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Di una cosa possiamo essere certi: Giuseppe d’Arimatea non era un mito. E
secondo la leggenda, egli portò il Graal dalla Terra Santa in Inghilterra, a
Glastonbury Tor. Ancora oggi, tra la popolazione locale di Glastonbury, aleggia la
convinzione che in qualche luogo si celi un magico segreto. Nei pressi della collina
(Tor) c’è una sorgente chiamata il "pozzo del calice". In epoca medioevale questo
pozzo fu reso famoso dai monaci dell’abbazia di Glastonbury.
A quel tempo, essi sostenevano che la sorgente dovesse il suo insolito colore
rossastro a una fonte sacra, ovvero il sangue di Cristo che fuoriusciva dal Graal
nascosto. Secondo la storia, però, i monaci di Glastonbury - come la maggior parte
degli ordini religiosi dell’epoca - erano tutt’altro che benestanti, e avrebbero potuto
inventare questa storia per attirare numerosi pellegrini ingenui a un’abbazia che
aveva bisogno di urgenti restauri. Nel corso del XVI secolo il re Enrico VIII separò
l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Di conseguenza, i grandi monasteri cattolici
della Britannia subirono gli attacchi della corona. Fu un’epoca di terrore e di
persecuzione. I monaci di Glastonbury - si disse - fuggirono con il Graal alla volta
del feudo di Nanteos Manor, nel Galles. Qui, fu loro offerto un rifugio. Il priore
divenne il cappellano della famiglia, mentre i monaci lavoravano nella tenuta.
Secondo una leggenda, quando morì l’ultimo monaco, il Graal fu affidato al signore
del feudo e lì rimase per 400 anni. Il Graal - si diceva - era una coppa di scuro legno
d’ulivo dal diametro di una quindicina di centimetri, e per tutto quel tempo, pare
facesse bella mostra di sé nell’abitazione della famiglia. Molti ritengono che alla
morte dell’ultimo signore del feudo, nel 1952, la coppa fu affidata ad altri e sia ora
conservata in luogo segreto.
Quello che è importante non è trovare il Sacro Graal, ma la sua continua
ricerca, la ricerca è il viaggio attraverso la vita stessa, e il Graal dovrà restare
per sempre nascosto, per spingere l’uomo a diventarne degno, cercando di
trovarlo.
La leggenda del Re Pescatore
La più bella leggenda sul Santo Graal.
C'era una volta un ragazzo, che doveva passare la notte nella foresta per dimostrare
il suo coraggio e diventare Re. Mentre passa la notte da solo, è visitato da una
visione sacra. Nel fuoco del bivacco, gli appare il Santo Graal, simbolo della Grazia
Divina. E una voce dice al ragazzo: "Tu custodirai il Graal onde possa guarire i
cuori degli uomini". Ma il ragazzo, accecato dalla visione di una vita piena di
potere, di gloria, di bellezza, in uno stato di completo stupore, si sentì per un attimo
non un ragazzo, ma onnipotente... come Dio. Allungò la mano per prendere il Graal,
e il Graal svanì, lasciandogli la mano tremendamente ustionata dal fuoco.
E mentre il ragazzo cresceva, la ferita si approfondiva, finché un giorno la vita per
lui non ebbe più scopo. Non aveva più fede in nessuno, neanche in se stesso. Non
poteva amare... né sentirsi amato... Era ammalato di troppa esperienza, e cominciò a
morire.
Un giorno, un giullare entrò al castello e trovò il Re da solo. Essendo un semplice di
spirito egli non vide il Re; vide soltanto un uomo solo... e sofferente. E chiese al Re:
"Che ti addolora, amico?". E il Re rispose: "Ho sete, e vorrei un po' d'acqua per
rinfrescarmi la gola". Allora il giullare prese una tazza che era accanto al letto, la
riempì d'acqua e la porse al Re, ed il Re, cominciando a bere, si rese conto che la
piaga si era rimarginata. Si guardò le mani, e vide che c'era il Santo Graal, quello
che aveva cercato tutta la vita. Si volse al giullare e chiese stupito: "Come hai potuto
tu trovare ciò che i miei valorosi cavalieri mai hanno trovato?"
E il giullare rispose: "Io non lo so. Sapevo soltanto che avevi sete"
La storia del Santo Graal
La vera storia del calice di Cristo.
"Hic lapis exilis extat precio quoque vilis, spernitur a stultis, amatur plus ab
edoctis."
(Arnaldo da Villanova)
La leggenda del Santo Graal ha sempre avuto un grande fascino sulle menti dei
medievalisti, e non soltanto: anche registi, ufficiali militari, occultisti e scienziati si
sono introdotti nel mondo misterioso in cui deve entrare chiunque voglia
comprendere che cosa sia stato e sia oggi il Graal. "Il fatto che da otto secoli il Santo
Graal continui a stimolare l'immaginazione di tante generazioni di lettori - diversi
per cultura ed estrazione sociale - costituisce in un certo senso la prova tangibile del
suo magico potere" scriveva Alfredo Castelli nel suo Dizionario dei misteri. Dal XII
secolo, infatti, l'oggetto chiamato "Graal" ha coinvolto milioni di persone in un
dibattito che continua tutt'oggi. Ma che cosa è il Graal?
Secondo alcuni sarebbe un oggetto che fonderebbe le sue origini nella mitologia
pagana celtica o islamica. Molti altri, invece, sostengono che si tratti del Calice in
cui Gesù Cristo istituì l'Eucarestia durante l'Ultima Cena; nel suo interno, il giorno
successivo, Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il Sangue di Cristo, dopo averlo
calato dalla croce.
Gerusal
Palestina
emme
Glaston
Inghilterra
bury
Muntsal Montsegùr,
vach Francia?
Siria, patria dei
Sarras
Saraceni?
Dove si trova Sarras? La città è situata "ai confini dell'Egitto", e dal suo nome
deriverebbe l'aggettivo "saraceno". Potrebbe trattarsi della Siria, della Giordania o
dell'Iraq. Secondo lo scrittore trecentesco Albrecht von Scharffenberg, che scrisse
"Il secondo Titurel", il Graal sarebbe custodito in un castello detto "Turning Castle"
(Castello rotante). Le caratteristiche del castello sono assolutamente simili a quelle
del palazzo persiano chiamato Takt-I-Taqdis, costruito nel VII secolo d.C.: era
possibile farlo ruotare su grandi rulli di legno. Secondo un'altra leggenda nel castello
si sarebbe trovata anche la Santa Croce di Gesù, sottratta da Gerusalemme dal re
Chosroes II, che eresse il castello di Takt, il quale saccheggiò la Città Santa nel 614,
portando la croce in Persia. Si diceva che insieme alla croce si trovasse il Graal.
Quindici anni dopo, nel 629, l'imperatore bizantino Eraclio marciò sulla città di
Takt, portando con sé la Croce a Costantinopoli. Con essa, egli potrebbe aver
portato con sé anche il Graal. Costantinopoli divenne in seguito celebre per essere la
città più ricca di reliquie dell'intera cristianità. La Sindone di Torino, ad esempio, fu
custodita ad Edessa dal 33 d.C. (proprietà di re Abgar) al 15 Agosto 944, giorno in
cui l'imperatore bizantino mandò un esercito ad appropriarsi della reliquia. Il sudario
venne probabilmente preso dai Templari nel 1204, e da qui avrebbe raggiunto Lirey,
in Francia. Come la Sindone, così il Graal potrebbe esser stato trovato a
Costantinopoli durante le Crociate: ciò spiegherebbe il motivo per cui i romanzi del
Graal comparvero improvvisamente sulla scena. Se il Graal raggiunse l'Europa, non
è chiaro dove possa esser custodito. Potrebbe esser stato portato in Italia dai Savoia,
che entrarono in possesso anche della Sindone. Per questo motivo si pensa possa
trovarsi a Torino.
Secondo altri, il Graal sarebbe caduto in mano alla setta dei Catari, e portato nel
castello di Montsegur ove, in questo stesso secolo, fu ricercato da un ufficiale
nazista, Otto Rahn. Ma le teorie sono molte, e sono state raccolte tutte nella sezione
dedicata ai "Luoghi" del Graal, che amplia alcuni dei dati qui presentati e raccoglie
una gran quantità di ipotesi, tra le quali forse qualcuna nasconde un barlume di
verità.
Esistono tutta una serie di storie alternative, prima tra tutte quella proposta da
Steven Spielnerg e George Lucas nel film "Indiana Jones e l'ultima crociata",
ricavata dal Diario di Henry Jones e riportata qui di seguito:
Il Graal è un calice scolpito nel legno di ulivo, utilizzato da Gesù durante l'Ultima
Cena. Dopo la sua morte, avvenuta nel 33 d.C., Giuseppe d'Arimatea lo riempie con
il suo sangue. Dopo una lunga prigionia, Giuseppe porta il Graal a Glastonbury, e
dopo la sua morte, suo cognato Bron lo porta con sè nella fortezza di Monsalvat, sui
Pirenei. Dopo alcuni secoli, Perceval raggiunge il Graal al Monsalvato, e lo porta
nella sua patria, in Galles, nel paese di Mochdref, dove un certo Taliesin ne canta le
lodi:
Argentato come la spuma del mare,
Luminoso come lo specchio di Bronwyn,
Fragrante come la carne di Bldenwedd,
Potente come la spada di Bran;
Intagliato con incanesimi di benedizione
Nella lingua segreta dell'Est,
Questo vaso, il coracle stesso di Dio
Caccia il vecchio di fronte al nuovo.
Prima del 717 il Graal viene trasferito ad Avalon, dove un eremita scrive in un
diario (ritrovato dal professor Charles B.Hawken di Oxford) di aver visto
Intorno al 950, i vichinghi saccheggiano la città di Iona, portando il Graal verso est.
Si ha notizia del saccheggio grazie ad un frammento ritrovato nell'Abbazia di
Cantanez, che recita:
Il Graal giunge in una zona nei pressi di Kiev, e da qui viene portato a Gerusalemme
(forse da mercanti).
Nel 1150, tre fratelli partono per la prima crociata, ed in fondo ad un canyon stretto
fra alti monti ritrovano il Graal. Uno di essi rimane a custodirlo, il secondo muore
durante il viaggio di ritorno e viene sepolto a Venezia, il terzo raggiunge Cantanez
in Francia. Nel 1250 circa, l'ultimo cavaliere racconta la storia del Graal ad un frate
francescano, che la trascrive in un manoscritto. Il frate muore nel 1267, rivelando ad
un fisico ebreo che lo vegliava di essere perseguitato dal terrore della dannazione
eterna, per esser stato per anni a conoscenza della locazione del Graal.
Dal XIV secolo in poi, le leggende sul Graal si moltiplicano. Cominciano ad
apparire false reliquie, e alcuni uomini riescono ad avvicinarsi al luogo che
custodisce il Graal.
Paolo da Genova, mercante, scriove di aver incontrato durante i suoi viaggi una
tribù in Turchia, che gli dissero di aver visto una grande coppa protetta da un
cavaliere cristiano e da congegni difensivi letali
Henry Jones, all'inizio del XX secolo, scopre in alcuni scritti di Sant'Anselmo che le
prove da superare per raggiungere il Graal ammontano a tre:
Prima, il respiro di Dio,
solo l'uomo peninente potrà passare.
Seconda, la parola di Dio;
egli procederà solo sulle orme di Dio.
Terza, il sentiero di Dio,
solo montando la testa del leone egli proverà il suo valore.
Da secoli è in corso una ricerca senza fine di una reliquia introvabile. Nel
Medioevo i cercatori si chiamavano Perceval, Galahad, Bors e Lancillotto. Ancora
oggi esistono uomini che dedicano la vita alla "ricerca". Molti conoscono
l'impossibilità di raggiungere il fine dei loro sforzi, ma è la queste stessa a donare
ad essi un cuore nuovo e una consapevolezza della realtà più alta e nobile. Perché
si cerca il Graal?
Ognuno ha il suo Graal, diverso per forma, natura e significato. Questa pagina
suggerisce un significato che si può dare alla ricerca: si tratta di una visione
cristiana del Graal, ed in questa chiave vengono rilette le vite di cinque cavalieri. In
ognuno si ritroveranno le qualità principali che possono risiedere nel cuore degli
uomini di oggi. E ognuno di noi potrà, ogni giorno, ritrovare il Graal: non quello di
legno o coccio, ma qualcosa di enormemente più grande.
Galahad
"...si inginocchiò davanti alla Tavola del Graal, recitò le sue preghiere e poi
improvvisamente la sua anima si separò dal corpo, e una grande moltitudine di
angeli la portò in alto nei cieli, sotto gli occhi dei suoi compagni..."
Perceval
"...Una fanciulla molto bella, slanciata e adorna veniva coi valletti e aveva tra
le mani un graal. Perceval la vide passare, ma a nessuno osò domandare a chi
si presentasse il graal nell'altra sala..."
Perceval fu allevato nel profondo della foresta senza sapere nulla di
cavalieri e di cavalleria. Ma fu proprio questa una delle caratteristiche che
permisero al giovane eroe di giungere così vicino al centro del mistero,
tanto da diventare un Custode del Graal. E questo per la semplicità con cui
viveva, tanto che prese il nome proprio dall'aggettivo con cui veniva
appellato: il puro folle, parsi fal, Parsifal o Perceval. Questa profonda
innocenza lo rende inattaccabile alle tentazioni subite sia da Galahad, sia
da Bors. Per lui le donne sono come fiori, creature luminose destinate dalla
natura a prendersi cura di lui. I suoi combattimenti con altri cavalieri si
svolgono come in una dimensione di sogno, come se queste imprese
avessero poca importanza per lui. Egli ha la mente rivolta soltanto alla
Ricerca, e supera le prove che deve affrontare semplicemente, come se
non esistessero. Si tratta di quell'atteggiamento che permette di superare le
difficoltà della vita senza perdersi d'animo, con lo sguardo sempre puntato
verso la meta da raggiungere: quella della santità. E' quel vivere distaccato
dai problemi, senza permettere che essi possano sopraffarci né mutare il
nostro essere. E' quell'accettare la croce di ogni giorno senza lamento, ma
con una lode continua a Dio.
