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OPTICAL TRANSPORT NETWORK (OTN)

Optical Transport Network (OTN) è un'architettura di rete

ottica di trasporto basata sulla tecnica di multiplazione nel

dominio della lunghezza d’onda WDM (Wavelength Division

Multiplexing).

Le caratteristiche dell'OTN sono standardizzate dall’ ITU-T e

definite principalmente dalle normative:

- G.709 (aspetti funzionali dell'interfaccia di rete);

- G.798 (modello funzionale del nodo di rete);

- G.872 (architettura generale della rete).


OTN 1
OTN (Optical Transport Network) rappresenta l’evoluzione della
tecnologia SDH capace di trasportare “nativamente” una molteplicità di
profili di traffico, oltre a quello sincrono telefonico per cui è nata su
evoluzione della tecnologia PDH.
Obiettivo di questa tecnologia è rappresentato dal concetto di rete ottica
trasparente, cioè una rete in cui vengono effettuate solo due conversioni:
una elettro-ottica all’ingresso ed una ottico-elettrica in uscita dalla rete.
Nelle reti ottiche classiche, in effetti, le funzioni di instradamento,
rigenerazione, multiplazione/demultiplazione sono effettuate nel dominio
ottico (si pensi agli apparati SDH e a tutte le funzioni di controllo che
sono implementate convertendo il segnale nel dominio elettrico).
Dalla seconda metà degli anni ‘90, con lo sviluppo delle tecnologie WDM
e DWDM, si cominciò ad ipotizzare una nuova architettura di rete che
fosse in grado di implementare le funzioni necessarie al trasporto
dell’informazione direttamente nel dominio ottico, sfruttando le
potenzialità della trasmissione su più lunghezze d’onda.
OTN 2
La tecnologia OTN, pertanto, fa riferimento alla situazione riportata
sinteticamente in figura. In tale architettura, ai tipici nodi di una rete
SDH (DXC e ADM), si inseriscono dei generici ONE (Optical Network
Element), che effettuano l’instradamento del segnale ottico utilizzando
tecniche “puramente” ottiche.
Tendenzialmente, tale rete
consente di trasportare
informazione direttamente,
senza riconvertire il segnale
da un dominio all’altro.
Esistono però due ordini di
motivi che rendono di
difficile applicazione la
“trasparenza” ottica che
sono legati sia ad aspetti
di natura fisica sia alla
necessità di gestire e
controllare la rete. Scenario OTN
OTN 3
Le limitazioni fisiche di trasmissione e quelle di gestione sono legate alla
necessità di rigenerare il segnale. Come mostrato in figura, il processo di
rigenerazione, in base al tipo di operazioni effettuate, può essere classificato
come 1R, 2R e 3R. In particolare, allo stato attuale, solo la rigenerazione
1R viene effettuata direttamente nel dominio ottico. Anche se da un punto
di vista tecnologico è possibile gestire direttamente a livello ottico alcune
funzioni come l’instradamento
delle lunghezze d’onda tramite i
dispositivi DWDM e la creazione
di percorsi ottici, è evidente che
durante la propagazione il segnale
si degrada a causa di fenomeni
non lineari, ASE, etc.
In molti casi è necessario
procedere ad una rigenerazione
3R che rigenera completamente
il segnale e che, allo stato attuale,
è realizzata a livello elettronico. Rigenerazione del segnale 1R, 2R e 3R
OTN 4
Lo studio delle reti OTN, iniziato nel 1997, parte dal principio che è
necessario prevedere delle operazioni di rigenerazione 3R in una rete
puramente ottica.

I principi architetturali contenuti nella raccomandazione ITU-T G.872


indicano che in una rete OTN multiplazione, trasporto, instradamento,
supervisione e protezione dei segnali “client” avvengono
“principalmente” nel dominio ottico, ammettendo di fatto la possibilità
di ricorrere in parte alla rigenerazione elettronica.

Qualora si volesse realizzare una rete che effettui le conversioni tra i


domini ottici ed elettrici esclusivamente all’inizio e alla fine del
percorso, devono essere garantiti requisiti in termini di prestazioni
prossimi ai limiti fisici indotti dalla necessità di garantire valori del
rapporto segnale-disturbo entro fissati intervalli di tollerabilità.
OTN 5
Inoltre, tale condizione
dovrebbe essere assicurata per
qualsiasi percorso ottico,
generato, ad esempio, dalla
combinazione di diverse
lunghezze d’onda su differenti
cammini fisici.
Ovviamente, tale condizione,
oltre ad introdurre un fattore
di complessità notevole, in reti
molto articolate, induce
notevoli limiti nella scalabilità
della rete stessa.

Trasporto nel dominio ottico


OTN 6
Le raccomandazioni prevedono che la rete possa essere suddivisa in
Domini Trasparenti in cui non sono presenti rigeneratori 3R (Trasparent
Domain - TD), raggruppati a loro volta in Domini Amministrativi
(Administrative Domain - AD).
Le raccomandazioni indicano
particolari specifiche ottiche
per le interfacce IrDI tra
domini amministrativi ma
lasciano libertà per quelle IaDi
all’interno dei domini
amministrativi.

Suddivisione in domini
della rete OTN
OTN 7
Le raccomandazioni introducono un concetto molto importante per i
gestori di servizi di trasporto: la trasparenza di servizio.
Nell’ottica di integrare le reti verso un’unica piattaforma tecnologica (e
quindi verso un’unica tipologia di apparati), è fondamentale avere a
disposizione una rete in grado di accettare “nativamente” differenti
tipologie di traffico (ATM, IP, SDH, etc).
In ambito ITU-T si definisce quindi il concetto di OCh (“Optical
Channel”) e di Overhead OH per mappare “nativamente” flussi
differenti di traffico.
Tale meccanismo detto
di “imbustamento” o
“Digital Wrapper” è
riportato in figura.

Optical Channel (Och)


OTN 8
La struttura OTN è definita nella raccomandazione ITU-T G.805 che
definisce 4 strati: OCh, OMS (“Optical Multiplex Section”), OTS
(“Optical Transmission Section”) e il PM (“Physical Medium Layer”)
rappresentato dalle fibre ottiche sulle quali avviene la trasmissione.

