Вы находитесь на странице: 1из 6

Evoluzionismo (scienze etno-antropologiche) L'evoluzionismo, nelle scienze etnoantropologiche, un approccio teorico che vede le varie culture umane collocate

e in differenti stadi evolutivi. I diversi stadi evolutivi possono essere rapportati a quelli deniti dalla legge dei tre stadi di Auguste Comte. stato nella seconda met dell'Ottocento, quando l'antropologia (o etnologia) si affermata nel mondo accademico, il paradigma teorico dominante. Nel Novecento viene soppiantato da altri approcci che negano alcuni elementi basilari della visione evoluzionistica. Una parte minoritaria della comunit scientica, prevalentemente negli Stati Uniti, ritiene tuttora valida la teoria evoluzionistica della cultura. Questi studiosi sono stati spesso deniti neoevoluzionisti. La teoria evoluzionistica classica I primi antropologi riconosciuti come scienziati furono britannici e americani. Studiosi come Edward Burnett Tylor e James Frazer in Gran Bretagna si occuparono dell'argomento lavorando soprattutto su materiali raccolti da altri, di solito missionari, esploratori, o ufciali coloniali, e vengono spesso deniti "antropologi da poltrona". Negli Stati Uniti, fu Lewis Henry Morgan il primo grande antropologo. Egli concentr la ricerca sui nativi americani, stabilendo con alcuni di essi rapporti molto profondi. Questi etnologi erano interessati in modo particolare nelle motivazioni per cui i popoli che vivevano in diverse parti del globo avessero credenze e pratiche simili. Tutti fondavano la loro teoria sulla convinzione dell'esistenza di un progresso nella storia dell'uomo. La storia della societ umana era vista come il prodotto di una sequenza necessaria di stadi di sviluppo sempre pi complessi, culminante nella societ industriale di met Ottocento. Le societ contemporanee pi semplici non avevano ancora raggiunto gli stadi culturali pi elevati del progresso e potevano essere ritenute simili alle societ pi antiche. In questo quadro si cercava di dare spiegazione di comportamenti e usanze ritenute altrimenti insensate: sarebbero state sopravvivenze di precedenti stadi culturali. In questo paradigma teorico, i popoli "selvaggi" sparsi sui vari continenti possono illustrare le condizioni di vita degli uomini preistorici, antenati della nostra civilt. Per cui le societ non europee venivano viste come dei "fossili viventi" di stadi di evoluzione sorpassati dalla civilt occidentale e che potevano essere studiati per gettare luce sul passato di quest'ultima. Quest'approccio teorico implicava una contrapposizione alle teorie razziste che sostenevano vi fossero differenze razziali e biologiche tra i vari popoli. Per gli antropologi evoluzionisti la specie era unica e non vi sono differenze biologiche tra i vari gruppi per quanto riguarda le abilit mentali. Per questo era possibile per ogni gruppo sociale percorrere le tappe che lo avrebbero fatto progredire. Provenienze dell'evoluzionismo antropologico Nella teologia medioevale si affermava una scala dell'esistenza alla sommit della quale vi era Dio, poi angeli, esseri umani, scimmie, e via via gli altri animali e piante. Il concetto di evoluzione con connotazioni positive come lo conosciamo oggi si sviluppa nelle scienze morali ed economiche durante l'illuminismo. David Hume e Adam Smith hanno una visione della societ che migliora se stessa se lasciata libera di cambiare il suo assetto produttivo, distributivo e istituzionale. Jean-Baptiste de Lamarck nel 1809 espone la sua teoria evolutiva per la quale i caratteri acquisiti vengono trasmessi ai gli. L'evoluzione darwiniana introduce la selezione dei caratteri pi adatti e rende in breve l'evoluzionismo biologico uno dei pilastri della scienza. Cosiccome era stato inuenzato dagli evoluzionismi dei loso, il darwinismo eserciter grandissima inuenza sulle nascenti scienze sociali ed etnoantropologiche. Correnti evoluzionistiche nelle scienze etnoantropologiche Julian Steward individua tre loni principali (1955): unilineare universale multilineare Evoluzionismo unilineare quello dominante nell'evoluzionismo classico dell'Ottocento. Per questa concezione esiste una linea