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Comune
di Casola Valsenio
L’autore Si ringraziano: Provincia di Ravenna
Gabriella, Paola e Tiziana Assessorato al Turismo
Giuseppe (Beppe) Sangiorgi è nato e vive a Casola Valsenio (RA). Rinaldi Ceroni per avere piazza dei Caduti
Laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Bologna con una tesi sulle “Lotte messo a disposizione con per la Libertà, 2/4
sociali nell’Appennino ravennate dal primo al secondo dopoguerra. Casola Valsenio grande liberalità l’archivio 48100 Ravenna
1918-1948” è giornalista pubblicista e collaboratore di quotidiani e settimanali del padre ed inoltre mons. tel. 0544/506011
su temi inerenti prevalentemente la storia contemporanea, le tradizioni popolari Giancarlo Menetti; fax 0544/506024
e il patrimonio enogastronomico della Romagna. Francesco Rinaldi Ceroni; ravennaintorno@mail.
È autore dei libri La Resistenza sui monti di Casola (1994); I frutti dimenticati: Sauro Biffi; Catia Fava e tutti provincia.ra.it
storia e tradizioni popolari (1997); La casa contadina nel territorio casolano (2000) coloro – collaboratori, amici www.racine.ra.it/
e Monte Battaglia, luogo della storia e della pace (2004). Insieme a Paolo Scalini, ed ex allievi del Professore – ravennaintorno
ex presidente del tribunale di Ravenna e Firenze ha scritto Fare giustizia in Romagna che con il loro contributo
(1991) ed Amare da morire (1994). di ricordi e notizie, hanno reso
Ha curato il soggetto, la regia e i testi dei video documentari La Romagna possibile la realizzazione
dei vini; Le Pievi della provincia di Ravenna; Rocche e Torri della provincia di questo lavoro.
di Ravenna e Paesi di Romagna, con il quale ha vinto nel 1999 il Premio Guidarello Un particolare ringraziamento
per il giornalismo d’autore. a mia moglie Serena per avere Progetto grafico
sopportato con pazienza il lungo Agenzia Image (Ra)
ed ingombrante dispiegamento
domestico di migliaia di docu- Coordinamento redazionale
menti, fotografie, giornali e Beppe Sangiorgi
libri e per aver contribuito, con
i suoi suggerimenti, a rendere Foto
il testo più fluido e completo. Raccolta fotografica
L’Autore “A. Rinaldi Ceroni”,
Circolo Fotografico
Casolano,
Massimo Vespignani,
Archivio dell’autore
Stampa
Litografia Graph (Rimini)
Unione
Europea
Repubblica
Italiana
Presentazione
Il territorio nel quale viviamo è il frutto del lavoro congiunto della 1
natura e degli uomini; alcuni dei quali hanno lasciato il loro segno. Come
il professor Augusto Rinaldi Ceroni, preside e botanico, che ha dedicato
tutta la sua vita, che ha coperto la parte centrale e finale del ‘900, alla
salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio storico, monumentale
ed ambientale ed anche umano di Casola Valsenio, dove era nato.
Una missione svolta con sapere ed umanità seguendo, come riferi-
mento, la scuola e il mondo delle piante officinali. Una scuola concepita
e diretta in modo aperto e moderno, con un continuo e stretto rapporto
con la realtà locale dalla quale trarre spinte innovative ed arricchimenti
umani e culturali e alla quale offrire idee e fresche energie giovanili.
Le piante officinali, amate e coltivate da Augusto Rinaldi Ceroni
per offrire agli uomini piacere e salute, hanno rappresentato nel dopo-
guerra lo strumento con il quale il professore casolano ha tentato di
riconvertire le colture collinari e montante per far fronte al degrado pro-
vocato dall’abbandono delle campagne. Per poi destinarle, nell’ultimo
quarto di secolo, ad incrementare il valore paesaggistico e turistico
della media valle del Senio. Un’opera svolta con passione e tenacia,
nella quale Augusto Rinaldi Ceroni ha trovato la collaborazione prima
del Comune di Casola Valsenio, dell’Ispettorato Agrario e del Corpo
Forestale dello Stato e quindi della Regione Emilia Romagna e della
Provincia di Ravenna. Un lavoro congiunto che ha fatto sì che oggi
la valle del Senio si presenti con un bel manto di verde e che ha portato
alla realizzazione del Giardino delle Erbe, della Strada della Lavanda,
della Strada dei Frutti Dimenticati, del Mercatino delle Erbe Officinali e
all’affermarsi di una cucina alle erbe aromatiche. Iniziative e realizzazio-
ni che hanno attirato su Casola Valsenio l’interesse nazionale, sia come
meta turistica che come esempio di valorizzazione del territorio.
Un libro sulla vita di Augusto Rinaldi Ceroni è dunque la storia
della “costruzione” del turismo nella collina ravennate al confine con
la Toscana. Ed è anche la storia dell’erboristeria italiana nella seconda
metà del ‘900 e uno spaccato sul difficile periodo della ricostruzione e
di come uomini di buona volontà hanno saputo affrontarlo e superarlo
al di là delle diverse condizioni sociali e dei diversi orientamenti politici.
Ed è soprattutto il racconto di una vita esemplare, interamente dedicata
al proprio paese.
Comune
di Casola Valsenio
con testimonianze di
Enrico Docci
Paola Lagorio
Maurizio Nati
Michele Melegari
Indice
6 Introduzione 9
Le piante officinali 55
La lavanda 59
Meno commercio più turismo 65
L’eredità 111
Norme per mantenersi in salute e vivere a lungo 112
Piante simboliche 113
Le piante dell’oroscopo 114
Piante officinali dell’amore nella tradizione popolare 115
I prodotti dell’alveare 117
Le erbe aromatiche 118
Le ricette del Prof 124
Introduzione
La ricostruzione delle vicende umane e professionali di Augusto 9
Rinaldi Ceroni si è profilata inizialmente come un impegno apparente-
mente facile. Invece si è rivelato sempre più complesso, via via che
prendeva corpo mettendo mano ai documenti, ai suoi appunti ed ai
ricordi dei familiari, degli amici e dei suoi ex scolari.
Semplice perché, secondo il suo costume, tra mille fogli di appunti
ha lasciato anche alcuni cenni autobiografici con annotate le cose
più importanti che hanno segnato la sua vita. In realtà complesso per-
ché gli interessi dispiegati da Augusto Rinaldi Ceroni sono stati di una
profondità ed estensione senza paragoni. Allargandosi dalla scuola e
dallo studio delle piante officinali alla storia del suo paese, al turismo,
alla cucina, alle iniziative culturali, alla salvaguardia del paesaggio, allo
sviluppo dell’agricoltura e dei prodotti tipici, alla valorizzazione e salva-
guardia dei monumenti, al recupero delle tradizioni popolari romagno-
le e così via. E ciascuno di questi aspetti è strettamente intrecciato con
gli altri e tutti insieme concorrono in egual maniera a raccontare la vita
e le passioni di un uomo.
Inoltre l’archivio messo a disposizione dalle figlie si è rivelato
di tale vastità da aprire continuamente, faldone dopo faldone, scenari
entro i quali se ne aprivano altri, e via di seguito, come scatole cinesi.
Scenari che svelavano insospettati rapporti di studio e culturali, insie-
me a sorprendenti intuizioni e progetti, che
delineavano una figura insieme di grande com-
plessità e di profonda limpidezza umana e
professionale. Presa da mille interessi ed attiva
in tutte le iniziative del paese dietro i quali
correvano percorsi rimasti sconosciuti fino alla
lettura delle carte. Come i rapporti epistolari
con i giovani casolani al fronte o il contributo
fornito alla rappacificazione nel dopoguerra.
Ci ha guidato in questa ricerca e ricostru-
zione, la bussola della sua vita, che Rinaldi
Ceroni ha sempre tenuto puntata verso il suo
paese, al quale lo legava uno straordinario
amore. Paese che non volle mai abbandonare,
a costo di rinunciare ad importanti sviluppi professionali e di studio
che però lo avrebbero portato lontano da Casola Valsenio.
E rimase anche nel difficile periodo tra la fine della guerra e i primi
anni Settanta, quando si trovò a combattere battaglie solitarie e contro-
corrente, confortato solo dall’attenzione dell’Amministrazione Comunale
di Casola Valsenio, di qualche altra istituzione e di pochi amici studiosi.
Ma era ben poca cosa di fronte alla società, alla economia e alla cultura
10 nazionali che in quegli anni giravano in tutt’altra direzione.
Così che Augusto Rinaldi Ceroni si trovò ad affrontare impegni
come la valorizzazione e coltivazione delle piante officinali quando
invece ci stavamo “americanizzando” puntando sulla medicina di sinte-
si o come la difesa della montagna, mentre la società industriale pren-
deva il posto di quella agricola. Ed ancora si batté in difesa della cultu-
ra popolare, delle tradizioni e della cucina locali mentre la società
nazionale si andava appiattendo ed omologando su standard dettati
dalla pubblicità e dal consumismo. Si impegnò sia nella rivalutazione
della figura e dell’opera di Alfredo Oriani, generalmente considerato
un autore scomodo, che nello studio e nella divulgazione della storia
e dei monumenti di Casola Valsenio, allora solo un piccolissimo punto
sulla carta geografica, sconosciuto e senza attrattive turistiche.
Poi la svolta dei primi anni ‘70, quando la società e la cultura nazio-
nali volgono lo sguardo a ciò che si erano lasciati alle spalle per recupe-
rare quanto di buono e di valore esprimeva comunque il nostro passato.
Recuperando così, anche se solo parzialmente, un modo di vivere natu-
rale, benefico ed appagante, sia dal punto di vista materiale che sociale
e culturale. Casola Valsenio, a differenza di tante altre località, non aveva
tagliato le radici col passato grazie al professor Rinaldi Ceroni.
E per l’Amministrazione Comunale e la Pro Loco casolane, la
Provincia di Ravenna ed altri enti ed associazioni pubblici e privati
è facile, a questo punto, riprendere in mano il filo della storia che li gui-
derà nello sviluppo dell’ultimo quarto di secolo. Soprattutto attraverso
la realizzazione dei progetti e delle intuizioni di Augusto Rinaldi Ceroni
che fino allora sembravano sogni. A cominciare dalla creazione del
Giardino Officinale e della Strada della Lavanda e proseguendo con la
trasformazione in museo del Cardello, il restauro della Rocca di Monte
Battaglia, la valorizzazione del Mercatino delle Erbe Officinali, l’affer-
marsi di una cucina alle erbe aromatiche, col recupero e la valorizzazio-
ne dei cosiddetti frutti dimenticati e dei prodotti tipici e la creazione
della Strada delle Piante della Memoria. Realizzazioni che hanno tra-
sformato ed elevato Casola Valsenio in paese turistico e riconosciuta
“capitale” delle erbe officinali, al centro di un’area che appare come
una piccola Provenza italiana.
Augusto Rinaldi Ceroni ha avuto la fortuna e la soddisfazione di
vedere realizzati gran parte dei suoi sogni. A noi, dopo la sua scompar-
sa avvenuta nel 1999, resta l’impegno di lavorare per portare a compi-
mento quelli rimasti incompiuti. Un impegno che l’Amministrazione
Comunale e la Pro Loco di Casola Valsenio, la Provincia di Ravenna,
la Cooperativa Montana Valle Senio che gestisce il Giardino Officinale,
oggi Giardino delle Erbe “Augusto Rinaldi Ceroni”, hanno già affrontato.
Avviando la valorizzazione e la promozione dei “fiori officinali” e pro- 11
gettando, con la Fiera di Valsenio, il recupero e la salvaguardia dei
piccoli animali domestici di un tempo, dei quali si occupò nei suoi
primi studi anche Rinaldi Ceroni. E’ anche questo un modo per ricordare
e ringraziare colui che più di ogni altro ha contribuito a valorizzare
il nome e l’immagine di Casola Valsenio e ad arricchire la vita culturale
e sociale dei suoi abitanti.
Il primo orto officinale
Augusto Rinaldi Ceroni nasce il 15 dicembre 1913 al Cantone, 13
una casa padronale poco a monte di Casola Valsenio, da Francesco
e Luigia Fabbri.
Il padre, oltre ad Augusto, gli impone profeticamente il secondo
nome di Silvio, dal latino silva, cioè uomo della selva o del bosco. E per
tutta la vita Augusto Rinaldi Ceroni dedicherà il suo interesse ed il suo
tempo al mondo delle piante. Come, per tutta la vita, seguirà gli inse-
gnamenti morali, sociali e religiosi appresi in seno ad una famiglia di
proprietari discendente da un ceppo dei Ceronesi, la consorteria che
dominò la valle del Senio nella prima metà del XVI secolo. Una famiglia
patriarcale di agricoltori con una fede profondamente vissuta, sensibili
Augusto Rinaldi Ceroni, alle istanze sociali che nei primi decenni del ‘900 avevano attecchito
giovanissimo, in sella anche negli ambienti cattolici della valle del Senio.
ad una Guzzi Augusto Rinaldi Ceroni studia alle Scuole Elementari di Casola
Valsenio, poi presso l’Istituto Salesiani di
Faenza e quindi ad Imola dove, nel 1935,
consegue il diploma di Perito Agrario presso
l’istituto “G. Scarabelli”. Due anni dopo inizia
la sua carriera di docente di materie agrarie
presso scuole di Bagnacavallo e Ferrara,
senza per questo abbandonare gli studi che
lo portano a conseguire a Roma, nel gennaio
del 1938, il diploma di Tecnica Agraria.