Suddivisione protocollare
Ogni segnale “client” è inviato in rete all’interno di un Och mediante
un’unità, detta “transponder”, senza che siano note all’interno della rete
stessa le informazioni del segnale trasportato.
OTN 9
Le elaborazioni necessarie a ricostruire il segnale sono effettuate
esclusivamente ai confini dei domini amministrativi nei quali i
transponder devono conoscere la frequenza di cifra e le informazioni
relative ai segnali “client” anche se si studia la possibilità di introdurre
“transponder adattativi”, in grado di adattarsi dinamicamente al segnale
in ingresso.
OCh consente il trasferimento di un segnale “client” attraverso
l’interpretazione delle informazioni di overhead, che consentono di
effettuare le operazioni di provisioning, di manutenzione, etc.
Lo strato OMS si occupa invece di trasportare segnali a multi-lunghezza
d’onda e, tramite l’overhead, svolge funzioni di monitoraggio,
provisioning, etc.
Infine, lo strato OTS si occupa della vera e propria trasmissione su vari
tipi di fibre ottiche ed è dotato esso stesso di un proprio overhead.
Mediante la definizione di questi strati si può analizzare nel dettaglio
l’interfaccia IrDI e le informazioni che devono essere scambiate per
assicurare il corretto recapito dei segnali “client” da un estremo ad un
altro di una rete.
OTN 10
Si fa riferimento alla struttura OTM riportata in figura che può essere
multicanale (OTM-N) o singolo canale (OTM-0) e che deve contenere le
informazioni presenti negli strati definiti precedentemente.
Essendo questa un’entità logica, deve essere effettivamente mappata sui
canali fisici rappresentati dalle varie lunghezze d’onda, le quali
trasportano le informazioni dei vari strati più quelle di un canale di
controllo, definito come OSC (“Optical Supervisor Channel”).

Optical Transport Module (OTM)


OTN 11
OCh viene ulteriormente diviso in:

- Optical Channel – Payload Unit (OPU);

- Optical Channel – Data Unit (ODU);

- Optical Channel – Transport Unit (OTU).

L’ODU è trasportata in modo trasparente tra i vari domini.

Nell’OTN non viene definita una vera e propria gerarchia numerica,


anche se vengono definiti alcuni tipi di canale: OCh-1 per segnali
“client” sino a 2,5 Gbit/s, OCh-2 per segnali sino a 10 Gbit/s e OCh-3 per
segnali sino a 40 Gbit/s.
Per approfondire lo studio della interfaccia si fa riferimento alla più
generica ONNI (“Optical Network Node Interface”) che comprende sia
le IaDI sia le IrDI, definendo le interfacce di tipo 3R.
OTN 12
Nella figura successiva viene riportato l’esempio del trasporto di
un segnale SDH su rete OTN e il modo in cui il suo traffico viene
“rimappato”.

Esempio di Collegamento
OTN 13
Da un punto di vista architetturale, una rete OTN è costituita da
terminali di linea DWDM indicati con OLT (Optical Line Terminal),
amplificatori ottici di linea denominati OLA (Optical Line Amplifier),
ADM ottici denominati come OADM (Optical Add Drop Multiplexer) e
cross-connect ottici o OXC (Optical Cross-Connect).

Gli elementi che consentono di “articolare” una rete OTN sono gli
OADM e gli OXC che differiscono nel loro funzionamento in quanto:
- gli OADM consentono di estrarre un segnale ottico senza demultiplare
l’intero segnale DWDM in ingresso all’unità;
- il generico OADM ha due interfacce di linea bidirezionali DWDM (est-
ovest) e un certo numero di interfacce “client” bidirezionali per singolo
canale;
- la funzione di drop permette di estrarre dal flusso DWDM in ingresso
un certo numero di canali ottici e di inviare quelli restanti alla funzione
di add, che consente di sostituire i canali mancanti con altri dello stesso
"colore".
OTN 14
Gli OADM posso essere visti come una matrice di collegamento
che può essere fissa (OADM fissi) o configurabile (OADM
riconfigurabili).
Questi ultimi dispositivi sono costituiti in genere da uno o più
dispositivi ottici che consentono di estrarre/inserire un canale
DWDM.

OADM
OTN 14
Funzione degli OXC (Optical Cross Connect) è quella di collegare diversi
canali fisici e consentire l’intercomunicazione tra i vari canali presenti nelle
varie lunghezze d’onda abilitate alla trasmissione.
La situazione tipica che si configura prevede diverse coppie di fibre le quali
supportano molteplici canali DWDM che vengono interconnesse mediante
questi dispositivi che si curano di trasferire le lunghezze d’onda fisicamente
su altre coppie di fibra.

Il modo in cui tale operazione viene effettuata classifica ulteriormente gli


OXC che si dividono secondo la tassonomia seguente:
- “Fiber Cross Connect” (FXC) consentono di trasferire diverse lunghezze
d’onda da una fibra di ingresso ad una di uscita, comportandosi di fatto
come permutatori;
- “Wavelenght Selective Cross-Connect” (WSXC) consentono di trasferire
sottoinsiemi di lunghezze d’onda da una fibra di ingresso ad una di uscita;
- “Wavelenght Interchange Cross-Connect” (WIXC) consentono di
trasferire lunghezze d’onda variandone contestualmente il “colore” per
risolvere, ad esempio, problemi di contesa.
OTN 15

Tipologie di ODXC

Struttura di un tipico
WSXC.
Architettura
L'architettura di rete prevede un modello in grado di descrivere sia
l'adattamento diretto del segnale digitale “client” in un canale
ottico (Optical Channel - OCh), che l'adattamento preliminare del
segnale digitale all'interno di trame di struttura più complessa e di
bit-rate prefissate (Optical Transport Hierarchy - OTH, gerarchia
di trasporto ottico), con un meccanismo analogo a quello dell’SDH.
Il modello copre il caso delle reti DWDM di “prima generazione”,
già esistenti (denominate pre-OTN), prevedendo il semplice
adattamento ottico senza le funzionalità aggiuntive per la
supervisione di rete.
Secondo la raccomandazione ITU-T G.872, le funzionalità che
devono essere fornite dalle reti OTN sono:
- trasporto;
- multiplexing;
- routing;
- supervisione;
- controllo e verifica delle prestazioni;
- sopravvivenza dei segnali “client” mediante meccanismi di
protezione e rigenerazione ottica.
Trama OTH

Le normative G.709 e G.798 definiscono una struttura di trama in


cui adattare il segnale digitale in ingresso prima di riconvertirlo in
un canale ottico.
La struttura di trama è ispirata a quella adottata per le trasmissioni
su SDH/SONET e identifica tre entità fondamentali, a ciascuna
delle quali sono associate informazioni di servizio per la
supervisione e la protezione di rete:
- Optical Channel Payload Unit (OPU), che costituisce il primo
livello di adattamento;
- Optical Channel Data Unit (ODU) , che serve per il routing e il
trasporto del segnale verso la destinazione;
- Optical Channel Transport Unit (OTU), che costituisce
l'adattamento finale prima della conversione elettro-ottica.
La trama OTH viene normalmente rappresentata sotto forma di
una matrice composta da 4 righe di 4080 byte ciascuna.
L'ordine temporale di trasmissione è per righe: prima vengono
trasmessi i byte da 1 a 4080 della prima riga, poi quelli da 1 a
4080 della seconda riga e così via.
Struttura della trama OTH
1 …. 7 8 .... 14 15 .. 16 17 .… 3824 3825 … 4080