evolutiva dominante, tutte le societ passano attraverso gli stessi stadi e lo fanno con velocit diverse. Tipici argomenti trattati erano l'evoluzione dell'organizzazione familiare, vista da Morgan come un passaggio da matrilinearit a patrilinearit, o della religione; Frazer individuava nelle fasi in cui c' il predominio della magia, della religione e della scienza i tre stadi che le societ attraversano. Evoluzionismo universale Approccio orito a inizio Novecento, cerca di dare meno importanza ai percorsi evolutivi dettagliati che si cercavano no allora, concentrando l'attenzione sull'individuazione di pi generiche fasi epocali della societ. In seguito Leslie White, negli anni 1940 e 1950, propose una teoria dell'evoluzione della cultura determinata principalmente dalle condizioni tecnologiche. Marshall Sahlins [1], Marvin Harris e altri materialisti culturali ereditarono in parte questa visione. Evoluzionismo multilineare Julian Steward afferm l'idea di diverse linee di evoluzione nelle diverse aree geograche. Importante diviene quindi il rapporto ecologico tra l'ambiente naturale e le tecnologie umane (ecologia culturale). Peter Murdock port avanti un'opera di catalogazione di tratti culturali delle diverse societ, in modo da rendere possibili analisi statistiche per individuare linee evolutive. Neodarwinismo e sociobiologia Nel 1975 Edward Osborne Wilson con la sociobiologia port la genetica all'interno della riessione

socio-antropologica. La cultura sarebbe determinata dai geni e l'evoluzione dei comportamenti sociali e culturali sorgerebbe in continuit con l'evoluzione biologica. Approcci di questo tipo non ebbero fortuna nell'antropologia quanto nella biologia. Harris e Sahlins bollarono la sociobiologia come riduzionismo biologico. Edward Burnett Tylor (Londra, 2 ottobre 1832 Wellington, 2 gennaio 1917) stato un antropologo britannico. Egli vissuto e ha compiuto le sue ricerche durante l'epoca d'oro dell'Inghilterra vittoriana, epoca caratterizzata da notevole sviluppo socio-economico, militare e coloniale oltre che da un clima di crescente ducia nel progresso. Ricerche Il concetto di cultura Nel 1871 Edward Tylor pubblic il saggio Primitive Culture in cui in apertura presentava la prima e pi importante denizione sistematica del concetto di cultura. Essa recita: La cultura, o civilt, intesa nel suo ampio senso etnograco, quellinsieme complesso che include la conoscenza, le credenze, larte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacit e abitudine acquisita dalluomo come membro di una societ. Come si nota, Tylor mantiene in questa denizione anche il termine civilt, che spesso usato come sinonimo di cultura e altre volte invece usato nel suo senso specico diverso da quello di cultura. La cultura designa per Tylor due fenomeni distinti: Cultura come soggetto storico dellevoluzione umana; Cultura come particolare patrimonio collettivo di un gruppo umano. Tylor utilizza nel testo il termine civilt per intendere il processo di evoluzione culturale dellumanit che ha il suo fondamento nellidea di Herbert Spencer di uno sviluppo unilineare dal semplice al complesso. Quando invece si discute di scenari pi locali e ristretti, come quelli di una trib o di un popolo, Tylor usa il termine cultura. A questo livello il riferimento non Spencer ma Gustav Klemm che fu il primo a conferire al termine cultura il signicato di insieme di costumi e credenze (non si dimentichi che Klemm era esponente del romanticismo tedesco e guardava con sospetto agli ideali illuministici insiti nel concetto di civilt e civilizzazione). Nella denizione che Tylor d di cultura, essa designa non un dover essere che si pu rintracciare nel concetto di civilt ma un modo di essere collettivo. Lopposto di cultura, intesa nel senso tyloriano, il concetto di natura. Essa universale perch la base delluguaglianza di tutti gli uomini, uguali appunto perch condividono lo stesso patrimonio genetico e lo stesso destino biologico. Se la natura universale, la cultura particolare; e non a caso Tylor enfatizza il ruolo dei costumi e delle abitudini nella sua denizione di cultura, rispetto alla denizione illuminista di