Bors
"...Bors è colui che è venuto a portare testimonianza alla verità del mistero
stesso..."
Bors è il meno celebre dei cavalieri del Graal. Cugino di Lancillotto, vive
un po' nell'ombra del suo parente più famoso. E' l'unico ad essere sposato:
in questo modo, penetra la natura e il mistero dell'amore umano in un
modo che è negato agli altri suoi compagni. Si tratta della figura dell'uomo
comune, che tuttavia non teme di lanciarsi in una ricerca sovrannaturale.
Gesù ha detto: "Ti ringrazio Padre, perché hai nascosto queste cose ai
sapienti, e le hai rivelate agli umili". Il suo messaggio è rivolto ai semplici,
non soltanto agli eroi. Per questo, ancora oggi, esistono molte persone
comuni che hanno deciso di spendere la propria vita per un ideale che non
è visibile, ma sovrannaturale. Si tratta di una scommessa sulla quale hanno
fondato la propria vita, proprio come Bors, che pur vivendo nel mondo, è
in grado di raggiungere la meta che si è prefissata: il Graal. Un particolare
è importante da sottolineare nella sua ricerca: egli è l'unico a tornare a
Camelot quando la ricerca è terminata, per riferire ad Artù e al resto del
mondo tutto ciò che è avvenuto. Si tratta, dunque, di colui che ha portato
testimonianza alla verità del mistero del Graal, e che ha ritenuto
importante rivelare a tutti la sua scoperta. E' lo stesso entusiasmo con cui il
cristiano vuole spendere la sua vita per testimoniare ciò che ha trovato: la
gioia per la scoperta di un Dio che ama tutti immensamente, e che propone
una vita che dà la felicità.
Lancillotto
"...Allora Lancillotto guardò nel centro e vide una tavola d'argento e il Sacro
Vaso coperto di sciamito rosso e circondato da molti angeli. entrò nella
cappella e si avvicinò alla tavola d'argento. E allora sopravvenne un gran
soffio di vento misto a fuoco che lo investì con tanta forza che egli cadde a
terra senza poter alzarsi e perdette l'uso delle membra, dell'udito e della
vista..."
E' il cavaliere che ha fallito la sua ricerca: coinvolto dal fallace splendore
del mondo, ha messo al primo posto nella sua vita una donna, Ginevra,
piuttosto che Dio. Nonostante egli sia sincero e veramente disponibile a
lasciare da parte ogni desiderio terreno per dare la scalata alle vette
spirituali della Montagna del Graal, questo non è ancora sufficiente perché
la ricerca abbia buon fine. Egli giunge al Graal, ha la possibilità di vederlo
per un attimo, ma non riesce ad avvicinarsi a lui. Si tratta della stessa
sensazione che prova colui che ha l'animo offuscato dall'amore per una
donna: si rende conto della presenza di Dio, ma non riesce a proseguire il
cammino verso di lui perché frenato dai legami che ha instaurato. Soltanto
vivendo un amore aperto a Dio, l'uomo può evitare di lasciarsi legare a
terra: i due, allora, sono in grado di levarsi insieme verso l'infinito, e di
sostenersi nel cammino a lui. L'amore di Lancillotto, invece, non ha questi
intenti: la sua relazione con Ginevra, moglie di Artù, lo porta a
commettere un peccato di adulterio che lo separerà da Dio: quella di
peccare è una sua scelta consapevole, che sconterà quando davanti al Graal
cadrà a terra, investito da un vento di fuoco. Sarà lui a riconoscere il suo
errore: "tutte le mie grandi imprese di guerra le ho compiute per amore
della regina e per suo amore io ho combattuto, senza badare se fosse giusto
o sbagliato, e mai ho combattuto per amore di Dio ma solo per
guadagnarmi affetto e per essere amato".
Dio accoglie il suo pentimento, benedendo la sua discendenza e
concedendo il privilegio di ritrovare il Graal al figlio di Lancillotto,
Galahad, nato dalla principessa del Graal Elayne.
Dindraine
Della più antiche e moderne storie sulla ricerca del Graal, Perceval non è soltanto
uno dei cavalieri del Graal: egli è "il" Cavaliere del Graal per eccellenza. Egli
appare per la prima volta nell'incompleto Perceval o Conte del Graal (ca.1190) di
Chrétien de Troyes. La storia, poiché non terminata, ha ispirato una serie di
"continuazioni", nella terza delle quali (del 1230 ca.) - scritta da un certo Manessier
- Perceval raggiunge il Graal. (Una storia analoga a quella di Chrétien si trova nel
romanzo gallico del XIII secolo, Peredur) La storia di Chrétien fu l'ispirazione per
uno dei più grandi poemi del Medioevo, il Parzival di Wolfram von Eschenbach (ca.
1200-1210). Come nella storia di Chrétien, il Parzival di Wolfram è inizialmente
innocente e ingenuo, essendo stato tenuto lontano dai pericoli della cavalleria da sua
madre. in entrambe le versioni Perceval/Parzival è ospite del ferito Re Pescatore
(chiamato Anfortas da Wolfram, mai nominato - invece - da Chrétien) al cui castello
egli assiste ad una processione durante la quale gli passa davanti il Graal. In
entrambi i casi, egli non pone una domanda fatidica - poiché gli era stato detto di
non esser scortese ponendo troppe domande. La domanda riguardava la natura di ciò
che stava vedendo, e le cause del dolore di Anfortas. Questo errore è fatale poiché se
avesse posto la domanda, il re sarebbe guarito. Altre versioni medioevali della storia
di Perceval si possono trovare nei testi francesi conosciuti sotto il nome di Didot-
Perceval e Perlesvaus (anche chiamato The High Book of the Grail o Le Haut Livre
du Graal).
Perceval è il protagonista del romanzo del XIV secolo Sir Perceval of Galles, basato
prevalentemente sul racconto di Chrétien con l'omissione, però, del tema del Graal.
Perceval è uno dei tre cavalieri del Graal nel Le Morte d'Arthur di Sir Thomas
Malory: gli altri due sono Galahad e Bors. Perceval funge da narratore di un
dramatic monologue che ispirò l'opera di Tennyson "The Holy Grail". Qui, la
maggior parte di ciò che dice Perceval, si riferisce a Galahad e fa di lui il più
importante Cavaliere del Graal. Richard Wagner, che si ispirò prevalentemente a
Wolfram von Eschenbach, pensò di semplificare enormemente la trama di Wolfram,
e scrisse l'opera teatrale del Parsifal nel 1882. Come nei racconti medievali Parsifal
è presentato inizialmente come "folle" ma puro abbastanza per curare le ferite di
Anfortas e diventare lui stesso il custode del Graal.
Nel XX secolo parlano di Perceval/Parsifal la poesia "Parsifal" di Arthur Symons,
alcuni poemi arturiani di Charles Williams, The Birth of Parsival (1905) di Robert
Trevelyan e The New Parsifal: An Operatic Fable (1914), e il romanzo Percival and
the Presence of God (1978) di Jim Hunter, Parsifal (1988) di Peter Vansittart, e la
tetralogia di Richard Monaco (che contiene Parsival [1977], The Grail War [1979],
The Final Quest [1980], e Blood and Dreams [1985]). Uno dei film più interessanti
è Perceval le Gallois (1978) di Eric Rohmer, una revisione molto accurata del Conte
del Graal di Chrétien. La storia di Perceval è riletta in chiave moderna nel film The
Fisher King, in italiano "La leggenda del Re Pescatore" (1990).
TESTI:
• Tennyson, Alfred, Lord (1809-1892), "The Holy Grail" da The Idylls of the
King
• Weston, Jessie (1850-1928), "Knights of King Arthur's Court" (1896)
BIBLIOGRAFIA
La maggior parte delle teorie sui possibili nascondigli del Graal si trova
nella completa Enciclopedia dei Misteri - I Segreti di Re Artù. Esiste
inoltre una ricchissima "Guida ai luoghi misteriosi d'Italia", in cui si
trovano numerosi riferimenti alle tracce del Graal in Italia. Questa sezione,
dunque, è suddivisa in due sezioni:
• Il Graal nel mondo
• Il Graal in Italia
.
Fu oggetto di dibattito in vari Concili ecclesiastici europei, dove gli inglesi poterono
vantare un collegamento con il cristianesimo molto precedente a quello di Roma. Al
Concilio di Pisa nel 1409 si discusse persino se fosse venuto in Occidente prima
Giuseppe o Maria Maddalena. Negli Annales Ecclesiasticae del 1601, il
bibliotecario vaticano cardinale Baronio annotò che Giuseppe di Arimatea giunse
per la prima volta a Marsiglia nel 35 d.C. Da lì, andò in Britannia con i suoi
compagni a predicare il Vangelo. Questo veniva confermato molto prima dal
cronista Gildas III (516-570) nel De Excidio Britanniae, dove egli affermava che i
precetti del cristianesimo furono portati in Britannia negli ultimi giorni
dell'imperatore Tiberio Cesare che morì nel 37 d.C. Ancora prima di Gildas,
eminenti uomini di chiesa come Eusebio, vescovo di Cesarea (260-340) e sant'Ilario
di Poitiers (300-367) scrissero di antiche visite apostoliche in Britannia. Gli anni 35-
37 d.C. sono quindi fra le prime date indicate come inizio dell'evangelismo
cristiano. Corrispondono a un periodo di poco successivo alla Crocifissione e
precedente al tempo in cui Pietro e Paolo erano a Roma e ai Vangeli del Nuovo
Testamento.
Un personaggio importante nella Gallia del secolo era san Filippo. Gildas e William
di Malmesbury lo descrissero come l'ispiratore della missione di Giuseppe in
Inghilterra. Il De Sancto Joseph ab Anmathea afferma: «Quindici anni dopo
l'Assunzione [vale a dire nel 63 d.C.], lui [Giuseppe] venne da Filippo apostolo fra i
Galli». Nel IX secolo, Freculfo, vescovo di Lisieux, scrisse che san Filippo
inviò poi la missione dalla Gallia in Inghilterra «per recare colà la buona
novella del verbo di vita e predicare l'incarnazione di Gesù».
Al loro arrivo nell'Inghilterra sud-occidentale, Giuseppe e i suoi dodici missionari
furono guardati con un certo scetticismo dagli abitanti del luogo, ma vennero accolti
abbastanza cordialmente dal re Arvirago di Siluria, fratello di Caractaco il
Pendragone. Dopo essersi consu1tato con altri capi, concesse a Giuseppe dodici
hides di terra a Glastonbury, pari a circa seicento ettari (un hide è un pezzo di
terreno agricolo considerato sufficiente per mantenere una famiglia per un anno con
un aratro, che nel Somerset [la zona di Glastonbury] equivale a 120 acri, circa 48,5
ettari). Qui costruirono la loro chiesetta, unica del genere, sul modello dell'antico
Tabernacolo ebraico. E fu forse in questa piccola chiesa che nascosero il Graal.
Ancora oggi, tra la popolazione locale di Glastonbury, aleggia la convinzione che in
qualche luogo si celi un magico segreto.
Secondo la storia, però, i monaci di Glastonbury - come la maggior parte degli
ordini religiosi dell’epoca - erano tutt’altro che benestanti, e avrebbero potuto
inventare questa leggenda per attirare numerosi pellegrini ingenui a un’abbazia che
aveva bisogno di urgenti restauri. Nel corso del XVI secolo il re Enrico VIII separò
l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Di conseguenza, i grandi monasteri cattolici
della Britannia subirono gli attacchi della corona. Fu un’epoca di terrore e di
persecuzione. Nel 1582 un calice di olivo fu davvero rinvenuto, ma alcuni ritengono
che fosse soltanto un oggetto rituale dei Celti. I monaci di Glastonbury fuggirono
con il calice ritrovato alla volta del feudo di Nanteos Manor, nel Galles. Qui, fu loro
offerto un rifugio. Il priore divenne il cappellano della famiglia, mentre i monaci
lavoravano nella tenuta. Secondo una leggenda, quando morì l’ultimo monaco, il
Graal fu affidato al signore del feudo e lì rimase per 400 anni. Il Graal - si diceva -
era una coppa di scuro legno d’ulivo dal diametro di una quindicina di centimetri, e
per tutto quel tempo, pare facesse bella mostra di sé nell’abitazione della famiglia.
Molti ritengono che alla morte dell’ultimo signore del feudo, nel 1952, la coppa fu
affidata ad altri e sia ora conservata in luogo segreto.
• Castello di Gisors (FRANCIA)
Un Cavaliere Templare, Jean de Chalon, interrogato dall'Inquisizione rivelò che,
poco prima che la furia papale e del re di Francia si scatenasse sull'ordine, un
convoglio composto da tre carri partì verso la Manica. In mare li aspettava una flotta
di diciotto navi. Ma il convoglio non raggiunse mai la costa: probabilmente si era
fermato a Gisors. Un celebre occultista francese, Gerard de Sede, in base a certe
informazioni avute da un suo giardiniere, era convinto che sotto il castello di Gisors
esistessero dei sotterranei misteriosi. Così De Sede insistette perché fossero svolte
delle ricerche. Si scontrò con un muro di diffidenza e di omertà, finché nel 1970
vennero eseguiti alcuni scavi. Vennero alla luce undicimila monete del XII secolo.
