono ancor di più le
temerature al momento dell’esaurimento dell’idrogeno centrale. La conseguenza è un innesco
anticipato dell’elio e l’interruzione dell’escursione verso il rosso. La temperatura centrale dei
modelli di grandi masse è di per sé così alta che tale innesco anticipato si manifesta già a
metallicità ”normali”, tipiche di una Popolazione II estrema. Nelle masse intermedie una
simile caratteristica si svilupperà solo a metallicità ancor e talora notevolmente minori. Al
contrario, tale anticipazione si manifesterà a metallicità sempre più alte andando a masse
sempre maggiori nel dominio delle grandi masse.
γ → e+ + e−
Fig. 8.9. Traiettorie temporali delle condizioni centrali nuclei ”nudi” di ossigeno poste a confronto
con le regioni di instabilità per fotodisintegrazione del Fe o per creazione di coppie..
CP
γ =
CV
scende sotto il valore di 4/3. In tale quadro lo scenario qualitativo precedente si mate-
rializza nell’osservazione che al crescere dell’efficienza della produzione di coppie diminuisce
il valore di CV , che tende a zero nel limite in cui tutta l’energia iniettata nella materia vada
in formazione di coppie.
Quando, al crescere della temperatura, il criterio di stabilità viene a risultare violato in
una consistente frazione della struttura, la stella deve contrarre più velocemente da quanto
richiesto dalle perdite di energia. Ne risulta un aumento dell’efficienza della combustione
dell’Ossigeno ed una incontenuta produzione di energia che finisce col distruggere la strut-
tura. In un tale processo sono possibili produzioni di energia termonucleare anche sensibil-
mente maggiori di quelle prodotte nel collasso da fotodisintegrazione del Fe.
La Fig.8.9 riporta a titolo di esempio i risultati di un indagine compiuta seguendo
l’evoluzione di nuclei ”nudi” di Ossigeno, considerando cioè in prima approssimazione come
trascurabile l’influenza degli inviluppi più esterni. Dalla traiettoria evolutiva delle condizioni
centrali, confrontata con la regione di efficienza della produzione di coppie, si evince che
strutture che sviluppano nuclei di Ossigeno sono a 10 M riescono a compiere l’intero ciclo
di combustioni sino al Fe. Stelle con nuclei dell’ordine o maggiori di 30 M sono invece
destinati a penetrare nella zona di produzione di coppie, destabilizandosi.
Definiremo tali strutture, dell’ordine delle 102 M , come oggetti ultra-massivi, essendo
il termine di oggetti super-massivi già entrato in letteratura intorno agli anni ’60, a des-
ignare supposte strutture di 106 - 107 M indagate, ma poi abbandonate, come possibili
controparti teoriche dell’allora recente scoperta dei Quasar. Stelle ultra massive, se si for-
mano, percorrono peraltro in brevissimo tempo l’intero loro ciclo evoluttivo e possono far
parte dell’Universo osservabile al più tramite le loro esplosioni.
Siamo cosı̀ giunti al termine di un lungo percorso che ci ha consentito di indagare la
natura e le proprietà degli oggetti stellari disseminati nell’Universo a comporre galassie ed
ammassi di galassie, creando un quadro conoscitivo che riteniamo copra il destino evolutivo
di tutte le possibili strutture di equilibrio che si sono formate e continuamente si formano
dalla condensazione del gas interstellare. La Fig.8.10 riassume graficamente tale quadro, ri-
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Fig. 8.10. Quadro riassuntivo della storia evolutiva delle struture stellari.
Fig. 8.11. Evoluzione temporale delle regioni convettive all’interno di una stella di 15 M compo-
sizione solare, dalle fasi iniziali sino alla strutura di pre Supernova.
Fig. 8.12. La distribuzione delle specie chimiche in una struttura di presupernova, calcolata al
momento in cui la velocità massima di collasso nel nucleo causata dall’instabilità per fotodisinte-
grazione del Fe ha raggiunto 1000 km/sec. La massa M è in masse solari.
Fig. 8.13. Distribuzione delle specie chimice nel nucleo della struttura di cui alla precedente figura
dopo la rielaborazione terminale causata dalla nucleosintesi esplosiva.