Riga 1 Parola di OTU overhead


allineamento OPU OPU payload OTU FEC

Riga 2 overhead

Riga 3 ODU overhead

Riga 4
Il meccanismo di costruzione di una trama OTH segue un processo analogo a quello usato
nell'SDH: il segnale digitale “client” costituisce il payload del contenitore OPU, nella cui
trama viene adattato.
Dato che il segnale in ingresso normalmente non è in fase con la trama dell'OPU, il suo
punto di inizio in linea di massima non coinciderà con il primo byte utile del payload ma si
troverà in una posizione differente che viene memorizzata nell'overhead associato all'OPU
sotto forma di puntatore.

L'OPU viene a sua volta adattato, con un procedimento analogo, all'interno della trama di
un ODU.

L'ODU così ottenuto può essere multiplato ulteriormente con un processo ricorsivo,
diventando una parte del payload di un OPU e del relativo ODU di gerarchia superiore.

Al termine di questo processo ricorsivo, l'ODU risultante viene a costituire l'OTU, con
l'aggiunta dei byte di overhead dell'OTU e, in coda alla trama, del risultato dell'elaborazione
dell'algoritmo di Forward Error Correction (FEC) applicato all'intera trama.
L'inserzione del FEC è fondamentale perché, basandosi su un algoritmo Reed Solomon
sofisticato, consente in fase di ricezione del segnale di individuare e correggere un numero
relativamente elevato di errori di linea.
Nella pratica, questo consente di allungare le tratte ottiche, dato che gli errori introdotti dal
degrado di propagazione e dall'attenuazione del mezzo fisico possono essere compensati
tramite il FEC. In questo senso, l'introduzione di una struttura di tipo OTH garantisce un
potenziamento in termini dell'uso delle risorse fisiche della rete.
Gerarchie di trasporto
Lo standard associa a ciascuna entità una serie di bit-rate, con relativa
tolleranza, che stabiliscono una gerarchia e prevede la possibilità di multiplare
entità di gerarchia inferiore in un'entità di gerarchia superiore, consentendo così
di associare più segnali digitali allo stesso canale ottico fisico.

Questa gerarchia prende il nome di Optical Transport Hierarchy (OTH,


gerarchia di trasporto ottico).

Sono previsti cinque livelli di gerarchia, concepiti per un adattamento ottimale ai


principali tipi di segnale in uso nelle reti di telecomunicazione:

Livello 0, con rate a 1,2 Gb/s (adatto per il trasporto di Gigabit Ethernet)
Livello 1, con rate a 2,5 Gb/s (adatto per il trasporto di SDH di tipo STM-16)
Livello 2, con rate a 10 Gb/s (adatto per il trasporto di SDH di tipo STM-64 e di
10 Gigabit Ethernet)
Livello 3, con rate a 40 Gb/s (concepito per dorsali ad alta capacità, di fatto,
sostituisce l'SDH di tipo STM-256)
Livello 4, con rate a 100 Gb/s (concepito per dorsali ad altissima capacità, adatto
per il trasporto di 100 Gigabit Ethernet)
Gerarchia degli OTU

Tipo di OTU Bit-rate nominale Tolleranza


OTU1 2.666.057,143 kbit/s
OTU2 10.709.225,316 kbit/s ±20 ppm
OTU3 43.018.413,559 kbit/s
OTU4 111.809.973,568 kbit/s

In aggiunta a questi livelli a bit-rate prefissata, lo standard definisce anche dei


livelli gerarchici “non convenzionali” (ODUflex), che consentono
l'adattamento e il trasporto di segnali digitali generici a bit-rate non
standardizzate o non prefissate
Gerarchia degli ODU
Tipo di ODU Bit-rate nominale Tolleranza Note
ODU0 1.244.160 kbit/s 1
ODU1 2.498.775,126 kbit/s ±20 ppm
ODU2 10.037.273,924 kbit/s
ODU3 40.319.218,83 kbit/s
ODU4 104.794.445,815 kbit/s

Gerarchie per bit-rate speciali


ODU2e 10.399.525,316 kbit/s ±100 ppm 2
ODUflex per segnali a bit-rate costante 239/238 x bit-rate max. ±100 ppm 3
del segnale
ODUflex per segnali mappati tramite Nota 4 max. ±20 ppm 3
GFP-F (Generic Frame Procedure-Frame
mapped)
Note:
1. Un ODU0 viene trasportato su un ODU1, ODU2, un ODU3 o un ODU4.
2. Un ODU2e viene trasportato su un ODU3 o un ODU4.
3. Un ODUflex viene trasportato su un ODU2, un ODU3 o un ODU4.
4. La corrispondenza tra bit-rate dell'ODUflex e bit-rate del segnale di ingresso è determinata da
una serie di formule matematiche.
Gerarchia degli OPU
Tipo di OPU Bit-rate nominale Tolleranza
OPU0 1.238.954,310 kbit/s
OPU1 2.488.320,000 kbit/s ±20 ppm
OPU2 9.995.276,962 kbit/s
OPU3 40.150.519,322 kbit/s
OPU4 104.355.975,330 kbit/s

