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Meccanica applicata Dinamica dei rotori

Dinamica dei rotori:


velocit`a critica essionale
Si denisce rotore il sistema composto da un albero sul quale sono calettati degli ele-
menti detti dischi (dischi di turbine o compressori, palettature, etc). In generale, lalbero
va visto come un corpo elastico continuo con inerzia e rigidezza variabili lungo lasse. Tale
sistema `e piuttosto complesso da analizzare, ma, se sono valide le seguenti ipotesi:
dimensione assiale dei dischi piccola rispetto alla lunghezza totale dellalbero,
massa dei dischi grande rispetto a quella del tronco dalbero su cui essi sono calettati,
momenti dinerzia dei dischi trascurabili,
allora il modello che risulta da queste semplicazioni `e quello di albero elastico privo di
massa su cui sono calettati elementi assimilabili a masse concentrate.
Su tali sistemi, interessa studiare leetto combinato dello squilibrio statico e della
deformabilit`a dellalbero.
1 Cenni storici
Lo studio della dinamica dei rotori nasce a seguito dello sviluppo della macchina a vapore
e degli impianti di potenza da essa derivati. Una prima analisi si deve a Rankine, che nel
1869 dimostr`o che il moto di un rotore costituito da un albero uniforme dotato di massa ed
elasticit`a `e stabile se la velocit`a di rotazione `e minore di un certo valore, denito prima
velocit`a critica
c
, mentre `e instabile per >
c
. Per tutta la restante parte del secolo si
ritenne che il funzionamento al di sopra della prima velocit`a critica fosse impossibile ed i
rotori furono progettati per funzionare con <
c
.
Nel 1900 De Laval dimostr`o sperimentalmente che una turbina a vapore poteva funzio-
nare stabilmente anche al di sopra della velocit`a critica, ma ai costruttori non era chiaro
perche alcune macchine potevano funzionare mentre altre, progettate apparentemente con
gli stessi criteri, erano soggette a gravi rotture.
Una serie di studi condotti a cavallo del 1900 mostr`o che esistono degli intervalli di
velocit`a entro i quali un rotore pu`o sviluppare vibrazioni violente: tali intervalli furono
deniti velocit` a critiche. Se il rotore viene fatto funzionare in uno di questi intervalli di
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velocit`a, si pu`o vericare la rottura dei cuscinetti a causa delle forze ad essi trasmesse,
con conseguente distruzione del rotore, oppure il degrado delle tenute a labirinto dovuto
alle eccessive deformazioni del rotore, con conseguente perdita di ecienza.
Successivamente Dunkerley consider`o il rotore come un albero elastico ed i cuscinetti
come appoggi, dimostrando che le velocit`a critiche coincidono con le pulsazioni naturali di
vibrazione trasversale dellalbero. Pertanto, poiche inevitabilmente un rotore non `e mai
perfettamente bilanciato, quando la velocit`a di rotazione coincide con una delle pulsazioni
naturali di vibrazione, gli sbilanciamenti eccitano il sistema in una condizione di risonanza.
Leetto di questo studio fu di indurre i progettisti a realizzare rotori molto rigidi in
modo tale da portare la prima pulsazione naturale al di sopra della velocit`a di funziona-
mento. Questa tendenza si scontrava con il continuo aumento delle velocit`a di progetto
delle macchine, dovuto a ragioni economiche: risultava sempre pi` u dicile e costoso, a cau-
sa degli incrementi di diametro del rotore necessari per ottenere la rigidezza desiderata,
costruire rotori funzionanti al di sotto della prima velocit`a critica.
Nel 1919 Jecott consider`o, analogamente a Dunkerley, un albero elastico su appoggi
rigidi, ma incluse nellanalisi la presenza di smorzamento, dimostrando che:
la precessione sincrona (moto in cui il piano in cui giace la deformata dellalbero
ruota con la stessa velocit`a angolare dellalbero) `e lunico moto possibile a regime;
le forze scaricate sui cuscinetti crescono con la velocit`a di rotazione no ad un
valore massimo, per poi decrescere.
Questi risultati portarono alla denizione di velocit`a critica come velocit`a alla quale la
forza trasmessa ai cuscinetti `e massima.
Lo studio di Jecott dimostr`o che era possibile e talvolta opportuno operare al di sopra
della prima velocit`a critica. Ne deriv`o una proliferazione di turbine, compressori e pompe
con rotori molto leggeri adatti a funzionare ben al di sopra della prima velocit`a critica.
Tuttavia si vericarono seri inconvenienti su rotori funzionanti ad una velocit`a di rotazione
circa doppia della prima velocit`a critica ( = 2
c
).
Una serie di studi successivi chiar` che il problema era dovuto ad instabilit`a dei supporti
lubricati (oil whip) e che il moto del rotore si mantiene stabile per < 2
c
.
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2 Rotore di Jecott
Si considera il sistema composto da un albero elastico privo di massa poggiato su due
supporti rigidi con calettato in mezzeria un disco di massa m (gura 1). Si suppone che il
disco non sia equilibrato staticamente, e che quindi il centro di massa G non coincida col
centro del disco O
1
, ma si trovi ad una certa distanza , detta eccentricit`a del disco. Si
suppone inoltre trascurabile lazione del peso.
x
y
G
O
1
a
a
z
Figura 1: Rotore di Jecott.
La ragione per cui si suppone che il disco sia calettato in mezzeria `e quella di poter
trascurare leetto del momento risultante delle forze dinerzia. Infatti, quando lalbero
ruota ad una certa velocit`a angolare , la forza centrifuga provoca uninessione simme-
trica dellalbero, e quindi il piano in cui giace il disco non cambia. Pertanto lasse di
rotazione del disco non varia e non nasce alcun momento risultante delle forze dinerzia.
Si vuole determinare il moto del sistema considerando lalbero rotante a velocit`a
= costante. Per ricavare lequazione del moto, si considera una sezione con un piano
perpendicolare allasse z e passante per il centro di massa G del disco (gura 2). Anche il
centro O
1
del disco si muove in questo piano: quindi il segmento O
1
G `e solidale al disco e
ruota con velocit`a angolare , formando un angolo t con lasse x preso come riferimento.
Pertanto il sistema possiede due gradi di libert`a, che corrispondono alle coordinate x
1
e
y
1
di O
1
: infatti, nota la posizione di O
1
e la velocit`a angolare , `e possibile ricavare in
ogni istante la posizione di G.
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x
y
O
O
1
t
x
1