La scuola
Ma l’amore per il suo paese ed una vocazione che lo porta a svol-
gere ruoli di coordinatore e dirigente nella scuola lo spingono a chiede-
re e ad ottenere la nomina a direttore di un Corso Secondario di
Avviamento Professionale di Tipo Agrario con differenziazione industria-
le femminile da istituire a Casola Valsenio. Un corso biennale che segui-
va la scuola elementare ma che era tutto da creare. Rinaldi Ceroni, con
l’attivismo e la perseveranza che lo caratterizzeranno per tutta la vita,
inizia a cercare gli alunni, parlando con i genitori dei giovani, maschi e
femmine, che hanno concluso, anche da qualche anno, il ciclo elemen-
tare. E tenta di convincerli dell’utilità di frequentare la nuova scuola
che finalmente offre la possibilità di proseguire gli studi anche a chi
si trova in non facili condizioni economiche. Fino ad allora, infatti, per
i figli delle classi più povere - piccoli artigiani, braccianti e mezzadri -
l’unica possibilità di frequentare le scuole secondarie era rappresentata
dal seminario.
14
Le allieve del corso Tanto è l’entusiasmo e la capacità di convinzione che il 16 ottobre 1938
di Economia Domestica parte il corso con Augusto Rinaldi Ceroni che, oltre a svolgere le funzio-
- 1942
ni di direttore, insegna anche gran parte delle materie. Il corso costitui-
sce una sorta di prova. Ed infatti nell’anno scolastico seguente
1939/1940 si riparte con la prima classe e con altri docenti che affianca-
no il direttore. L’anno dopo si prosegue con la seconda classe e con
una nuova prima e così via di anno in anno.
Non contento, Rinaldi Ceroni attiva anche un corso privato per la
terza classe con una quindicina di partecipanti di età diverse che nel
1943 accompagna a Savignano sul Rubicone per sostenere, con succes-
so, l’esame. Fra questi, Clara Zanotti, che poi ha ricordato quei momen-
ti in un mensile locale: “Alla fine del 1941 - scrive - incontrai una mia
conoscente che mi informò dell’apertura a Casola Valsenio di una scuo-
la di avviamento professionale, istituita e diretta dal professor Augusto
Rinaldi Ceroni. Decisi di frequentarla e nessuna ragione valse
a dissuadermi, nemmeno le argomentazioni di vicini ed amici che mi
volevano convincere che a ventun anni era meglio che pensassi a spo-
sarmi, che alla mia età non si imparava più e così via. Quelle parole mi
facevano star male ma mi feci coraggio ed entrai nella scuola anche se
non era facile, sia per l’età che per la mia posizione sociale di contadina.
Fui bene accettata, studiammo tutti insieme e superammo gli esami
a Savignano sul Rubicone, con il professor Augusto che ci assistette
come docente e come padre”.
Sono parole che testimoniano un impegno, anzi una missione,
alla quale Rinaldi Ceroni ha tenuto fede per tutta la vita come docente
e soprattutto come direttore e preside scolastico. Con una costante
attenzione a comprendere ed interpretare le esigenze dei suoi giovani
allievi ai quali - come ha lasciato scritto - voleva dare, nessuno escluso,
Gli allievi del Corso di “una formazione fondamentale ed una promozione umana”. Di qui una
Avviamento impegnati programmazione scolastica che, per quanto riguarda il corso biennale,
nel tiro alla fune - 1940 privilegiava materie come elementi di scienze agrarie, zootecnia e con-
tabilità agraria, rispetto ad altri come cultura fascista.
Materia che viene insegnata dando ampio spazio agli aspetti cele-
brativi, come è regola comune, ma senza i toni del fanatismo. Così che,
se è vero che in occasione della Festa di Mezzaquaresima del 16 marzo
1939, la Scuola partecipa alla sfilata dei carri allegorici con un carro
ideato da Rinaldi Ceroni che celebra il Duce ed il fascismo, è altrettanto
Visita didattica
all’azienda agricola
vero che i suoi allievi di allora non ricordano che nel corso delle lezioni
Bigiuno di Casola o di altre attività scolastiche ci fossero interventi o manifestazioni di
Valsenio - 1941 esaltazione del fascismo.
La vita politica
Adesione sì al fascismo (ma poteva essere diversamente per chi 17
era nato nel 1913?) ma senza fanatismi. E’ una linea di condotta che
sembra accompagnare Augusto Rinaldi Ceroni anche nella sua attività
politica ed amministrativa. Che lo vede ricoprire dal 1939 al 1942 la cari-
ca di vice podestà del Comune di Casola Valsenio, carica che lo porta
ad affiancare il podestà Alessandro Cenni, medico condotto stimato
da tutti. Entrambi si dedicano all’attività amministrativa senza coinvolgi-
mento nelle cariche più alte del locale Partito Nazionale Fascista che,
fin dai primi anni del regime, sono state appannaggio, tra aspri contra-
sti, di alcune famiglie in vista del paese e della campagna casolana.
a sinistra
Entrambi, dopo il 25 luglio 1943, non aderiscono alla Repubblica Sociale
Festa di Mezzaquaresima:
il carro del Corso di Italiana, chiudendo un’esperienza politico amministrativa senza mac-
Avviamento Agrario chie, anche per quanto riguarda l’applicazione delle leggi razziali.
- 16.3.1939 Lo testimoniano i riconoscimenti per l’impegno a favore della
comunità locale attribuiti nel dopoguerra ad entrambi
Benito Mussolini in visita dall’Amministrazione Comunale di Casola Valsenio caratterizzata da
al Cardello. Si riconoscono una maggioranza social comunista. Così avviene il 2 giugno 1976,
il vice podestà Augusto quando, in occasione del 30° Anniversario della Resistenza, il Consiglio
Rinaldi Ceroni (secondo Comunale di Casola Valsenio conferisce ad Augusto Rinaldi Ceroni
da sin.), la signora Luisa
una medaglia per l’opera svolta con ampio senso civile a favore della
Pifferi, moglie di Ugo
Comunità. Un impegno che lo ha visto attivo, nell’immediato dopo-
Oriani (al centro)
e il podestà Alessandro guerra, anche in un prezioso e delicato ruolo di rappacificazione, svolto
Cenni (secondo da destra) con credibilità e fiducia in virtù di una precedente linea di condotta
- 26.6.1939 scevra da faziosità, prevaricazioni o profittamenti personali.
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L’ orto officinale
L’impegno nella conduzione della scuola e l’attività amministrativa
lasciano comunque spazio ad Augusto Rinaldi Ceroni per soddisfare,
con lo studio e la sperimentazione, la sua passione per le piante offici-
nali. Vale a dire le piante coltivate un tempo negli orti e nei giardini dei
conventi e quindi lavorate nelle annesse officine ed impiegate nella
cucina, nella cosmesi e soprattutto nella medicina.
Quale l’origine di questa passione bruciante che accompagnerà lo
studioso casolano per tutta la vita? Lo rivela lui stesso in un appunto
nascosto tra le mille carte che ha lasciato. “Sono cresciuto in una valle -
scrive - che aveva già da tempo una vocazione officinale”. Il riferimento
va forse alle abbazie e pievi sorte nella valle del Senio in epoca medie-
vale, complessi religiosi nei quali certamente si coltivavano e lavorava-
no le piante medicamentose.
Forte e concreta è di sicuro l’influenza esercitata da Ferdinando
Masini, detto Nandino, che verso la fine degli anni ‘20 aveva aperto
a Casola Valsenio la ditta “MASINI & Co - Esportazione Prodotti
Erboristici Italiani”. Ferdinando Masini aveva iniziato a lavorare giova-
nissimo battendo le campagne di Palazzuolo, nell’alta valle del Senio,
Augusto Rinaldi Ceroni
nel periodo di preparazione per raccogliere stracci. Poi si era dato al commercio di piccoli articoli
della tesi di laurea sui di merceria, continuando il suo girovagare di casa in casa. Quindi si era
bovini della valle del Senio trasferito a Casola Valsenio e qui aveva avviato la raccolta, la lavorazio-
ne e l’esportazione di prodotti erboristici, soprattutto verso la Francia, 19
l’Austria e la Germania.
Sfruttando l’esperienza precedente che l’aveva portato a conoscere
territorio e famiglie contadine, Nandino era riuscito a mettere in piedi
una rete di raccoglitori che, oltre alla valle del Senio, copriva anche
quelle del Santerno, del Sintria e del Lamone. Donne, bambini ed anche
uomini adulti, sia delle campagne che dei paesi, raccoglievano fiori
di tiglio, camomilla, fiori di farfara e di biancospino, bacche di ginepro,
fiori di sambuco e altro, che portavano in grandi sacchi a Casola
Valsenio. Dove una decina di donne li selezionava utilizzando anche
attrezzi e banchi creati per la bisogna dallo stesso Masini. Poi, a secon-
da della stagione, i prodotti selezionati venivano essiccati artificialmente
o, nei giorni di sole, sistemati su graticci stesi sull’acciottolato di Piazza
dei Ceronesi, sulla quale si affacciavano i locali della ditta Masini.
Era quella l’antica piazza del paese che, chiusa da case sui quattro
lati, appariva come un grande essiccatoio che spandeva per le strade
ed i vicoli dell’abitato, tutto raccolto intorno, intensi profumi di fiori di
tiglio, di camomilla o di biancospino. Profumi che colpivano i visitatori
che giungevano a Casola Valsenio e che sono rimasti nella memoria del
casolani. Influendo anche nella scelta di Augusto Rinaldi Ceroni di dedi-
care la sua vita alle piante officinali. Nel gennaio del 1939 consegue
infatti il diploma di Erborista presso la Scuola di Farmacia dell’Università di
Bologna. Seguito, il 13 novembre 1942, dalla laurea in Scienze Agrarie,
sempre presso l’Università degli Studi di Bologna con una tesi che si
allarga allo studio sui bovini romagnoli della zona collinare e montana
della valle del Senio.
Intanto Rinaldi Ceroni avvia la coltivazione e la sperimentazione
sulle piante officinali, realizzando nell’autunno del 1938 un primo orto
sperimentale di piante officinali occupando un fazzoletto di terra nel
campo di Palòta. L’anno dopo lo trasferisce nel campo di Buscô, a mar-
gine del piccolo campo didattico dove i ragazzi della Scuola di
Avviamento imparano a seminare e coltivare gli ortaggi o piantare gli
alberi da frutto. L’attenzione di Rinaldi Ceroni è concentrata sulle piante
medicinali che inizia a coltivare con la collaborazione ed il contributo
dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura.
Il fascismo era infatti sensibile, secondo i dettami e gli orienta-
menti della politica autarchica, a coltivazioni e sperimentazioni in grado
di concretizzare tutte le potenzialità delle produzioni arboree ed animali
autoctone. Grazie a tale collaborazione il piccolo orto botanico via via
cresce in superficie ed importanza. Tanto che tra il 1940 ed il 1941 viene
trasferito nel campo della Mingherina. La nuova sede permette ben più
ampie ed importanti coltivazioni, come apprendiamo da una lettera
Lavoranti della ditta Masini indirizzata a Rinaldi Ceroni dell’Ispettorato Agrario provinciale nel feb-
selezionano a mano braio 1941. “Il prof. La Face, Direttore della Stazione Sperimentale per
le bacche di ginepro
l’Industria delle Essenze di Reggio Calabria - scrive l’erborista Antonio
Graziani - vi spedirà alcune piantine di Angelica arcangelica, Valeriana
officinale e Issopo”.
La scuola, la sperimentazione, l’attività amministrativa risentono
però in modo sempre più accentuato del negativo andamento del con-
flitto mondiale. Al quale, dopo essere stato riformato, Augusto Rinaldi
Ceroni aveva chiesto di poter partecipare come sottotenente commissa-
rio della Croce Rossa Italiana. Domanda che non viene accolta per
ragioni di servizio in quanto, come comunica il Provveditorato agli Studi
di Ravenna il 31 luglio 1940, il Ministero dell’Educazione Nazionale non
acconsente al suo allontanamento dall’insegnamento.
Riesce, comunque, a dare conforto a chi è in guerra, intrattenen-
do, a partire dal 1941, una fitta corrispondenza con i giovani soldati
casolani impegnati in tutti i fronti. Da una parte, anche attraverso lette-
re che fa scrivere alle sue alunne, comunica ai soldati notizie sulla vita
del paese; dall’altra parte si adopera per alleviare, anche economica-
mente, le difficili condizioni di coloro che hanno figli, fratelli o mariti in
guerra. Come testimoniano decine di lettere e cartoline nelle quali, con
grafia incerta e sintassi approssimata, i militari casolani danno notizie
sulle loro condizioni, chiedono di conoscere cosa succede a Casola e 21
soprattutto chiedono aiuto per i familiari, spesso analfabeti o incapaci
di far valere i loro diritti. Come scrive, ad esempio, un soldato casolano
nel giugno del 1943: “Signor Augusto, dato il caso che mia madre si
trova con carte e non sa dove e come fare per vedere se a diritto di
avere gli assegni famigliari se fate il favore di darle una parola Voi cioe
dire come deve fare che lei sono certo che non se ne leva”.
La situazione militare ed anche della vita civile si fanno sempre
più difficili e nell’estate del 1944 la guerra arriva anche nella valle del
Senio. Dove provoca sofferenze e lutti, distrugge case, rovina terreni
e cambia il mondo, sconvolgendo gli assetti sociali ed economici che
da secoli reggevano i modi di vita, soprattutto nelle campagne.
