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FONDAMENTI ETICI DELLA FINANZA ISLAMICA* Antonino Gatto**

1. Introduzione Da pi di trentanni si sta sviluppando nei paesi di religione islamica un sistema finanziario originale, e supposto come alternativo a quello convenzionale, perch fondato sulla negazione della pratica dellinteresse (riba) nelle transazioni finanziarie e, in aggiunta, sul divieto dinvestimento in attivit soggette ad eccesso di incertezza ed ambiguit (gharr) ed in quelle che implichino ricorso alla speculazione e allazzardo (maysir). Ci non significa che il capitale prestato non debba percepire alcuna remunerazione; solo che essa condizionata, in linea di principio, allassunzione da parte del prestatore di parte del rischio dellattivit finanziata. LIslam, infatti, privilegia le forme di finanziamento associativo che prevedano lequa assunzione di rischi e benefici tra prestatore e prenditore, come era pratica corrente ai primi tempi del radicamento della nuova religione. O, al pi, consente pratiche di finanziamento fortemente associate ad un asset tangibile ed identificabile. Si tratta di regole che incuriosiscono e, a prima vista, lasciano perplessi quanti da sempre sono abituati a ragionare secondo la logica consolidata delleconomia dominante. Proprio per questo motivo, in un momento in cui si avverte la tendenza ad un sempre pi ampio meticciato culturale e intellettuale a livello globale e mentre la modernit non sembra pi riconducibile al solo polo della cultura occidentale, appare utile e stimolante uno sforzo di conoscenza della esperienza della finanza islamica. Preliminarmente, come indispensabile quadro di riferimento, saranno richiamati le fonti del diritto musulmano, i valori dellIslam, i principi di uneconomia islamica, di cui i fondamentali divieti di riba, gharr, maysir sono espressione. Segue una presentazione delle tecniche e della evoluzione quantitativo-spaziale della finanza islamica per discuterne, quindi, lo scarto tra ideali e realt. Lobiettivo del lavoro, in particolare, quello di mostrare che la finanza islamica non solo una sintesi di tecniche alternative a quelle convenzionali,
JEL Classification: G2; N2; Z0. Parole chiave: Finanza, Islam; Economia e Religioni.
* Ringrazio Mazhar Hussain e Cem Eyerci per discussioni e commenti e per lassistenza prestatami durante una mia visita al SESRTCIC, Statistical, Economic and Social Research and Training Centre for Islamic Countries di Ankara. ** Universit degli Studi di Messina; e-mail:agatto@unime.it.

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spesso complicate e molto formali, avulsa dal generale sistema di valori di cui parte ed espressione, per come, spesso, rappresentata. Peraltro, da ritenere che essa, per avere un senso e risultare credibile, dovrebbe rappresentare loriginale tassello del disegno pi complessivo di uneconomia anchessa alternativa, secondo lo spirito dei principi dell Islam. La realt, per contro, rimanda limmagine di unesperienza certamente interessante e meritevole di attenzione, per le suggestioni etiche e le potenziali attitudini alla stabilit che la caratterizzano, ma che ancora non sembra essere pienamente conseguente alle premesse che ne hanno determinato e motivato la nascita. Il dubbio se per qualificare come islamica una istituzione sia sufficiente il semplice e formale rispetto delle norme islamiche, in assenza di una riforma della mentalit e di un cosciente e condiviso orientamento alle finalit superiori, in uno scenario spesso fuorviante di ingiustizia e di ipocrisia. Finendo, cos, col duplicare le istituzioni convenzionali che si intende superare, mediante il semplice condimento di una modesta e cosmetica dose di etica islamica e, tuttavia, mantenendo il medesimo orientamento produttivistico e tecnocentrico. Mancando, nei fatti, di mettere le tecniche al servizio di una prospettiva umana di sviluppo economico e sociale diversa da quella del modello convenzionale e prevalente, per come i suoi primi teorici auspicavano. 2. Le fonti del diritto islamico LIslam non solo una religione. anche una civilizzazione. Secondo la formula delle tre D: Dn, Duniya wa Dawla, (Religione, Mondo, Stato) insieme, legge, morale, stile di vita, cultura (Balta, 1995, p.41). , dunque, una concezione integrale della vita e del destino umano; un codice generale di condotta che regola non solo le relazioni tra uomo e Dio ma anche quelle con la natura e tra gli uomini, secondo quanto rivelato nel Corano e nella sunna (Branca, 1995; Halm, 2003). Il Corano, il libro sacro per i Musulmani, diviso in 114 testi (sure), o capitoli, ciascuno formato da un certo numero di versetti (ayat). Si distinguono le sure della Mecca, che riguardano aspetti spirituali e principi di fede e le sure della Medina, (i capitoli rivelati alla Medina durante lesilio di Maometto), che riguardano aspetti attinenti al temporale, ai rapporti umani, alleconomia, alla giustizia sociale alla politica regolando in senso lato lorganizzazione della societ. Il Corano proclama, tuttavia, solo delle enunciazioni di carattere generale che trovano completamento in altre fonti tra cui la sunna. La sunna, o tradizione del Profeta, linsieme di atti e detti (hadith) che confermano, spiegano, completano il Corano. la seconda fonte perch il Profeta lesempio da seguire e la norma che ispira il comportamento indivi50

duale e quello sociale. Egli incarna, infatti, i valori ai quali ciascun musulmano aspira. Vale a dire la forza, intesa come potenza della fede; la generosit, nella sua accezione di carit e di perdono; la serenit, ovvero la capacit di trascendere il mondo terreno. Le due fonti rappresentano la base della giurisprudenza islamica (sharia), che la risultante dellijtihad, ovvero della interpretazione continua della dottrina religiosa effettuata dagli Ulema(dottori della legge islamica). Quando, infatti, un preciso problema non contemplato dalle due fonti maggiori demandata agli Ulema una interpretazione e nella misura in cui si trova un consenso il caso far giurisprudenza (fiqh). La sharia comprende due categorie di leggi. Quelle che concernano i cinque pilastri (comandamenti) dellIslam: la testimonianza dellunicit di Dio, le cinque preghiere quotidiane, il digiuno durante il mese del Ramadan, la tassa islamica di carit (zakt), il pellegrinaggio alla Mecca. Quelle, poi, relative alle attivit politiche, economiche e sociali. il caso di osservare che se le fonti sono comuni, la loro interpretazione, pi o meno rigorista, soggetta a qualche dissenso. Al riguardo, si ricordano la scuola malikita, la scuola hanafita, la scuola hanbalita, la scuola Chafiita, dal nome dei grandi giuristi che le hanno ispirate. In ogni caso, per, le differenze non riguardano le credenze e lessenziale della religione quanto, piuttosto, le modalit delle pratiche dellIslam. Nel 1981 nellambito della Organization of the Islamic Conference stata creata la Islamic Fiqh Academy, con sede in Arabia saudita, unanimemente riconosciuta come unimportante autorit nellinterpretazione. 3. Ideologia e valori dellIslam Le fonti del diritto islamico, il Corano e la sunna in particolare, determinano, quindi, la cornice di valori, norme, leggi che modellano le istituzioni a cui sono tenuti a conformarsi i singoli musulmani. Presupposto e fondamento la Professione di Fede col riconoscimento della Unicit e Unit del Creatore e della Verit del profeta Muhammad, da cui consegue laccettazione, in conformit ai precetti della sharia, di un agire umano sinergico rispetto ad una prospettiva (una speranza) di ricompensa futura (ultraterrena), secondo principi di uguaglianza tra gli uomini, di solidariet, di giustizia ed equit, di fiducia, di armonia, di equilibrio, di responsabilit, nellobiettivo della cooperazione alla costruzione di quella che pu essere considerata una strategia di sviluppo umano-centrica, capace di promuovere la giustizia economico-sociale ed il benessere di tutte le creature di Dio: un riconoscimento che non pu restare atto formale ma che richiede, quindi, una attiva risposta. 51

Lidea base che lintero universo creato da Allah e che luomo ha il mandato di suo vice-gerente (vicario) con lobbligo di obbedienza allo spirito e alla lettera dei suoi comandi. In tal senso, pi che altre religioni, lIslam detta le linee guida per ogni aspetto della vita, inclusa evidentemente anche quella economico-sociale. La sfera di azione delegata alla ragione umana, in effetti, non illimitata. Tali comandi, infatti, non sono tanto estesi ed esaustivi da coprire in dettaglio ogni manifestazione delle attivit umane e, tuttavia, non sono nemmeno cos limitati ed ambigui da lasciare piena libert dazione. Tra questi due estremi, ci sono attivit e comportamenti che possono essere governati secondo la ragione umana, ancorch nei limiti prescritti dai precetti. Altre aree, compresi molti aspetti dellambito economico-sociale, sono soggette, secondo interpretazioni piuttosto radicali, a principi che hanno eterna applicazione e che, quindi, non possono essere violati (Usnami, 2004, pp.15 e ss.). Anche se, al riguardo, si aprono promettenti prospettive di lettura innovativa dei Testi (Ramadan,2009). Il discrimine, rispetto ad altre religioni, sembra proprio la maggiore cogenza nel rispetto delle linee guida definite dallIslam con la difficolt, quindi, di una netta distinzione tra sacro e profano, e la conseguente e particolare enfatizzazione della natura sociale e collettiva dellazione umana (Bichards e Waterbury, 2008, pp. 372-378). Sicch, in quella tradizione, non sarebbe concepibile, ad esempio, il mito di Robinson Crusoe caro allapproccio economico neoclassico. Luomo islamico consapevole ed accetta di avere con Allah una relazione come da servitore a signore, investito, tuttavia, della responsabilit di sviluppare il proprio potenziale al servizio della creazione di un ordine sociale giusto, nella consapevolezza della transitoriet e della strumentalit delle cose terrene e avendo come stella di riferimento, nel proprio agire, la sua meta finale. Certo della costante presenza al suo fianco di Allah, vicino alluomo pi della sua vena giugulare (Corano,L,16), fiducioso nella doppia ricompensa: prosperit qui ed oggi, salvezza domani. suo impegno, pertanto, di discernere in ogni suo atto (anche economico) la dimensione individuale da quella collettiva, laspetto spirituale da quello temporale, in un potenziale processo dinamico di ricomposizione dei rapporti sociali (Campanini, 2009, pp. 149-59). Nella convinzione, tuttavia, che ogni azione potenzialmente spirituale nella misura in cui conforme al sistema di valori dellIslam. In questa visione, lIslam incoraggia il lavoro, il profitto lecito, in quanto frutto di operosit e di assunzione di rischio, ogni uso produttivo della ricchezza; raccomanda che luomo daffari oltre che dallaspettativa di profitto sia motivato anche dal desiderio di servire la sua comunit. Considera virt importanti la moderazione, lindulgenza, la fratellanza, lamicizia sul lavoro mentre biasima i comportamenti iniqui e disonesti. Singolare, al riguardo lesortazione allonest nei traffici: date giusta misura e giusto peso, non fro52