Gerarchie per bit-rate speciali


OPU2e 10.356.012,658 kbit/s ±100 ppm
OPUflex per segnali a bit- bit-rate del segnale max. ±100 ppm
rate costante
OPUflex per segnali 239/238 × bit-rate dell'ODUflex max. ±20 ppm
mappati tramite GFP-F
Modello del livello ottico 1
Nel modello generale dell'OTN, il segnale digitale, che può essere di tipo nativo
(SDH, Gigabit Ethernet, Fiber channel, o qualsiasi altro tipo di segnale), oppure
pre-adattato in una struttura OTH, viene associato a un canale ottico: questa
operazione, tipicamente, comporta anche la conversione del segnale stesso da
elettrico a ottico.
Ad ogni OCh si associano informazioni di overhead per il monitoraggio e la
gestione del livello fisico del trasporto.
Gli OCh che condividono lo stesso percorso vengono poi multiplati assieme,
secondo la tecnica DWDM, per costituire una Optical Multiplex Section (OMS),
che rappresenta l'entità di trasporto tra i nodi terminali dove i singoli OCh, ossia
le singole λ, vengono terminate per restituire il segnale digitale originale.
Anche all'OMS possono essere associate informazioni di overhead per il
monitoraggio e la protezione dell'intera sezione, ossia dell'intero flusso
multiplato.
Le informazioni di overhead dei singoli OCh e dell'OMS vengono convogliate su
una lunghezza d'onda di servizio separata (out of band overhead, che costituisce
l'Optical Service Channel o OSC, canale ottico di servizio).
Modello del livello ottico 2
Il trasporto fisico del segnale multiplato tra due nodi adiacenti viene modellato tramite
l'Optical Transmission Section (OTS), che è composta dall'OMS più le informazioni di
overhead specifiche per il monitoraggio e la protezione della tratta fisica. A questa entità
funzionale sono associate anche le funzioni di rigenerazione del segnale ottico, di tipo 3R
(Reamplification, Reshaping and Retiming, ossia ri-amplificazione del segnale,
rigenerazione della forma d'onda e risincronizzazione alla frequenza di bit nominale).
Dell'OTS fa parte anche l'OSC contenente gli overhead degli OCh, della OMS e dell'OTS
stessa.

Il segnale complessivo fisicamente trasmesso in rete, che sarà alla fine composto da n “λ”
più l'OSC, viene denominato Optical Transport Module (OTM, modulo di trasporto ottico) di
ordine n, abbreviato in OTM-n.
Nel caso degenere in cui il flusso multiplato è costituito da un'unica λ - che potrebbe anche
non essere "colorata", non necessitando di multiplazione DWDM - OCh, OMS e OTS
vengono sostanzialmente a coincidere e si considerano come un'unica entità, l'Optical
Physical Section (OPS, sezione ottica fisica). In questa configurazione, il segnale finale
trasmesso viene indicato come OTM-0.
Il modello è in grado di coprire anche i sistemi DWDM pre-esistenti (i cosiddetti sistemi pre-
OTN), definiti come quelli per cui il segnale in ingresso non subisce nessuna elaborazione,
né gli vengono aggiunte informazioni di overhead ma viene direttamente multiplato in
DWDM, a meno di una conversione elettro-ottica o di una trasposizione della frequenza
ottica ("colorazione" del segnale).
OTN pre-OTN
OTN completa
SDH, GbE, MPLS, ATM, IP, ....

Livello OPU OTN ridotta


digitale ODU SDH, GbE SDH, GbE
OTU
Una λ nxλ OSC
Livello n x Optical Channel OCh overhead Pre-OTN
ottico Optical Physical (OCh)
Section (OPS) Optical Multiplex OMS overhead
Section (OMSn)
Optical Transmission OTS overhead
Section (OTSn)

OTM-0 OTM-n (n > 1) Pre-OTN


Interfacce IrDI e IaDI
A differenza del livello digitale, per il livello ottico lo standard non prevede
gerarchie, né fissa dei valori per il numero di λ associate a un OTM. Tuttavia,
viene fatta una distinzione tra il trasporto all'interno di un dominio di rete (per
esempio, all'interno della rete di uno stesso operatore) e il trasporto tra reti di
operatori di versi.
A questo scopo, lo standard definisce i concetti di Intra-Domain Interface (IaDI) e
Inter-Domain Interface (IrDI) rispettivamente.

Per le interfacce di tipo IrDI, oltre a definire le caratteristiche di compatibilità a


livello fisico, vengono definiti anche degli OTM particolari, caratterizzati da
rigenerazione di tipo 3R ad entrambe le estremità, da un numero prefissato di λ e
da funzionalità ridotte, ossia senza l'OSC e senza la possibilità di usare per il
monitoraggio del livello ottico le relative informazioni.

Per le interfacce di tipo IaDI, la rigenerazione di tipo 3R non è obbligatoria ma in


compenso l'OTM utilizzato è a funzionalità piena, ossia è presente l'OSC ed è
possibile quindi il monitoraggio e la gestione del livello ottico tramite le
informazioni di overhead.
Rete di Trasporto Telecom Italia
I tre livelli di trasporto su cui si articola la Rete di Trasporto Telecom Italia
sono:

- livello di rete locale: costituisce il livello di raccolta dei flussi provenienti dai
nodi periferici (centrali locali oppure stadi di linea) verso i nodi di stadio di
gruppo urbano; a tale livello appartengono i nodi utilizzatori, i sistemi
trasmissivi che interconnettono i nodi appartenenti allo stesso dominio di
commutazione e i portanti utilizzati per la realizzazione dell’infrastruttura
trasmissiva non condivisi con le reti regionale e nazionale;

- livello di rete regionale: costituisce il livello a cui si assicura la piena


connettività regionale, comprende i nodi di transito regionali, i sistemi
trasmissivi che collegano i nodi regionali con i nodi della rete locale e i portanti
utilizzati dai sistemi trasmissivi nell’ambito regionale;

- livello di rete nazionale: costituisce il livello che garantisce la piena


connettività su tutto il territorio nazionale; comprende i nodi di accesso alla rete
nazionale, quelli di transito sulla rete nazionale e tutti i nodi di immissione verso
le dorsali dei Paesi esteri, tutti i sistemi trasmissivi che collegano i nodi della rete
nazionale sia tra loro che con i nodi della rete regionale, nonché, i portanti tra i
nodi della rete nazionale e quelli della rete regionale.
Architettura originaria della rete di transito nazionale
SGF (Sistema Gestione Flussi) 1
La Rete di Trasporto Nazionale di Telecom Italia iniziale aveva una struttura a
maglia, realizzata in gran parte nel corso degli anni Novanta con sistemi
funzionanti in gerarchia plesiocrona (PDH); successivamente la tecnologia
sincrona (SDH) soppiantò la precedente, permettendo un uso più efficiente ed
affidabile delle risorse di rete. Tale rete magliata è denominata rete SGF,
(Sistema Gestione Flussi) che controllava inizialmente il funzionamento della
rete stessa.

I nodi di tale rete sono equipaggiati con commutatori digitali (DXC, Digital
Cross Connect): tali nodi sono interconnessi tra loro tramite sistemi di linea
punto – punto costituiti in gran parte da coppie di terminali di linea a 2,5 Gbit/s
sincroni o a 565 Mbit/s plesiocroni .

La rete nazionale è connessa a quella internazionale mediante dei nodi


specifici, denominati A0 ed A2 da cui si dipartono i sistemi di linea
internazionali oppure le terminazioni dei collegamenti via satellite, denominate
B2.
Architettura originaria della rete di transito nazionale
SGF (Sistema Gestione Flussi) 2
In Figura viene mostrata la struttura della rete nazionale, specificando il
ruolo svolto dalle varie tipologie di nodi della rete magliata, indicati con la
sigla A, e le interconnessioni di questi nodi a quelli utilizzatori della rete
nazionale non attestati sulla rete magliata, indicati con la sigla B.