Una scuola per il territorio
Passata la bufera della guerra, Augusto Rinaldi Ceroni riapre 23
la sua scuola, cercando di nuovo gli alunni con una jeep con la quale
batte la campagna. Ed in locali arredati alla bell’e meglio sopra l’ufficio
postale riesce a portare a termine due anni scolastici, ma nel 1949 deve
interrompere l’attività didattica per mancanza di mezzi e di alunni.
L’anno dopo è di nuovo pronto a partire su basi ben più solide,
dando vita alla Scuola di Avviamento Professionale ad indirizzo agrario
maschile e industriale femminile che trova sede presso la Mingherina.
Una scuola efficacemente disegnata in un ricordo lasciatoci nel 1977
da Giuseppe Pittàno (Pècio), l’illustre latinista e linguista scomparso
nel 1995 che vi aveva insegnato nel dopoguerra, allacciando con
Augusto Rinaldi Ceroni una amicizia che per quarant’anni li vedrà insie-
me in molte iniziative.
“Era una scuola povera - ha scritto Pittàno - senza locali, senza ser-
vizi, con bidella e segretaria a ore: non c’era quasi nulla. Eppure la scuola
funzionava perché c’era Augusto che era sempre lì, giorno e notte a sor-
vegliare, a lavorare, a supplire, a racimolare uno spillo, una penna, una
matita, a correre qua e là, a battere alle porte del Comune e del
Provveditorato. E col suo esempio ci insegnava ad essere pazienti, ad
accostarci ai singoli ragazzi, a giustificarne le difficoltà, a coglierne i lati
positivi. Imparai lì, nell’Avviamento di Casola, che educare é molto più
difficile e importante che insegnare; imparai che cosa era una scuola
vera, una scuola fatta per tutti, ma soprattutto per i poveri e i diseredati”.
Nel 1954 la scuola va ad occupare un’ala del nuovo edificio delle
Scuole elementari. Da dove trasloca nel 1957 per insediarsi nella ex Casa
del Fascio, dove nasce anche il corso ad indirizzo industriale maschile.
La Scuola di Avviamento assume così una dimensione ed un’im-
portanza che inducono Augusto Rinaldi Ceroni a porre in modo non
a sinistra
Gli allievi della Scuola di
Avviamento Agrario - 1955
a destra
Docenti ed allievi di I, II
e III classe della Scuola
di Avviamento dell’anno
scolastico 1951/52
24
Inaugurazione scuola di
Avviamento. Il Professore
mostra al ministro Benigno
Zaccagnini l’olio essenziale
di lavanda appena distillato
- 14.6.1959
anche la bella ed impegnativa serie di dieci cartoline dei luoghi monu-
mentali di Casola Valsenio, che poi Augusto Rinaldi Ceroni pubblica in
parte a sue spese.
A tutti i suoi collaboratori il direttore chiede un impegno particola-
re, che va oltre l’insegnamento, per guardare anche fuori della scuola,
perché i ragazzi imparino a conoscere meglio il mondo nel quale vivo-
no. E lo fa con un entusiasmo ed una passione che coinvolgono tutti i
docenti che “passano” per la scuola di Casola, per molti di loro lontana
e non facile da raggiungere. Come scrive don Italo Drei in un lettera
indirizzata a Rinaldi Ceroni nel 1982: “Il lumicino della montagna, come
si autodefiniva, era una lampada che riscaldava e faceva luce per noi
e per gli alunni”. A sua volta Marta Baruzzi gli rivela in una lettera del
1986: “Lasciai la scuola media nel ‘71, da allora ho conosciuto tanti
capi d’Istituto, ma nessuno come lei. Le sue doti umane mi fecero pren-
dere subito la ‘cotta’, rimasi con lei per sei anni senza chiedere il trasfe-
rimento”. E Liliana Rotelli conclude in un ricordo del 1977: “Credo che
non incontrerò più uomini come lui, insegnanti ed educatori che amino
la scuola sinceramente; né posso dimenticare quella piccola scuola pro-
fumata alla lavanda dove ho insegnato per la prima volta”.
La rappacificazione
Nella frenetica attività per valorizzare il suo paese, dentro e fuori 27
la scuola, il Professore trova la collaborazione, e a volte anche la com-
plicità, dell’arciprete Elviro Guidani, scomparso nel 1965, e dei sindaci
succedutisi nel dopoguerra. Da Guido Ricciardelli a Gigi Pirazzoli, da
Domenico Fiorentini ad Amleto Rossini, tutti di fede socialista e comuni-
sta. E tutti lontani, dal punto di vista politico, da Rinaldi Ceroni che ade-
risce al Partito Liberale, per il quale nel 1951 si candida, ma senza suc-
cesso, per le elezioni provinciali. Le diverse idee politiche non fanno
però velo all’amicizia ed alla collaborazione tra il professore, l’arciprete
e i vari sindaci, proponendo un esempio concreto da seguire e favoren-
do anche direttamente il difficile processo di rappacificazione e di rico-
struzione dei rapporti sociali lacerati dalla guerra. Che nel comune di
Casola, oltre ai danni materiali, aveva provocato numerosi lutti, da tutte
le parti. Basti ricordare che su una popolazione di quasi seimila abitanti
si contarono 15 partigiani fucilati o caduti in combattimento, dieci civili
fucilati dai nazifascisti, 11 civili eliminati dai partigiani, 13 fascisti uccisi
dai partigiani o dispersi in Alta Italia, 38 militari morti o dispersi nei vari
Il carro allegorico
fronti, e 94 civili morti per bombardamenti aerei, colpi di artiglieria o
“La vicenda eterna - scoppio di mine.
Amore e morte”. Festa La ricostruzione e la rappacificazione sta a cuore ad Augusto
di Mezzaquaresima 1949 Rinaldi Ceroni a tal punto da indurlo a rifiutare la nomina a giudice con-
ciliatore che lo avrebbe costretto in qualche
modo a dar ragione a qualcuno e torto a qual-
cun altro dei suoi compaesani. Per i quali inve-
ce, di sua iniziativa o collaborando con altri,
recupera o progetta manifestazioni, raduni,
incontri, studi e convegni che spaziano dal lavo-
ro al folklore, dal divertimento allo sport. Con
in evidenza la difesa della montagna, la Festa
degli Alberi, Alfredo Oriani ed il Cardello,
Monte Battaglia e le piante officinali di cui si
dirà a parte.
A tutto ciò si deve aggiungere, nel 1949,
la ripresa della Festa di Mezzaquaresima, che si
tiene tutt’oggi alla fine di aprile con il nome di
Festa di Primavera. Un giorno di festa che inter-
rompeva il grigiore della Quaresima con un pro-
cesso e l’inevitabile rogo propiziatorio della
Vecchia, accusata di tutte le malefatte. Dalla
fine dell’800 la festa comprendeva anche una
sfilata di carri allegorici costruiti con legno e
gesso; carri seri, non carnevaleschi, che celebra-
vano l’uomo ed i suoi ideali, indicando la strada
del progresso. La festa era stata interrotta nel
1940, con l’entrata in guerra dell’Italia e non più
ripresa. Fino all’inizio del 1949, quando Augusto
Rinaldi Ceroni ed altri costituiscono un comitato
per ripristinarla, diffondendo un comunicato (nel
quale si avverte la mano di Giuseppe Pittàno)
che recita: “Dopo dieci anni Casola riprende a
festeggiare la ‘Mezza Quaresima’. Il 24 marzo
1949 rivivrà il paese le memorabili giornate degli
antichi tempi, quando circondati da una marea
di persone e preceduti da Corpi Bandistici sfila-
vano i carri allegorici, espressione d’arte, di pen-
siero, di consuetudini, di costumi antichi e
moderni. E’ la tradizionale festa che, rinnovata
nello spirito del clima democratico, non è più
vincolata a rappresentazioni di parte, ma libera
di manifestarsi nella ricerca del bello e del vero”.
Il Professore e Pittàno entrano anche in
una società costruttrice dei carri, quella della
Buratta, che realizza il carro “La vicenda eter-
Sfilata dei mezzi motoriz- na: amore e morte”, che si aggiudica il terzo ed ultimo premio. Ma
zati lungo la strada princi- per i due, soprattutto per Pècio, ci sarà tempo per rifarsi con carri che,
pale di Casola Valsenio oltre ad aver primeggiato nelle sfilate, hanno fatto la storia della
in occasione della Festa
Mezzaquaresima casolana.
di San Cristoforo - 1955
Due mesi dopo, nel maggio 1949, troviamo Rinaldi Ceroni tra gli
organizzatori dei festeggiamenti per la Beata Vergine del Piratello che per
quattro giorni coinvolgono tutto il paese. E come sempre è il Professore
che, come un vulcano, organizza, sistema, consiglia e dispone con una
incredibile meticolosità testimoniata dai programmi e dagli appunti che
gonfiano i tanti fascicoli che ci ha lasciato. Ad esempio, nel volantino dei
festeggiamenti per la Madonna del Piratello troviamo disposto che “per
tutte le processioni si seguirà il seguente ordine: Croce - Bimbe suore -
Bimbi - Signorine - Signore - Corpo bandistico - Clero - Immagine -
Giovani e Uomini (Apposito comitato d’ordine sorveglierà)”.
La stessa meticolosità la ritroviamo nel 1954, quando è alla testa di
un comitato promotore sorto per realizzare il quattro luglio una sfilata di
tutti i mezzi motorizzati del comune di Casola Valsenio in occasione della
festa del patrono S. Cristoforo. E di quella giornata ci ha lasciato l’elenco
dei partecipanti, tracciando un quadro dei mezzi che circolavano in quel
periodo: “Ciclomotori 7, micromotori 14, scooters 72, motoleggere 59,
motori 16, sidecars 6, auto 43, jeeps 14, gipponi 9, camioncini 6, camion 8”.
Ed ancora troviamo il Professore nel gruppo che dal 1969 sostiene 29
la Festa di S. Antonio Abate. Sia collaborando nella programmazione
delle celebrazioni religiose e tradizionali che organizzando un incontro
conviviale. Che, come tutte le altre occasioni di ritrovi “attorno alla
tavola”, va al di là dell’aspetto gastronomico e di festa, mettendo insie-
me persone di diversa estrazione sociale, fede politica e condizione cul-
turale. Lo conferma la ripresa, nello stesso anno, della Festa della
Bolletta. Festa che risaliva ai primi decenni del ‘900 e consisteva in una
cena ed in un ballo aperti a tutti. Soprattutto a coloro che erano in bol-
letta (da qui il nome) e che riuscivano a mettere insieme i fondi neces-
Celebrazioni del
centenario della nascita
di Alfredo Oriani.
Deposizione di una corona
nella piazza di Casola
Valsenio dedicata allo
scrittore del Cardello
- 31.8.1952
I raduni cicloturistici
Quella foto donata ad Ugo Oriani, che raffi- 35
gura lo scrittore casolano con la bicicletta alla
mano, fa nascere in Rinaldi Ceroni un altro pro-
getto: un pellegrinaggio dei cicloturisti alla
tomba di Alfredo Oriani, il poeta della biciclet-
ta. Così definito perché la utilizzava frequente-
mente per i suoi viaggi e perché l’aveva cantata
in pagine indimenticabili del volume Bicicletta.
Il Prof scrive allora a Luigi Gazzaniga, vice
presidente dell’Unione Velocipedistica Italiana,
il quale si dice entusiasta dell’idea, che però
si concretizza solo in un articolo su Ciclismo
Illustrato del maggio 1954. Com’è sua abitudi-
ne, Rinaldi Ceroni non demorde ed il 13 ottobre
1957 riesce ad organizzare a Casola Valsenio,
con il coordinamento dell’ENAL DACE di
Ravenna e la collaborazione del Comune, il
primo Raduno Nazionale Cicloturistico in onore
di Alfredo Oriani. La manifestazione riscuote
una forte risonanza per la presenza di una mol-
titudine di cicloturisti e di campioni del pedale
Gino Bartali come Gino Bartali, accompagnato dal suo fedele gregario Giovanni
ed il Professore Corrieri. Autorità ed appassionati si recano anche al Cardello per rende-
nel parco del Cardello
re onore ad Alfredo Oriani con parole pronunciate dallo scrittore faenti-
- 13.10.1957
no Piero Zama.
Inaugurazione del monu-
Il raduno cicloturistico verrà poi ripetuto annualmente fino ai primi
mento ad Alfredo Oriani, anni ‘70, con una rivitalizzazione nel 1967 ad opera del sodalizio sporti-
opera di Angelo Biancini vo casolano “Club 67”. Fra i tanti raduni assume particolare solennità
- 11.10.1959
36 quello dell’11 ottobre 1959, anno nel quale cade il cinquantenario della
morte di Alfredo Oriani. Nell’occasione viene allestita una mostra oria-
nesca al Cardello, mentre la commemorazione ufficiale si tiene nel
Teatro Comunale di Casola Valsenio con interventi di Aldo Spallicci ed
Orio Vergani che parla dell’Oriani ciclista. Quell’Oriani raffigurato in una
statua in bronzo - opera dello scultore Angelo Biancini - che nello stes-
so giorno viene inaugurata nel parco cittadino. Pur se tormentata dalla
pioggia la giornata si chiude con un successo degli organizzatori, con in
testa il sindaco Amleto Rossini ed il Professore, come riporta Momento
Sera del 16 ottobre 1959. “Ci compiacciamo - scrive il giornale - con il
Inaugurazione del monu- sindaco di Casola (un giovane di poche parole e dallo sguardo volitivo)
mento ad Alfredo Oriani. a cui va il merito di aver dato un carattere aristocratico familiare alla riu-
Si riconosce, al centro,
scita manifestazione in onore di Alfredo Oriani. Ed un plauso incondizio-
Benigno Zaccagnini con,
nato vada pure all’onnipresente e dinamico preside Rinaldi Ceroni, un
alla sua sinistra, lo sculto-
re Angelo Biancini,
infaticabile animatore e vero ‘deus ex machina’ di queste celebrazioni
il senatore Aldo Spallicci orianesche e di tante belle iniziative che fanno onore a Casola ed alla
e Giuseppe Pittàno con, Romagna”.
alle spalle, Gustavo Selva
Il Cardello
Il monumento ad Alfredo Oriani diventa sempre più meta di ceri-
monie e di tributi commemorativi, soprattutto da parte degli studenti
della Scuola di Avviamento e poi della Scuola Media Statale di Casola,
scuola che Rinaldi Ceroni ha voluto, ovviamente, dedicare allo scrittore
del Cardello. Le iniziative e i tributi al monumento ad Oriani si intensifi-
cano mentre, via via, si restringe la possibilità di accedere al Cardello.