insieme di conoscenze (artistiche, losoche, giuridiche): larte, la morale, sono universali, laddove i costumi sono quanto di pi particolare e locale esista. Nella sua denizione, Tylor pone laccento inoltre sul termine acquisito che rimanda sempre al rapporto di esclusione reciproca tra natura e cultura: la cultura non si trasmette per via genetica, non ereditaria e tale per nascita (come per il patrimonio biologico), ma viene appresa, acquisita appunto, dagli individui nel corso della loro vita, soprattutto nelle prime fasi. Questa acquisizione inconsapevole e si basa sullinterazione sociale, sullimitazione e linferenza: in antropologia il termine che denisce questo processo inculturazione. L'antropologo Alfred Kroeber esplica la differenza tra natura e cultura sulla base del concetto di istinto, laddove listinto qualcosa di inciso internamente in quanto parte del proprio corredo genetico, mentre la cultura qualcosa che viene dal di fuori. Nella sua denizione, inne, Tylor introduce una nozione molto importante, quella cio di insieme complesso. Tutti quegli elementi citati da Tylor costume, arte, morale, credenze ecc. non sono slegati gli uni dagli altri ma costituiscono una totalit organizzata tale per cui la cultura un tutto diverso dalla somma delle parti che la compongono. Con questa denizione Tylor sembra voler sostantivizzare la cultura facendone qualcosa dotato di una propria realt empirica; non una supposizione errata vista la vicinanza di Tylor al positivismo, che lo porta a conferire alla cultura lo status di fatto sociale che Emile Durkheim teorizzer poco pi tardi. Metodologia Per riuscire nella sua analisi, Tylor us il metodo comparativo, di cui fu grande cultore. Attraverso losservazione dei vari popoli e culture, egli cerc di costruire un sistema di classicazione universale dei fenomeni culturali sulla base delle somiglianze tra tratti e istituzioni delle diverse culture. Questa comparazione privilegiava ovviamente le uniformit a scapito delle differenze, cercando poi di disporle per stadi, in ordine probabile di evoluzione; diversamente da altri, tuttavia, Tylor corresse in parte gli inevitabili errori di questo approccio facendo ricorso tra i primi nelle scienze sociali a un approccio statistico: nel suo saggio sulle leggi del matrimonio e della discendenza (1899), egli studi un campione di pi di trecento societ per giungere alle sue conclusioni. Tylor non pu fare a meno di muoversi su un doppio binario: da una parte luso del metodo induttivo per studiare empiricamente gli scenari locali, dallaltra lapplicazione del metodo deduttivo per costruire lo scenario dellevoluzione culturale che non pu essere realizzato sulla sola scorta del materiale empirico troppo vasto per la sua portata. Lapproccio comparativo fu inoltre una scelta obbligata: Tylor non fu un ricercatore sul campo, bench fosse assolutamente convinto dellimportanza di questo metodo di studio, e pur avendo trascorso un paio di anni in giro tra Stati Uniti, Messico e Cuba, egli si bas perlopi su dati di seconda mano. Adesione all'evoluzionismo In base a queste teorie, facile classicare Tylor tra gli antropologi evoluzionisti. Infatti bene ricordare che all'epoca coesistevano due distinti modi di concepire la storia dell'uomo:

La corrente creazionista poggiava sulla convinzione che la storia dell'uomo fosse riconducibile a un arco di tempo delimitato dalla data di creazione del mondo. Ci signicava che l'uomo e la natura fossero identici all'epoca della creazione. I creazionisti individuarono popoli pi primitivi e altri pi civili. Questa tesi era accettata dalla chiesa inglese e dalla sua scienza. La corrente evoluzionista nacque grazie al libro Origine della Specie di Charles Darwin. Gli antropologi evoluzionisti sostenevano che l'uomo e le altre specie si sarebbero trasformate in base ad un processo di mutazioni dovute alla capacit d'adattarsi all'ambiente che avevano fatto evolvere l'uomo sia sicamente che mentalmente. Esistevano per popoli meno sviluppati di altri. Lidea di Tylor, come si visto, quella di una storia dellumanit evoluiva, concepita come una successione di stadi culturali che procedono