Architettura della rete di trasporto nazionale


Architettura originaria della rete di transito nazionale
SGF (Sistema Gestione Flussi) 3
I nodi di tipo A0 ed A1
ospitano permutatori
numerici RED (Ripartitore
Elettronico Digitale) di tipo
4/4 in grado di permutare
flussi a 140 ed a 155 Mbit/s
e di tipo 4/3/1, che
consentono l’affasciamento
dei flussi a ritmo binario
più basso (VC-12 = 2240
kbit/s, VC-3 = 48960 kbit/s e
VC-4 = 150336 kbit/s),
prima del loro invio sui
sistemi di linea tra i nodi
della rete magliata.

Commutatori numerici presenti nei nodi di tipo A1


Architettura originaria della rete di transito nazionale
SGF (Sistema Gestione Flussi) 4
Il collegamento delle reti trasmissive regionali alla rete nazionale avviene in due
nodi di tipo A1 (Dual Homing) per ciascuna rete regionale, in cui sono presenti
commutatori per l’affasciamento dei flussi a bassa velocità (low order), di tipo
4/3/1, ed altri dedicati all’instradamento dei flussi ad alta velocità (high order),
di tipo 4/4.
La rete magliata nazionale era costituita da vari nodi di tipo A1 di collegamento
con le reti regionali e da altri nodi di transito o per il collegamento con l’estero.
Tutti i nodi della maglia presentano almeno tre diverse direttrici, al fine di
garantire le funzioni di instradamento e di protezione.

La rete magliata tra i commutatori di tipo 4/4 ha una granularità di 155 Mbit/s e
tutti i flussi a velocità inferiore sono prima affasciati con la catena di
multiplazione prevista dallo standard PDH o con le reti regionali SDH.
La rete magliata tra i commutatori di tipo 4/4 instrada i flussi a 155 Mbit/s tra
origine e destinazione su una sequenza di circuiti tra commutatori adiacenti e
l’instradamento avviene per singolo circuito.
Evoluzione della rete di trasporto 1
Verso la fine del 1998 è stata avviata la revisione del Piano di Struttura della Rete
di Trasporto Nazionale, allo scopo di individuare soluzioni topologiche di rete in
grado di ottimizzare l’impiego delle risorse, di realizzare un’effettiva
semplificazione gestionale e di esercizio ed infine di migliorare le prestazioni in
termini di affidabilità.

La revisione ha riguardato principalmente la parte della rete costituita dai nodi di


tipo A1 che rappresentano il punto di raccordo tra le reti regionali e quella di lunga
distanza. È stato così sviluppato l’obiettivo di una diminuzione dei nodi di transito
di tipo superiore e della correlata introduzione, ove necessario, di collegamenti
diretti tra questi nodi.
Si è pertanto deciso di sostituire la tradizionale rete trasmissiva nazionale magliata
con una serie di collegamenti ad anello, contestualmente all’adozione di
meccanismi di protezione molto robusti, giustificabili economicamente in virtù dei
benefici ottenibili con la realizzazione della nuova struttura.

L’introduzione nel nuovo contesto di sistemi a multiplazione densa di lunghezza


d’onda (DWDM) è subito apparsa promettente dato che tali sistemi permettono la
realizzazione di collegamenti trasmissivi significativamente lunghi e caratterizzati
da un’elevata capacità.
Evoluzione della rete di trasporto 2
La transizione verso la “nuova” rete è avvenuta in maniera graduale, in base ad
un certo numero di passi successivi:

I - realizzazione di una dorsale composta da un minor numero di nodi di tipo A1;

II - suddivisione dei sopravvissuti nodi nazionali di tipo A1 in due sottoinsiemi,


connessi tra loro mediante due reti diversificate logicamente e fisicamente, le
quali risultano in prevalenza caratterizzate al loro interno da almeno due percorsi
fisici distinti;

III - suddivisione del territorio in macro-aree, ciascuna caratterizzata da due nodi


nazionali, con una ripartizione in termini di carico dei flussi trasmissivi uscenti da
una macro-area mediante i due nodi di competenza;

IV - collegamento dei rimanenti nodi nazionali della rete ad una delle coppie di
nodi di dorsale attraverso raccordi protetti, realizzati mediante anelli in gerarchia
sincrona;

V - collegamento dei nodi della dorsale della rete nazionale mediante anelli, come
quelli illustrati in Figura.
Evoluzione della rete di trasporto 3

Schema degli anelli per la dorsale.


Evoluzione della rete di trasporto 4

Schema di principio degli anelli di protezione previsti nella


rete tra i nodi di dorsale.

La disponibilità di due percorsi fisici distinti per ogni collegamento


ha permesso di realizzare anelli di protezione a quattro fibre ottiche,
i quali consentono la protezione del collegamento anche da
eventualità di guasto doppio.
La rete Arianna BroadNet 1
La rete, che è stata realizzata dal 1999 al 2003 e che è il risultato dell’evoluzione
della dorsale finora descritta, è denominata Arianna. Nelle Figure seguenti è
mostrata schematicamente la sua struttura in termini dei sistemi DWDM e lo
schema architetturale.

Sistemi DWDM Nx2,5 Gbit/s


per il progetto Arianna
Bro@dnet
La rete Arianna BroadNet 2

Diffusione dei sistemi DWDM per la rete di transito nazionale


La rete Arianna BroadNet 3

La rete Arianna si basa su un’architettura di strati ad anelli con


capacità di 2,5 Gbit/s dotati di meccanismi di protezione d’anello
a quattro fibre.

Più in dettaglio, si compone di sei anelli logici di dorsale


realizzati tra sedici nodi nazionali con protezione a quattro fibre e
da ulteriori anelli in gerarchia sincrona per la raccolta dei
segnali dai rimanenti nodi nazionali e dai punti di raccordo con
le reti internazionali, con protezione di connessione di sottorete.

Parallelamente all’incremento della rete Arianna, Telecom Italia


ha poi inserito in rete, in maniera rilevante, sistemi DWDM
realizzando un’infrastruttura ad altissima capacità denominata
velo ottico nazionale.
La rete Arianna BroadNet 4
Inizialmente, verso la fine del 1999, per tale struttura sono stati
impiegati apparati WDM di prima generazione (Long Haul - LH), che
consentivano il trasporto di 12 canali ottici da 2,5 Gbit/s su una coppia
di fibre G.653 (Dispersion Shifted fiber; fibre DS ) o di 16 canali ottici
da 2,5 Gbit/s in caso di utilizzo di fibre G.652 (Standard Monomodal
fiber; fibre SM); questi sistemi, 75, sono tutti ancora in esercizio.