Più tardi, nel 1976, fu rintracciata una cripta rettangolare di 125 metri quadrati che
non figurava in nessuna planimetria del castello. Dopo quella scoperta gli scavi
furono interrotti per ordine del governo, e della cosa non si parlò più. Il giardiniere
che raccontò del castello a Gerard de Sede aveva scavato una galleria sotto la torre
denominata "del prigioniero": dopo uno scavo di 21 metri aveva trovato una grande
cappella che, secondo lui, conteneva 13 statue (forse Cristo e gli apostoli),
diciannove sarcofagi in pietra e trenta cofani di metallo in tre file da dieci. La
galleria fu fatta interrare, e nessuno gli credette.
Soltanto dopo molte fatiche ed ostacoli egli riuscì a trovare le prove dell'esistenza
storica della cappella: in un manoscritto del '600 rinvenne la descrizione della
"cappella di Santa Caterina", con tredici sarcofagi e diciannove sarcofagi.
Forse i Cavalieri Templari (che secondo Wolfram von Eschenbach sarebbero stati
custodi del Graal) avrebbero nascosto il loro tesoro nei sotterranei del castello di
Gisors, e il ricercatissimo "tesoro dei Templari" comprenderebbe anche il Santo
Graal, che i Cavalieri avrebbero ritrovato in Terrasanta. Secondo alcuni si
tratterebbe del Baphomet, idolo della Setta degli Assassini, affidato, dopo la
scomparsa della setta, ai Templari.
• Provenza (FRANCIA)
Secondo Alfred Weisen il termine Graal deriverebbe dalla contrazione di Gross Aal,
ovvero "Grande tempio" in una lingua dimenticata. Il tempio cui si riferisce sarebbe
costituito da una zona delle Gorges du Verdon, in Provenza, delimitata dal disegno
di uno zodiaco di 15 chilometri di diametro tracciato sul terreno da fiumi e sentieri,
e visibile solo da alta quota.
• Shropshire (INGHILTERRA)
Ho ricevuto una e-mail riportante queste notizie: "Alcuni sostengono che il Graal sia
custodito in una fattoria dello Shropshire, ed è realizzato in legno d'ulivo. Col
passare degli anni, il legno si è consumato, ed è rimasta solo la mezza coppa
sinistra. E' stata consegnata alla famiglia che vi abita qualche secolo fa, e si dice
avesse poteri curativi. Chi in paese fosse malato, si recava nella casa e beveva un
sorso d'acqua dalla coppa."
• Galles
Si racconta di una comunità nel Galles che faceva la guardia ad una coppa di
terracotta contenuta in un calice d'oro. Aveva poteri taumaturgici ed era un potente
strumento di benessere se si trovava nelle mani giuste.
Nel 1880 un gruppo di studiosi, interessati ad argomenti esoterici come la Cabala e
la divinazione con i Tarocchi, decisero di distruggere il Santo Graal. Nei dieci anni
successivi il Graal fu più volte trasferito e nascosto, finchè trovò un posto sicuro.
Tuttavia un Guardiano tradì gli altri e il Graal fu portato via. Una messa nera fu
celebrata sul Graal per annullare il suo potere, e in seguito fu fatto a pezzi.
• Takht-I-Sulaiman (IRAN)
La fortezza di Takht-I-Sulaiman, centro principale del culto di Zoroastro, è
straordinariamente simile al castello del Graal descritto da Wolfram von
Eschenbach. Alcuni identificano Takht-I-Sulaiman con la mitica "Sarraz" in cui il
Santo Graal sarebbe da secoli custodito. Altri dati nella sezione sulla Storia del
Graal.
• Valencia (SPAGNA)
Nel 713 il vescovo aragonese Audebert avrebbe nascosto nella caverna di
San Juan de la Pena il Graal. All'inizio del XII secolo la coppa fu affidata
ai Catari, per timore che potesse esser distrutta dagli Arabi che erano
penetrati nella regione. Quando i Catari vennero dispersi, la coppa fu
riportata in Spagna e nascosta nella stessa caverna, questa volta sotto la
protezione di Don Martin.Più tardi la coppa venne identificata con la un vaso
contenuto nella cattedrale di Valencia che era stato ritenuto sino ad allora il vaso
donato al re Salomone dalla regina di Saba.
La Chiesa Gran Madre di Dio venne deliberata nel 1814, in occasione del ritorno dei
Savoia a Torino, dopo l'occupazione napoleonica, e costruita nel 1831 da
Ferdinando Bonsignore in forme neoclassiche, su modello del Pantheon di Roma.
La cripta è adibita a Ossario dei Caduti della guerra 1915-18, e accoglie i resti di
molte delle cinquemila vittime torinesi della prima guerra mondiale. La chiesa è
preceduta da una scenografica scalinata, con ai lati le statue della Religione a destra
e della Fede a sinistra, dovute a Carlo Chelli.
Queste statue raffigurano donne prosperose e sono piuttosto strane nei loro dettagli.
La donna di destra, dallo sguardo fiero, ha in fronte il triangolo con l'occhio divino,
e ai piedi la tiara papale; un angelo inginocchiato le porge le Tavole della Legge.
toccandole con i lembi della veste. La mano destra, oggi mancante, sorreggeva in
origine una croce.
L'altra donna (la Fede), anch'essa assistita da un angelo, tiene nella mano destra un
libro aperto, e nella sinistra un calice levato verso il cielo. Secondo alcune
interpretazioni, questo calice rappresenterebbe il Graal, mentre la direzione in cui
guarda la statua e altri particolari fornirebbero segrete indicazioni per scoprirne il
mistero. Lo stesso nome della chiesa è piuttosto curioso; certamente insolito fra
titoli mariani; esiste in Italia un solo santuario con il medesimo titolo, a Fidenza
(PR). Sembrerebbe davvero ricordare la vicinanza sapienziale fra gli antichissimi
culti pagani della Grande Madre e la venerazione cristiana della Madonna.
Un'altra scultura di personaggio femminile che reca un calice simile a quello della
Gran Madre si trova nella facciata della chiesa dei Ss. Martiri (sulla centrale via
Garibaldi), dedicata ai patroni della città.
Secondo una letteratura forse fin troppo abbondante, intera città di Torino avrebbe
una spiccata natura "magica". Per sostenere questa tesi, vengono portati alcuni
argomenti: particolari riti di fondazione all'origine del centro abitato, l'esistenza di
luoghi carismatici e monumenti simbolici, insoliti episodi di storia cittadina e
l'attuale abbondanza di associazioni esoteriche e personaggi bizzarri
(più o meno raccomandabili). Tutto questo sarebbe dovuto alla presenza di potenti
correnti telluriche modulate dall'unione di un fiume maschile (il Po) con uno
femminile (la Dora). Si apprende inoltre che Torino avrebbe una doppia "polarità":
quella positiva, con centro in piazza Castello, sarebbe in sintonia con le altre città
magiche di Lione e Praga; quella negativa, con centro in piazza Statuto, si
troverebbe in accordo con Londra e San Francisco.
Si veda l'immagine tratta dal fumetto Welcome to Italy, edito da Sergio Bonelli
Editore.
• Siena
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Il Duomo di Siena è il massimo monumento cittadino e una delle più splendide
creazioni dell'architettura gotica in Italia. Si tratta anche di uno dei monumenti più
"magici" della penisola, non solo per la suggestiva bellezza dell'impianto cittadino,
non solo per l'eccezionale ricchezza artistica, non solo per la straordinaria profondità
dei contenuti simbolici, ma anche per un "qualcosa" di indefinibile, eppure ben
percepibile che si può avvertire al suo interno. E' una sottile esaltazione dell'animo,
un'illuminazione dello spirito. C'è chi narra esperienze estatiche, c'è chi dice di aver
sentito la presenza di Dio. Questa arcana sensazione è così intensa e particolare che
indusse Richard Wagner a chiedere ad un suo amico pittore di inviargli dei bozzetti
dell'interno del Duomo senese perché servissero da modello per il tempio del Santo
Graal nel suo Parsifal.
L'Abbazia di Sal Galgano è un monumento fra i più insigni dello stile gotico-
cistercense in Italia; fondata alla fine del sec. XII, divenne un importante centro
religioso. Il fascino dell'edificio è davvero notevole, con il cielo aperto per tetto e la
terra di un prato per pavimento: fiori e stelle. Poco più in alto sorge la primitiva
chiesetta di S. Galgano, di forma circolare, dall'originalissima architettura romanica;
al centro di essa si vede un masso con una spada confitta, dall'occulto significato
simbolico.
Secondo la tradizione, infatti, in questo luogo il nobile cavaliere Galgano Guidotti
(1148-1181), di Chiusdino, confisse la sua spada nella roccia per adorarne l'elsa in
forma di croce; in quel momento fu convertito alla santità da una sfolgorante
apparizione dell'arcangelo Michele. Galgano visse da eremita gli ultimi anni della
sua vita, erigendo attorno al masso una cappella, poi destinata a divenire l'attuale
chiesetta.
I Cistercensi di Casamari ottennero di costruire in onore di Galgano, canonizzato nel
1185, un oratorio e un edificio, nucleo dell'Abbazia, che rapidamente crebbe in
splendore e potenza.
La spada attuale sostituisce la precedente, spezzata nel tentativo di estrarla; il masso
è stato protetto da uno spesso cristallo.
Un prezioso reliquiario della testa di san Galgano, proveniente dall'Abbazia, si trova
oggi nella Sala del Tesoro del Museo dell'Opera Metropolitana di Siena.
Questa tradizione della spada di san Galgano richiama quella notissima della "spada
nella roccia" del leggendario re Artù. Narra il mito che alla morte di Uther, sovrano
inglese senza eredi, si trovò nella città di Londra una prodigiosa spada
profondamente infissa nella roccia: chiunque fosse riuscito ad estrarla sarebbe
diventato di diritto re d'Inghilterra. Ma per far questo era necessaria purezza di cuore
e non forza fisica: la magica spada cedette solo alla nobiltà d'animo e alla saggezza
di Artù, che divenne poi il fondatore di un'eletta cerchia di cavalieri (la Tavola
Rotonda). È interessante notare che a opera di alcuni narratori le gesta esoteriche di
Artù e dei suoi cavalieri - compresa la "cerca" del Graal - divennero assai note in
Europa durante il secolo XII, proprio all'epoca della leggenda di san Galgano.
Infine, il nome stesso di Galgano è assai simile a quello di uno dei cavalieri
arturiani, Galvano.
• Aosta.
Ogni anno nella città di Aosta si tiene la "Foire de Saint Ours", fiera patronale
dedicata a Sant'Orso che risale ad oltre mille anni fa. In quell'occasione, artigiani in
grande numero espongono gli utensili e oggetti più disparati, molti dei quali di rara
produzione e notevole livello artistico e tecnico. Non manca la "grolla", la famosa
coppa da vino lavorata in legno, usata per fraterne bevute collettive, e che la
tradizione vuole derivata dal Graal, il sacro calice dei mitici cavalieri di Re Artù.
.
• Cannobio (VB)
.
Ascona e la vicina Locarno sono legate alla nascita di un sorprendente movimento
ideale spontaneo - naturista e pacifista - che si alimentò grazie all'influenza di
numerosi personaggi assai diversi fra loro ma animati da grandi sogni di
rinnovamento dell'umanità.
Tutto iniziò con l'esule russo Bakunin, teorizzatore di un’utopia sociale di
ispirazione anarchica, che vi soggiornò tra il 1869 e il 1874.
Dai 1885- e fino al 1928 - la baronessa russa Antonietta di Saint-Léger trasformò le
isole di Brissago in un meraviglioso paradiso botanico. Nel 1889 il teosofo
locarnese Alfredo Pioda fondò sul colle Monescia alle spalle di Ascona una
comunità utopistica che in seguito altri (Ida Hofmann, Henri Oedenkoven, i fratelli
Karl e Gusto Graser) trasformarono nella cooperativa dl "Monte Verità", che diede
il nome all'altura stessa. Nel 1905, l’anarchico tedesco Erich Muhsam propose che
questo luogo divenisse una sorta di repubblica per tutti i perseguitati del mondo. Ma
saranno soprattutto scrittori, artisti e filosofi d'ogni sorta a frequentare Monte Verità.
Uno degli ospiti più illustri di Monte Verità fu Cari Gustav Jung, ideatore della
psicologia analitica. Ne rimane traccia nell’importante e attiva fondazione junghiana
Centro Eranos - che è tuttora esistente - creata nel 1928 nella vicina frazione Moscla
da Olga Frobe-Kapteyn, spirito poliedrico di intellettuale. La donna era anche
un'artista, e innalzò un'interessante pietra scolpita con l’immagine del Graal e
dedicata all'ignoto genius loci (il principio spirituale del luogo).
Tutte le teorie sul Graal
Questa sezione è divisa in due parti.
• Ipotesi sulla natura del Graal - di Mariano Tomatis: presenta una lista di teorie sulla
natura del Graal.
• Un'introduzione alle teorie moderne sul Santo Graal - di Chris Thornborrow: traduzione
italiana di Mariano Tomatis.
• Un calice
Secondo l'immaginario collettivo, il Graal non è altro che il calice utilizzato da
Cristo durante l'ultima cena, nel quale Giuseppe d'Arimatea ha raccolto il sangue
della crocefissione. Dovrebbe essere di legno d'ulivo.S ono disponibili altre
informazioni nell'articolo "Un'introduzione alle teorie moderne sul Santo Graal".
• Una pietra
Secondo Wolfram von Eschenbach si tratterebbe di una pietra preziosa - uno
smeraldo - che faceva parte della corona di Lucifero, caduta sulla terra (lapis ex
coelis) durante lo scontro tra gli angeli del bene e gli angeli del male. Set, figlio di
Adamo ed Eva, ritornando nel giardino di Eden alla ricerca di un rimedio per la
malattia di suo padre, trovò il Graal, cura per le malattie di tutti gli uomini. Sono
disponibili altre informazioni nell'articolo "Un'introduzione alle teorie moderne sul
Santo Graal".