dal semplice al complesso in vista di un progresso costante. Questo processo unilineare e universale, nel senso che la cultura una sola, unica per tutta lumanit, e le differenze tra culture non sono che stadi diversi della sua evoluzione. Tutta lumanit quindi destinata a percorrere lo stesso cammino e passare per le stesse tappe. Alla base di questo assunto vi era una tesi, sostenuta dallantropologo e grande viaggiatore Adolf Bastian, detta dellunit psichica del genere umano. Sulla base dei numerosi studi compiuti, Bastian giunse alla conclusione che le straordinarie somiglianze tra popoli geogracamente lontanissimi potessero essere spiegate supponendo lesistenza di idee innate, valide e comuni a tutta lumanit, che den strutture di pensiero elementari. In altre parole, non vi sarebbero differenze speciche tra gli esseri umani riguardo la loro vita psichica. Questo concetto aveva di positivo una forte valenza antirazzista per lepoca, essendo una confutazione implicita dellesistenza di differenze innate tra i popoli. Da questa idea, Tylor form la nozione di sopravvivenza per indicare quelle usanze, abitudini e credenze che sono residui di uno stadio evolutivo precedente e che permangono in uno stadio della societ diverso da quello in cui avevano la loro sede dorigine. Le sopravvivenze sarebbero quindi prove che aiutano lantropologo a tracciare il corso che la civilt ha effettivamente seguito, quasi come fossero fossili da cui gli studiosi possono ricostruire il processo evolutivo delle societ umane. Non va tuttavia dimenticato che lo schema evolutivo di Tylor per pi una sorta di modello ideale che un'effettiva realt storica, come invece quella ipotizzata da Lewis Henry Morgan sulla base degli stadi di Comte che suddivide levoluzione della societ in tre stadi selvaggio, barbaro, civile. Ad ogni modo questo tipo di schema evolutivo tyloriano, pur conferendo pari dignit ai primitivi e ai moderni eliminando certi concetti razzisti come quelli di barbari e selvaggi, legittima una concezione della storia allinsegna del progresso in cui forte limpronta eurocentrica. Ponendo lOccidente come modernit, e dunque come apice dellevoluzione culturale, si riconosce a tutti gli altri popoli extra-europei uno status pi basso di evoluzione. La cultura ha avvicinato i popoli, mentre lidea di progresso li ha allontanati sulla base di una rigida gerarchia. Tale etnocentrismo pienamente riscontrabile nella doppia negazione della storia e dellalterit: la storia non pi intesa come un insieme di percorsi costruititi da eventi irripetibili e non riconducibili a leggi determinate, ma vista come un percorso unitario che ha un ne, quello dellevoluzione verso il complesso. Lalterit dei popoli extra-europei negata nella sua specicit, poich le uniche differenze contemplate sono quelle che si collocano su un asse verticale come varianti quantitative dellevoluzione culturale. In questo modo, lantropologia svolge un ruolo di primo piano nella costruzione della modernit. Il concetto di moderno, infatti, non si denisce da solo ma necessit di un termine di riferimento rispetto al quale denirsi per negazione. Proprio perch studia i popoli rimasti arretrati, insabbiati nelle tradizioni e dunque ancora primitivi, lantropologia permette alla modernit di rappresentarsi attraverso la denizione delle societ premoderne. La peculiarit della modernit sta infatti nel riclassicare rispetto a se stesso le epoche e le civilt precedenti, ordinandole e denominandole a partire dalla propria centralit: concetti quali epoca primitiva, medioevo, sottosviluppo e anche post-modernit ne sono gli esempi maggiori. Il concetto di cultura svolge un ruolo chiave in questo processo, essendo la categoria che rende pensabili le alterit rispetto alle quali il moderno si denisce per differenze. Alterit del passato, ma anche del presente: quelle rappresentate dalle societ primitive al di fuori dei conni dellOccidente. Il concetto di insieme complesso teorizzato da Tylor non che un altro prodotto della modernit, laddove la modernit pu essere denita come lepoca in cui domina una ragione forte capace di costruire spiegazioni totalizzanti del mondo. La