Nucleosintesi Esplosiva tale condizione viene a cadere, e le reazioni seguono nuovi cammini
di cui abbiamo dato un esempio trattando negli Approfondimenti del Ciclo CNO veloce.
Sfortunatamente, al presente i calcoli idrodinamici non riescono ancora a riprodurre nel
dettaglio la fase del collasso e della conseguente successiva espulsione di strati esterni. Si
ritiene che nel collasso gli strati esterni ad un nucleo centrale neutronizzato dovrebbero
finire col venire riflessi a causa dell’energia proveniente dal centro della struttura, ed eiettati
da ciò che resta della stella. In linea generale, è infatti da notare che qualunque meccan-
ismo che consenta di trasferire all’inviluppo anche pochi percento dell’energia prodotta dal
nucleo collassante giunge inevitabilmente ad invertire il collasso dell’inviluppo medesimo,
trasformandolo in una esplosione.
In assenza di una descrizione dettagliata, la nucleosintesi esplosiva viene investigata va-
lutando con vari argomenti la parte del nucleo sopravvivente all’esplosione e provocando
l’espulsione degli strati al di sopra di tale nucleo con vari artifici, quali una improvvisa
iniezione di energia o una perturbazione con effetto di pistone. Si ritiene peraltro che i
risultati, quali quelli presentati in Fig. 8.13 siano largamente significativi.
Con riferimento alla citata figura e con riferimento alle più macroscopiche modificazioni,
si può notare come giusto all’esterno del nucleo neutronizzato la nucleosintesi esplosiva del
Silicio conduca ad una completa distruzione del Si con produzione di 56 Ni. Più all’esterno,
dalla combustione incompleta del Si originano strati ricchi di Si, S, Ca e Ar. Aggiungiamo
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solo che i calcoli dettagliati forniscono valutazioni dettagliate sull’abbondanza dei diversi
isotopi dei vari elementi, valutazioni che esulano dai limiti della presente esposizione, ma
che sono alla base di interessantissimi capitoli dell’Astrofisica Nucleare basati sul confronto
con l’abbondanza naturale di quegli isotopi.
Il destino del nucleo della Supernova dipende dalla sua massa. Se inferiore alla massa
critica per strutture di neutroni degeneri esso permarra sotto forma di una Stella di Neutroni
dal diametro dell’ordine della diecina di km. In tal caso, stante la necessaria conservazione
del momento angolare, è facile prevedere come tali strutture possano diventare rapidissimi
rotatori, e non stupisce riconoscere tali strutture nelle Pulsar, emettitori radio con periodi
dei segnali (e della rotazione) anche notevomente minori al secondo.
Per masse maggiori, non paiono esistere meccanismi fisici in grado di fermare il collasso
gravitazionale, e la materia appare destinata a proseguire il collasso raggiungendo il suo
Raggio di Schwarzschild, scomparendo dall’Universo osservabile sotto forma di Buca Nera.
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Fig. 8.14. Collocazione nel diagramma HR di modelli in fase iniziale di combustione di elio
al variare dell’età. Per i vari modelli sono riportati massa (masse solari), età (miliardi di anni),
abbondanza di elio superficiale e massa del nucleo di He. Per i vari modelli sono riportate anche
le tracce evolutive in fase di combustione centrale di He e gli spostamenti del modello iniziale per
perdite di massa multiple di 0.1 M .
Approfondimenti
Fig. 8.15. Modelli evolutivi di HB per stelle ”metal-deficient” originate da un progenitore di 1.0
M . Si noti il ”turn over” della ZAHB che segnala la massima escursione dei modelli verso il rosso.
Le linee a tratti delimitano la regione di instabilità per pulsazioni radiali delle variabili di tipo RR
Lyrae.
E’ subito visto che per età dell’ordine di quelle degli Ammassi Globulari galattici (11-12 Gyr)
anche in assenza di perdita di massa le stelle in combustione di elio si collocherebbero sul ramo
inferiore, prima del minimo in temperatura efficace. In tal caso, come abbiamo già visto, anche
contenute perdite di massa sono in grado di aumentare notevolmente la temperatura efficace delle
strutture, creabdo i ben noti Rami Orizzontali. Il quadro cambia notevolmente andando ad età
minori, quali quelle rilevanti non solo per alcuni ammassi stellari galattici di vecchio disco, ma per
Ammassi Globulari nelle Nubi di Magellano e per le popolazioni stellari in alcune Galassie Nane
del Gruppo locale.