• La pietra filosofale
Alcune proprietà straordinarie del Graal farebbero pensare che si tratti della pietra
filosofale. Wolfram von Eschenbach, inoltre, definì il Graal Lapis Exillis, che
potrebbe essere una forma corrotta di Lapis Elixir, la pietra filosofale. Sono
disponibili altre informazioni nell'articolo "Un'introduzione alle teorie moderne sul
Santo Graal".
• L'Arca dell'Alleanza
Secondo Graham Hancock si tratterebbe dell'Arca dell'Alleanza. La sua teorie si
fonda su alcuni presunti nessi logici tra il Graal e l'Arca perduta, ritrovati sui testi
biblici e i testi Graaliani. I suoi studi sono raccolti nel libro "The Sign and the Seal -
A Quest for the Lost Ark of Covenant" (si veda la sezione testi).
• Il libro di Gesù
Stando al testo medievale Grand-Saint-Graal, il Graal sarebbe un Libro, associato
ad una luce accecante. Sulla copertina ci sarebbe scritto: "Ha qui Inizio la Lettura
che tratta del Santo Graal - Ha qui Inizio il Grande Terrore", e sarebbe stato scritto
da Gesù stesso. Conterrebbe la genealogia di Cristo.
• Un oggetto mutante
Nel Perslevaus il Graal è descritto come un oggetto che può assumere differenti
forme:
• Un calice;
• Un Tailleoir, ovvero un piatto d'argento;
• Una spada spezzata;
• Una lancia;
• Un Libro segreto.
Il calice avrebbe raccolto il Sangue di Gesù, il piatto d'argento avrebbe sorretto la
testa di Giovanni Battista, la spada avrebbe reciso la testa del Battista, la lancia
sarebbe appartenuta a Longino, che trafisse il costato a Gesù, il libro sarebbe un
Vangelo scritto direttamente da Gesù.
• Un portaprofumi
Secondo Graham Phillips, il Graal consisterebbe nel portaprofumi che Maria
Maddalena utilizzò per profumare i piedi di Gesù. In Inghilterra è stato trovato un
piccolo calice di onice, che secondo l'autore di "La ricerca del Santo Graal", sarebbe
il calice della Maddalena, detto "Calice Mariano".
• La Santa Sindone
In un interessante saggio, Daniel C. Scavone suggerisce che il Graal non sia altro
che la Sindone. Entrambi gli oggetti sono associati a Giuseppe d'Arimatea, entrambi
sono legati al sangue di Cristo ed entrambi hanno una radice comune: il Graal
deriverebbe da "graduale", "per gradi". Anche la Sindone era mostrata
"gradualmente" ai fedeli, in quanto veniva scoperta poco a poco. E' disponibile la
traduzione italiana, da me eseguita, dell'articolo Joseph of Arimathea, the Holy Grail
and the Turin Shroud.
• La stirpe di Gesù
Secondo tre studiosi, Lincoln, Baigent e Leigh, Santo Graal sarebbe corruzione del
termine Sang Real, il sangue reale, che scorre nelle vene dei discendenti di Gesù.
Questi avrebbe avuto dei figli dalla Maddalena, che sarebbero migrati in Francia e
avrebbero creato la dinastia capetingia. La bizzarra teoria è espressa sul libro "The
Holy Blood and the Holy Grail" (si veda la sezione testi). Sono disponibili altre
informazioni nell'articolo "Un'introduzione alle teorie moderne sul Santo Graal".
• La lampada di Aladino
• Il vello d'oro
• Il Baphomet
La Coppa di Cristo.
Quando uscì al cinema Indiana Jones e l'Ultima Crociata, divenne chiaro per molti
che la leggenda del Graal non era morta. Il film apparentemente descrive il Graal
come la coppa di Cristo. Ma esaminando più in dettaglio il copione, si nota come il
Graal è descritto anche come una sorta di consapevolezza, di un cammino verso
Dio. In particolare il Professor Jones replica alla domanda "Che cosa hai trovato?"
con la risposta: "L'Illuminazione". Il Professor Brody, inoltre, aggiunge che "La
ricerca della Coppa di Cristo è la ricerca del Divino che è in noi."
In ogni caso, il film è un perfetto esempio di come gran parte delle persone
considerino il Graal come la Coppa di Cristo. Il Calice utilizzato durante l'Ultima
Cena dal quale i discepoli bevvero il vino che si era tramutato nel sangue di Gesù, e
la stessa coppa in cui Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Gesù versato
durante la crocefissione.
Le leggende che descrivono gli eventi occorsi al Graal e a Giuseppe sono molte e
diverse. La più celebre racconta che Giuseppe, sua sorella e suo cognato avrebbero
lasciato Gerusalemme, navigando verso la Francia. Qui, Giuseppe lasciò la sorella e
suo marito, imbarcandosi per l'Inghilterra, dove fondò la prima chiesa Cristiana a
Glastonbury. Alcune leggende sostengono che egli avrebbe affidato la coppa a suo
cognato [Bron, N.d.T.], altre che l'avrebbe portato con sé a Glastonbury, che ancora
oggi è un luogo associato alle leggende sul Graal.
Attualmente le leggende del ciclo arturiano includono la storia della Coppa di
Cristo. Non fu sempre così. Già esisteva nelle storie relative ad Artù un oggetto
chiamato Graal, che venne soltanto in seguito cristianizzato e identificato con la
Coppa di Cristo. Il Graal era un a misterioso oggetto mai descritto in dettaglio. La
prima storia a menzionarlo, scritta da Chrétien de Troyes, restò incompleta,
permettendo a molti scrittori di dare ognuno la propria interpretazione sulla storia.
Gli studiosi si dividono intorno alla interpretazione da dare a questo materiale
letterario: se per alcuni sono le migliori opere di pseudo-storia, per altri si
tratterebbe di semplici e ingenue costruzioni romantiche.
La coppa viene associata ad alcuni poteri:
• Capacità taumaturgiche e curative.
• Conoscenza del divino e possibilità di comunicare con Dio.
• Immunità dal male o da sguardi malvagi.
• Capacità di dispensare cibo o doni in genere.
• Richiamo per tutti coloro che ne sono degni.
L'Urim e il Thummim.
Lady Flavia Anderson presentò una teoria completamente nuova sul Graal nel suo
libro The Ancient Secret. Ella scrive che il Graal è una sfera di vetro riempita
d'acqua, sorretta dai rami di un albero. La scrittrice sostiene che i due oggetti, albero
e sfera, sarebbero appartenuti alla tradizione ebraica e chiamati Thummim e Urim.
Questi oggetti erano utilizzati per accendere il fuoco: i raggi solari passavano
attraverso la sfera e incendiavano gli sterpi che si trovavano a terra. Il potere di
produrre fiamme fu il motivo principale per cui questi oggetti furono a lungo
considerati sacri.
Spesso, fuochi perpetui venivano mantenuti accesi in luoghi sacri da vergini [le
Vestali, ad esempio. N.d.T.]. La scrittrice fa, inoltre, notare che nella letteratura
arturiana si ritrovano molte immagini e metafore che si riferiscono alla luce e ai
raggi di luce (per esempio la lancia e la spada).
Il Graal, inoltre, è spesso descritto come una pietra e ci sono molti riferimenti nella
letteratura ad un albero del Graal. Erano donne le addette al mantenimento del fuoco
appiccato tramite tali oggetti, ed erano ancora donne le guardiane del Graal nelle
leggende Arturiane. Indubbiamente oggetti tali esistettero e si sa che vennero
utilizzati dagli ebrei al tempo di re Salomone. L'ipotesi di Lady Flavia Anderson
giunge a sostenere che tali oggetti sarebbero stati sepolti insieme all'Arca
dell'Alleanza in una grotta sotterranea in qualche luogo della Giordania. Può essere
interessante notare come la sequenza finale del film Indiana Jones e l'Ultima
Crociata sia stata girata nelle antiche rovine della città di Petra, in Giordania, e non
ad Iskenderun, come si dice nel film.
La dinastia di Gesù.
La parola utilizzata per descrivere il Graal cambiò molte volte. In una versione fu
sangreal. Tale parola è stata divisa in San Greal, ovvero "Santo Graal". Tuttavia,
alcune teorie sostengono una differente divisione della parola: Sang Real, o "Sangue
Regale". I sostenitori di questa tesi scrivono che Gesù Cristo ebbe uno o più
bambini da Maria Maddalena. La dinastia che ne seguì, acquistò il nome di "Sangue
Regale", e secondo alcuni continuerebbe tuttoggi.
La teoria del Sangue Regale è stata presentata recentemente nel libro "Il Santo Graal
- una catena di misteri lunga duemila anni". In questo saggio si sostiene che Gesù
non sarebbe morto sulla croce, ma sposato con Maria Maddalena. Gli autori
presentano molte prove storiche per dimostrare la loro tesi, e sostengonbo che molte
società segrete avrebbero custodito il segreto di questa linea di sangue attraverso i
secoli, fino ai giorni nostri. Essi associano personaggi storici e luoghi con altri che
dicono di aver individuato nei romanzi graaliani del Medioevo. Vogliono giungere a
dimostrare come la linea di sangue di Gesù sia stata coinvolta in molte vicende
storiche.
Un altro importante ricercatore del Graal, Walter Stein, studiò nei primi anni del
secolo questa teoria. Le sue conclusioni, però, sono state discreditate perché avrebbe
lavorato per i Nazisti..
Tuttavia egli non fu mai Nazista: fu, invece, consigliere di Sir Winston Churchill, e
più volte riferì di attività occulte Naziste della sua epoca.
I Calderoni Celtici.
Molti storici hanno notato molte somiglianze tra i racconti del folclore Celtico e le
storie del ciclo arturiano. Ci sono molti magici calderoni nei racconti Celtici, e
alcuni hanno caratteristiche molto simili a quelle del Graal.
Nel poema The Preiddeu Annwn, viene descritto Artù e i suoi uomini che vagano
per l'Aldilà Celtico per impossessarsi del Calderone di Annwn che era ricco di perle
ed era protetto da nove fanciulle. L'oggetto aveva il potere di ridare la vita ai
guerrieri morti. Si è notato che anche nella tradizione cristiana del Graal la coppa è
sempre portata o custodita da donne, ed ha poteri curativi. Un altro Calderone,
quello di Awen, conteneva una pozione in cui, chi veniva immerso, avrebbe
acquistato immediatamente la Conoscenza. Un giovane, Gwion, fu inviato al
Calderone dalla dea Ceridwen. Egli toccò il liquido per tre volte con le sue dita, e le
mise sulle sue labbra. Così, acquistò la Conoscenza Assoluta. Ancora si è notato
come il Graal delle leggende Arturiane sia anche associato ad una conoscenza e
consapevolezza speciali. Molti autori hanno tentato di mostrare che i calderoni
celtici sono in qualche modo precursori della moderna immagine del Graal. Questo,
insieme alla quasi certa derivazione di alcuni eroi arturiani, come Kay e Bedivere,
dalla mitologia celtica, è stato studiato in molti testi.
In genere gli autori desiderano far notare che, nonostante l'influenza celtica nella
leggenda, non c'è modo di spiefare tutti gli eventi e le descrizioni che si hanno del
Graal all'interno del vastissimo ciclo arturiano. Né spiegano il motivo
dell'improvviso interesse al tempo di Chrétien intorno al Graal. Per tutti questi
motivi questa teoria non esaurisce le domande che sorgono sull'oggetto chiamato
Graal. Attualmente, infatti, molti scrittori hanno abbandonato l'idea di un'origine
soltanto celtica dei testi arturiani.
Lo Smeraldo di Lucifero.
La storia degli angeli che si ribellarono a Dio ci fa formulare un'altra teoria circa il
Graal. La storia racconta di come Lucifero (nonostante il suo nome sia utilizzato per
rappresentare il Diavolo, un tempo non aveva alcuna associazione con il demonio,
ma significava soltanto "portatore di luce") condusse un terzo degli angeli in una
rivolta contro Dio. Fu sconfitto, e scagliato giù dal Paradiso. Dalla sua corona si
staccò un grande smeraldo. Si dice che tale pietra fosse all'origine dei suoi poteri. E'
interessante notare come nelle prime leggende arturiane il Graal è descritto proprio
come una pietra caduta dal cielo.
La Pietra Filosofale.
L'alchimia fu a lungo considerata come una scienza falsa. Il fine dell'alchimia era
quello di creare una pietra in grado di tramutare tutti i vili metalli in oro. Si pensa
oggi che l'alchimia consistesse principalmente in un insegnamento spirituale,
considerato eretica a causa della repressione dell'Inquisizione. Per questo fu
necessario scrivere in codice alcuni concetti: si parlava di "oro" ma si voleva
rappresentare l'illuminazione o l'unità con Dio. Il vile metallo rappresentava l'uomo
prima del processo alchemico, e l'alchimia era un cammino spirituale verso Dio. La
Pietra Filosofale si può associare, dunque, al Graal: entrambe hanno il potere di
portare a Dio.
Si deve sottolineare il fatto che la Pietra Filosofale non è da considerarsi come una
vera pietra: come il Graal, si tratta soltanto di una metafora che rappresenta lo stadio
finale dell'illuminazione. A volte, questa teoria è collegata con quella dello
Smeraldo di Lucifero, per suggerire la possibile esistenza di una tale pietra.
Il Graal in Galles.