Accessibilità che era già limitata a rare ed importanti occasioni nel
dopoguerra per una forte ed ingiustificata avversione di Ugo Oriani
verso l’Amministrazione Comunale di Casola Valsenio a causa del diver-
so orientamento politico. Ed anche perché l’Oriani accusava i casolani
di aver provocato o, quanto meno, di aver permesso che il patrimonio
del Cardello venisse in gran parte distrutto e disperso. Accusa ingiustifi-
cata, se è vero che fu proprio un gruppo di casolani che, sotto le
bombe, mise in salvo libri e manoscritti di Alfredo Oriani, rimasti incu-
stoditi al Cardello, abbandonato in seguito all’arrivo del fronte nell’au-
tunno del 1944.
Dopo la morte di Ugo Oriani, avvenuta nel 1953, la vedova Luisa
Pifferi mantiene lo stesso atteggiamento di gelosa cura e riservatezza
Rinaldi Ceroni illustra del complesso del Cardello, aprendo i cancelli solo per le grandi occa-
ai visitatori il Mausoleo sioni. E, dopo la fine degli anni ‘60, neanche più in quelle occasioni a
del Cardello causa di una serie di furti che priva il Cardello di importanti reperti
38 come la lupa in bronzo, dono del comune di Roma, che troneggiava
sul fronte del mausoleo. Una situazione che si aggrava con l’innesco
di un duro contenzioso con l’Amministrazione Provinciale che procede
all’esproprio forzoso di una modestissima frazione della proprietà
del Cardello per realizzare lo svincolo di collegamento tra la statale
Casolana Riolese e la strada provinciale per Fontanelice. Così che, verso
la metà degli anni Settanta, come scrive sconsolato lo scrittore faentino
Piero Zama in una lettera inviata a Rinaldi Ceroni, “il Cardello è muto e
chiuso peggio di un convento di stretta clausura dove tutte le monache
sono fuggite, ed è rimasto soltanto una fiera badessa”.
Per questo, quando nel gennaio del 1979 scompare la vedova
Oriani lasciando erede universale l’Ente Casa di Oriani, Rinaldi Ceroni
sollecita il nuovo sindaco di Casola Valsenio, Gianpaolo Sbarzaglia,
ad intervenire affinché anche il Comune abbia un proprio rappresentan-
te nel consiglio direttivo dell’Ente e vengano riaperti i cancelli del
Cardello, soprattutto per i casolani.
Il Prof ha infatti ben presenti i vari colpi di mano perpetrati ai
danni di Casola e dei suoi abitanti. A cominciare proprio dalla sede
dell’Ente Casa di Oriani - istituito nel 1927 - stabilita ufficialmente a
Casola Valsenio, ma di fatto fissata a Ravenna. Allo stesso modo, nel
1929, la Biblioteca di Storia Contemporanea, che doveva sorgere a
Casola Valsenio in un apposito edificio, viene invece assegnata a
Ravenna in seguito alle pesanti pressioni esercitate dal segretario fede-
rale del Fascio ravennate, Renzo Morigi. Altro colpo di mano nel 1950,
quando viene approvato il nuovo statuto dell’Ente Casa di Oriani nel
cui direttivo, probabilmente su indicazione di Ugo Oriani, non compare
più un rappresentante del Comune di Casola Valsenio, come invece pre-
vedeva il precedente statuto.
Il professor Rinaldi Ceroni scrive al sindaco, elencando, a suo modo
di vedere, i primi necessari interventi: dalla fissazione anche a Casola di
una sede dell’Ente Casa di Oriani all’istituzione di un tesserino per ogni
famiglia di Casola per visitare gratuitamente il Cardello; dalla realizzazio-
ne di un vialetto pedonale da Casola al Cardello alla realizzazione di
un’area di sosta a fianco della casa colonica del custode. Da parte sua,
come ha sempre fatto, il Professore coglie ogni occasione di visite al
Giardino Officinale o alla sua scuola per accompagnare gli ospiti anche
a visitare il Cardello con il permesso dell’Ente Casa di Oriani.
Col quale però i rapporti si incrinano in seguito alla diversa visio-
ne tra Rinaldi Ceroni, che vorrebbe la massima fruibilità da parte del
pubblico del patrimonio storico, culturale ed ambientale del Cardello e
l’Ente Casa di Oriani. Che - come scrive il presidente Giovanna Bosi sul
Nuovo Ravennate del 23 febbraio 1979 - sente tutto il peso e l’impor-
Il Cardello oggi tanza di amministrare un complesso di straordinario valore, seguendo
le volontà testamentarie della signora Luisa Pifferi, la quale ne aveva
difeso gelosamente l’integrità e l’unitarietà insieme ad una atmosfera
di sacralità alimentata dalla presenza del mausoleo con i resti dello
scrittore e dei suoi familiari.
I contrasti, che in fondo nascono da un comune amore per Oriani
ed il Cardello, vengono comunque superati e sarà proprio con una ceri-
monia nella Sala “L. Pifferi” del Cardello che, nel 1991, Augusto Rinaldi
Ceroni verrà cooptato - con l’imposizione della capparella romagnola -
nella Corte d’Onore del Tribunato di Romagna, composto da personalità
distintesi nella valorizzazione della Romagna. Rinaldi Ceroni avrà anche
la soddisfazione di vedere il Cardello aperto ai visitatori sempre più
numerosi secondo una politica di tutela e valorizzazione del complesso
monumentale e della figura dello scrittore seguita dall’Ente Casa di
Oriani, oggi Fondazione. Politica che ha visto anche instaurarsi rapporti
di collaborazione sempre più stretti con il Comune di Casola Valsenio,
con l’organizzazione al Cardello di iniziative culturali e musicali rispet-
tose dei valori monumentali, culturali, storici ed ambientali del luogo.
Rocca di Monte Battaglia
in un disegno di Romolo
Liverani - 1847
Monte Battaglia
Nei pensieri di Augusto Rinaldi Ceroni uno dei luoghi storici più
importanti è stato Monte Battaglia. L’altura di 715 m. slm, posta lungo
lo spartiacque tra le valli del Senio e del Santerno che conserva i resti
di una rocca medievale del XII secolo. Che è stata punto nodale di ogni
sistema difensivo dell’area appenninica tra Imola, Faenza ed il crinale,
sia in epoca medievale che nel corso della seconda guerra mondiale.
Nell’autunno del 1944 si svolse attorno ed entro i resti delle mura e del
maschio, una delle più cruenti battaglie della campagna d’Italia che vide
affrontarsi in mezzo a fango e pioggia, partigiani, soldati americani ed
inglesi, da una parte, e truppe germaniche dall’altra.
E proprio per ricordare i caduti di Monte Battaglia, nel 1949 il
Professore costituisce un comitato per realizzare un cimitero di guerra
simbolico. Con la collaborazione di Giuseppe Pittàno e l’intervento del
Comune di Casola Valsenio, del quale è sindaco Gigi Pirazzoli, riesce nel-
l’intento di sistemare a gradoni l’area sottostante la torre dal lato nord.
Dove, nella primavera del 1950, viene collocato un gruppo di cipressi a
simboleggiare, come ha lasciato scritto Rinaldi Ceroni, “la perennità, il
contatto fra terra e cielo, il ricordo e la memoria dei tanti caduti di ogni
idea e di varie nazionalità”.
Nel corso degli anni Sessanta l’area monumentale e i resti della
rocca vengono colpiti da un degrado sempre più accentuato. Tanto che
nel 1969 il Prof si fa ancora una volta promotore di un progetto di siste-
mazione paesistica dell’area di Monte Battaglia. Il progetto raccoglie
numerose adesioni, compresa quella di Antonio Corbara, ispettore ono-
rario della Soprintendenza ai Monumenti, che già dal 1968 aveva puntato
l’attenzione sul grave stato della torre. A proposito della quale scrive sul
Nuovo Diario del 21 febbraio 1970: “La torre è in pieno sfacelo ad onta
della sua robusta struttura, coi cantonali pur ben connessi che, per pochi
conci crollanti ogni giorno di più, stanno per precipitare in blocco. (...) Si
cominci dunque a far qualcosa, prima che ogni intervento resti inutile e
il danno diventi ingente. Da popolo moderno e civile si continui poi, anno
per anno, nella nobile impresa di ricostruzione e di conservazione
ambientale della suggestiva zona, nel senso indicato dai cittadini guidati 41
dal prof. Rinaldi Ceroni”.
Il quale sposa la battaglia per la salvaguardia ed il recupero della
rocca quale punto qualificante di una valorizzazione paesistica dell’intera
area. A poco a poco, l’idea si trasforma nel progetto di una giornata di
studio che il Professore organizza con la collaborazione del sindaco
Amleto Rossini e della Pro Loco di Casola Valsenio.
Come ha sempre fatto, il Prof si mette alla guida della macchina
organizzativa e nei primi mesi del 1973 inizia a prendere contatti e a scri-
vere a destra e a sinistra, seguendo il filo delle sue conoscenze e di chi
lo affianca, come Giuseppe Pittàno. Agli studiosi, ai rappresentanti delle
istituzioni, ai politici e agli amministratori comunali delle valli del Senio e
del Santerno rivolge un appello per Monte Battaglia, “Nome - scrive nelle
sue lettere - che sintetizza la storia medievale e contemporanea, capace
di rievocare la Resistenza, di valorizzare il turismo nelle due vallate del
Santerno e del Senio, soprattutto di esaltare la funzione delle zone colli-
nari e montane e contribuire al rispetto della natura”.
Il lavoro dà i sui frutti ed il 21 luglio 1973 si svolge a Casola Valsenio
Lavori di realizzazione la Giornata di Studi “La Rocca di Monte Battaglia”. Che si apre con una
del cimitero simbolico mostra di documenti allestita presso la Scuola Media dove vengono
- marzo 1950 esposti libri, stampe, fotografie, mappe, giornali, cartoline, xilografie, atti
notarili ed altri documenti su Monte Battaglia.
In gran parte provengono dall’archivio di
Augusto Rinaldi Ceroni, appassionato raccogli-
tore di memorie locali che, soprattutto grazie
all’amicizia e alle ricerche del professor Leonida
Costa, ha costituito nel corso della vita la mag-
giore testimonianza storica su Casola Valsenio.
Tanto più importante se si tiene conto che l’ar-
chivio storico comunale è andato perduto insie-
me al municipio, distrutto dalle mine tedesche
sul finire del mese di novembre del 1944.
Lo stesso Rinaldi Ceroni apre poi il conve-
gno, che nel susseguirsi degli interventi rivela
nuove prospettive, sia dal punto di vista storico
che riguardo al futuro della rocca. La relazione
di Gina Fasoli dell’Università di Bologna, letta
da Pittàno, spazia lungo tutta la storia della
rocca, lanciando la suggestiva ipotesi che l’ori-
gine del toponimo sia legata alle grandi batta-
glie combattute sui valichi dell’Appennino da
giganti come Totila e l’impero bizantino che
42 decidevano con le armi le sorti dell’Italia. Luigi Pavan ed Anna Maria
Iannucci, della Soprintendenza ai Monumenti di Ravenna, impostano
la loro relazione sulla necessità di un recupero della rocca quale bene
culturale inteso come patrimonio della collettività. Seguono gli interventi
di Luciano Bergonzini, storico della Resistenza, che parla dei combatti-
menti partigiani a Monte Battaglia e dell’incontro con gli alleati; seguito
da Luciano Casali, dell’Università di Bologna, che tratta di Monte
Battaglia nella seconda guerra mondiale. Sanzio Bombardini ricorda il
passaggio di papa Giulio II da Monte Battaglia nell’ottobre del 1506 ed
infine Alfredo Morozzi, attingendo dai ricordi personali, illustra Monte
Battaglia dal punto di vista folkloristico.
La giornata, che vede anche la pubblicazione di una cartolina di
Monte Battaglia con annullo speciale, tratta da un disegno di Domenico
Dalmonte, si conclude con una visita ai resti della rocca.
Che, spentasi l’eco della giornata, continuano a restare esposti al
degrado provocato dagli eventi atmosferici e dall’incuria degli uomini in
quanto, come spiega nel 1976 il soprintendente Luigi Pavan in una lette-
ra indirizzata al Comune di Casola Valsenio, “trattandosi di una proprietà
privata non è possibile l’intervento diretto della Soprintendenza con
Un sottufficiale inglese
osserva Monte Battaglia finanziamento a totale carico del Ministero per i Beni Culturali”. E lascia
dopo i combattimenti - intendere che tale intervento sarebbe certo nel caso di acquisizione
ottobre 1944 della torre da parte del Comune.