date la gente nelle loro cose (Corano, VII, 85); Guardatevi dal trasgredire lequa bilancia (LV, 8-9); guai ai frodatori sul peso (LXXXIII, 1-3). Ribadisce luguaglianza tra gli uomini, intrinsecamente identici agli occhi di Dio (Corano, II, 62 ; Cfr. Sachedina 2001, pp. 23-24). Altrettanto importante considerato laiutare il prossimo senza aspettarsi nulla in cambio. Ai ricchi, ad esempio, lIslam prescrive esplicitamente di soccorrere chi versa in condizioni di bisogno e, forse, non un caso che i maggiori avversari della nuova religione siano stati, a suo tempo, i mercanti della Mecca mentre la maggioranza dei primi adepti era formata dai poveri e dai pi bisognosi, compresi vedove e schiavi. Assumendo, il Corano, la densa tradizione profetica che individua vedove, orfani e stranieri come paradigma dei pi deboli nella societ (Thomas, 2003, pp.1-6). Significativamente, riferita, al riguardo, la concreta attuazione del principio di solidariet da parte di Maometto, a Yeshreeb, divenuta Mdina, mediante i cosiddetti patti individuali di fraternit conclusi tra gli autoctoni della citt e gli immigrati provenienti dalla Mecca. Con tali patti i residenti, infatti, condividevano coi nuovi fratelli arrivati parte delle ricchezze per consentire loro lesercizio di attivit economiche (Dram, 2004): una concreta attuazione del principio della destinazione universale dei beni , non a caso condiviso da non pochi Padri della Chiesa (Mosso 1988, p.4); un segno del potenziale rivoluzionario del nuovo insegnamento ed un singolare e antesignano esempio di messa in atto dei valori di fraternit e di reciprocit, non a caso assunti, nella pi recente riflessione critica ispirata ai valori cristiani, come fondamento di una rifondazione delleconomia (Benedetto XVI, 2009; Zamagni e Bruni, 2004; Zamagni, 2009). LIslam sollecita, quindi, la solidariet, la giustizia, lequit, la trasparenza, il primato del lavoro e dello spirito dimpresa, tutti elementi fondanti del codice di buona condotta di un musulmano. Rappresenta, in tal senso, un messaggio di novit e di liberazione, soprattutto per i pi poveri (Cfr. Ahsan, 2004). scritto: Invero inviammo i Messaggeri affinch gli uomini osservassero lequit (Corano, LVII, 25) e, ancora, O voi che credete, siate testimoni sinceri davanti ad Allah secondo giustizia. Non vi spinga alliniquit per un certo popolo. Siate equi: lequit consona alla devozione (Corano, V, 8). Lobiettivo sempre quello di conciliare spirituale e temporale e di promuovere lunit e la coesione della societ, per una comunit equilibrata, economicamente sicura ed etica (Corano, II, 3). Anche perch, lignoranza, la disoccupazione, la povert sono considerate condizioni che possono influire negativamente sulla condotta morale dei singoli e sulla stessa preservazione della fede (Askari e Taghvi, 2005, p. 184). Altro concetto-chiave che ogni profitto giustificato solo se deriva da una attivit produttiva lecita (halal) ed conseguente ad una adeguata assunzione di responsabilit e di rischio. Incoraggiato , in tal senso, lo schema del profit and loss sharing (PLS). Sono considerate illecite (haram) e, quindi, 53

vietate, oltre alle attivit che contengono elementi di riba, gharr, maysir, tutte quelle che comportino un degrado della dignit umana, e quelle legate al gioco e allazzardo,alla produzione e distribuzione di liquore, di tabacco, di armi,di carne di maiale.

4. Principi economici dellIslam Dal riconoscimento per la comune origine della famiglia umana e dallaccettazione, per il buon musulmano, del suo doveroso impegno per il consapevole uso dei beni, di cui solo gestore, e che, quindi, deve utilizzare e salvaguardare al meglio per il proprio benessere ma anche per quello della collettivit, derivano i criteri che organizzano lattivit economica, che possono essere riassunti nei principi di responsabilit, di sobriet, di giustizia. Il ruolo, la posizione, la missione delluomo sono descritti as istihlaf, that is fulfilling Gods will on eart, promoting what is good, forbidding what is wrong, establishing justice (adl) and promoting beneficence (ihsan), resulting in attaining high levels of good life (hayat al-tayyebak) both individual and collective (Ahmad, 2003, p. 193). In questo quadro, si segnalano i seguenti principi economici. 4.1. Propriet privata e ricchezza riconosciuta la propriet privata ma con divieto di poterne disporre in modo esclusivo ed assoluto, essendo linteresse individuale protetto fino a che non entra in conflitto con quello generale della comunit. Altrettanta consapevolezza richiesta nellimpiego della ricchezza che, come un flusso vitale, va di continuo reinvestita per il maggior benessere della societ. In un misto di potere ma anche di responsabilit, secondo un approccio che oscilla tra gradualismo e pragmatismo (Baker, 2003). Di conseguenza, lIslam scoraggiata la tesaurizzazione (Corano, IX, 34) (per incentivare lattivit imprenditoriale e la propensione al rischio). scritto, infatti: Guai ad ogni diffamatore maldicente, che accumula ricchezze e le conta; pensa che la sua ricchezza lo render immortale? (Corano, CIV, 1-3). La sottrazione di denaro dal circuito economico , quindi, ritenuta dannosa mentre auspicata la fluidit dei flussi finanziari, la liquidit del sistema, la solvibilit degli agenti. Tutti elementi ritenuti utili per il buon funzionamento delleconomia e, quindi, per larricchimento della comunit dei musulmani. Ma richiesta anche sobriet. Per lIslam, infatti, sono sconvenienti lostentazione, lo spreco delle risorse, labuso della ricchezza (Saidane, 2009, pp. 38 e ss.) mentre raccomandata come rilevante, in particolare, lattenzione verso i poveri. 54

4.2. Zakt La cooperazione e la solidariet sono altrettanti aspetti costanti e caratteristici della dottrina islamica. Di esse, una ulteriore specifica espressione e uno dei comandamenti la zakt: Assolvete allorazione, pagate la decima e inchinatevi con chi si inchina (Corano, II, 43). Il termine, normalmente tradotto come elemosina legale ha, in verit, un significato pi ampio. Letteralmente sta per purificazione. Nel senso che solo dopo aver pagato la parte che Dio impone, la ricchezza accumulata diviene pura e lecita: Preleva sui loro beni unelemosina tramite la quale li purifichi e li mondi e prega per loro...(Corano, IX, 103). Ovviamente, oltre a questa funzione di purificazione (anche dallegoismo), la zakt permette al musulmano di contribuire al processo di solidariet e di armonia sociale. dovuta nella misura del 2,5 per cento del valore superiore ad un minimo, fissato tradizionalmente come pari a quello di 85 grammi doro. Lo Stato, di fatto, pu istituire, in aggiunta, altre imposte. La zakt pu essere distribuita sia direttamente che indirettamente. Vanno, quindi, ricordati gli interventi volontari di carit, attraverso organizzazioni benefiche nonprofit, per fornire ai pi bisognosi beni e servizi che il mercato o lo Stato, a causa dei loro fallimenti, non sono in grado di assicurare. Infatti, secondo le aspettative, all people should have equal opportunities, without discrimination, to benefit from environmental and public resources (Ul-Haq, 1995, p. 85). La carit (sadaqa) verso quanti siano in condizioni di bisogno, musulmani e non, da esercitare senza ostentazione e nota a Dio e a nessun altro. In un passaggio, che richiama il Sermone della Montagna, il Corano insegna: Se lasciate vedere le vostre elargizioni, un bene; ma ancora meglio per voi se segretamente date ai bisognosi (2, 271). Simmetricamente, il Papa di Roma ricorda: Dio il difensore dei poveri e ama ciascun uomo per quel che egli e non per quel che possiede o per ci che egli realizza (Mounier, 2010). importante notare che i vari enti di beneficenza godono di una autonoma legittimit per cui non necessitano di approvazione o autorizzazione pubblica. (Iqbal, 1986). Sicch, da ritenere che il terzo settore, con la sua caratteristica di promozione del capitale sociale, abbia le potenzialit per concorrere in modo crescente allo sviluppo socio-economico della comunit. Al solito, tuttavia, la declinazione dei principi in realt piuttosto varia. In alcune situazioni la zakt esercitata su basi volontarie, in altre (Arabia Saudita, Malesia, Pakistan) amministrata dallo Stato, con tassi variabili di evasione in entrambi i casi (Richards e Waterbury, 2008, p. 375). significativo, ad esempio, che la comunit daffari dello Yemen abbia, nel recente passato, esercitato

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lobbyng per labolizione della zakt (Yemen Times, January 12, 1988). 4.3. Lavoro Il lavoro considerato unattivit elevata al pi alto rango in quanto valutato come espressione della stessa fede. Basti dire che per il Profeta il lavoro adorazione ed il Corano menziona la parola al amal (in senso lato lavoro) in pi di 360 versetti mentre un concetto analogo (al-fil) ricordato in altri 109 versi (Iqbal, p. 40). Per questa enfasi sul lavoro lIslam considerato lideologia della pratica e la pratica dellideologia e, quindi, una religione dellazione. Lavorare non solo un diritto ma anche un dovere ed un obbligo. Ciascuno, pertanto, esortato a lavorare per guadagnarsi da vivere mentre condannata ogni forma di pigrizia o di disoccupazione volontaria (Zamir e Miraklor, 2007, p. 40). Tuttavia, quanti hanno un legittimo impedimento ad esercitare unattivit conservano un diritto su quanto la societ produce, secondo il principio dellinvariant claim to ownerschip, per cui ogni essere umano mantiene un diritto sulle risorse fornite da Allah a beneficio di tutti i membri della societ. 4.4. Trasparenza e completezza dei mercati Particolare rilievo, per il buon funzionamento delleconomia, riservato alla completezza dei contratti e alla trasparenza delle transazioni, conseguenti ai prescritti valori di sincerit e fiducia:
O voi che credete recita il versetto 282 della Sura II quando contraete un debito con scadenza precisa, mettetelo per iscritto; che uno scriba tra di voi lo metta per iscritto, secondo giustizia. Lo scriba non si rifiuti di scrivere secondo quel che Allah gli ha insegnato: che scriva dunque e sia il contraente a dettare, temendo il suo Signore Allah e badi a non diminuire in nulla. Se il debitore deficiente, o minorato o incapace di dettare lui stesso, detti il suo procuratore secondo giustizia. Chiamate a testimoni due dei vostri uomini o in mancanza di due uomini, un uomo e due donne tra coloro di cui accettate la testimonianzaNon fatevi prendere da pigrizia nello scrivere il debito e il termine suo, sia piccolo o grande. Ed ribadito, nel successivo versetto 283: Se siete in viaggio e non trovate uno scriba, scambiatevi dei pegni. Se qualcuno affida qualcosa ad un altro, restituisca il deposito al depositario e tema Allah il suo Signore.