Diminuisce infatti notevolmente la sensibilità alla perdita di massa e la traiettoria dei modelli a
massa variabile segue in qualche maniera i precetti delineati in precedenza: ne segue in particolare
che la perdita di massa cessa di essere in grado di portare le strutture verso le alte temperature.
I Rami Orizzontali restano quindi una prerogativa delle popolazioni stellari, quali gli Ammassi
Globulari galattici, con età dell’ordine di quella dell’Universo (Tempo di Hubble).
Non sorprendentemente, in tale escursione delle strutture pre-transizione verso il rosso il minimo
di temperatura efficace dipende sensibilmente dalla metallicità: diminuendo la metallicità le stelle
restano più calde. al Fig. 8.15 mostra come scendendo a valori esteremamente bassi di Z il ”turn
over” dei modelli raggiunga temperature dell’ordine 104 K, accadimento che può essere messo in
relazione con le diminuita efficienza della shell di combustione dell’idrogeno. Come discuteremo in
uno dei capitoli seguenti, ciò avrà rilevanti conseguenze sulle predizioni concernenti l’apparizione di
stelle variabili nelle popolazioni più povere di metalli.
Fig. 8.16. Pannello di sinistra: andamento della luminosità al ”tip” delle Giganti Rosse al variare
della massa attraverso la RGT per gli indicati valori di metallicità. Pannello di destra: come nel
pannello di sinistra ma in funzione dei tempi all’innesco dell’elio.
Tab. 4. Parametri evolutivi per modelli stellari al minimo della transizione per diverse assunte
metallicità. Per ogni Z sono riportati la massa Mmin al minimo del nucleo di He, in masse solari,
il suo tempo evolutivo (milioni di anni), la massa del nucleo di He M min
c e la luminosità di ”tip”
Lmin
tip . ambedue in unità solari.
Fig. 8.17. Variazione con il tempo dell’abbondanza relativa di stelle in fase di combustione a shell
di H (subgiganti e giganti) o in fase di combustione centrale di elio. Il tempo t è in milioni di anni.
all’aumentare delle masse attraverso la transizione tale luminosità diminuirà seguendo la progres-
siva scomparsa del Ramo delle Giganti Rosse , raggiungendo un minimo in corrispondenza del
minimo valore del nucleo di elio, per poi risalire seguendo l’aumento delle masse stellari e delle loro
luminosità evolutive.
Il pannello di destra della stessa figura mostra ancora la luminosità di ”tip” ma in funzione del
tempo all’innesco dell’elio. Dai dati in figura si trae l’evidenza che popolazioni sottoabbondanti di
metalli possono sperimentare la RGT a masse notevolmente minori e, conseguentemente, a tempi
notevolmente maggiori di una normale popolazione stellare, sviluppando un Ramo delle Giganti
Rosse solo dopo alcuni miliardi di anni. La Tabella 8.16 riporta alcuni parametri caratterisatici
della RGT per metallicità che coprono l’intervallo da Z= 10−10 al valore soprasolare Z= 4 10−2 .
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Tab. 5. Per le varie masse M (in masse solari) ogni riga riporta nell’ordine la massa del nucleo di
He e l’età all’innesco dell’elio centrale seguite dai tempi di vita nelle fasi d combustione a shell di
idrogeno, combustione centrale di elio e early AGB.
H He
M Mc t(flash) τshell τcentral τ He shell
1.0 0.472 13527 1982 118 10
1.2 0.471 6851 986 111 10
1.5 0.470 3105 632 117 10
2.0 0.444 1158 137 130 11
2.3 0.341 740 58 260 25
2.5 0.330 573 33 231 23
3.0 0.363 341 14 136 13
Fig. 8.18. Evoluzione delle condizioni centrali di stelle di varia massa dalla fase di presequenza
sino alle fasi evolutive avanzate.