totalit strutturata rappresenta dallinsieme complesso tyloriano dimostra che ci troviamo di fronte alla proiezione di un paradigma della modernit sul mondo primitivo. Il concetto di insieme complesso frutto della modernit, e nel momento in cui una cultura, per essere riconosciuta, devessere un insieme complesso, essa deve uniformarsi al modello espresso dalla modernit. Gli stadi di sviluppo Nel corso dei suoi studi antropologici, Tylor individu tre stadi di sviluppo che si differenziavano e susseguivano in base all'incremento di conoscenza. Secondo questi studi, esisterebbe infatti un processo continuo per il quale una qualsiasi popolazione tende a diventare sempre pi civile. I tre stadi consistono ne: 1. Lo stadio selvaggio: la popolazione vive prevalentemente di caccia, pesca e raccolta. Stadio caratterizzato da nomadismo. La comunit primitiva non avverte l'esigenza di stabilirsi su di un territorio preciso e si sposta di volta in volta. 2. Lo stadio delle barbarie: la popolazione si dedica all'agricoltura ed all'allevamento degli animali. Le comunit cominciano a raggiungere notevoli livelli di strutturazione sociale (ad es. fanno la loro comparsa i tab come quello dell'incesto). Scompare o cala vistosamente il fenomeno del nomadismo. 3. Lo stadio della civilt, ossia lo stadio che - secondo Tylor - stato raggiunto solo dalle civilt occidentali; lo stadio pi evoluto fra i tre ed uno stadio in cui nasce e si sviluppa l'economia industriale. Poich le societ pi semplici non hanno ancora raggiunto gli stadi culturali pi elevati del progresso, possono essere ritenute simili alle societ pi antiche. quindi possibile che le trib primitive riescano a illustrare le condizioni di vita dei nostri antenati.

Opere Primitive Culture: Researches into the Development of Mythology, Philosophy, Religion, Language, Art and Custom, 1871 Cultura La nozione di cultura appartiene alla storia occidentale. Di origine latina, proviene dal verbo "coltivare". L'utilizzo di tale termine stato, poi, esteso, a quei comportamenti che imponevano una "cura verso gli dei": cos il termine "culto". Il concetto moderno di cultura pu essere inteso come quel bagaglio di conoscenze ritenute fondamentali e che vengono trasmesse di generazione in generazione. Tuttavia il termine cultura nella lingua italiana denota due signicati principali sostanzialmente diversi: Una concezione umanistica o classica presenta la cultura come la formazione individuale, unattivit che consente di "coltivare" lanimo umano (deriva infatti dal verbo latino "colere"); in tale accezione essa assume una valenza quantitativa, per la quale una persona pu essere pi o meno colta. Una concezione antropologica o moderna presenta la cultura come il variegato insieme dei costumi, delle credenze, degli atteggiamenti, dei valori, degli ideali e delle abitudini delle diverse popolazioni o societ del mondo. Concerne sia lindividuo sia le collettivit di cui egli fa parte. In questo senso il concetto ovviamente declinabile al plurale, presupponendo l'esistenza di diverse culture, e tipicamente viene supposta l'esistenza di una cultura per ogni gruppo etnico o raggruppamento sociale signicativo, e l'appartenenza a tali gruppi sociali strettamente connessa alla condivisione di un'identit culturale. Esistono quindi diversi signicati del concetto di cultura: Secondo una concezione classica la cultura consiste nel processo di sviluppo e mobilitazione delle facolt umane che facilitato dallassimilazione del lavoro di autori e artisti importanti e legato al carattere di progresso dellet moderna. Secondo una concezione antropologica la cultura - o civilt - presa nel suo pi ampio signicato etnologico quell'insieme complesso che include il sapere, le credenze, larte, la morale, il diritto, il costume, e ogni altra competenza e abitudine acquisita dalluomo in quanto membro della societ secondo la nota denizione dellantropologo inglese Edward Tylor (da Cultura primitiva, 1871). La cultura in senso antropologico consiste in: Sistemi di norme e di credenze esplicite, elaborati in modi pi o meno formalizzati. Costumi e abitudini acquisite da esseri umani per il semplice