La fiducia, che rappresenta uno degli ingredienti caratteristici del capitale sociale di una comunit, considerata come attitudine connaturale al credente in quanto riflesso ed espressione della particolare relazione di fede che lo lega ad Allah. Per cui lessere fedele alle promesse, ai contratti, diviene impegno conseguente alloriginale patto tra uomo e Dio (Corano, 56

VII, 172). Lo stesso Maometto ha ribadito: Maintaining promises perfectly is a sign of faith (Zamir e Miraklor, 2007, p. 37). 4.5. Lo Stato Allo Stato affidato il compito di motivare il settore privato a svolgere il proprio ruolo senza trascurare il benessere sociale, mediante incentivi ed appropriate riforme politiche e istituzionali, nellintento di umanizzare il mercato e attenuarne le iniquit. In tal senso, demandato allo Stato di operare in modo che siano assicurati: a) il soddisfacimento dei bisogni di base per tutti, ivi compresi i servizi sanitari e listruzione; b) pari opportunit per tutti, mediante lefficiente funzionamento dei mercati, il contrasto della concentrazione della ricchezza, la riduzione delle ineguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza e vigilando che la ricchezza non diventi strumento di dominio delluomo sulluomo; c) la massima libert nel perseguire leccellenza morale; d) il perseguimento della stabilit e dello sviluppo economico nella misura necessaria per realizzare i sopradetti obiettivi; pi in generale, la solidariet e la coesione sociale. Biasimando, lIslam, il tesoreggiamento e laccumulazione eccessivi, particolarmente raccomandato il contrasto del monopolio per favorire la concorrenza. Lo Stato, quindi, pu ricorrere a forme di finanza espansiva come strumento di promozione della crescita economica (Askari e Taghvi, 2005, pp. 189-190) anche se, in generale, sconsigliato lindebitamento eccessivo. Un principio, questo, che vale anche per le imprese, in quanto condizione ritenuta pi favorevole alla stabilit auspicata dai principi coranici.

5. Prime considerazioni Il riconoscimento della propriet privata e delliniziativa economica individuale, lenfasi posta sulla dignit del lavoro e la giustizia, sulla sobriet e la responsabilit verso gli uomini e la natura; la condanna di ogni forma di arricchimento non legato allesercizio di unattivit reale e, quindi, alla assunzione di rischio; lincoraggiamento, quasi la obbligatoriet dellinvestimento produttivo nella prospettiva di un profitto; fanno ritenere che il sistema economico islamico riconosca la legittimit della competizione e del sistema di mercato a condizione, tuttavia, che siano esercitati sotto il vincolo del filtro dei valori morali dellIslam. Il sistema islamico, pertanto, si potrebbe configurare come uneconomia socialmente responsabile, con forti connotazioni di novit e di liberazione, sulla base di un criterio di limite e di autolimite 57

alla libert dazione dei soggetti economici, che dovrebbero operare non solo secondo il proprio tornaconto ma preoccupati anche dellinteresse di quanti con essi interagiscono. Scrive, ad esempio, Timor Kuran:
The primary role of the (behavioral norms of Islam) is to make the individual member of Islamic society, homo islamicus, just, socially responsible, and altruistic. Unlike the incorrigibly selfish and acquisitive homo economicus of neoclassical economics, homo islamicus voluntarily foregoes temptations of immediate gain when by doing so he protect and promote the interests of his fellows (Warde, 2005, p. 44).

E B. Badie (1986, p. 97) sostiene:


la culture islamique ne peut intgrer lutopie occidentale dun sistme de march autonome (...), qui, suppose que lhomme nagisse quen function de son intrt individuel et de la possession de biens conomiques. Tout a loppos, lconomie sinsre en Islam dans une rationalit qui nest ni individuelle ni possessive, mais essentiellement rgle par le besoin de sauvegarder lintgration du groupe social.

Viene messo in discussione, pertanto, quellindividualismo autoreferenziale che rappresenta una delle premesse antropologiche del capitalismo moderno e una delle cause principali delloscuramento della dimensione della solidariet e degli obblighi di giustizia, auspicati dallIslam e comuni anche alla tradizione antropologica tomista e allinsegnamento sociale della Chiesa. (Bckenfrde e Bazoli, 2010, pp. 10-11). Una visione auspicata, a ben vedere, pi che realizzata, del comportamento umano, non essendo stato il riorientamento antropologico indicato, adeguatamente supportato da coerenti innovazioni istituzionali e da adeguate strategie dazione. Una prospettiva, di fatto, che richiama alcune delle istanze etiche proprie di approcci teorici alternativi al paradigma neoclassico e che per alcuni versi rimanda allampio dibattito sulla cosiddetta responsabilit sociale dellimpresa e alla feconda prospettiva della economia civile (Cfr. Marzano 1998 e 2004; Bruni e Zamagni 2004). Allo stesso modo Amartya Sen, Albert Hirschman, George Akerlof, Amitai Etzoni, tra gli altri, hanno evidenziato i limiti dellapproccio neoclassico, mettendo in discussione il principio dellindividualismo come unico criterio di interpretazione delle azioni e dei fenomeni economici, ed enfatizzando la necessit di utilizzare nei modelli teorici variabili come responsabilit individuale, socialit o reciprocit, ad esempio, considerate dai pi estranee al linguaggio economico (Gatto e Migliardo, 2009, p. 346; Kourilsky, 2009). Ovviamente, cos come per la dottrina sociale della Chiesa, anche per quella islamica, pu differire la modalit di attuazione degli obiettivi assegnati, secondo le interpretazioni e le sensibilit politiche prevalenti. Essendo possibili soluzioni rigide quanto modelli flessibili (Felice, 2005). Legiziano Sayyid Qotb, teorico dei Fratelli Musulmani (1906-1956), ad 58

esempio, nel secondo dopoguerra ha definito un programma, largamente attuato in epoca nasseriana, fondato su riforma agraria, espropriazioni, nazionalizzazioni, statalizzazione delleconomia, imposta progressiva sul reddito e sulla grandi fortune, in nome del bene pubblico (Carr, 1984). Oggi, per contro, in alcuni paesi sembra farsi strada un Islam di mercato permeabile ai modelli occidentali, quasi figlio di una teologia della prosperit. Una esperienza, cio, che coniuga valori religiosi e successo economico in chiave prettamente individualistica, che preconizza il maturare di una societ civile virtuosa, che interagisce con uno Stato minimo (privatizzato), e assegna la delega della gestione di una prevalente parte del servizio pubblico alle istituzioni religiose private. Secondo lo schema della faith-based iniziative cara alla Destra americana (Haenni, 2005, pp. 7-12; Hiboux, 1999). Sulla base di quella che sembra una adesione prevalentemente formale e cosmetica alla lettera dei precetti islamici che suggerirebbero, piuttosto, un approccio etico ai problemi dello sviluppo, nellottica, da ritenere, quantomeno di una variante critica del capitalismo caotico del nostro tempo. In contrasto, quindi, con lipotesi di un capitalismo dal volto umano, a fronte, nella gran parte delle societ a maggioranza musulmana, di grandi sperequazioni economico-sociali e del prevalere di un codice consumisticoproduttivistico proprio delleconomia che si vorrebbe superare. Di fatto condividendone gli obiettivi, anche se col parziale utilizzo di tecniche finanziarie ed economiche formalmente ispirate alletica islamica. In uno scenario politico che non sembra aver ancora maturato lidea di affrontare la sfida della democrazia, pur nelle sue possibili declinazioni islamiche, quale ambito propizio per meglio favorire, nellera della globalizzazione, lattuazione delle prescrizioni coraniche (Fadl 2004; Ramadan, 20009).

6. Sharia e attivit finanziaria nel quadro delle idealit e delle considerazioni appena esposte che va valutata la finanza islamica, la cui organizzazione e il cui perimetro dazione sono scanditi non solo dal fondamentale divieto dellapplicazione dellinteresse (riba), ma anche da quelli, complementari, della interdizione dinvestimento in attivit che comportino irragionevole incertezza ed ambiguit (gharr), e della proibizione del ricorso alla speculazione e allazzardo (maysir). Tutto deriva dallidea centrale secondo cui il denaro semplice misura del valore e mezzo per facilitare gli scambi, senza divenire esso stesso oggetto di scambio, mentre pu creare valore solo se combinato al lavoro delluomo. 6.1. Il divieto dellinteresse 59