A partire dalla seconda metà del 2001, sono stati installati apparati
WDM di seconda generazione (Very Long Haul - VLH), che consentono
il trasporto di 40 canali ottici a 2,5 Gbit/s o anche a 10 Gbit/s su una
coppia di fibre G.652, G.653 o le più costose G.655 (Non Zero
Dispersion fiber; fibre NZD).

Il duplice vantaggio della tecnologia WDM consiste nel moltiplicare la


banda disponibile superando situazioni di saturazione o di scarsità di
fibre ottiche, e permettere una riduzione degli investimenti per unità di
banda trasportata.
La rete “kaλeidon”
Ad inizio 2011 è stata avviata la realizzazione della nuova rete di
trasporto nazionale di TI: “kaλeidon”, una rete completamente
fotonica in grado di trasportare fino a 80 canali ottici a 40 Gbit/s
con meccanismi di protezione e “restoration” a livello fotonico.

Con la rete kaλeidon vengono introdotte in Telecom Italia le


principali innovazioni tecnologiche riguardanti il trasporto di
lunga distanza e la realizzazione di backbone nazionali.

I due elementi evolutivi distintivi sono l’aumento della velocità di


linea da 80 canali @ 10 Gbit/s a 80 canali @ 40 Gbit/s, con
possibilità di evoluzione fino a 100 Gbit/s, e l’introduzione del
concetto di flessibilità della rete a livello fotonico, tramite i nodi
ROADM Multidegree ed il Control Plane.
- Architettura “target”: 44 nodi
ROADM Multidegree (fino a 9
degree) in tecnologia WSS
(Wavelength Selective Switch).

- 70 sistemi DWDM ULH (per un


totale di 12.000 km f.o.):
ciascun sistema equipaggiato
con 80 lambda @40 Gbit/s.

- “Rete pronta” per 100 Gbit/s.

- Optical Protection e Restoration


con Control Plane.

Topologia della rete kaλeidon


La rete “kaλeidon” 2
Fino ad oggi i sistemi DWDM nazionali (sistemi LH, Long Haul)
sono stati realizzati in modalità punto–punto, in configurazione tipica
OLT (terminale di linea) nei nodi di terminazione del sistema, OLA
(amplificatore di linea) nei nodi intermedi ai soli fini di
amplificazione ottica del segnale, e FOADM (OADM fisso),
eventualmente presente nei nodi intermedi del sistema, in cui è
necessario effettuare l’add-drop di un sottoinsieme determinato e fisso
di canali ottici.

La nuova rete prevede invece un’architettura a maglia, in cui i nodi


della maglia sono equipaggiati con nodi Multidegree ROADM, ovvero
apparati riconfigurabili da remoto in grado di realizzare lo switch ed
il re-routing di canali ottici su un numero di direzioni variabile (fino
ad un massimo di nove) ed in grado di abilitare l’introduzione di
meccanismi di “intelligenza” (Piani di Controllo, come ad oggi
utilizzati nelle reti IP e SDH), che consentono di implementare
meccanismi di protezione e restoration a livello ottico.
La rete “kaλeidon” 3
Con kaλeidon è stato introdotto per la prima volta in Italia il concetto di
“rete” a livello fotonico .

L’elemento chiave che ha permesso tale evoluzione è rappresentato dai


nodi ROADM Multidegree, che comprendono la matrice ottica WSS
(Wavelength Selective Switch), che permette di effettuare lo switch selettivo
delle lunghezze d’onda e di re-instradarle in base ai comandi ricevuti.

L’architettura dei nodi è di tipo distribuito: per ciascuna delle direzioni


afferenti al nodo (incluse le direzioni destinate ad utilizzo come catena di
add-drop locale) è prevista l’installazione di una matrice WSS dedicata;
tutte le matrici WSS sono interconnesse tra di loro tramite cablaggi ottici.

Da un punto di vista gestionale, l’insieme dei telai e delle matrici WSS


afferenti ad un nodo è visto come un unico NE Network Element.
Un’architettura di questo tipo, in cui un canale ottico afferente ad un
nodo può essere instradato da remoto in maniera automatica su una
qualsiasi delle altre direzioni si definisce “directionless”.
La rete “kaλeidon” 4
L’altro elemento di novità rispetto alla soluzione DWDM tradizionale è
costituito dagli elementi di multiplazione e demultiplazione sintonizzabili
in lunghezza d’onda (MUX/DEMUX sintonizzabili), ovvero filtri che, a
differenza di quelli comunemente usati (definiti “fissi”), sono in grado di
selezionare la lunghezza d’onda. L’architettura di un nodo che è anche
equipaggiato (per la sola sezione di add-drop) con filtri sintonizzabili si
definisce “directionless e colorless”.

In una rete delle dimensioni di quella italiana basata su ROADM


Multidegree, la maggior parte delle relazioni di traffico tra una qualsiasi
coppia di nodi è realizzata da una coppia di transponder installati nei due
end-point del servizio: l’attraversamento dei nodi ROADM intermedi,
eventualmente presenti lungo il percorso, è effettuato tramite opportuni
switch delle matrici ottiche attraversate, senza la necessità di installare
ulteriori transponder. Si evita quindi la rigenerazione back-to-back
necessaria quando si transita da un sistema punto-punto ad un altro
sistema punto-punto.
ROADM: Reconfigurable Optical Add&Drop Multiplexer
Un ROADM è definito come un elemento di rete che permette la selezione
attiva di inserimento od estrazione delle lambda in un segnale WDM e che
consente alle lambda rimanenti di essere consegnate ai nodi delle altre
reti in modo trasparente.
Il più semplice ROADM ha due porte di linea (est e ovest) che si
connettono ad altri nodi e una porta locale (add/drop) che si connette ai
transponder locali. Nelle reti odierne, i collegamenti ottici sono
tipicamente bidirezionali, perciò ogni porta di linea rappresenta una
coppia di fibre.

ROADM di secondo
grado
ROADM 2
Nei ROADM sono presenti i dispositivi WADD (Wavelength
Add/Drop Device), che operano la commutazione di lunghezza
d’onda, oltre a molti altri sottosistemi, come gli amplificatori ottici,
gli apparati/monitor per l’analisi delle prestazioni e i moduli di
compensazione della dispersione cromatica.
Nel modulo WADD possono essere integrate anche altre funzioni
come quelle di multiplazione/demultiplazione di lunghezza d’onda
e/o di equalizzazione del canale.