y
1
G

x
G
y
G

md
2
x
G
/dt
2

md
2
y
G
/dt
2
kx
1
ky
1
cdx
1
/dt
cdy
1
/dt
Figura 2: Diagramma del corpo libero del disco.
Ricapitolando, si ha:
O: traccia dellasse di rotazione
O
1
: centro del disco (collegamento tra disco e albero)
G: centro di massa del disco
O
1
G: segmento solidale al disco, di lunghezza
x
1
, y
1
: coordinate del centro del disco (incognite del problema)
Nel diagramma di corpo libero del disco sono presenti le componenti della forza diner-
zia, della forza elastica (richiamo elastico dellalbero) e della forza smorzante (attrito tra
disco e aria o smorzamento interno del materiale dellalbero). Sommando le componenti
di forza sugli assi x e y si ottiene:
_
m x
G
+c x
1
+kx
1
= 0
m y
G
+c y
1
+ky
1
= 0
(1)
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x
y
O
O
1
t
x
1

y
1
G

x
G
y
G

Figura 3: Coordinate del centro di massa del disco.
ed essendo (gura 3):
_
x
G
= x
1
+ cos t
y
G
= y
1
+ sin t
da cui:
_
x
G
= x
1

2
cos t
y
G
= y
1

2
sin t
(2)
si ottiene:
_
m x
1
+c x
1
+kx
1
= m
2
cos t
m y
1
+c y
1
+ky
1
= m
2
sin t
(3)
cio`e due equazioni disaccoppiate in x
1
e y
1
. La soluzione di regime, per le due equazioni,
si pu`o porre rispettivamente nella forma:
_
x
1
(t) = R
x
cos(t
x
)
y
1
(t) = R
y
sin(t
y
)
(4)
Sostituendo nellequazione del moto (3) si possono ricavare i valori delle ampiezze e
delle fasi. Risulta:
_

_
R
x
=
m
2
_
(k m
2
)
2
+c
2

2
R
y
=
m
2
_
(k m
2
)
2
+c
2

2
= R
x
= R
(5)
_
_
_
tan
x
=
c
k m
2
tan
y
=
c
k m
2
= tan
x
=
x
=
y
= (6)
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x
y
O
O
1

t
G
R

Figura 4: Relazione tra e .
e quindi:
_
x
1
(t) = Rcos(t ) = Rcos
y
1
(t) = Rsin(t ) = Rsin
(7)
avendo posto (gura 4):
= t
Ne consegue che il punto O
1
si muove su una traiettoria circolare di centro O con
velocit`a angolare:

=
la stessa con la quale ruota il disco e quindi il segmento O
1
G) ad esso solidale. Pertanto
la linea spezzata OO
1
G ruota rigidamente con velocit`a angolare : infatti i due segmenti
che la compongono (OO
1
e O
1
G) ruotano entrambi con velocit`a angolare . Il tipo di
moto in questione viene detto precessione sincrona, in quanto il piano della deformata,
rappresentato nella sezione considerata dal segmento OO
1
, ruota con velocit`a angolare
identica alla velocit`a di rotazione del rotore.
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x
y
O
O
1