fatto di vivere in determinate comunit, comprese quindi le azioni ordinarie della vita quotidiana. Artefatti delle attivit umane, dalle opere darte vere e proprie agli oggetti di uso quotidiano e tutto quanto fa riferimento alla cultura materiale, al sapere necessario per vivere. Le caratteristiche che deniscono la cultura nella concezione descrittiva dellantropologia sono principalmente tre: La cultura appresa e non riducibile alla dimensione biologica dell'uomo. Ad esempio il colore della pelle non un tratto culturale bens una caratteristica genetica. La cultura rappresenta la totalit dell'ambiente sociale e sico che opera dell'uomo. La cultura condivisa all'interno di un gruppo o di una societ. Essa distribuita in maniera omogenea all'interno di tali gruppi o societ. Perch un'azione o un tratto possano essere deniti "culturali" occorre quindi che siano condivisi da un gruppo. Ci per non signica che un fenomeno "culturale" debba essere obbligatoriamente condiviso dalla totalit della popolazione: necessario lasciare spazio per la normale variabilit individuale. Anche per quanto riguarda le variazioni di comportamento tra individuo ed individuo all'interno di una societ, per, possibile individuarne dei limiti circoscritti proprio dalle norme sociali che regolano quel determinato gruppo. Frequentemente gli individui appartenenti ad una determinata cultura non percepiscono la loro condotta regolata da tali norme che impongono quale comportamento sia consentito e quale no. In antropologia l'insieme di queste norme sociali (comunemente chiamate "ideali") vengono denite modelli culturali ideali. Le propriet antropologiche della cultura La Cultura : un complesso di modelli (idee, simboli, azioni, disposizioni) PER e DI: In tutte le culture esiste un modello di (es. pulizia, decoro, legge), un modello attraverso cui si pensa qualcosa. I modelli di generano modelli per, modelli guida al diverso modo di agire operativa: permette un accostamento al mondo in senso pratico e intellettuale e un relativo adattamento ambientale. Permette quindi di passare dall'ideale all'operativit. selettiva: effettua infatti una selezione di modelli funzionali al presente dinamica: si mantiene nel tempo, ma non ssa. Interagendo con altre culture vi sono cambiamenti reciproci. straticata e diversicata: all'interno della stessa societ si notano differenze culturali in base all'et, al genere, al reddito, ecc., e queste differenze condizionano i comportamenti sociali. A seconda delle societ vi inoltre una diversa distribuzione della cultura.

La cultura presenta al proprio interno dei dislivelli. Gramsci, schematizzando, parl di Cultura Egemonica (che ha il potere di denire i suoi conni) e Cultura Subalterna che, non avendo tale potere, non ha possibilit di denirsi. Ad esempio la divisione tra Hutu e Tutsi nata in seguito alla colonizzazione belga. Nella societ moderna, pur essendo presenti differenze culturali su base linguistica ed etnica, esse sono tollerate perch viene favorita l'integrazione culturale tramite l'istruzione obbligatoria e le classi sociali non hanno conni rigidi: Baumann addirittura parla di modernit liquida. basata sulla comunicazione: la cultura nasce infatti da uno scambio costante olistica: (da ols, intero) ed quindi formata da elementi interdipendenti tra loro. Ad esempio vi un legame tra la religione e l'alimentazione di un paese e di conseguenza sull'economia. Secondo alcuni antropologi alcune culture sono pi olistiche perch realizzano meglio questa interdipendenza tra elementi (es. la divisione nelle caste indiane e lo stretto legame tra di esse). porosa: vi sono continui sconnamenti tra le culture ed difcile denire un vero limite, un vero conne tra culture. La Cultura non apparato esteriore della vita. E' consapevolezza pratica legata alla propria esperienza individuale (nihil in intellectu quod non fuerit in sensu) , divenuta anche teorica attraverso una rete concettuale via via pi complessa in base all'apporto del mondo esterno, delle esperienze altrui, di quanto gli autori-aumentatori hanno trasmesso di loro e del loro mondo (della loro epoca). fatto sia individuale che