I ROADM appena descritti si dicono di grado due. Essi


connettono, infatti, un nodo ad altri due nodi (ad est e ad ovest) e
sono largamente utilizzati nelle reti ad anello. In esse forniscono i
vantaggi derivanti dall’instradamento di lunghezze d’onda operato
direttamente nel dominio ottico.
ROADM – PXC (Photonic Cross-Connect)
Analoghi vantaggi possono essere ottenuti anche nelle reti magliate, dove
inevitabilmente esiste la possibilità che un nodo debba essere connesso ad
altri tre o più nodi. L’elemento di rete che svolge tale interconnessione è il
PXC (Photonic Cross-Connect), un ripartitore interamente ottico. Un
esempio di PXC che interconnette segnali WDM su tre linee in fibra ottica
è mostrato in figura in cui si nota la presenza di molti degli sottosistemi
considerati nei ROADM

Struttura semplificata di un
ripartitore fotonico (PXC) di
terzo grado, costituito da
ripartitori di potenza (Power
Splitter, PS), da nodi selettivi
di lunghezza d’onda (WSS), e
amplificatori ottici (OA).
ROADM – PXC 2
Il PXC ha tre porte bidirezionali ed ogni porta è connessa con una singola
coppia di fibre, ognuna delle quali può trasportare segnali WDM
mantenendo la piena “qualità” ottica del segnale necessaria per la
propagazione attraverso un’ulteriore cascata di tratte in fibra, di PXC o di
ROADM.
In un ROADM, invece, è ammissibile che i segnali siano leggermente
degradati nella tratta add/drop, poiché il processo di estrazione è seguito
immediatamente da una rigenerazione 3R completa.
Nelle reti reali, anche un PXC necessita solitamente di una funzionalità di
add/drop. Perciò è possibile che una o più porte di un PXC siano connesse
ad un banco di transponder, in modo da ottenere un elemento in grado di
svolgere sia la funzione di instradamento ottico delle lunghezze d’onda su
più (di due) direzioni, sia la funzione di add/drop.
Un simile PXC è anche chiamato ROADM multi-degree, il quale combina
quindi le funzioni dei PXC e quelle dei ROADM (di grado due). Il grado di
un ROADM multidegree è uguale al numero di linee supportate dal
ROADM.
ROADM 3
Un ROADM si dice pieno se fornisce mu/demultiplazione add/drop per
qualunque combinazione di lunghezze d’onda supportate dal sistema,
senza alcun vincolo di numero massimo, di numero minimo, o di
raggruppamento. Se un ROADM ha accesso solo ad un sottoinsieme di
lunghezze d’onda oppure la scelta della prima lunghezza d’onda introduce
vincoli su altre lunghezze d’onda che devono essere estratte, esso è detto
parziale.
La frazione di estrazione (drop fraction) di un ROADM è il numero
massimo di lunghezze d’onda che possono essere estratte
simultaneamente, diviso il numero totale di lunghezze d’onda di un
segnale WDM. Tipicamente la frazione di addizione (add fraction),
definita in modo analogo, è uguale alla frazione di estrazione.
Se il ROADM è in grado di realizzare la funzionalità di add/drop su
qualunque lunghezza d’onda è detto colorless (non colorato).
Se una data lunghezza d’onda in add/drop può essere indirizzata su
qualunque porta di linea, per esempio est o ovest per un ROADM di
secondo grado, essa è detta directionless (senza direzione) o steerable
(manovrabile).
Tecnologie per ROADM

I principali tipi di WADD impiegati sono basati su moduli


che effettuano:

- “blocco” di lunghezze d’onda a due fibre (Wavelength


Blocker - WB);

- switch multifibra selettivo in lunghezza d’onda


(Wavelength Selective Switch - WSS);

- demux/ switch array/mux realizzati mediante PLC


(Planar Lightwave Circuit) .
Wavelength Blocker (WB)
I WB sono elementi costituiti da una fibra d’ingresso e una fibra
d’uscita e sono in grado di bloccare o di trasmettere “schemi
arbitrari” di canali lambda. Un WB è assemblato mediante
accoppiatori di potenza indipendenti dalla lunghezza d’onda.

Schema a blocchi di Wavelength Blocker (OCM: Optical Channel Monitor)


Wavelength Blocker (WB) 2
I WB più diffusi controllano il fascio luminoso grazie ad array di
celle a cristalli liquidi (Liquid Crystals - LC).

Schematizzazione di uno switch a cristalli liquidi

WB tipici controllano il fascio luminoso


mediante array di celle a cristalli liquidi.
L’elemento base della tecnologia LC
(Liquid Crystals) introduce un ritardo di
fase ottico variabile. Se ad esso si
combinano dei polarizzatori, si realizza
un attenuatore.
Wavelength Selective Switches (WSS)

Esempio di WSS 1:9

Un’evoluzione della tecnologia WB è rappresentata dai WSS: essi sono elementi “a


più fibre” che possono stabilire connessioni da qualsiasi fibra d’ingresso a
qualsiasi fibra di uscita, per ogni lunghezza d’onda, indipendentemente. La
tecnologia usata originariamente per realizzare WSS è basata su sistemi micro-
elettromeccanici (MEMS), i quali costituiscono ancora la piattaforma più diffusa.
Wavelength Selective Switches (WSS) 2
I MEMS sono dispositivi elettromeccanici miniaturizzati. Essi usano dei
micro-specchi che, opportunamente pilotati, consentono di direzionare i
segnali luminosi da un qualsiasi ingresso ad una determinata uscita.
I MEMS possono essere di due tipi: “digitale” o 2-D e “analogico” o 3-D.
Digitale o 2-D Analogico o 3-D

Schemi di funzionamento dei MEMS: a) digitale o 2-D ; b) analogico o 3-D.


Wavelength Selective Switches (WSS) 3
Il tipo 2-D è detto “digitale” perché gli specchi possono trovarsi in due sole
posizioni (On-”alzato”/Off-“abbassato”). Quando lo specchio è in posizione
On si trova a 45° rispetto al raggio di luce incidente e lo devia di un angolo
di 90° rispetto alla direzione di incidenza.
Il tipo 3‐D è detto “analogico” perché ogni percorso che connette un dato
input con un determinato output è stabilito variando l’angolo di tilt di
almeno due specchietti indipendenti che possono ruotare liberamente su
due assi e possono realizzare un qualsiasi percorso ottico nello spazio.
Gli attuatori che consentono il movimento degli specchi possono essere di
tipo elettrostatico, elettromagnetico oppure termico.
I MEMS consentono di implementare la funzione di Add/Drop.