Si racconta di una comunità nel Galles che faceva la guardia ad una coppa di
terracotta contenuta in un calice d'oro. Aveva poteri taumaturgici ed era un potente
strumento di benessere se si trovava nelle mani giuste. Nel 1880 un gruppo di
studiosi, interessati ad argomenti esoterici come la Cabala e la divinazione con i
Tarocchi, decisero di distruggere il Santo Graal. Nei dieci anni successivi il Graal fu
più volte trasferito e nascosto, finchè trovò un posto sicuro. Tuttavia un Guardiano
tradì gli altri e il Graal fu portato via. Una messa nera fu celebrata sul Graal per
annullare il suo potere, e in seguito fu fatto a pezzi.
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Narta Monga, Russia.
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Sulle montagne del Caucaso in Russia, si trova un piccolo gruppo di persone che
dicono di possedere una magica coppa chiamata Amonga. Questo calice ha
caratteristiche comuni al Graal: può produrre cibo, dare poteri di conoscenza e sa
chiamare a sé colui che è degno di berne.
Religioni graaliane.
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In quest'ultimo secolo sono sorte alcune religioni che si fondano sul Graal,
considerato come ideale spirituale. Sono ripotati qui di seguito i tratti di due di esse.
Queste religioni sembrano fondarsi su una morale cristiana, ma non condividono
l'idea di un solo sentiero per raggiungere la verità.
La Fondazione del Graal.
Si tratta di una comunità internazionale con sedi in Australia, Gran Bretagna e
America e altri stati. I seguaci seguono i dettami di un libro scritto da Abd Ru Shin.
Egli visse in Germania e morì nel 1950.
Essi sostengono che egli fosse il Graal vivente, ma sono incapace di giustificare il
motivo di ciò. Vestono con uno speciale sigillo. Gli uomini coprono metà di esso,
per simboleggiare la minor capacità per i maschi di raggiungere un alto livello
spirituale. Le donne, invece, non lo coprono affatto. Tengono conferenze pubbliche,
e le loro pubblicazioni possono essere acquistate in tutte le maggiori librerie.
Il Calice d'argento.
Un piccolo gruppo di persone che si riuniscono periodicamente ad Edinburgo
sostengono che le storie di Artù e dei suoi cavalieri riguardano persone che si
trovano intorno a noi sotto forma di energia, ma che soltanto pochi sono in grado di
trovare. Ogni energia ha un colore, e il colore del Graal è l'argento. Secondo costoro
il calice d'argento è una parte del nostro corpo che si trova all'interno del collo, alla
base del cranio, la quale dà nutrimento al cervello. L'energia dell'argento può essere
utilizzata per aumentare le capacità del cervello così da rendere le persone in grado
di trasformarsi in energia ed ottenere, così, super-poteri. Dicono di possedere prove
documentate di strani depositi d'argento all'interno dei crani, ma nonostante la mia
richiesta, non mi hanno mostrato tali prove incontrovertibili.
Il Graal e la psicologia.
Carl Gustav Jung fu affascitato dal Graal e dall'alchimia. Nonostante non abbia
scritto nulla sul Graal, lo fecero sua moglie e uno dei suoi più cari amici. Jung ha un
approccio alla leggenda del Graal prettamente simbolico: i simboli rappresentano
l'inconscia espressione dela religiosità popolare del Medioevo. Egli considera
personaggi principali, ad esempio Merlino ed Artù, come archetipi dell'inconscio
collettivo e gli oggetti del Graal (ovvero la lancia, la spada, la coppa e la pietra)
come potenti simboli religiosi. Jung credeva che qualcosa fosse andato perduto nella
religiosità Cristiana quando questa si diffuse a livello quasi mondiale: le versioni
cristianizzate delle storie del Graal avrebbero, secondo lui, colmato questa
mancanza nella cristianità. Egli fece notare come l'alchimia e le leggende sul Graal
si svilupparono intorno a simboli, colori e insegnamenti comuni, entrambe nello
stesso periodo. Per questo, molti eventi del ciclo Graaliano sono stati analizzati in
termini di psicologia Junghiana. Lo studioso mostrò come gli scrittori espressero
inconsciamente nelle loro opere molti elementi della loro psicologia e della
psicologia del loro tempo, codificandola negli eventi descritti.
Così comincia l'ultima saga del tesoro di Oak Island. Le vicende dei Cavalieri
Templari sono molto interessanri, e comprendono molti racconti relativi a tesori.
Attualmente il governo francese ha proibito qualsiasi tipo di scavi intorno ai castelli
Templari. Ancora oggi molti cercano il tesoro perduto dei Templari. Non bisogna
essere avventati, dunque, ed abbandonare questa teoria senza prima averla studiata
accuratamente.
I Cavalieri del Tempio di Gerusalemme, conosciuti come Cavalieri Templari,
nacquero nel 1118 e scomparvero improvvisamente nel 1307. Il loro nome derivava
dal Tempio in cui erano alloggiati in Terrasanta, che si pensava fosse stato costruito
sulle rovine del Tempio di Re Salomone. Durante il Medioevo, migliaia di Cristiani
si recavano in pellegrinaggio ai Luoghi Santi ove Gesù era vissuto e morto. Molti di
questi pellegrini divennero vittime di banditi, e inoltre il controllo dei territori
orientali erano spesso oggetto di contesa tra Cristiani e Musulmani.
Le lotte per il controllo della Terrasanta presero il nome di Crociate. Uomini della
nobiltà europea presero le armi e partirono per il Medio Oriente, in cerca di fama e
fortuna. Dispute personali causarono molte divisioni tra i Crociati. Un gruppo di
cavalieri nobili si unirono e decisero di dedicare l'intera vita al servisio della
Terrasanta. Presero, così, i tre voti monastici di povertà, castità ed obbedienza.
Invece di condurre una vita contemplativa di preghiera, i Pauperes commilitones
Christi Templeque Salomonis, Poveri cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone,
i Cavalieri Templari, scelsero la spada per difendere i pellegrini e la fede. Quando
un nobile voleva unirsi alla congregazione, doveva donare al Tempio il proprio
castello e ogni proprietà, che sarebbe stata spesa per l'acquisto di cavalli, armi,
armature e altre attrezzature militari. I ranghi dei Cavalieri Templari si accrebbero
molto rapidamente. Altri nobili e monarchi, nonostante non aderissero alla
congregazione, donarono molto denaro e terre ai Cavalieri. Re Stefano di Inghilterra
offrì in dono il suo enorme palazzo di Cressing in Essex.
Trattandosi del periodo del Sacro Romano Impero, il papa Eugenio stabilì che i
Cavalieri - e soltanto loro - potessero indossare una speciale croce rossa con braccia
allargate, chiamata croce patente, croix pattée, sulla parte sinistra dei bianchi
mantelli, così che potessero essere immediatamente riconosciuti dai Cristiani e dagli
altri Templari sul campo di battaglia. I cavalieri combatterono ardentemente in
Medio Oriente, ed acquistarono addirittura la stima degli avversari Musulmani, per
la loro strategia e il loro coraggio. Anche in Europa il Templari goderono di molte
entrate. Possedevano oltre 9000 castelli e roccaforti in tutta Europa, tutti esenti da
tasse. Ogni proprietà veniva coltivata, e gli introiti erano utilizzati per rafforzare il
sistema bancario che avevano creato in tutto l'Occidente. La potenza del Templari
generò sospetti e gelosie su molti membri della nobiltà europea. Ignobili calunnie
incominciarono a circolare su di loro: rituali segreti e patti con il demonio...
Re Filippo IV di Francia fu uno dei responsabili di queste dicerie. Temendo il potere
Templare, si recò a Roma e riuscì a convincere il papa Clemente V che i Cavalieri
non erano affatto difensori sacri della fede, ma distruttori di essa. Il papa ordinò a
Filippo di arrestarli tutti e di intraprendere una severa inquisizione. Quando gli
uomini del re giusnero ai castelli Templari, molti cavalieri non opposero resistenza.
Intanto, una grande forza navale che era ancorata al porto di La Rochelle, era ormai
partita. Coloro che furono arrestati furono torturati e condannati per peccati
gravissimi contro Dio. Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro dei Cavalieri
Templari, fu bruciato sul rogo di Parigi nel 1314.
Una poesia contemporantea pone una domanda che, ancora oggi, molti si fanno:
Where did all the Templars and their great wealth go?
The brethren, the Masters of the Temple,
Who were well-stocked and ample
With gold and silver and riches,
Where are they? How have they done?
They had such power once that none
Dared take from them, none was so bold;
Forever they bought and never sold...
"Dove sono finiti i Templari e le loro enormi ricchezze? / I Confratelli, i Maestri del
Tempio / che erano così belli sazi e grassi / pieni d'oro, argento e ricchezze / dove
sono? Cos'hanno fatto? / Avevano un potere così grande, una voltam che nessuno /
avrebbe osato toglierglielo! Nessuno era così pazzo! / Compravano sempre, e mai
vendevano..."
Questa domanda ha tormentato per secoli gli storici e i cacciatori di tesori. Per
centinaia di anni ci sono state voci, ipotesi e teorie riguardanti i Cavalieri Templari:
secondo alcune, essi non sarebbero stati affatto difensori della fede, ma i guardiani
del Santo Graal. Il Santo Graal si dice sia la più sacra tra le reliquie religiose.
Esistono diverse leggende che lo riguardano, ma le due principali sostengono che il
Santo Graal sia la coppa o il calice utilizzato da Cristo durante l'Ultima Cena, o un
pezzo della croce su cui fu crocifisso. La versione del calice, sostiene che San
Giuseppe d'Arimatea avrebbe portato in Inghilterra la coppa usata durante l'ultima
cena, da lui riempita con il sangue che era stillato dalle ferite di Gesù. Una versione
gallese della storia del Graal racconta che Giuseppe avrebbe portato in Inghilterra il
Graal e avrebbe rivelato le parole di Cristo, lasciando a Glastonbury la reliquia. Qui,
la coppa sarebbe stata ritrovata da Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda. Si
dice che il Graal assumesse diverse forme, e Re Artù l'avrebbe visto nella sua quinta
e finale forma, ricevendo da esso la comunione da un eremita, che teneva in mano
una lancia sanguinante. Questa, conosciuta anche come lancia di Longino, aveva
trafitto il costato di Gesù quando si trovava sulla croce, ed era stata ritrovata ad
Antiochia dai Crociati. Quest'ultima versione sostiene che i Templari e la lancia si
sarebbero trovati nello stesso luogo nel medesimo momento.
La leggenda è sopravvissuta con il passare dei secoli, e recenti ritrovamenti
archeologici provano che molti Cavalieri Templari si insediarono in Scozia, dopo
esser stati cacciati dalla Francia. Si dice che potrebbero esser stati assoldati da
Robert Bruce per sconfiggere le armate inglesi del Re Edoardo. I Cavalieri erano in
rapporto di stretta amicizia con il principe Henry St. Clair, il terzo Lord di Roslin.
Con l'aiuto dei Templari, il principe scozzese costruì un castello, Roslin, che
significa "sangue di Gesù". Il castello esiste ancora oggi, e contiene centinaia di
simboli relativi a Templari e Sacro Graal, impressi nelle sue volte e colonne, sui
pavimenti e lastre tombali. Andrew Sinclair, un diretto discendente di Henry St.
Clair, ha svolto moltissime ricerche sui suoi antenati, e sostiene che i St. Clair,
insieme ai Cavalieri Templari, avrebbero tentato di fondare una nuova Gerusalemme
nel Nuovo Mondo [il continente americano, N.d.T.], approdando dapprima in Nova
Scotia (New Scotland) e in seguito in New England. E da qui nasce il mistero di
Oak Island e del suo antro del tesoro.
Il mistero di Oak Island ebbe inizio nel 1795, allorché tre ragazzi decisero di
esplorare la verdeggiante isola. Trovarono una profonda depressione sotto una
grossa quercia [in inglese oak]. I ragazzi passarono l'intera estate a scavare sotto
l'albero.
Ritrovarono un pozzo di 13 piedi di diametro, al cui interno erano fissate
piattaforme di legno a intervalli di dieci piedi. A 90 piedi, trovarono una grossa
lastra in pietra con iscrizioni geroglifiche che nessuno è mai stato in grado di
decifrare. Quando la lastra venne rimossa, l'acqua del mare incominciò ad emergere
dal fondo del pozzo, fino a 30 piedi di profondità. I tentativi di contenere il flusso
d'acqua furono inutili, perché l'acqua che veniva tolta era subito rimpiazzata
dall'acqua del mare.
Per quasi duecento anni, i cacciatori di tesori hanno provato a risolvere il mistero di
ciò che divenne celebre con il nome di "money pit", pozzo del tesoro, probabilmente
non tanto per il denaro che può esserci contenuto, quanto per quello che è stato
speso per raggiungere il suo fondo...
Tutti i tentativi di raggiungere il fondo sono falliti.
I cacciatori di tesori hanno provato a scavare pozzi adiacenti al money pit, ma
quando hanno provato ad unirsi con il pozzo principale, di nuovo l'acqua è defluita
nei pozzi laterali, rendendo inutili gli scavi effettuati. Una cosa è certa: l'ingegnere
che ha costruito il money pit ha lavorato molto bene, ed ha - finora - frustrato ogni
tentativo di violare la camera che si trova sul fondo.
I Cavalieri Templari erano celebri per le loro conoscenze ingegneristiche. Forse
sono loro i costruttori del pozzo di Oak Island? Tra tutte le possibilità e teorie che
sono state fatte sull'isola, quella Templare potrebbe essere la risposta. Il pozzo di
Oak Island contiene il tesoro perduto dei Templari, insieme al Santo Graal? La
risposta a questa domanda verrà forse dopo il 1994, quando la Triton Corporation
incomincerà il suo assalto per risolvere il mistero di Oak island.
Le ricchezze dei Cavalieri Templari non consistevano soltanto in denaro: essi erano
ricchi anche di reliquie.