Il Corano si occupa del divieto di riba in ben quattro capitoli: Ar-Rm (versetto 39) Ci che concedete in usura, affinch aumenti a detrimento dei beni altrui, non li aumenta affatto presso Allah.; An-Nis (versetto 161), Al-Imrn (versetto 130), O voi che credete, non cibatevi dellusura che aumenta di doppio in doppio e Al-Baqarah (versetti 275-281). Secondo alcuni, propensi a privilegiare una interpretazione legata pi allo spirito che alla lettera del Corano, il termine riba sarebbe da intendere solo come usura e non manca chi considera lo stesso concetto di riba come unidea obsoleta (Ziaul, 1995). Sul punto, alcuni pronunciamenti sono riferiti anche a Maometto (Mecca, ca. 570-Medina, 632), che se ne sarebbe occupato in pi circostanze (International Institute of Islamic Economics, 1999, pp. 14-19). il caso di ricordare, al riguardo, che lusura era pratica corrente allepoca e si racconta che durante il periodo della sua vita trascorso alla Mecca, Maometto stesso sia stato testimone di tecniche usuraie adottate dalla sua comunit di commercianti. Era abituale, infatti, imporre il raddoppio del debito nel caso di difficolt a rimborsare un prestito alla scadenza, con un meccanismo che di fatto tendeva a ridurre in stato di schiavit il debitore (Martens, 2001). Tuttavia, il secondo califfo dellIslam, Oumar Ibn El Khattab, uno dei suoi pi prossimi compagni, si sarebbe rammaricato per il fatto che il Profeta sia morto senza aver precisato in modo esplicito il significato di riba (Sadane, 2009, pp. 51-52). In effetti riba significa sia usura che interesse, ma anche guadagno illecito o sfruttamento economico (El-Ashker e Rodney, 2006). Il concetto si presta, dunque, a differenti interpretazioni. Secondo alcuni esegeti il versetto 130 della Sura Al-Imrn, che denuncia lusura per moltiplicazione smisurata del capitale, e quello della citata Sura Al-Baqarah, dove viene chiesta la rinuncia alleccesso dellinteresse usuraio, sembrerebbero giustificare la limitazione del termine riba al solo caso dellusura (Saadallah 2004b). Il riferimento alla ricordata usanza preislamica di raddoppiare il debito quando non fosse stato estinto alla scadenza, facendo del debitore uno schiavo (Corano, 3, 130) o alla consuetudine dei prestiti capestro concessi ai poveri bisognosi e desiderosi di soddisfare taluni bisogni di base (Shepard, 1996, p. 46). Per altri, per lo pi della corrente zahirita di tradizione sunnita, il divieto di riba sarebbe quello praticato nel commercio delle sole sei merci indicate in un noto passo attribuito a Maometto, per come riferito da El Boukhari:
oro in cambio doro, in polvere o in moneta, argento in cambio dargento, in polvere o in moneta, grano in cambio di grano, misura contro misura, di mano in mano, orzo in cambio di orzo, misura contro misura, datteri in cambio di datteri, misura contro misura, sale in cambio di sale, misura contro misura. Chi aumenta o moltiplica, pratica lusura. (Sadane, 2009, p. 52). Non riguarderebbe, quindi, le moderne transazioni effettuate con lausilio della moneta (Warde, 2000, p. 68).

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La maggioranza delle scuole coraniche, tuttavia, concorda sul divieto generalizzato di ogni forma di interesse. Ci, sulla base della pi generale dimensione etica dellIslam, che riconosce la moneta solo come mezzo di scambio ma non come oggetto di scambio mentre, per converso, esalta la funzione del capitale al servizio della societ e incoraggia lo spirito dimpresa contro i perversi effetti della speculazione. Implicitamente condannando larricchimento senza sforzo. La illiceit del riba poggerebbe soprattutto sul fatto che rappresenta un incremento di capitale non giustificato dallassunzione di un rischio, quindi una rendita da transazione, deconnessa da una sottostante attivit reale. Configurandosi, di conseguenza, come esito di uno scambio ineguale e frutto di una pura attivit finanziaria, come un vantaggio senza equivalente di un servizio reso secondo la prospettiva islamica della giustizia sociale ed economica (Sadane, 2009, p. 46). Riba, pertanto, sarebbe ogni incremento di ricchezza che non abbia come base, e quindi non derivi, da unazione produttiva (Piccinelli, 1996, pp. 2226). Nel caso dellinteresse, in sostanza, non vi sarebbe equivalenza tra la remunerazione percepita dal creditore e il costo opportunit sopportato a causa del prestito accordato. Trattandosi di remunerazione relativamente certa, garantita e di ammontare noto mentre, per il prestatore, il sacrificio del rendimento delleventuale investimento che egli avrebbe potuto effettuare con la somma prestata soltanto probabile e, quando pure si realizzasse, il suo ammontare non noto a priori (El-Gamal, 2001). Uno dei motivi principali della proibizione appare, in questa prospettiva, legato ai valori di giustizia distributiva in quanto tendente a prevenire il processo cumulativo dellarricchimento in poche mani, siano esse rappresentate da banche o privati cittadini.
Il bottino che Allah concesse al Suo Inviato sugli abitanti delle citt appartiene ad Allah e al Suo Inviato, ai (suoi) familiari, agli orfani, ai poveri e al viandante diseredato cosicch, non sia diviso tra i ricchi tra di voi (Corano, 59, 7).

Non sorprende la similarit con la tesi aristotelica della sterilit del denaro o quella del divieto di prestare denaro ad interesse teorizzato da San Tommaso. Lusuraio, infatti, farebbe fruttare un bene improduttivo vendendo, di fatto, il tempo intercorrente tra il momento del prestito e quello del rimborso dellinteresse. Ma il tempo appartiene soltanto a Dio. Lenorme delitto dellusura , peraltro, condannato in numerosi passi dellAntico Testamento: (Neemia, V, 7; il Salmo XV, 5; Ezechiele, XVIII, 8; i Proverbi XXVIII, 8; il Deuteronomio, XV, 6 e XXIII, 19; il Levitico, XXV, 36), mentre il Nuovo Testamento ne fa cenno con le parole di Luca mutuum date, nihil inde sperantes (Luca, VI, 35). La proibizione dellusura, in effetti, comune a molte altre culture, dal giudaismo, al buddismo, allinduismo. Ed 61

ricorrente negli scritti di numerosi pensatori eretici non musulmani, come, ad esempio, Erza Pound (2009). Labolizione dellinteresse, peraltro, segna non solo il solco per limpianto di un nuovo assetto del sistema finanziario ma anche, forse soprattutto, rappresenta il primo e fondamentale tassello per lintera ristrutturazione di un sistema economico islamico, che voglia essere contrapposto o, comunque, diverso da quello convenzionale. 6.2. Contratti e tipi di finanziamento La canonica modalit di superamento dellinteresse, cuore della filosofia dellIslamic banking, rappresentata dal finanziamento partecipativo, nella fattispecie del profit and loss sharing ovvero del profit and risk sharing , i cui caratteristici contratti sono quello musharaka e quello mudaraba. Tale sistema considerato il pi autentico e il pi conforme al complesso di valori dell Islam in quanto riflette pratiche di finanziamento gi comuni al tempo della nascita dellIslam (cfr. Gatto, 2008). Il contratto musharaka (parola che deriva dallarabo chirika o charica, che significa associazione o societ, prevede che una banca ed eventuali altri finanziatori costituiscano una partnership con un imprenditore per la gestione di un dato progetto. I finanziatori hanno diritto al pieno coinvolgimento nella gestione dellaffare. I profitti sono divisi secondo quote pattuite tra le parti. Le perdite, invece, sono partecipate proporzionalmente alla quota di capitale conferito dai soci. Limprenditore oltre a prestare le sue capacit organizzative finanzia in parte limpresa e partecipa, di conseguenza, non solo alla ripartizione degli utili ma anche delle perdite. Si tratta di una forma di contratto in particolare impiegata per transazioni di lungo termine, comprese operazioni di project financing. Laltra speciale forma di partnership, pi utilizzata per finanziamenti a breve di tipo commerciale, rappresentata dal contratto mudaraba : un finanziamento fiduciario che associa in un affare un agente (moudarib) e un finanziatore (rab-el-mal). La banca, in questo caso, finanzia interamente limpresa lasciandone la piena gestione allimprenditore-lavoratore. Il riferimento storico al contratto di commenda operante nei porti italiani nel decimo secolo e che ha rappresentato il motore del commercio nel Medio Evo (Renaud, 2003, p. 5). La banca partecipa al relativo eventuale risultato utile con una percentuale contrattualmente definita. Anche limprenditore compensato solo con la partecipazione agli utili, non potendo percepire una remunerazione per la sua attivit manageriale. Le eventuali perdite sono sopportate solo dallente finanziatore a meno che non siano accertate negligenze o condotte improprie 62

da parte dellimprenditore. Di fatto, limprenditore gestisce risorse altrui come se fossero proprie, e in pi non risponde di eventuali perdite di gestione, il che implica un alto grado di fiducia che deve legare tutti i protagonisti delloperazione. I due detti contratti configurano, quindi, la banca islamica come una sorta di operatore di private equity. Malgrado, tuttavia, rappresentino il pi originale metodo di finanziamento alternativo rispetto a quello convenzionale, i contratti mudaraba e musharaka costituiscono una parte molto circoscritta dellinsieme delle attivit della banche islamiche. Il che pone degli interrogativi sulla sostanza e sulla forma dellIslamic Banking. In pratica, le forme di finanziamento prevalente sono rappresentate dalla vendita a credito, basata sul criterio del mark- up, inteso come costo di intermediazione, che pesa, a seconda delle fonti, tra l80 e il 95 per cento del totale dei finanziamenti delle istituzioni finanziarie islamiche (Warde, 2000, p. 133; Haron e Ahmad, 2000, pp. 3-9; Alfano e Fioroni, 2005, p. 175; Richards e Waterbury, 2008, p. 376). Con questa modalit, lacquirente, conoscendo il prezzo del bene oggetto di finanziamento, d mandato dacquisto per suo conto alla banca, o altro ente finanziatore, a cui riconosce, per il servizio, un margine di profitto. Nel caso classico del contratto del tipo murabaha, che si configura come una doppia vendita con differimento del pagamento, la banca acquista a nome proprio ma per conto terzi beni che poi loro rivende a un prezzo pari a quello di acquisto maggiorato di un mark-up fissato in anticipo (al bayou bi righi maloum). Il contratto prevede che la vendita sia preceduta da una promessa dacquisto da parte di chi chiede il finanziamento. Ci per evitare che la banca si trasformi in qualche modo in un attore commerciale e anche per ridurre il suo contatto con la merce al minimo richiesto per il rispetto delle esigenze della sharia. La banca autorizza il pi delle volte il cliente a negoziare direttamente col fornitore le condizioni dacquisto della merce. Il pagamento possibile anche in forma rateale. Per poco che possa essere coinvolta rispetto alloperazione commerciale, la banca, per il tempo per il quale il bene acquistato rimane di sua propriet, si ritiene che sopporti un rischio operativo che consente di annoverare il contratto di tipo murabaha tra le operazioni conformi allo spirito della legge islamica. Inoltre, a fronte della similarit del mark-up col tasso di interesse convenzionale, si fa notare che nel primo caso c alla base una vendita il cui prezzo subisce un sovrappi per differimento; linteresse, invece, rappresenta incremento di un debito differito. E, tuttavia, la vendita a credito consentita come forma di finanziamento, in quanto, malgrado lapparente similarit, Allah ha permesso il commercio e proibito lusura (Corano, II, 275). 63