Micro-specchio ingrandito (a sinistra) e confronto specchio-cruna ago (a destra).


Wavelength Selective Switches (WSS) 4
La tecnologia MEMS 2‐D permette di realizzare elementi a
“singolo stadio” 32x32. Per ottenere switch con più porte occorre
realizzare configurazioni multi-stadio. Il numero massimo di porte
raggiungibile è di circa 1000.

Il fattore limitante per questa tecnologia è rappresentato dalla


perdita d’inserzione che, teoricamente, può essere compensata
mediante amplificazione ottica.

L’uso di amplificatori ottici incrementa il costo complessivo del


sistema, introduce rumore ed inoltre occorre tener conto che il
guadagno dell’amplificatore dipende dalla potenza complessiva dei
segnali da amplificare. Per elevate potenze in ingresso,
l’amplificatore tende ovviamente a saturare.
Wavelength Selective Switches (WSS) 5
I MEMS 3‐D consentono di realizzare singoli stadi con più di 1000
porte. Naturalmente la loro complessità e il loro costo sono
superiori rispetto ai 2-D poiché richiedono un sistema di controllo
reazionato per garantire la stabilità della posizione degli specchi
quando il sistema è soggetto a disturbi.

Essi hanno basse perdite, tempi di commutazione molto buoni,


consumano poca potenza e sono scalabili.
Inoltre non presentano il fenomeno della PDL (Polarizarion
Dependent Loss) e hanno bassa crosstalk.

Il problema principale dei MEMS riguarda la loro fabbricazione,


la produzione dei micro-specchi, il loro assemblaggio e gli
algoritmi di controllo della posizione degli specchi.
Planar Lightwave Circuit (PLC)

Sono stati condotti studi


sull’utilizzo di PLC nei WADD: è
emerso che con più di 40 canali la
capacità di sviluppo in cascata
costituisce un limite per tale
WADD basati su tecnologia PLC tecnologia.
Sistema 1626LM Alcatel-Lucent

L’apparato alla base della nuova rete fotonica kaλeidon è il sistema


ottico trasmissivo DWDM 1626LM del fornitore Alcatel-Lucent.

Esso può essere configurato come ROADM multidegree, colorless e


directionless.
Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 2
Il sistema 1626LM può costituirsi nei seguenti elementi di
rete:
1) Terminale di Linea Ottico (OLT – Optical Line
Terminal);
2) Multiplatore Add/Drop Ottico (OADM – Optical
Add/Drop Terminal);
3) Ripetitore di Linea (ILA – Line Repeater);
4) Multiplatore Add / Drop ottico Tunabile e
Riconfigurabile (TROADM – Tunable and Reconfigurable
Optical Add/Drop Multiplexer ) o PXC (Photonic Cross
Connect).
Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 3
- L’OLT presenta un “lato tributario” e un “lato linea”. Nel lato tributario sono
presenti delle unità, dette transponder, che ricevono/restituiscono i segnali SDH
(Client) che si intende trasmettere in linea. È possibile trasmettere fino a 40 canali
SDH Client. Nel lato linea sono presenti unità costituite da amplificatori e
preamplificatori.

- L’OADM presenta un lato tributario e due lati linea. Consente


l’estrazione/inserzione dei 40 canali trasmessi in linea, oltreché realizzare
l’amplificazione del segnale WDM trasmesso in linea.

- L’ILA presenta due lati linea. Esso provvede all’amplificazione del segnale WDM
trasmesso in linea utilizzando unità costituite da amplificatori e preamplificatori.

- Il TROADM è un OADM riconfigurabile che può vedere più delle solite due
direzioni (west/east) e che, grazie ad una matrice ottica della quale è dotato
(WMAN9199), è in grado di indirizzare i flussi trasmissivi su ciascuna direzione in
modo flessibile, senza richiedere alcun intervento sull’hardware ma semplicemente
“comandando” la matrice stessa da remoto. Inoltre, sempre da remoto, è possibile
assegnare a ciascun transponder la frequenza voluta.
Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 4
Descrizione generale del PXC
Il PXC, ovvero TROADM (Tunable and Reconfigurable Optical Add&Drop
Multiplexers), è un apparato DWDM in grado di inserire/estrarre fino a 80
lunghezze d'onda (con spaziatura tra i canali pari a 100/50 GHz) e che può
essere terminato su un numero di direzioni superiore a due (nodo).
La matrice di cui è dotato (WMAN9199) permette, da remoto, di variare quali e
quanti flussi trasmettere/ricevere per ciascuna direzione.
Le interfaccie Client (transponder e mux-demux TDMX) sono tunabili da
remoto.

Nel PXC si possono funzionalmente distinguere le parti sulle quali sono attestate
le varie direzioni della linea, le parti che estraggono e inseriscono localmente i
flussi e le parti che interfacciano questi flussi verso i client:
- Connectivity shelf: uno per ciascuna direzione (un master per una direzione e
uno slave per ciascuna delle altre direzioni) per attestare le varie direzioni della
linea;
- Multidirectional Add/drop shelf-:uno per un massimo di 80 canali per inserirli
/ estrarli localmente;
- Transponder shelf: uno per 8 transponder a 10 Gbit/s e uno per <8 transponder
a 40 Gbit/s per realizzare l’interfacciamento verso i client.
Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 5
Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 6
Le unità caratteristiche del PXC sono le seguenti:

- WMAN9199 unità matrice (monodirezionale) con 9 porte di ingresso


e 1 porta di uscita;
- OCNC1290 unità splitter (monodirezionale) 1:9 con 1 porta di
ingresso e 9 porte di uscita (Splitter 1:9);
- TDMX1180 unità demux (monodirezionale) 1:8 tunabile (ciascuna
delle 8 porte può assumere una frequenza propria assegnata da
remoto);
- OADC1300 unità splitter (bidirezionale) 1:8 con 1 porta di ingresso e
8 porte di uscita.

Il sistema può essere utilizzato su fibre singolo modo di tipo G.652 e


G.655.
Nel PXC sono altresì presenti dei moduli DCU per la correzione della
dispersione cromatica.
Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 7
I segnali Client accettati dalle
interfacce tributarie
(transponder) del PXC 1626LM
sono del tipo:
• 2,5 Gbit/s;
• 10 Gbit/s;
• 40 Gbit/s;
•10 Gbit/s Ethernet LAN.

Le interfacce tributarie
(transponder) del PXC sono:
• Tp 40 G
• Muxp 4x10 G
•Tp 10 G
•Muxp 4x2,5 G
•Muxp 12xGbe,
come mostrato in Figura.

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