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Il rispetto dei patti

Un'idea relazionale del diritto contro ogni possibile forma di teologia politica o positivismo giuridico. Potenza e beatitudine, un saggio di Roberto Ciccarelli sul diritto nel pensiero di Baruch Spinoza. Per l'editore Carocci AUGUSTO ILLUMINATI Nella postfazione di Riccardo Caporali alla Critica della religione in Spinoza di Leo Strauss (edito da Laterza e di prossima recensione sulle pagine di Alias) si osservava giustamente che nel fondamentale approccio straussiano alle condizioni in cui sorge una prospettiva filosofica - nel nostro caso quella spinoziana in rapporto alla religione e allo stato - andava smarrito il primato ontologico della moltitudine, la sua funzione costituente di vita e di forma dei modi finiti in cui si esprime la Sostanza. Scrive Caporali: la moltitudine non solo l'oggetto delle manovre di politici e della gioiosa, distaccata contemplazione del saggio, ma anche la condizione imprescindibile di ogni potenza, quindi anche della politica e della filosofia. Proprio questo il tema soggiacente al bel libro di Roberto Ciccarelli, Potenza e beatitudine -Il diritto nel pensiero di Baruch Spinoza (Carocci, pp. 239, ? 18), che ribadisce la distanza fra l'Olandese e ogni possibile forma di teologia politica o di positivismo giuridico. La novit spinoziana, in ferma opposizione al dualismo ontologico e antropologico cartesiano, consiste nell'offrire un'idea relazionale del diritto in luogo di una coercitiva o valoriale. In tal modo possibile costruire nella sua opera una teoria della soggettivit come pratica transindividuale. Il contratto, lungi dall'essere sovradeterminato teologicamente (come nella tradizione tommasiana e scolastica) e addirittura in riferimento alla Trinit (come in Hobbes), uno strumento empirico e normativo del tutto contingente e revocabile, funzionale alla razionalizzazione della moltitudine e all'equilibrio sociale. Lo stato di diritto che vi si costruisce intorno dunque costruito sul conflitto fra moltitudine e stato, su un ethos imperniato sui rapporti di forza, cio sul gioco dei modi finiti in cui si distribuisce la potenza-diritto della Sostanza. La critica del diritto (comportante il rigetto della sua presunta origine dal trasferimento a una qualche autorit tradizionale o convenzionale della potentia absoluta divina) prepara alla (e discende dalla) rinuncia alla metafisica, all'essere eterno e assoluto opposto al divenire e all'apparenza. Avendo assunto materialisticamente la normativit giuridica come

equipollente a quella biologico-naturale (conatus = potentia =ius), la produzione della norma esprime adeguatamente quella della natura, che non ha finalit n privilegi per l'uomo. Quindi il diritto non assoggetta l'individuo al dover essere della legge (pur sempre promanante da una volont divina), ma si scioglie negli effettivi comportamenti cui immanente e in cui si articola. La norma non scinde pi fra legittimo e illegittimo (tutto ha la legittimit della partecipazione alla Sostanza) ma incorpora progressivamente e organizza tutti i comportamenti dettati dal diritto fondamentale di ciascuno di vivere e agire secondo la propria potenza ovvero diritto di esistere. Da questo punto di vista le norme non possono che essere plurali in un regime di equilibrio metastabile, in cui la relazione immanente all'esistenza e non anteriore ad essa, secondo il modello metafisico classico. Questo meccanismo consente di recuperare appieno il realismo machiavelliano e per di tener fermo contro Hobbes un diritto naturale non passibile di obbligazione giuridica assoluta e di trasfert integrale a un sovrano - motivo su cui pu anche innestarsi in linea di principio una democrazia assoluta. Congiunge infine il piano di una costituzione liberale e federale della moltitudine con quello della beatitudine del saggio. La persona giuridica (che non distingue, al contrario di Hobbes, fra autore - i molti - e attore unico, cio in pratica irrappresentabile) deriva dall'assoluta identit fra essenza ed esistenza dell'individuo, totalmente immerso nella sostanza divina infinita: la stessa base su cui si sviluppa, a livello di conoscenza intuitiva di terzo genere, l'accesso alla beatitudine, all'amor Dei intellectualis, che eternizza l'individualit, non dissolvendola ma ridefinendola a un livello superiore (transindividuale, nell'accezione di Gilbert Simondon e di tienne Balibar). Si passa cos dalla vita nutritiva alla contemplazione senza oggetto, mediante un continuo incremento della potenza - anche se in questa transizione restano numerosi problemi che il libro, per ragioni tematiche, non affronta. Il rispetto dei patti, per tornare alla dimensione giuridica, si colloca all' interno della razionalit sociale, dipende dalle condizioni effettuali senza discendere da un obbligo di obbedienza preliminare alla libert soggettiva. Questa la differenza fra cittadino e servo e, ancor oggi, fra integrazione statale del popolo e democrazia della moltitudine, implicante la possibilit della disobbedienza. Che non si tratti di distinzioni accademiche lo dimostra ogni giorno la feroce polemica degli schieramenti di

governo e spesso anche di opposizione contro ogni comportamento trasgressivo, bollato virtualmente come anticamera di terrorismo quando non perseguito direttamente alla stessa stregua.

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