43
Veduta dei resti della E su questa strada si muove il sindaco Gianpaolo Sbarzaglia, appe-
rocca di Monte Battaglia na subentrato ad Amleto Rossini, il quale riesce a portare a termine l’ac-
e del cimitero simbolico
quisizione. E nel 1980 costituisce una Commissione tecnica consultiva
- 1960
per il recupero della rocca di Monte Battaglia, commissione della quale
fa parte anche Rinaldi Ceroni. Nell’estate del 1983 finalmente inizia l’inter-
vento di recupero della rocca con una campagna di scavi diretta da Sauro
Gelichi della Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna che, oltre a
numerosi reperti, porta alla luce l’antico perimetro delle mura. Si prosegue
con lavori di consolidamento e di recupero della torre su progetto degli
architetti Rita Rava e Claudio Piersanti. Lavori ai quali si affianca la colloca-
zione ai piedi della torre di un monumento alla Liberazione, opera in bron-
zo dello scultore Aldo Rontini. Ed insieme al monumento vengono colloca-
te anche lapidi in ricordo dei caduti partigiani, americani ed inglesi.
Monte Battaglia oggi Il complesso monumentale di Monte Battaglia viene inaugurato l’8
maggio 1988 con la Giornata Internazionale della Pace. Che trova rispon-
denza completa una decina di anni dopo quando, ai piedi della torre,
viene collocata una lapide in ricordo dei caduti germanici. Così che Monte
Battaglia diventa uno dei pochi luoghi della memoria italiani dove sono
ricordati i caduti di tutte le parti in guerra.
Oggi, così come auspicava oltre trent’anni fa Augusto Rinaldi
Ceroni, Monte Battaglia è una delle mete turistiche più frequentate e
suggestive dell’Appennino tosco romagnolo. Sia per il suo patrimonio
storico che spazia dal Medioevo alla seconda guerra mondiale, sia come
punto di osservazione dal quale si domina larga parte del paesaggio che
si stende dal crinale alla pianura romagnola ed anche luogo di rilevante
interesse naturalistico per la varietà della flora che lo circonda e per
il misterioso volo nuziale che le formiche compiono ogni anno attorno
alla torre nella seconda metà del mese di settembre.
I problemi della montagna
In un foglietto stampato nel giugno 1959, in occasione dell’inau- 45
gurazione della nuova Scuola di Avviamento Professionale, Augusto
Rinaldi Ceroni aveva scritto: “La soluzione dei problemi della montagna
é collegata al problema della Scuola”. Ancora una volta, nella visione
del Professore, la scuola si apre al territorio e al problema più impor-
tante del dopoguerra nell’Appennino romagnolo: lo spopolamento ed
il degrado dei terreni.
Due fenomeni collegati, che nascevano da molteplici cause: tra
le principali si devono ricordare lo stato miserevole della maggior parte
delle abitazioni rurali delle zone più alte e lontane dai centri abitati;
mancanza di strade e soprattutto la diminuzione del reddito dei terreni
in seguito al passaggio della guerra che aveva interessato il territorio
del comune di Casola Valsenio dal 22 settembre 1944 al 15 aprile 1945.
E che aveva provocato la distruzione o il danneggiamento, tra l’altro, di
circa 250 case coloniche, mentre i terreni lavorativi erano stati sconvolti
dalle granate e dai lavori per creare le postazioni. A questo si aggiunse
a sinistra
l’impossibilità di eseguire per molto tempo i lavori annuali per la pre-
Un cantiere
di bonifica montana
senza del fronte prima e quindi per l’ampia estensione di campi minati
lasciati dai tedeschi in ritirata. Ed anche i castagneti che allora ammon-
La campagna casolana tavano a 500 ettari furono in larga parte distrutti, così come avvenne
a metà degli anni ‘40 per i circa 2.500 ettari di bosco.
Contadini e partigiani A questo si aggiungono i mutamenti politici e sociali indotti dalla
trebbiano nei pressi presenza nell’alta valle del Senio nel corso dell’estate del 1944, di for-
di Monte Battaglia
mazioni partigiane di orientamento comunista. Che, in seguito al lavoro
- estate 1944
dei commissari politici svolto tra partigiani e contadini, scardinarono
istituzioni, metodi di vita e rapporti sociali ed economici regolati fino
ad allora da istituti e patti secolari. Come il rapporto di mezzadria che
a partire dal basso Medioevo rappresentava il modello più diffuso di
sistema di conduzione dei terreni nell’Appennino tosco romagnolo.
Con la fine della guerra, si innescano di conseguenza forti rivendi-
cazioni di carattere economico e sociale da parte dei mezzadri nei con-
fronti dei proprietari. Rivendicazioni con le quali Augusto Rinaldi Ceroni
si trova a fare i conti ancor prima che le truppe alleate riprendano l’a-
vanzata verso la pianura padana. In un appunto inserito nel libretto dei
conti colonici dell’annata 1944-45 e datato 5 gennaio 1945 troviamo
Augusto Rinaldi Ceroni, i cui meriti per la ripresa erano stati riconosciuti e
divulgati anche attraverso il cinegiornale Settimana Incom che aveva proiet-
tato in tutti i cinema d’Italia una sintesi della prima cerimonia del 1949.
Ma, com’è sua abitudine, non si accontenta: vuole rendere ancora
più saldo il legame tra gli scolari e le piante. E già il 21 novembre del
1952 organizza la “Nuova Festa degli Alberi” che, da una parte, conserva
una dimensione pubblica con la collocazione di piante nelle zone di rim-
boschimento e, dall’altra, rimane in ambito strettamente scolastico. Ad
ogni alunno della Scuola di Avviamento di Casola Valsenio viene conse-
gnato un vasetto con una pianta da collocare nel giardino o in un vaso,
pianta che l’alunno stesso dovrà seguire e curare, riferendone poi all’in-
segnante.
L’esperimento casolano viene poi dispiegato in ambito provinciale
con una “Cerimonia scolastica della Festa degli Alberi” che si svolge
all’ippodromo del Candiano di Ravenna il 21 novembre 1953 alla pre-
senza di numerose autorità e scolaresche ravennati. Alle quali Augusto
Rinaldi Ceroni illustra il suo progetto che ruota attorno al motto “Una
piantina nel giorno della Festa degli Alberi ad ogni alunno delle scuole
d’Italia”. E spiega che, per instaurare nei giovani un richiamo continuo
al rispetto degli alberi, ogni scuola dovrebbe consegnare ai suoi alunni
un vasetto con una piantina fornita dalle scuole di Avviamento Agrario
della zona. E per dare forza al suo discorso consegna agli scolari raven-
nati ed alle autorità ben 300 vasetti con piantine coltivate nel campo
didattico della sua scuola di Casola Valsenio.
Di seguito scrive ai vari ministeri, alle autorità scolastiche ed ai
giornali per divulgare il suo progetto. Che però, al di là degli apprezza-
menti verbali, non trova molte adesioni. Ma, com’è sua abitudine, il
Professore non si scoraggia ed anzi affina il suo progetto in occasione
52
Le autorità ravennati
mostrano il vasetto con
la piantina in occasione
della Festa degli Alberi
del 21.11.1953
della Festa del 1955. Dopo la benedizione e la messa a dimora di
conifere nei giardini pubblici di Casola Valsenio, vengono distribuite
agli alunni ben 500 piantine accompagnate da un biglietto che recita
“È questa, alunno d’Italia, la piantina che la scuola ti affida. Racchiudila
in un vasetto, abbine cura ed osserva il suo lento sviluppo. Ricordati
che la pianta è l’amica dell’uomo e senza di essa la vita non sarebbe
possibile”. Alla consegna si accompagna l’impegno di riportare la pian-
tina a scuola nella primavera successiva per verificarne lo stato e pre-
miare gli alunni più attenti e solerti. E così tra cerimonie pubbliche e
scolastiche, accompagnate ogni anno dalla preziosa collaborazione
del Corpo Forestale dello Stato e dalle puntuali parole di Rinaldi Ceroni
continua a celebrarsi a Casola Valsenio la Festa degli Alberi fino alla
metà degli anni Settanta, quando il Preside lascia la scuola.
Un’iniziativa che ha contribuito a far sì che oggi la media valle del Senio
presenti uno straordinario patrimonio di verde, con una copertura di
gran lunga superiore a quella che si rileva nelle parallele vallate del
Lamone e del Santerno. Proprio come aveva immaginato il Professore
nel discorso pronunciato nel 1949 alla presenza del ministro Fanfani:
“Il rimboschimento sarà causa di abbellimento naturale di questa nostra
zona, di arricchimento individuale ed anche di maggior salubrità dell’a-
ria con evidente sviluppo dell’attività del turismo e del soggiorno”.
Il Professore e le autorità
esaminano e premiano
le piantine curate dagli
allievi - 3.6.1956
La lavanda
“Un giorno, sarà stato il 1947, il Professore entrò in classe con
una pianta strana, che non avevamo mai visto. Ci spiegò che era lavan-
da, dalla quale si estraeva un profumo”. Così Maria Antonietta Conti,
ricorda il suo primo incontro con la lavanda, una pianta che nel dopo-
guerra era pressoché sconosciuta alla maggior parte dei casolani. Che
nei primi mesi del 1957 seguivano incuriositi e un poco scettici la rea-
lizzazione del primo lavandeto che, gradone dopo gradone, saliva il
lato sud del Monte dei Pini. Una coltivazione innovativa che attira l’at-
tenzione anche del giornalista Silvio Negro del Corriere della Sera, il
quale, in un articolo del 7.4.1957 sullo spopolamento dell’Appennino
emiliano romagnolo, scrive con un leggera vena di scetticismo: “Il prof.
Rinaldi Ceroni, seleziona da anni piante officinali, sostenendo con gran
fervore che la salvezza verrà di là, ed ha coperto le pendici di una colli-
na di piante officinali”.
Il Professore é sicuro - sulla base delle sue ricerche - dell’adatta-
bilità della lavanda al clima ed al terreno dell’area collinare romagnola.
Immagine della cartolina Lo conforta, se non altro, quanto aveva scritto, a proposito della vicina
ricordo per la Festa degli valle del Lamone, il brisighellese Francesco Maria Saletti (1596-1674)
Alberi del 21.11.1957 nel suo Comentario di Val d’Amone: “...mi è parso dover qualche cosa
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Arrivano le prime talee di soggiongere della spica, o lavanda, della quale a guisa d’alcuni in
lavanda per gli impianti Aragona, et in Spagna, vediamo sino al dì d’hoggi nella scola nostra,
in pieno campo - 9.3.1957
detta di Boesimo carico tutto un monte, che Monte della Lavanda com-
munemente s’appella”.
E così, tre secoli dopo, Augusto Rinaldi Ceroni ricopre di lavanda
un altro colle, utilizzando quella che un tempo cresceva spontaneamen-
te in Romagna - la lavandula officinalis o spica - poi impiantando ibridi,
detti lavandini, provenienti da Valdieri (Cuneo) e Pieve di Teco (Imperia).
Si tratta però di varietà che non reggono il confronto con la qualità e la
resa in olio essenziale delle varietà coltivate da tempo in Francia. Così
che nel 1958 il Professore e Igor Ricci effettuano un viaggio in Francia,
preparato dal ministero dell’Agricoltura e Foreste.
“I francesi non ci dissero grandi cose - ha lasciato scritto Rinaldi
Ceroni tra le sue carte - ma noi rientrammo in patria con una visione
nuova e con importantissime conoscenze che riuscimmo a mettere
in pratica. Grazie anche ad un certo numero di piante di lavanda che
riuscii a farmi spedire in modo avventuroso. Una volta impiantate,
costituirono il nucleo sul quale, con la preziosa collaborazione del
professor Primo Rubaconti, che insegnava nella mia scuola, si svilupparo-
no studi e sperimentazioni con l’isolamento di esemplari e l’ibridazione
di specie diverse”.
E’ un lavoro che porta anche alla selezione di un ibrido denomina-
to Lavandula hybrida RC (cioé Rinaldi Ceroni) capace di una elevatissi-
ma resa in essenza, come risulta dalle prove di distillazione che dal
1959 accompagnano studi e sperimentazioni. Il cui esito positivo favori- 61
sce il moltiplicarsi dei lavandeti, sia nel territorio del comune di Casola
Valsenio che di Brisighella e Riolo Terme, che ha nel 1957 ha cambiato
nome. La lavanda trova posto spesso in alternanza alle tradizionali col-
ture romagnole, come la piantata che sposa la vite agli alberi vivi, per
iniziativa di alcuni agricoltori che credono nella sua potenzialità quale
fonte di reddito, grazie ad una rilevante utilizzazione nella profumeria,
nella cosmesi e nella produzione del miele.
E’ uno sviluppo che pone la valle del Senio all’attenzione naziona-
le nel campo dell’erboristeria. Come scrive il periodico Natura Viva
dell’11 maggio 1961: “La lavanda é attualmente molto coltivata in
Francia ed in Italia; qui con maggiore intensità lungo lo spartiacque
Prime prove di distillazione
ligure-piemontese e più recentemente con esito favorevole, la sua colti-
della lavanda nel cortile
della scuola.
vazione è stata intrapresa pure sui contrafforti dell’Appennino tosco-
A destra si riconosce il romagnolo ed in particolare nell’Alta valle del Senio, ove pure si stanno
professor Primo Rubaconti selezionando cultivar più redditizie e più rustiche nello stesso tempo
- 22.4.1959 e perciò con relativa semplicità di coltivazione”.