da rilevare, ad ogni modo, che non risulta sempre chiaro il metodo di applicazione dellammontare del mark-up, restando il dubbio che possa trattarsi, il pi delle volte, di un costo definito sulla base del tasso di interesse prevalente nel sistema bancario convenzionale. La vendita, salam, invece, una sorta di credito allinverso. La banca paga in anticipo al produttore beni, di solito di tipo stagionale, che saranno consegnati ad una data successiva. In questo caso la banca che effettua subito la sua prestazione mentre il cliente vi fa fronte alla scadenza. Di fatto, il venditore si propone di offrire un dato bene ad un acquirente ad una data futura contro un pagamento immediato. Un terzo tipo di finanziamento rappresentato dalloperazione di leasing (ij arah o j ar), che si basa sullo stesso principio di quello convenzionale. Il tipico contratto listin, col quale oggetto della transazione un bene non ancora esistente. Come nel caso di chi promette di produrre un dato bene da consegnare in futuro in una certa quantit. Il prezzo fissato in anticipo ma non di fatto pagato al momento della stipula del contratto. Listin, pertanto, non rappresenta necessariamente un mezzo di finanziamento, dato che il pagamento pu essere differito fino al momento della consegna del bene prodotto. Lo diventa quando, ad esempio, la banca interviene nellordinare la produzione del bene anticipandone limporto. Si tratta di una tecnica molto simile alla vendita salam. La differenza che nel caso dellistin non dobbligo fissare la data di consegna. Pu essere la stessa banca a produrre il bene, come nel caso di una autostrada, accettando che il relativo pagamento sia differito. Non necessariamente, tuttavia, la banca provvede direttamente alla produzione del bene pattuito. Pu, infatti, far ricorso a terzi, utilizzando un contratto distin parallelo. La banca quindi, funge da intermediaria. Finanziando la costruzione o produzione, ad opera di terzi, del bene domandato dal proprio cliente, al quale viene venduto al tempo stabilito. un sistema adatto al finanziamento di grandi opere. L ijara , invece, un tipico contratto di trasferimento dellusufrutto. In origine il termine ijara indicava la prestazione di un servizio da parte di una persona (ajir) a beneficio di un altra (moustajir). Una seconda forma di ijara riguarda lusufrutto di un bene o di una propriet contro pagamento di una rendita. con riferimento a questa seconda accezione che l ijara pu essere considerata come un mezzo di finanziamento sotto forma di leasing finanziario. Nel qual caso, una istituzione finanziaria acquista un bene (unattrezzatura, un impianto) e lo affitta a un cliente che ne fa richiesta, ricevendo per il servizio una commissione non commisurata al tempo. Il bene resta di propriet della istituzione finanziaria essendone trasferito al cliente solo luso. In alcuni casi il contratto prevede il riscatto del bene da parte del cliente. Lijara, a differenza della murabaha, prevede che, in prevalenza, il loca64

tore resti proprietario del bene affittato, sopportando per questo il rischio di deterioramento del bene. Secondo una recente tendenza sono stati adottati, da alcune istituzioni islamiche, prodotti finanziari vietati o molto discutibili dal punto di vista delletica dellIslam (Nasser, 2007). La tecnica bai-al-Einah bai-al-Dayn il comune sconto di un titolo di credito. Ma per letica islamica ogni vendita di debito (bai-al-dayn) e ogni trasferimento di debito (shahada-al-dyn) deve avvenire alla pari. Ci significa che non vi pu essere differenza tra quanto la banca esborsa per il titolo portato allo sconto e quanto essa incassa allo scadere dello stesso. Leventuale differenza ha la natura di riba. Malgrado il chiaro divieto, alcune banche praticano lo sconto di titoli di credito, trattando il debito alla stregua delle attivit reali. La tecnica tawarruq un altro classico stratagemma per aggirare il divieto di riba. consentito, tuttavia, nel rispetto di alcune condizioni. un mezzo di finanziamento che combina due transazioni separate di vendita e di acquisto. Il cliente si rivolge alla banca per un finanziamento, la banca acquista da un commerciante il bene X per un valore equivalente al fabbisogno del cliente al prezzo P. Vende, quindi, X al suo cliente con consegna differita al prezzo P+I. Infine la banca, come agente del cliente, vende in contanti al commerciante al prezzo P*. Quel che viene richiesto, per lammissibilit della tecnica, almeno un gap temporale tra le operazioni di acquisto e di vendita che sottoponga le parti almeno ad un minimo di rischio di prezzo. In modo che i guadagni che ne derivano siano configurabili come compenso per il rischio, e quindi esenti da elementi di riba Unaltra condizione che non vi sia un preaccordo tra le tre parti che intervengono nel contratto. Sono, ovviamente, previsti anche conti correnti (wadia), con capitale garantito ma non produttivi di interesse. Per clienti in situazione di precariet possibile per le banche accordare dei prestiti senza interesse, di solito assistiti da garanzia, detti prestiti di benevolenza (Qard al-hassan). Si tratta di interventi per superare momentanee e impreviste necessit, particolarmente incoraggiati dal Corano (CVII, 11). Laspetto rilevante delle forme di finanziamento considerate che, in tutti i casi, a parte quelli pi controversi, si realizzerebbe un sostanziale sincronismo tra sfera reale e sfera monetaria delleconomia. Riducendosi, cos, le spinte allinstabilit connesse ai prestiti a interesse, nella misura in cui essi alimentano la speculazione basata sul principio dellacquistare senza pagare e del vendere senza possedere. Non a caso, in relazione alla recente crisi finanziaria internazionale, alcuni commentatori hanno evocato il possibile contributo dei principi della finanza islamica alla rifondazione di quella occidentale. Significativa, al riguardo, lattenzione per la finanza islamica manifestata dalla Commissione di esperti sulla riforma del sistema monetario e fi65

nanziario internazionale presso le Nazioni Unite, espressa per bocca del suo presidente, Joseph Stiglitz. In una conferenza stampa del 26 marzo 2009, infatti, il premio Nobel ha ricordato come, a suo tempo, Malesia e Paesi del Sud Est Asiatico abbiano saputo gestire meglio, ed in modo etico, la crisi finanziaria asiatica. (N.U., 09; cfr. Napoleoni e Serge, 2009, pp. 25-33). Come nota anche Edward Fennel (The Times, 2008),
if all the sub-prime deals in the US had been governed by Sharia there would have been no massive defaults and the credit crunch would never have loomed over our shopping expeditions. Instead, Islamic laws requirements for prudent lending, the sharing of risk and a ban on the earning of interest would have insulated the borrowers and the world economy at large from the debacle of the past six months. And for that even the Archbishop of Canterburys harshest critics might have been a mite grateful.

In effetti, la finanza islamica, per i principi su cui basata, tende a scoraggiare alcuni eccessi tipici della finanziarizzazione delleconomia come la speculazione o la deconnessione dellattivit finanziaria da quella reale. Quel che preme ribadire, comunque, che il divieto di riba, alla luce di quanto fin qui detto, non va considerato come una misura isolata ma da ritenere parte integrante dellordine socio-economico; espressione del complesso dei valori islamici e della relativa enfasi sulla giustizia e lequit nella produzione e nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Per cui, da ritenere, anche la finanza islamica ha senso nella misura in cui sia assunta come parte di un pi complessivo disegno istituzionale e di politica economica conforme alletica dellIslam. 6.3. La raccolta del risparmio Alla diversit nelle tecniche di finanziamento fa riscontro, nel sistema islamico, la particolarit delle modalit di raccolta del risparmio. Rispetto alle banche convenzionali, quelle islamiche offrono tre tipi di conto (Gatto, 2008). I conti non-profit, assimilabili ai conti correnti delle banche convenzionali, non rendono alcun tipo di remunerazione, assolvendo sostanzialmente ad un ruolo di custodia dei fondi risparmiati. La banca ha la possibilit di utilizzare i relativi depositi con limpegno, per, che le somme depositate sono prelevabili senza preavviso, direttamente o mediante i tradizionali strumenti dellassegno, del bonifico bancario, lutilizzo di carte di debito. Non di carte di credito, che sono proibite in quanto non compatibili con la legge islamica. I conti di risparmio, su cui vengono depositate somme consistenti e sono soggetti a pi stringenti condizioni per il prelievo. Sebbene non rendano un interesse fisso molte banche, a loro discrezione, offrono un qualche tipo di 66

remunerazione sulla base dei risultati desercizio. I conti di investimento sono relazionati agli investimenti mudaraba della banca e rappresentano la fonte principale di mobilizzazione di fondi della banca. Il depositante partecipa agli utili o alle perdite delle operazioni finanziate. Ne risulta che il capitale depositato non garantito essendo soggetta la sua consistenza ai risultati delle operazioni che ha concorso a finanziare. I conti di investimento prevedono una soglia minima dingresso e le somme depositate possono essere prelevate solo periodicamente e con congruo avviso. Si tratta di conti che, per loro natura, possono comportare un conflitto di interessi tra i depositanti e gli azionisti della banca nella misura in cui una pi alta remunerazione delle azioni avvenga a scapito del riparto degli utili destinati ai titolari di conti mudaraba. Inoltre, gli stessi titolari di conti di investimento potrebbero essere caricati di rischi impropri, non avendo alcuna possibilit di controllo dei rischi assunti dalla banca. da ritenere, tuttavia, che nella prospettiva del lungo periodo, tali conflitti siano contenuti e governati per evitare la fuga dei clienti e preservare, quindi, il potenziale di crescita della banca stessa. Alcune banche offrono particolari conti di deposito coi quali la somma depositata, con lautorizzazione del depositante, impiegata nel finanziamento di una singola impresa. In tal caso la banca, che trattiene una commissione, agisce come agente del depositante, che partecipa direttamente alla distribuzione dellutile dellimpresa finanziata. Abitualmente le banche attingono dai conti di risparmio per i finanziamenti di natura commerciale e a quelli dinvestimento per i finanziamenti a lungo termine. Levidenza, tuttavia, mostra che limpegno delle banche si dispiega in prevalenza nei finanziamenti del primo tipo. Oltre allinteresse generalmente considerata contraria alla legge coranica anche ogni forma di assicurazione sui depositi. Nel qual caso, ovviamente, il depositante vedrebbe annullata la sua condivisione del rischio. Ora, mentre in qualche paese di religione islamica sembra che il credo religioso sia uno dei fattori determinanti nella crescita dei depositi presso le banche ad orientamento etico, altre osservazioni suggeriscono pi spesso che sia piuttosto un calcolo di convenienza a condizionare le scelte di portafoglio. Ci spiegherebbe, nei casi di coabitazione tra banche islamiche e banche convenzionali, una tendenza allallineamento del rendimento delle attivit finanziarie islamiche con i tassi di interesse di mercato. Alcuni studi, ad esempio (Richards e Watebury, 2008, pp.375-378), mettendo a confronto i tassi di interesse maturati su depositi a risparmio e i rendimenti ex-post delle attivit delle banche islamiche finanziate, conseguenti al criterio del profit and loss sharing, hanno mostrato un sostanziale analogo livello ed una alta correlazione nelle variazioni. Come se il riba, uscito dalla 67

