Il documento di Radiocarcere sulla crisi della giustizia sintetizza in modo
chiaro le questioni più rilevanti. Potrebbe essere integrato con alcune
riflessioni. Una sullo stato di drammatica crisi di efficienza della giustizia determinata dal taglio di fondi. II Tribunale di Iglesias, ad esempio, si regge solo sui giudici onorari (La Stampa del 25 settembre) ai quali peraltro una circolare del Ministero della Giustizia ha dimezzato le retribuzioni. Occorre inoltre avviare un’analisi sulla parte di responsabilità che grava sull’avvocatura. Nella seconda edizione del suo importante libro sulla professione d’avvocato, Guido Alpa, presidente del Consiglio Nazionale Forense, dopo aver ricordato che gli avvocati in Italia sono 200.000 (uno ogni 300 abitanti, compresi gli infanti, aggiungo io), sottolinea la necessità di una riforma della professione forense. Nel programma per una giustizia efficace e moderna questo tema non dovrebbe essere trascurato. La crisi, infine, non ha le stesse dimensioni dovunque. Nel distretto di Corte d’Appello di Bari, ad esempio, un processo civile dura in media 639 giorni, in quello di Campobasso 368 giorni, in quello di Milano 261 giorni. Alcuni uffici giudiziari, nonostante la mancanza di fondi e la confusione normativa, funzionano bene ed ottengono prestigiosi riconoscimenti internazionali (tribunale civile di Torino, procura della Repubblica di Bolzano, ad esempio). Sarebbe il caso studiare i moduli organizzativi degli uffici che funzionano meglio per estenderli a tutti gli altri. Sintetizzo qui di seguito le mie considerazioni critiche su alcune delle proposte di Radiocarcere. Generale eliminazione dell’appello avverso la sentenza di proscioglimento. La Corte Costituzionale ha già dichiarato incostituzionale la legge approvata nella XIV Legislatura che prevedeva appunto la non impugnabilità di tutte le sentenze di proscioglimento. La Corte non ha chiuso totalmente la porta ad un provvedimento del genere e quindi si potrebbe ritornare sul tema; ma in modo certamente diverso dal passato, soprattutto delimitando rigorosamente i casi del divieto di impugnazione. Valutazione della professionalità dei magistrati. Non può fondarsi, come pare emergere dal documento, sull’esito del processo. Chi ci dice che l’appello o la Cassazione abbiano sempre ragione quando modificano le decisioni emesse dal giudice precedente? E non si può costituire in questo modo una remora professionale alla modifica delle decisioni? Come si valuta il giudice collegiale? Inoltre, se si vuol cancellare l’impugnazione delle sentenze di proscioglimento, questo vuol dire che verranno sottoposte a valutazione i magistrati che emettono sentenze di condanna? Il lavoro del giudice è troppo serio per poter essere sottoposto a valutazioni pigramente quantitative. A me pare condivisibile la valutazione quadriennale del lavoro di ciascun magistrato, oggi prevista dall’ordinamento giudiziario. Obbligatorietà dell’azione penale. Le conseguenze inflazionistiche della obbligatorietà dell’azione penale potrebbero essere temperate rinunciando al ricorso inflazionistico al diritto penale per governare fenomeni di massa, dalla prostituzione alla immigrazione. Utile sarebbe, inoltre, estendere i casi di perseguibilità a querela e inserire come clausola generale quella della non punibilità per i casi di non lesività o ridotta lesività del fatto, clausola già prevista per i delitti commessi dai minori e per quelli di competenza del giudice di pace. Sono inoltre favorevole ad un sistema fondato sul principio per il quale il Parlamento esprime il parere sulle priorità indicate dai Capi di Corte per ciascun distretto e controlla successivamente che i criteri siano stati osservati. Separazione delle carriere. La separazione delle carriere o è il presupposto per giungere al controllo politico del pubblico ministero, oppure ha lo scopo di costituire un corpo di magistrati, separati da tutti gli altri e autogovernati. Nel primo caso la contrarietà è determinata dai rischi connessi, in un sistema come il nostro, all’uso politico del processo penale. Nel secondo caso si darebbe vita ad un corpo di superpoliziotti, corporativo e privo di controlli. In Portogallo c’è questa situazione; è considerata grave per gli equilibri costituzionali e pericolosa per le garanzie dei cittadini. Per lo stesso motivo considero un errore la costituzione nel CSM di una sezione per i p.m.. PM e polizia. Deve essere chiarito in modo inequivoco che il p.m. raccoglie e riceve le notizie di reato , ma non può ricercarle. Questo è il compito della polizia amministrativa. La polizia giudiziaria deve restare, come oggi, alle dipendenze del p.m. Un buon modello per i rapporti tra p.m. e polizia giudiziaria è indicato, a mio parere, dalle norme sul giudice di pace.