Per indagare infine con qualche maggiore dettaglio le modalità della transizione riportiamo in
Tabella 5 una selezione di tempi evolutivi per una serie di masse di composizione solare a cavallo
della transizione. Sulla base di tali dati la Fig.8.17 mostra la variazione con il tempo dell’attesa
abbondanza relativa di stelle in fase di combustione a shell di idrogeno o combustione centrale di
elio. Se ne ricava l’evidenza di come alle minori età le fasi post MS siano dominate dal clump delle
stelle nella combustione centrale di elio. La transizione avviene a circa 1 Gyr, quando giungono al
flash le stelle di ∼ 2.0 M .
Fig. 8.19. Andamento temporale della luminosità nella fase di innesco dei pulsi termici in un
modello di 2.5 M di composizione solare.
Fig. 8.20. Evoluzione temporale delle temperature centrali e delle temperature massime in una
serie di modelli con Z=8 10−3 a cavallo dei limiti per l’innesco del Carbonio.
La Fig.8.20 mostra infine come l’innesco del Carbonio si presenti come una vera e propria
biforcazione nel destino evolutivo delle strutture stellari. A densità logρc ∼6 al centro di tutte le
strutture inizia a prevalere la produzione di neutrini, provocando una inversione di temperatura ed
il progressivo raffreddamento delle regioni centrali. La temperatura continua peraltro a crescere in
una shell intermedia, sinché avviene la netta e brusca separazione tra le strutture che innescano e
quelle che raffreddano.
Fig. 8.21. Tracce evolutive di una struttura di 4.0 M come calcolate seguendo le segnalate
assunzioni sull’efficienza di overshooting invasivi.
nuclei convettivi. Piccole masse in fase di combustione di idrogeno, essendo prive di nuclei convettivi,
risultano quindi immuni dall’intervento da tali extra rimescolamenti, che invece interesseranno i
nuclei convettivi della fase di combustione di elio e le strutture in combustione sia di H che di He
in masse intermedia e grandi. Conseguentemente, un efficiente overshooting produce nelle piccole
masse solo un’allungamento della fase di HB proporzionale al combustibile portato nel nucleo di
combustione di elio e, dunque, alle dimensioni di overshooting adottate.
In masse intermedie e grandi l’overshooting modifica invece già le strutture di ZAMS, generando
una catena di conseguenze che possono essere riassunte nei seguenti punti:
1. Si prolunga la vita in fase di combustione centrale di H, con modifiche della traccia di uscita
dalla ZAMS.
2. All’esaurimento dell’H centrale la struttura ha nuclei di He più massivi e, di conseguenza, si
abbassa il valore della massa critica per la RGT.
3. Le stelle si presentano in fase di combustione di elio centrale con nuclei di elio più massivi
risultando più luminose e con vite medie più brevi.
4. Le strutture sviluppano infine nuclei di CO più massivi, di conseguenza, scende il valore di Mup .
che rappresentano, nel contempo, le caratteristiche osservative sulle quali è possibile in linea di
principio verificare e/o calibrare l’efficienza dell’overshooting.
La Fig.8.21 riporta un esempio di tale comportamento, mettendo a confronto la traccia evolutiva
di struttura di 4 M calcolata con le assunzioni classiche con tracce per la stessa struttura ma
calcolate assumendo un’estensione dell’overshooting pari a 0.10 o 0.25 HP .
Per ovviare ad alcune inconsistenze, nei calcoli recenti sono stati introdotti approcci più arti-
colati, ad esempio inibendo del tutto l’efficienza dell’overshooting per masse minori od eguali a 1
M , ad evitare le predizioni di un nucleo convettivo nell’attuale Sole, aumentando gradatamente
il valore di tale perametro portandolo in piena, seppur moderata, efficienza per stelle di massa ≥
1.5 M . La modellistica è ulteriormente complicata dalla coerente introduzione di un parallelo ”un-
dershooting” alla base degli inviluppi convettivi, anch’esso modulato in termini di HP , seppur con
valori autonomi ed in genere diversi da quelli utilizzati per la convezione interna.
Fig. 8.22. Tracce evolutive per masse intermedie con metallicità Z= 10−4 .
Fig. 8.23. Evoluzione temporale dei nuclei convettivi in strutture con Z=10−10 e gli indicati valori
delle masse. In ascissa la concentrazione di idrogeno al centro Xc .
per innalzare sufficientemente le temperature e produrre l’innesco anticipato. In effetti la Fig. 8.22
mostra come scendendo a Z=10−4 anche le masse intermedie mostrano un simile comportamento.