porta, sia stato fatto rientrare dalla finestra. In effetti, da ritenere che possa essere la stessa politica delle banche islamiche ad avere come obiettivo un rendimento medio dei depositi prossimo al tasso di interesse praticato dalle banche convenzionali concorrenti. Avendo cura di mantenere un fondo di riserva dal quale possano attingere in periodi di bassi profitti per incrementare il rendimento dei depositi: una tecnica considerata da alcuni esegeti non del tutto ortodossa. Dal punto di vista legale, tuttavia, le banche distribuirebbero, tuttavia, profitti accumulati. Di fatto, il rischio di perdita in conto capitale per i depositanti attenuato dalla costituzione, in generale, di due tipi di riserve volontarie: lInvestment Risk Riserve, per fronteggiare eventuali perdite e il Profit Equalization Reserve, per attenuare gli sbalzi di rendimento durante il ciclo (Alfano e Fioroni, 2005, pp. 161- 190). 6.4. Il divieto di Gharr e di Maysir Oltre alla interdizione del riba vanno ricordati anche gli altri due fondamentali e complementari divieti di gharr e di maysir, che rispondono allintento di scoraggiare le speculazioni puramente finanziarie, secondo il principio che non si pu vendere ci che non si possiede. Per rendere lidea di gharr si pensi alla vendita di pesce non ancora pescato: Do not buy fish in the sea, for it is gharr (Warde, 2000, p.60), come metafora di ogni transazione il cui oggetto non sia in possesso di una delle parti o il cui possesso sia soggetto ad eccessiva incertezza al momento della transazione. Secondo una corrente definizione:
Gharr is the sale of probable items whose existence or characteristics are not certain, due to the risky nature which makes the trade similar to gambling (ElGamal, 2000, pp. 6-7).

Come spiega Frank Vogel, A possible interpretation of the gharr hadiths is that they bar only risks affecting the existence of the object as to which the parties transact, rather than just its price. In the hadiths, such risks arise either 1) because of the parties lack of knowledge (jahl, ignorance) about that object; 2) because the object does not now exist, or 3) because the object evades the parties control. Therefore the scholars might use one of these three characteristics to identify transactions infected by the type of risk condemned as gharar. (Warde, 2000, p. 60). Si pu pensare che si tratti, per questa via, di indurre le parti a maggior diligenza nel concludere i contratti. Peraltro, considerando il gharr come rischio, ne risulta anche vietato il commercio del rischio e, quindi, il trasferimento di rischi da un soggetto allaltro, caratteristico di molti prodotti 68

dellodierno mercato finanziario legati ad elevati elementi di incertezza e di speculazione (swaps, futures, ad esempio), che vengono assimilati allaltrettanto proibito gioco dazzardo. Ne risulta vietata, di conseguenza, la pura speculazione. Pi in generale, interdetto lesercizio di attivit che implichino informazioni asimmetriche ed eccesso di incertezza e di rischio. Al riguardo, si posto il problema della ammissibilit del commercio dei titoli di borsa, che stato risolto in senso positivo in quanto si ritiene che, in ogni caso, quei titoli conservano sempre un qualche legame con una attivit economica reale sottostante (Zamir e Miraklor, 2007, p.68). Altrettanto coinvolto il settore assicurativo dato che lassicurazione e la sicurezza, per gli elementi di rischio e di incertezza ad esse connesse, non possono essere oggetto di vendita. Il divieto di maysir si riferisce pi propriamente al gioco dazzardo e alla speculazione, a tutto ci che intacca la lucidit e distrae dal reale (Corano, V, 90-91) e dal tangibile: In verit col vino e il gioco dazzardo, Satana vuole seminare inimicizia e odio tra di voi.. (Corano, II, 219). alla base, quindi, anche della critica di molte pratiche finanziarie convenzionali, gi ricordate, come la speculazione, lassicurazione, i derivati. In tal senso il maysir ha elementi di gharar, anche se non sempre il gharar maysir. Tuttavia, mentre nel caso del primo divieto ammessa qualche deroga, il maysir sempre vietato. 7. Aspetti evolutivi delle banche islamiche In conformit ai suddetti principi, a partire dagli anni settanta del secolo scorso, gli economisti musulmani si sono impegnati nella costruzione di un sistema finanziario compatibile con letica del divieto della pratica dellinteresse. I primi studi seminali e qualche tentativo di sperimentare forme di credito ispirate ai dettami coranici sono riconducibili agli anni 40. La prima banca islamica, tuttavia, stata la Ghamr Savings Bank, istituita in Egitto nel 1963, per iniziativa delleconomista Ahmad al-Najjar. Specializzatosi in Germania in economia sociale, una corrente di pensiero ispirata, come noto, ad una sintesi di principi socialisti e cristiani e, quindi, fortemente influenzato dallesperienza tedesca delle Casse Rurali, leconomista egiziano tornando in patria, turbato dalla condizione di povert e di bisogno dei contadini del suo piccolo villaggio di Zefta/Mit Ghamar, nel Delta del Nilo, si ingegn di sovvenire alle loro necessit di base costituendo, per lappunto, la Ghamr Savings Bank (Cassa Rurale di Risparmio), recuperando gli antichi contratti di mudaraba e di musharaka, tipici della tradizione, per rendere compatibile lesercizio del credito con i valori islamici (Abdul-Rahman, 2010, p. 192): una iniziativa motivata da un forte impegno etico, ispirata allidea del 69

servire al meglio la comunit, quasi ad affermare quel diritto fondamentale allaccesso al credito divenuto poi manifesto del Nobel per la Pace M. Yunus, linnovatore della Grameen Bank (Bruni, 2009, p. 127). Di fatto, risparmiatori e prenditori di fondi erano soci della banca mentre uno sharia board vigilava sulla conformit delle operazioni ai principi religiosi. La Ghamr Savings Bank, attraverso, in particolare, operazioni di microcredito, favor la promozione sociale e il nascere di una nutrita schiera di piccoli imprenditori agricoli. Il crescente successo della Banca, tuttavia, segnal Ahmad al-Najjar come un possibile avversario politico di Nasser, lautoritario presidente egiziano. Per cui, per motivi in ogni caso non del tutto chiari, la Ghamr Savings Bank fu costretta alla chiusura e successivamente, nel 1971, riaperta dal nuovo presidente Sadat e rinominata Nasser Social Bank, con analoga ragione sociale ma priva dei simboli religiosi. (Warde, 2000, p. 74; Hamauti e Mauri, 2009, pp. 50-51). Limpegno sociale di Ahmad al-Najjar comprende anche la istituzione, al Cairo, dell Institute of Islamic Banking Training, per la formazione di una nuova generazione di banchieri islamici, poi trasferito a Cipro dove evidentemente poteva godere di maggior libert di iniziativa. In et avanzata, vale la pena di ricordare,
he became very critical of the direction taken by Islamic Banking industry at that time, because it concentrated more on form and less on substance and because it abandoned its social responsibility of assisting and building the local communities that needed urgent help and instead focused on serving the rich(Abdul-Rahman, 2010, p. 193).

in quel periodo che il processo di diffusione registra unaccelerazione, auspici il nascente pan-arabismo e la relativa adozione della tradizionale interpretazione del riba e, successivamente, lo shock petrolifero conseguente alla guerra del 1973 che ha inondato di petrodollari i paesi del Golfo (Siagh, 2003, pp. 24 e ss.). Un primo impulso per una modifica di atteggiamento nei confronti del far banca all occidentale, in effetti, gi databile intorno al 1930 in Egitto quando il Movimento del Fratelli Musulmani cominci a criticare il sistema bancario fondato sullinteresse, introdotto dalle Potenze coloniali, rivendicando il diritto dei musulmani a regolare i vari aspetti della vita, compresi quelli economici, secondo i dettami del Corano. Un richiamo in tal senso , successivamente, riscontrabile nella lettera che Hasan al Banna, fondatore del Movimento, indirizz nel 1947 ai Capi di Stato Arabi, sollecitandoli ad adottare misure di riorganizzazione del sistema bancario on an interest-free basis (Saeed, 1996). Nel 1970 creata l Organizzazione per la Conferenza Islamica che nel Summit di Lahore, nel 1975, decide di istituire a Jeddah la Banca Islamica di 70

Sviluppo, col compito di rispondere ai bisogni di sviluppo economico dei paesi musulmani e di mantenere lequilibrio nella loro bilancia dei pagamenti seguendo i principi generali dellIslam e con lobiettivo di incentivare i paesi musulmani a sviluppare e indirizzare le loro ricchezze naturali verso il progresso sociale secondo i principi islamici. Seguono, sempre nel 1975, la Dubai Islamic Bank, la prima vera banca islamica moderna e non governativa; nel 1977 la Kuwait Finance House, la Faisal Islamic Bank of Egypt, la Islamic Bank of Sudan, nel 1978 la Jordan Islamic Bank for Finance and Investment e la Bahrain Islamic Bank; nel 1980 la International Islamic Bank for Investment and Development in Egitto (Warde, 2000, pp. 75 e ss.). Nel 1981 creata su iniziativa di unassociazione di investitori musulmani la Dar El Mal Islami, con sede a Ginevra: una fase nascente, caratterizzata da fervore ideale ma, a volte, anche da carenze e difficolt tecnico-professionali che hanno fatto registrare pi di una delusione. Lesperienza si estende, quindi, anche al Sud-Est asiatico toccando Filippine, Malesia e Indonesia, mentre alcuni paesi si spingono oltre, islamizzando lintero settore bancario. il caso del Pakistan, nel 1979, seguito nel 1983 dal Sudan e, poi, dallIran. Pi di recente si registra una presenza della finanza islamica soprattutto in Gran Bretagna, in particolare con la Islamic Bank of Britain, e negli USA dove hanno sede la Bank of America Finance House e lAmana Fund. Nel polo finanziario inglese sono altres presenti succursali di banche convenzionali, come Deutsche Bank, Citibank, HSBC Amanah, ad esempio, che forniscono servizi conformi alla legge coranica. Altri insediamenti in Europa sono previsti, avendo la European Investment Bank ottenuto nel 2006 la licenza di esercizio delle sue attivit nei vari paesi europei. Il Baraka Banking Group sta, ad esempio, effettuando uno studio di fattibilit per creare una banca in Francia, mentre la finanza islamica gi presente in Cina e si sviluppa il Russia (http://ribh.wordpress.com). In Italia, siamo ancora, alle fasi preliminari di studio e di fattibilit malgrado la firma, gi nel settembre 2007, di un memorandum dintesa tra lUnione delle Banche Arabe e lAssociazione Bancaria Italiana per lapertura in Italia entro lanno successivo di uno sportello islamico. Sul piano organizzativo, a fronte della possibilit di differenti interpretazioni della Legge, e ai fini dellarmonizzazione delle pratiche bancarie islamiche sono stati istituiti alcuni organismi internazionali (Brach, 2007). Si tratta dellAccounting & Auditing Organization of Islamic Financial Institution (AAOIFI) che ha per missione larmonizzazione delle regole contabili delle banche islamiche; dellIslamic Financial Services Board (IFSB), costituito per facilitare lintegrazione tra finanza islamica e finanza internazionale; dellInternational Islamic Financial Market (IIFM) con lobiettivo di definire nuovi meccanismi e strumenti di mercato compatibili con la sharia e con uno sviluppo rapido della banca islamica (Chapra e Khan, 2001, pp. 40-43). 71

A livello di singola banca , invece, operativo, come nel caso della Ghamr Savings Bank un comitato di sharia, composto da esperti di giurisprudenza islamica col compito di supervisori per la verifica della conformit delle attivit della banca ai principi della sharia.