Le reliquie erano i resti di persone o cose descritte nel Nuovo Testamento. Una
reliquia molto popolare a quel tempo era il Legno della Santa Croce - la croce su cui
Gesù era stato crocifisso. Un'altra era la Testa di Giovanni Battista, che era stato
decapitato dal re Erode.
Nel Medioevo la gente era molto attratta dalle reluiquie, che diventavano oggetto di
venerazione. Ma come si può immaginare, circolavano anche molti falsi. Si
trovavano in circolazione parecchie teste di Giovanni Battista. E c'erano così tanti
frammenti di croce da fare non una, ma una foresta di croci!
I Templari possedevano la Corona di Spine, che era stata posta sul capo di Gesù.
Inoltre, avevano il corpo di Sant'Eufemia di Calcedonia, martire che si pensava
avesse poteri divini curativi. Tra l'altro, possedevano la bacinella utilizzata da Gesù
per lavare i piedi degli apostoli durante l'Ultima Cena, e una vasta gamma di altre
reliquie.
Il celebre scrittore Ian Wilson, nel suo vendutissimo libro The Turin Shroud [La
Sindone di Torino], sostiene che essi avrebbero anche acquistato il sudario in cui
Gesù era stato avvolto nel sepolcro.
Ma la reliquia più importante era il Santo Graal stesso - la coppa usata da Gesù
durante l'Ultima Cena. Si dice che essi l'avrebbero ritrovata sepolta sotto il vecchio
Tempio di Salomone a Gerusalemme. All'inizio del XIII secolo il poeta tedesco
Wolfram von Eschenbach visitò la Terrasanta, specialmente per saperne di più
sull'Ordine Templare. Era vero, disse: i Templari possedevano realmente il Santo
Graal. Questo fatto venne confermato più tardi da Trevrizent, che dichiarò: "E'
risaputo che molti valorosi combattenti risiedono a Munsalvaesche con il Graal".
La verità pribabilmente rimarrà sempre un mistero, poiché le attività dei Templari
furono sempre condotte in segreto. Qualsiasi membro dell'Ordine avesse rivelato ciò
che avveniva durante gli incontri dei Templari, veniva immediatamente punito con
la espulsione. Essi non potevano tenere copie delle statue Templari e della regola
dell'Ordine, nel caso in cui fossero caduti in mano alle mani sbagliate. Questa
raccomandazione era fatta semplicemente per prevenire che informazioni belliche
cadessero in mano nemica? O essi stavano proteggendo qualche sinistro segreto?
Molti studiosi contemporanei optano per la seconda ipotesi.
.
L'uomo della Sindone è Jacques de Molay?
Dall'articolo La parrucca del Templare di Antonio Lombatti - 20 agosto 1997
.
Tra i vari argomenti affrontati da Cristopher Knight e Robert Lomas nel volume "La
chiave di Hiram" (edito in Italia da Mondadori) quello che attira subito l'attenzione,
riguarda le "prove" - che i due autori sostengono di aver trovate - che
consentirebbero di affermare che l'immagine dell'uomo della Sindone sia quella
dell'ultimo Gran Maestro dei Templari, Jaques de Molay, torturato dagli inquisitori
e deposto in una sindone prima di ventre arso vivo sul rogo. Le pseudo-
argomentazioni scientifiche ricordate da Knight e Lomas rappresentano, in realtà, la
negazione stessa della storia, o meglio, la totale ignoranza e mistificazione di un
argomento così complesso e articolato come quello del presunto rapporto tra
Sindone e Templari. Ma procediamo per gradi.
"Alla morte di Tibald Gaudin, gran maestro del tempio, furono in pochi a
sorprendersi della nomina di Jaques de Molay al più alto ufficio dell'Ordine",
leggiamo nella Chiave di Hiram. Per smentire questa affermazione, è sufficiente
ricordare brevemente come in realtà si svolsero i fatti immediatamente precedenti
all'elezione di Jacques de Molay. Egli nacque nel 1244 circa e intraprese il noviziato
nei Tempio di Beaune, a quel tempo sotto la giurisdizione del Gran Priorato di
Champagne-Voulaine. Attorno al 1265 fu ricevuto nell'Ordine nella stessa Beaune,
in Borgogna, da Amaury de la Roche, Maestro di Francia, e da Humbert de Pairaud,
visitatore generale del Tempio di Francia, Inghilterra, Germania e Provenza. La sua
elezione a Maestro non fu delle più semplici. Il dibattito fu acceso, viste due
autorevoli candidature che gli furono opposte: Hugues de Pairaud, che era stato
siniscaico dell'Ordine per sedici anni, e Gerard de Villiers, tesoriere e comandante
del Tempio di Parigi. De Molay fu eletto al vertice dei Templari soltanto
nell'autunno del 1294, a Cipro, approfittando dell'assenza del suoi due rivali più
quotati. Jaques de Molay non fu mai un Maestro all'altezza della situazione. Negli
anni in cui si svolse il processo, la fase più delicata di tutta la storia dell'Ordine, egli
non riuscì ad organizzare nulla di rilevante per salvare se stesso e i suoi fratelli dalla
rovina. Fu un uomo mediocre, culturalmente e giuridicamente limitato per
intraprendere azioni risolute. Forse, nella sua ingenuità, riteneva di poter difendere e
tutelare l'Ordine semplicemente ribadendo la sua assoluta trasparenza e l'ortodossia
dei comportamenti dei suoi compagni. Probabilmente nemmeno il più abile e
diplomatico dei maestri sarebbe riuscito ad evitare la soppressione. Ciononostante, il
giudizio su Jaques de Molay resta, nel complesso, negativo.
Jaques de Molay fu dunque effettivamente l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine dei
Templari, arrestato nell'ottobre del 1307 dai balivi e dai siniscalchi regi su ordine di
Filippo il Bello di Francia nel nome dell'Inquisizione. Storicamente non ci sono
notizie precise su come venne torturato; è addirittura possibile che il Gran Maestro e
altri dignitari non abbiano subito le violenze degli inquisitori. L'autorevole storico
tedesco Heinriche Finke, per esempio - autore di un volume monumentale sul
processo ai Templari - ritiene che Jacques de Molay non sia stato mai torturato dagli
inquisitori. "Che Jaques de Molay sia stato sottoposto a orribili torture non è da
dubitarsi", assicurano invece Knight e Lomas. Da quale documento possano trarre
una conclusione così definitiva non è dato sapere. Gli autori affermano che, dopo le
pesanti torture inflitte a de Molay, il grande inquisitore Guillaume Imbert prese un
lenzuolo e vi avvolse il corpo ormai quasi cadavere, come ultimo segno di disprezzo
verso la massima autorità templare. Questa affermazione, tuttavia, è facilmente
confutabile e non trova alcun fondamento storico.
Anzitutto il corpo dell'uomo della Sindone è certamente quello di un morto ed è
stato provato, oltre ogni ragionevole dubbio, da illustri medici legali e biochimici:
l'individuo non respirava nel momento in cui fu avvolto nel lenzuolo altrimenti,
anche con una respirazione ridotta al minimo, avrebbero dovuto essere visibili degli
aloni in prossimità delle narici. Perciò, l'ipotesi dello svenimento di Jaques de
Molay e del suo "risveglio", per essere poi bruciato al rogo come relapso sull'Ile de
Paris, è scientificamente insostenibile.
.
L'altro aspetto che Knight e Lomes non hanno per nulla tenuto in debita
considerazione è l'età anagrafica del Gran Maestro dei Templari
e quella dell'uomo della Sindone; i medici hanno stabilito che si tratta del cadavere
di un individuo di sesso maschile con una robusta corporatura, la cui età si aggira,
grossomodo, sulla trentina. Bene, sappiamo per certo che quando, egli doveva avere
circa settant'anni. Ed ecco, allora, che la fragile costruzione storica dei due
ricercatori inglesi cade in frantumi. Come si può sostenere che l'uomo della Sindone
sia un individuo di settant'anni?
.
L'ultima inconsistenza storica presente è il ritratto di Jaques de Molay che nella
"Chiave di Hiram" viene raffrontato con quello dell'uomo della Sindone. In effetti il
ritratto (fig.1)
affiancato a quello dell'uomo della Sindone presenta alcune innegabili
somiglianze: capelli folti, barba lunga e bipartita, naso lungo. Gli autori, però,
omettono di citare da dove provenga quella immagine. Ed è qui che il libro si
dimostra ancora una volta frutto di mera speculazione sul nulla storico. Nelle fonti
iconografiche citate in fondo al volume, per ciò che riguarda il ritratto di de Molay,
Knight e Lomas affermano che esso proviene dalla loro collezione privata. Che cosa
significa? Vi chiederete voi. Semplice: o gli autori non sanno da quale manoscritto o
miniatura provenga quel ritratto, oppure l'ha disegnato qualche loro amico. Viste le
caratteristiche del tratto, si può ragionevolmente ipotizzare che esso sia stato dipinto
alla fine del XVIII secolo o, al massimo, all'inizio del XIX, vale a dire quasi coevo
al più noto ritratto di Jaques de Molay (fig.2)
Non esiste una raffigurazione del Gran Maestro risalente al XIV secolo. Non c'è
dubbio che quello stereotipo di de Molay sia notevolmente successivo. Inoltre, in
entrambi si nota chiaramente l'età anagrafica di cui forse erano all'oscuro solo
Knight e Lomas, a quanto pare. La più nota rappresentazione resta quella del Royal
Manuscript 20 C VII, conservato nel British Museum di Londra, databile verso la
fine del XIV secolo (fig.3)
I testi segnalati sono suddivisi in due parti: una prima sezione è dedicata ai romanzi
sul Graal, una seconda ai saggi storico-archeologici esistenti sull'argomento. Tra le
due sezioni, è presente un saggio che discute le differenze tra le varie versioni date
dai vari scrittori del Santo Graal.
.
• Vangelo di Matteo (Aramaico) [80 d.C.]
"[Gesù] prese la coppa del vino, fece la preghiera di ringraziamento, la diede
ai discepoli e disse: "Bevetene tutti, perchè questo è il mio sangue, offerto
per tutti gli uomini, per il perdono dei peccati."
I versetti sono tratti dal capitolo 26, 27-28.
I Templari e il Graal
Non meno importante era l'evidente riferimento del Perlesvaus ai Cavalieri
Templari. Nell'«Isola dei Senza Età», Parsifal giunge ad un Palazzo di
Vetro dove viene accolto da due Maestri. Uno dichiara di conoscere bene la
discendenza regale di Parsifal. Poi, battendo le mani, i Maestri chiamano altri 33
uomini «vestiti di bianco» con «una croce rossa in mezzo al
petto». Anche Parsifal reca la croce rossa dei Templari sul suo scudo. Il
racconto è fondamentalmente arturiano, ma si svolge in un periodo successivo,
quando la Terra Santa era nelle rnani dei Saraceni.
All'inizio del 1200 risale anche un importantissimo romanzo del Graal intitolato
Parzival del cavaliere bavarese Wolfram von Eschenbach. Ancora una volta è
evidente l'associazione con i Templari, giacché i Cavalieri del Templeise sono
descritti come custodi del Tempio del Graal, situato sul Monte della Salvezza Eterna
(o Munsalvaesche). Qui, il re pescatore celebra la Messa del Graal e viene
specificamente ritratto come un re sacerdote nello stile di Gesù, dei Merovingi e dei
re di Scozia. Il "Munsalvaesche" è stato associato da molto tempo alla fortezza
montana di Montségur nella regione della Linguadoca, nella Francia meridionale.
Wolfram affermava che la storia di Chrétien era errata e citava come propria fonte
Kyot le Provenzale, un inviato dei Templari che scrisse di un antico manoscritto
del Graal proveniente dall'Arabia. L'autore era il dotto Flegetanis,
uno studioso della natura, discendente di Salomone e nato da una famiglia che era
stata a lungo israelita finché il battesimo non divenne il nostro scudo contro il fuoco
dell'inferno.
La sorella del re pescatore, Herzeloide, era la madre di Parsifal: la nobile vedova
della tradizione. Dilungandosi i vari attributi mistici del Graal, il testo indica come
sua portatrice la regina della Famiglia del Graal, Repanse de Schoye, dichiarando:
Era abbigliata di seta d'Arabia e recava, su un tessuto di seta verde, la perfezione
del paradiso terrestre, con i rami e le radici. Era una cosa che gli uomini chiamano
il Graal e superava ogni ideale terrestre.
Malgrado il riferimento ai rami e alle radici, si diceva che il Graal fosse una
«pietra della giovinezza e del ringiovanimento». Veniva chiamato
Lapsit Exillis (talvolta Lapis Exilis), una variante di Lapis Elixir, la Pietra Filosofale
degli alchimisti. Wolfram spiegava:
In virtù del potere di quella pietra la Fenice è ridotta in cenere, ma risorge
prontamente dalle sue stesse ceneri. Così la Fenice muta e cambia il suo piumaggio,
dopo di che è splendente e luminosa come prima.
Durante il sacramento dell'Eucarestia celebrato dal re pescatore, la Pietra del Graal
recava scritti i nomi di coloro che erano chiamati suo servizio. Ma non tutti
potevano leggerli:
Intorno alla base della pietra, un 'iscrizione in lettere indica il nome e il lignaggio
di quelli, siano essi fanciulle o fanciulli, che sono chiamati a compiere il viaggio
verso il Graal. Non occorre cancellare l'iscrizione giacché scompare non appena è
stata letta.
Secondo Wolfram (che scrisse anche di Guglielmo de Gellone, re di Septimania), il
manoscritto originale di Flegetanis era in possesso della Casa d'Angiò, una nobile
stirpe strettamente alleata con i Templari. Wolfram affermava anche che Parsifal era
egli stesso di sangue angioino. In Parsifal, la Corte di re Artù è chiaramente situata
in Bretagna; in un'altra opera, Wolfram collocava il Castello del Graal nei Pirenei.