62 L’impegno profuso a favore della lavanda lascia comunque spazio
a Rinaldi Ceroni per lo studio e la sperimentazione anche su altre pian-
te officinali, sia nel campo didattico della Mingherina, sia in pieno
campo. In particolare l’attenzione è rivolta alle piante aromatiche,
alla camomilla comune e quella romana, alla soja, alla salvia sclarea
e all’allevamento a spalliera dei tigli per la produzione dei fiori. E con
ottimi risultati anche con queste piante, se è vero che oggi in un sito
web spagnolo, specializzato in agricoltura, si può leggere a proposito
della salvia officinalis: “La ultima técnica propuesta es la adopciòn
de la plantación en prada ideada por el profesor Augusto Rinaldi
Ceroni...”:
Ma la pianta trainante di tutte le attività del professore rimane
la lavanda. Che promuove in tutti i modi, facendo soprattutto leva sulla
sua scuola. Come la partecipazione della Scuola di Avviamento casola-
na alla IX Fiera di Forlì nel maggio 1959 ed un anno dopo alla XXIV Fiera
di Bologna con il padiglione della lavanda e delle piante officinali.
A novembre del 1960 il Professore scrive all’imperatrice di Persia, Farah
La coltivazione della
Diba Pahlevi: “Altezza Imperiale, ho appreso che la stanza che accoglie
lavanda si alterna alla
piantata romagnola lei ed il suo Augusto piccolo, il principe Reza Ciro Alì, viene continua-
in località Piandeppio mente profumata di lavanda. Poiché la mia é la prima Scuola Agraria
(Casola Valsenio) - 1961 Statale d’Italia che coltivi nei suoi campi sperimentali la Lavanda,
63
Prove di laboratorio diffondendola un po’ in tutto il mondo con il nome di Lavanda Val del
per estrarre le essenze Senio, sono quindi ben lieto di inviarle a parte, un piccolo omaggio di
dalle piante officinali
estratto di lavanda d’Italia, con sacchettini di infiorescenze, quale sim-
- marzo 1956
bolico attestato di simpatia e di deferenza mio personale, degli inse-
gnanti e degli alunni della mia scuola, i quali hanno personalmente col-
tivato, raccolto e confezionato i campioni di lavanda spediti”. E nel gen-
naio successivo il ministro di Corte comunica a Rinaldi Ceroni il gradi-
mento dell’imperatrice per il dono ricevuto.
Il Professore non fa differenze di censo e pochi mesi dopo, alle
porte del paese, le allieve della scuola casolana in costume folkloristico
offrono essenza di lavanda ai turisti richiamati dalla Festa di
Mezzaquaresima. Un’iniziativa molto apprezzata, come scrive l’Avvenire
d’Italia del 14.3.1961: “E’ stato un graditissimo omaggio del Paese della
lavanda”. E se Casola Valsenio è oramai il “Paese della lavanda”,
Augusto Rinaldi Ceroni è per tutti il “Padre della lavanda”. Anzi Italian
Lavender’s Father, come lo definisce nello stesso periodo un giornalista
americano in visita ai lavandeti casolani. Che costituiscono una meta
sempre più frequentata, da studiosi, autorità, docenti, erboristi, scolare-
sche, amministratori pubblici e giornalisti. Compresi i grandi maestri
dell’erboristeria italiana come Giuseppe Lodi dell’Università di Bologna,
erborista di fama mondiale o come Paolo Rovesti, presidente del Centro
Italiano per l’Erboristeria e Pietro Zangheri, famoso botanico romagnolo,
dei quali Rinaldi Ceroni si dichiara allievo, ma che partecipano alle sue
iniziative o gli fanno visita ammirati di quanto è riuscito a fare nel campo
delle piante officinali ed in particolare della lavanda.
Si tratta di visite che il Professore incentiva con iniziative specifi-
che. Come la “Visita ai lavandeti dell’Alta valle del Senio” che organizza
il 3 giugno 1961 per divulgare, come scrive nell’invito, “queste nuove
64 colture quali incoraggiante esempio di riconversione produttiva dei ter-
reni collinari soggetti al preoccupante esodo delle popolazioni rurali”.
Casola Valsenio è oramai un riconosciuto ed apprezzato punto di riferi-
mento per ogni iniziativa ed attività nel campo della coltivazione della
lavanda. Come testimoniano i circa 400 quesiti su questa pianta perve-
nuti dall’Italia e dall’estero all’ufficio della Scuola di Avviamento caso-
lana a cui fa capo tutta l’organizzazione tecnico scientifica dei lavande-
ti. E come testimonia anche l’intensa attività di consulenza, progetta-
zione e direzione che viene richiesta al professor Rinaldi Ceroni. Il
quale, nel 1962, per conto della Naarden-Leepen realizza nella zona
di Pietramala, in comune di Firenzuola, il più vasto lavandeto d’Europa.
Seguito da un altro imponente impianto presso l’azienda Piana di
Castel San Pietro, tra Imola e Bologna, destinato alla produzione
di miele ed un altro ancora a Pitigliano, nella Maremma grossetana.
Il campo officinale creato L’incremento per numero ed estensione dei lavandeti, insieme
nell’area retrostante la all’aumento del costo della mano d’opera, impone una sempre più
Scuola di Avviamento accentuata meccanizzazione anche nella coltivazione delle piante offici-
Il lavandeto a gradoni
del Monte dei Pini - 1961
prendere atto che il mercato dei prodotti officinali non tira a causa del
boom economico. Che sta cambiando condizioni economiche, mentalità
e modi di vita degli italiani che, nel passaggio da una società agricola
ad una industriale, abbandonano tutto ciò che caratterizzava il mondo
contadino tradizionale. Compresi i rimedi naturali, sostituiti dai prodotti
frutto della chimica. Come, qualche anno dopo, spiega lo stesso Rinaldi
Ceroni in occasione di una conferenza presso il Rotary di Faenza:
“L’evolversi ed il progredire della chimica hanno parzialmente ridotto
la richiesta dei prodotti naturali essenzieri, così come l’incentivazione
dell’industrializzazione e delle attività terziarie ha assorbito quasi total-
mente quella mano d’opera che nei nostri colli era dedita, anche se
saltuariamente, alla raccolta delle piante officinali”.
Ma ci vuol ben altro per piegare e far cambiare idea al Prof, che
prosegue, quasi in solitudine, la sua battaglia controcorrente in difesa
delle piante officinali, con in testa la lavanda, che considera e ama
come una quarta figlia. E’ una battaglia resa più difficile ed amara da
alcune critiche che rinfacciano un infruttuoso dispendio di capitali e
mano d’opera nelle sperimentazioni e nelle coltivazioni della lavanda.
Critiche alle quali risponde in un’intervista rilasciata al mensile locale
Lo Specchio: “La sperimentazione prima, fatta con varietà e specie
diverse sul colle di Mezzomondo e nella zona del Monte dei Pini, ha
messo a nostra disposizione dei dati importantissimi e delle valutazioni
che hanno guidato negli anni successivi e nelle nuove piantagioni. Ecco
quindi messa a tacere quella voce critica delle bocche facili e pronte
a dir solo male. Perciò nessun capitale andato a vuoto! Nessun lavoro
inutile! Ed è falso dire che l’esperimento fatto su quel monte sia da giu-
dicarsi un fallimento. Guai se non ci fossero stati quei cinque o sei ettari
investiti e sistemati a gradoni, in quanto saremmo stati privi di ele-
menti così importanti per il futuro di questa cultura. E poi chiunque 67
salga su quel colle non può non restare colpito dal profumo e da una
visione stupenda che lo porta a dire: ‘Che bello!’. E questo spero che
sarà giudicato un piccolo contributo turistico alla nostra valle”.
Un contributo, del resto già ampiamente riconosciuto dai visitato-
ri; tra i quali la giornalista Jolanda d’Annibale che nel mensile Le quat-
tro stagioni dell’aprile 1962, aveva scritto: “Il direttore della scuola ci
accolse cordialmente e ci accompagnò nelle diverse colture in collina e
a valle. La collina era come ricoperta da un manto lilla a balze ricamate
sapientemente e le piante di spigo si rovesciavano sui bordi come gran-
di cesti ricolmi di fiori. Dappertutto un profumo inebriante che ricorda-
va vecchie cassapanche colme di biancheria”.
E così, verso la metà degli anni Sessanta, il lavoro di Augusto
Rinaldi, che fa leva soprattutto sul Giardino Officinale annesso alla
scuola, si dirama dal tronco principale dello studio e della sperimenta-
zione e grazie anche alla collaborazione del professor Enrico Docci,
imbocca il solco antico della tradizione e la nuova strada del turismo.
In questa ottica il 24 giugno 1966 il Professore istituisce la
L’abbazia di Valsenio Benedizione dello Spigo che si rifà alla tradizione romagnola della rac-
in un disegno colta dello spigo, cioè della lavanda, nella giornata del 24 giugno, festa
di Domenico Dalmonte di San Giovanni. Lo spigo, che si riteneva ricco di virtù apportate dalla
68
Le tradizionali guazza notturna, veniva legato a mo’ di fiaschetto, detto rocca, con
rocche di lavanda i fiori chiusi entro i propri steli e quindi riposto nei cassettoni o negli
armadi per profumare la biancheria e preservarla dalle tarme. Per oltre
un ventennio la cerimonia, che si conclude con la distribuzione della
lavanda accompagnata da un rinfresco alla romagnola con ciambella
ed Albana dolce, si svolge nell’abbazia di Valsenio dedicata a San
Giovanni, poi verrà spostata in paese, nella Chiesa di San Francesco,
detta dei Frati. Dove continua tuttora a svolgersi per iniziativa del
Comune e della Pro Loco di Casola Valsenio per ricordare ed onorare
la figura e l’opera di Augusto Rinaldi Ceroni.
Il quale, sempre nel 1966, abbozza l’idea di una Strada della
Lavanda, un percorso che si dovrebbe snodare lungo la valle del Senio,
dal Passo della Sambuca a Palazzuolo, proseguendo poi per Casola
Valsenio e Riolo Terme, fino a raggiungere Castel Bolognese tra ali di
piante di lavanda. E’ un’idea che troverà applicazione un paio di decen-
ni dopo, andando a sovrapporsi al progetto di una strada panoramica
silvana di collegamento tra le valli del Senio e del Santerno che viene
presentata da Rinaldi Ceroni a tecnici ed autorità alla fine del 1967.
Convinto del pregio ornamentale della lavanda, il Professore allarga
il suo raggio di azione e nel 1969 convince l’assessore al Turismo Sport
e Giardini del Comune di Firenze a sperimentare l’impiantamento nei
giardini della città di aiuole di lavanda delle varietà Turistica Maime ed
Elegante Abrialis. Contemporaneamente anche la Società Italiana Amici
dei Fiori si rende disponibile, su proposta di Rinaldi Ceroni, a sperimen-
tare impianti delle stesse varietà di lavanda ai margini e nella corsia
spartitraffico della Superstrada dei Fiori Firenze-Siena. Sono iniziative
che stanno all’origine di quanto si può vedere oggi in molti giardini
pubblici abbelliti con piante di lavanda e lungo alcune strade della pro-
vincia di Ravenna bordate con la stessa pianta. 69
Il lavoro di divulgazione del Professore spazia in ogni settore e
alla fine degli anni Sessanta, con una ampia campagna di stampa, pro-
pone anche l’utilizzazione della lavanda nei matrimoni. “Un cesto di
lavanda elegantemente presentato - spiega Vincenzo Bonini sul mensile
Il Giardino Fiorito del dicembre 1969 - può far onore all’invitato e piace-
re alla giovane sposa”.
Sono progetti ed iniziative che comunque non distolgono Rinaldi
Ceroni dall’attività di studio, sperimentazione e divulgazione nel campo
delle piante officinali, soprattutto della lavanda. Lo testimonia la pub-
blicazione nel 1966 per la Universale Edagricole del volumetto La lavan-
da e il lavandino, considerato da alcuni studiosi la “Bibbia della lavan-
da”. La sapienza e l’esperienza del Professore accompagnano anche gli
studi e le sperimentazioni messe in campo a Casola Valsenio e a Faenza
da Francesco Rinaldi Ceroni – parente del Prof per sangue e per passio-
ne per le piante officinali – il quale condensa le sue esperienze nella
tesi di laurea Il lavandino: coltivazione e risultati di un biennio di ricer-
che sulla concimazione e su alcuni fattori che ne influenzano la resa,
discussa nel 1971 presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna,
prima tesi del genere in Italia.
Il lavoro di Augusto Rinaldi Ceroni si allarga anche all’estero,
attraverso canali scientifici o rapporti di amicizia e conoscenza nati
dalla lunga attività di rilievo pubblico. Come lo scambio di ricordi e
di informazioni scientifiche con il casolano mons. Angelo Poli, vescovo
di Allahabad, in India, il quale, con presumibile soddisfazione del
Professore, gli rivela che fu lui, nel 1901, ad introdurre il rosmarino in
India, portando con sé sei piantine prelevate in un orto di Casola
Valsenio. Attraverso l’Università di Bologna, Rinaldi Ceroni riesce anche
ad ottenere semi di ginseng che, come annota nei suoi registri, interra
il 3 giugno 1968, seguendone poi con attenzione lo sviluppo. E dando-
ne poi conto, insieme ai risultati di tanti e tanti altri esperimenti attuati
nel Giardino Officinale, nel corso della “Giornata dell’Erboristeria”,
organizzata a Casola Valsenio il 3 luglio 1972, insieme all’Ispettorato
Provinciale dell’Agricoltura di Ravenna. Convinto più che mai che, prima
o poi, le piante officinali avrebbero trovato nell’opinione pubblica e
soprattutto tra i consumatori la considerazione che meritano.