A metallicità ancora minori, piccole masse anticiperanno l’innesco dell’elio diminuendo progressiva-
mente la luminosità del tip del Ramo delle Giganti.
L’effetto della metallicità sul valore di Mup è più complesso. L’innesco della combustione del
Carbonio resta infatti collegato alle dimendioni del nucleo di CO e tali dimensioni risultano an-
che dal tipo di reazioni che hanno sorretto la fase di combustione dell’idrogeno. Diminuendo la
metallicità a partire da valori solari, a parità di massa aumentano i nuclei convettivi e diminuisce
corrispondentemente il valore di Mup . Al progressivo diminuire di Z inizia però ad essere progressi-
vamente sfavorita la combustione CNO, che è all’origine dei nuclei convettivi, a favore della catena
pp. Ciò riduce la dimensione dei nuclei convettivi, sfavorendo l’innesco del Carbonio ed innalzando
nuovamente il valore di Mup .
Come caso limite, la Fig.8.23 riporta la storia dei nuclei convettivi in strutture di masse interme-
die e grandi con Z=10−10 . In tutti i casi, la ricrescita della convezione nel corso della combustione
centrale di idrogeno corrisponde all’intervento della reazione 3α con la conseguente produzione di
Carbonio ”fresco” che incentiva un passaggio verso la combustione CNO. Le conseguenze su Mup
sono mostrate in Fig. 8.24: in strutture deficienti in metalli il valore di Mup risale sensibilemte. Se a
23
ciò corrispondesse anche una diminuzione della perdita di massa, forse masse intermedie delle prime
popolazioni stellari potrebbero non terminare le loro vitsa come Nane Bianche di CO, ma subire la
deflagrazione del Carbonio.
2T + Ω = 0
con l’ormai usuale significato dei simboli. Si può indagare più a fondo il bilancio energetico della
struttura ricordando (→ A2.1) che l’energia interna per particella risulta
n
u= kT
2
dove n è il numero di gradi di libertà. Per l’energia cinetica della particella si ha in particolare
3
w= kT
2
da cui
3 3 2
w=u = ( )u
n 2 n
Ponendo γ = 1 +2/n, γ -1= 2/n e per l’energia cinetica si ha la forma
3
w= (γ − 1)u
2
Dalla termodinamica elementare si ricava facilmente che γ è il rapporto CP /CV dei calori
specifici a pressione o volume costanti.
La precedente relazione tra energia cinetica ed ebergia totale della materia consente di ricavare
un dettagliato bilancio energetico del processo di contrazione. L’energia totale posseduta dalla
struttura risulterà infatti, ponendo U = Σi ui
E =U +Ω
ma per il viriale, risultando T=Σi wi , deve anche valere
3(γ − 1)U + Ω = 0
da cui si ricava in definitiva
24
3γ − 4
E= Ω
3(γ − 1)
Per una contrazione, dΩ < 0, e le due precedenti relazioni forniscono
3γ − 4
dE = dΩ
3(γ − 1)
1
dU = − dΩ
3(γ − 1)
Ne segue che per γ > 4/3 la contrazione comporta una diminuzione di E: è questa l’energia
disponibile per essere irradiata. Nel contempo la contrazione implica un aumento di U, confermando
che in tal caso la contrazione aumenta l’energia interna e con essa l’energia cinetica della struttura.
Per un gas perfetto monoatomico γ = 5/3, W = U, e si riconosce come metà dell’energia
guadagnata dalla contrazione vada in energia cinetica delle particelle e metà venga irradiata. E’
subito visto che al diminuire di γ aumenta la frazione di energia gravitazionale che deve essere
immagazzinata come energia interna per mantenere l’equilibrio. Al limite γ = 4/3 (gas di fotoni)
tutta l’energia guadagnata dalla contrazione deve andare in energia interna.
Le precedenti considerazioni forniscono agevolmente un criterio di stabilità per la struttura.
Sinché γ > 4/3 resta possibile l’equilibrio di una struttura stellare, in quanto l’energia guadagnata
nella contrazione è sufficiente per innalzare adeguatamente l’energia interna e soddisfare le richieste
del viriale. Per γ < 4/3 ciò non è più possibile: l’energia guadagnata dalla contrazione diventa
minore di quella necessaria per mantenere l’equilibrio idrostatico e si deve manifestare una instabilità
gravitazionale. La condizione γ > 4/3 è quindi condizione necessaria per la stabilità delle strutture
stellari.