Menzionava anche specificamente la contessa di Edimburgo (Tenabroc), come la
dama al seguito della regina del Graal.
Il «Ciclo Vulgato» cistercense, datato intorno al 1220, contiene la
Estoire del Graal, la Queste del Saint Graal e i Livres de Lancelot, oltre ad altre
storie di Artù e di Merlino. In queste, le descrizioni del Graal sono largamente
influenzate da Chrétien e de Boron e viene ripristinata l'antica grafia,
«Graal». Nella Estoire, la storia di Giuseppe di Arimatea viene estesa
fino a comprendere il suo soggiorno in Britannia, mentre il vescovo Josefe di Saraz,
suo erede, viene indicato come il capo della confraternita del Graal. Bron (il Ricco
Pescatore di de Boron) ricompare come il re peseatore della Estoire. Frattanto il
Graal è divenuto il miracoloso escuele (piatto) dell'Agnello pasquale. La Queste
identifica Galaàd come un «discendente della nobile stirpe di re
Davide»; ma quel che più conta, afferma che è un successore di re Salomone.
I Livres de Lancelot (dove figura per la prima volta Galvano) continuano a
raccontare la storia di Galaad, precisando che era figlio di Lancillotto e della figlia
di Pelles, Elaine le Corbenic, principessa del Graal. Anche qui Pelles è figlio del re
pescatore ferito (mentre nel successivo racconto di Malory, Pelles è il re).
Re Artù viene sicuramente menzionato nelle prime storie del Graal, ma il suo ruolo
ottiene pieno riconoscimento soltanto nel «Ciclo Vulgato» del XIII
secolo. Comunque, dopo la conquista della Terra Santa nel 1291, le leggende del
Graal sparirono dalla scena pubblica e fu soltanto nel XV secolo che Sir Thomas
Malory riesumò il tema nel suo racconto Il Sangréal - il sangue benedetto di Nostro
Signore Gesù Cristo.
L'Arca etiope
Nell'attuale fioritura di narrativa e saggistica avente come oggetto e/o cornice
l'antico Egitto, condita di immancabili e frequenti strizzatine d'occhio alle tematiche
ermetiche, occultistiche e misteriosofiche tanto di moda, il nome di G. Hancock,
giornalista e scrittore scozzese, è ormai noto pure in Italia, assieme a quelli di J. A.
West, A. Gilbert e R. Bauval, grazie alle pubblicazioni della casa editrice Corbaccio.
Non avendo ancora adeguata conoscenza delle opere del filone "egiziano", astrale ed
iniziatico, di Hancock, preferisco non pronunciarmi per il momento, anche se gli
zodiaci che compaiono in Egitto migliaia d'anni prima di Cristo li vede solo lui (il
più antico zodiaco egizio a noi noto, quello di Denderah, risale all'epoca dei
Tolomei ed è di chiara derivazione babilonese); anche se il titolo Impronte degli dei
fa venire in mente le incontrollate fantasie di E. von Däniken, propenso a vedere
extraterrestri in ogni graffito preistorico; anche se l'elogio tessuto da Hancock di un
testo farneticante come Il segreto di Sirio di M. Hope è un gran brutto segno.
Un libro di Hancock che merita senz'altro la lettura è questo che presento. Il tema è
fascinoso e gode di una bibliografia ormai imponente (come sintesi e ricognizione si
può consultare Atlante del Graal di G. Ferrari e M. Zatterin, ed. Il Minotauro), ed in
questa la posizione di Hancock, per nulla riconducibile alle consuete suggestioni
celtico-arturiane, si distingue per arditezza. Ma, aldilà della comunque documentata
tesi di fondo, che è quella dell'identità tra il Graal e la biblica Arca dell'Alleanza, a
rendere interessante la decennale fatica dell'autore è lo sviluppo di alcune tematiche
storiche ed antropologiche riguardanti l'Etiopia, un mondo remoto che non figura
mai nei manuali di storia medioevale ad uso degli studenti. E invece l'Etiopia, regno
secondo Hancock del leggendario Prete Gianni dei romanzi arturiani, avrebbe svolto
un ruolo di primo piano nella vicenda dei Templari, fin dalla loro fondazione
istituzionale ad opera di S. Bernardo, non solo, ma avrebbe costituito punto di
riferimento anche per le sette che ne hanno raccolto l'eredità, come il portoghese
Ordine di Cristo e la Massoneria scozzese. Dalle molte pagine del libro emerge il
morboso, anche se ben dissimulato, interesse di queste conventicole ultrasegrete per
il lontano acrocoro abissino. Ma perché? Perché, l'autore non nutre dubbi, l'Arca,
scopo reale delle ricerche dei Templari, referente autentico del Graal di Wolfram,
che era una pietra e non un calice, è finita laggiù.
Purtroppo lo spazio tiranno non permette di dipanare ulteriormente l'intricata
matassa di relazioni intessuta dall'autore di questo libro «più intrigante del
film» (Guardian); comunque, aldilà della maggiore o minore adesione alla
tesi di fondo, il lettore troverà che le pagine sull'arcaico ebraismo del falasha e sui
sanguinosi conflitti secolari tra le tre grandi religioni monoteiste in quel mondo
lontano valgono da sole la lettura del libro.
La concezione più diffusa considera il Santo Graal come la coppa da cui Cristo
bevve durante l'Ultima Cena, e usata da Giuseppe d'Arimatea per raccogliere il suo
sangue dopo la Crocifissione. Questa origine, tuttavia, fu introdotta nella letteratura
Arturiana da Robert de Boron nel suo romanzo in versi Joseph d'Arimathie (a volte
chiamato Le Roman de l'Estoire dou Graal), che fu probabilmente scritto nell'ultima
decade del XII secolo o nei primi anni del XIII. Nei primi resoconti e in alcuni dei
più recenti, il Graal è qualcosa di molto diverso. Il termine deriva dal latino gradale,
che significa un piatto portato ala tavola durante tutta la cena per più d'una volta,
grado a grado (dal latin "gradus"). In Chrétien e in altri scrittori, tale piatto viene
denominato "graal"
Chrétien, per esempio, parla di "un graal", quindi di un generico piatto o coppa, e
non di un oggetto unico. Wolfram von Eschenbach nel Parzival presenta il Graal
come una pietra che provvede il sostentamento e previene chiunque dalla morte.
Nella letteratura medioevale, si disse che il Graal fu portato in Britannia, a
Glastonbury, da Giuseppe d'Arimatea e dai suoi seguaci. Ai tempi di Artù, la ricerca
del Graal fu elevata alla esperienza spirituale più alta. Per Chrétien e i suoi
continuatori, Perceval è il cavaliere che deve affrontare la ricerca del Graal. Per altri
autori francesi, come Malory, Galahad è il capo dei cavalieri del Graal, nonostante
anche altri (Perceval e Bors in Morte d'Arthur) intraprendono la ricerca.
Tennyson è forse l'autore che ebbe la più grande influenza sulla concezione della
ricerca del Graal nella cultura anglosassone moderna, sviluppata nei suoi Idylls e
nella sua breve poesia "Sir Galahad". Tuttavia la poesia di James Russell Lowell
"The Vision of Sir Launfal", una delle più popolari in America nel XIX secolo,
elaborò una concezione differente del Graal, e lo "democraticizzò", considerando la
ricerca del Graal un'impresa possibile per chiunque ne sia sinceramente disposto e
d'animo caritatevole. La teoria per cui la storia del Graal si originò nei miti della
fertilità, fu resa popolare da Jessie Weston nel suo From Ritual to Romance, che fu
usato da T. S. Eliot durante la realizzazione di The Waste Land. La poesia di Eliot, a
sua volta, influenzò molti tra i più importanti romanzieri della sua e delle successive
generazioni, inclusi Hemingway e Fitzgerald.
TESTI:
• Cawein, Madison J. (1865-1914), "Waste Land" (1913)
• Field, Eugene (1850-1895), "The Vision of The Holy Grail" (1905)
• Gareth, David (b. 1946), "Sir Mador Seeks the Grail" (1987)
• Hawker, Robert Stephen (1803?-1875), "The Quest of the Sangraal" (1864)
• Jewett, Sophie (1861-1909), "The Dwarf's Quest: A Ballad" (1905)
• Lowell, James Russell (1819-1891), "The Vision of Sir Launfal" (1848)
• Morris, William (1834-1896), "The Chapel in Lyoness" (1858)
• Morris, William (1834-1896), "Sir Galahad, A Christmas Mystery" (1858)
• Rossetti, Dante Gabriel (1828-1882), "God's Graal" (written 1858; published 1911)
• Tennyson, Alfred, Lord (1809-1892), "The Holy Grail" from The Idylls of the King
• Tennyson, Alfred Lord (1809-1892), "Sir Galahad" (1834)
• Trask, Katrina (1853-1922), "Kathanal" (1892)
• Weston, Jessie (1850-1928), "Knights of King Arthur's Court" (1896)
BIBLIOGRAFIA
Jung, Emma e Marie-Louise von Franz. The Grail Legend. (Pubblicato nel 1960 con
il titolo Die Graalslegend in psychologischer Sicht.)
Loomis, Roger Sherman. The Grail: From Celtic Myth to Christian Symbol. New
York: Columbia University Press, 1963.
Owen, D. D. R. The Evolution of the Grail Legend. Edinburgh: Oliver e Boyd, 1968.
Waite, Arthur Edward. The Holy Grail: The Galahad Quest in the Arthurian
Literature. New Hyde Park, NY: University Books, 1961.
Weston, Jessie L. The Quest of the Holy Grail. 1913; rpt. New York: Haskell House,
1965.
Articoli sul Santo Graal
Questa pagina raccoglie numerosi articoli riguardanti il tema del Santo
Graal. Alcuni di essi sono stati tradotti in italiano dall'autore di queste
pagine, Mariano Tomatis:
• GRAAL Torna il calice dei misteri - di Cesare Medail (Da "Il
Corriere della Sera" del 26/2/1998)
• Sulle tracce del Sacro Graal - di Marco Fornari (Da "Oltre la
conoscenza" del Marzo 1998)
• Re Artù e il Santo Graal
• Ma dov'è finito il Santo Graal? - di Rossana Pessione (Da
"Focus" del Maggio 1997)
• Ho trovato il Santo Graal - di David Keys (Da "La Stampa"
del 12/8/1995)
• Il Santo Graal è nascosto a Rugby - di Valerio Magrelli (Da
"L'Unità" del 12/8/1995)
• Il Graal a Castel del Monte - di Michele Palumbo
• La leggenda del Graal - di Emanuela Garampelli
• Il mistero del Graal
• Le tracce del Graal - di Giovanni Pasetti
• Alla ricerca del Santo Graal - di Robert Moynihan
• Miti del Graal
• Il Santo Graal - di Ingrid H. Shafer
• "Glossary entry" per il Santo Graal - di Alan Pert
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CORRIERE DELLA SERA - Giovedì 26 febbraio 1998
MITI Dai Vangeli apocrifi a Indiana Jones: una saga
raccontata per due millenni viene
riproposta ora da una serie di romanzi che fondono la
tradizione cristiana e quella pagana
GRAAL Torna il calice dei misteri
Re Artù accetta la sfida del bestseller
Così il fattore Ramses invade il Medioevo
di Cesare Medail
Chi dei due ha quello vero, Rocco Zingaro o Victoria Palmer? Il primo si dice
dignitario del Supremus militaris templi hierosolymitani ordo (Ordine dei templari),
l'altra è solo una disegnatrice pubblicitaria inglese. Entrambi assicurano di possedere
uno degli oggetti più preziosi e misteriosi. della storia: il santo Graal, il vaso che
Gesù usò nell'ultima cena e nel quale Giuseppe di Arimatea raccolse poi il sangue
che sgorgò dal suo costato quando mori sulla croce. Il primo l'avrebbe avuto nel
1972 da un archeologo, Antonio Ambrosini, il quale a sua volta l'avrebbe trovato in
un monastero copto in Egitto. L'altra l'ha ereditato da un avo, lo storico Thomas
Wright, il quale a sua volta l'aveva rintracciato nel secolo scorso, dopo anni di
ricerche, in Inghilterra. Victoria, però, non ha conosciuto la vera natura della coppa
finchè non gliel'ha rivelata Graham Phillips, un dilettante di storia e appassionato
delle vicende del Graal che ha studiato le carte di Wright.
Soddisfa i desideri
Mistero nsolto, dunque? Niente affatto Per decine di persone la 'cerca' come viene
definita nel gergo degli iniziati la ricerca di questo e di altri oggelli, continua.
Studiano lingue perdute, si destreggiano tra simboli misteriosi, tentano di decifrare
codici, inseguono su antichi testi labili tracce e indizi. Esaltati, malati di esoterismo?
Maniaci del mistero? Tutt'altro. Tra loro ci sono docenti universitari, avvocati,
medici, antropologi, ricercatori: persone, cioè, quotidianamente a contatto con realtà
fatte solo di fredda razionalità. Oltre al Graal la ricerca riguarda altri oggetti, alcuni
tanto misteriosi che non si sa come siano fatti, dove si trovino e addirittura se
esistano veramente. Per esempio, l'Arca dell'alleanza, la lancia di Longino (quella
cioè con cui il centurione romano con questo nome apri il costato di Cristo), la
Menorah (il candelabro a sette braccia che si trovava nel tempio di Gerusalemme),
ed Excalibur, la spada di re Artù. Tutti oggetti con un tratto comune: essere dotati di
poteri straordinari, per esempio quello di soddisfare qualunque desiderio o quello di
dare l'immortalità. Tutti, però, sono poteri pericolosi che, in mani sbagliate,
provocherebbero conseguenze fatali per l'umanità. Per questo la "cerca" avviene in
segreto. «La caccia agli oggetti sacri scomparsi è una ricerca materiale ma
anche un percorso introspettivo». spiega Mario Nordio, del dipartimento di
studi eucaristici dell'università di Venezia. «Cioè per trovarli, dicono le
tradizioni, bisogna esserne degni, ma non lo si è mai abbastanza. Quindi la funzione
dell'oggetto introvabile è quella di spingere a cercare instancabilmente».