G

<
n
x
y
O
O
1
=/2
G

=
n
x
y
O
O
1

G

>
n
Figura 5: Moto a regime per <
n
, =
n
e >
n
.
Ricordando che:

2
n
= k/m c
c
= 2m
n
=
c
c
c
=
c
2m
n
si possono esprimere sia il rapporto R/ tra ampiezza della deformata e eccentricit`a del
disco che langolo di fase :
R

=
m
2
_
(k m
2
)
2
+c
2

2
=

2
/
2
n

_
_
1
_

n
_
2
_
2
+ 4
2
_

n
_
2
(8)
tan =
c
k m
2
=
2

n
1
_

n
_
2
(9)
avendo diviso numeratore e denominatore per k nellultimo passaggio.
Analizzando le due ultime relazioni `e possibile trarre alcune importanti conclusioni.
Fissato un valore del fattore di smorzamento = 0, la fase cresce al crescere di . In
particolare si ha che per:
<
n
= tan > 0 = 0 < < /2
=
n
= tan = = /2
>
n
= tan < 0 = /2 < <
e pertanto il centro di massa G `e rispettivamente esterno, allineato o interno alla perpen-
dicolare ad OO
1
(gura 5).
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x
y
O O
1
G

<<
n
x
y
O
O
1

G

>>
n
Figura 6: Moto a regime per
n
e
n
.
Se in particolare
n
, allora

= 0, mentre se
n
, allora

= (gura 6) ed
inoltre R/

= 1, cio`e il centro di massa tende a portarsi sullasse di rotazione (fenomeno


dellautocentramento).
Nel caso ideale di smorzamento nullo, si ha sempre tan = 0, e quindi = 0 o = .
Poiche per = 0:
R

=

2
/
2
n
1
_

n
_
2
si ha:
=
_
0 per <
n
per >
n
Quindi i punti O, O
1
e Gsono allineati, con Gposto rispettivamente allesterno o allinterno
del segmento OO
1
, in una situazione simile a quella rappresentata in gura 6. Se invece
=
n
, langolo risulta indeterminato nel caso di smorzamento nullo.
Il graco di R/ in funzione di /
n
`e mostrato in gura 7 per vari valori del fattore
di smorzamento . Lampiezza della deformata `e inizialmente crescente con e raggiunge
un massimo per un valore della velocit`a angolare
c
che si ricava dallequazione:
d(R/)
d(/
n
)
= 0 (10)
Si ottiene, dopo svariati calcoli:

n
=
1
_
1 2
2

= 1 (11)
per piccoli valori di , ossia:

=
n
(12)
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0 1 2 3 4
0
1
2
3
4
0.1
/
n
R
/

0.2
0.4
0.7
1
Figura 7: Rapporto tra ampiezza della deformata e eccentricit`a del disco.
La velocit`a angolare
c
si denisce velocit`a critica essionale dellalbero ed `e anche
la velocit`a in corrispondenza alla quale si ha la sollecitazione massima dei cuscinetti.
In pratica, essa corrisponde alla pulsazione naturale
n
dellalbero, il che conferma la
conclusione di Dunkerley.
Dallo studio condotto si vede che quello della velocit`a critica `e un fenomeno di riso-
nanza. Quindi lampiezza R della deformata (gura 7) `e tanto minore quanto maggiore `e
lo smorzamento e quanto minore `e leccentricit`a . La forza che si scarica sui cuscinetti
pu`o quindi essere limitata con una accurato equilibramento statico.
Inoltre, analogamente a quanto visto per le vibrazioni forzate, lampiezza R di regime
non viene raggiunta istantaneamente, ma cresce lentamente nel tempo. Quindi lalbe-
ro pu`o ruotare alla velocit`a critica per brevi intervalli di tempo senza che si verichino
inconvenienti: questo passaggio `e ovviamente necessario per superare la velocit`a critica.
Infatti lalbero pu`o funzionare anche a velocit`a superiori a quella critica: in questo caso
il centro di massa tende ad avvicinarsi allasse di rotazione allaumentare della velocit`a.
Benche il calcolo delle velocit`a critiche essionali possa essere ricondotto a quello delle
pulsazioni naturali delle vibrazioni trasversali, `e necessario mettere in luce la fondamentale
dierenza sica tra un albero che vibra e un albero che ruota. Nel primo caso lalbero si
ette alternativamente dalle due parti, determinando nei vari punti della sezione sollecita-
zioni alternate di trazione e compressione, che possono provocare la fatica del materiale.
Nel secondo caso invece il piano della deformata ruota alla stessa velocit`a dellalbero, che
resta inesso sempre nello stesso modo, e la sollecitazione `e praticamente di tipo statico.
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