Casola Valsenio,
71
il paese delle erbe officinali
La tanto sperata rivalutazione dei prodotti erboristici avviene
verso la metà degli anni Settanta. Favorita dal mutamento di mentalità
e di abitudini della società italiana in conseguenza della crisi energetica
del 1973. Che porta, tra l’altro, a riconsiderare il passato al fine di recu-
perare modi di vita di un tempo, più semplici e naturali. Come l’uso
delle erbe officinali per scopi curativi e alimentari.
Il nuovo corso coincide con la necessità di ampliare l’edificio
della Scuola Media Statale, utilizzando l’area occupata dal Giardino
Officinale. Grazie all’interessamento del sindaco Rossini e alla disponi-
bilità del presidente dell’Azienda Regionale delle Foreste, il Giardino
trova spazio in due gradoni di un terreno annesso al fondo Casaccia,
lungo la strada che da Casola Valsenio porta a Fontanelice, scelto dalla
Regione con lo scopo di creare un vivaio di piante da consolidamento
delle scarpate.
Il Giardino Officinale, svincolato dalla scuola, incontra un maggior
a sinistra
interesse e frequentazione da parte di enti, comunità, consorzi, privati,
Le infiorescenze
scuole ed università che inducono a spostare il vivaio altrove e a desti-
di lavanda sono molto
frequentate dalle api
nare alle piante officinali tutto il terreno sistemato a gradoni. Nasce
così, per conto della Regione Emilia Romagna, il progetto del nuovo
Veduta generale Giardino, nel quale Rinaldi Ceroni riversa oltre trent’anni di studio
del Giardino Officinale e di esperienze, insieme ad una chiara visione sul futuro sviluppo del-
72 l’erboristeria. I primi due gradoni vengono destinati alla divulgazione
e conoscenza delle piante officinali, costituendo una sorta di museo
vivente, mentre il terzo gradone viene occupato dalle colture a pieno
campo, alle quali si interessano cooperative, comunità montane ed
agricoltori. Il quarto accoglie le piante per l’apicoltura; il quinto le pian-
te aromatiche per l’alimentazione, il sesto le piante per la floricoltura
ed il settimo le piante per l’allevamento delle lumache.
A margine dell’impianto principale vengono realizzati gruppi di
piante tipiche; alcuni dei quali organizzati su basi scientifiche ed altri
più sensibili ad aspetti originali e curiosi. E quindi capaci di divulgare
la conoscenza delle piante officinali anche tra un pubblico non specia-
lizzato. Ciò secondo una chiara e costante visione di Rinaldi Ceroni che,
pur di raggiungere l’obiettivo della divulgazione, concede spazio agli
aspetti della magia, del mistero, del sogno che comunque appartengo-
no al mondo delle erbe. Così che a fianco dei gruppi delle piante della
Prime visite fitoterapia, della cosmesi, delle zone argillose e calanchive, velenose,
al Giardino Officinale frangivento, mellifere, del litorale e da pastura degli uccelli, troviamo
73
Il Professore illustra i gruppi delle piante piangenti, delle piante delle festività natalizie,
le coltivazioni ai visitatori della giovinezza e le piante simboliche e dell’oroscopo.
del Giardino Officinale Tra il 1977 ed il 1978, con la collaborazione del vivaista Diego Poli,
il professore completa e realizza il suo progetto che dalla stampa viene
definito “uno dei più bei giardini d’Italia”. Un impianto con finalità
didattiche, scientifiche e divulgative che riesce a dispiegare in breve
tempo. Grazie anche alla frenetica attività del suo direttore, il quale,
dopo aver lasciato la scuola, dedica gran parte del suo tempo a guidare
gruppi di visitatori con la voce che, pur deformata dall’immancabile
megafono, rivela sapienza e passione.
E’ un impegno testimoniato dalle tante lettere di ringraziamento
conservate tra le carte del Professore. Scrive, ad esempio, nel luglio del
1978 il senatore Paolo Berlanda di Trento: “La sua illustrazione è stata
esauriente e convincente, soprattutto perché, oltre all’esperienza, vi si
sente tutto l’amore per la natura”. Alberto Cerini di Ferrara scrive qual-
che mese dopo: “Domenica scorsa abbiamo avuta la grande fortuna
di poter udire la sua dotta lezione impartita con altissima competenza
scientifica ed avvincente calore umano agli studenti dell’Università di
Camerino. Il Giardino ha assunto un’interessantissima dimensione,
suscitando così, per chi udiva la sua illustrazione, un complesso di inte-
ressi culturali che creava fra l’Uomo e la Pianta un rapporto a noi in
gran parte nuovo”. L’impegno del Professore viene profuso senza diffe-
renze anche nei confronti dei più giovani. Come documenta una lettera
della preside della Scuola Media “G. Novello” di Ravenna, inviata alla
Regione nell’aprile del 1980: “Grazie alla piena disponibilità del prof.
Rinaldi Ceroni, che ha guidato il gruppo con la sua calda parola e abbon-
danza di notizie, esperienze e curiosità, e con un linguaggio accessibile
all’età e alla preparazione dei ragazzi, si ritiene che nei giovani
si sia rafforzato l’amore e il rispetto per le piante”.
Il professore riesce ad attirare visitatori e a creare interesse attor-
no al Giardino grazie anche alla disponibilità a fornire consigli, semi
e piantine gratuitamente. Gli scrive infatti nel novembre del 1978,
Giambattista Milesi Ferretti, presidente della Cooperativa Produttori
Piante Aromatiche e Medicinali di Appignano (Macerata): “Caro
Professore, in una riunione di alcuni giorni fa alcuni soci della
74 Cooperativa che ho fondato, avendola sentita a Recanati, hanno deciso
che io debba scriverle per avere da Lei qualche consiglio circa il colloca-
mento sul mercato di alcune essenze per cui trovano difficoltà. Io ho
fatto presente che Lei è uno studioso e non un commerciante di essenze
e che quindi di queste cose non si interessa, ma non c’è stato niente da
fare. Le debbo scrivere! Questi sono gli inconvenienti della notorietà”.
E com’è sua abitudine Rinaldi Ceroni gli risponde puntuale, cortese e
prodigo di consigli ed informazioni.
Altrettanto prodigo è, ad esempio, nella fornitura di piantine di
lavanda e lavandino al Consorzio delle Comunalie Parmensi che nell’al-
te valli del Taro e dell’Enza intendono avviare nel 1979 un’azione di
ricerca e sperimentazione in pieno campo di piante officinali adatte alle
aree marginali di collina e montagna. Per questo “Il Consorzio - come
si legge nel suo sito web - prese contatto con il maggior esperto di col-
tivazione delle piante officinali, il Professor Augusto Rinaldi Ceroni,
il quale disponeva di una vasta collezione di piante aromatiche e offici-
nali”. Il Professore è ben contento di soddisfare la richiesta perché
quell’idea originaria di riconvertire i terreni collinari e montani con le
Coltivazione della lavanda piante officinali non l’ha mai abbandonata ed, anzi, continua a perse-
in pieno campo in località guirla con immutata tenacia. Tanto che nel 1977 realizza due vasti
Trario - 1981 lavandeti a Trario e Budrio, due parrocchie poste attorno ai 500 metri
slm nell’alta valle del Cestina, “onde vedere - annota in una memoria - 75
il comportamento e le rese di quelle piante ritenute ottime per sostitui-
re le tradizionali colture della collina e montagna”.
Ma anche se è esploso il boom dell’erboristeria, la produzione ita-
liana stenta a trovare acquirenti a causa di un commercio che ha conve-
nienza a rifornirsi all’estero da dove, sul finire degli anni Settanta, ven-
gono importate erbe officinali ed essenze per 135 miliardi di lire. Una
situazione contro la quale si batte Rinaldi Ceroni, cogliendo l’occasione
dell’edizione del 1979 di Herbora, la maggiore manifestazione sull’erbo-
risteria e le piante officinali nata 1976 a Verona con l’apporto prezioso
del Giardino e del suo direttore. Nel corso di Herbora presenta infatti la
relazione “Produrre è facile, collocare con tornaconto é difficile: orien-
tamento, programmazione, sperimentazione e nuove tecniche colturali
per le piante officinali”. E’ un intervento ricco di proposte ed anche di
spunti vivacemente polemici che spaziano dalle carenze legislative alla
mancanza di dati sulla importazione dei prodotti officinali. Un interven-
to insolito ed appassionato che, del resto, aveva preannunciato in una
lettera inviata poco tempo prima a Nerino Ferrari, direttore del Centro
Ricerche Erboristiche di Verona: “Io in quella occasione - scrive - farò
faville e sbraiterò, se conta”.
E coerentemente passa dalla parola all’azione. Con l’obiettivo di
abbassare il costo della mano d’opera, che rappresenta uno dei motivi
per cui i commercianti si rivolgono all’estero, avvia al Giardino Officinale
tecniche colturali del tutto nuove per l’Italia. Come la coltivazione a prato
della salvia e della santoreggia e la produzione in pieno campo della
camomilla comune e della soja, una pianta che compariva già nel primo
orto officinale, creato nel 1938, per le sue grandi virtù e le potenzialità
economiche che il professore le aveva attribuito fin dai suoi primi studi.
Ed inoltre asseconda le sperimentazioni che le Università di
Bologna e di Modena avviano al Giardino, soprattutto nel settore dell’e-
strazione degli oli essenziali che, secondo Rinaldi Ceroni, costituiscono
il mezzo per conquistare il mercato. Tutte attività che portano il
Giardino di Casola all’attenzione nazionale, come scrive il settimanale
Famiglia Cristiana del 3.10.1982 in un articolo rivolto a chi vuole intra-
prendere la coltivazione delle erbe officinali: “Un punto di appoggio
prezioso sono i vivai delle Aziende Regionali delle Foreste che fornisco-
no semi e piantine per prove vegetazionali di acclimatazione. Tra que-
sti, il primo, autore di ricerche avanzate, è quello di Casola Valsenio”.
Dal quale nascono infatti alcuni giardini officinali grazie alla consulenza
di Rinaldi Ceroni, il quale, nel giugno del 1984, inaugura il Giardino
Officinale di Marzana (Verona), unanimemente riconosciuto ed esaltato
come “figlio” di quello casolano.
76 Il Professore raccoglie anche riconoscimenti personali. Come
l’attribuzione, nel corso di Herbora 1982, del titolo di Pioniere
dell’Erboristeria Italiana accompagnato dalla consegna del Seminatore
d’Argento. E’ un riconoscimento che l’anno prima era stato assegnato a
Giuseppe Penso, Giuseppe Lodi, Pietro Zangheri, Pietro Pomini e Paolo
Rovesti. Così che anche Rinaldi Ceroni entra nella ristretta cerchia dei
“grandi vecchi” dell’erboristeria italiana; di coloro cioè che con il loro
sapere e la loro tenacia radicate nel campo dell’erboristeria dell’Italia
pre-industriale erano stati tra i protagonisti della rinascita dalla metà
degli anni Settanta nella quale avevano riversato la loro saggezza.
Si tratta di considerazioni confermate dal presidente dell’Azienda
Regionale delle Foreste dell’Emilia Romagna, Sergio Rossi, il quale,
nel maggio del 1981, al momento di lasciare l’ARF, scrive al Professore:
“Quanta passione, quanta saggezza e quanto amore ho sentito e visto
in lei nel conoscere, nello studiare, nel voler seguire e proteggere
le erbe officinali e nel trasfondere ad altri, disinteressatamente, con
immensa partecipazione, il suo sapere in questa materia così speciale,
nonostante la moda odierna. (...) Lei deve battersi come sempre anche
in avvenire - non si deve arrendere - nel presentare, sostenere e illustra-
re le sue dinamiche ed intelligenti idee, riccamente presenti in lei e così
preziose in questa oceanica e difficile materia”.
Ma Rinaldi Ceroni ha quasi settant’anni e la direzione del Giardino
si fa pesante, sia per le attività scientifiche che per quelle divulgative,
con un numero di visitatori in continua crescita, che supera le 12.000
unità nel corso del 1982. Così che, nei primi mesi del 1983, lascia la
guida del Giardino Officinale, compilando, a beneficio dell’ARF, un’im-
ponente relazione sul lavoro svolto e sui risultati ottenuti.
Un tornante della
Strada della Lavanda
50
enio nel 19
Casola Vals
Rinaldi Ceroni, il divulgatore
di Enrico Docci
docente di Italiano e Storia presso la Scuola di Avviamento Professionale
ad indirizzo Agrario “A. Oriani” di Casola Valsenio dal 1958 al 1961
Il sindaco Amleto Rossini della lavanda, all’acquisizione di nuovi libri per la biblioteca, dalla
messa in sito di nuove piante nel giardino ai saluti al provveditore ecc.
a destra con l’insegnante di religione sempre ovviamente presente a formare
Il Prof con, alle spalle,
col sindaco una coppia di sapore guareschiano ma anche di grande
don Elviro Guidani
umanità. Per un verso o per l’altro tutti e tre amavano Casola e ci tene-
vano a dar lustro al paese.
Il sindaco e l’arciprete erano della bassa, l’unico del posto da anti-
che generazioni era il preside ed anche questo contribuiva non poco ad
accrescerne il prestigio. Il Sindaco Rossini, già partigiano e sindacalista
era stato messo a fare il primo cittadino di Casola dal suo partito come
premio alla sua fedele militanza politica, l’arciprete don Guidani, colle-
ga di studi ed amico personale dal card. Staffa e del vescovo mons.
Proni, era giunto a Casola forse in attesa di una sede più prestigiosa
che comunque gli fu preclusa dalla morte che improvvisa e prematura
lo ghermì, seguito dall’altrettanto improvvisa dipartita della sua cara
mamma, che cessò di vivere appena resasi conto della morte del figlio.