Perchè investire tante energie cercando qualcosa di così ben nascosto, se il vero
obiettivo è un altro? «Anzitutto perche proprio introvabili non sono. Ma
soprattulto perche sono come un faro che illumina un percorso buio: senza di essi ci
si perde», risponde Gian Carlo Pucci, antropologo e scrittore. «Sono
simboli che richiamano alla memoria un insieme di conoscenze dimenticate».
Luce sfavillante
«Molte leggende sono per esempio concordi nel ritenere che il Graal esplichi
i suoi poteri solo nel luogo in cui è custodito», spiega Mariano Bizzarri,
oncologo dell'Università di Tor Vergata di Roma e studioso di esoterismo. «I
suoi effetti prodigiosi cesserebbero se ci si allontanasse dal suo campo di influenza:
potrebbero quindi esserci più Graal, ognuno legato a una particolare zona.»
Ma allora, se proprio introvabile non è, dove potrebbe essere il santo Graal? In
qualche posto tra il Medio Oriente e l'Europa. La leggenda del Graal nasce tra
l'inghiterra e la Francia a metà del XII secolo. All'origine c'è forse il tentativo di
creare un simbolo sacro che unifichi le antiche culinre celtiche e pagane dell'area
con quella cristiana. E c'è anche un responsabile, il francese Chrétien de Troyes, che
in quel periodo scrisse Perceval ou le Conte du Graal. Il romanzo narra di un
giovane gallese che un giorno incontra nella foresta alcuni cavalieri. Rimane così
impressionato dall'incontro che decide di recarsi alla corte di re Artù per ricevere da
lui armi e dignità cavalleresca. Dopo molte awenture, giunge al castello del Re
Pescatore dove assiste a una processione: un valletto porta una lancia insanguinata e
altri due reggono candelieri d'oro. Insieme a loro, una damìgella che ha tra le mani
una coppa o, per dirla in lingua d'oil, un graal, dal quale emana una luce sfavillante.
Ed ecco gettare le basi per la storia e le imprese del Mago Merlino, di Re Artù e i
Cavalieri della Tavola Rotonda, fiaccati, prosciugati negli intenti senza il Graal che,
lungo un'epopea di secoli, non è più fisicamente presente tra loro. Ma a loro appare,
galleggiando in un fascio di luce. Esso va dunque riconquistato. Se ne incarica il
forte e puro, un tempo assai incolto, Perceval (in alcune versioni messo da parte da
Galahad, il predestinato, figlio di Lancillotto). Cresciuto nella foresta, via dalle corti
e dai combattimenti, cavaliere contro il volere della madre, che alla sua partenza
muore di dolore, dopo molte avventure Perceval arriva al castello del Re Pescatore
(Amfortas, per von Eschembach). Re infelice, menomato (o magagnato, roi
méhaigné), ferito da una lancia che lo fa eternamente e ciclicamente sanguinare.
Nella dimora del re, Perceval assiste alla stupefacente processione del Graal, vaso
dell'oro più puro, recato in mano da una bellissima vergine, che diffonde luce
abbagliante (come il sole, o la luna):
Il Santo Graal
di Ingrid H. Shafer
.
Le leggende del Graal rappresentano una fusione di elementi Cristiani e pre-
Cristiani. Motivi comuni delle varie versioni della storia date da Chrétien de Troyes
(ca. 1150-1190), Wolfram von Eschenbach (c. 1170-1220), ed altri, comprendono
un castello magico, abitato dal castrato Re Pescatore, una vergine che porta il Graal,
e un eroe maschile che ricerca il Graal. Il testo irlandese precristiano ''Adventures of
Art, Son of Conn'' (Avventure di Art, figlio di Conn) già contiene la maggior parte
dei temi della ricerca del Graal. Il Graal stesso è variamente identificato come una
coppa luminosa, una boccia, un gioiello e (da Wolfram) una pietra, in grado di
donare un'infinità di cibo e bevande. E' una fonte di giovinezza e salute, sorgente di
saggezza e verità. Durante una visita con il dio Manannan, il re Cormac (figlio di
Art) e la sua famiglia si trovano ad un tavolo coperto da una tovaglia che -
all'improvviso - inizia a produrre cibi e bevande a volontà. Nella sua forma
cristianizzata, il Graal è stato identificato con la coppa usata da Cristo durante
l'Ultima Cena, il contenitore in cui il suo Sangue è stato raccolto da Giuseppe
d'Arimatea, e la coppa eucaristica. Il re Pescatore è generalmente associato ad una
lancia sanguinante (che lo avrebbe ferito), a sua volta collegata con la lancia del dio
celtico Lug e con la lama che ha trafitto il fianco di Gesù in croce.
.
Riflettendo su questi motivi, Roger Sherman Loomis ha concluso che la tradizione
del Graal è celtica in origine, poiché "viola le più elementari regole dell'etica e dei
rituali cristiani", e per questo "non sarebbe sorta in ambienti cristiani". Per
sottolineare il concetto, egli chiede: ''Come è possibile che una sacra reliquia, o
anche solo una comune patena o un ciborio, possa essere affidata ad una amabile
fanciulla, e non ad un prete o un sacrestano?"
Rispondendo alla sua retorica domanda, egli conclude: "Non c'è da meravigliarsi se
la Chiesa non ha mai riconosciuto i romanzi del Graal come autentici, anzi, ha
mostrato sempre sospetto per il loro background non molto ortodosso".
.
Ovviamente, la storia del Graal, particolarmente nelle sue origini celtiche e secondo
la versione di Wolfram, si sposa bene con una teologia che insiste sull'assoluta
mascolinità di Dio, l'inferiorità della donna e su una morale che esalta l'ascetismo
sessuale. La moderna tradizione cattolica, tuttavia, esalta il ruolo di Maria come
"Madre di Dio" (con un termine greco theotokos o "Portatrice di Dio"), e le sue
caratteristiche materne, che in passato erano viste nella antica Magna Mater. Ed
oggi, trent'anni dopo il II Concilio Vaticano, le donne possono servire come ministri
eucaristici.
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I modi di interpretare e descrivere il Graal sono molti e controversi; ciò può essere
giustificato dal fatto che il tema del Graal cominciò a diffondersi durante il
Medioevo, periodo di intenso fermento in fatto religioso e agitazione intellettuale. Il
Graal è un potente simbolo che rappresenta insieme la fecondità femminile, la
saggezza, la divinità. Non soltanto la portatrice del Graal è quasi sempre una
giovane fanciulla, ma il Graal stesso contiene la luminosa immagine di un bambino
su di sé o sopra l'ostia che vi è contenuta. Ci vuole un po' di immaginazione per
vedere in questa immagine l'archetica connessione tra il Graal-grambo materno, e la
storia cristiana dell'Incarnazione-Annunciazione, simboleggiata dalla coppa
eucaristica. In questo contesto è interessante notare che Henry e Renée Kahane
sostengono che Graal derivi dalla parola greca krater, concetto chiave per gli
ermetisti.
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E' sicuramente più di una semplice coincidenza il fatto che le leggende del Graal
siano nate proprio in un periodo in cui i dibattiti più accesi dell'epoca concernevano
il mistero dell'Eucarestia, una controversia che culminò nella promulgazione del
dogma della transustanziazione del IV Concilio Laterano del 1215. Nella liturgia,
l'Eucarestia diventa "Comunione", il sacro pane sacramentale, cibo spirituale nella
forma di pane e vino. Questo sottolineò l'importanza dell'Incarnazione, e della
presenza di Dio-nel-mondo, in contrasto con la posizione dei Catari, i quali
sostenevano che il mondo e qualsiasi cosa in esso, compreso il matrimonio e la
procreazione, erano il "male", e il corpo di Cristo soltanto un'illusione. Per loro.
come nelle leggende l'importante era vedere il Graal, così anche solo assistere
all'elevazione dell'Ostia consacrata aveva lo stesso effetto di grazia della
partecipazione alla Comunione. Dopo una durissima persecuzione, i Catari (anche
chiamati Albigesi) furono sterminati. Ironicamente, la loro dottrina dualista non si
estinse completamente, ma influenzò la frangia Neo-Platonica dei cattolici con la
sua visione negativa della vita e del mondo.
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Tra le numerose versioni medievali della Ricerca del Graal, Mircea Eliade
considerò il Parzival di Wolfram von Eschenbach come ''la più completa storia e
coerente mitologia del Graal''.
Eliade fu colpita in particolare dal fatto che deliberatamente Wolfram incluse
numerosi motivi orientali, e fece ciò con molto rispetto. Wolfram sostenne che la
fonte originaria del suo racconto era una saga Ebraico-Musulmana; il padre di
Parzival visse per un po' di tempo in Africa, dove si sposò con una musulmana ed
ebbe un figlio; questi viaggiò a lungo in Asia ed Africa; il fratello di Parzival
sarebbe presto diventato il celebre prete Gianni, monarca Indiano.
In breve, Eliade nota che
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[...] è evidente che il simbolismo del Graal dell'opera di Wolfram e dei suoi
successori e lo scenario da loro dipinto, rappresenta una sintesi spirituale che va
oltre i contributi delle diverse tradizioni. Dietro il suo interesse nei confronti
dell'Oriente, si può intravvedere la profonda disillusione causata dal fallimento
delle Crociate, l'aspirazione ad una tolleranza religiosa che avrebbe incoraggiato
un avvicinamento al mondo dell'Islam, una profonda nostalgia di una "cavalleria
spirituale" [...]
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Nella tradizione celtica originaria, tuttavia, e nel racconto di Wolfram, l'amore
umano e l'aspirazione alla sessualità sono trattati come valori positivi. In contrasto
con il Galahad di Chrétien (che raggiunge il Graal attraverso una vita di ascesi e di
rinuncia ai piaceri della carne, mantenendosi un cavaliere vergine - e proprio per
questo considerato perfetto), Parzival raggiunge il Graal spirituale pur con la sua
amata Condwiramurs. Wolfram considera l'amore nuziale come un misterioso ed
potentissimo sacramento.
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Inoltre c'è un preciso passo in cui si evidenzia che proprio tramite il suo amore
coniugale Parzival diventa degno del Graal. Il ricordo di sua moglie Condwiramurs
non solo lo sostiene nel suo vagabondare, ma la sua elezione a Re del Graal è
immediatamente seguita da una notte d'amore con la sua Condwiramurs in una tenda
della foresta. Wolfram scrive: ''Così, io credo, si prese piacere fino a mezzo il
mattino. Da ogni parte l'esercito si fece da presso a guardare [...] Ora non era più
tempo di dormire. Il re e la regina si alzarono. Un prete cantò la messa" (Wolfram
802). Dal passo pare ovvio che Wolfram consideri un atto d'amore tra il re e la
regina come una valida ragione per ritardare la celebrazione. Qui, come in altre
opere epiche, Wolfram rifiuta il fatto che la Chiesa sia la sola mediatrice tra Dio e
l'umanità. Proprio questo anticlericalismo può spiegare l'insinuazione che Wolfram
fosse in realtà un Cataro.
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Così Wolfgang Spiewok, il traduttore tedesco, scrive nel suo commento: ''Wolfram
trasforma l'amore romantico cortese (Minne) nel genuino amore coniugale:
fondamento del matrimonio, che in questo trova compimento'' e, per Wolfram ''Dio
non si incontra (come sostenuto da alcuni chierici) attraverso l'ascetismo e il rifiuto
del mondo, ma attraverso le relazioni sociali vissute al servizio di Dio." Secondo
Spiewok, è proprio questa visione non dualistica del mondo materiale l'elemento che
assicurò a Wolfram una immensa popolarità delle sue opere durante i successivi
secoli che precedettero la Riforma. Se Spiewok ha ragione, allora la storia
raccontata da Wolfram rappresenta un antidoto popolare al prevalente dualismo del
tardo Medioevo.
Fonte primaria:
• Wolfram von Eschenbach. Parzival.
Fonti secondarie:
• Eliade, Mircea. A History of Religious Ideas Volume 3: From Muhammad to the Age
of Reforms. Trans. Alf Hiltebeitel and Diane Apostolos-Cappadona. Chicago: The
University of Chicago Press, 1985.
• Jungmann, Joseph A. The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development
(Missarum Sollemnia). 2. Vols. Trans. Francis R. Brunner. Westminster, ML:
Christian Classics, 1986.
• Kahane, Henry and Renée. The Krater and the Grail: Hermetic Sources of the
Parzival. Urbana: University of Illinois Press, 1965.
• Loomis, Roger Sherman. Arthurian Tradition & Chrétien de Troyes. New York:
Columbia University Press, 1961.
• Markale, Jean. Women of the Celts. Trans. A. Mygind, C. Hauch and Peter Henry.
London: Gordon Cremonesi, 1975.
• Matarasso, Pauline M., trans. The Quest of the Holy Grail. New York: Penguin
Books, 1984.
• Matthews, John. The Grail: Quest for the Eternal. New York: Crossroad, 1981.
• Neumann, Erich. Die Große Mutter: eine Phänomenologie der weiblichen
Gestaltungen des Unbewußten. 1974. Olten: Walter-Verlag, 1985.
.
Copyright © 1996, Ingrid H. Shafer.
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