8. La finanza di mercato A fronte del tentativo di creare un sistema bancario libero dallinteresse, caratterizzato da pratiche e tecniche abbastanza evolute, pi problematico stato il percorso di definizione di strumenti finanziari rispettosi dei principi della sharia, anche se su alcuni problemi la ricerca ha proposto soluzioni largamente condivise (Acadmie du Fiqh de lOCI, 1992 G; Ayub, 2007; Gatto, 2008). Lazione, in quanto titolo di propriet di una parte dellattivo netto di unimpresa, ammessa ed scambiabile non in s ma per gli elementi dellattivo che rappresenta. Gli azionisti hanno responsabilit limitata. La vendita di azioni sul mercato libera, salve tutte le condizioni di trasparenza e di completa informazione ai potenziali acquirenti circa le effettive condizioni della societ di cui sono espressione, per evitare ogni forma di gharar. Analoghi principi governano la gestione dei fondi azionari. Le obbligazioni convenzionali, in quanto titoli fondati sullinteresse, non sono consentite. Il loro sostituto islamico stato individuato nei cosiddetti Sukuk (plurale di Sak, o Sanadat, che sta per certificato di investimento, un termine gi noto nella tradizione della giurisprudenza islamica). Vale a dire titoli che conferiscono al possessore la propriet pro-quota di specifiche attivit, per un tempo definito, con diritto di partecipazione proporzionale ai profitti e alle eventuali perdite derivanti dalla loro gestione. A differenza della obbligazione convenzionale, che conferisce al suo possessore il diritto finanziario ad un flusso di cassa predeterminato e indipendente dallandamento delle attivit finanziate, lobbligazione islamica rappresentativa, invece, di un diritto di propriet, con una remunerazione legata, perci, ai risultati degli asset sottostanti e diretta partecipazione finale ai proventi di realizzo dellasset stesso. Ne segue che, tecnicamente, una emissione di certificati di investimento islamici molto prossima a una operazione di cartolarizzazione convenzionale: identificato, infatti, un certo asset libero da ipoteche, si crea una apposita struttura munita di propria autonomia giuridica (Special purpose vehicle, Spv). Ad essa, il proprietario che necessita di un finanziamento (Sponsor), vi conferisce per un prezzo predeterminato dacquisto lasset da cartolarizzare, di norma un bene tangibile, come un aeroporto, unautostrada. LSpv emette, quindi, dei certificati (sukuk notes) di importo pari al prezzo concordato di acquisto dellasset, utilizzando i fondi dei sottoscrittori per pagare il proprietario originario, col quale stipula un contratto islamico, in una 72

delle tipologie note anche per il finanziamento bancario. Una accelerazione nella diffusione di tali strumenti, non a caso, si deve agli avvenimenti dell11 settembre 2001. Essi, infatti, hanno determinato un precipitoso rientro di capitali dagli Stati Uniti verso i Paesi del Golfo, in cerca di riallocazione. Il primo sukuk, ad esempio, stato emesso dal gruppo finanziario sudanese Dallah Albaraak nel 1998 (Ruimy, 2008, pp. 122 e ss). Ma solo a partire dal 2002, auspice anche lincremento di liquidit conseguente allaumento del prezzo del petrolio, che diversi paesi si sono dotati dei mezzi per drenare e dinamizzare la nuova e abbondante dotazione di risparmio. Nel giugno 2002 la Malaysia Global Sukuk, una emanazione del Ministero delle Finanze della Malesia, ha emesso i Malaysia Al-Ijara Certificates a cinque anni per un ammontare di 600 milioni di dollari, per finanziare lacquisto di quattro lotti di terreno. Hanno fatto seguito, quindi, le emissioni del Qatar nel settembre 2003 per 700 milioni di dollari, del Bahrein nellottobre dello stesso anno per 380 milioni di dollari, dei membri della Banca Islamica di Sviluppo, sempre nel 2003 per 400 milioni di dollari, di Dubai, novembre 2004, per un miliardo di dollari. Allo stesso strumento hanno fatto ricorso anche grandi imprese degli Emirati Arabi Uniti (Dubai Ports World) o americane (Loehmann, East Cameron Partners), cos come banche (Banca Mondiale, Mitsubishi UFJ). Il primo sukuk europeo stato emesso dal Land tedesco della Sassonia-Anhalt nel 2004 per un ammontare di 100 milioni di euro con scadenza quinquennale e nel 2007 il Giappone ha annunciato il lancio della prima tranche di un sukuk sovrano nei paesi del G7. Tra le recenti innovazioni in tema di prodotti finanziari vanno anche ricordati i fondi dacquisto di beni (Commodity Fund) e i fondi misti. Di recente (2006), ad esempio, sono state sperimentate delle obbligazioni convertibili in azioni emesse dal porto di Dubai, a testimonianza dello sforzo di innovazione compatibile della finanza islamica. Nellarco di poco pi di un trentennio lindustria finanziaria islamica, presente in almeno 65 paesi e con una gestione di fondi intorno agli 800 miliardi di dollari, operati da quasi 600 istituzioni del settore in pi di 50 paesi (Draghi, 2009, p. 1), da fenomeno periferico si , quindi, trasformata in unattivit consistente e rispettata, ancorch non del tutto assestata e bisognosa di arricchire la propria curva di apprendimento rispetto allesperienza della finanza convenzionale ma anche, probabilmente, di riaffermare la sua vocazione.

9. Tra ideali e realt Come nel caso della zakt va, tuttavia, registrato un ampio scarto tra prin-

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cipi e pratica, essendosi rivelato il criterio principe del profit and risk sharing un obiettivo piuttosto difficile da perseguire. Ed, infatti, la forma di contratto prevalente praticato dalle banche islamiche quello di tipo murabaha, assimilabile a quello delle banche convenzionali, in quanto operazione di profitto a basso tasso di rischio basata sul criterio del mark-up. Pi circoscritto e minimale, per contro, stato il ricorso ai contratti del tipo musharakamudaraba, pi corformi al criterio del profit and risk sharing. Rispetto ai contratti basati su tecniche del tipo mark-up, quelli partecipativi, come evidente, sono pi complicati. Richiedono una rigorosa definizione dei diritti di propriet, sono soggetti a possibile alta conflittualit e accentuano i costi di transazione e i noti problemi di agenzia. Risultando piuttosto difficile per la banca, ad esempio, controllare gli eventuali errori, le negligenze, il livello di impegno profuso dallimprenditore che gestisce limpresa finanziata dalla banca, e problematico verificare quanto, eventualmente, il profitto dichiarato si discosti da quello effettivo, malgrado lauspicio delletica islamica ad una eguale, adeguata e accurata informazione nel mercato. La circostanza, ad esempio, che in caso di fallimento lintera perdita sia sopportata dalla banca pu risultare un incentivo ad una condotta dellimprenditore contraria allinteresse della banca stessa. Allo stesso modo, nei casi di coabitazione delle banche islamiche con quelle interest-based possibile che si verifichino analoghi fenomeni di selezione avversa, se gli imprenditori con pi alte aspettative di profitto preferiscono rivolgersi alle banche convenzionali mentre quelli con prospettive meno allettanti preferiranno le banche islamiche per scaricare su di esse parte del rischio e delle eventuali perdite. Col paradosso, peraltro, che anche in caso di successo della banca in un eventuale controversia giudiziaria, la stessa, magari dopo anni, pu rientrare in possesso solo delloriginario capitale prestato e non anche maggiorato, per via del divieto dell applicazione dellinteresse. Questi motivi e quelli pi generali legati ad un ambiente istituzionale ancora opaco, accentuano, probabilmente, la percezione di maggior rischio per le banche islamiche delle forme di impiego di tipo profit and loss sharing e concorrono a spiegare il maggior ricorso a tecniche nella sostanza molto prossime a quelle di tipo convenzionale. Va detto, comunque, che nel caso di prestiti di tipo murabaha o ijarah, bench il risultato possa non essere materialmente diverso da quello delle forme di finanziamento basate sullinteresse, la similarit attenuata, nella misura, almeno, in cui le due operazioni siano condotte con appropriato spirito ed adeguate modalit, mantenendo un qualche legame tra strumento finanziario e attivit sottostante. Diverso il caso del ricorso a tali contratti per aggirare deliberatamente la prescrizione islamica, come quando una banca usa il contratto murabaha per finanziare, ad esempio, il pagamento dei salari di un cliente: una opera74