Una duplice morte tanto simile all’epilogo di una tragedia greca di fron-
te alla quale tutta Casola pianse compreso il pragmatico sindaco che
per lui ebbe parole di spontaneo affetto e di commossa rimembranza,
da avversario leale ma soprattutto da amico vero.
Nelle ore a disposizione il preside mi aveva autorizzato a stare in
presidenza a fare il cronista e così non passava giorno che non trasmet- 91
tessi alla Rai una notizia da Casola. Le fonti ovviamente tutte di prima
mano. Nel Gazzettino dell’Emilia Romagna, Casola, dopo le città capo-
luogo di provincia, diventò così il paese più ricordato della regione e per
così dire, più conosciuto. Gli argomenti: i più disparati, dalle sagre agli
aneddoti, ai fatti di più diversa natura e umanità, alcuni davvero memo-
rabili come la maxi bomba d’aereo portata a scuola da un alunno con un
trattore, il vitello dalle due teste, il jet militare che faceva picchiate acro-
batiche sopra la chiesa di Renzuno dove era parroco il fratello del pilota,
gli Americani che pensavano di avere avuto in dono Monte Battaglia…..
I fatti più importanti venivano ulteriormente sviluppati anche in
televisione, allora alle prime armi. In Cronache Italiane i principali titoli
riguardanti Casola furono il monumento di Oriani realizzato da Biancini
e presentato da Orio Vergani che pronunciò un memorabile discorso,
il formidabile scoop della necropoli etrusca con il presunto guerriero
sepolto assieme al suo cavallo sul cui argomento sono stato interpella-
to anche recentemente da un giudice del tribunale europeo dell’Aia,
tuttora in cerca di prove e di indizi sull’argomento e la notizia del rinve-
nimento di reperti neolitici con la ripresa di diverse selci preistoriche
di varia foggia, venute alla luce in occasione di alcuni scavi effettuati
da archeologi di ventura, la riconsegna anonima di un manoscritto di
un libro d’Oriani trafugato durante il passaggio del fronte, il cortiletto
dell’Abbazia di Valsenio già ripreso come soggetto di scena da
Il nocino del Prof Zandonai nella sua Francesca da Rimini, la vita notturna del riccio (por-
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Una classe della cospino) con scene di grande interesse scientifico ecc.
Scuola di Avviamento Alla Rai gli operatori mi chiedevano con insistenza di proporre i
più svariati servizi da Casola perché la scaletta era sempre pronta e ben
fatta e non mancava mai un lauto pranzo di lavoro come al solito offer-
to generosamente dal Prof con gli immancabili omaggi di bottigliette di
nocino, di mazzetti ed estratti di lavanda sempre accompagnati dai più
diversi souvenir di circostanza.
Ma a Casola non c’era soltanto da fare l’insegnante e il cronista per-
ché bisognava essere anche degli organizzatori e dei divulgatori di razza.
Talora il Preside mi chiedeva “Che cosa possiamo fare? Cerchi di inventare
qualcosa di interessante per Casola. Me ne parli domani”. E fu così che il
preside diede via libera a diverse mie proposte che trovarono in lui il gran-
de patrocinatore e il convinto assertore, così quando gli disse che la Fiera
di Bologna, dopo aver visto i servizi televisivi, era ben lieta di offrire alla
nostra scuola uno stand per esporre e presentare la coltura della lavanda
e delle varie piante aromatiche ed essenziere, accettò la proposta con
grande entusiasmo certo di un sicuro successo, come del resto avvenne.
La nostra fu l’unica scuola della regione ad essere presente in Fiera. Il
Provveditore ebbe parole d’elogio, le autorità più diverse espressero il
loro più vivo compiacimento, mentre gli alunni, a turno presenti in Fiera
con i loro professori, diedero prova di grande maturità e in seguito si sen-
tirono particolarmente orgogliosi di questa esperienza.
Quindi la scuola era in un certo senso la sede ideale a quella
realtà casolana da divulgare e raccontare con ogni mezzo anche oltre la
vallata. Successivamente il Preside mi pregò di scrivere anche delle
poesie sulla lavanda, pubblicate poi non so in quale rivista. Ricordo che
un sonetto finiva: “Così avvien che per Casola s’espanda/giù giù dai
colli nell’estive sere/un sottile profumo di lavanda/e d’altr’erbe aromati-
che essenziere/che il vento vesperal porta lunghesso/la strada di 93
Valsenio verso i piani,/sfiorando lieve l’ombra d’un cipresso/ e l’urn’ove
riposa Alfredo Oriani.”
Oggi spero solo che il solitario del Cardello non se ne sia troppo
offeso. Nel dicembre del ’59, in occasione della sagra del paese organiz-
zammo la 1a Giornata della Lavanda con le alunne della nostra scuola a
percorrere le vie di Casola per offrire alla gente sacchettini e mazzetti di
lavanda assieme a fialette di essenza. Per l’occasione mi fu commissio-
nata un’altra poesia che terminava così: “…Ora canto in onor delle bam-
bine/che in un giorno piovoso ed invernale/con fiori di Lavanda e botti-
gline/fecero propaganda officinale/profumando le strade casolane/men-
tre a festa suonavan le campane”. Spesso io e il preside andavamo poi
in trasferta insieme a parlare con qualche personaggio, ad illustrare
qualche iniziativa, ad invitare a Casola qualche notabile. Il Prof, sempre
con il suo aplomb signorile, il suo immancabile farfallino e, ben piantato
in testa, il suo Borsalino di feltro purissimo che, quando doveva affron-
tare qualche situazione difficile, con un piccolo tocco scaramantico della
mani, alzava impercettibilmente sopra la fronte. “Cappello da bufera”
lo definivo io, mutuando tale espressione dal gergo alpino, ma sta di
fatto che col copricapo messo in tal modo il Prof era talmente caricato
che superava qualsiasi ostacolo e le imbroccava davvero tutte.
Il Prof sorridente Quando, un giorno venimmo poi a sapere che era imminente la
e rilassato nascita dell’erede al trono della Persia, non ci parve vero
scrivere all’Ambasciata di quel paese per far sapere che
nell’antichità i figli delle dinastie dei vari re persiani
nascevano, come buon auspicio, in luoghi irrorati e profu-
mati dalla lavanda. Si trattava unicamente di una semplice
notizia di carattere storico e niente di più. E invece ina-
spettata giunse a scuola una lettera direttamente
dall’Ufficio personale della Imperatrice di Persia che chie-
deva dettagli sulla nostra segnalazione pregando di met-
terci subito in contatto con l’Ambasciata di Roma per illu-
strare meglio quanto scritto e accordarsi eventualmente
sul da farsi. Per avvallare quanto scritto citammo brani di
Pausania, Senofonte e di altri storici greci. Poi iniziò la
grande preparazione dell’invio della benaugurante e pro-
piziatrice lavanda con il Prof trasformatosi per qualche
tempo in diplomatico intento a telefonare e a scrivere ad
ambasciate ed uffici consolari. E così quando nacque il
piccolo Ciro la sua noursery odorava di Lavanda del Senio.
L’imperatrice Farah Diba, grata ringraziò inviandoci un suo
bellissimo ritratto a colori con dedica, tenuto in bella
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Il Prof con il mostra all’ingresso della scuola fino all’avvento di Komeini. I giornali
“cappello da bufera” diedero un gran risalto all’avvenimento, l’United Press chiese un pezzo
sull’avvenimento e sul Daily Mirror apparve uno stelloncino con il prof.
Rinaldi Ceroni definito “The lavender’s father”. Davvero un grande suc-
cesso internazionale per una piccola scuola come quella di Casola.
Ma penso sia venuto il momento di rendere noto anche alcuni memora-
bili blitz organizzati e realizzati assieme al Prof, con una consumata abi-
lità da 007, per venire in possesso di alcune specie di piante protette
come la lavanda pura francese (originale), coltivata in alcuni campi
recintati e proibiti, in quel di Grasse (Francia) o le rose da profumo bul-
gare considerate una ricchezza nazionale e perciò difese con torrette
di guardia sorgenti in mezzo alle immense distese di roseti di Russe
(Bulgaria). Per non dire della prima soia americana (Ferruzzi) giunta
in Italia e depositata a Porto Corsini in grandi silos recintati e sigillati
dalla Guardia di Finanza. Qualche anno fa, prima che un lento declino
fisico lo inchiodasse in casa a vivere di affetti certi e di silenti ricordi,
il prof. Rinaldi Ceroni mi cercò pregandomi di dare una sintetica veste
poetica al suo famoso nocino. – Mi raccomando al massimo un paio di
versi perchè il Nocino del Prof è contenuto in una bottiglietta assai pic-
cola- mi disse. E così venne fuori il distico “E’ un licor pien di virtù/che
ti tira sempre su”. Un modesto slogan pubblicitario che il Prof apprezzò
assai e divulgò ovunque con il solito entusiasmo.
Un uomo politropos il nostro Prof, generoso e quanto mai schietto
che fino all’ultimo mi onorò della sua grande amicizia fatta di cordialità
accattivante e di innata gentilezza; un vero gentiluomo di provincia d’al-
tri tempi, innamorato della sua gente e della sua terra e come pochi
capace di coinvolgere ed esaltare il suo prossimo con le iniziative più
belle ed originali, sempre in nome delle sue piante, del suo paese, della
sua amata Romagna.
Augusto Rinaldi Ceroni, il preside
di Paola Lagorio
docente di Matematica e Scienze dal 1970 al 1975
presso la Scuola Media Statale di Casola Valsenio
Il Giardino Officinale compariva il mitico “Nocino del Prof ”, che concludeva nel modo miglio-
re l’incontro, e stemperava i toni talora accesi delle discussioni avviate
sui problemi dell’erboristeria, senza uscire peraltro dal settore: infatti,
anche sul nocino si apriva spesso un dibattito tecnico-scientifico-orga-
nolettico, in quanto a noi non era sempre chiaro il ruolo di vari (quali?)
ingredienti vegetali che il Prof inseriva (forse...) nella sua personale
ricetta! Uno di questi potrebbe essere il coriandolo?!? “…può darsi
…anzi, varrebbe la pena che gli Universitari - qui il termine assumeva un
senso non del tutto elogiativo, seppure scherzoso! - approfondissero
le conoscenze scientifiche anche….sulle piante dell’amore!” E di nuovo,
richiamava l’importanza dello studio serio sulle piante e della crescita
culturale degli operatori: proprio questo binomio mi è sembrato oppor-
tuno mettere in rilievo, avendovi partecipato personalmente grazie ai
rapporti che ho avuto la fortuna di stringere con “Il Professore delle
Erbe Augusto Rinaldi Ceroni”.
Note biografiche
Augusto Rinaldi Ceroni 107
29 dicembre 1938 - si sposa con Vittorina Vivoli che gli darà tre figlie:
Gabriella, Paola e Tiziana
> Bere vino fa sprizzare salute e allegria dai pori, soprattutto il friz-
zante tipo Trebbiano.
Miele: noto come “Nettare degli dei”: favoloso prodotto delle api
conosciuto fin dai più antichi tempi e formato dalla elaborazione degli
elementi naturali bottinati sui fiori delle piante.
Alimento complesso, ricco di proprietà nutrizionali e dietoterapeutiche.
Dà grande energia all’uomo e pertanto merita il primo posto nell’ali-
mentazione degli sportivi; è utile al fegato e potenzia la difesa dell’or-
ganismo contro le malattie infettive per l’azione protettiva e disintossi-
cante; è di facile digeribilità e attenua l’ostinata stitichezza, contiene
glucosio e fruttosio, pochissimo saccarosio; è permesso, in dosi mode-
rate, ai diabetici (miele di acacia e di castagno); agisce positivamente
sul sistema nervoso e sull’attività mentale; ricco di sali minerali e di
vitamine, ha una buona azione antianemica.
17. Erba cipollina: erba fine con sapore delicato e aroma ineguagliabile,
ha poteri digestivi e diuretici, utilizzato in salse, insalate,
minestre, uova, formaggi, carni e pesce. Pianta perenne con
possibilità di coltivazione in vaso. Sapore piacevole e fresco,
effetto stimolante dell’appetito, dà armonia e benessere.
24. Malva: usata molto dai romani per farne minestroni e zuppe.
Effetto rinfrescante, disinfiammante dello stomaco e dell’intestino,
carminativa, consigliata nella cistite, considerata pianta lassativa.
32. Pimpinella: erba fine nota come pianta del buon umore, ipotensiva,
si trova anche in inverno e non dovrebbe mai mancare nelle
insalate, sapore salino, fresco e gradevole, capace di aumentare
l’appetito.
Nociato
Ingredienti:
le noci usate per il nocino
1 l. di vino bianco secco o di vermut
Preparazione:
nello stesso contenitore dove è stato preparato il nocino, dopo aver
tolto l’alcool, ricoprire le noci con il vino o il vermut, lasciare riposare
per1 settimana filtrare, conservare in luogo fresco e servire come aperitivo
Biscottini al coriandolo
Ingredienti:
400g. di farina 00
200 g. di zucchero
220 g. di burro
2 uova
1 cucchiaio di semi di coriandolo tritati
la buccia grattugiata di un limone
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale
Preparazione:
impastare insieme la farina con il lievito, la zucchero, il sale,
la buccia del limone, le uova, il burro ammorbidito, il coriandolo far
riposare in frigorifero per 1/2 ora, stendere la pasta con il matterello,
ritagliare delle formine. Ungere e infarinare una teglia disporvi
i biscotti e far cuocere in forno caldo a 175° per 15/20 minuti