Fig. 8.25. Pannello superiore: Traccia evolutiva di una stella di 5 M e composizione chimica
solare. Pannello inferiore: Andamento temporale dell’energia dii legame della struttura di cui al
pannello superiore. Le frecce indicano alcune fasi evolutive.
Fig. 8.26. Andamento temporale dell’energia di legame di una struttura di 1M seguita dalla fase
iniziale di Sequenza pPrincipale sino alle fasi avanzate di Ramo Asintotico. .
HB. In passim, dai dati in figura, si ricava facilmente che l’antica evidenza per la quale l’energia
gravitazionale del Sole potrebbe sostenere l’attuale luminosità per meno di 108 anni.
Come accenato in precedenza, il motore di tutta l’evoluzione delle strutture stellari resta peraltro
e in ogni caso la gravitazione, il cui contributo energetico è all’origine della serie di complessi
fenomeni che caratterizzano la vita delle strutture stellari e che, sola, riesce a risvegliare l’energia
latente nei nuclei per porla a disposizione della stella.
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Fig.8.1 Castellani V., Chieffi A., Pulone L., Tornambé A. 1985, ApJ 283, L89
Fig.8.2 Castellani V.,Degl’Innocenti S.,Girardi L., Marconi M.,Prada Moroni P.G.,Weiss A. 2000, A&A 354,150
Fig.8.3 Castellani V.,Degl’Innocenti S.,Girardi L., Marconi M.,Prada Moroni P.G.,Weiss A. 2000, A&A 354,150
Fig.8.4 Castellani V., Chieffi A., Pulone 1990 ApJS 74, 463
Fig.8.5 Alcock C., Paczynski B. 1978, ApJ 223, 224
Fig.8.6 Bencivenni D., Brocato E., Buonanno R., Castellani V. 1991, AJ 102, 137
Fig.8.7 Brocato E., Castellani V. 2003, ApJ 410, 99
Fig.8.8 Brocato E., Castellani V. 2003, ApJ 410, 99
Fig.8.9 Barka T.S. 1977, in ”Supernovae”, O.N. Schramm ed., Reidel Publ. Comp.
Fig.8.10 Iben I.Jr. 1980, in ”Physical Processes in Red Giants”, Reidel Publ. Comp.
Fig.8.11 Limongi M., Chieffi A., Straniero O. 2001, Mem. Soc. Astron. It. 72, 289
Fig.8.12 Woosley S.S., Weawer S.E. 1982, in ”Essays in Nuclear Astrophysics”, Cambridge University Press.
Fig.8.13 Woosley S.S., Weawer S.E. 1982, in ”Essays in Nuclear Astrophysics”, Cambridge University Press.
Fig.8.14 Castellani V.,Degl’Innocenti S. 1995, A&A 298, 827
Fig.8.15 Cassisi S., Castellani V., Tornambé A. 1996, ApJ 459, 298
Fig.8.16 Cassisi S., Castellani V. 1993, ApJS 88, 509
Fig.8.17 Castellani V., Chieffi A., Straniero O. 1992, ApJS 78, 517
Fig.8.18 Iben I.Jr. 1973, in ”Explosive Nucleosynthesis”, D.N. Schramm ed., Univ. Texas Press
Fig.8.19 Castellani V., Chieffi A., Straniero O. 1992, ApJS 78, 517
Fig.8.20 Castellani V., Degl’Innocenti S., Marconi M., Prada Moroni P.G. Sestito P. 2003 A&A 404, 645
Fig.8.21 Castellani V., Degl’Innocenti S., Marconi M., Prada Moroni P.G. Sestito P. 2003 A&A 404, 645
Fig.8.22 Cassisi S., Castellani V. 1993, ApJS 88, 509
Fig.8.23 Cassisi S., Castellani V. 1993, ApJS 88, 509
Fig.8.24 Cassisi S., Castellani V. 1993, ApJS 88, 509
Fig.8.25 Castellani V., Marconi M. unpublished
Fig.8.26 Castellani V., Marconi M. unpublished