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Cenetta da panico

“…proseguiamo con del prosecco, zuppa di giusquiamo e sedano rapa con salsa di fenicottero…”
Phil guardava soddisfatto la moglie, tutto gongolante. La moglie manteneva invece un
atteggiamento guardingo e scacazzone.
Entrambi erano paffuti, ma solo lui portava gli occhiali tondi.
“Che delizie!” disse mellifluo Phil. Intanto che il cameriere serviva la zuppa di giusquiamo, egli
intavolò con la moglie una conversazione sul proprio lavoro, passando poi a parlare della loro unica
figlia, che doveva essere uscita, quella sera, con qualche giovinastro.
Ma la moglie non lo cacava e assaggiava stizzita le pietanze.
Ad un tratto Phil ebbe un attacco d panico. Ultimamente aveva iniziato ad avere queste improvvise
manifestazioni di ansia inspiegata e totale; questa sembrava tosta…
“Di nuovo…” pensò “cristo cristo pensa ad altro pensa ad altro…cavolo Phil, va tutto bene, va tutto
bene, calmati Phil!” L’unica cosa di cui era sicuro in quel momento, però, era di voler uscire da
quella situazione. Ma come fare? Tutta quella gente, e sua moglie, sempre pronta a fare scenate in
pubblico… andare in bagno e poi…sì…
“Vado in bagno” disse alla moglie alzandosi di scatto dal tavolo col sedano rapa.
Entrò nel piccolo bagno della trattoria “Alla Vecchia Nutria” e si chiuse premurosamente dentro. Si
vide allo specchio, respirò: non aveva una bella cera…ma si calmò. Si risciacquò la faccia. Poi
pisciò. Poi si lavò le mani. Poi uscì e si ritrovò LI’! Rientro subito in cesso, ansimando.
Dopo venti minuti la moglie si stufò e fece portare gli altri piatti. Scoprì che mangiare al ristorante
senza suo marito che diceva le sue stronzate era fico. Mangiò come una lurida, bevendo di gusto.
Alla fine, dopo il profitterol e il digestivo, sbronzetta, andò a chiamare il marito.
Phil intanto era seduto sulla tazza del cesso: piangeva, con la testa fra le mani e i gomiti sulle
ginocchia.
A un certo punto Dolores vide avvicinarsi un giovanotto molto ben piantato coi capelli ricci neri e la
faccia da pugile.
“Che, ce sta qualcuno ar cesso?”
“Mio marito, penso…” disse Dolores, intimidita ed allo stesso tempo focosamente attratta dalle
possenti membra del camionista.
“So’ddu ore che c’ho d’annà ar cesso, checcazzo…Aò, me senti? Famme entrà! Signora, ma
checcazzo ce fa su marito dentr’ar cesso? Da ddu ore ce stà…Macchè! Nun esce!”
“Mah, non so proprio neanch’io…Mi ha lasciato tutta la cena a me…”
“Beh, a lei gli è annata bbene. Ma chè, nun starà mica male?”
“Oh santo cielo! Che facciamo?” Dolores sentiva nascere una sorta di torbida complicità col
giovanottone; del marito, in reltà, non gliene importava nulla.
“Ce penso io, signora! Aò, a brutto fio de na mignota!! L’hai capito che cc’hai da uscì?! Se no entro
io e te spacco tutte l’ossa una add una!”
La serratura scattò, la maniglia, lentamente, girò.
Phil uscì, pallido, e guardò intimorito il camionista.
“Beh, sei vivo, per fortuna. Ma ti sembra il modo di far aspett…”
-SSCIAF!!!- Il camionista iniziò a malmenare il povero Phil, che reagiva proteggendosi con una
salvietta asciugamani.
Tornando alla macchina Dolores disse: “Bè, però l’avevi fatto aspettere, poverino, doveva anche lui
fare pipì.”
Caro dario,quanto rompi!

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