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Per chi invoca lEurobond

La lunga serie degli incontri fra i Premier europei continua a non dare frutti sul piano della risoluzione del problema Euro; incontri plenari e bilaterali non riescono nellintento di sbloccare la situazione e sembrano sempre temporeggiare in attesa di un prossimo evento che verr. la diretta conseguenza di forze contrapposte e di interessi divergenti fra i membri dellEurozona, che restano paralizzati anche solo nel valutare gli effetti di contagio di una, data quasi per certa, uscita dallEuro da parte della Grecia. Unuscita che non necessariamente potrebbe avere effetti permanenti, ma potrebbe essere inizialmente a tempo determinato (due o tre anni?) in attesa di un reingresso a valori fortemente svalutati, a patto che lEuro stesso nel frattempo non si sia disintegrato. Sinora tutte le azioni in ambito europeo sono state demandate a un braccio armato: la Banca Centrale Europea; prima con lacquisto diretto di titoli governativi in gran parte spagnoli e italiani e poi con unoperazione di rifinanziamento a lungo termine, la cosiddetta LTRO che concede prestiti alle banche al tasso dell1% (si veda anche lapprofondimento di IdeasHaveconsequences.org nel Quaderno di Ricerca sui dati economici italiani Italia 2011: un anno di sofferenza). Questa operazione non stata studiata per fornire mezzi bancari per una ripartenza del credito alle aziende, ma semplicemente per spingere le banche a detenere titoli di Stato della propria nazione; un modo per ridurre il contagio verso altri Paesi e per creare le condizioni affinch un eventuale consolidamento del debito (leggasi default) sia sostanzialmente una partita di giro fra i cittadini e il proprio Stato. Eppure nei giorni scorsi il nostro Primo Ministro Mario Monti sembrava gettare i semi di una speranza definendo come maturi i tempi per lintroduzione degli Eurobond (da Il Fatto Quotidiano), affermazione poi prontamente mitigata (da la Repubblica) anzi praticamente ritrattata (dallAgenzia Giornalistica Italiana).

Il tema della contrariet tedesca evidente, in primo luogo la soluzione antieconomica: gli Eurobond per essere collocati sul mercato dovrebbero riconoscere un tasso di interesse vicino alla media ponderata dei tassi dei Paesi dellEurozona; certamente un tasso superiore a quello dei Bund tedeschi, che attualmente hanno un tasso reale, depurato dallinflazione, negativo. ovvio che i tedeschi non siano particolarmente motivati a pagare interessi maggiori sul proprio debito per far salire sulla propria nave una lunga schiera di Paesi dalle finanze poco virtuose. Ma loggetto del contendere non termina qui; il tema ancora una volta quello della solvibilit. Chi garantirebbe la solvibilit degli Eurobond? Se sono Eurobond, e non titoli di debito nazionali come i titoli di Stato, la solvibilit dovrebbe essere garantita in solido dai 17 Stati dellEurozona, ove uno di questi risultasse inadempiente, provvederebbero i restanti in proporzione al loro peso nellUnione. Ancora una volta la Germania in prima fila. Ma se questi in qualche modo sono aspetti noti, ve ne un terzo alquanto trascurato e che probabilmente verr portato allattenzione dei pi fra non molto tempo: si tratta della sovranit fiscale. plausibile che gli Eurobond, una volta varati, verranno emessi a fronte di un programma di emissione dei singoli Stati; cio i singoli Stati avranno un piano di emissione dei propri titoli di Stato e lo gireranno al settore che si occuper del collocamento, poco importa ai fini del nostro ragionamento chi sar questo settore, sia esso un ente come la Banca Europea degli Investimenti (BEI) o uno di nuovo conio. probabile che il piano di ciascuno Stato sar soggetto ad approvazione della Commissione Europea, perlomeno per verificare il pareggio di bilancio e la compatibilit al Fiscal Compact, che quel Trattato sulla Stabilit che prevede il rientro sotto la soglia del 60% del debito/Pil entro 20 anni. Ci significa che la Commissione Europea svolger un ruolo di vero e proprio commissario dei conti pubblici di ciascuno Stato; la prima domanda : cosa succeder se uno Stato non rispetta questi vincoli? La risposta pi semplice potrebbe essere: verr escluso dal programma Eurobond e probabilmente, non avendo accesso ad altri mercati del finanziamento, sar soggetto a default. Liquidare la questione in questo modo appare piuttosto sbrigativo, in quanto ci troveremmo di fronte a un caso gi visto: non cosi semplice andare in default quando si inseriti in una moneta sovranazionale; gli altri Stati avrebbero timore di un effetto contagio e ritorneremmo esattamente al punto di partenza attuale. Per evitare tutto ci qualora uno Stato non rispettasse i vincoli, non resterebbe nientaltro che commissariarlo, poco importa se il commissario sia un cittadino del medesimo Stato i cui fili vengono tirati a livello comunitario o se addirittura il commissario sia un plenipotenziario della nazione pi virtuosa, in modo da educare i cittadini e le istituzioni dello Stato allegro a rientrare nei ranghi. Ma la questione non termina qui; cosa succederebbe se, dopo avere predisposto il piano di emissione di titoli di debito, uno Stato si trovasse nella necessit di ampliare il proprio piano di emissione. Non rilevante la ragione di questa nuova necessit, potrebbe essere un progetto infrastrutturale o anche una calamit, al di l di ci resta la questione sui criteri autorizzativi.

Le ipotesi potrebbero spaziare dalla rigidit assoluta, cio impossibilit di richiedere emissioni aggiuntive, alla valutazione nel merito, dove ancora una volta la Commissione Europea sarebbe chiamata ad esprimersi sullammissibilit della richiesta da parte di uno Stato. Se cos fosse quali potrebbero essere le dinamiche? Stati pi potenti potrebbero meglio far passare le loro ragioni, ma anche alcuni piccoli Stati che notoriamente attraggono i capitali, come ad esempio il Lussemburgo, potrebbero indurre a una maggiore benevolenza; ancora una volta, gli Stati pi penalizzati sarebbero i pi bisognosi caratterizzati da una fragilit dei conti pubblici. Per concludere, gli Eurobond sembrano rappresentare al cittadino comune la via duscita da questa spirale dei debiti nazionali, vengono dipinti come la soluzione di solidariet compatibile alla coesistenza nella casa europea. Nel contempo essi celano il germe della possibile cessione della sovranit e libert di uno Stato e del sopruso da parte di una nazione esterna, un sentimento non ancora sopito in un continente che dagli albori della storia stato oggetto di guerre e dominazioni fra popoli. di Maurizio Mazziero Vanzago, 26 maggio 2012

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