zione proibita in quanto non basata sullacquisto di un bene reale da parte della banca. Altro caso frequente, nellambito dello stesso contratto, quello dellincremento del prezzo in casi di ritardato pagamento. Trattandosi, infatti, di una particolare specie di vendita, stabilito il principio di sharia che il prezzo debba essere determinato al momento della vendita stessa. Su questa scia, qualche osservatore (Usmani, 2004, pp. 244 e ss.) rammenta il principio di connessione tra transazioni commerciali e obiettivi morali della societ, per osservare che solo poche banche islamiche vi si siano conformate. Auspica, pertanto, uno sforzo di innovazione di politiche di finanziamento e di sperimentazione di nuovi canali di investimento per incoraggiare e supportare soprattutto lo sviluppo della piccola imprenditoria e il miglioramento dello standard di vita della popolazione in generale, segnalando che Islamic obligations of workship as well as the ethical norms must be prominent in the whole atmosphere of an institution which claims to be Islamic (p. 245). Non deve sorprendere, pertanto, che alcuni possano parlare anche di finzione della finanza islamica e di marginalizzazione della sua dimensione etica (Ruimy, 2008, p.149). il caso di rilevare, ancora, che la finanza partecipativa, secondo alcune fonti, (Henry, 2004) sarebbe stata utilizzata in prevalenza a supporto di operazioni di import-export o per una variet di transazioni di breve termine, mancando, di fatto, di assecondare laltro obiettivo delle banche islamiche che quello di contribuire, con gli impieghi a pi lungo periodo, allo sviluppo economico e sociale dei paesi musulmani. In tal senso, c anche chi avanza lipotesi che lIslam banking abbia potuto incentivare la fuga di capitali dalla regione di maggiore sua diffusione verso alcune piazze pi sicure dei paesi occidentali (Wilson, 2004). Nellinsieme, pertanto, la banca islamica non sembra essere ancora riuscita a dar vita ad un compiuto sistema di venture capital secondo il dichiarato auspicio. Unaltra difficolt sua propria quella legata alla problematica della gestione della liquidit. Le banche convenzionali hanno facilit di impiego della propria liquidit e altrettanta passibilit di trovarne quando ne hanno bisogno. Per le banche islamiche le difficolt sono maggiori. Le loro operazioni, infatti, non pi basate sullinteresse, richiedono tempi pi lunghi e proporzionali alla complessit dei progetti finanziati. Il che spiega lasfissia del mercato interbancario e la necessit per le banche di immobilizzare a fini precauzionali un eccesso di riserve in bilancio. Per la ricerca di soluzioni adeguate allopera il Liquidity Management Center (Bahrein). Non vanno, poi, sottovalutati i costi per la banca, associati allattivit istruttoria per la scelta dei progetti da finanziare e, successivamente, allattivit di controllo gestionale e contabile dellattivit finanziata, che spesso richiede il ricorso ad esperti. Un ulteriore fattore ambientale sfavorevole pu essere rappresentato dalla non perfetta standardizzazione dei prodotti offerti a causa delle differenti interpretazioni della sharia 75

Peraltro, lo sviluppo della finanza islamica e la sua integrazione nella finanza internazionale richiedono in gran parte una adeguata evoluzione della struttura, della organizzazione e dellattivit delle banche stesse, per dare adeguata soluzione ai problemi di trasparenza, governance, gestione dei rischi e compatibilit contabile di cui ancora soffre (Brack, 2007, pp. 41-44). In prospettiva, al riguardo, una prima sfida concerne il necessario processo di accorpamento e di fusione richiesto dal gran numero di banche a bassa capitalizzazione, per ottimizzarne la dimensione e i livelli di efficienza rispetto alle concorrenti banche convenzionali. Andrebbero, quindi (1) migliorati i livelli di formazione e di apprendimento, a fronte della complessit tecnica dei prodotti conformi ai principi islamici, (2) rafforzate le misure di controllo interno ed esterno, (3) meglio coordinate le attivit dei singoli comitati di sharia, per ridurre le difformit interpretative (Wahab, 2005, pp. 487 e ss.). Laltra sfida fa riferimento alla capacit del sistema di proporre prodotti finanziari a medio e lungo termine basati sullo schema della partecipazione alle perdite e ai profitti. Lesperienza corrente, infatti, come gi accennato, conferma un orientamento prevalente ai finanziamenti di breve termine attraverso contratti di tipo murabaha. Al dunque, tuttavia, a parte i possibili e ricordati problemi tecnici, quel che lascia perplesso losservatore la percezione di una tendenza al formalismo dellIslamic Banking, col ricorso delle banche alluso di strumenti di murabaha e ijara, e risultati sostanzialmente non dissimili da quelli delle banche convenzionali. Non che non sia rintracciabile, come gi ricordato, una qualche differenza tra quei due tipi di contratto e quelli caratteristici della banca che utilizza linteresse, specialmente se opportunamente implementati. Nondimeno, la sensazione che si tratti di strumenti che consentono di perseguire gli stessi affari con nomi diversi e, comunque, non si pu negare che trattasi di tipologie non originali di finanziamento islamico. A parte il fatto che le banche islamiche operano transazioni anche sui mercati occidentali e depositano, se necessario, il loro denaro in banche non islamiche che fanno ricorso allimpiego del tasso di interesse (Benmansour, 1994, pp. 278 ss). Motivo per cui la loro contabilit, spesso, occulta i conti finanziari per rendere difficile la individuazione della provenienza delle loro entrate. da ritenere che luso di strumenti quali murabaha e ijara sia stato consentito dagli sharia scholars solo in quei settori dove il ricorso al contratto musharaka risulti di difficile applicazione e sempre sotto osservanza di certe condizioni. Ma ci non dovrebbe rappresentare un alibi permanente per eludere la caratteristica rilevante e distintiva del finanziamento di tipo islamico. Anche la tendenza alla ricerca di un rendimento delle transazioni delle banche islamiche sostanzialmente analogo a quello delle banche convenzionali, ed una certa deriva tecnicistica, appena schermata da una osservanza rituale e formale dei dettami del Corano, rappresentano un ulteriore elemento di scetticismo da parte di molti sulla specificit e sulla pertinenza dellattuale sistema finanziario islamico. 76

Tutti i ricordati motivi, pertanto, rendono plausibile lidea che, malgrado i rilevanti sforzi di ancoraggio di ogni transazione finanziaria ad un asset tangibile ed identificabile e nonostante i pur ragguardevoli traguardi raggiunti, la finanza islamica non rappresenti, ancora, un esempio compiuto di reale alternativa al sistema convenzionale.
Islamic Banking stato scritto is a good example of a field where basically the Western system has been partially Islamized, but in many aspects Islamic names have been given to various transactions that do not truly reflect the goals or vision of Islam. The result of this frame of mind is called al-hiyal al shari yah, shariaa tricks, where forms, terms, and words are changed rather than the substance when the need is really for a new vision (Abdul-Rahman, 2010 pp. 237-38).

Ma sarebbe riduttivo assegnare alla finanza islamica il solo obiettivo del superamento del finanziamento basato sullinteresse. A ben considerare le forti connotazioni di novit del messaggio e dei valori dellIslam, il suo ulteriore compito dovrebbe essere anche quello di divenire strumento al servizio di un disegno pi complessivo per la promozione di uno sviluppo economico e sociale responsabile ed antropocentrico. Obiettivo evidentemente mancato se si osserva lo scenario largamente dominato da inaccettabili disuguaglianze, distorsioni, povert, speculazioni, corruzione, e fortemente connotato da uno stile di vita dissipatorio delle classi dominanti, che caratterizza la maggioranza dei paesi di maggior diffusione della finanza islamica (Ramadan, 2009, p. 294). Quel che sembra di poter ribadire che il compito della finanza islamica non pu essere circoscritto alla semplice offerta di alternative microeconomiche conformi ai dettami del Corano. La sua vocazione, piuttosto, dovrebbe essere anche quella di rappresentare una opportunit per una nuova visione macroeconomica globale fonde sur la valorisation du travail au lieu de la spculation oisive, la stimulation dune croissance relle et durable au lieu de bulles financires sans rapport avec la sphre conomique concrte, la justice et la moralit qui font tant dfaut au monde de la finance daujourdhui, secondo le parole di un autorevole operatore del settore (Nasser, 2007, p.70). 10. Conlusioni Non retrograda (Schart,1964), n moderna (Balle, 2005, p. 222). Pi propriamente, la finanza islamica pu essere considerata problematica. Figlia di una interpretazione piuttosto letterale dei dettami coranici in tema di riba, gharr, maysir, in unepoca caratterizzata da una forte esigenza di affermazione dellorgoglio musulmano, ed espressione pi generale dei principi etici dellIslam, la finanza islamica non sembra ancora essere riuscita ad esprimere compiutamente la sua supposta alterit rispetto alla finanza convenzionale. N sembra, ancora, essere divenuta, nella sostanza, parte atti77

va di un disegno di sviluppo sostenibile ed antropo-centrico coerente con i principi delletica islamica, in un ambiente sostanzialmente cannotato da sottosviluppo, povert, disuguaglianze, speculazioni. Pur dovendo riconoscere le attenuanti della sua giovane et e le difficolt, spesso, di operare in concorrenza con la ben pi matura finanza convenzionale ed in ambiti istituzionali non sempre consoni al suo affermarsi; malgrado, anche, i ragguardevoli risultati spazio-quantitativi raggiunti e le sue congeniali attitudini alla stabilit del sistema finanziario. Da questultimo punto di vista, anzi, la finanza islamica pu essere letta come una storia di successo. Non fossaaltro per linteresse che suscita e la facilit con cui le istituzioni islamiche vengono autorizzate ed accolte fuori dal loro ambiente naturale e per linteresse col quale molte banche convenzionali aprono finestre islamiche per offrire ai clienti musulmani prodotti pi consoni alla loro religione. Ma anche per il potenziale di stabilit insito nel sistema finanziario islamico, coerente col suo forte richiamo ai valori etici e con la manifesta aspirazione ad un ancoraggio reale della finanza Al contempo, tuttavia, la finanza islamica non riuscita a centrare lobiettivo di essere del tutto una realt originale ed innovativa, almeno nella misura in cui il principio della condivisione del rischio (secondo la logica no risk, no gain), che sembrava laspetto qualificante e maggiormente giustificativo della nascita della nuova esperienza, in quanto principio di base della sharia, ha trovato solo applicazione marginale, rispetto ai metodi di finanziamento basati sul criterio del mark-up o su transazioni sostanzialmente neutre dal punto di vista etico. Altrettanto, ha mancato, nei fatti, di rappresentare il braccio operativo di un economia orientata agli imperativi morali dellIslam e alla riconosciuta natura sociale e collettiva dellazione umana. Non avendo, se non in qualche misura, saputo contribuire al miglioramento delle condizioni di vita della generalit degli individui ed in particolare dei poveri dei suoi bacini di utenza prevalenti (Ahsan, 2004, pp.181-200). La finanza islamica pu essere quindi rappresentata, pur con molte attenuanti, come un processo problematico in divenire, per la difficolt di conciliare tradizione e modernit, per il venir meno di quella passione per gli altri che sembrava averne connotato le istituzioni nel loro percorso originario, soprattutto per la fatica di farsi motore e strumento di un sistema istituzionale pi generale, coerente con i principi etici ed i percepiti valori di liberazione e di trasformazione dellIslam. Si tratta, per questa via, di l da ogni pur auspicabile coerenza formale, di ripensare la finanza islamica ancor pi in una visione globale perch possa essere meglio conciliato il carattere lecito dei mezzi da essa offerti con la moralit dei fini e dei risultati, in accordo con un approccio critico del modello economico dominante, che essa pretende o pretendeva di superare.

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