sociale. Sociale per anche in senso negativo: i modelli che provengono dall'esterno, proprio perch si pongono come modelli, ci rendono passivi se ci danno l'illusione di aver trovato il signicato e persino il ne da perseguire. Pi che di imitazione, dinamica ricerca di miglioramento, si tratta spesso di pura e semplice seduzione. Negli aspetti sociali della cultura c' pi apparato esteriore che stimolo alla personalit di ciascuno, pi paternalismo e padreternismo che autentica liberazione. Pi competizione che stimolo al meglio: siamo i primi, siamo gli unici, siamo i migliori. In poche parole c' pi sussiego che autenticit e sviluppo. (Lucia degli Scalzi) Fritjof Capra rappresenta la Cultura di una rete sociale come una cellula con un nucleo culturale pi denito e dei conni porosi. A seconda dei propri valori una cultura pu essere aperta o chiusa, cos come una cellula accetta alcuni elementi ed altri no. In sociologia, inuenzata dagli studi dellantropologia culturale, la sociologia si dedica con particolare attenzione allo studio della cultura. Il contributo di mile Durkheim mile Durkheim, ponendosi il problema del perch la societ mantenga un livello minimo di coesione, ritiene che ogni societ si stabilisce e permane solo se si costituisce come comunit simbolica. Nel suo studio, e in quello dei suoi allievi, hanno una grande importanza le rappresentazioni collettive, cio insiemi di norme e credenze condivise da un gruppo sociale, sentite dagli individui come obbligatorie. Esse sono considerate da Durkheim vere e proprie istituzioni sociali che costituiscono il cemento della societ, consentendo la comunicazione tra i suoi membri e mutando con il cambiamento sociale. Sir James George Frazer (Glasgow, 1 gennaio 1854 Cambridge, 7 maggio 1941) stato un antropologo e storico delle religioni scozzese. La magia tanto un falso sistema di leggi naturali quanto una guida fallace della condotta; tanto una falsa scienza quanto un'arte abortita. (James G. Frazer, Il ramo d'oro (The Golden Bough), traduzione di Lauro De Bosis, Giulio Einaudi editore, 1950.) fondamentale il suo contributo all'antropologia culturale e alla storia delle religioni. Biograa Scrisse Il ramo d'oro, opera monumentale in cui espose la sua teoria sulla magia, intesa come inizio di un complesso percorso che la vede evolversi prima nella religione e poi nella scienza. Denisce la magia come un fenomeno di simpatia tra le cose, capace di instaurare legami per omeopatia, similitudine (come nel caso dei riti vodoo) o contagio (due cose in contatto fra di loro continuano ad avere un inusso l'una sull'altra anche dopo essere state separate). importante anche la teoria che sviluppa a proposito del dio morente, un tema che Frazer individua all'interno di numerose religioni, a partire dagli studi di Wilhelm Manhardt, che vede la divinit coinvolta in una vicenda in cui perder la vita, per poi riacquistarla nuovamente in un momento successivo. Ne sono esempi le vicende mitiche di Osiride, Dioniso, Attis, Adone, Baal, Ges, etc. Il tema centrale da cui si sviluppa Il ramo d'oro la vicenda del Rex Nemorensis, sacerdote di Diana nel tempio di Nemi, sopravvivenza di un antico culto all'interno del contesto storico dell' antica Roma. Secondo l'interpretazione di Frazer, egli agisce sulla natura e sulla fertilit per i suoi poteri simpatici (propri della magia simpatica di sopra) e ha un ruolo sociale fondamentale per la comunit che vi circola attorno. Per difenderne l'integrit sica essa ha stabilito un sistema di tab nalizzato a proteggerlo, mentre l'integrit spirituale viene garantita dal trasferimento simbolico in un'anima esterna (il ramo d'oro). Al sopraggiungere della decadenza sica del re mago, non pi adatto al suo ruolo sociale, la successione viene determinata dall'uccisione rituale del rex nemorensis da parte di uno sdante, che lo deve uccidere in duello dopo aver spezzato il ramo del boschetto di Diana. Secondo il giornalista britannico Henry Noel Brailsford, Frazer ha contribuito a formare il pensiero del Novecento, come Karl Marx e Sigmund Freud, oltre che di Charles Darwin, del quale Frazer si considerava discepolo e continuatore.

Ma proprio il metodo "darwiniano" applicato alla storia delle religioni gli attir le critiche di Ludwig Wittgenstein, secondo il quale Frazer non in grado di immaginarsi un sacerdote che in fondo non sia un pastore inglese del nostro tempo, con tutta la sua stupidit e insipidezza (Ludwig Wittgenstein. Note sul "Ramo d'oro" di Frazer) e poco pi oltre: Frazer molto pi selvaggio della maggioranza dei suoi selvaggi, perch questi non potranno essere cos distanti dalla comprensione di un fatto spirituale quanto lo un inglese del ventesimo secolo. Le sue spiegazioni delle usanze primitive sono molto pi rozze del senso di quelle usanze stesse (Wittgenstein, p. 28.) Lewis Henry Morgan (Aurora, 21 novembre 1818 Rochester, 17 dicembre 1881) stato un etnologo e antropologo statunitense. Fu consulente giuridico di una compagnia ferroviaria e attivo militante del partito repubblicano, che rappresent al Congresso come deputato e, successivamente, come senatore. Visse a lungo tra gli Irochesi e comp spedizioni fra le popolazioni indigene del Kansas, del Nebraska, delle Montagne Rocciose e del Nuovo Messico. La ricerca antropologica Appassionato di antropologia, spese le sue energie nella ricerca, facilitato dall'amicizia con l'indiano Ely Parker(commissario governativo per gli affari indiani durante la guerra civile). Insieme a lui fondo la "lega degli Irochesi"(1851). Avvantaggiato dalla presenza di molte trib indiane nel suo paese, che egli visitava di frequente, partecip alla loro vita, guadagnandosi la loro amicizia: tra queste, la trib degli indiani Seneca, a cui apparteneva Ely Parker, lo adott col nome di "Taydawahguh", "colui che si tiene in mezzo", ossia colui che fa da mediatore tra gli Indiani e i bianchi. Sistemi di consanguineit e di afnit nella famiglia umana (1871) Lewis H. Morgan condivide con Tylor il titolo di fondatore dell'antropologia culturale. La storia umana, secondo Morgan, si sviluppata in tre periodi etnici; lo stato selvaggio, la barbarie, la civilt. Egli suddivide a sua volta questi tre stadi in sette periodi, dallo "stadio selvaggio inferiore"(gli uomini si nutrono di frutta e di bacche), allo stadio civile(uso dell'alfabeto fonetico e della scrittura). All'interno di questa evoluzione, la famiglia ha conosciuto cinque tappe: 1.La famiglia consanguinea, in cui il matrimonio avveniva tra fratelli e sorelle. 2.La famiglia punalua, in cui vigeva il divieto di matrimonio tra fratelli e sorelle. 3.La famiglia sindiasmiana, nella quale le coppie nascevano e si scioglievano spontaneamente. 4.La famiglia patriarcale, in cui l'autorit suprema spettava al capo di sesso maschile. 5.La famiglia monogamica, basata sull'uguaglianza tra maschio e femmina, che si va evolvendo verso la famiglia nucleare. Questi passaggi sono avvenuti a causa del succedersi delle forme di economia, da quella dei cacciatori e raccoglitori a quella dell'industrializzazione moderna. Questo lo dimostr nella sua oper successiva: La societ antica(1877), criticata dagli anti-evoluzionisti, ignorata dai funzionalisti, mentre fu molto apprezzata dalla tradizione Marxista: Engels ne fece l'elogio nell'opera L'origine della famiglia, della propriet privata e dello Stato. Altre opere di Morgan: 1857- Leggi di discendenza tra gli Irochesi

Вам также может понравиться